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Lectio Magistralis
“Le Telecomunicazioni in Italia:
da un passato autorevole ad un presente incerto.
Quale futuro?”
Vito Gamberale
1.

PREMESSA................................................................................................................................. 2

2.

LE TLC IN ITALIA ALL’INIZIO DEGLI ANNI ‘90 ............................................................ 3

3.

DAL 1990 AL 1998: L’ITALIA ALL’AVANGUARDIA DELLE TLC IN EUROPA ........ 6
3.1
3.2
3.3

FUSIONE DEI VARI OPERATORI ................................................................................................ 7
L’AMMODERNAMENTO DELLA RETE FISSA E IL PROGETTO SOCRATE. .................................... 8
LO SVILUPPO ESTERO DI TELECOM ITALIA NELLA RETE FISSA. ............................................. 10

4.

LO SVILUPPO DELLA TELEFONIA MOBILE IN ITALIA ............................................ 12

5.

IL RUOLO DELL’ANTITRUST PER LA LIBERALIZZAZIONE DEL SETTORE ..... 21

6.

LE TLC ITALIANE ALLA FINE DEL 1997 ........................................................................ 23

7. DAL 1997 AL 2000: LIBERALIZZAZIONE DELLA TELEFONIA. SCENARI
COMPETITIVI ................................................................................................................................ 23
8.

GLOBALIZZAZIONE E DIVERSIFICAZIONE ................................................................ 25

9.

LA PRIVATIZZAZIONE DELLE TLC ITALIANE ........................................................... 26

10. LE SOLUZIONI POSSIBILI .................................................................................................. 35
11. CONCLUSIONI ........................................................................................................................ 40

Sala degli Svizzeri
di Villa Mondragone
Monte Porzio Catone, 16 maggio 2007

Vito Gamberale – Lectio Magistralis
Le Telecomunicazioni in Italia: da un passato autorevole ad un presente incerto. Quale futuro?

1
1. Premessa
Le più importanti potenze economiche mondiali fondano le proprie strategie di sviluppo e di difesa
su tre sistemi industriali: le TLC, l’energia e le infrastrutture per il trasporto.
E infatti, a partire dal dopoguerra, tutti i Paesi, che sono divenuti i principali protagonisti dello
sviluppo economico mondiale, hanno avviato precise politiche di investimento nei tre settori, come
fondamenta su cui poggiare quelle che sono state (e saranno) le specifiche direttrici di crescita.
L’Italia e la Germania, i Paesi più toccati dalla seconda guerra mondiale, basarono le rispettive
politiche di ricostruzione e di sviluppo economico partendo proprio da TLC, energia e
infrastrutture.
La Spagna, finito l’oscurantismo Franchista appena 30 anni addietro (quando per Italia e Germania
erano passati già 30 anni dalla fine della guerra), ha concentrato i propri sforzi nel darsi un assetto
moderno nei tre settori.
I Paesi dell’ex Europa dell’Est, caduto “il muro” – ossia il simbolo della divisione dall’Occidente –
hanno anch’essi seguíto la stessa rotta, specie nelle due realtà più grandi e più ambiziose, la Russia
e la Germania dell’Est (grazie anche alla fusione con l’ex Germania Occidentale).
Lo stesso sta accadendo, con ritmi incredibili, per India e Cina, i due più popolati Paesi del mondo,
da poco approdati al capitalismo.
Caratteristica comune (o quasi) di tutti questi grandi Paesi presi a riferimento è stata quella di
sviluppare i predetti tre pilastri economici ( TLC/ energia/ infrastrutture ) sulla base di precise
direttrici di politica industriale, fortemente guidate dai rispettivi Governi, a prescindere dalle
continue alternanze di indirizzo politico, come pure a prescindere dalla forma proprietaria dei vari
operatori economici proprietari dei suddetti tre sistemi.
In tutto il mondo poi, mentre queste realtà geo-economiche progredivano rapidamente, si sono
affacciate ed evolute anche altre realtà - diciamo di secondo livello – che, con l’avvento della
liberalizzazione e della globalizzazione, hanno demandato ad altri Paesi (tramite i rispettivi
Vito Gamberale – Lectio Magistralis
Le Telecomunicazioni in Italia: da un passato autorevole ad un presente incerto. Quale futuro?

2
operatori) lo sviluppo dei tre sistemi economici di base: è accaduto per i Paesi del Sud America
(dal Cile, all’Argentina, al Brasile), per i Paesi minori dell’Europa dell’Est, per le altre realtà del
Medio Oriente e dell’Asia; sta accadendo lo stesso per il più critico continente Africano.
Quindi: da una parte Paesi Guida, tramite imprese forti e Governi attenti; dall’altra parte Paesi che
si fanno guidare, tramite imprese espressioni dei Paesi Guida.
Una tale premessa è importante per inquadrare lo specifico tema della “Lectio”, che punta a dare,
per le Telecomunicazioni in Italia, una lettura dinamica tra il “passato autorevole” ed il “presente
incerto”, e vuole offrire spunti per una esplorazione del futuro.

2. Le TLC in Italia all’inizio degli anni ‘90
Le TLC italiane, all’inizio degli anni ’90, apparivano solo discretamente avanzate come livello
tecnologico e di servizio, con competenze di traffico telefonico pubblico ripartite tra quattro
operatori:

TELESPAZIO
(satellite)

ITALCABLE
(resto del
mondo)

ITALCABLE
(resto del
mondo)

AS
S

S
AS

T

T

SIP
S
AS

T

AS
S

T

Europa &
Mediterraneo

Figura 1 – Le società di telecomunicazioni italiane all’inizio degli anni ’90 (per competenza)
Vito Gamberale – Lectio Magistralis
Le Telecomunicazioni in Italia: da un passato autorevole ad un presente incerto. Quale futuro?

3


SIP – di proprietà dell’IRI, quotata in Borsa – gestiva, sulla rete fissa, il traffico urbano e
interurbano nell’ambito dei 231 distretti; inoltre aveva appena avviato a gestire, con ritardo,
il servizio radiomobile;



ASST – di proprietà del Ministero delle Poste e Telecomunicazioni – gestiva il traffico
interurbano tra i distretti e quello internazionale da e verso i Paesi europei e del bacino del
Mediterraneo;



ITALCABLE – di proprietà dell’IRI, quotata in Borsa – gestiva il traffico internazionale
verso tutti gli altri Paesi;



TELESPAZIO – di proprietà dell’IRI, quotata in Borsa – gestiva i collegamenti via satellite.

Per quanto riguarda gli altri servizi:


il Telex, a quei tempi ancora molto diffuso, era di competenza del Ministero PT in ambito
nazionale e internazionale, e di ITALCABLE da e verso gli stessi Paesi con cui scambiava il
traffico telefonico.



la trasmissione dati: “in banda fonica” e il servizio ISDN (Integrated Services Digital
Network) venivano erogati con le stesse competenze della telefonia.

Una tale pluralità di operatori rappresentava un’ indubbia anomalia nei confronti degli assetti
operativi e proprietari degli altri operatori nazionali dei singoli Paesi guida.
Di sicuro la frammentazione favoriva inefficienza gestionale, contraddizioni tecnologiche, non
univocità d’indirizzo, anche se la prevalente proprietà dell’IRI aveva sempre assicurato disciplina
manageriale, apertura agli investimenti e presenza nei mercati borsistici.
A prescindere dalla particolarità italiana, il sistema delle TLC europee aveva mantenuto un
sostanziale allineamento, nelle tecnologie e nei servizi, come evidenziato dalla seguente tabella
sinottica (dati riferiti al 1990), che si riferisce ai principali Paesi europei:

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Le Telecomunicazioni in Italia: da un passato autorevole ad un presente incerto. Quale futuro?

4
Tabella 1 – Il sistema delle TLC europee nel 1990

linee fisse (mil)
linee fisse/ab
grado di digitalizzazione (%)
traffico internazionale/ab(min)
telefonia mobile (migl)
penetrazione (%)

F
28,1
0,50
75
37,6
283
0,50

D
31,9
0,39
12
39,5
273
0,34

I
22,4
0,40
33
18,5
266
0,47

S
12,6
0,33
28
15,6
55
0,14

UK
25,4
0,46
47
45,6
1.114
1,92

A quell’ epoca – inizi anni ’90 – gli operatori nazionali dominanti delle TLC, i cosiddetti
“incumbent”, cominciavano a cimentarsi con il concetto di concorrenza, nato a seguito della famosa
“divestiture della AT&T” realizzata negli USA, nel 1984 (e che poi ha subíto diverse fasi di radicali
ripensamenti! ) .
In effetti il sistema delle TLC italiane aveva già avviato un’esperienza di mercato, portando con
Italcable la concorrenza negli altri Paesi. Erano stati attivati, in tutto il mondo, diversi centri per la
rivendita di traffico internazionale e questo sarà il germe che consentirà poi un concreto sviluppo
estero del Gruppo.
Il sistema delle TLC italiane venne a trovarsi, pertanto, all’inizio dell’ultima decade del secolo, con
i seguenti problemi operativi:


una pluralità di operatori per la gestione dei servizi di telefonia fissa;



un livello qualitativo di reti e servizi medio-alto come risultato dell’ evoluzione tecnologica
(l’Italia era stato il primo Paese, in Europa, a introdurre la teleselezione a livello nazionale);



un’ esigenza di dare efficienza complessiva alla gestione;



un basso livello di sviluppo del radiomobile;



la necessità di aprire alla concorrenza nel Paese;



una nascente opportunità di avviare un significativo sviluppo all’estero.
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Le Telecomunicazioni in Italia: da un passato autorevole ad un presente incerto. Quale futuro?

5
3. Dal 1990 al 1998: l’Italia all’avanguardia delle TLC in Europa
Il 1990 è l’anno in cui si pianifica un deciso sviluppo delle TLC Nazionali.
L’intero sistema delle TLC italiane comprende, infatti,

che è alle porte una rivoluzione di

tecnologia (basata sul digitale), di servizi, di mercato.
Decide quindi di affrontare le varie sfide, consapevole che, nel contempo, deve eliminare
l’anomalia delle frammentazioni tra i vari operatori.
Si comincia con un radicale rinnovo dei vertici societari, che coinvolge prima di tutto la SIP.
Questa società diventa il naturale punto di riferimento per strategia, sviluppi tecnologici, coraggiose
aperture al mercato, grande attenzione alla qualità dei servizi.
Il pivot di tutta questa progettualità evolutiva è Ernesto Pascale, nominato nell’aprile ’91 Presidente
della SIP. Accetta di essere affiancato da esperienze diverse. Lo affiancano due Amministratori
Delegati: Zappi (con la delega alla telefonia fissa) ed il sottoscritto (con la delega alla telefonia
mobile). Vengono rinnovati completamente i responsabili manageriali dell’Azienda. Si ha il
coraggio di puntare su figure giovani e lungimiranti – De Julio, Di Genova, Sarmi, Tommasi,
Rovera, Bergamini, Pileri, per citare soltanto quanti avrebbero occupato responsabilità di massimo
rilievo.
Si apre un confronto ampio per discutere e decidere di tecnologie, di investimenti, di nuovi servizi.
Un riferimento costante e prezioso sarà il Prof. Décina, tuttora principale stratega tecnologico del
settore.
E’ questa la squadra che, tutta unita, condivide una visione, definisce un progetto pluriennale
(durerà otto anni), ne cura l’attuazione, l’adattamento e l’evoluzione. In particolare:


si procede ad una radicale riorganizzazione, basata su un ampio e reale sistema di deleghe,
finalizzato ad assicurare standard di servizi allineati alle best practices mondiali;



si avvia, con decisione, il perseguimento della fusione dei vari operatori, per allinearsi,
anche organizzativamente, agli altri “incumbent” europei;

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6


si accelera il processo di digitalizzazione delle reti, puntando a raggiungere il 90% entro il
’97;



si ha il coraggio di impostare ed avviare la prima Pay TV nell’Italia delle due sole TV
commerciali e broadcasting;



si punta su una forte accelerazione nella telefonia mobile;



si apre, con fiducia e lealtà, alla concorrenza;



si avvia un deciso sviluppo verso l’estero.

Ognuno di questi capitoli meriterebbe una specifica trattazione, per la rilevanza avuta nel favorire
una coraggiosa emancipazione complessiva delle TLC italiane.
Per evidenti limiti di tempo ci si limiterà a ricordare solo gli aspetti salienti di taluni di questi
passaggi.
Ci si soffermerà poi a sviluppare, un po’ più in dettaglio, ciò che si fece nella telefonia mobile,
come esempio emblematico, ma non esauriente, dell’impegno profuso e dei risultati raggiunti in
quegli anni.
3.1 Fusione dei vari operatori
Il processo di riassetto del settore delle telecomunicazioni in Italia ha preso avvio con la Legge n°
58, del gennaio 1992, che ha fissato i criteri generali per la realizzazione della riforma, stimolata
dagli sviluppi della politica comunitaria in materia di telecomunicazioni.
Nel giugno del 1994 il Consiglio di Amministrazione dell’IRI approva il “Piano di riassetto delle
telecomunicazioni” che porta, in qualche mese, alla fusione, per incorporazione nella SIP, delle
società IRITEL (nella quale era confluita precedentemente ASST), ITALCABLE, TELESPAZIO e
SIRM (Società Italiana Radio Marittima).
Successivamente, la SIP muta denominazione assumendo quella attuale di "TELECOM ITALIA",
diventando il Gestore Unico dei servizi di telecomunicazione, il cui capitale sociale sarà detenuto
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Le Telecomunicazioni in Italia: da un passato autorevole ad un presente incerto. Quale futuro?

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dalla STET (55%); il flottante di borsa sarà ripartito essenzialmente tra investitori esteri (25,05%),
investitori italiani (16,65%), IRI (2,8%) e RAI (0,5%).
3.2 L’ammodernamento della rete fissa e il progetto Socrate.
La prima metà degli anni ’90 si contraddistingue per la massiccia attività di digitalizzazione delle
centrali telefoniche (che si concluderà nel 1999) e la realizzazione di infrastrutture per la fornitura
di nuovi servizi telefonici a valore aggiunto.
Nel 1991 la SIP attiva la rete ISDN. Nel 1994 viene completata la realizzazione della Rete
Intelligente, una nuova infrastruttura caratterizzata da “nodi intelligenti” tramite i quali è possibile
fornire, in maniera centralizzata, servizi avanzati di fonia (come il Numero Verde).
Contestualmente nascono i primi servizi informativi a pagamento, basati su prefissi 144 e 166,
mentre già dal 1994 diviene operativa, in alcune delle maggiori città italiane, la rete a larga banda
ATM (Asynchronous Transfer Mode), che consente di offrire servizi multimediali in maniera
completa e flessibile, con capacità trasmissiva fino a 34 Mbit/sec su fibra ottica, per la grande
utenza/business.
Gli anni 1995-97 sono caratterizzati dalla prima ondata di crescita di Internet: la rete Interbusiness
di Telecom Italia (T.I.) nasce nel 1995. Nel 1996 nasce TIN (TELECOM ITALIA NET) per fusione
di Telecom on line e Video on line, fornitori di accesso a Internet mediante la rete ISDN e la rete
telefonica commutata.
Nel 1996 viene avviato il progetto Socrate, nel quadro dell’impegno congiunto di Comuni e STET/
T.I., per la cablatura, in tre anni, del 50% delle abitazioni del Paese, con cavi ibridi a fibre ottiche e
coassiali.
Questo progetto, all’epoca, fu salutato con entusiasmo persino da Nicholas Negroponte. Si voleva
mettere a disposizione delle case italiane una capacità trasmissiva ISDN (144 Kbit/sec) e un canale
video a 34 Mbit/sec.
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Oggi gli stessi servizi previsti nel piano Socrate ( telefonia, Internet, TV diffusiva e su domanda) si
chiamano “triple-pay” e possono viaggiare anche sul semplice doppino telefonico con la tecnologia
ADSL attuale fino a 20 Mbit/s; tale capacità trasmissiva consente infatti di gestire i segnali video
pacchettizzati su protocollo Internet (la TV è diventata IPTV). Nel frattempo la rete di trasporto in
fibra ottica (il backbone di collegamento tra i nodi di rete, ossia le vecchie centrali telefoniche) ha
raggiunto una disponibilità di banda pressoché illimitata: una sola coppia di fibre, che negli anni ’90
trasportava 640 Mbit/s, oggi può trasportare migliaia di Gbit/s (si parla infatti di Tera bit/s).
Il progetto Socrate verrà abbandonato dopo 2 anni, nel 1998, anche perché erano montate critiche
improprie verso un progetto coraggioso e evolutivo del Paese.
Quel progetto avrebbe consentito a TI un’evoluzione verso i servizi a valore aggiunto – verso i
contenuti – con 10÷15 anni di anticipo e, di sicuro, con investimenti inferiori a quelli che ora
occorrerà fare. In più avrebbe dotato il Paese di una pluralità di piattaforme (etere, cavo, Internet)
analoga a quella di altri Paesi ed avrebbe posto le basi per una nuova e forte concorrenza a RAI,
Mediaset e, oggi, a Sky.
A seguito poi del sopraggiungere della tecnologia ADSL (Asymmetric Digital Subsciber Loop) sul
doppino telefonico, nel 1999 T.I. avvia la sperimentazione dei servizi Superlinea, abbinando alla
telefonia l’accesso veloce ad Internet, prima a 128 kbit/s, poi a 256 e 640 Kbit/s, fino ai 20 Mbit/s
attuali, e introducendo via via vari servizi multimediali.
Oggi si discute su un ulteriore sviluppo di capacità trasmissiva e servizi sulla rete di accesso – la
NGN (Next Generation Network) – portando la fibra ottica più vicino alla casa dell’utente
(potremmo dire al marciapiede), in modo che il doppino telefonico in rame, su una più breve
distanza (200-300 metri), possa trasportare fino a 50 Mbit/s (ma si parla già di 100 o 200 Mbit/s),
utilizzando la tecnologia VDSL (Very High Speed Digital Subsciber Loop).

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3.3 Lo sviluppo estero di Telecom Italia nella rete fissa.
Gli anni dal ’94 al ’98 vedono TI particolarmente attiva nello sviluppo estero
Era stata creata una società apposita – STET International – con a capo professionalità molto
orientate ai complessi processi di acquisizioni.
Queste, in genere, derivavano o da privatizzazioni degli incumbent promosse nei vari Paesi di 2^
livello (come si diceva all’inizio) o da gare come challenger, a seguito della progressiva apertura dei
mercati.
Stet International era una società snella, che si avvaleva delle competenze tecniche e di business
presenti nelle varie direzioni di T.I..
Furono raggiunti, in pochi anni – dal ’94 al ’98 - , risultati impensabili.
Mai forse un gruppo industriale italiano era stato in grado di proporsi come protagonista di
sviluppo internazionale come lo fu T.I. in quel ristretto periodo. Le tappe più significative
sono riportate nella seguente tab. 2:

Tabella 2 - Sviluppo di Telecom Italia all’estero, su rete fissa

1994
Impsat Corporation, Delaware USA
1995
CITEL Corporacion Interamericana de telecomunicaciones – Mexico
1996
Impsat e Norcable – Argentina
Bearti Televenturas – India
Stet France S.A.
1997
9Telecom S.A. – France
Intelcom San Marino
Euskatel, CYC Telecomunicaciones Company LTD, NETCO Redes,
Retevision S.A e Cable Televisivo de Catalunya – Spagna
Telecom Serbia
Nethetelec – Ecuador
1998
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10
Multimedia cable S.A. – Spagna
Solpart Partecipacoes S.A. – Brazil (holding di controllo di Brazil Telecom)
Telecom Austria A.G.
1999
Nortel Investora - Argentina
Holding AUNA- Spagna
BB – Ned Olanda
MED 1 Submarine Cable Mediterranean Broadbend Access – Greece
Mediterraneas Natilus Ltd - Ireland

In pochi anni T.I. aveva acquisito un peso ed un prestigio considerevoli in Europa ed in Sud
America. In Spagna, Argentina e Brasile era divenuto il driver delle TLC.
Europa

America del Nord

Asia

America
del Sud

1994

1995

1996

1997

1998

1999

Figura 2 – Lo sviluppo internazionale del business fisso di Telecom Italia negli anni ‘90

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4. Lo sviluppo della telefonia mobile in Italia
Nel 1990 il radiomobile in Italia aveva una penetrazione bassissima (inferiore allo 0,5%), se
confrontata a quella dei Paesi anglo/scandinavi, leader in Europa:
- UK

con circa il 2,-%, più di 4 volte superiore all’Italia;

- Svezia

con il 5,4%, quasi 11 volte superiore all’Italia;

- Finlandia

con il 5,2%, oltre 10 volte superiore all’Italia;

- Norvegia

con il 4,7%, ossia 10 volte superiore all’Italia;

- Danimarca con il 2,9%, oltre 6 volte superiore all’Italia.
Il significativo gap era connesso al ciclo delle tecnologie che si erano succedute ed alle nuove che si
profilavano come prossime.
L’Italia aveva sviluppato la rete per il servizio a 160 MHz, relativo al così detto “veicolare”, ossia la
prima generazione dei telefoni installati nelle auto. Questa rete aveva una capacità limitata – poche
decine di migliaia di utenze – e una copertura concentrata nelle grandi città.
Era stata poi sviluppata la prima rete per il servizio portatile a 450 MHz, anch’essa veicolare, con
una capacità di poche centinaia di migliaia di utenze, e con una copertura che, oltre che urbana,
cominciava ad essere anche presente su particolari tratte stradali extra urbane.
Nella metà degli anni ’80 si era poi sviluppata la tecnologia TACS, a 900 MHz, che si diffuse nei
Paesi scandinavi ed in Inghilterra e che era stata alla base del particolare sviluppo maturato colà.
Negli stessi anni si andava completando la definizione degli standard e delle interfacce di rete della
tecnologia GSM, sistema molto innovativo, che nasceva completamente digitale(a differenza del
TACS, nel GSM il segnale è in forma numerica già dal telefonino in poi) e con caratteristiche di
interoperabilità tra più Paesi e più Gestori. Tra l’altro la standardizzazione del Gsm – caso quasi
unico- nasceva dalla cooperazione dei Gestori europei piuttosto che dalle industrie manifatturiere.
Ed i Gestori dell’Europa Continentale, molto impegnati nel lavoro di standardizzazione, scelsero
quasi naturalmente di scommettere sul rapido sviluppo industriale del GSM. Ma, come spesso

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capita in questi processi , i tempi erano stati sottostimati e alla fine degli anni ’80 gli standard non
erano ancora maturi per la fase di industrializzazione del sistema e dei terminali.
E’ proprio questa situazione di stallo sul GSM che porta la SIP ad una decisione coraggiosa e
controcorrente rispetto all’Europa Continentale: viene varato, con decisione (ancorché potesse
apparire tardivo), il lancio del TACS, con un piano di investimenti di oltre 3000 Mld di lire (c.a 1,7
Mld di €) da realizzare in 4 anni.
Il piano parte operativamente nel ’90. L’avvio del servizio avviene in concomitanza con i Mondiali
di calcio in Italia. Rappresenterà la base per il decollo del radiomobile nel Paese.
All’interno della SIP viene creata una specifica divisione, la cui delega è affidata al sottoscritto.
Vengono coinvolte esperienze tecniche e di marketing e viene costruita una squadra che avrebbe
rappresentato il nucleo di quel gruppo manageriale che, di lì a qualche anno, avrebbe creato la TIM.
Si decide subito che occorreva supportare, con radicali innovazioni di mercato, la coraggiosa scelta
industriale.
E allora, a fine ’91, viene presa un’altra ardita decisione.
La rete commerciale di SIP, fino ad allora, era basata sugli sportelli delle circa 100 agenzie SIP.
Come dire che 100 uffici dovevano poter alimentare tutto il Paese.
A quel tempo, peraltro, un terminale radiomobile aveva un prezzo di circa 4÷5 Mil., ossia circa
2.000/2.500 € di oggi.
Un prezzo che oggi appare assurdo in quanto di 10/20 volte superiore agli attuali prezzi dei più
sofisticati apparecchi.
Ma allora, oltre 15 anni addietro, la ristretta produzione, l’elitarietà del servizio, facevano del
radiomobile un prodotto/servizio esclusivo e di nicchia.
Con quei prezzi, il margine era del 50%: ossia SIP, alla pari degli altri operatori europei,
guadagnava da 2 a 2,5 Mil. al pezzo.
Ma di sicuro quell’ Eden non poteva consentire un mercato di massa.

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La SIP era interessata al servizio, più che al prodotto; voleva fare del radiomobile un servizio di
massa, quindi basato su grandi volumi. Per attivare grandi volumi occorreva passare dai 100 negozi
diretti, e in monopolio, a migliaia di negozi esterni, non propri.
Significava, nel contempo, rinunciare ai lauti margini sul prodotto.
In pochi mesi viene creata una capillare rete di vendita, costituita da negozi privati che si
organizzano, o con corner interni o con punti vendita dedicati. Si arriva, nel giro di 2 anni, dal ’91 al
’93, ad oltre 2.500 punti vendita, collegati al sistema informatico centralizzato di SIP con un
sistema dedicato – il SID – per l’attivazione del contratto on-line.
E’una rivoluzione a livello europeo. L’Italia liberalizza la vendita dei terminali, che era gestita
in monopolio, da parte di tutti gli operatori al mondo. Viene creata una nuova categoria
economica : il dealer della telefonia mobile.
E’ il primo, vero passo verso la liberalizzazione del settore. Viene fatto dalla SIP, come
decisione propria.
Mentre la SIP esprime questo sforzo evolutivo, il Governo – sempre alle prese con problemi di
bilancio – con la finanziaria del ’91 introduce la tassa sui contratti: 30.000 £/mese tuttora in essere.
Il mercato risponde comunque con straordinario entusiasmo. In meno di due anni i clienti
quadruplicano, tanto che, l’8 ottobre ’93, viene celebrato e premiato il milionesimo cliente
radiomobile, un medico del bellunese.
Così, dal ’91 al ’95 proseguirà questa “invasione” della telefonia mobile in Italia.
Viene coniato il termine “il telefonino” che diviene sinonimo del prodotto, del servizio, dei negozi.
Nel frattempo, nel ’94, si realizza, come detto, la fusione di tutti gli operatori di rete fissa –
SIP/Italcable/ASST/Telespazio – dando vita ad un unico operatore nazionale che viene chiamato
Telecom Italia.
Una tappa storica per il sistema delle TLC italiane, che così viene ad allinearsi, organizzativamente
e strutturalmente, ai vari operatori nazionali (France Telecom, Deutsche Telekom, British Telecom,
Telefonica, etc.).
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All’interno di T.I. continua l’attività, e quindi lo sviluppo, della Divisione Radiomobile.
Vengono assunti giovani per lo sviluppo delle varie funzioni all’interno della Divisione: il
Marketing, la Rete, l’area Commerciale, il Customer Care dedicato.
A fine ’94 i clienti (ossia gli utenti) radiomobili sono diventati 2.240.000, ossia circa 10 volte il
livello del ’90.
Il TACS aveva fatto una corsa incredibile. Si era rivelato il più efficace investimento per l’Azienda
e per il Mercato. L’Italia, in pochi anni, aveva intrapreso un importante sviluppo: si avviava a
diventare il riferimento europeo. Può essere utile confrontare i trend di penetrazione rispetto ai
Paesi Continentali ed a quelli Anglo Scandinavi, da anni guida del settore:

16,00

16.10 (Sv)

14,00

14.00 (Nor)
13.50 (Fin)

12,00
10,00

9.90 (Dan)

8,00

7.10 (UK)

6,00
3.97 (Ita)
3.12 (Ger)
1.56 (Fra)
1.07 (Spa)

4,00
2,00
0,00
1990

1994

tempo

Fig. 3 - Coefficiente di penetrazione della telefonia cellulare in Europa
Come si vede, l’Italia in 3 anni si è avviata ad acquisire una certa leadership rispetto ai grandi Paesi
Continentali (F, D, S) e si avvia a confrontarsi con i Paesi Guida del settore, ossia con l’area
scandinava e inglese.
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In queste aree, va precisato, era già presente - fin dall’inizio degli anni ’90 - una concorrenza
espressa dalla nascita dei secondi operatori mobili (in UK nacquero anche il terzo e il quarto).
Questo confronto concorrenziale aveva portato però gli operatori a competere tra loro in modo
anomalo: offrivano la sovvenzione del telefonino. Telecom Italia decide di non farlo.
Nel frattempo anche l’Italia aveva aperto alla concorrenza nel mobile. Il secondo operatore era stato
scelto, all’inizio del ’94, in Omnitel, dopo una gara pubblica, basata sul “beauty contest”. Omnitel
rappresentava la convergenza di due dei tre partecipanti alla gara: si erano fusi i progetti ed i soci di
Omnitel (della Olivetti) e di Pronto Italia ( essenzialmente di diversi privati italiani e dell’americana
Pactel).
Ormai standard e protocolli del GSM erano stati definiti e, quindi, l’arena concorrenziale sarebbe
stata rappresentata dalla nuova tecnologia digitale, che avrebbe consentito un servizio non più
nazionale, ma europeo.
La Divisione Radiomobile di T.I. porta avanti lo sviluppo del TACS e, in parallelo,
l’implementazione della rete GSM. Il business radiomobile sta acquisendo, all’interno di T.I., un
peso importante, con una organizzazione tecnico/commerciale del tutto distinta dai servizi basici di
telefonia fissa. Vengono perciò assunte professionalità dal mercato per supportare una moderna
impostazione commerciale.
Inoltre, l’avvento della concorrenza suggerisce di dare al business un’ organizzazione ed un profilo
trasparente rispetto a T.I., per i servizi che la sua rete fissa avrebbe dovuto offrire, in modo neutrale,
anche ai diversi operatori mobili. E’ così che T.I. decide, prima fra tutti gli incumbent europei, di
scindere, societariamente, la propria divisione Radiomobile.
Nasce, il 14 luglio del 1995, TIM, acronimo di Telecom Italia Mobile. Ne vengo nominato A.D..
TIM opera come gestore dedicato alla sola telefonia mobile, al pari dei concorrenti agli stessi
incumbent, nel frattempo nati in UK (Vodafone e Orange prima di tutti) e nei vari Paesi scandinavi.
TIM si organizza subito intorno ad una squadra di manager giovani, focalizzati, entusiasti e coesi:
Sarmi, Sentinelli, Sabelli, Pallottini, Neri, Pellegrini, Sammartino, ed altri.
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Le Telecomunicazioni in Italia: da un passato autorevole ad un presente incerto. Quale futuro?

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Questi manager organizzano le rispettive Direzioni sulla base di professionalità giovani, che
saranno tutte coinvolte in quella che sarebbe stata e rimasta una pagina storica ed esemplare della
telefonia mobile mondiale e dell’economia italiana.
TIM appare un’azienda fresca, aggressiva, che si sente portatrice di una missione d’avanguardia
per lo sviluppo di servizi innovativi e di qualità, da affermare in Italia e da sviluppare nel Mondo.
La scissione di TIM da Telecom Italia comporta la quotazione della Società. Il titolo è proposto al
mercato a 1,1 €/azione. In soli 4 mesi si rivaluterà del 40%!.
Intanto Omnitel, il secondo operatore mobile italiano, il primo operatore privato del Paese e il
primo vero competitore per un monopolista in Italia, quale era TIM, procede a rapidi passi per
entrare nel mercato. Ha degli obblighi da rispettare, come copertura del territorio, prima di poter
entrare in attività.
Per facilitarne l’approdo al mercato, le Istituzioni di riferimento – in particolare il Ministero delle
Poste e Telecomunicazioni – chiedono a TIM di offrire ad Omnitel l’uso della propria rete – ossia il
roaming. TIM lo concede.
Si prepara un confronto concorrenziale che sarà vissuto da entrambe le parti con forte ed orgoglioso
spirito di squadra.
Da una parte gli eredi del monopolista, forti dell’esperienza tecnica, di una squadra composita e
completa e delle coraggiose aperture già fatte al mercato. Dall’altro il challenger, con alle spalle
l’aggressività dell’Olivetti, l’esperienza del socio yankee Pactel, il favore dei media.
La competizione inizia nel secondo semestre ’95, verso settembre, anche perché TIM non pretende
(anche se difende) la fiscalità sul controllo rispettoso delle condizioni di copertura, prima che
Omnitel potesse operare.
Omnitel è forte di una cultura manageriale mista, basata su solide esperienze di mercato e di
marketing, proprie della Olivetti, e su culture tecnologiche attinte anche dalle risorse di TIM. Punta
a darsi un’immagine di modernità, di agilità, di tecnologia innovativa, di futuro. Sceglie il colore
verde. Il suo slogan d’esordio è “Vi diamo ascolto”. Omnitel entra sul mercato riproponendo, nei
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fatti, la stessa offerta commerciale di TIM. E’ subito molto aggressiva e ottiene importanti
affermazioni, contando anche su una domanda avviata in modo irrefrenabile.
In TIM si decide di rispondere, colpo su colpo, a quelle che appaiono “provocazioni” di marketing.
Il confronto procede più sugli slogan che con concrete differenziazioni tra la fine del ’95 e la prima
metà del ’96. Nell’estate del ’96 Omnitel esce con “Libero”, una proposta innovativa, basata sul
taglio del costo di ingresso per l’utente. E’ una mossa efficace, sia come immagine che come
risultati. Da parte di TIM viene scelta la strada di preparare, in silenzio e sotto traccia, una svolta
radicale nell’offerta della telefonia mobile mondiale: un’offerta “killer”, talmente innovativa da
spiazzare concorrente e mercato, da creare un vuoto tra di loro.

E’ così che TIM, per il Natale ’96, esce con la “carta prepagata”, che rappresenterà un’autentica
rivoluzione: la telefonia mobile passa da servizio di élite, a servizio di massa; dal contratto (con
l’impropria onerosità fiscale), al consumo auto-controllato tramite una scheda prepagata.
E’ per TIM, infatti, un boom nettamente superiore alle attese. Si acquisiscono oltre 10.000 nuovi
clienti al giorno. Nel solo week end prima di Natale vengono acquisiti oltre 200.000 clienti! Nel
mese di dicembre il mercato aumenta di oltre 450.000 utenti, ossia l’ 1% circa della popolazione
italiana!
Omnitel è spiazzata: non riesce a raccogliere che qualche centinaio di utenze al giorno, su una
proposta commerciale che appare ormai superata.
E così si avvia un ’97 strepitoso che consente a TIM di acquisire altri 5 milioni di nuovi clienti, più
del doppio dell’anno precedente. La partita concorrenziale viene giocata lealmente e con creatività,
basata su un’organizzazione aziendale orgogliosa e coinvolta, a beneficio del mercato e dei
consumatori.
Quel periodo, quelle pagine restano esemplari per come ci si può e ci si deve confrontare in un
mercato libero e aperto.

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L’Italia diventa il Campione Mondiale della Telefonia Mobile. Infatti, nel febbraio ’97, in occasione
del GSM World Congress, TIM viene premiata come “operatore più innovativo al Mondo”.
TIM evangelizza il Mondo col “servizio prepagato”.
A fine ’98 il nostro Paese si è portato nel gruppo di testa , come penetrazione del servizio, a livello
europeo, superando decisamente il Regno Unito ed allineandosi ai Paesi Scandinavi:

56.9 (Fin)

60,00

56.1 (Nor)
50,00

47.6 (Sv)
37.8 (Dan)

40,00

36.3 (Ita)
30,00
25.6 (UK)
19.8 (Fra)

20,00

17.0 (Ger)
16.3 (Spa)

10,00

0,00
1990

1994

1997

1998
tempo

Fig. 4 - Coefficiente di penetrazione della telefonia cellulare in Europa.
Intanto TIM, quotata come detto nel luglio ’95, riscuoteva crescenti consensi in borsa: in soli due
anni e mezzo il suo valore era cresciuto del 279%, contro l’87% di Vodafone, che un tempo
appariva come un “mostro sacro”.
E proprio a quell’epoca, stiamo parlando del settembre 1997, (due mesi prima dell’offerta pubblica
di vendita della partecipazione del Tesoro in Telecom), in TIM si studia, con il supporto di una
Banca (l’UBS, allora guidata dal dott. Ottolenghi), l’OPA parziale (per il solo 14,9%) su Vodafone:
sarebbe costata meno di 3 Mld di €. Oggi Vodafone, nella sua interezza, vale 145 Mld di €.

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La manovra è impedita, “sconsigliata”, attraverso il vertice operativo dell’Azionista, perché è
primaria l’esigenza di privatizzare il Gruppo! E così l’operazione non viene portata
all’approvazione degli organi societari.
Nel frattempo TIM ha avviato un impegnativo sviluppo estero:
-

nel ’94

aveva vinto una gara come 1° operatore radiomobile in Grecia(Stet
Hellas);

-

nel ’95 •

aveva privatizzato l’operatore di telefonia mobile in Bolivia;

-

nel ’96 •

aveva vinto, insieme a Bouygues, la 3^ licenza radiomobile in Francia;
aveva acquisito la licenza GSM in Serbia;

-

nel ’97

•

aveva vinto, insieme a DT, la gara per la privatizzazione di
Radiomobil, l’operatore radiomobile della Repubblica Ceca;

•

aveva vinto la gara in due Stati del Brasile, seguita dall’acquisto di
altre due società di Telefonia Mobile dalla privatizzazione di
TeleBras. Oggi il tutto costituisce TIM BRASILE;

•

aveva avviato il 2° operatore mobile in Cile (che fu il 1° GSM in Sud
America);

•

aveva vinto la gara per avviare l’operatore mobile in due Stati Indiani;
aveva acquistato il 25% di Mobilkom Austria;

-

nel ’98

•
•

aveva acquistato la licenza GSM in Spagna , avviando il 3^ operatore;
aveva acquistato la licenza GSM in Ucraina.

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Europa

America del Nord

Asia

America
del Sud

1994

1995

1996

1997

1998

1999

Figura 5 - Lo sviluppo internazionale del business mobile di TIM negli anni ’90.

TIM, a fine ’98, è dunque il leader della telefonia mobile a livello mondiale: lo è per avanguardia
nei servizi, per numero di clienti gestiti nel proprio Paese, per diffusione e clienti nel mondo, per
efficienza, per capitalizzazione di borsa, per basso livello di indebitamento (meno di 8 Mld di €,
verso una capitalizzazione di 37 Mld di €, e dopo tutto il predetto sviluppo estero).
Tutte le ricerche del periodo parlano di “growth stronger than expected” per clienti, efficienza,
crescita profitti, etc. Insomma un campione di cui lo stesso Paese forse non avverte e non vive
l’immagine radicata a livello mondiale.
Il nostro Paese non è uso a gloriarsi dei propri campioni mondiali in economia. Anzi!

5. Il ruolo dell’Antitrust per la liberalizzazione del settore.
L’Antitrust, ossia l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato – AGCM -, viene istituita in
Italia, nel 1990: è una coincidenza, casuale ma importante, con l’avvio del grande piano evolutivo
per le TLC italiane.
Il primo Presidente sarà un puro giurista, il prof. Saia.
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Vengono subito affrontati angoli marginali per la liberalizzazione di taluni servizi: si parte con la
Telefonia Pubblica e con Videotel.
Velocemente

matura la spinta a favorire la concorrenza nella Telefonia Mobile. Le prime

riflessioni partono nel 1992. Nell’anno successivo viene indetta la gara per scegliere il secondo
operatore radiomobile, sulla base di un beauty-contest, processo di per se non sempre totalmente
trasparente.
La licenza verrà assegnata nell’aprile ’94, da un Governo dimissionario, il lunedì pomeriggio
successivo alle elezioni politiche.
Dopo pochi mesi, al vertice dell’Antitrust arriva il prof. Giuliano Amato, già Ministro del Tesoro e
Presidente del Consiglio. La presidenza Amato sarà illuminata nella conduzione e decisa negli
obiettivi.
Nella telefonia, specie nella mobile, comprende che occorre conciliare l’apertura alla concorrenza
con la salvaguardia del patrimonio di know how e di gestione costruito dall’incumbent.
Resterà esemplare la conclusione di un procedimento avviato contro TIM su denuncia di Omnitel
che contestava i rapporti di esclusiva tra TIM ed i propri dealers.
Il procedimento si concluse con la condanna di TIM, senza rendere esecutiva la sentenza. Cioè
l’Antitrust dava un preciso ammonimento a TIM: lasciate che la concorrenza prenda corpo. Ma
anche a Omnitel: non potete condividere il patrimonio altrui, impegnatevi a sviluppare il vostro!
La concorrenza partì con decisione. Si può dire che la telefonia resta l’unico settore, un tempo in
monopolio, in cui la concorrenza abbia realmente giovato al consumatore.

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6. Le TLC Italiane alla fine del 1997
A fine ’97 il Gruppo Telecom Italia ha pressoché completato il progetto pluriennale di radicale
ammodernamento, impostato all’inizio del ’91. La sintesi del percorso compiuto è riportata nella
tabella 3, che aggiorna e compara i dati relativi al ’90, già visti in precedenza:

Tabella 3 – Il sistema delle TLC europee nel 1997.

F
linee fisse (mil)
33,7
linee fisse/ab
0,60
grado di digitalizzazione (%)
96
traffico internazionale/ab (min) 54,8
telefonia mobile (migl)
5.817
penetrazione (%)
10,3

D
48,7
0,60
100
58,9
8.276
10,1

I
25,7
0,45
94
39,1
11.738
20,8

S
15,9
0,40
81
39,7
4.338
11,-

UK
31,9
0,55
100
94,1
8.841
15,2

In particolare emergono: l’allineamento ai Paesi più avanzati nella digitalizzazione della rete; la
riduzione del gap relativo al traffico internazionale per abitante; l’assoluta leadership conquistata
nella telefonia mobile; e, per quanto detto in precedenza, una prepotente espansione estera, nel fisso
e nel mobile, con posizioni di leadership create in Paesi forti (o che lo sarebbero diventati) come la
Francia e la Spagna.

7. Dal 1997 al 2000: liberalizzazione della telefonia. Scenari competitivi
Nel 1997 il Decreto del Presidente della Repubblica n. 318 liberalizza il settore delle
telecomunicazioni fisse e ciò comporta la nascita di nuovi gestori di reti di telecomunicazioni. Nel
1995 società come Infostrada ed Albacom erano state fondate in previsione della liberalizzazione
del mercato; nell’anno 1998 questi operatori hanno finalmente la possibilità di ottenere la licenza
per la fornitura di servizi di telecomunicazioni fisse.
Nel settembre 1999 nasce a Milano e.Biscom/Fastweb, con il progetto imprenditoriale di sviluppare
e diffondere una nuova generazione di reti di trasmissione, alternative a quelle telefoniche
tradizionali. Durante i primi mesi di vita la società si focalizza sulla realizzazione di una rete
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capillare, in fibra ottica, nell’area metropolitana di Milano. Fastweb lancerà, sin dal 2001, servizi
“bundled” voce, dati e video, introducendo un nuovo modello di business che verrà additato per
molti anni ad essere seguito come esempio di innovazione a livello mondiale( con capacità da 20
Mb/sec su fibra e da 640 Kb/sec su doppino).
Il 1999 vede le prime sperimentazioni ADSL e UMTS da parte di T.I.: viene infatti avviata la
sperimentazione dei Servizi Superlinea 2000 e 1500 per navigare in Internet ad alta velocità grazie
alla tecnologia ADSL, una tecnologia abilitante in grado di ampliare la capacità di trasporto del
doppino di rame.
Nel corso del 2000 vengono lanciati i primi servizi commerciali ADSL; appaiono per la prima volta
offerte voce con cosiddetta tariffa “flat” (una piccola rivoluzione dal punto di vista tariffario).
Sempre nel 2000 viene lanciata la gara per l’assegnazione della licenza UMTS, della quale
risulteranno assegnatari cinque operatori mobili (TIM, Omnitel/Vodafone, WIND, H3G, Ipse).
Quell’anno vengono stabilite: a) le regole di fornitura di servizi ADSL in wholesale da parte di TI
agli operatori licenziatari, e b) le condizioni per la fornitura di servizi detti di “unbundling del local
loop” (ossia di accesso disaggregato alla rete locale).
L’accesso disaggregato alla rete locale svolgerà un ruolo decisivo nell’aprire gradualmente al
mercato il cosiddetto “ultimo miglio”, consentendo agli operatori nuovi entranti la possibilità di
offrire una varietà di servizi in concorrenza con TI.
L’apertura del mercato alla concorrenza ha portato infatti ad un ampliamento dell’offerta degli
operatori alternativi che era concentrata quasi esclusivamente sul mercato dei servizi telefonici
interurbani e internazionali.
L’introduzione di regole che disciplinano le modalità di utilizzo della rete di accesso di TI da parte
degli operatori concorrenti ha permesso di estendere ai consumatori e alle imprese i benefici
derivanti dalla competizione nei servizi di accesso locale, non soltanto di telefonia, ma soprattutto
di tipo innovativo, come il collegamento Internet ad alta velocità.

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Si può dire che la telefonia è stato l’unico settore che, aperto alla concorrenza, ha portato effettivi
benefici ai consumatori, con un drastico calo dell’indice del prezzo al consumo (-11% al 2006, 18% al 2010).

8. Globalizzazione e diversificazione
Per valutare il grado di partecipazione dell’Italia al mercato globale delle telecomunicazioni vale la
pena comparare la ripartizione, tra fatturato domestico ed internazionale, per i principali incumbent
europei (con riferimento ai primi nove mesi del 2006).

Tabella 4 – Globalizzazione e diversificazione del business: i principali incumbent europei
(rif. primi nove mesi del 2006, fonti: relazioni trimestrali) 1

Diversificazione mercati
Diversificazione linee di business
Fatturato (b€) Domestico Internazionale Fisso Mobile IT Media Altro
Telefonica
Deutsche Telekom
France Telecom
Telecom Italia
British Telecom

38,7

38,00%

62,00%

38,0%

55,6%

2,5%

45,5

54,42%

45,58%

39,4%

43,6%

11,9%

2,7%

38,4

60,41%

39,59%

58,4%

38,8%

1,3%

1,2%
0,0%
5,0%
1,4%

23,1

74,94%

25,06%

50,9%

41,0%

1,7%

0,5%

5,8%

21,6

87,00%

13,00%

74,6%

1,4%

20,8%

0,0%

3,2%

Si può constatare come, a parte l’eccezione di British Telecom e di TELECOM ITALIA, gli
incumbent europei producono un’ampia quota del proprio fatturato al di fuori dei propri mercati
domestici.
Questa strategia di globalizzazione consente agli operatori di concentrarsi sui mercati a maggiore
crescita (per es. quello sudamericano per Telefonica), compensando quindi la scarsa crescita o la
contrazione del mercato domestico.
1

La quota del 25% di ricavi esteri di Telecom Italia indicata in tabella si riferisce alla Relazione di Deposito del terzo
trimestre 2006; Telecom Italia ha riclassificato i ricavi e dichiarato una quota di ricavi esteri a fine 2006 pari al 16% dei
circa 31b€ di ricavi totali (ricavi TIM Brasil: ≈3,9b€; ricavi mercato europeo: ≈ 0,9b€).
Vito Gamberale – Lectio Magistralis 25
Le Telecomunicazioni in Italia: da un passato autorevole ad un presente incerto. Quale futuro?
La tabella dà una misura della scarsa partecipazione di Telecom Italia alla globalizzazione del
mercato delle telecomunicazioni.
Allo stesso modo gli operatori dominanti europei hanno cercato di differenziare il fatturato
distribuendolo su diverse linee di business (fisso, mobile, IT, media).
Questa strategia ha permesso per esempio a British Telecom ed a Deutsche Telekom di entrare
aggressivamente nel promettente mercato dei servizi ICT ed a Telefonica di concentrarsi
maggiormente sul mercato mobile, diminuendo il peso del business della telefonia fissa.
T.I., un po’ a rappresentanza del mercato italiano, manifesta una larga dipendenza dal business
delle telecomunicazioni fisse (nel quale il fenomeno della larga banda consente di compensare a
malapena l’erosione del fatturato della fonia) ed una scarsa penetrazione nel business dei servizi
ICT.

9. La privatizzazione delle TLC italiane
All’inizio del ’97 il Gruppo nazionale delle TLC italiane è rappresentato dalla finanziaria Stet,
posseduta al 61% circa dal Tesoro. A sua volta la Stet possiede il 62% di Telecom Italia ed il
60%circa di azioni ordinarie TIM (di cui possiede anche il 19,5% di azioni di risparmio, per un
totale del 52,6% di interesse azionario).
In aggiunta va ricordato che Stet possiede importanti partecipazioni industriali e nell’I.T. In
particolare:
-

il 49% di Sirti, azienda leader europeo nella progettazione e realizzazioni di reti di
TLC;

-

il 50% di Italtel, ultimo baluardo nazionale nella progettazione e produzione di
apparati (centrali) per TLC fisse e mobili;

-

il 77% di Finsiel, azienda leader nella gestione del sistema fiscale italiano.

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Queste partecipazioni rappresentano l’evoluzione – pressoché esclusiva al Mondo- del servizio
monopolista verso l’industria e la ricerca. Una filiera fonte di sviluppi tecnologici e di affermazione
sui mercati, se ben gestita (come è accaduto con Marelli per FIAT e con Snamprogetti e Saipem per
ENI).
La Stet rappresenta quindi l’azionista di riferimento di un articolato gruppo italiano che copre
l’intera gamma industriale delle TLC, dalla produzione di apparati, alla realizzazione di reti, alla
gestione di servizi fissi e mobili, alle più avanzate applicazioni informatiche.
E’ un gruppo di rilevanza mondiale, con punte di eccellenza proprio nei servizi di TLC.
Nel 2^ semestre ’96 si era appena insediato il nuovo Governo in Italia. L’obiettivo guida del
programma governativo era quello di “portare l’Italia in Europa”, ossia di far rientrare l’Italia tra i
Paesi che avrebbero condiviso la Moneta Unica Europea – l’Euro. E infatti il Governo, nel giugno
’97, firma il “ patto di Stabilità” con l’UE. Nel maggio ’98 l’Italia è ammessa all’Euro.
Questo traguardo avrebbe rappresentato il definitivo allineamento dell’Italia alla disciplina
economico/finanziaria dei principali e più solidi Paesi europei che già nel ’91 si erano dati obiettivi
e parametri di bilancio comuni, i cosiddetti “parametri di Maastricht”.
A guardia del raggiungimento di tali obiettivi vigila, per l’Unione Europea, il Commissario belga
Van Miert.
Per l’Italia significa portare il deficit di bilancio annuale entro il 3%; avviare il rientro dall’enorme
debito che era circa il 120% del PIL, mentre il livello normale era stato fissato al 60%; allineare la
propria inflazione alla media europea.
Nel nuovo Governo, a tutela del rientro nelle regole europee, vengono impegnati il Ministro del
Bilancio e del Tesoro, Ciampi e il Direttore Generale del Tesoro, Draghi.
Per poter ottemperare agli impegni comunitari, l’Italia imbocca la strada delle privatizzazioni.
L’Italia aveva già fatto diverse privatizzazioni, più che altro come rifocalizzazione delle Holding
Pubbliche IRI ed ENI, dopo i forzati sconfinamenti in taluni settori tipicamente privati, per salvare

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Gruppi nei quali i privati avevano fallito (Motta, Alemagna per IRI; il tessile/abbigliamento per
ENI).
E’ così che nel ’97 si apre la stagione delle “grandi privatizzazioni”.
TI assurge a simbolo, e perciò a madre, delle privatizzazioni da fare.
E’ opportuno ripercorrere, a grandissime linee, la storia della privatizzazione di TI, dal 1997 ad
oggi. Sarà fatta in modo molto veloce, rinviando, per una profonda e rigorosa analisi, ai testi scritti
da pochi, documentati e coraggiosi giornalisti.
Per agevolare la privatizzazione, appena dopo il trasferimento delle azioni Stet dall’IRI al Ministero
del Tesoro, vengono mandati via, all’improvviso e dopo aver acquisito solo importanti meriti, due
grandi capi: Biagio Agnes, il presidente della Stet e Ernesto Pascale, il carismatico Amministratore
Delegato della Stet, che era stato l’artefice del miracolo Telecom Italia dal ’91 al ’97. Vengono
sostituiti, rispettivamente, da una grande figura istituzionale, il prof. Guido Rossi e da un importante
manager interno, il dott. Tomaso Tommasi.
Lo Stato, nel ’97, decide di fondere TI in Stet, per poi cambiare il nome di Stet in Telecom Italia,
che così viene ad essere la holding operativa. Tra le sue partecipazioni c’ è quindi anche il 53%
circa di TIM.
La quota del Ministero del Tesoro nella TI holding viene ad essere del 45% circa. Viene decisa la
privatizzazione completa, puntando ad un “nocciolo duro”, in cui coinvolgere gli epigoni del
capitalismo familiare italiano e allargando, per il resto, il flottante di borsa.
Nonostante gli inviti e gli auspici del Governo (che puntava ad organizzare un gruppo di riferimento
– “un nocciolo” – del 15÷20%), si riesce a comporre un “nocciolino” (così fu detto) per un misero
6.6%, dopo che si era “liquefatta” la disponibilità di AT&T per un 1,2% (a volte, pensando ai giorni
nostri, il lupo può perdere il pelo…) e di Unisorce ( una sorta di multi-proprietà internazionale che,
di lì a poco, scomparirà nel nulla) per un altro 1,2%.
Di questo 6,6% la FIAT (o meglio l’IFIL) prende 1/11, ossia lo 0,6% di TI, assumendo, nei fatti,
tutto il potere gestionale dopo aver sborsato solo 186 M €!!
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La vendita al mercato avviene a 5,6 €/azione. Il “nocciolino” paga 5,9 €/az, riconoscendo un premio
di controllo del 5%!
Così, a fine ’97, lo Stato esce dalle TLC, incassando circa 12 MLD di € e conservando una “golden
share” del 5,2% circa, mentre il 2,3% è posseduto da Banca d’Italia.
Il Governo era stato obbligato a puntare sulle poche oligarchie familiari italiane, perché l’opinione
pubblica reclamava “il socio industriale”, e non gradiva la presenza di sole banche-istituzioni
finanziarie, peraltro a quel tempo ancora impreparate per un ruolo da “Soci Istituzionali”. Quindi, di
tutto ciò che accadrà dopo - come vedremo -, al Governo non può essere attribuita una
responsabilità primaria.
L’ingresso dell’ IFIL nel comando di Telecom Italia è molto critico: emergono improvvisazioni,
superficialità e, anche, approcci da “ aristocratica” sufficienza verso le competenze.
Il prof. Rossi – forse intuendo prima di tutti il vuoto verso cui si andava – si dimette a Novembre
‘97, per problemi di governance, dopo meno di un anno dall’insediamento, e dopo aver condotto –
con maestria – la fusione Stet/TI e la stessa privatizzazione.
La IFIL fa subentrare Rossignolo, accompagnato da qualche giovane esordiente, “indicato” sempre
da IFIL.
Tra il Febbraio e l’Ottobre del ’98 TI è teatro di numerosi episodi irrituali, come gestione e rapporti
con gli stake-holders. Nel frattempo qualcuno, dopo aver espresso inutilmente – alla nuova
proprietà - crescenti riserve ed allarmi, se ne va (giugno/luglio ’98).
La situazione non regge. Si arriva, ben presto, alle dimissioni dell’intero vertice (Presidente e due
Direttore Generali). Subentrano il prof. Libonati come Presidente ed il dott. Bernabè come AD.
Sembra che, finalmente, autorevolezza e profili manageriali tornino al vertice di Telecom Italia.
Improvvisamente, nel Novembre ’98, quindi nemmeno due mesi dopo questo traumatico cambio,
un manipolo di cosiddetti “capitani coraggiosi”, guidati dal rag. Colaninno, - attraverso un ‘aricolata
catena di scatole (Hopa, Bell, Olivetti, Tecnost)- lancia un’OPA su TI.

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Bernabè cerca di criticare industrialmente l’OPA e cerca sostegno dei soci istituzionali e alleanze
internazionali. Di fatto resta solo e perde. L’ OPA ha successo ma, successivamente, ne deriverà per
Telecom Italia l’accollo di una montagna di debiti, di origine non industriale.
Nel Maggio ’99 inizia la gestione post-OPA di Colaninno, che si caratterizza per contraddittorie
operazioni all’estero e per una crescente empasse creata dal debito anomalo che grava sul veicolo
dell’OPA.
Verso Colaninno si crea un clima di crescente diffidenza nella prima parte del 2001. Come
conseguenza, e pressoché all’improvviso, alla fine del Luglio 2001, un veicolo societario (Olimpia)
– con la presenza al 60% di Pirelli, al 20% di E.H. ed al 10% ciascuna di due primarie banche –
compra la quota del “gruppo Colaninno” in Olivetti (che, in precedenza, si era fusa con Tecnost),
pagando le azioni a 4,2 € contro un valore di mercato di 2,2 €. Ancorché venissero concessi poteri
gestionali, non si è mai capito quale implicito potenziale, grosso aumento di valore potesse
giustificare una tale forchetta (ossia un premio di maggioranza del 90%)!
Tutti i poteri vengono accentrati in Pirelli, nella figura del dott. Tronchetti, che diviene l’unico e
incontrastato riferimento strategico e gestionale di questo grande gruppo. Nonostante attraverso la
lunga catena delle scatole, in cascata, possieda meno del 2% di Telecom Italia, il Paese, le
Istituzioni, il Mondo industriale, l’Azienda, tutti daranno grande fiducia a questo nuovo assetto e a
questa guida che appare autorevole e carismatica.
L’acquisto – fatto per il grosso a debito – scaricherà poi su Telecom Italia il pesante fardello dei
debiti dell’OPA lanciata appena 2 anni prima, a seguito della fusione di Olivetti in Telecom Italia.
A partire dal nuovo subentro, vengono compiute operazioni straordinarie, non tutte comprensibili,
ma che hanno impatto diretto sul debito.
In particolare vengono vendute, in rapida successione, la gran parte delle partecipazioni estere e la
Seat, ricavando circa 10 Mld di €.

Vito Gamberale – Lectio Magistralis
Le Telecomunicazioni in Italia: da un passato autorevole ad un presente incerto. Quale futuro?

30
Dell’Impero estero, creato nel triennio ‘94/’97, oggi - ossia nel 2007 - Telecom Italia conserva
sostanzialmente solo il Brasile e l’Argentina, nonchè, in parte, la Francia, la Germania e l’Olanda
(le 3 partecipazioni europee saranno state vendute entro il 2009).

.

Il progressivo ridimensionamento dell’estero espone il Gruppo TI all’erosione interna di quote di
mercato, di prezzi, quindi di ricavi e profitti, sorte questa che tocca agli incumbent con poca o nulla
presenza all’estero, dove invece dovrebbero recitare il ruolo di challenger.
Nel 2002 Telecom si apre al “business immobiliare”. Viene avviato e poi proseguito lo spin-off
degli immobili di TI localizzati nelle aree urbane ad altà densità (compresi quelli adibiti a funzioni
tecnologiche) che vengono acquistati da Fondi collegati a Pirelli R.E. e da questi riaffittati a
Telecom Italia. Si ricava qualche miliardo di € (a fronte di valori impliciti di libro di poco inferiori),
ma si passa da un ammortamento economico pari al 3% dei valori di libro, ad un onere finanziario
per locazione tra il 5 e l’8% del valore di mercato, con evidente effetto sul cash flow gestionale.
Viene fatta da Telecom Italia un’OPA sui 2/3 delle quote ordinarie di TIM sul mercato (oltre al
100% delle azioni di risparmio). Il costo globale è di 15 Mld di €, che viene pagato, al 91%, con
debito che va ad aggiungersi ai debiti di TI.
Tra alienazioni estere, spin-off immobiliari, OPA su TIM, gestione, il saldo è di un sostanziale
incremento del debito.
Tutto ciò viene fatto in poco più di 5 anni, da metà 2001 all’autunno 2006.
Oggi il debito di Telecom Italia è intorno ai 38 Mld €, rispetto ai 22 Mld circa nel momento del
subentro di Olimpia.
Si è soliti paragonare il debito di Telecom con quello della Olivetti del 2001 che consolidava
Telecom. E’ corretto, perché la Telecom di oggi è il frutto della fusione per incorporazione di
Telecom in Olivetti e dal cambiamento della ragione sociale dell’incorporante. E però va
riconosciuto che il debito dell’OPA, per quanto condizionante, Colaninno non l’aveva scaricato
sulla Telecom. Fu quella una scelta successiva, decisa ed attuata da Olimpia e che, assieme ad altre

Vito Gamberale – Lectio Magistralis
Le Telecomunicazioni in Italia: da un passato autorevole ad un presente incerto. Quale futuro?

31
operazioni quali l’OPA di Telecom su TIM, hanno reso anomalo l’indebitamento di Telecom Italia,
come riportato nella figura seguente:

Indebitamento finanziario netto/EBITDA
3,5
3,2

3,0

2,9

2,5
2,4

2,0

2,3
2,0

1,5

1,5

1,6

1,0
0,7

0,5
0,0

1999

2000

2001

2002

2003

2004

2005

2006

Figura 6 – Andamento del rapporto tra indebitamento finanziario netto ed EBITDA
(fonte: bilanci Telecom Italia)

A questa gestione finanziaria e strategica contraddittoria, ha fatto senz’altro riscontro una gestione
aziendale più efficace. La rete commerciale di Telecom Italia è stata evoluta adattandola alle
esigenze del mercato, specie per la categoria business. Importanti investimenti sono stati fatti, anche
nella rete, specie per mantenerne l’efficacia funzionale più che per evolvere la generazione della
stessa rete.
Resta un dubbio se la “one office solution”, ossia la fusione di TI/TIM/TIN.it sia stata efficace per
il mercato e sia stata metabolizzata in azienda.
A fine 2006 la quota di mercato di Telecom Italia (insieme agli altri operatori Tiscali , Eutelia,
Infracom) sulla telefonia fissa e mobile, è stimata intorno al 60 %. Il che significa che la quota di

Vito Gamberale – Lectio Magistralis
Le Telecomunicazioni in Italia: da un passato autorevole ad un presente incerto. Quale futuro?

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mercato dei concorrenti, tutti ormai stranieri, è del 40% e vale circa 18 Mld di €( pari al fatturato di
Alitalia e della FIAT in Italia, messi insieme).
A Settembre ’06 uno “tsunami” colpisce Telecom Italia.
Da una parte avanza un’inchiesta giudiziaria su dilaganti intercettazioni che vedono coinvolta la
“sicurezza TI”, episodio questo che porrebbe - di per sé - il sistema al di fuori del rapporto
concessorio e che non ha eguali nel mondo delle TLC dei paesi democratici!
Sempre a Settembre nasce una poco chiara “zuffa” tra vertice di TI e Governo.
La prassi vuole che tra Grandi Imprese e Governo ci sia un confronto continuo su strategie,
investimenti, sviluppi anche regolatori. E questi incontri non possono essere visti anomali, né
costituire scandalo.
Si diceva, nelle premesse, che le più importanti potenze economiche mondiali fondano le proprie
strategie di sviluppo e di difesa su tre sistemi industriali: TLC, Energia e Infrastrutture di trasporto.
E questo accadeva ed accade dovunque, dalla Spagna, alla Francia, alla Germania, all’Inghilterra,
per parlare di Paesi più grandi, nostri naturali “benchmark”, ossia punti di riferimento.
Pertanto non si capisce perché una normalità di rapporti – di sicuro scandita anche da documenti e
appunti – abbia creato il polverone del settembre scorso.
Ai problemi giudiziari e “politici”, va aggiunta una percepita crescente difficoltà di rapporti con
l’Authority di riferimento, contraddistintasi, specie negli ultimi tempi, per equilibrio, responsabilità
e competenza, doti riconosciute anche a livello Comunitario.
Fatto sta che questa congestione di criticità porta, il 15 Settembre, il dott. Tronchetti a clamorose
dimissioni dalla Presidenza di Telecom Italia, come conseguenza del “casus belli” sorto, anche a
livello Istituzionale, da un inaspettato progetto di radicale break-up del sistema TI (l’opposto di
quanto fatto l’anno prima).
Lui stesso invita il prof. Guido Rossi a subentrargli e, quindi, a tornare alla Presidenza del Gruppo.

Vito Gamberale – Lectio Magistralis
Le Telecomunicazioni in Italia: da un passato autorevole ad un presente incerto. Quale futuro?

33
Immediatamente le tre criticità rientrano nella norma: il fronte giudiziario prosegue esterno a
Telecom Italia; con il Governo ritorna un rapporto normale, ma autonomo; con l’Authority viene
riallacciato un confronto sereno e concreto.
Nei primi mesi del 2007 emerge la ferma volontà della Pirelli di uscire da Olimpia, ossia dalle TLC,
quindi da TI.
E per fare uscire Olimpia – che detiene sempre e solo il 18% di Telecom Italia - vengono avviati
“erratici ” contatti e/o tentativi di coinvolgimento di operatori incumbent stranieri: dagli spagnoli,
agli americani, ai messicani!
Emerge la preminente – anzi unica – volontà di privilegiare i soli interessi di Olimpia, a scapito
dell’intero mercato e a prescindere da evidenti, concrete basi industriali.
E poi un controllo straniero farebbe dell’Incumbent italiano un feudo, cosa che non è mai accaduta
in nessuna delle prime 10 economie al Mondo!
Il vigile prof. Rossi non ci sta. Quindi non viene riconfermato al vertice di TI. Ancora una volta
viene trattato come il Presidente “scomodo”, da chiamare e “sopportare” al solo scopo di “domare
la tempesta”.
Nel Paese sorge una contrapposizione, tra coloro che giustificano l’attenzione discreta, ma
responsabile, del Governo e coloro che rivendicano un liberismo puro e teorico, senza riscontri al
Mondo.
L’Italia - come abbiamo visto - ha già 3 operatori mobili su 4 stranieri. Si accinge ad avere il 2°
operatore fisso (Fastweb) anch’esso estero. Gli altri 2 operatori fissi (Infostrada e Albacom) sono
già stranieri. Situazione che, nei fatti, è la più avanzata in Europa come liberalizzazione.
Che anche l’Incumbent italiano vada in mani estere, potrebbe essere proprio troppo!
Le oligarchie private coinvolte nelle privatizzazioni hanno evidenziato risultati dicotomici: successi
o delusioni. Hanno conseguito pregevoli risultati allorché sono state coinvolte nel proprio “ core
business”. Hanno fallito (pressoché sempre) o hanno fortemente deluso allorché sono state
coinvolte in settori al di fuori dal proprio core business, nel senso che spesso hanno privilegiato o
Vito Gamberale – Lectio Magistralis
Le Telecomunicazioni in Italia: da un passato autorevole ad un presente incerto. Quale futuro?

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inseguito opportunismi finanziari a breve termine, piuttosto che impegni e strategie industriali di
lungo periodo.
Hanno interpretato le “concessioni” come pura proprietà propria, dimenticando che la radice del
nome della tipologia aziendale “concessi..” impone un leale, corretto, trasparente rapporto con le
Istituzioni di riferimento.
E se poi si tratta degli Incumbent, come concessionari, ciò è massimamente dovuto per
l’indiscutibile ruolo e responsabilità che l’Incumbent ha – per il Paese- nella politica di sviluppo
industriale del settore d’appartenenza.

10. Le soluzioni possibili
Prima di ipotizzare qualche soluzione possibile, visto che siamo in UE, è bene riassumere quali
sono gli assetti proprietari degli Operatori Incumbent negli altri quattro principali Paesi Europei,
che devono essere il nostro benchmark come Paese, come Economia, come regole, anche per poter
preservare l’orgoglio di competere con loro.
Abbiamo delle situazioni diverse nella forma, ma abbastanza simili nella sostanza:


da una parte France Telecom e Deutsche Telekom, che sono tuttora aziende Pubbliche, con lo
Stato, rispettivamente al 32,4% ed al 31,7%.
○

Sono entrambe quotate. Hanno un assetto manageriale stabile. Si sono adeguatamente

sviluppate all’estero: pari al 40% sul globale i ricavi esteri di FT e al 46% per DT.
○


Sono sottoposte, nel proprio Paese, ad una concorrenza sufficientemente controllata;

dall’altra parte British Telecom e Telefonica, formalmente del tutto privatizzate, ma in effetti
con azionisti istituzionali stabili rispettivamente all’11% ed al 20% (per Telefonica, in
particolare, BBVA ha il 7% e la Caixa il 5,1% aproposito di banche socie), e per il resto
entrambe sono quotate. Hanno anch’esse un assetto manageriale stabile.

Vito Gamberale – Lectio Magistralis
Le Telecomunicazioni in Italia: da un passato autorevole ad un presente incerto. Quale futuro?

35
○

Telefonica oggi è la più globalizzata. Fattura circa il 62% dei ricavi all’estero e ha

concentrato il proprio sviluppo nei Paesi Sud Americani, realizzando una forte presenza in
Argentina e in Brasile, Paesi nei quali ha come competitore proprio Telecom Italia.
○

BT, dopo errori ed incertezze strategiche agli inizi della recente decade, si è focalizzata sulle

telecomunicazioni fisse, riducendosi a poco sull’estero, ma diversificandosi progressivamente sui
ricavi non telefonici (oggi circa i due terzi dei ricavi di BT sono non telefonici e provengono da
soluzioni informatiche e collegamenti Internet).

Insomma, in tutti e quattro questi Paesi le TLC degli incumbent sono viste come asset strategici, al
servizio del Paese, a tutela delle evoluzioni di tecnologia e di servizi che questo delicato e unico
sistema a rete offre come supporto dello sviluppo economico e delle evoluzioni di civiltà.
Il mercato è rispettato come partecipe alla proprietà (tramite il reale flottante di Borsa) e come
disponibilità di alternative concorrenziali, così come visto.
In nessuno di questi Paesi sono coinvolti, nell’azionariato stabile, rappresentanti delle oligarchie
familiari. Ciò, in effetti, avviene solo in taluni particolari Paesi, come il Messico, stucchevolmente
di attualità nelle scorse settimane in Italia.
Quindi questi quattro grandi Paesi europei hanno coniugato o Stato forte e mercato (F e D) o
Azionisti Istituzionali forti e mercato (UK e SP).
Si può dire che ognuno di questi Paesi abbia impegnato, al meglio, il proprio potenziale, per
assicurare un azionariato stabile e di riferimento al proprio incumbent.
In Francia e Germania lo Stato è forte, presente, attivo direttamente nella Politica Industriale
interna, maggiormente nei campi strategici.
In UK e Spagna lo Stato ha favorito lo sviluppo di Istituzioni Finanziarie grandi, autorevoli,
radicate nel proprio Paese. Rappresentano loro, nei fatti, l’espressione della tutela governativa nei
settori strategici, e quindi anche nelle TLC.

Vito Gamberale – Lectio Magistralis
Le Telecomunicazioni in Italia: da un passato autorevole ad un presente incerto. Quale futuro?

36
In Spagna poi, in talune di queste istituzioni, sono pur presenti oligarchie familiari, ma sempre
raccordate rigorosamente col proprio Governo. Nessuna grande impresa osa fare nulla senza averlo
concordato col proprio Governo. E quando tenta di farlo (caso Endesa/ E.On)è obbligata a fare
marcia indietro. Nessuna di queste famiglie oserebbe vendere gli asset gestiti, facendolo sapere al
proprio Governo a mezzo stampa.
Allora quale assetto si sarebbe potuto auspicare in Italia, come azionariato stabile per Telecom
Italia?
Anche nel nostro Paese si sarebbe potuto coinvolgere il meglio che c’è, sulla scorta delle esperienze
fatte.
Intanto, nel frattempo, dal ’97, anche l’Italia ha visto maturare importanti realtà bancarie, autorevoli
quanto le Spagnoli e le Inglesi.
In più si è affermato il Sistema delle Fondazioni, come soggetti in grado di esercitare un forte ruolo
di azionariato istituzionale, in grado di tutelare i vari stackholders.
Poi è recuperabile ciò che di positivo hanno insegnato le grandi privatizzazioni.
Si diceva che se fatte nel “core business” sono tutte riuscite. Se fatte fuori dal “core business”, in
genere, non sono andate bene, o hanno deluso. Si tratta perciò di individuare quei pochi, grandi
soggetti industriali il cui “core business” sia abbastanza sovrapposto al business delle TLC,
considerate le evoluzioni verso i servizi ed i contenuti.
Non c’è dubbio che il gruppo più affine, oggi, sia Mediaset, a prescindere ovviamente da
considerazioni politiche.
Inoltre, se non fossimo un Paese manicheo, che considera gli asset a proprietà pubblica nazionale
(perché a livello locale l’approccio è più flessibile) come soggetti solo passibili di essere venduti a
privati, e mai di poter acquistare da privati, allora si potrebbe pensare anche alla RAI.
In tal modo, le due emittenti nazionali potrebbero sviluppare un ruolo di affinità da core business su
TI, seppure con quote limitate, e rigorosamente regolamentate sulla base di una reale e non formale
governance.
Vito Gamberale – Lectio Magistralis
Le Telecomunicazioni in Italia: da un passato autorevole ad un presente incerto. Quale futuro?

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In ultimo perché non pensare a coinvolgere i dipendenti di Telecom Italia, invitandoli ad investire
parte del loro TFR (che vale 1,3 Mld €)? Sarebbe una grande iniziativa di stabilità.
Insomma: banche, fondazioni, emittenti, dipendenti TI sarebbero il meglio che il Paese può offrire
per costituire un azionariato stabile per Telecom Italia.
Di sicuro un tale assetto recupererebbe una gestione prettamente manageriale che finora, nella storia
delle TLC italiane, è stata l’unica a far bene.

Inoltre è da valutare con grande attenzione il rigoroso lavoro svolto dall’AgCom col documento di
consultazione destinato agli operatori.
Il documento fornisce una fotografia complessiva del mercato e della regolamentazione. In
particolare, il progetto dell’Autorità è arrivare a una “divisione separata per la gestione, lo sviluppo
e la fornitura dei servizi basati sulla rete di accesso” in modo da assicurare piena parità di
trattamento tra la divisione commerciale di Telecom Italia e gli operatori alternativi.
Il documento fa riferimento per ampie linee al modello inglese di Openreach, divisione di British
Telecom, ma con significative varianti:


Innanzitutto Telecom Italia dovrebbe aprire ai concorrenti sia l’” ultimo miglio” in rame che
il next generation network;



Inoltre, Telecom Italia potrebbe optare per la societarizzazione. Soluzione gradita
all’Authority per due motivi: (i) faciliterebbe la trasparenza e la separazione; e (ii)
renderebbe la società separata “autonoma e capace di attrarre capitali e investimenti nella
rete d’accesso”.

Insomma è necessario che Telecom Italia valuti bene cosa fare e come farlo, dando completa
trasparenza ai costi, accompagnata magari da un grande impegno nelle Reti di Nuova Generazione.
Da considerare che una netta separazione funzionale, o forse anche societaria, potrebbe avvenire
anche solo con una parziale vendita (anche non superiore al 50%), magari in parte anche a soci
istituzionali, con i quali concordare appunto un forte piano di evoluzione.
Vito Gamberale – Lectio Magistralis
Le Telecomunicazioni in Italia: da un passato autorevole ad un presente incerto. Quale futuro?

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L’ AgCom, l’Istituzione di Riferimento, andrebbe aiutata a dare coraggio e spinta ad una tale
operazione, in grado magari di consentire accelerati ritorni dei nuovi investimenti.
Tutto ciò si potrebbe fare in nome di una trasparenza avanzata che non avrebbe pari in Europa.
Ma poiché l’Italia è il Paese più liberalizzato nelle TLC, sarebbe un passo opportuno questo della
rete (un po’ come accadde con la separazione di TIM nel ’95).
Come soci istituzionali per la rete, oltre a banche e fondazioni, andrebbe considerata anche
l’opportunità offerta dai fondi chiusi a lungo termine (di cui il nascente Fondo Italiano per le
Infrastrutture è un forte esempio).
Infine si potrebbe separare TIM, riportandone sul mercato borsistico fino al 49%, ma
conservandone il controllo a TI. Il settore mobile continua ad avere tecnologie e servizi
caratteristici; continua a richiedere valorizzazioni specifiche, specie dopo i deludenti risultati postfusione.
Le due operazioni potrebbero avere un benefico effetto sull’indebitamento fino a circa 20 Mld di €,
dimezzando, in tal modo, l’indebitamento complessivo di TI.
Con ciò si riporterebbe il debito (indice < 2) entro le best practices dei Paesi europei, che
presentano un indice di indebitamento (debito/Ebitda) tra 1,8 ( BT) e 2,6 ( Telefonica), escludendo
il più elevato 2,9 di TI.
TI sarebbe finalmente normalizzata, potendo venire a disporre del proprio cash flow (oltre 12 Mld
di €/a) per lo sviluppo.
Sviluppo che dovrebbe riguardare la rete, per avviare subito un forte progetto evolutivo verso la
NGN2.
Inoltre si dovrebbe, con impegno, riavviare un importante sviluppo estero, come challenger dei
locali incumbent, cercando, in questo caso sì, anche alleanze industriali con altri incumbent, per
perseguire e magari condividere, sull’estero recuperi di ricavi e di redditività che un incumbent è
destinato progressivamente a veder calare, nel proprio Paese.

Vito Gamberale – Lectio Magistralis
Le Telecomunicazioni in Italia: da un passato autorevole ad un presente incerto. Quale futuro?

39
In particolare , all’estero c’è da rimeditare sulla splendida avventura sud-americana vissuta dal
Gruppo tra il ’94 ed il ’98. C’è da valutare cosa poter fare nell’Est Europeo. C’è da progettare ed
esprimere un impegno verso le nuove, grandi economie asiatiche.

11. Conclusioni
Il gruppo Stet/SIP, poi Telecom Italia, all’inizio degli anni ’90 decise di giocare, con impegno e
professionalità, una partita importante di ammodernamento e di sviluppo. La giocò con coerenza,
convinzione, orgoglio.
In 7 anni divenne il migliore operatore al Mondo. L’apice coincise con la privatizzazione.
Oggi, dopo 10 anni da quella privatizzazione, si potrebbero creare le condizioni per onorare i sani
obiettivi della privatizzazione e per recuperare prestigio internazionale, anche per il Paese.

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Vito Gamberale: lectio magistralis "Le telecomunicazioni in italia, da un passato autorevole ad un presente incerto. quale futuro"

  • 1. Lectio Magistralis “Le Telecomunicazioni in Italia: da un passato autorevole ad un presente incerto. Quale futuro?” Vito Gamberale 1. PREMESSA................................................................................................................................. 2 2. LE TLC IN ITALIA ALL’INIZIO DEGLI ANNI ‘90 ............................................................ 3 3. DAL 1990 AL 1998: L’ITALIA ALL’AVANGUARDIA DELLE TLC IN EUROPA ........ 6 3.1 3.2 3.3 FUSIONE DEI VARI OPERATORI ................................................................................................ 7 L’AMMODERNAMENTO DELLA RETE FISSA E IL PROGETTO SOCRATE. .................................... 8 LO SVILUPPO ESTERO DI TELECOM ITALIA NELLA RETE FISSA. ............................................. 10 4. LO SVILUPPO DELLA TELEFONIA MOBILE IN ITALIA ............................................ 12 5. IL RUOLO DELL’ANTITRUST PER LA LIBERALIZZAZIONE DEL SETTORE ..... 21 6. LE TLC ITALIANE ALLA FINE DEL 1997 ........................................................................ 23 7. DAL 1997 AL 2000: LIBERALIZZAZIONE DELLA TELEFONIA. SCENARI COMPETITIVI ................................................................................................................................ 23 8. GLOBALIZZAZIONE E DIVERSIFICAZIONE ................................................................ 25 9. LA PRIVATIZZAZIONE DELLE TLC ITALIANE ........................................................... 26 10. LE SOLUZIONI POSSIBILI .................................................................................................. 35 11. CONCLUSIONI ........................................................................................................................ 40 Sala degli Svizzeri di Villa Mondragone Monte Porzio Catone, 16 maggio 2007 Vito Gamberale – Lectio Magistralis Le Telecomunicazioni in Italia: da un passato autorevole ad un presente incerto. Quale futuro? 1
  • 2. 1. Premessa Le più importanti potenze economiche mondiali fondano le proprie strategie di sviluppo e di difesa su tre sistemi industriali: le TLC, l’energia e le infrastrutture per il trasporto. E infatti, a partire dal dopoguerra, tutti i Paesi, che sono divenuti i principali protagonisti dello sviluppo economico mondiale, hanno avviato precise politiche di investimento nei tre settori, come fondamenta su cui poggiare quelle che sono state (e saranno) le specifiche direttrici di crescita. L’Italia e la Germania, i Paesi più toccati dalla seconda guerra mondiale, basarono le rispettive politiche di ricostruzione e di sviluppo economico partendo proprio da TLC, energia e infrastrutture. La Spagna, finito l’oscurantismo Franchista appena 30 anni addietro (quando per Italia e Germania erano passati già 30 anni dalla fine della guerra), ha concentrato i propri sforzi nel darsi un assetto moderno nei tre settori. I Paesi dell’ex Europa dell’Est, caduto “il muro” – ossia il simbolo della divisione dall’Occidente – hanno anch’essi seguíto la stessa rotta, specie nelle due realtà più grandi e più ambiziose, la Russia e la Germania dell’Est (grazie anche alla fusione con l’ex Germania Occidentale). Lo stesso sta accadendo, con ritmi incredibili, per India e Cina, i due più popolati Paesi del mondo, da poco approdati al capitalismo. Caratteristica comune (o quasi) di tutti questi grandi Paesi presi a riferimento è stata quella di sviluppare i predetti tre pilastri economici ( TLC/ energia/ infrastrutture ) sulla base di precise direttrici di politica industriale, fortemente guidate dai rispettivi Governi, a prescindere dalle continue alternanze di indirizzo politico, come pure a prescindere dalla forma proprietaria dei vari operatori economici proprietari dei suddetti tre sistemi. In tutto il mondo poi, mentre queste realtà geo-economiche progredivano rapidamente, si sono affacciate ed evolute anche altre realtà - diciamo di secondo livello – che, con l’avvento della liberalizzazione e della globalizzazione, hanno demandato ad altri Paesi (tramite i rispettivi Vito Gamberale – Lectio Magistralis Le Telecomunicazioni in Italia: da un passato autorevole ad un presente incerto. Quale futuro? 2
  • 3. operatori) lo sviluppo dei tre sistemi economici di base: è accaduto per i Paesi del Sud America (dal Cile, all’Argentina, al Brasile), per i Paesi minori dell’Europa dell’Est, per le altre realtà del Medio Oriente e dell’Asia; sta accadendo lo stesso per il più critico continente Africano. Quindi: da una parte Paesi Guida, tramite imprese forti e Governi attenti; dall’altra parte Paesi che si fanno guidare, tramite imprese espressioni dei Paesi Guida. Una tale premessa è importante per inquadrare lo specifico tema della “Lectio”, che punta a dare, per le Telecomunicazioni in Italia, una lettura dinamica tra il “passato autorevole” ed il “presente incerto”, e vuole offrire spunti per una esplorazione del futuro. 2. Le TLC in Italia all’inizio degli anni ‘90 Le TLC italiane, all’inizio degli anni ’90, apparivano solo discretamente avanzate come livello tecnologico e di servizio, con competenze di traffico telefonico pubblico ripartite tra quattro operatori: TELESPAZIO (satellite) ITALCABLE (resto del mondo) ITALCABLE (resto del mondo) AS S S AS T T SIP S AS T AS S T Europa & Mediterraneo Figura 1 – Le società di telecomunicazioni italiane all’inizio degli anni ’90 (per competenza) Vito Gamberale – Lectio Magistralis Le Telecomunicazioni in Italia: da un passato autorevole ad un presente incerto. Quale futuro? 3
  • 4.  SIP – di proprietà dell’IRI, quotata in Borsa – gestiva, sulla rete fissa, il traffico urbano e interurbano nell’ambito dei 231 distretti; inoltre aveva appena avviato a gestire, con ritardo, il servizio radiomobile;  ASST – di proprietà del Ministero delle Poste e Telecomunicazioni – gestiva il traffico interurbano tra i distretti e quello internazionale da e verso i Paesi europei e del bacino del Mediterraneo;  ITALCABLE – di proprietà dell’IRI, quotata in Borsa – gestiva il traffico internazionale verso tutti gli altri Paesi;  TELESPAZIO – di proprietà dell’IRI, quotata in Borsa – gestiva i collegamenti via satellite. Per quanto riguarda gli altri servizi:  il Telex, a quei tempi ancora molto diffuso, era di competenza del Ministero PT in ambito nazionale e internazionale, e di ITALCABLE da e verso gli stessi Paesi con cui scambiava il traffico telefonico.  la trasmissione dati: “in banda fonica” e il servizio ISDN (Integrated Services Digital Network) venivano erogati con le stesse competenze della telefonia. Una tale pluralità di operatori rappresentava un’ indubbia anomalia nei confronti degli assetti operativi e proprietari degli altri operatori nazionali dei singoli Paesi guida. Di sicuro la frammentazione favoriva inefficienza gestionale, contraddizioni tecnologiche, non univocità d’indirizzo, anche se la prevalente proprietà dell’IRI aveva sempre assicurato disciplina manageriale, apertura agli investimenti e presenza nei mercati borsistici. A prescindere dalla particolarità italiana, il sistema delle TLC europee aveva mantenuto un sostanziale allineamento, nelle tecnologie e nei servizi, come evidenziato dalla seguente tabella sinottica (dati riferiti al 1990), che si riferisce ai principali Paesi europei: Vito Gamberale – Lectio Magistralis Le Telecomunicazioni in Italia: da un passato autorevole ad un presente incerto. Quale futuro? 4
  • 5. Tabella 1 – Il sistema delle TLC europee nel 1990 linee fisse (mil) linee fisse/ab grado di digitalizzazione (%) traffico internazionale/ab(min) telefonia mobile (migl) penetrazione (%) F 28,1 0,50 75 37,6 283 0,50 D 31,9 0,39 12 39,5 273 0,34 I 22,4 0,40 33 18,5 266 0,47 S 12,6 0,33 28 15,6 55 0,14 UK 25,4 0,46 47 45,6 1.114 1,92 A quell’ epoca – inizi anni ’90 – gli operatori nazionali dominanti delle TLC, i cosiddetti “incumbent”, cominciavano a cimentarsi con il concetto di concorrenza, nato a seguito della famosa “divestiture della AT&T” realizzata negli USA, nel 1984 (e che poi ha subíto diverse fasi di radicali ripensamenti! ) . In effetti il sistema delle TLC italiane aveva già avviato un’esperienza di mercato, portando con Italcable la concorrenza negli altri Paesi. Erano stati attivati, in tutto il mondo, diversi centri per la rivendita di traffico internazionale e questo sarà il germe che consentirà poi un concreto sviluppo estero del Gruppo. Il sistema delle TLC italiane venne a trovarsi, pertanto, all’inizio dell’ultima decade del secolo, con i seguenti problemi operativi:  una pluralità di operatori per la gestione dei servizi di telefonia fissa;  un livello qualitativo di reti e servizi medio-alto come risultato dell’ evoluzione tecnologica (l’Italia era stato il primo Paese, in Europa, a introdurre la teleselezione a livello nazionale);  un’ esigenza di dare efficienza complessiva alla gestione;  un basso livello di sviluppo del radiomobile;  la necessità di aprire alla concorrenza nel Paese;  una nascente opportunità di avviare un significativo sviluppo all’estero. Vito Gamberale – Lectio Magistralis Le Telecomunicazioni in Italia: da un passato autorevole ad un presente incerto. Quale futuro? 5
  • 6. 3. Dal 1990 al 1998: l’Italia all’avanguardia delle TLC in Europa Il 1990 è l’anno in cui si pianifica un deciso sviluppo delle TLC Nazionali. L’intero sistema delle TLC italiane comprende, infatti, che è alle porte una rivoluzione di tecnologia (basata sul digitale), di servizi, di mercato. Decide quindi di affrontare le varie sfide, consapevole che, nel contempo, deve eliminare l’anomalia delle frammentazioni tra i vari operatori. Si comincia con un radicale rinnovo dei vertici societari, che coinvolge prima di tutto la SIP. Questa società diventa il naturale punto di riferimento per strategia, sviluppi tecnologici, coraggiose aperture al mercato, grande attenzione alla qualità dei servizi. Il pivot di tutta questa progettualità evolutiva è Ernesto Pascale, nominato nell’aprile ’91 Presidente della SIP. Accetta di essere affiancato da esperienze diverse. Lo affiancano due Amministratori Delegati: Zappi (con la delega alla telefonia fissa) ed il sottoscritto (con la delega alla telefonia mobile). Vengono rinnovati completamente i responsabili manageriali dell’Azienda. Si ha il coraggio di puntare su figure giovani e lungimiranti – De Julio, Di Genova, Sarmi, Tommasi, Rovera, Bergamini, Pileri, per citare soltanto quanti avrebbero occupato responsabilità di massimo rilievo. Si apre un confronto ampio per discutere e decidere di tecnologie, di investimenti, di nuovi servizi. Un riferimento costante e prezioso sarà il Prof. Décina, tuttora principale stratega tecnologico del settore. E’ questa la squadra che, tutta unita, condivide una visione, definisce un progetto pluriennale (durerà otto anni), ne cura l’attuazione, l’adattamento e l’evoluzione. In particolare:  si procede ad una radicale riorganizzazione, basata su un ampio e reale sistema di deleghe, finalizzato ad assicurare standard di servizi allineati alle best practices mondiali;  si avvia, con decisione, il perseguimento della fusione dei vari operatori, per allinearsi, anche organizzativamente, agli altri “incumbent” europei; Vito Gamberale – Lectio Magistralis Le Telecomunicazioni in Italia: da un passato autorevole ad un presente incerto. Quale futuro? 6
  • 7.  si accelera il processo di digitalizzazione delle reti, puntando a raggiungere il 90% entro il ’97;  si ha il coraggio di impostare ed avviare la prima Pay TV nell’Italia delle due sole TV commerciali e broadcasting;  si punta su una forte accelerazione nella telefonia mobile;  si apre, con fiducia e lealtà, alla concorrenza;  si avvia un deciso sviluppo verso l’estero. Ognuno di questi capitoli meriterebbe una specifica trattazione, per la rilevanza avuta nel favorire una coraggiosa emancipazione complessiva delle TLC italiane. Per evidenti limiti di tempo ci si limiterà a ricordare solo gli aspetti salienti di taluni di questi passaggi. Ci si soffermerà poi a sviluppare, un po’ più in dettaglio, ciò che si fece nella telefonia mobile, come esempio emblematico, ma non esauriente, dell’impegno profuso e dei risultati raggiunti in quegli anni. 3.1 Fusione dei vari operatori Il processo di riassetto del settore delle telecomunicazioni in Italia ha preso avvio con la Legge n° 58, del gennaio 1992, che ha fissato i criteri generali per la realizzazione della riforma, stimolata dagli sviluppi della politica comunitaria in materia di telecomunicazioni. Nel giugno del 1994 il Consiglio di Amministrazione dell’IRI approva il “Piano di riassetto delle telecomunicazioni” che porta, in qualche mese, alla fusione, per incorporazione nella SIP, delle società IRITEL (nella quale era confluita precedentemente ASST), ITALCABLE, TELESPAZIO e SIRM (Società Italiana Radio Marittima). Successivamente, la SIP muta denominazione assumendo quella attuale di "TELECOM ITALIA", diventando il Gestore Unico dei servizi di telecomunicazione, il cui capitale sociale sarà detenuto Vito Gamberale – Lectio Magistralis Le Telecomunicazioni in Italia: da un passato autorevole ad un presente incerto. Quale futuro? 7
  • 8. dalla STET (55%); il flottante di borsa sarà ripartito essenzialmente tra investitori esteri (25,05%), investitori italiani (16,65%), IRI (2,8%) e RAI (0,5%). 3.2 L’ammodernamento della rete fissa e il progetto Socrate. La prima metà degli anni ’90 si contraddistingue per la massiccia attività di digitalizzazione delle centrali telefoniche (che si concluderà nel 1999) e la realizzazione di infrastrutture per la fornitura di nuovi servizi telefonici a valore aggiunto. Nel 1991 la SIP attiva la rete ISDN. Nel 1994 viene completata la realizzazione della Rete Intelligente, una nuova infrastruttura caratterizzata da “nodi intelligenti” tramite i quali è possibile fornire, in maniera centralizzata, servizi avanzati di fonia (come il Numero Verde). Contestualmente nascono i primi servizi informativi a pagamento, basati su prefissi 144 e 166, mentre già dal 1994 diviene operativa, in alcune delle maggiori città italiane, la rete a larga banda ATM (Asynchronous Transfer Mode), che consente di offrire servizi multimediali in maniera completa e flessibile, con capacità trasmissiva fino a 34 Mbit/sec su fibra ottica, per la grande utenza/business. Gli anni 1995-97 sono caratterizzati dalla prima ondata di crescita di Internet: la rete Interbusiness di Telecom Italia (T.I.) nasce nel 1995. Nel 1996 nasce TIN (TELECOM ITALIA NET) per fusione di Telecom on line e Video on line, fornitori di accesso a Internet mediante la rete ISDN e la rete telefonica commutata. Nel 1996 viene avviato il progetto Socrate, nel quadro dell’impegno congiunto di Comuni e STET/ T.I., per la cablatura, in tre anni, del 50% delle abitazioni del Paese, con cavi ibridi a fibre ottiche e coassiali. Questo progetto, all’epoca, fu salutato con entusiasmo persino da Nicholas Negroponte. Si voleva mettere a disposizione delle case italiane una capacità trasmissiva ISDN (144 Kbit/sec) e un canale video a 34 Mbit/sec. Vito Gamberale – Lectio Magistralis Le Telecomunicazioni in Italia: da un passato autorevole ad un presente incerto. Quale futuro? 8
  • 9. Oggi gli stessi servizi previsti nel piano Socrate ( telefonia, Internet, TV diffusiva e su domanda) si chiamano “triple-pay” e possono viaggiare anche sul semplice doppino telefonico con la tecnologia ADSL attuale fino a 20 Mbit/s; tale capacità trasmissiva consente infatti di gestire i segnali video pacchettizzati su protocollo Internet (la TV è diventata IPTV). Nel frattempo la rete di trasporto in fibra ottica (il backbone di collegamento tra i nodi di rete, ossia le vecchie centrali telefoniche) ha raggiunto una disponibilità di banda pressoché illimitata: una sola coppia di fibre, che negli anni ’90 trasportava 640 Mbit/s, oggi può trasportare migliaia di Gbit/s (si parla infatti di Tera bit/s). Il progetto Socrate verrà abbandonato dopo 2 anni, nel 1998, anche perché erano montate critiche improprie verso un progetto coraggioso e evolutivo del Paese. Quel progetto avrebbe consentito a TI un’evoluzione verso i servizi a valore aggiunto – verso i contenuti – con 10÷15 anni di anticipo e, di sicuro, con investimenti inferiori a quelli che ora occorrerà fare. In più avrebbe dotato il Paese di una pluralità di piattaforme (etere, cavo, Internet) analoga a quella di altri Paesi ed avrebbe posto le basi per una nuova e forte concorrenza a RAI, Mediaset e, oggi, a Sky. A seguito poi del sopraggiungere della tecnologia ADSL (Asymmetric Digital Subsciber Loop) sul doppino telefonico, nel 1999 T.I. avvia la sperimentazione dei servizi Superlinea, abbinando alla telefonia l’accesso veloce ad Internet, prima a 128 kbit/s, poi a 256 e 640 Kbit/s, fino ai 20 Mbit/s attuali, e introducendo via via vari servizi multimediali. Oggi si discute su un ulteriore sviluppo di capacità trasmissiva e servizi sulla rete di accesso – la NGN (Next Generation Network) – portando la fibra ottica più vicino alla casa dell’utente (potremmo dire al marciapiede), in modo che il doppino telefonico in rame, su una più breve distanza (200-300 metri), possa trasportare fino a 50 Mbit/s (ma si parla già di 100 o 200 Mbit/s), utilizzando la tecnologia VDSL (Very High Speed Digital Subsciber Loop). Vito Gamberale – Lectio Magistralis Le Telecomunicazioni in Italia: da un passato autorevole ad un presente incerto. Quale futuro? 9
  • 10. 3.3 Lo sviluppo estero di Telecom Italia nella rete fissa. Gli anni dal ’94 al ’98 vedono TI particolarmente attiva nello sviluppo estero Era stata creata una società apposita – STET International – con a capo professionalità molto orientate ai complessi processi di acquisizioni. Queste, in genere, derivavano o da privatizzazioni degli incumbent promosse nei vari Paesi di 2^ livello (come si diceva all’inizio) o da gare come challenger, a seguito della progressiva apertura dei mercati. Stet International era una società snella, che si avvaleva delle competenze tecniche e di business presenti nelle varie direzioni di T.I.. Furono raggiunti, in pochi anni – dal ’94 al ’98 - , risultati impensabili. Mai forse un gruppo industriale italiano era stato in grado di proporsi come protagonista di sviluppo internazionale come lo fu T.I. in quel ristretto periodo. Le tappe più significative sono riportate nella seguente tab. 2: Tabella 2 - Sviluppo di Telecom Italia all’estero, su rete fissa 1994 Impsat Corporation, Delaware USA 1995 CITEL Corporacion Interamericana de telecomunicaciones – Mexico 1996 Impsat e Norcable – Argentina Bearti Televenturas – India Stet France S.A. 1997 9Telecom S.A. – France Intelcom San Marino Euskatel, CYC Telecomunicaciones Company LTD, NETCO Redes, Retevision S.A e Cable Televisivo de Catalunya – Spagna Telecom Serbia Nethetelec – Ecuador 1998 Vito Gamberale – Lectio Magistralis Le Telecomunicazioni in Italia: da un passato autorevole ad un presente incerto. Quale futuro? 10
  • 11. Multimedia cable S.A. – Spagna Solpart Partecipacoes S.A. – Brazil (holding di controllo di Brazil Telecom) Telecom Austria A.G. 1999 Nortel Investora - Argentina Holding AUNA- Spagna BB – Ned Olanda MED 1 Submarine Cable Mediterranean Broadbend Access – Greece Mediterraneas Natilus Ltd - Ireland In pochi anni T.I. aveva acquisito un peso ed un prestigio considerevoli in Europa ed in Sud America. In Spagna, Argentina e Brasile era divenuto il driver delle TLC. Europa America del Nord Asia America del Sud 1994 1995 1996 1997 1998 1999 Figura 2 – Lo sviluppo internazionale del business fisso di Telecom Italia negli anni ‘90 Vito Gamberale – Lectio Magistralis Le Telecomunicazioni in Italia: da un passato autorevole ad un presente incerto. Quale futuro? 11
  • 12. 4. Lo sviluppo della telefonia mobile in Italia Nel 1990 il radiomobile in Italia aveva una penetrazione bassissima (inferiore allo 0,5%), se confrontata a quella dei Paesi anglo/scandinavi, leader in Europa: - UK con circa il 2,-%, più di 4 volte superiore all’Italia; - Svezia con il 5,4%, quasi 11 volte superiore all’Italia; - Finlandia con il 5,2%, oltre 10 volte superiore all’Italia; - Norvegia con il 4,7%, ossia 10 volte superiore all’Italia; - Danimarca con il 2,9%, oltre 6 volte superiore all’Italia. Il significativo gap era connesso al ciclo delle tecnologie che si erano succedute ed alle nuove che si profilavano come prossime. L’Italia aveva sviluppato la rete per il servizio a 160 MHz, relativo al così detto “veicolare”, ossia la prima generazione dei telefoni installati nelle auto. Questa rete aveva una capacità limitata – poche decine di migliaia di utenze – e una copertura concentrata nelle grandi città. Era stata poi sviluppata la prima rete per il servizio portatile a 450 MHz, anch’essa veicolare, con una capacità di poche centinaia di migliaia di utenze, e con una copertura che, oltre che urbana, cominciava ad essere anche presente su particolari tratte stradali extra urbane. Nella metà degli anni ’80 si era poi sviluppata la tecnologia TACS, a 900 MHz, che si diffuse nei Paesi scandinavi ed in Inghilterra e che era stata alla base del particolare sviluppo maturato colà. Negli stessi anni si andava completando la definizione degli standard e delle interfacce di rete della tecnologia GSM, sistema molto innovativo, che nasceva completamente digitale(a differenza del TACS, nel GSM il segnale è in forma numerica già dal telefonino in poi) e con caratteristiche di interoperabilità tra più Paesi e più Gestori. Tra l’altro la standardizzazione del Gsm – caso quasi unico- nasceva dalla cooperazione dei Gestori europei piuttosto che dalle industrie manifatturiere. Ed i Gestori dell’Europa Continentale, molto impegnati nel lavoro di standardizzazione, scelsero quasi naturalmente di scommettere sul rapido sviluppo industriale del GSM. Ma, come spesso Vito Gamberale – Lectio Magistralis Le Telecomunicazioni in Italia: da un passato autorevole ad un presente incerto. Quale futuro? 12
  • 13. capita in questi processi , i tempi erano stati sottostimati e alla fine degli anni ’80 gli standard non erano ancora maturi per la fase di industrializzazione del sistema e dei terminali. E’ proprio questa situazione di stallo sul GSM che porta la SIP ad una decisione coraggiosa e controcorrente rispetto all’Europa Continentale: viene varato, con decisione (ancorché potesse apparire tardivo), il lancio del TACS, con un piano di investimenti di oltre 3000 Mld di lire (c.a 1,7 Mld di €) da realizzare in 4 anni. Il piano parte operativamente nel ’90. L’avvio del servizio avviene in concomitanza con i Mondiali di calcio in Italia. Rappresenterà la base per il decollo del radiomobile nel Paese. All’interno della SIP viene creata una specifica divisione, la cui delega è affidata al sottoscritto. Vengono coinvolte esperienze tecniche e di marketing e viene costruita una squadra che avrebbe rappresentato il nucleo di quel gruppo manageriale che, di lì a qualche anno, avrebbe creato la TIM. Si decide subito che occorreva supportare, con radicali innovazioni di mercato, la coraggiosa scelta industriale. E allora, a fine ’91, viene presa un’altra ardita decisione. La rete commerciale di SIP, fino ad allora, era basata sugli sportelli delle circa 100 agenzie SIP. Come dire che 100 uffici dovevano poter alimentare tutto il Paese. A quel tempo, peraltro, un terminale radiomobile aveva un prezzo di circa 4÷5 Mil., ossia circa 2.000/2.500 € di oggi. Un prezzo che oggi appare assurdo in quanto di 10/20 volte superiore agli attuali prezzi dei più sofisticati apparecchi. Ma allora, oltre 15 anni addietro, la ristretta produzione, l’elitarietà del servizio, facevano del radiomobile un prodotto/servizio esclusivo e di nicchia. Con quei prezzi, il margine era del 50%: ossia SIP, alla pari degli altri operatori europei, guadagnava da 2 a 2,5 Mil. al pezzo. Ma di sicuro quell’ Eden non poteva consentire un mercato di massa. Vito Gamberale – Lectio Magistralis Le Telecomunicazioni in Italia: da un passato autorevole ad un presente incerto. Quale futuro? 13
  • 14. La SIP era interessata al servizio, più che al prodotto; voleva fare del radiomobile un servizio di massa, quindi basato su grandi volumi. Per attivare grandi volumi occorreva passare dai 100 negozi diretti, e in monopolio, a migliaia di negozi esterni, non propri. Significava, nel contempo, rinunciare ai lauti margini sul prodotto. In pochi mesi viene creata una capillare rete di vendita, costituita da negozi privati che si organizzano, o con corner interni o con punti vendita dedicati. Si arriva, nel giro di 2 anni, dal ’91 al ’93, ad oltre 2.500 punti vendita, collegati al sistema informatico centralizzato di SIP con un sistema dedicato – il SID – per l’attivazione del contratto on-line. E’una rivoluzione a livello europeo. L’Italia liberalizza la vendita dei terminali, che era gestita in monopolio, da parte di tutti gli operatori al mondo. Viene creata una nuova categoria economica : il dealer della telefonia mobile. E’ il primo, vero passo verso la liberalizzazione del settore. Viene fatto dalla SIP, come decisione propria. Mentre la SIP esprime questo sforzo evolutivo, il Governo – sempre alle prese con problemi di bilancio – con la finanziaria del ’91 introduce la tassa sui contratti: 30.000 £/mese tuttora in essere. Il mercato risponde comunque con straordinario entusiasmo. In meno di due anni i clienti quadruplicano, tanto che, l’8 ottobre ’93, viene celebrato e premiato il milionesimo cliente radiomobile, un medico del bellunese. Così, dal ’91 al ’95 proseguirà questa “invasione” della telefonia mobile in Italia. Viene coniato il termine “il telefonino” che diviene sinonimo del prodotto, del servizio, dei negozi. Nel frattempo, nel ’94, si realizza, come detto, la fusione di tutti gli operatori di rete fissa – SIP/Italcable/ASST/Telespazio – dando vita ad un unico operatore nazionale che viene chiamato Telecom Italia. Una tappa storica per il sistema delle TLC italiane, che così viene ad allinearsi, organizzativamente e strutturalmente, ai vari operatori nazionali (France Telecom, Deutsche Telekom, British Telecom, Telefonica, etc.). Vito Gamberale – Lectio Magistralis Le Telecomunicazioni in Italia: da un passato autorevole ad un presente incerto. Quale futuro? 14
  • 15. All’interno di T.I. continua l’attività, e quindi lo sviluppo, della Divisione Radiomobile. Vengono assunti giovani per lo sviluppo delle varie funzioni all’interno della Divisione: il Marketing, la Rete, l’area Commerciale, il Customer Care dedicato. A fine ’94 i clienti (ossia gli utenti) radiomobili sono diventati 2.240.000, ossia circa 10 volte il livello del ’90. Il TACS aveva fatto una corsa incredibile. Si era rivelato il più efficace investimento per l’Azienda e per il Mercato. L’Italia, in pochi anni, aveva intrapreso un importante sviluppo: si avviava a diventare il riferimento europeo. Può essere utile confrontare i trend di penetrazione rispetto ai Paesi Continentali ed a quelli Anglo Scandinavi, da anni guida del settore: 16,00 16.10 (Sv) 14,00 14.00 (Nor) 13.50 (Fin) 12,00 10,00 9.90 (Dan) 8,00 7.10 (UK) 6,00 3.97 (Ita) 3.12 (Ger) 1.56 (Fra) 1.07 (Spa) 4,00 2,00 0,00 1990 1994 tempo Fig. 3 - Coefficiente di penetrazione della telefonia cellulare in Europa Come si vede, l’Italia in 3 anni si è avviata ad acquisire una certa leadership rispetto ai grandi Paesi Continentali (F, D, S) e si avvia a confrontarsi con i Paesi Guida del settore, ossia con l’area scandinava e inglese. Vito Gamberale – Lectio Magistralis Le Telecomunicazioni in Italia: da un passato autorevole ad un presente incerto. Quale futuro? 15
  • 16. In queste aree, va precisato, era già presente - fin dall’inizio degli anni ’90 - una concorrenza espressa dalla nascita dei secondi operatori mobili (in UK nacquero anche il terzo e il quarto). Questo confronto concorrenziale aveva portato però gli operatori a competere tra loro in modo anomalo: offrivano la sovvenzione del telefonino. Telecom Italia decide di non farlo. Nel frattempo anche l’Italia aveva aperto alla concorrenza nel mobile. Il secondo operatore era stato scelto, all’inizio del ’94, in Omnitel, dopo una gara pubblica, basata sul “beauty contest”. Omnitel rappresentava la convergenza di due dei tre partecipanti alla gara: si erano fusi i progetti ed i soci di Omnitel (della Olivetti) e di Pronto Italia ( essenzialmente di diversi privati italiani e dell’americana Pactel). Ormai standard e protocolli del GSM erano stati definiti e, quindi, l’arena concorrenziale sarebbe stata rappresentata dalla nuova tecnologia digitale, che avrebbe consentito un servizio non più nazionale, ma europeo. La Divisione Radiomobile di T.I. porta avanti lo sviluppo del TACS e, in parallelo, l’implementazione della rete GSM. Il business radiomobile sta acquisendo, all’interno di T.I., un peso importante, con una organizzazione tecnico/commerciale del tutto distinta dai servizi basici di telefonia fissa. Vengono perciò assunte professionalità dal mercato per supportare una moderna impostazione commerciale. Inoltre, l’avvento della concorrenza suggerisce di dare al business un’ organizzazione ed un profilo trasparente rispetto a T.I., per i servizi che la sua rete fissa avrebbe dovuto offrire, in modo neutrale, anche ai diversi operatori mobili. E’ così che T.I. decide, prima fra tutti gli incumbent europei, di scindere, societariamente, la propria divisione Radiomobile. Nasce, il 14 luglio del 1995, TIM, acronimo di Telecom Italia Mobile. Ne vengo nominato A.D.. TIM opera come gestore dedicato alla sola telefonia mobile, al pari dei concorrenti agli stessi incumbent, nel frattempo nati in UK (Vodafone e Orange prima di tutti) e nei vari Paesi scandinavi. TIM si organizza subito intorno ad una squadra di manager giovani, focalizzati, entusiasti e coesi: Sarmi, Sentinelli, Sabelli, Pallottini, Neri, Pellegrini, Sammartino, ed altri. Vito Gamberale – Lectio Magistralis Le Telecomunicazioni in Italia: da un passato autorevole ad un presente incerto. Quale futuro? 16
  • 17. Questi manager organizzano le rispettive Direzioni sulla base di professionalità giovani, che saranno tutte coinvolte in quella che sarebbe stata e rimasta una pagina storica ed esemplare della telefonia mobile mondiale e dell’economia italiana. TIM appare un’azienda fresca, aggressiva, che si sente portatrice di una missione d’avanguardia per lo sviluppo di servizi innovativi e di qualità, da affermare in Italia e da sviluppare nel Mondo. La scissione di TIM da Telecom Italia comporta la quotazione della Società. Il titolo è proposto al mercato a 1,1 €/azione. In soli 4 mesi si rivaluterà del 40%!. Intanto Omnitel, il secondo operatore mobile italiano, il primo operatore privato del Paese e il primo vero competitore per un monopolista in Italia, quale era TIM, procede a rapidi passi per entrare nel mercato. Ha degli obblighi da rispettare, come copertura del territorio, prima di poter entrare in attività. Per facilitarne l’approdo al mercato, le Istituzioni di riferimento – in particolare il Ministero delle Poste e Telecomunicazioni – chiedono a TIM di offrire ad Omnitel l’uso della propria rete – ossia il roaming. TIM lo concede. Si prepara un confronto concorrenziale che sarà vissuto da entrambe le parti con forte ed orgoglioso spirito di squadra. Da una parte gli eredi del monopolista, forti dell’esperienza tecnica, di una squadra composita e completa e delle coraggiose aperture già fatte al mercato. Dall’altro il challenger, con alle spalle l’aggressività dell’Olivetti, l’esperienza del socio yankee Pactel, il favore dei media. La competizione inizia nel secondo semestre ’95, verso settembre, anche perché TIM non pretende (anche se difende) la fiscalità sul controllo rispettoso delle condizioni di copertura, prima che Omnitel potesse operare. Omnitel è forte di una cultura manageriale mista, basata su solide esperienze di mercato e di marketing, proprie della Olivetti, e su culture tecnologiche attinte anche dalle risorse di TIM. Punta a darsi un’immagine di modernità, di agilità, di tecnologia innovativa, di futuro. Sceglie il colore verde. Il suo slogan d’esordio è “Vi diamo ascolto”. Omnitel entra sul mercato riproponendo, nei Vito Gamberale – Lectio Magistralis Le Telecomunicazioni in Italia: da un passato autorevole ad un presente incerto. Quale futuro? 17
  • 18. fatti, la stessa offerta commerciale di TIM. E’ subito molto aggressiva e ottiene importanti affermazioni, contando anche su una domanda avviata in modo irrefrenabile. In TIM si decide di rispondere, colpo su colpo, a quelle che appaiono “provocazioni” di marketing. Il confronto procede più sugli slogan che con concrete differenziazioni tra la fine del ’95 e la prima metà del ’96. Nell’estate del ’96 Omnitel esce con “Libero”, una proposta innovativa, basata sul taglio del costo di ingresso per l’utente. E’ una mossa efficace, sia come immagine che come risultati. Da parte di TIM viene scelta la strada di preparare, in silenzio e sotto traccia, una svolta radicale nell’offerta della telefonia mobile mondiale: un’offerta “killer”, talmente innovativa da spiazzare concorrente e mercato, da creare un vuoto tra di loro. E’ così che TIM, per il Natale ’96, esce con la “carta prepagata”, che rappresenterà un’autentica rivoluzione: la telefonia mobile passa da servizio di élite, a servizio di massa; dal contratto (con l’impropria onerosità fiscale), al consumo auto-controllato tramite una scheda prepagata. E’ per TIM, infatti, un boom nettamente superiore alle attese. Si acquisiscono oltre 10.000 nuovi clienti al giorno. Nel solo week end prima di Natale vengono acquisiti oltre 200.000 clienti! Nel mese di dicembre il mercato aumenta di oltre 450.000 utenti, ossia l’ 1% circa della popolazione italiana! Omnitel è spiazzata: non riesce a raccogliere che qualche centinaio di utenze al giorno, su una proposta commerciale che appare ormai superata. E così si avvia un ’97 strepitoso che consente a TIM di acquisire altri 5 milioni di nuovi clienti, più del doppio dell’anno precedente. La partita concorrenziale viene giocata lealmente e con creatività, basata su un’organizzazione aziendale orgogliosa e coinvolta, a beneficio del mercato e dei consumatori. Quel periodo, quelle pagine restano esemplari per come ci si può e ci si deve confrontare in un mercato libero e aperto. Vito Gamberale – Lectio Magistralis Le Telecomunicazioni in Italia: da un passato autorevole ad un presente incerto. Quale futuro? 18
  • 19. L’Italia diventa il Campione Mondiale della Telefonia Mobile. Infatti, nel febbraio ’97, in occasione del GSM World Congress, TIM viene premiata come “operatore più innovativo al Mondo”. TIM evangelizza il Mondo col “servizio prepagato”. A fine ’98 il nostro Paese si è portato nel gruppo di testa , come penetrazione del servizio, a livello europeo, superando decisamente il Regno Unito ed allineandosi ai Paesi Scandinavi: 56.9 (Fin) 60,00 56.1 (Nor) 50,00 47.6 (Sv) 37.8 (Dan) 40,00 36.3 (Ita) 30,00 25.6 (UK) 19.8 (Fra) 20,00 17.0 (Ger) 16.3 (Spa) 10,00 0,00 1990 1994 1997 1998 tempo Fig. 4 - Coefficiente di penetrazione della telefonia cellulare in Europa. Intanto TIM, quotata come detto nel luglio ’95, riscuoteva crescenti consensi in borsa: in soli due anni e mezzo il suo valore era cresciuto del 279%, contro l’87% di Vodafone, che un tempo appariva come un “mostro sacro”. E proprio a quell’epoca, stiamo parlando del settembre 1997, (due mesi prima dell’offerta pubblica di vendita della partecipazione del Tesoro in Telecom), in TIM si studia, con il supporto di una Banca (l’UBS, allora guidata dal dott. Ottolenghi), l’OPA parziale (per il solo 14,9%) su Vodafone: sarebbe costata meno di 3 Mld di €. Oggi Vodafone, nella sua interezza, vale 145 Mld di €. Vito Gamberale – Lectio Magistralis Le Telecomunicazioni in Italia: da un passato autorevole ad un presente incerto. Quale futuro? 19
  • 20. La manovra è impedita, “sconsigliata”, attraverso il vertice operativo dell’Azionista, perché è primaria l’esigenza di privatizzare il Gruppo! E così l’operazione non viene portata all’approvazione degli organi societari. Nel frattempo TIM ha avviato un impegnativo sviluppo estero: - nel ’94 aveva vinto una gara come 1° operatore radiomobile in Grecia(Stet Hellas); - nel ’95 • aveva privatizzato l’operatore di telefonia mobile in Bolivia; - nel ’96 • aveva vinto, insieme a Bouygues, la 3^ licenza radiomobile in Francia; aveva acquisito la licenza GSM in Serbia; - nel ’97 • aveva vinto, insieme a DT, la gara per la privatizzazione di Radiomobil, l’operatore radiomobile della Repubblica Ceca; • aveva vinto la gara in due Stati del Brasile, seguita dall’acquisto di altre due società di Telefonia Mobile dalla privatizzazione di TeleBras. Oggi il tutto costituisce TIM BRASILE; • aveva avviato il 2° operatore mobile in Cile (che fu il 1° GSM in Sud America); • aveva vinto la gara per avviare l’operatore mobile in due Stati Indiani; aveva acquistato il 25% di Mobilkom Austria; - nel ’98 • • aveva acquistato la licenza GSM in Spagna , avviando il 3^ operatore; aveva acquistato la licenza GSM in Ucraina. Vito Gamberale – Lectio Magistralis Le Telecomunicazioni in Italia: da un passato autorevole ad un presente incerto. Quale futuro? 20
  • 21. Europa America del Nord Asia America del Sud 1994 1995 1996 1997 1998 1999 Figura 5 - Lo sviluppo internazionale del business mobile di TIM negli anni ’90. TIM, a fine ’98, è dunque il leader della telefonia mobile a livello mondiale: lo è per avanguardia nei servizi, per numero di clienti gestiti nel proprio Paese, per diffusione e clienti nel mondo, per efficienza, per capitalizzazione di borsa, per basso livello di indebitamento (meno di 8 Mld di €, verso una capitalizzazione di 37 Mld di €, e dopo tutto il predetto sviluppo estero). Tutte le ricerche del periodo parlano di “growth stronger than expected” per clienti, efficienza, crescita profitti, etc. Insomma un campione di cui lo stesso Paese forse non avverte e non vive l’immagine radicata a livello mondiale. Il nostro Paese non è uso a gloriarsi dei propri campioni mondiali in economia. Anzi! 5. Il ruolo dell’Antitrust per la liberalizzazione del settore. L’Antitrust, ossia l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato – AGCM -, viene istituita in Italia, nel 1990: è una coincidenza, casuale ma importante, con l’avvio del grande piano evolutivo per le TLC italiane. Il primo Presidente sarà un puro giurista, il prof. Saia. Vito Gamberale – Lectio Magistralis Le Telecomunicazioni in Italia: da un passato autorevole ad un presente incerto. Quale futuro? 21
  • 22. Vengono subito affrontati angoli marginali per la liberalizzazione di taluni servizi: si parte con la Telefonia Pubblica e con Videotel. Velocemente matura la spinta a favorire la concorrenza nella Telefonia Mobile. Le prime riflessioni partono nel 1992. Nell’anno successivo viene indetta la gara per scegliere il secondo operatore radiomobile, sulla base di un beauty-contest, processo di per se non sempre totalmente trasparente. La licenza verrà assegnata nell’aprile ’94, da un Governo dimissionario, il lunedì pomeriggio successivo alle elezioni politiche. Dopo pochi mesi, al vertice dell’Antitrust arriva il prof. Giuliano Amato, già Ministro del Tesoro e Presidente del Consiglio. La presidenza Amato sarà illuminata nella conduzione e decisa negli obiettivi. Nella telefonia, specie nella mobile, comprende che occorre conciliare l’apertura alla concorrenza con la salvaguardia del patrimonio di know how e di gestione costruito dall’incumbent. Resterà esemplare la conclusione di un procedimento avviato contro TIM su denuncia di Omnitel che contestava i rapporti di esclusiva tra TIM ed i propri dealers. Il procedimento si concluse con la condanna di TIM, senza rendere esecutiva la sentenza. Cioè l’Antitrust dava un preciso ammonimento a TIM: lasciate che la concorrenza prenda corpo. Ma anche a Omnitel: non potete condividere il patrimonio altrui, impegnatevi a sviluppare il vostro! La concorrenza partì con decisione. Si può dire che la telefonia resta l’unico settore, un tempo in monopolio, in cui la concorrenza abbia realmente giovato al consumatore. Vito Gamberale – Lectio Magistralis Le Telecomunicazioni in Italia: da un passato autorevole ad un presente incerto. Quale futuro? 22
  • 23. 6. Le TLC Italiane alla fine del 1997 A fine ’97 il Gruppo Telecom Italia ha pressoché completato il progetto pluriennale di radicale ammodernamento, impostato all’inizio del ’91. La sintesi del percorso compiuto è riportata nella tabella 3, che aggiorna e compara i dati relativi al ’90, già visti in precedenza: Tabella 3 – Il sistema delle TLC europee nel 1997. F linee fisse (mil) 33,7 linee fisse/ab 0,60 grado di digitalizzazione (%) 96 traffico internazionale/ab (min) 54,8 telefonia mobile (migl) 5.817 penetrazione (%) 10,3 D 48,7 0,60 100 58,9 8.276 10,1 I 25,7 0,45 94 39,1 11.738 20,8 S 15,9 0,40 81 39,7 4.338 11,- UK 31,9 0,55 100 94,1 8.841 15,2 In particolare emergono: l’allineamento ai Paesi più avanzati nella digitalizzazione della rete; la riduzione del gap relativo al traffico internazionale per abitante; l’assoluta leadership conquistata nella telefonia mobile; e, per quanto detto in precedenza, una prepotente espansione estera, nel fisso e nel mobile, con posizioni di leadership create in Paesi forti (o che lo sarebbero diventati) come la Francia e la Spagna. 7. Dal 1997 al 2000: liberalizzazione della telefonia. Scenari competitivi Nel 1997 il Decreto del Presidente della Repubblica n. 318 liberalizza il settore delle telecomunicazioni fisse e ciò comporta la nascita di nuovi gestori di reti di telecomunicazioni. Nel 1995 società come Infostrada ed Albacom erano state fondate in previsione della liberalizzazione del mercato; nell’anno 1998 questi operatori hanno finalmente la possibilità di ottenere la licenza per la fornitura di servizi di telecomunicazioni fisse. Nel settembre 1999 nasce a Milano e.Biscom/Fastweb, con il progetto imprenditoriale di sviluppare e diffondere una nuova generazione di reti di trasmissione, alternative a quelle telefoniche tradizionali. Durante i primi mesi di vita la società si focalizza sulla realizzazione di una rete Vito Gamberale – Lectio Magistralis Le Telecomunicazioni in Italia: da un passato autorevole ad un presente incerto. Quale futuro? 23
  • 24. capillare, in fibra ottica, nell’area metropolitana di Milano. Fastweb lancerà, sin dal 2001, servizi “bundled” voce, dati e video, introducendo un nuovo modello di business che verrà additato per molti anni ad essere seguito come esempio di innovazione a livello mondiale( con capacità da 20 Mb/sec su fibra e da 640 Kb/sec su doppino). Il 1999 vede le prime sperimentazioni ADSL e UMTS da parte di T.I.: viene infatti avviata la sperimentazione dei Servizi Superlinea 2000 e 1500 per navigare in Internet ad alta velocità grazie alla tecnologia ADSL, una tecnologia abilitante in grado di ampliare la capacità di trasporto del doppino di rame. Nel corso del 2000 vengono lanciati i primi servizi commerciali ADSL; appaiono per la prima volta offerte voce con cosiddetta tariffa “flat” (una piccola rivoluzione dal punto di vista tariffario). Sempre nel 2000 viene lanciata la gara per l’assegnazione della licenza UMTS, della quale risulteranno assegnatari cinque operatori mobili (TIM, Omnitel/Vodafone, WIND, H3G, Ipse). Quell’anno vengono stabilite: a) le regole di fornitura di servizi ADSL in wholesale da parte di TI agli operatori licenziatari, e b) le condizioni per la fornitura di servizi detti di “unbundling del local loop” (ossia di accesso disaggregato alla rete locale). L’accesso disaggregato alla rete locale svolgerà un ruolo decisivo nell’aprire gradualmente al mercato il cosiddetto “ultimo miglio”, consentendo agli operatori nuovi entranti la possibilità di offrire una varietà di servizi in concorrenza con TI. L’apertura del mercato alla concorrenza ha portato infatti ad un ampliamento dell’offerta degli operatori alternativi che era concentrata quasi esclusivamente sul mercato dei servizi telefonici interurbani e internazionali. L’introduzione di regole che disciplinano le modalità di utilizzo della rete di accesso di TI da parte degli operatori concorrenti ha permesso di estendere ai consumatori e alle imprese i benefici derivanti dalla competizione nei servizi di accesso locale, non soltanto di telefonia, ma soprattutto di tipo innovativo, come il collegamento Internet ad alta velocità. Vito Gamberale – Lectio Magistralis Le Telecomunicazioni in Italia: da un passato autorevole ad un presente incerto. Quale futuro? 24
  • 25. Si può dire che la telefonia è stato l’unico settore che, aperto alla concorrenza, ha portato effettivi benefici ai consumatori, con un drastico calo dell’indice del prezzo al consumo (-11% al 2006, 18% al 2010). 8. Globalizzazione e diversificazione Per valutare il grado di partecipazione dell’Italia al mercato globale delle telecomunicazioni vale la pena comparare la ripartizione, tra fatturato domestico ed internazionale, per i principali incumbent europei (con riferimento ai primi nove mesi del 2006). Tabella 4 – Globalizzazione e diversificazione del business: i principali incumbent europei (rif. primi nove mesi del 2006, fonti: relazioni trimestrali) 1 Diversificazione mercati Diversificazione linee di business Fatturato (b€) Domestico Internazionale Fisso Mobile IT Media Altro Telefonica Deutsche Telekom France Telecom Telecom Italia British Telecom 38,7 38,00% 62,00% 38,0% 55,6% 2,5% 45,5 54,42% 45,58% 39,4% 43,6% 11,9% 2,7% 38,4 60,41% 39,59% 58,4% 38,8% 1,3% 1,2% 0,0% 5,0% 1,4% 23,1 74,94% 25,06% 50,9% 41,0% 1,7% 0,5% 5,8% 21,6 87,00% 13,00% 74,6% 1,4% 20,8% 0,0% 3,2% Si può constatare come, a parte l’eccezione di British Telecom e di TELECOM ITALIA, gli incumbent europei producono un’ampia quota del proprio fatturato al di fuori dei propri mercati domestici. Questa strategia di globalizzazione consente agli operatori di concentrarsi sui mercati a maggiore crescita (per es. quello sudamericano per Telefonica), compensando quindi la scarsa crescita o la contrazione del mercato domestico. 1 La quota del 25% di ricavi esteri di Telecom Italia indicata in tabella si riferisce alla Relazione di Deposito del terzo trimestre 2006; Telecom Italia ha riclassificato i ricavi e dichiarato una quota di ricavi esteri a fine 2006 pari al 16% dei circa 31b€ di ricavi totali (ricavi TIM Brasil: ≈3,9b€; ricavi mercato europeo: ≈ 0,9b€). Vito Gamberale – Lectio Magistralis 25 Le Telecomunicazioni in Italia: da un passato autorevole ad un presente incerto. Quale futuro?
  • 26. La tabella dà una misura della scarsa partecipazione di Telecom Italia alla globalizzazione del mercato delle telecomunicazioni. Allo stesso modo gli operatori dominanti europei hanno cercato di differenziare il fatturato distribuendolo su diverse linee di business (fisso, mobile, IT, media). Questa strategia ha permesso per esempio a British Telecom ed a Deutsche Telekom di entrare aggressivamente nel promettente mercato dei servizi ICT ed a Telefonica di concentrarsi maggiormente sul mercato mobile, diminuendo il peso del business della telefonia fissa. T.I., un po’ a rappresentanza del mercato italiano, manifesta una larga dipendenza dal business delle telecomunicazioni fisse (nel quale il fenomeno della larga banda consente di compensare a malapena l’erosione del fatturato della fonia) ed una scarsa penetrazione nel business dei servizi ICT. 9. La privatizzazione delle TLC italiane All’inizio del ’97 il Gruppo nazionale delle TLC italiane è rappresentato dalla finanziaria Stet, posseduta al 61% circa dal Tesoro. A sua volta la Stet possiede il 62% di Telecom Italia ed il 60%circa di azioni ordinarie TIM (di cui possiede anche il 19,5% di azioni di risparmio, per un totale del 52,6% di interesse azionario). In aggiunta va ricordato che Stet possiede importanti partecipazioni industriali e nell’I.T. In particolare: - il 49% di Sirti, azienda leader europeo nella progettazione e realizzazioni di reti di TLC; - il 50% di Italtel, ultimo baluardo nazionale nella progettazione e produzione di apparati (centrali) per TLC fisse e mobili; - il 77% di Finsiel, azienda leader nella gestione del sistema fiscale italiano. Vito Gamberale – Lectio Magistralis Le Telecomunicazioni in Italia: da un passato autorevole ad un presente incerto. Quale futuro? 26
  • 27. Queste partecipazioni rappresentano l’evoluzione – pressoché esclusiva al Mondo- del servizio monopolista verso l’industria e la ricerca. Una filiera fonte di sviluppi tecnologici e di affermazione sui mercati, se ben gestita (come è accaduto con Marelli per FIAT e con Snamprogetti e Saipem per ENI). La Stet rappresenta quindi l’azionista di riferimento di un articolato gruppo italiano che copre l’intera gamma industriale delle TLC, dalla produzione di apparati, alla realizzazione di reti, alla gestione di servizi fissi e mobili, alle più avanzate applicazioni informatiche. E’ un gruppo di rilevanza mondiale, con punte di eccellenza proprio nei servizi di TLC. Nel 2^ semestre ’96 si era appena insediato il nuovo Governo in Italia. L’obiettivo guida del programma governativo era quello di “portare l’Italia in Europa”, ossia di far rientrare l’Italia tra i Paesi che avrebbero condiviso la Moneta Unica Europea – l’Euro. E infatti il Governo, nel giugno ’97, firma il “ patto di Stabilità” con l’UE. Nel maggio ’98 l’Italia è ammessa all’Euro. Questo traguardo avrebbe rappresentato il definitivo allineamento dell’Italia alla disciplina economico/finanziaria dei principali e più solidi Paesi europei che già nel ’91 si erano dati obiettivi e parametri di bilancio comuni, i cosiddetti “parametri di Maastricht”. A guardia del raggiungimento di tali obiettivi vigila, per l’Unione Europea, il Commissario belga Van Miert. Per l’Italia significa portare il deficit di bilancio annuale entro il 3%; avviare il rientro dall’enorme debito che era circa il 120% del PIL, mentre il livello normale era stato fissato al 60%; allineare la propria inflazione alla media europea. Nel nuovo Governo, a tutela del rientro nelle regole europee, vengono impegnati il Ministro del Bilancio e del Tesoro, Ciampi e il Direttore Generale del Tesoro, Draghi. Per poter ottemperare agli impegni comunitari, l’Italia imbocca la strada delle privatizzazioni. L’Italia aveva già fatto diverse privatizzazioni, più che altro come rifocalizzazione delle Holding Pubbliche IRI ed ENI, dopo i forzati sconfinamenti in taluni settori tipicamente privati, per salvare Vito Gamberale – Lectio Magistralis Le Telecomunicazioni in Italia: da un passato autorevole ad un presente incerto. Quale futuro? 27
  • 28. Gruppi nei quali i privati avevano fallito (Motta, Alemagna per IRI; il tessile/abbigliamento per ENI). E’ così che nel ’97 si apre la stagione delle “grandi privatizzazioni”. TI assurge a simbolo, e perciò a madre, delle privatizzazioni da fare. E’ opportuno ripercorrere, a grandissime linee, la storia della privatizzazione di TI, dal 1997 ad oggi. Sarà fatta in modo molto veloce, rinviando, per una profonda e rigorosa analisi, ai testi scritti da pochi, documentati e coraggiosi giornalisti. Per agevolare la privatizzazione, appena dopo il trasferimento delle azioni Stet dall’IRI al Ministero del Tesoro, vengono mandati via, all’improvviso e dopo aver acquisito solo importanti meriti, due grandi capi: Biagio Agnes, il presidente della Stet e Ernesto Pascale, il carismatico Amministratore Delegato della Stet, che era stato l’artefice del miracolo Telecom Italia dal ’91 al ’97. Vengono sostituiti, rispettivamente, da una grande figura istituzionale, il prof. Guido Rossi e da un importante manager interno, il dott. Tomaso Tommasi. Lo Stato, nel ’97, decide di fondere TI in Stet, per poi cambiare il nome di Stet in Telecom Italia, che così viene ad essere la holding operativa. Tra le sue partecipazioni c’ è quindi anche il 53% circa di TIM. La quota del Ministero del Tesoro nella TI holding viene ad essere del 45% circa. Viene decisa la privatizzazione completa, puntando ad un “nocciolo duro”, in cui coinvolgere gli epigoni del capitalismo familiare italiano e allargando, per il resto, il flottante di borsa. Nonostante gli inviti e gli auspici del Governo (che puntava ad organizzare un gruppo di riferimento – “un nocciolo” – del 15÷20%), si riesce a comporre un “nocciolino” (così fu detto) per un misero 6.6%, dopo che si era “liquefatta” la disponibilità di AT&T per un 1,2% (a volte, pensando ai giorni nostri, il lupo può perdere il pelo…) e di Unisorce ( una sorta di multi-proprietà internazionale che, di lì a poco, scomparirà nel nulla) per un altro 1,2%. Di questo 6,6% la FIAT (o meglio l’IFIL) prende 1/11, ossia lo 0,6% di TI, assumendo, nei fatti, tutto il potere gestionale dopo aver sborsato solo 186 M €!! Vito Gamberale – Lectio Magistralis Le Telecomunicazioni in Italia: da un passato autorevole ad un presente incerto. Quale futuro? 28
  • 29. La vendita al mercato avviene a 5,6 €/azione. Il “nocciolino” paga 5,9 €/az, riconoscendo un premio di controllo del 5%! Così, a fine ’97, lo Stato esce dalle TLC, incassando circa 12 MLD di € e conservando una “golden share” del 5,2% circa, mentre il 2,3% è posseduto da Banca d’Italia. Il Governo era stato obbligato a puntare sulle poche oligarchie familiari italiane, perché l’opinione pubblica reclamava “il socio industriale”, e non gradiva la presenza di sole banche-istituzioni finanziarie, peraltro a quel tempo ancora impreparate per un ruolo da “Soci Istituzionali”. Quindi, di tutto ciò che accadrà dopo - come vedremo -, al Governo non può essere attribuita una responsabilità primaria. L’ingresso dell’ IFIL nel comando di Telecom Italia è molto critico: emergono improvvisazioni, superficialità e, anche, approcci da “ aristocratica” sufficienza verso le competenze. Il prof. Rossi – forse intuendo prima di tutti il vuoto verso cui si andava – si dimette a Novembre ‘97, per problemi di governance, dopo meno di un anno dall’insediamento, e dopo aver condotto – con maestria – la fusione Stet/TI e la stessa privatizzazione. La IFIL fa subentrare Rossignolo, accompagnato da qualche giovane esordiente, “indicato” sempre da IFIL. Tra il Febbraio e l’Ottobre del ’98 TI è teatro di numerosi episodi irrituali, come gestione e rapporti con gli stake-holders. Nel frattempo qualcuno, dopo aver espresso inutilmente – alla nuova proprietà - crescenti riserve ed allarmi, se ne va (giugno/luglio ’98). La situazione non regge. Si arriva, ben presto, alle dimissioni dell’intero vertice (Presidente e due Direttore Generali). Subentrano il prof. Libonati come Presidente ed il dott. Bernabè come AD. Sembra che, finalmente, autorevolezza e profili manageriali tornino al vertice di Telecom Italia. Improvvisamente, nel Novembre ’98, quindi nemmeno due mesi dopo questo traumatico cambio, un manipolo di cosiddetti “capitani coraggiosi”, guidati dal rag. Colaninno, - attraverso un ‘aricolata catena di scatole (Hopa, Bell, Olivetti, Tecnost)- lancia un’OPA su TI. Vito Gamberale – Lectio Magistralis Le Telecomunicazioni in Italia: da un passato autorevole ad un presente incerto. Quale futuro? 29
  • 30. Bernabè cerca di criticare industrialmente l’OPA e cerca sostegno dei soci istituzionali e alleanze internazionali. Di fatto resta solo e perde. L’ OPA ha successo ma, successivamente, ne deriverà per Telecom Italia l’accollo di una montagna di debiti, di origine non industriale. Nel Maggio ’99 inizia la gestione post-OPA di Colaninno, che si caratterizza per contraddittorie operazioni all’estero e per una crescente empasse creata dal debito anomalo che grava sul veicolo dell’OPA. Verso Colaninno si crea un clima di crescente diffidenza nella prima parte del 2001. Come conseguenza, e pressoché all’improvviso, alla fine del Luglio 2001, un veicolo societario (Olimpia) – con la presenza al 60% di Pirelli, al 20% di E.H. ed al 10% ciascuna di due primarie banche – compra la quota del “gruppo Colaninno” in Olivetti (che, in precedenza, si era fusa con Tecnost), pagando le azioni a 4,2 € contro un valore di mercato di 2,2 €. Ancorché venissero concessi poteri gestionali, non si è mai capito quale implicito potenziale, grosso aumento di valore potesse giustificare una tale forchetta (ossia un premio di maggioranza del 90%)! Tutti i poteri vengono accentrati in Pirelli, nella figura del dott. Tronchetti, che diviene l’unico e incontrastato riferimento strategico e gestionale di questo grande gruppo. Nonostante attraverso la lunga catena delle scatole, in cascata, possieda meno del 2% di Telecom Italia, il Paese, le Istituzioni, il Mondo industriale, l’Azienda, tutti daranno grande fiducia a questo nuovo assetto e a questa guida che appare autorevole e carismatica. L’acquisto – fatto per il grosso a debito – scaricherà poi su Telecom Italia il pesante fardello dei debiti dell’OPA lanciata appena 2 anni prima, a seguito della fusione di Olivetti in Telecom Italia. A partire dal nuovo subentro, vengono compiute operazioni straordinarie, non tutte comprensibili, ma che hanno impatto diretto sul debito. In particolare vengono vendute, in rapida successione, la gran parte delle partecipazioni estere e la Seat, ricavando circa 10 Mld di €. Vito Gamberale – Lectio Magistralis Le Telecomunicazioni in Italia: da un passato autorevole ad un presente incerto. Quale futuro? 30
  • 31. Dell’Impero estero, creato nel triennio ‘94/’97, oggi - ossia nel 2007 - Telecom Italia conserva sostanzialmente solo il Brasile e l’Argentina, nonchè, in parte, la Francia, la Germania e l’Olanda (le 3 partecipazioni europee saranno state vendute entro il 2009). . Il progressivo ridimensionamento dell’estero espone il Gruppo TI all’erosione interna di quote di mercato, di prezzi, quindi di ricavi e profitti, sorte questa che tocca agli incumbent con poca o nulla presenza all’estero, dove invece dovrebbero recitare il ruolo di challenger. Nel 2002 Telecom si apre al “business immobiliare”. Viene avviato e poi proseguito lo spin-off degli immobili di TI localizzati nelle aree urbane ad altà densità (compresi quelli adibiti a funzioni tecnologiche) che vengono acquistati da Fondi collegati a Pirelli R.E. e da questi riaffittati a Telecom Italia. Si ricava qualche miliardo di € (a fronte di valori impliciti di libro di poco inferiori), ma si passa da un ammortamento economico pari al 3% dei valori di libro, ad un onere finanziario per locazione tra il 5 e l’8% del valore di mercato, con evidente effetto sul cash flow gestionale. Viene fatta da Telecom Italia un’OPA sui 2/3 delle quote ordinarie di TIM sul mercato (oltre al 100% delle azioni di risparmio). Il costo globale è di 15 Mld di €, che viene pagato, al 91%, con debito che va ad aggiungersi ai debiti di TI. Tra alienazioni estere, spin-off immobiliari, OPA su TIM, gestione, il saldo è di un sostanziale incremento del debito. Tutto ciò viene fatto in poco più di 5 anni, da metà 2001 all’autunno 2006. Oggi il debito di Telecom Italia è intorno ai 38 Mld €, rispetto ai 22 Mld circa nel momento del subentro di Olimpia. Si è soliti paragonare il debito di Telecom con quello della Olivetti del 2001 che consolidava Telecom. E’ corretto, perché la Telecom di oggi è il frutto della fusione per incorporazione di Telecom in Olivetti e dal cambiamento della ragione sociale dell’incorporante. E però va riconosciuto che il debito dell’OPA, per quanto condizionante, Colaninno non l’aveva scaricato sulla Telecom. Fu quella una scelta successiva, decisa ed attuata da Olimpia e che, assieme ad altre Vito Gamberale – Lectio Magistralis Le Telecomunicazioni in Italia: da un passato autorevole ad un presente incerto. Quale futuro? 31
  • 32. operazioni quali l’OPA di Telecom su TIM, hanno reso anomalo l’indebitamento di Telecom Italia, come riportato nella figura seguente: Indebitamento finanziario netto/EBITDA 3,5 3,2 3,0 2,9 2,5 2,4 2,0 2,3 2,0 1,5 1,5 1,6 1,0 0,7 0,5 0,0 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 Figura 6 – Andamento del rapporto tra indebitamento finanziario netto ed EBITDA (fonte: bilanci Telecom Italia) A questa gestione finanziaria e strategica contraddittoria, ha fatto senz’altro riscontro una gestione aziendale più efficace. La rete commerciale di Telecom Italia è stata evoluta adattandola alle esigenze del mercato, specie per la categoria business. Importanti investimenti sono stati fatti, anche nella rete, specie per mantenerne l’efficacia funzionale più che per evolvere la generazione della stessa rete. Resta un dubbio se la “one office solution”, ossia la fusione di TI/TIM/TIN.it sia stata efficace per il mercato e sia stata metabolizzata in azienda. A fine 2006 la quota di mercato di Telecom Italia (insieme agli altri operatori Tiscali , Eutelia, Infracom) sulla telefonia fissa e mobile, è stimata intorno al 60 %. Il che significa che la quota di Vito Gamberale – Lectio Magistralis Le Telecomunicazioni in Italia: da un passato autorevole ad un presente incerto. Quale futuro? 32
  • 33. mercato dei concorrenti, tutti ormai stranieri, è del 40% e vale circa 18 Mld di €( pari al fatturato di Alitalia e della FIAT in Italia, messi insieme). A Settembre ’06 uno “tsunami” colpisce Telecom Italia. Da una parte avanza un’inchiesta giudiziaria su dilaganti intercettazioni che vedono coinvolta la “sicurezza TI”, episodio questo che porrebbe - di per sé - il sistema al di fuori del rapporto concessorio e che non ha eguali nel mondo delle TLC dei paesi democratici! Sempre a Settembre nasce una poco chiara “zuffa” tra vertice di TI e Governo. La prassi vuole che tra Grandi Imprese e Governo ci sia un confronto continuo su strategie, investimenti, sviluppi anche regolatori. E questi incontri non possono essere visti anomali, né costituire scandalo. Si diceva, nelle premesse, che le più importanti potenze economiche mondiali fondano le proprie strategie di sviluppo e di difesa su tre sistemi industriali: TLC, Energia e Infrastrutture di trasporto. E questo accadeva ed accade dovunque, dalla Spagna, alla Francia, alla Germania, all’Inghilterra, per parlare di Paesi più grandi, nostri naturali “benchmark”, ossia punti di riferimento. Pertanto non si capisce perché una normalità di rapporti – di sicuro scandita anche da documenti e appunti – abbia creato il polverone del settembre scorso. Ai problemi giudiziari e “politici”, va aggiunta una percepita crescente difficoltà di rapporti con l’Authority di riferimento, contraddistintasi, specie negli ultimi tempi, per equilibrio, responsabilità e competenza, doti riconosciute anche a livello Comunitario. Fatto sta che questa congestione di criticità porta, il 15 Settembre, il dott. Tronchetti a clamorose dimissioni dalla Presidenza di Telecom Italia, come conseguenza del “casus belli” sorto, anche a livello Istituzionale, da un inaspettato progetto di radicale break-up del sistema TI (l’opposto di quanto fatto l’anno prima). Lui stesso invita il prof. Guido Rossi a subentrargli e, quindi, a tornare alla Presidenza del Gruppo. Vito Gamberale – Lectio Magistralis Le Telecomunicazioni in Italia: da un passato autorevole ad un presente incerto. Quale futuro? 33
  • 34. Immediatamente le tre criticità rientrano nella norma: il fronte giudiziario prosegue esterno a Telecom Italia; con il Governo ritorna un rapporto normale, ma autonomo; con l’Authority viene riallacciato un confronto sereno e concreto. Nei primi mesi del 2007 emerge la ferma volontà della Pirelli di uscire da Olimpia, ossia dalle TLC, quindi da TI. E per fare uscire Olimpia – che detiene sempre e solo il 18% di Telecom Italia - vengono avviati “erratici ” contatti e/o tentativi di coinvolgimento di operatori incumbent stranieri: dagli spagnoli, agli americani, ai messicani! Emerge la preminente – anzi unica – volontà di privilegiare i soli interessi di Olimpia, a scapito dell’intero mercato e a prescindere da evidenti, concrete basi industriali. E poi un controllo straniero farebbe dell’Incumbent italiano un feudo, cosa che non è mai accaduta in nessuna delle prime 10 economie al Mondo! Il vigile prof. Rossi non ci sta. Quindi non viene riconfermato al vertice di TI. Ancora una volta viene trattato come il Presidente “scomodo”, da chiamare e “sopportare” al solo scopo di “domare la tempesta”. Nel Paese sorge una contrapposizione, tra coloro che giustificano l’attenzione discreta, ma responsabile, del Governo e coloro che rivendicano un liberismo puro e teorico, senza riscontri al Mondo. L’Italia - come abbiamo visto - ha già 3 operatori mobili su 4 stranieri. Si accinge ad avere il 2° operatore fisso (Fastweb) anch’esso estero. Gli altri 2 operatori fissi (Infostrada e Albacom) sono già stranieri. Situazione che, nei fatti, è la più avanzata in Europa come liberalizzazione. Che anche l’Incumbent italiano vada in mani estere, potrebbe essere proprio troppo! Le oligarchie private coinvolte nelle privatizzazioni hanno evidenziato risultati dicotomici: successi o delusioni. Hanno conseguito pregevoli risultati allorché sono state coinvolte nel proprio “ core business”. Hanno fallito (pressoché sempre) o hanno fortemente deluso allorché sono state coinvolte in settori al di fuori dal proprio core business, nel senso che spesso hanno privilegiato o Vito Gamberale – Lectio Magistralis Le Telecomunicazioni in Italia: da un passato autorevole ad un presente incerto. Quale futuro? 34
  • 35. inseguito opportunismi finanziari a breve termine, piuttosto che impegni e strategie industriali di lungo periodo. Hanno interpretato le “concessioni” come pura proprietà propria, dimenticando che la radice del nome della tipologia aziendale “concessi..” impone un leale, corretto, trasparente rapporto con le Istituzioni di riferimento. E se poi si tratta degli Incumbent, come concessionari, ciò è massimamente dovuto per l’indiscutibile ruolo e responsabilità che l’Incumbent ha – per il Paese- nella politica di sviluppo industriale del settore d’appartenenza. 10. Le soluzioni possibili Prima di ipotizzare qualche soluzione possibile, visto che siamo in UE, è bene riassumere quali sono gli assetti proprietari degli Operatori Incumbent negli altri quattro principali Paesi Europei, che devono essere il nostro benchmark come Paese, come Economia, come regole, anche per poter preservare l’orgoglio di competere con loro. Abbiamo delle situazioni diverse nella forma, ma abbastanza simili nella sostanza:  da una parte France Telecom e Deutsche Telekom, che sono tuttora aziende Pubbliche, con lo Stato, rispettivamente al 32,4% ed al 31,7%. ○ Sono entrambe quotate. Hanno un assetto manageriale stabile. Si sono adeguatamente sviluppate all’estero: pari al 40% sul globale i ricavi esteri di FT e al 46% per DT. ○  Sono sottoposte, nel proprio Paese, ad una concorrenza sufficientemente controllata; dall’altra parte British Telecom e Telefonica, formalmente del tutto privatizzate, ma in effetti con azionisti istituzionali stabili rispettivamente all’11% ed al 20% (per Telefonica, in particolare, BBVA ha il 7% e la Caixa il 5,1% aproposito di banche socie), e per il resto entrambe sono quotate. Hanno anch’esse un assetto manageriale stabile. Vito Gamberale – Lectio Magistralis Le Telecomunicazioni in Italia: da un passato autorevole ad un presente incerto. Quale futuro? 35
  • 36. ○ Telefonica oggi è la più globalizzata. Fattura circa il 62% dei ricavi all’estero e ha concentrato il proprio sviluppo nei Paesi Sud Americani, realizzando una forte presenza in Argentina e in Brasile, Paesi nei quali ha come competitore proprio Telecom Italia. ○ BT, dopo errori ed incertezze strategiche agli inizi della recente decade, si è focalizzata sulle telecomunicazioni fisse, riducendosi a poco sull’estero, ma diversificandosi progressivamente sui ricavi non telefonici (oggi circa i due terzi dei ricavi di BT sono non telefonici e provengono da soluzioni informatiche e collegamenti Internet). Insomma, in tutti e quattro questi Paesi le TLC degli incumbent sono viste come asset strategici, al servizio del Paese, a tutela delle evoluzioni di tecnologia e di servizi che questo delicato e unico sistema a rete offre come supporto dello sviluppo economico e delle evoluzioni di civiltà. Il mercato è rispettato come partecipe alla proprietà (tramite il reale flottante di Borsa) e come disponibilità di alternative concorrenziali, così come visto. In nessuno di questi Paesi sono coinvolti, nell’azionariato stabile, rappresentanti delle oligarchie familiari. Ciò, in effetti, avviene solo in taluni particolari Paesi, come il Messico, stucchevolmente di attualità nelle scorse settimane in Italia. Quindi questi quattro grandi Paesi europei hanno coniugato o Stato forte e mercato (F e D) o Azionisti Istituzionali forti e mercato (UK e SP). Si può dire che ognuno di questi Paesi abbia impegnato, al meglio, il proprio potenziale, per assicurare un azionariato stabile e di riferimento al proprio incumbent. In Francia e Germania lo Stato è forte, presente, attivo direttamente nella Politica Industriale interna, maggiormente nei campi strategici. In UK e Spagna lo Stato ha favorito lo sviluppo di Istituzioni Finanziarie grandi, autorevoli, radicate nel proprio Paese. Rappresentano loro, nei fatti, l’espressione della tutela governativa nei settori strategici, e quindi anche nelle TLC. Vito Gamberale – Lectio Magistralis Le Telecomunicazioni in Italia: da un passato autorevole ad un presente incerto. Quale futuro? 36
  • 37. In Spagna poi, in talune di queste istituzioni, sono pur presenti oligarchie familiari, ma sempre raccordate rigorosamente col proprio Governo. Nessuna grande impresa osa fare nulla senza averlo concordato col proprio Governo. E quando tenta di farlo (caso Endesa/ E.On)è obbligata a fare marcia indietro. Nessuna di queste famiglie oserebbe vendere gli asset gestiti, facendolo sapere al proprio Governo a mezzo stampa. Allora quale assetto si sarebbe potuto auspicare in Italia, come azionariato stabile per Telecom Italia? Anche nel nostro Paese si sarebbe potuto coinvolgere il meglio che c’è, sulla scorta delle esperienze fatte. Intanto, nel frattempo, dal ’97, anche l’Italia ha visto maturare importanti realtà bancarie, autorevoli quanto le Spagnoli e le Inglesi. In più si è affermato il Sistema delle Fondazioni, come soggetti in grado di esercitare un forte ruolo di azionariato istituzionale, in grado di tutelare i vari stackholders. Poi è recuperabile ciò che di positivo hanno insegnato le grandi privatizzazioni. Si diceva che se fatte nel “core business” sono tutte riuscite. Se fatte fuori dal “core business”, in genere, non sono andate bene, o hanno deluso. Si tratta perciò di individuare quei pochi, grandi soggetti industriali il cui “core business” sia abbastanza sovrapposto al business delle TLC, considerate le evoluzioni verso i servizi ed i contenuti. Non c’è dubbio che il gruppo più affine, oggi, sia Mediaset, a prescindere ovviamente da considerazioni politiche. Inoltre, se non fossimo un Paese manicheo, che considera gli asset a proprietà pubblica nazionale (perché a livello locale l’approccio è più flessibile) come soggetti solo passibili di essere venduti a privati, e mai di poter acquistare da privati, allora si potrebbe pensare anche alla RAI. In tal modo, le due emittenti nazionali potrebbero sviluppare un ruolo di affinità da core business su TI, seppure con quote limitate, e rigorosamente regolamentate sulla base di una reale e non formale governance. Vito Gamberale – Lectio Magistralis Le Telecomunicazioni in Italia: da un passato autorevole ad un presente incerto. Quale futuro? 37
  • 38. In ultimo perché non pensare a coinvolgere i dipendenti di Telecom Italia, invitandoli ad investire parte del loro TFR (che vale 1,3 Mld €)? Sarebbe una grande iniziativa di stabilità. Insomma: banche, fondazioni, emittenti, dipendenti TI sarebbero il meglio che il Paese può offrire per costituire un azionariato stabile per Telecom Italia. Di sicuro un tale assetto recupererebbe una gestione prettamente manageriale che finora, nella storia delle TLC italiane, è stata l’unica a far bene. Inoltre è da valutare con grande attenzione il rigoroso lavoro svolto dall’AgCom col documento di consultazione destinato agli operatori. Il documento fornisce una fotografia complessiva del mercato e della regolamentazione. In particolare, il progetto dell’Autorità è arrivare a una “divisione separata per la gestione, lo sviluppo e la fornitura dei servizi basati sulla rete di accesso” in modo da assicurare piena parità di trattamento tra la divisione commerciale di Telecom Italia e gli operatori alternativi. Il documento fa riferimento per ampie linee al modello inglese di Openreach, divisione di British Telecom, ma con significative varianti:  Innanzitutto Telecom Italia dovrebbe aprire ai concorrenti sia l’” ultimo miglio” in rame che il next generation network;  Inoltre, Telecom Italia potrebbe optare per la societarizzazione. Soluzione gradita all’Authority per due motivi: (i) faciliterebbe la trasparenza e la separazione; e (ii) renderebbe la società separata “autonoma e capace di attrarre capitali e investimenti nella rete d’accesso”. Insomma è necessario che Telecom Italia valuti bene cosa fare e come farlo, dando completa trasparenza ai costi, accompagnata magari da un grande impegno nelle Reti di Nuova Generazione. Da considerare che una netta separazione funzionale, o forse anche societaria, potrebbe avvenire anche solo con una parziale vendita (anche non superiore al 50%), magari in parte anche a soci istituzionali, con i quali concordare appunto un forte piano di evoluzione. Vito Gamberale – Lectio Magistralis Le Telecomunicazioni in Italia: da un passato autorevole ad un presente incerto. Quale futuro? 38
  • 39. L’ AgCom, l’Istituzione di Riferimento, andrebbe aiutata a dare coraggio e spinta ad una tale operazione, in grado magari di consentire accelerati ritorni dei nuovi investimenti. Tutto ciò si potrebbe fare in nome di una trasparenza avanzata che non avrebbe pari in Europa. Ma poiché l’Italia è il Paese più liberalizzato nelle TLC, sarebbe un passo opportuno questo della rete (un po’ come accadde con la separazione di TIM nel ’95). Come soci istituzionali per la rete, oltre a banche e fondazioni, andrebbe considerata anche l’opportunità offerta dai fondi chiusi a lungo termine (di cui il nascente Fondo Italiano per le Infrastrutture è un forte esempio). Infine si potrebbe separare TIM, riportandone sul mercato borsistico fino al 49%, ma conservandone il controllo a TI. Il settore mobile continua ad avere tecnologie e servizi caratteristici; continua a richiedere valorizzazioni specifiche, specie dopo i deludenti risultati postfusione. Le due operazioni potrebbero avere un benefico effetto sull’indebitamento fino a circa 20 Mld di €, dimezzando, in tal modo, l’indebitamento complessivo di TI. Con ciò si riporterebbe il debito (indice < 2) entro le best practices dei Paesi europei, che presentano un indice di indebitamento (debito/Ebitda) tra 1,8 ( BT) e 2,6 ( Telefonica), escludendo il più elevato 2,9 di TI. TI sarebbe finalmente normalizzata, potendo venire a disporre del proprio cash flow (oltre 12 Mld di €/a) per lo sviluppo. Sviluppo che dovrebbe riguardare la rete, per avviare subito un forte progetto evolutivo verso la NGN2. Inoltre si dovrebbe, con impegno, riavviare un importante sviluppo estero, come challenger dei locali incumbent, cercando, in questo caso sì, anche alleanze industriali con altri incumbent, per perseguire e magari condividere, sull’estero recuperi di ricavi e di redditività che un incumbent è destinato progressivamente a veder calare, nel proprio Paese. Vito Gamberale – Lectio Magistralis Le Telecomunicazioni in Italia: da un passato autorevole ad un presente incerto. Quale futuro? 39
  • 40. In particolare , all’estero c’è da rimeditare sulla splendida avventura sud-americana vissuta dal Gruppo tra il ’94 ed il ’98. C’è da valutare cosa poter fare nell’Est Europeo. C’è da progettare ed esprimere un impegno verso le nuove, grandi economie asiatiche. 11. Conclusioni Il gruppo Stet/SIP, poi Telecom Italia, all’inizio degli anni ’90 decise di giocare, con impegno e professionalità, una partita importante di ammodernamento e di sviluppo. La giocò con coerenza, convinzione, orgoglio. In 7 anni divenne il migliore operatore al Mondo. L’apice coincise con la privatizzazione. Oggi, dopo 10 anni da quella privatizzazione, si potrebbero creare le condizioni per onorare i sani obiettivi della privatizzazione e per recuperare prestigio internazionale, anche per il Paese. Vito Gamberale – Lectio Magistralis Le Telecomunicazioni in Italia: da un passato autorevole ad un presente incerto. Quale futuro? 40