2. Cesare Boschin (Trebaseleghe, 8 ottobre
1914 – Borgo Montello, 29 marzo 1995),
entra nel seminario di Treviso ma deve
lasciarlo per le difficoltà economiche della
famiglia che non può permettersi la retta.
Accolto nella Piccola Casa della Divina
Provvidenza di don Luigi Orione,
riprende gli studi.
Vita
3. Il 12 luglio 1942 viene ordinato sacerdote
Nel 1945 viene trasferito a Roma. Per via delle
sue origini, decidono di affidargli anche la vicina
parrocchia della Santissima Annunziata a Borgo
Montello, popolata in larga parte da emigranti
veneti.
4. Don Cesare è attivissimo: fonda l'Azione Cattolica e
promuove diverse iniziative per i giovani del borgo. Cerca di
alleviare la fame e la povertà, trovando lavoro agli sfollati o la
terra per i contadini.
Nel corso degli anni sessanta per il suo attivismo deve subire
attacchi e calunnie. Alla proposta del vescovo che vuole
inviarlo in un'altra parrocchia per salvarlo dai pettegolezzi,
don Cesare annuncia che preferisce restare a Borgo Montello
e "portare la sua croce".
5. La mattina del 30 marzo 1995 il suo cadavere
venne ritrovato incaprettato (con le mani e i
piedi legati e una corda intorno al collo) dalla
perpetua nella sua camera da letto. Venne
rinvenuto con il corpo ricoperto da lividi, la
mascella e diverse ossa fratturate, la bocca
incerottata. L'autopsia stabilì che la morte per
soffocamento fu provocato dalla dentiera
ingoiata dal parroco per via delle percosse.
L’omicidio
Link
6. Le indagini furono inizialmente rivolte negli ambienti della
tossicodipendenza, si ritenne che don Cesare fosse stato ucciso
dopo un tentativo di rapina andato a male da parte di alcuni
ragazzi di una vicina comunità di recupero.
La teoria della rapina non riuscì però a giustificare il fatto che i
presunti ladri non avessero prelevato il denaro dalla canonica. Le
inchieste, allora, puntarono ad approfondire alcuni voci che
avevano iniziato a girare a Borgo Montello subito dopo
l'omicidio: si diceva che don Cesare frequentasse gli ambienti gay
clandestini della zona. La notte della sua morte, il parroco
avrebbe ricevuto dei ragazzi per un incontro sessuale, ma la
situazione era degenerata. Le voci furono prontamente smentite
dai parrocchiani del borgo. Le indagini si conclusero quattro mesi
dopo con l'archiviazione del caso.
Le ipotesi
7. Il 29 luglio del 2009, durante un convegno a Roma don Luigi
Ciotti chiese davanti al presidente della Repubblica Giorgio
Napolitano la riapertura dell'inchiesta sulla morte di don Boschin.
Il suo appello fu subito fatto proprio da diverse associazioni
antimafia del Lazio nonché dall'Azione Cattolica della diocesi di
Latina e dall'Agesci pontina.
Don Ciotti si era fatto portavoce a livello nazionale delle richieste
di un gruppo di cittadini di Borgo Montello che legava la morte
del loro parroco ai traffici di rifiuti tossici smaltiti illegalmente
dalla camorra in una vicina discarica. Traffico che è stato
confermato negli anni da numerosi pentiti.
Don Ciotti
8. Nei mesi precedenti alla morte di don Cesare, la popolazione
residente nei dintorni della discarica, per protestare contro strani
miasmi che si erano intensificati nel tempo, aveva costituito un
comitato di protesta. Il parroco aveva accettato di ospitare il comitato
nei locali della chiesa. Il comitato, nelle sue richieste di legalità e
giustizia, iniziò a sospettare traffici illeciti nel territorio. I sospetti
trovarono le prime conferme dopo la denuncia di uno dei giovani
disoccupati locali impiegati dalla criminalità organizzata per
trasportare i rifiuti nella discarica.
Don Cesare e il comitato civico riuscirono a convincere l'allora
sindaco di Latina Ajmone Finestra a richiedere l'analisi del terreno
per rilevare eventuali contaminazioni. Il comitato iniziò a subire le
prime ritorsioni per la sua battaglia: nel borgo comparvero scritte
minacciose, le case di alcuni membri furono oggetto di sparatorie, lo
stesso don Cesare subì diverse intimidazioni.
I moventi
Link al TG3
9. Una settimana prima dell'omicidio, il parroco si sarebbe recato a Roma per
chiedere la fine dei traffici ad alcuni politici della ormai disciolta Democrazia
Cristiana, alla quale si era rivolto in passato per trovare lavoro ad alcuni suoi
parrocchiani. Successivamente avrebbe incontrato il capitano provinciale dei
carabinieri per le stesse ragioni.
La sua morte sarebbe stata quindi una vendetta della criminalità organizzata
per stroncare la protesta dei residenti. In effetti, subito dopo l'omicidio, il
comitato si sciolse e sulla discarica scese il silenzio. Le stesse modalità della
morte, con l'incaprettamento tipico degli omicidi mafiosi, sarebbero secondo
Libera una conferma della pista camorristica.
In un'intervista a Lazio Tv, il pentito di camorra Carmine Schiavone ha
sostanzialmente confermato che "Don Cesare è stato ucciso per questi motivi,
perché aveva capito qualcosa".