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L’ Io Filosofico
Presentazione di Maria Rachele Cesarano
Analisi Etimologica
 Io: Pronome di 1ª persona, usato cioè dalla
persona (o cosa personificata) che parla
quando si riferisce a sé stessa.
 Sia nel linguaggio della filosofia e psicologia
sia nell’uso corrente, designa la personalità
umana, l’uomo in quanto ha coscienza di sé
stesso.
Chi sono IO?
 L'Io in filosofia è il principio della
soggettività, attività di pensiero alla quale
è stato spesso attribuito un valore
particolare poiché è il fulcro da cui nasce
la riflessione filosofica stessa.
 Il concetto di Io corrisponde infatti al
momento in cui pensante e pensato sono
presenti al pensiero come la medesima
realtà: nel momento in cui mi trovo a
riflettere su di me, soggetto e oggetto
vengono cioè a coincidere e non hanno più
una connotazione che li differenzia.
 Questa unione immediata di soggetto e
oggetto, essere e pensiero, è stata il
principio fondante di quasi tutta la filosofia
occidentale, dagli antichi greci fino in
particolare all'Idealismo di Fichte e all’io
penso kantiano.
Cartesio e l’Io
 È con il Discorso sul metodo di Descartes (1637)
che l’Io entra in filosofia, come fondamento del
filosofare.
<< Cogito ergo sum >>
 Tale locuzione, che significa letteralmente
«penso dunque sono», è la formula con cui
Cartesio esprime la certezza indubitabile che
l'uomo ha di se stesso in quanto soggetto
pensante.
Per Cartesio, l’Io è una sostanza ed è
conoscibile mediante l’intuizione.
Io
(res cogitans)
Consapevole
Razionale
Libero
Ha una coscienza
Hobbes e l’Io
 Hobbes critica Cartesio, in quanto il filosofo
avrebbe fatto confusione tra il soggetto agente e
l’intellezione che è atto del soggetto agente,
proprio con il “cogito ergo sum”.
 Secondo Hobbes infatti non si può identificare
l’intellezione con il soggetto agente. A tal
proposito,per criticare tale posizione, egli cita il
famoso esempio della passeggiata :“Io sto
passeggiando, quindi sono una passeggiata.”
Hobbes
 Secondo Hobbes dall’“io penso” segue
necessariamente un “io sono” in quanto ciò che
compie l’azione del pensare non può essere un
nulla.
Ma da questa prova dell’esistenza non si può
giungere ad affermare che la res cogitans (l’Io)
sia una sostanza separata dal corpo.
Locke e l’Io
 Nel Saggio sull’intelletto umano Locke
scriverà:
«ciascuno è per sé stesso quel che chiama
Io: infatti in questo caso non si considera
se il medesimo Io si perpetui nella stessa
sostanza o in sostanze diverse».
Locke
 Secondo Locke tutte le attività dell’uomo
sono accompagnate dalla coscienza che è
l’io a possederle, ma è errato attribuire un
carattere di sostanzialità all’io:
“l’io non è altro che la percezione dell’unità
della coscienza del molteplice
dell’esperienza.”
LockeL’IO
Una realtà stabile
Una realtà conoscibile mediante l’intuizione
“l’Io è la semplice coscienza del molteplice sensibile”
Hume e l’Io
 Nella quarta parte del I libro del suo Trattato sulla
natura umana, Hume rileva che molti pensatori sono
convinti dell'esistenza dell'io, inteso come unico,
semplice, ininterrotto ed invariabile:
"Ci sono alcuni filosofi i quali credono che noi siamo in
ogni istante intimamente coscienti di ciò che chiamiamo
il nostro io: che noi sentiamo la sua esistenza e la
continuità della sua esistenza; e che siamo certi, con
un'evidenza che supera ogni dimostrazione, della sua
perfetta identità e semplicità".
Hume
 Hume sostiene che ogniqualvolta riflettiamo
sulla nostra identità personale ci troviamo di
fronte a una serie di percezioni che ci
appartengono ma tra le quali non possiamo mai
isolare quella distinta percezione del nostro io:
«Non riesco mai a sorprendere me stesso
senza percezione e a cogliervi altro che
percezione».
Hume
 Quindi, l’Io per Hume è un fascio di percezioni
senza nessun fondamento ontologico.
«Noi non siamo altro che fasci o collezioni di
differenti percezioni che si susseguono con una
inconcepibile rapidità, in un perpetuo flusso o
movimento».
Fine

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L’ io filosofico- Progetto di Filosofia

  • 1. L’ Io Filosofico Presentazione di Maria Rachele Cesarano
  • 2. Analisi Etimologica  Io: Pronome di 1ª persona, usato cioè dalla persona (o cosa personificata) che parla quando si riferisce a sé stessa.  Sia nel linguaggio della filosofia e psicologia sia nell’uso corrente, designa la personalità umana, l’uomo in quanto ha coscienza di sé stesso.
  • 3. Chi sono IO?  L'Io in filosofia è il principio della soggettività, attività di pensiero alla quale è stato spesso attribuito un valore particolare poiché è il fulcro da cui nasce la riflessione filosofica stessa.
  • 4.  Il concetto di Io corrisponde infatti al momento in cui pensante e pensato sono presenti al pensiero come la medesima realtà: nel momento in cui mi trovo a riflettere su di me, soggetto e oggetto vengono cioè a coincidere e non hanno più una connotazione che li differenzia.  Questa unione immediata di soggetto e oggetto, essere e pensiero, è stata il principio fondante di quasi tutta la filosofia occidentale, dagli antichi greci fino in particolare all'Idealismo di Fichte e all’io penso kantiano.
  • 5. Cartesio e l’Io  È con il Discorso sul metodo di Descartes (1637) che l’Io entra in filosofia, come fondamento del filosofare. << Cogito ergo sum >>  Tale locuzione, che significa letteralmente «penso dunque sono», è la formula con cui Cartesio esprime la certezza indubitabile che l'uomo ha di se stesso in quanto soggetto pensante.
  • 6. Per Cartesio, l’Io è una sostanza ed è conoscibile mediante l’intuizione. Io (res cogitans) Consapevole Razionale Libero Ha una coscienza
  • 7. Hobbes e l’Io  Hobbes critica Cartesio, in quanto il filosofo avrebbe fatto confusione tra il soggetto agente e l’intellezione che è atto del soggetto agente, proprio con il “cogito ergo sum”.  Secondo Hobbes infatti non si può identificare l’intellezione con il soggetto agente. A tal proposito,per criticare tale posizione, egli cita il famoso esempio della passeggiata :“Io sto passeggiando, quindi sono una passeggiata.”
  • 8. Hobbes  Secondo Hobbes dall’“io penso” segue necessariamente un “io sono” in quanto ciò che compie l’azione del pensare non può essere un nulla. Ma da questa prova dell’esistenza non si può giungere ad affermare che la res cogitans (l’Io) sia una sostanza separata dal corpo.
  • 9. Locke e l’Io  Nel Saggio sull’intelletto umano Locke scriverà: «ciascuno è per sé stesso quel che chiama Io: infatti in questo caso non si considera se il medesimo Io si perpetui nella stessa sostanza o in sostanze diverse».
  • 10. Locke  Secondo Locke tutte le attività dell’uomo sono accompagnate dalla coscienza che è l’io a possederle, ma è errato attribuire un carattere di sostanzialità all’io: “l’io non è altro che la percezione dell’unità della coscienza del molteplice dell’esperienza.”
  • 11. LockeL’IO Una realtà stabile Una realtà conoscibile mediante l’intuizione “l’Io è la semplice coscienza del molteplice sensibile”
  • 12. Hume e l’Io  Nella quarta parte del I libro del suo Trattato sulla natura umana, Hume rileva che molti pensatori sono convinti dell'esistenza dell'io, inteso come unico, semplice, ininterrotto ed invariabile: "Ci sono alcuni filosofi i quali credono che noi siamo in ogni istante intimamente coscienti di ciò che chiamiamo il nostro io: che noi sentiamo la sua esistenza e la continuità della sua esistenza; e che siamo certi, con un'evidenza che supera ogni dimostrazione, della sua perfetta identità e semplicità".
  • 13. Hume  Hume sostiene che ogniqualvolta riflettiamo sulla nostra identità personale ci troviamo di fronte a una serie di percezioni che ci appartengono ma tra le quali non possiamo mai isolare quella distinta percezione del nostro io: «Non riesco mai a sorprendere me stesso senza percezione e a cogliervi altro che percezione».
  • 14. Hume  Quindi, l’Io per Hume è un fascio di percezioni senza nessun fondamento ontologico. «Noi non siamo altro che fasci o collezioni di differenti percezioni che si susseguono con una inconcepibile rapidità, in un perpetuo flusso o movimento».
  • 15. Fine