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Gestione della
conoscenza e
metodi di
rappresentazione
Corso di Gestione della
Conoscenza
Docenti: Simone, Cabitza
Studenti: Melania Mauri, Chiara Pedullà
Università degli Studi Milano Bicocca
A.A. 2012/2013
Gestione della Conoscenza _ Melania Mauri, Chiara Pedullà A.A 2012/2013
“An immense and ever-increasing wealth of knowledge is scattered about the world today; knowledge that
would probably suffice to solve all the mighty difficulties of our age, but it is dispersed and unorganized. We
need a sort of mental clearing house for the mind: a depot where knowledge and ideas are received, sorted,
summarized, digested, clarified and compared.”
(H.G. Wells in ‘The Brain: Organization of the Modern World’, 1940)
Gestione della Conoscenza _ Melania Mauri, Chiara Pedullà A.A 2012/2013
Introduzione
In questa relazione analizzeremo la gestione della conoscenza e i metodi di rappresentazione di
quest’ultima, focalizzandoci su teorie e modelli, per poi concentrarci su alcuni su casi di studio.
Le origini della knowledge management.
Col termine Knowledge Management -in italiano, gestione della conoscenza- si intende la
capacità di prendere un’informazione, interpretarla ed utilizzarla. Sebbene la gestione della
conoscenza abbia le sue radici in numerose discipline (filosofia, sociologia, microeconomia ecc…), il
termine venne effettivamente coniato nel 1986 da Karl Wiig, durante una conferenza allestiti
dall’Organizzazione Internazionale dei Lavoratori dell’ONU; Wiig enunciò per primo i principi del
KM, affermando che nell’ambito dei processi organizzativi occorra: domandarsi “perché” prima
ancora di “come”; conoscere facendo, ma anche insegnando ad altri; privilegiare l’azione piuttosto
che concetti e piani formalmente ineccepibili; considerare l’errore una componente ineliminabile
dell’azione; liberarsi della paura poiché impedisce di convertire la conoscenza in azione; conoscere
il contesto, capire come sostenere i propri progetti e convertire tale conoscenza in azione. Solo a
partire dai primi anni ’90 però la gestione della conoscenza diventa una vera e propria disciplina,
avvalendosi all’interno delle organizzazioni degli strumenti dell’information technology (IT).
Illustreremo ora gli argomenti affrontati a lezione.
Le comunità di pratica – COP
Coniato da Wenger negli anni ’90, col termine Comunità di Pratica si intendono strutture
spontanee, autogestite, volte a produrre e condividere conoscenza organizzata e di qualità, in cui
ogni membro ha libero accesso. Possono essere individuate 5 fasi evolutive delle CoP:
1. Potentiel;
2. Building;
3. Engaged;
4. Active;
5. Adaptive.
Durante il loro periodo di attività, le CoP possono trovarsi ad affrontare crisi, che a loro volta
possono portare o ad una crescita della CoP o a uno scioglimento di quest’ultima. I membri delle
CoP possono ricoprire diversi ruoli informali, tra cui: esperti, documentaristi, innovatori, membri
organizzativi e di relazione.
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Evoluzione
Data la tendenza delle COP a relazionarsi tra loro e alla situazione confusa riguardo alla
terminologia, nel 2005 Andersen provò a fare ordine analizzando dei casi di sua esperienza, di
conseguenza definì i GRUPPI D'INTERESSE come luoghi di accesso a informazioni, senza legame
forte tra i membri e la RETE INFORMALE come network di professionisti.
Il modello di Nonaka.
Nato negli anni '90, il Modello di Nonaka e Takeuchi, concepito nell'ambito della cultura
giapponese e ricavato dall'osservazione diretta di casi, fornisce un quadro generale delle
dinamiche sociali che, all’interno delle organizzazioni, portano alla creazione della conoscenza.
Secondo Nonaka e Takeuchi, esistono due tipi di conoscenza: la conoscenza tacita, che appartiene
all'individuo ed è soggettiva; e la conoscenza esplicita, rappresentabile con qualche linguaggio, e
per questa ragione oggettiva, in quanto tale viene considerata da Nonaka, informazione.
Vengono individuate quattro fasi sequenziali in cui avviene la creazione di conoscenza:
1. La socializzazione, in cui le persone attraverso un linguaggio condividono per quanto
possibile le conoscenze tacite. Le sue basi sono il linguaggio, il fare insieme e l'osservare.
2. L'esternalizzazione: le conoscenze sono descritte e rappresentate e comporta la
formalizzazione del linguaggio (naturale, tecnico, progettuale, visivo ecc.).
3. La combinazione è la fase dove prevale il dominio dell'informatica, quindi l'integrazione e
l'elaborazione.
4. L'internalizzazione è la fase d'apprendimento, è la più individuale delle quattro, in cui si
mette in atto ciò che si è appreso.
In realtà è difficile distingue tra le quattro fasi, in quanto non sempre sono separate.
Tassonomia gruppi
Il concetto di condivisione della conoscenza (knowledge sharing) si sviluppa entro due cornici
principali:
1. La Social learning theory;
2. La Knowledge learning theory;
A seconda di quali delle due scuole di pensiero si prenda in considerazione il concetto di comunità
di knowledge sharing, asume connotazioni diverse.
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Social learning theory
La social learning theory si concentra in maniera specifica sulla condivisione di conoscenza
all'interno di comunità informali, i cui membri sono più o meno co-locati.Negli ultimi anni il
concetto di Community ha trovato un terreno fertile nelle imprese, interessate ad ottenere un
ritorno positivo dalle conoscenze dei singoli soggetti facenti parte di esse, cogliendo così
l'importanza del concetto di Comunità di Pratica (Cop).
Per la Social learning theory l'apprendimento si ha quando, all'interno delle Cop, la conoscenza,
una volta condivisa, può portare allo sviluppo di soluzioni e idee. È importante fare una distinzione
tra il concetto di conoscenza e quello d’informazione, la conoscenza, infatti, è informazione
interpretata ed esperita da un individuo. Il concetto di pratica ricopre un ruolo fondamentale,
attraverso di essa, infatti, si guadagna conoscenza. La social learning theory pone il suo focus
d'attenzione su gruppi di persone che sviluppano e condividono conoscenza all'interno del loro
gruppo, conoscenza che sarà poi la base per l'apprendimento futuro.
Knowledge management theory
Aziende e compagnie erano alla ricerca di un modo che permettesse la condivisione delle
conoscenze dei singoli dipendenti, in maniera tale che quest'ultime potessero rimanere all'interno
dell'azienda; questo però non sempre è possibile, in primo luogo perché vi è spesso della reticenza
nel condividere ed esplicitare le proprie conoscenze, in secondo perché si è spesso restii ad
impiegare “conoscenze estranee”. Per queste ragioni si sono sviluppate nuove strategie il cui focus
è incentrato sull'incontro, sulla condivisione di conoscenza impersonale e su network e comunità
di conoscenza, questi network possono essere formati anche da persone non co-locate; infatti, le
Cop sono definite come gruppi di lavoratori di società diverse accomunati d’interessi comuni.
Gongla e Rizzuto (2001) definiscono le CoP come reti informali e non istituzionali di domini di
conoscenza ed identificano 7 caratteristiche fondamentali:
1. Sono globali;
2. Hanno un dominio di conoscenza;
3. Hanno dei ruoli comuni;
4. Vi è la possibilità di condividere conoscenza tacita;
5. Utilizzano software Ibm come Lotus Notes e Domino;
6. Sono sponsorizzate/sostenute dalle aziende;
7. Non sono gruppi/team aziendali.
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Ricerca metodologica.
J.H.Erik Andriessen si pone come obiettivo della sa analisi quello di identificare gli archetipi delle
comunità in cui vi è la condivisione di sapere, per fare questo segue 5 step:
 Step 1: identificare le caratteristiche chiave ;
 Step 2: viene assegnato un punteggio/caratterizzazione alle comunità analizzate (9 casi
studio);
 Step 3: le dimensioni base vengono ricavate dai risultati ottenuti;
 Step 4: vengono identificati gli archetipi.
Attraverso lo studio della letteratura, vengono identificate le caratteristiche chiave delle
knowledge communities:
 Contract value: livello cui la comunità deve ottenere dei risultati concreti;
 Scopo: avere un obiettivo comune;
 Membership definita: se un gruppo è aperto a nuovi membri o no;
 Grado di formalizzazione;
 Composizione: solo membri esperti oppure sono ammessi anche neofiti;
 Reciprocità (connettività): grado in cui i membri interagiscono tra di loro;
 Identità: sentimento di appartenenza e coesione;
 Organizzazione intra o inter;
 Dispersione geografica;
 Grandezza;
 Tipo di interazione: faccia a faccia o mediata.
Sono poi analizzate sei compagnie -Unilever, AtosOrigin, Delft Cluster, Oracle, Habiforum e Shell-
cui è dato un punteggio in base alle caratteristiche base (vedi sopra), dopo aver confrontato
visivamente i punteggi ottenuti, le sei compagnie sono state inserite in un grafico a due dimensioni
in cui l'asse x rappresenta il grado d’istituzionalizzazione (da basso ad alto), mentre l'asse y
rappresenta la connettività (unione tra i concetti di relazione e identità).
Gestione della Conoscenza _ Melania Mauri, Chiara Pedullà A.A 2012/2013
Ecco il grafico:
Abbiamo dunque:
 Comunità informali: gruppi di dipendenti della stessa azienda con passioni e interessi
comuni, spesso inerenti al loro lavoro, il loro obiettivo è di imparare l'uno dall'altro, ma
non contribuiscono ad arricchire la società per cui lavorano;
 Reti informali: gruppi di lavoratori di aziende diverse con interessi comuni, pur
comunicando tra loro non s’incontrano; (sono network di professionisti.)
 Gruppi d’interesse: sono caratterizzati da un grado di formalità molto basso, non ci sono
limiti alle interazioni e i membri possono entrare a far parte del gruppo o uscirne
facilmente;
 Comunità strategiche: gruppi di esperti che collaborano assieme così da ottenere un
output vantaggioso per la società per cui lavorano;
 Comunità di Delfi: non si è sicuri dell'esistenza di questo tipo di comunità, si pensa che
potrebbe essere un network di professionisti altamente formalizzato, ma con bassissima
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interazione tra i membri e scarso senso d'identità. Questo tipo di comunità non è ancora
stato trovato nella realtà, ma la sua esistenza è possibile dal punto di vista teorico.
Social capital
Le CoP sono gruppi di persone impegnati all’apprendimento e alla condivisione sulle basi
d’interessi comuni; per questo motivo è forte il senso di appartenenza tra i membri. Dato il
numero potenzialmente illimitato di componenti è importante coinvolgere nuove persone
all’interno della CoP, i neofiti si legittimano attraverso la partecipazione e l’interazione. La
comunicazione può essere mediata attraverso diversi mezzi, questo ha facilitato la nascita di CoP
anche laddove i membri non erano co-locati.
È importante la distinzione tra CoP e team poiché nelle prime i ruoli dipendono dalla pratica
mentre nei team vengono assegnati, inoltre la legittimazione dei membri delle CoP avviene
attraverso la pratica. In alcune organizzazioni/aziende viene riconosciuto il valore delle CoP, viste
come un valore aggiunto, in quanto mezzo principale attraverso cui la conoscenza viene
mantenuta nel tempo.
Nonostante questo, spesso è difficile che le aziende decidano di puntare sulle CoP, in quanto
quest'ultime spesso non sono riconosciute, vi sono dunque difficoltà nel sviluppare il c.d capitale
sociale.
(Nahapiet e Ghoshal) Col termine capitale sociale si intende l'insieme delle risorse disponibili e
derivate dalle reti di relazioni di un individuo o di un gruppo d’individui; il capitale sociale inoltre si
esprime attraverso 3 dimensioni:
 Dimensione strutturale: gli individui si percepiscono come appartenenti ad un gruppo;
 Dimensione relazionale: vi è un senso di appartenenza e fiducia;
 Dimensione cognitiva: i membri del gruppo condividono interessi.
Queste tre condizioni possono essere applicate facilmente alle Comunità di Pratica, le quali,
attraverso la creazione di relazioni tra i membri e di un linguaggio comune, sono in grado di
generare capitale sociale utile alle performance aziendali; in maniera tali benefici consistono nel
supporto ai nuovi dipendenti e nel loro inserimento nella realtà lavorativa aziendale, nel supporto
alle domande e ai bisogni dei clienti (miglioramento dei processi di problem solving), nel riuso
della conoscenza e delle pratiche già sviluppate in precedenza ed infine nell'essere un terreno
fertile per nuove idee per prodotti e servizi, le CoP sono veicoli per l'innovazione grazie al continuo
scambio di opinioni e conoscenza tra i membri della comunità.
Gestione della Conoscenza _ Melania Mauri, Chiara Pedullà A.A 2012/2013
Alla luce di prove che confermano il valore positivo delle CoP per le aziende, è possibile che in
futuro quest'ultime scelgano di sviluppare spazi e tempi specifici per favorire l'interazione tra
membri e la creazione di CoP.
La rappresentazione della conoscenza.
“Il vero apprendimento si verifica quando ci si attiva
per comprendere il significato di quello che è stato memorizzato:
è il significato, infatti, che conferisce valore all'apprendimento “
(Joseph Novak)
La rappresentazione della conoscenza è sempre stato un argomento che ha interessato il genere
umano in tutti gli ambiti, scientifici e non. Per essere efficace la rappresentazione deve limitare le
ambiguità interpretative, per farlo dunque non può avvalersi del linguaggio naturale, che genera
interpretazioni differenti sia tra diverse comunità che addirittura tra diversi individui, ma deve
ricorrere invece a linguaggi formali, riconosciuti e codificati, a seconda della disciplina cui ci si
riferisce.
Il linguaggio formale diventa strettamente necessario poi quando si intende rappresentare la
conoscenza servendosi delle tecnologie: uno strumento elettronico, per elaborare in modo
automatico delle informazioni, ha bisogno che siano codificate in un linguaggio a lui comprensibile,
a questo fine la rappresentazione della conoscenza, ramo dell' intelligenza artificiale (A.i) , studia il
modo in cui avviene il ragionamento umano, al fine di renderlo comprensibile alle macchine
attraverso simbolismi e linguaggi formali, rendendo possibili inferenze e generando così ulteriore
conoscenza.
La definizione di linguaggi espressivi è il punto principale della rappresentazione della conoscenza;
in linea generale, i linguaggi di rappresentazione della conoscenza forniscono una serie di costrutti
che definiscono la sintassi del dominio di interesse e anche una serie di operatori che danno un
significato, e quindi la possibilità di essere interpretabili, alle asserzioni del modello di riferimento.
La scelta del linguaggio determina le asserzioni che verranno formulate e che raccolte insieme
formeranno una Base di Conoscenza o Knowledge Base (Kb), da cui sarà possibile estrarre nuova
conoscenza. La base di conoscenza è un tipo di database per la gestione della conoscenza che ha
come obiettivo la facilitazione della raccolta, organizzazione e distribuzione della conoscenza, è
adatta a molteplici scopi (aziendali, culturali e didattici).
Gestione della Conoscenza _ Melania Mauri, Chiara Pedullà A.A 2012/2013
Se ben progettata, prevede una struttura di classificazione che osserva determinati formati per i
contenuti, e dispone di un motore di ricerca eccellente che permette di individuare i documenti
presenti all’interno.
Il tipo di informazione contenuto in una base di conoscenza è il fulcro dell’effettiva utilità della
base, se contiene informazioni di scarsa utilità, perde valore l’intero sistema, per questo motivo è
importante quindi avere una buona strutturazione delle informazioni e un buon sistema di
recupero delle stesse, al fine di avere una base di conoscenza efficace.
Le rappresentazioni della conoscenza che costituiscono un “vocabolario” riferito ad un’area
specifica sono dette ontologie e indicano regole, concettualizzano informazioni in modo
condivisibile, dal punto di vista informatico, un’ontologia è un artefatto software in grado di
rappresentare, mediante l’uso di un linguaggio formale basato sulla logica matematica, gli aspetti
rilevanti di un fenomeno d’interesse, ad esempio: concetti, proprietà, fatti, regole e relazioni.
Gli elementi di un’ontologia sono:
 un dominio di interesse, quindi un’area specifica;
 un linguaggio comune;
 una eventuale tassonomia che esprime l’ereditarietà dei concetti rappresentati;
 un insieme di proprietà: istanze e restrizioni.
I modi per rappresentare la conoscenza sono molti, ognuno applicabile in un diverso ambito di
indagine e una diversa disciplina, tutti si servono di un linguaggio formale, elemento che abbiamo
già introdotto in precedenza. Nel dettaglio possiamo dire che per linguaggio formale si intende un
insieme di stringhe di lunghezza finita costruite sopra un insieme finito di oggetti semplici, che vengono
chiamati caratteri, simboli o lettere, a seconda che ci si riferisca all’ambito della matematica, della logica,
dell’informatica o della linguistica.
L’ambito di applicazione del linguaggio formale comporta la presenza di diversi modi per definirlo:
 l'insieme delle stringhe derivate da una grammatica generativa
 l'insieme delle stringhe fornite da un'espressione regolare
 l'insieme delle stringhe accettata da un automa
 le domande a risposta affermativa, nell'ambito di un problema di decisione, la cui risposta
è di tipo binario
I linguaggi formali vengono interpretati e riconosciuti dai modelli formali che generano le stringhe
di linguaggio e di fatto ne sono una definizione.
Ad esempio, in logica matematica, il modello per il linguaggio formale è una attribuzione di
significato alle formule, permette quindi di fornirne una interpretazione.
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La grammatica formale è una struttura che descrive i linguaggi formali in modo preciso servendosi
di un insieme di regole che delineano le stringhe che appartengono ad un alfabeto finito, come
descritto in precedenza.
Le categorie della grammatica formale sono due:
1. grammatica generativa (trasforma le stringhe) che è il genere più conosciuto, che forma un
algoritmo che genera stringhe linguistiche;
2. grammatica analitica (legge la lingua) che è un sistema di regole che presuppone una
stringa arbitraria come input che fornisce come output un risultato di tipo booleano si/no.
La teoria dei linguaggi formali è un ramo matematico che studia i linguaggi formali seguendo
approcci logici, informatici e linguistici.
Le teorie dei linguaggi formali seguono diversi approcci: generativo, riconoscitivo, algebrico,
trasformazionale.
Per concludere ci soffermiamo ora su due strumenti di rappresentazione della conoscenza più
grafici e schematici: gli alberi di decisione e le mappe concettuali.
Un albero di decisione è un grafo di decisioni e delle possibili conseguenze, applicabile in svariati
ambiti, viene utilizzato come supporto alle decisioni e alla creazione di un plan mirato al
raggiungimento di un obiettivo.
La struttura di un albero di decisione parte da un dato iniziale ( detto anche nodo radice) che
rappresenta il problema decisionale da cui partono tutti i rami, le ramificazioni portano a nodi
figlio che sono macro-classi di possibili soluzioni o obiettivi che vengono generati dal nodo.
Normalmente un albero di decisione parte da un dato iniziale che viene suddiviso in due
sottoinsiemi il traning set e il test set; l’albero di decisione viene anche utilizzato per classificare le
istanze di grandi quantità di dati, in questo caso i nodi rappresentano le classificazioni e le
ramificazioni l’insieme delle proprietà che portano alle classificazioni.
È molto utile vista la grande quantità di dati trattati, definire un criterio di halting, o di pruning
(criteri di arresto), per stabilire la profondità: la profondità di un albero infatti non implica che
questo sia un buon modello.
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Esempio di albero di decisione
Le mappe concettuali sono un ulteriore metodo di rappresentazione della conoscenza e delle
informazioni. Teorizzate negli anni ’60 dal Prof. Joseph Novak, sono strumenti grafici per
evidenziare i concetti principali e i rispettivi legami all’interno di un argomento.
Dal punto di vista strutturale, una mappa concettuale è composta da tre tipologie di elementi:
1. nodi concettuali: sagome che descrivono i principali concetti presenti nel dominio di
conoscenza della mappa, all’interno delle quali viene riportata una descrizione testuale più
o meno sintetica;
2. relazioni associative: archi di collegamento, in alcuni casi orientati, che rappresentano
graficamente i legami tra i nodi della mappa;
3. etichette: descrizioni che possono essere introdotte per precisare il significato delle
relazioni.
Nel complesso, le mappe concettuali appaiono come reticoli di nodi collegati da archi, che
rappresentano significati mediante una combinazione grafico-testuale.
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Stando all’impostazione data da Novak, per costruire una mappa concettuale è necessario prima
individuare i concetti base dell’argomento che si intende affrontare, evitando di formularli
mediante predicati, l’accorgimento principale è di sviluppare la mappa dall’alto verso il basso per
delineare un percorso di lettura. Il passo successivo consiste nella creazione dei legami associativi,
da descrivere con etichette formulate con verbi.
La creazione della mappa naturalmente procede per rifiniture successive, eliminando le eventuali
ridondanze, fino ad un opportuno grado di dettaglio.
È importante sottolineare la diversità tra le mappe concettuali e le mappe mentali, a cui sono
spesso associate, quest’ultime hanno un orientamento creativo, evocativo ed emozionale mentre
le mappe concettuali si occupano di gestire la conoscenza, la formazione e risoluzione dei
problemi.
Per la costruzione delle mappe concettuali sono stati messi a punto alcuni programmi, tra i quali
ricordiamo Compendium e IHMC Cmap TOOLS, quest’ultimo è lo strumento che abbiamo deciso di
utilizzare per sviluppare la mappa generale degli argomenti affrontati nel corso di Gestione della
Conoscenza dell’anno 2012.
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Casi
In quest’ultima fase analizzeremo alcuni casi pratici affrontati a lezione e a seminari tenutisi
all’interno del corso di Gestione della Conoscenza a.a 2011/2012.
Caso Pirelli (2001/2003)
Lo scopo del progetto è lo sviluppo di un sistema di Knowledge Management per supportare
l'esperto nel processo decisionale riguardo la progettazione di mescole per pneumatici di
autocarro.
La raccolta dei dati necessari per lo sviluppo del progetto è stata organizzata in due fasi:
 Incontri organizzati con diversi ruoli manageriali in cui sono state illustrate le
caratteristiche dei prodotti Pirelli
 Interviste individuali ai ruoli manageriali per approfondire le loro competenze.
I risultati della raccolta hanno messo in evidenza l’esistenza di un manufatto chiamato T-Matrix
che ha lo scopo di organizzare la memoria delle esperienze e della conoscenza.
La T-Matrix permette la traduzione dei differenti linguaggi utilizzati durante la progettazione
(chimico, matematico).
Il T-Matrix ha un ruolo importante per le CoP perchè formalizza un gergo e costituisce il codice
linguistico che definisce una comunità di pratica, aiuta a identificare i confini che definiscono i
rapporti con altre comunità che sono geograficamente separate, inoltre permette di condividere
gli elementi essenziali per la progettazione della mescola.
TP 1    
TP 2    
TP 3    
BF 1 BF 2 BF 3 BF 4
RI 1    
RI 2    
RI 3    
RI 4    
Esempio T-Matrix
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Symbols Meaning
Correlation  Strong
 Good
 Weak
 No
Proportionality  Direct
 Inverse
Esempio codifica T-Matrix
Caso Telcordia
Lo scopo di questo lavoro era la progettazione di un supporto tecnologico per l'integrazione di
software, un supporto che possa essere utilizzato da tutti i professionisti e allo stesso tempo
sufficientemente potente per gestire la complessità d’integrazione tra tecnici e non tecnici
coinvolti nel progetto.
L’osservazione ha rilevato che le persone che svolgono ruoli diversi costituiscono una comunità di
pratica implicita quindi il centro d’indagine diventa il linguaggio della CoP.
Il gergo della società riconosce due tipi di componenti che sono chiamati Business Components
(BC) a cui sono associate le funzionalità, e Middleware componenti di servizio (MSC) che
definiscono l’ambiente per i componenti di business e sostengono la loro operazione; i due
componenti sono logicamente correlati.
Oltre le relazioni di dipendenza, i professionisti utilizzano due altre relazioni: la collaborazione alla
progettazione del prodotto e la compatibilità di progettazione.
Le relazioni di progetto sono più problematiche perché possono esprimere esigenze che le
soluzioni precedenti non hanno considerato. Per raggiungere l’obiettivo del lavoro è stato
sviluppato il Comp-Rep: la struttura del Comp-Rep aiuta i professionisti a individuare la nuova
soluzione e a inserirla come esperienza, cioè come un nuovo pezzo di conoscenza di base. Per ogni
coppia di BC, i criteri di ricerca del Comp-Rep sono in grado di costruire un percorso che collega il
MSC richiesto.
I requisiti che non rientrano nelle componenti BD e MSC sono raggruppati nell’Albero delle qualità
che è stato creato ad hoc dai professionisti intervenuti al caso.
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Ciascun elemento del Comp-Rep è associato un albero di qualità i cui valori sono definiti da un
esperto nella produzione. I valori sono espressi in termini qualitativi che utilizzano un insieme
stratificato di convenzioni linguistiche per semplificare i diversi linguaggi professionali. Gli utenti
del Comp-Rep possono selezionare i prodotti in base alle loro caratteristiche di qualità, per mezzo
di un meccanismo “query-by-esempio”. Gli utenti sono presentati con semplici, domande di alto
livello al fine di stabilire i valori qualitativi, ad esempio di propensione al rischio, i software e il
budget previsto. Lo strumento costruisce quindi l'albero che rappresenta la query, e lo invia al
modulo responsabile della selezione del prodotto.
Il modello a componenti, l'Albero di qualità e lo strumento d’integrazione costituiscono un quadro
concettuale e tecnologico che caratterizza l'azienda e supportare la gestione di parti rilevanti della
sua conoscenza di base.
Caso Fontana
Fontana, azienda produttrice di stampi per automobili e prototipi sperimentali, si trovò ad
affrontare il problema del riuso dell’esperienza sviluppata in passato.
In seguito alle indagini effettuate, è emersa l’assenza di un team di progetto definito, la
responsabilità infatti è affidata a una sola persona, con visione totale del progetto, di conseguenza
la comunicazione e la collaborazione tra i progettisti è, per forza di cose, carente.
La strategia d’indagine è consistita in una serie d’interviste non strutturate ad alcuni progettisti
senior con il fine di estrapolare le regole comuni per una buona progettazione, è emerso che la
conoscenza messa in gioco è di tipo procedurale e legata a vincoli riguardanti i problemi tecnici.
Per risolvere il problema del riuso è stato sviluppato una soluzione tecnologica ad hoc, un sistema
CAD con queste caratteristiche:
 Viene attivato ad ogni fase del progetto;
 Memorizza le informazioni e quindi ricorda i pezzi già progettati;
 Consente di lavorare pur non seguendo l’ordine corretto delle fasi (il sistema ricorda che
bisogna completare qualche fase prima di terminare.)
I benefici apportati da questo sistema CAD riguardano soprattutto la formazione dei progettisti
neo assunti e la formazione di aree di interesse comune per questo è aumentata la condivisione di
conoscenza tra i progettisti.
IBM – Social media, cloud e business (seminario tenuta da Elena Sangalli)
Social media Vs. Social Business
Con il termine social media s’intende solitamente il marketing e le public relations; il social
business invece attraversa imprese e modelli di business.
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I reparti aziendali in cui vengono impiegati i social media sono: risorse umane e ricerca&sviluppo
(maggiore rapidità nell'individuare competenze all'interno dell'azienda) e vendita e marketing
(costi inferiori per pubblicità e promozione).
L'avvento dei social media all'interno delle aziende ha portato ad un radicale cambiamento
all'interno di quest'ultime, non solo in termini di riduzione di costi, ma anche di modifica delle
relazioni aziendali e della diffusione delle informazioni e del sapere tra i membri. Per quanto
riguarda i social media i possibili scenari implementativi futuri sono: l’implementazione degli
strumenti già esistenti (blog, wiki, contatti aziendali, file ecc...) e dell'intranet aziendale con una
piattaforma di social sharing & collaboration, in cui il social network rappresenterebbe il fulcro, in
quest’ambito IBM offre Lotus green house.
Il social business può utilizzare degli strumenti non top-down come l’UC² (Unified communitations
and collaboration) in cui la collaborazione tra I membri avviene attraverso un network e non è
gerarchica.
I possibili scenari implementativi futuri sono:
 La creazione di un web portal framework, un portale che risponda alle esigenze di
sicurezza e che permetta allo stesso tempo la comunicazione e la personalizzazione. Un
web portal contiene al suo interno, oltre agli strumenti di social networking, anche file,
applicazioni, email contatti ecc.. (Esempio: portale ottica Avanzi con applicazioni
costumizzate in base ai ruoli).
 La creazione di un modello di tipo Cloud che consenta di abbattere i costi dell'IT.
In specifico le caratteristiche di un modello Cloud sono:
 Nessun impatto sul capex (Capital Expenditure: indicatore del flusso di cassa in uscita
relativa agli investimenti);
 Pagamento di un canone annuale;
 Implementazione immediata con l'intranet/extranet aziendale;
 Gestione centralizzata;
 Architettura sicura pensata appositamente per il business;
 Riduzione dei costi operativi dell'IT;
 Funzionalità erogate come servizi modulari;
Inoltre il Cloud offre tre diverse tipologie:
1. Public cloud in cui service provider rende disponibili al pubblico su Internet le risorse, come
applicazioni e storage;
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2. Dedicated cloud in cui sono utilizzati dei server solo per una determinata azienda;
3. On premises installato e funzionante sui computer dell'azienda;
IBM in quest’ambito ha sviluppato IBM smart cloud che ha le seguenti caratteristiche:
 Possibilità di adottare le stesse Policy interne;
 Integrazione dell'infrastruttura.
Caso Kana IQ
È una piattaforma 2.0 di social computing, uno strumento che può essere customizzato per gestire
la conoscenza.
Funzionalità di Kana IQ:
 Console di gestione
 Knoledge editor
 Web authoring
 Workflow editor
 Reportistica
Il software Kana IQ si rivolge a tutti gli utenti della knoledge base, sia agli utenti finali che ai
consulenti. Nel dettaglio Kana IQ permette di memorizzare la conoscenza e le best practice così da
rendere autonomi operatori e clienti nella gestione dei problemi; registra inoltre le sessioni degli
utenti così da supportarli nella navigazione (es. supporto multi linguaggio), permette poi
l’integrazione con i sistemi aziendali già esistenti per profilare i clienti e fornire delle risposte
mirate.
Caso Bi.Ticino
Bi.Ticino è un’azienda leader nel settore elettrico, civile e industriale della domotica. Lo scopo del
progetto è quello di migliorare la comunicazione su tre livelli:
 Azienda – rete;
Gestione della Conoscenza _ Melania Mauri, Chiara Pedullà A.A 2012/2013
 Rete – Azienda;
 Scambio di esperienza e conoscenza con la rete di vendita.
Sono emersi diversi bisogni collaterali quali:
 Armonizzare i diversi software applicativi di supporto all’operatività;
 Integrare e ordinare le fonti informative;
 Valorizzare le informazioni che arrivano dalla rete di vendita (feedback dei clienti);
 Creare un dialogo con i venditori.
Il progetto è sviluppato in due fasi, una di analisi e una di progettazione. Durante la prima fase si
sono raccolte le informazioni attraverso focus group e interviste, i dati raccolti hanno delineato
quattro interventi possibili tra cui è stato scelto di ottimizzare il progetto community aziendale.
Nella fase di progettazione invece ci si è concentrati sulla community caratterizzata da un taglio
tecnico-commerciale e da una grande quantità di informazioni utili per la comunicazione interna
(documentazione tecnica, supporti commerciali, strategie di marketing ecc...).
In questa fase è emersa la presenza di una Comunità di Pratica implicita.
Il gruppo di lavoro si è impegnato a progettare e promuovere un canale di scambio ad hoc
supportato da un ambiente web.
In questo progetto diverse figure hanno ricoperto ruoli fondamentali al fine di sviluppare e
promuovere all'interno dell'azienda il progetto Community:
 Il Core Team: progettazione dell'ambiente web;
 I Geni (o Esperti): intervengono nella community rispondendo a domande di tipo tecnico;
 Stakeholder: figure aziendali che hanno un interesse nella buona riuscita del progetto;
 La Redazione: definisce le iniziative utili al lavoro della CoP.
Dal punto i vista dell'implementazione web è stata adottata una piattaforma open source
configurata ad hoc in base ai bisogni della BiTicino.
Il lancio del progetto è passato attraverso un'azione di viral marketing (email, sms, filmati video).
Gestione della Conoscenza _ Melania Mauri, Chiara Pedullà A.A 2012/2013
Attualmente la gestione del progetto è affidata al gruppo di Redazione, si stima che dalla data di
lancio almeno il 95% degli FTC (funzionari tecnici commerciali) utilizzi in maniera continua la
piattaforma; nel 2007 inoltre è stato lanciato anche un Blog aziendale (uno dei primi in Italia).
Gestione della Conoscenza _ Melania Mauri, Chiara Pedullà A.A 2012/2013
Bibliografia
 Bandini, S., Simone, C., 2006a. EUD as integration of components Off-The-Shelf: the role of
software professionals knowledge arti- facts. In: End User Development. Vol. 9. Kluwer
Academic Pub- lishers, pp. 347—369.
 Bandini S., Colombo E., Colombo G., Sartori F., Simone C., The Role of Knowledge Artifacts
in Innovation Management: the Case of a Chemical Compound Designer CoP.
 Erik Andriessen J.H., Archetypes of Knowledge Communities.
 Lesser E. L.Storck J., Communities of practice and organizational performance, IBM Systems
Journal, vol 40, no 4, 2001.
 Nonaka, Theory of Organizational Knoledge Creation.
 Orlandi D., KANA IQ® esperienze di uso di uno strumento di gestione della conoscenza
aziendale, presentazione 2012.
 Prusak L., Where did knoledge management come from?, Ssitem Journal, Vol. 40 No 4,
2001.
 Relazione di progetto: L’esperienza di un’azienda commerciale: BTicino.
 Sangalli E., IBM Lotus Techical Sales – Social Media, Cloud e Business, presentazione 2012.
 Wenger E., Communities of Practice Learning as a Social System, Systems Thiker, June
1998.
Gli articolo sono stati supportati dagli appunti presi nel corso delle lezioni.
Sitografia
 http://en.wikipedia.org/wiki/Knowledge_management
 http://talentoincercadiorganizzazione.wordpress.com/tag/karl-wiig/
 http://www.aib.it/aib/contr/bottin1.htm
 http://it.wikipedia.org/wiki/Comunit%C3%A0_di_pratica
 http://it.wikipedia.org/wiki/Conoscenza_tacita
 http://www.mi.camcom.it/upload/file/1392/696038/FILENAME/19Cozzi.pdf
 http://dove-lane.com/blog/?page_id=224
 http://www.ingegraf.es/mesas/COMUNICACIONES%20ACEPTADAS/P20.pdf
 http://it.wikipedia.org/wiki/Ontologia_(informatica)
 http://www.lemappedelpensiero.it/wordpress/

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  • 1. Gestione della conoscenza e metodi di rappresentazione Corso di Gestione della Conoscenza Docenti: Simone, Cabitza Studenti: Melania Mauri, Chiara Pedullà Università degli Studi Milano Bicocca A.A. 2012/2013
  • 2. Gestione della Conoscenza _ Melania Mauri, Chiara Pedullà A.A 2012/2013 “An immense and ever-increasing wealth of knowledge is scattered about the world today; knowledge that would probably suffice to solve all the mighty difficulties of our age, but it is dispersed and unorganized. We need a sort of mental clearing house for the mind: a depot where knowledge and ideas are received, sorted, summarized, digested, clarified and compared.” (H.G. Wells in ‘The Brain: Organization of the Modern World’, 1940)
  • 3. Gestione della Conoscenza _ Melania Mauri, Chiara Pedullà A.A 2012/2013 Introduzione In questa relazione analizzeremo la gestione della conoscenza e i metodi di rappresentazione di quest’ultima, focalizzandoci su teorie e modelli, per poi concentrarci su alcuni su casi di studio. Le origini della knowledge management. Col termine Knowledge Management -in italiano, gestione della conoscenza- si intende la capacità di prendere un’informazione, interpretarla ed utilizzarla. Sebbene la gestione della conoscenza abbia le sue radici in numerose discipline (filosofia, sociologia, microeconomia ecc…), il termine venne effettivamente coniato nel 1986 da Karl Wiig, durante una conferenza allestiti dall’Organizzazione Internazionale dei Lavoratori dell’ONU; Wiig enunciò per primo i principi del KM, affermando che nell’ambito dei processi organizzativi occorra: domandarsi “perché” prima ancora di “come”; conoscere facendo, ma anche insegnando ad altri; privilegiare l’azione piuttosto che concetti e piani formalmente ineccepibili; considerare l’errore una componente ineliminabile dell’azione; liberarsi della paura poiché impedisce di convertire la conoscenza in azione; conoscere il contesto, capire come sostenere i propri progetti e convertire tale conoscenza in azione. Solo a partire dai primi anni ’90 però la gestione della conoscenza diventa una vera e propria disciplina, avvalendosi all’interno delle organizzazioni degli strumenti dell’information technology (IT). Illustreremo ora gli argomenti affrontati a lezione. Le comunità di pratica – COP Coniato da Wenger negli anni ’90, col termine Comunità di Pratica si intendono strutture spontanee, autogestite, volte a produrre e condividere conoscenza organizzata e di qualità, in cui ogni membro ha libero accesso. Possono essere individuate 5 fasi evolutive delle CoP: 1. Potentiel; 2. Building; 3. Engaged; 4. Active; 5. Adaptive. Durante il loro periodo di attività, le CoP possono trovarsi ad affrontare crisi, che a loro volta possono portare o ad una crescita della CoP o a uno scioglimento di quest’ultima. I membri delle CoP possono ricoprire diversi ruoli informali, tra cui: esperti, documentaristi, innovatori, membri organizzativi e di relazione.
  • 4. Gestione della Conoscenza _ Melania Mauri, Chiara Pedullà A.A 2012/2013 Evoluzione Data la tendenza delle COP a relazionarsi tra loro e alla situazione confusa riguardo alla terminologia, nel 2005 Andersen provò a fare ordine analizzando dei casi di sua esperienza, di conseguenza definì i GRUPPI D'INTERESSE come luoghi di accesso a informazioni, senza legame forte tra i membri e la RETE INFORMALE come network di professionisti. Il modello di Nonaka. Nato negli anni '90, il Modello di Nonaka e Takeuchi, concepito nell'ambito della cultura giapponese e ricavato dall'osservazione diretta di casi, fornisce un quadro generale delle dinamiche sociali che, all’interno delle organizzazioni, portano alla creazione della conoscenza. Secondo Nonaka e Takeuchi, esistono due tipi di conoscenza: la conoscenza tacita, che appartiene all'individuo ed è soggettiva; e la conoscenza esplicita, rappresentabile con qualche linguaggio, e per questa ragione oggettiva, in quanto tale viene considerata da Nonaka, informazione. Vengono individuate quattro fasi sequenziali in cui avviene la creazione di conoscenza: 1. La socializzazione, in cui le persone attraverso un linguaggio condividono per quanto possibile le conoscenze tacite. Le sue basi sono il linguaggio, il fare insieme e l'osservare. 2. L'esternalizzazione: le conoscenze sono descritte e rappresentate e comporta la formalizzazione del linguaggio (naturale, tecnico, progettuale, visivo ecc.). 3. La combinazione è la fase dove prevale il dominio dell'informatica, quindi l'integrazione e l'elaborazione. 4. L'internalizzazione è la fase d'apprendimento, è la più individuale delle quattro, in cui si mette in atto ciò che si è appreso. In realtà è difficile distingue tra le quattro fasi, in quanto non sempre sono separate. Tassonomia gruppi Il concetto di condivisione della conoscenza (knowledge sharing) si sviluppa entro due cornici principali: 1. La Social learning theory; 2. La Knowledge learning theory; A seconda di quali delle due scuole di pensiero si prenda in considerazione il concetto di comunità di knowledge sharing, asume connotazioni diverse.
  • 5. Gestione della Conoscenza _ Melania Mauri, Chiara Pedullà A.A 2012/2013 Social learning theory La social learning theory si concentra in maniera specifica sulla condivisione di conoscenza all'interno di comunità informali, i cui membri sono più o meno co-locati.Negli ultimi anni il concetto di Community ha trovato un terreno fertile nelle imprese, interessate ad ottenere un ritorno positivo dalle conoscenze dei singoli soggetti facenti parte di esse, cogliendo così l'importanza del concetto di Comunità di Pratica (Cop). Per la Social learning theory l'apprendimento si ha quando, all'interno delle Cop, la conoscenza, una volta condivisa, può portare allo sviluppo di soluzioni e idee. È importante fare una distinzione tra il concetto di conoscenza e quello d’informazione, la conoscenza, infatti, è informazione interpretata ed esperita da un individuo. Il concetto di pratica ricopre un ruolo fondamentale, attraverso di essa, infatti, si guadagna conoscenza. La social learning theory pone il suo focus d'attenzione su gruppi di persone che sviluppano e condividono conoscenza all'interno del loro gruppo, conoscenza che sarà poi la base per l'apprendimento futuro. Knowledge management theory Aziende e compagnie erano alla ricerca di un modo che permettesse la condivisione delle conoscenze dei singoli dipendenti, in maniera tale che quest'ultime potessero rimanere all'interno dell'azienda; questo però non sempre è possibile, in primo luogo perché vi è spesso della reticenza nel condividere ed esplicitare le proprie conoscenze, in secondo perché si è spesso restii ad impiegare “conoscenze estranee”. Per queste ragioni si sono sviluppate nuove strategie il cui focus è incentrato sull'incontro, sulla condivisione di conoscenza impersonale e su network e comunità di conoscenza, questi network possono essere formati anche da persone non co-locate; infatti, le Cop sono definite come gruppi di lavoratori di società diverse accomunati d’interessi comuni. Gongla e Rizzuto (2001) definiscono le CoP come reti informali e non istituzionali di domini di conoscenza ed identificano 7 caratteristiche fondamentali: 1. Sono globali; 2. Hanno un dominio di conoscenza; 3. Hanno dei ruoli comuni; 4. Vi è la possibilità di condividere conoscenza tacita; 5. Utilizzano software Ibm come Lotus Notes e Domino; 6. Sono sponsorizzate/sostenute dalle aziende; 7. Non sono gruppi/team aziendali.
  • 6. Gestione della Conoscenza _ Melania Mauri, Chiara Pedullà A.A 2012/2013 Ricerca metodologica. J.H.Erik Andriessen si pone come obiettivo della sa analisi quello di identificare gli archetipi delle comunità in cui vi è la condivisione di sapere, per fare questo segue 5 step:  Step 1: identificare le caratteristiche chiave ;  Step 2: viene assegnato un punteggio/caratterizzazione alle comunità analizzate (9 casi studio);  Step 3: le dimensioni base vengono ricavate dai risultati ottenuti;  Step 4: vengono identificati gli archetipi. Attraverso lo studio della letteratura, vengono identificate le caratteristiche chiave delle knowledge communities:  Contract value: livello cui la comunità deve ottenere dei risultati concreti;  Scopo: avere un obiettivo comune;  Membership definita: se un gruppo è aperto a nuovi membri o no;  Grado di formalizzazione;  Composizione: solo membri esperti oppure sono ammessi anche neofiti;  Reciprocità (connettività): grado in cui i membri interagiscono tra di loro;  Identità: sentimento di appartenenza e coesione;  Organizzazione intra o inter;  Dispersione geografica;  Grandezza;  Tipo di interazione: faccia a faccia o mediata. Sono poi analizzate sei compagnie -Unilever, AtosOrigin, Delft Cluster, Oracle, Habiforum e Shell- cui è dato un punteggio in base alle caratteristiche base (vedi sopra), dopo aver confrontato visivamente i punteggi ottenuti, le sei compagnie sono state inserite in un grafico a due dimensioni in cui l'asse x rappresenta il grado d’istituzionalizzazione (da basso ad alto), mentre l'asse y rappresenta la connettività (unione tra i concetti di relazione e identità).
  • 7. Gestione della Conoscenza _ Melania Mauri, Chiara Pedullà A.A 2012/2013 Ecco il grafico: Abbiamo dunque:  Comunità informali: gruppi di dipendenti della stessa azienda con passioni e interessi comuni, spesso inerenti al loro lavoro, il loro obiettivo è di imparare l'uno dall'altro, ma non contribuiscono ad arricchire la società per cui lavorano;  Reti informali: gruppi di lavoratori di aziende diverse con interessi comuni, pur comunicando tra loro non s’incontrano; (sono network di professionisti.)  Gruppi d’interesse: sono caratterizzati da un grado di formalità molto basso, non ci sono limiti alle interazioni e i membri possono entrare a far parte del gruppo o uscirne facilmente;  Comunità strategiche: gruppi di esperti che collaborano assieme così da ottenere un output vantaggioso per la società per cui lavorano;  Comunità di Delfi: non si è sicuri dell'esistenza di questo tipo di comunità, si pensa che potrebbe essere un network di professionisti altamente formalizzato, ma con bassissima
  • 8. Gestione della Conoscenza _ Melania Mauri, Chiara Pedullà A.A 2012/2013 interazione tra i membri e scarso senso d'identità. Questo tipo di comunità non è ancora stato trovato nella realtà, ma la sua esistenza è possibile dal punto di vista teorico. Social capital Le CoP sono gruppi di persone impegnati all’apprendimento e alla condivisione sulle basi d’interessi comuni; per questo motivo è forte il senso di appartenenza tra i membri. Dato il numero potenzialmente illimitato di componenti è importante coinvolgere nuove persone all’interno della CoP, i neofiti si legittimano attraverso la partecipazione e l’interazione. La comunicazione può essere mediata attraverso diversi mezzi, questo ha facilitato la nascita di CoP anche laddove i membri non erano co-locati. È importante la distinzione tra CoP e team poiché nelle prime i ruoli dipendono dalla pratica mentre nei team vengono assegnati, inoltre la legittimazione dei membri delle CoP avviene attraverso la pratica. In alcune organizzazioni/aziende viene riconosciuto il valore delle CoP, viste come un valore aggiunto, in quanto mezzo principale attraverso cui la conoscenza viene mantenuta nel tempo. Nonostante questo, spesso è difficile che le aziende decidano di puntare sulle CoP, in quanto quest'ultime spesso non sono riconosciute, vi sono dunque difficoltà nel sviluppare il c.d capitale sociale. (Nahapiet e Ghoshal) Col termine capitale sociale si intende l'insieme delle risorse disponibili e derivate dalle reti di relazioni di un individuo o di un gruppo d’individui; il capitale sociale inoltre si esprime attraverso 3 dimensioni:  Dimensione strutturale: gli individui si percepiscono come appartenenti ad un gruppo;  Dimensione relazionale: vi è un senso di appartenenza e fiducia;  Dimensione cognitiva: i membri del gruppo condividono interessi. Queste tre condizioni possono essere applicate facilmente alle Comunità di Pratica, le quali, attraverso la creazione di relazioni tra i membri e di un linguaggio comune, sono in grado di generare capitale sociale utile alle performance aziendali; in maniera tali benefici consistono nel supporto ai nuovi dipendenti e nel loro inserimento nella realtà lavorativa aziendale, nel supporto alle domande e ai bisogni dei clienti (miglioramento dei processi di problem solving), nel riuso della conoscenza e delle pratiche già sviluppate in precedenza ed infine nell'essere un terreno fertile per nuove idee per prodotti e servizi, le CoP sono veicoli per l'innovazione grazie al continuo scambio di opinioni e conoscenza tra i membri della comunità.
  • 9. Gestione della Conoscenza _ Melania Mauri, Chiara Pedullà A.A 2012/2013 Alla luce di prove che confermano il valore positivo delle CoP per le aziende, è possibile che in futuro quest'ultime scelgano di sviluppare spazi e tempi specifici per favorire l'interazione tra membri e la creazione di CoP. La rappresentazione della conoscenza. “Il vero apprendimento si verifica quando ci si attiva per comprendere il significato di quello che è stato memorizzato: è il significato, infatti, che conferisce valore all'apprendimento “ (Joseph Novak) La rappresentazione della conoscenza è sempre stato un argomento che ha interessato il genere umano in tutti gli ambiti, scientifici e non. Per essere efficace la rappresentazione deve limitare le ambiguità interpretative, per farlo dunque non può avvalersi del linguaggio naturale, che genera interpretazioni differenti sia tra diverse comunità che addirittura tra diversi individui, ma deve ricorrere invece a linguaggi formali, riconosciuti e codificati, a seconda della disciplina cui ci si riferisce. Il linguaggio formale diventa strettamente necessario poi quando si intende rappresentare la conoscenza servendosi delle tecnologie: uno strumento elettronico, per elaborare in modo automatico delle informazioni, ha bisogno che siano codificate in un linguaggio a lui comprensibile, a questo fine la rappresentazione della conoscenza, ramo dell' intelligenza artificiale (A.i) , studia il modo in cui avviene il ragionamento umano, al fine di renderlo comprensibile alle macchine attraverso simbolismi e linguaggi formali, rendendo possibili inferenze e generando così ulteriore conoscenza. La definizione di linguaggi espressivi è il punto principale della rappresentazione della conoscenza; in linea generale, i linguaggi di rappresentazione della conoscenza forniscono una serie di costrutti che definiscono la sintassi del dominio di interesse e anche una serie di operatori che danno un significato, e quindi la possibilità di essere interpretabili, alle asserzioni del modello di riferimento. La scelta del linguaggio determina le asserzioni che verranno formulate e che raccolte insieme formeranno una Base di Conoscenza o Knowledge Base (Kb), da cui sarà possibile estrarre nuova conoscenza. La base di conoscenza è un tipo di database per la gestione della conoscenza che ha come obiettivo la facilitazione della raccolta, organizzazione e distribuzione della conoscenza, è adatta a molteplici scopi (aziendali, culturali e didattici).
  • 10. Gestione della Conoscenza _ Melania Mauri, Chiara Pedullà A.A 2012/2013 Se ben progettata, prevede una struttura di classificazione che osserva determinati formati per i contenuti, e dispone di un motore di ricerca eccellente che permette di individuare i documenti presenti all’interno. Il tipo di informazione contenuto in una base di conoscenza è il fulcro dell’effettiva utilità della base, se contiene informazioni di scarsa utilità, perde valore l’intero sistema, per questo motivo è importante quindi avere una buona strutturazione delle informazioni e un buon sistema di recupero delle stesse, al fine di avere una base di conoscenza efficace. Le rappresentazioni della conoscenza che costituiscono un “vocabolario” riferito ad un’area specifica sono dette ontologie e indicano regole, concettualizzano informazioni in modo condivisibile, dal punto di vista informatico, un’ontologia è un artefatto software in grado di rappresentare, mediante l’uso di un linguaggio formale basato sulla logica matematica, gli aspetti rilevanti di un fenomeno d’interesse, ad esempio: concetti, proprietà, fatti, regole e relazioni. Gli elementi di un’ontologia sono:  un dominio di interesse, quindi un’area specifica;  un linguaggio comune;  una eventuale tassonomia che esprime l’ereditarietà dei concetti rappresentati;  un insieme di proprietà: istanze e restrizioni. I modi per rappresentare la conoscenza sono molti, ognuno applicabile in un diverso ambito di indagine e una diversa disciplina, tutti si servono di un linguaggio formale, elemento che abbiamo già introdotto in precedenza. Nel dettaglio possiamo dire che per linguaggio formale si intende un insieme di stringhe di lunghezza finita costruite sopra un insieme finito di oggetti semplici, che vengono chiamati caratteri, simboli o lettere, a seconda che ci si riferisca all’ambito della matematica, della logica, dell’informatica o della linguistica. L’ambito di applicazione del linguaggio formale comporta la presenza di diversi modi per definirlo:  l'insieme delle stringhe derivate da una grammatica generativa  l'insieme delle stringhe fornite da un'espressione regolare  l'insieme delle stringhe accettata da un automa  le domande a risposta affermativa, nell'ambito di un problema di decisione, la cui risposta è di tipo binario I linguaggi formali vengono interpretati e riconosciuti dai modelli formali che generano le stringhe di linguaggio e di fatto ne sono una definizione. Ad esempio, in logica matematica, il modello per il linguaggio formale è una attribuzione di significato alle formule, permette quindi di fornirne una interpretazione.
  • 11. Gestione della Conoscenza _ Melania Mauri, Chiara Pedullà A.A 2012/2013 La grammatica formale è una struttura che descrive i linguaggi formali in modo preciso servendosi di un insieme di regole che delineano le stringhe che appartengono ad un alfabeto finito, come descritto in precedenza. Le categorie della grammatica formale sono due: 1. grammatica generativa (trasforma le stringhe) che è il genere più conosciuto, che forma un algoritmo che genera stringhe linguistiche; 2. grammatica analitica (legge la lingua) che è un sistema di regole che presuppone una stringa arbitraria come input che fornisce come output un risultato di tipo booleano si/no. La teoria dei linguaggi formali è un ramo matematico che studia i linguaggi formali seguendo approcci logici, informatici e linguistici. Le teorie dei linguaggi formali seguono diversi approcci: generativo, riconoscitivo, algebrico, trasformazionale. Per concludere ci soffermiamo ora su due strumenti di rappresentazione della conoscenza più grafici e schematici: gli alberi di decisione e le mappe concettuali. Un albero di decisione è un grafo di decisioni e delle possibili conseguenze, applicabile in svariati ambiti, viene utilizzato come supporto alle decisioni e alla creazione di un plan mirato al raggiungimento di un obiettivo. La struttura di un albero di decisione parte da un dato iniziale ( detto anche nodo radice) che rappresenta il problema decisionale da cui partono tutti i rami, le ramificazioni portano a nodi figlio che sono macro-classi di possibili soluzioni o obiettivi che vengono generati dal nodo. Normalmente un albero di decisione parte da un dato iniziale che viene suddiviso in due sottoinsiemi il traning set e il test set; l’albero di decisione viene anche utilizzato per classificare le istanze di grandi quantità di dati, in questo caso i nodi rappresentano le classificazioni e le ramificazioni l’insieme delle proprietà che portano alle classificazioni. È molto utile vista la grande quantità di dati trattati, definire un criterio di halting, o di pruning (criteri di arresto), per stabilire la profondità: la profondità di un albero infatti non implica che questo sia un buon modello.
  • 12. Gestione della Conoscenza _ Melania Mauri, Chiara Pedullà A.A 2012/2013 Esempio di albero di decisione Le mappe concettuali sono un ulteriore metodo di rappresentazione della conoscenza e delle informazioni. Teorizzate negli anni ’60 dal Prof. Joseph Novak, sono strumenti grafici per evidenziare i concetti principali e i rispettivi legami all’interno di un argomento. Dal punto di vista strutturale, una mappa concettuale è composta da tre tipologie di elementi: 1. nodi concettuali: sagome che descrivono i principali concetti presenti nel dominio di conoscenza della mappa, all’interno delle quali viene riportata una descrizione testuale più o meno sintetica; 2. relazioni associative: archi di collegamento, in alcuni casi orientati, che rappresentano graficamente i legami tra i nodi della mappa; 3. etichette: descrizioni che possono essere introdotte per precisare il significato delle relazioni. Nel complesso, le mappe concettuali appaiono come reticoli di nodi collegati da archi, che rappresentano significati mediante una combinazione grafico-testuale.
  • 13. Gestione della Conoscenza _ Melania Mauri, Chiara Pedullà A.A 2012/2013 Stando all’impostazione data da Novak, per costruire una mappa concettuale è necessario prima individuare i concetti base dell’argomento che si intende affrontare, evitando di formularli mediante predicati, l’accorgimento principale è di sviluppare la mappa dall’alto verso il basso per delineare un percorso di lettura. Il passo successivo consiste nella creazione dei legami associativi, da descrivere con etichette formulate con verbi. La creazione della mappa naturalmente procede per rifiniture successive, eliminando le eventuali ridondanze, fino ad un opportuno grado di dettaglio. È importante sottolineare la diversità tra le mappe concettuali e le mappe mentali, a cui sono spesso associate, quest’ultime hanno un orientamento creativo, evocativo ed emozionale mentre le mappe concettuali si occupano di gestire la conoscenza, la formazione e risoluzione dei problemi. Per la costruzione delle mappe concettuali sono stati messi a punto alcuni programmi, tra i quali ricordiamo Compendium e IHMC Cmap TOOLS, quest’ultimo è lo strumento che abbiamo deciso di utilizzare per sviluppare la mappa generale degli argomenti affrontati nel corso di Gestione della Conoscenza dell’anno 2012.
  • 14. Gestione della Conoscenza _ Melania Mauri, Chiara Pedullà A.A 2012/2013 Casi In quest’ultima fase analizzeremo alcuni casi pratici affrontati a lezione e a seminari tenutisi all’interno del corso di Gestione della Conoscenza a.a 2011/2012. Caso Pirelli (2001/2003) Lo scopo del progetto è lo sviluppo di un sistema di Knowledge Management per supportare l'esperto nel processo decisionale riguardo la progettazione di mescole per pneumatici di autocarro. La raccolta dei dati necessari per lo sviluppo del progetto è stata organizzata in due fasi:  Incontri organizzati con diversi ruoli manageriali in cui sono state illustrate le caratteristiche dei prodotti Pirelli  Interviste individuali ai ruoli manageriali per approfondire le loro competenze. I risultati della raccolta hanno messo in evidenza l’esistenza di un manufatto chiamato T-Matrix che ha lo scopo di organizzare la memoria delle esperienze e della conoscenza. La T-Matrix permette la traduzione dei differenti linguaggi utilizzati durante la progettazione (chimico, matematico). Il T-Matrix ha un ruolo importante per le CoP perchè formalizza un gergo e costituisce il codice linguistico che definisce una comunità di pratica, aiuta a identificare i confini che definiscono i rapporti con altre comunità che sono geograficamente separate, inoltre permette di condividere gli elementi essenziali per la progettazione della mescola. TP 1     TP 2     TP 3     BF 1 BF 2 BF 3 BF 4 RI 1     RI 2     RI 3     RI 4     Esempio T-Matrix
  • 15. Gestione della Conoscenza _ Melania Mauri, Chiara Pedullà A.A 2012/2013 Symbols Meaning Correlation  Strong  Good  Weak  No Proportionality  Direct  Inverse Esempio codifica T-Matrix Caso Telcordia Lo scopo di questo lavoro era la progettazione di un supporto tecnologico per l'integrazione di software, un supporto che possa essere utilizzato da tutti i professionisti e allo stesso tempo sufficientemente potente per gestire la complessità d’integrazione tra tecnici e non tecnici coinvolti nel progetto. L’osservazione ha rilevato che le persone che svolgono ruoli diversi costituiscono una comunità di pratica implicita quindi il centro d’indagine diventa il linguaggio della CoP. Il gergo della società riconosce due tipi di componenti che sono chiamati Business Components (BC) a cui sono associate le funzionalità, e Middleware componenti di servizio (MSC) che definiscono l’ambiente per i componenti di business e sostengono la loro operazione; i due componenti sono logicamente correlati. Oltre le relazioni di dipendenza, i professionisti utilizzano due altre relazioni: la collaborazione alla progettazione del prodotto e la compatibilità di progettazione. Le relazioni di progetto sono più problematiche perché possono esprimere esigenze che le soluzioni precedenti non hanno considerato. Per raggiungere l’obiettivo del lavoro è stato sviluppato il Comp-Rep: la struttura del Comp-Rep aiuta i professionisti a individuare la nuova soluzione e a inserirla come esperienza, cioè come un nuovo pezzo di conoscenza di base. Per ogni coppia di BC, i criteri di ricerca del Comp-Rep sono in grado di costruire un percorso che collega il MSC richiesto. I requisiti che non rientrano nelle componenti BD e MSC sono raggruppati nell’Albero delle qualità che è stato creato ad hoc dai professionisti intervenuti al caso.
  • 16. Gestione della Conoscenza _ Melania Mauri, Chiara Pedullà A.A 2012/2013 Ciascun elemento del Comp-Rep è associato un albero di qualità i cui valori sono definiti da un esperto nella produzione. I valori sono espressi in termini qualitativi che utilizzano un insieme stratificato di convenzioni linguistiche per semplificare i diversi linguaggi professionali. Gli utenti del Comp-Rep possono selezionare i prodotti in base alle loro caratteristiche di qualità, per mezzo di un meccanismo “query-by-esempio”. Gli utenti sono presentati con semplici, domande di alto livello al fine di stabilire i valori qualitativi, ad esempio di propensione al rischio, i software e il budget previsto. Lo strumento costruisce quindi l'albero che rappresenta la query, e lo invia al modulo responsabile della selezione del prodotto. Il modello a componenti, l'Albero di qualità e lo strumento d’integrazione costituiscono un quadro concettuale e tecnologico che caratterizza l'azienda e supportare la gestione di parti rilevanti della sua conoscenza di base. Caso Fontana Fontana, azienda produttrice di stampi per automobili e prototipi sperimentali, si trovò ad affrontare il problema del riuso dell’esperienza sviluppata in passato. In seguito alle indagini effettuate, è emersa l’assenza di un team di progetto definito, la responsabilità infatti è affidata a una sola persona, con visione totale del progetto, di conseguenza la comunicazione e la collaborazione tra i progettisti è, per forza di cose, carente. La strategia d’indagine è consistita in una serie d’interviste non strutturate ad alcuni progettisti senior con il fine di estrapolare le regole comuni per una buona progettazione, è emerso che la conoscenza messa in gioco è di tipo procedurale e legata a vincoli riguardanti i problemi tecnici. Per risolvere il problema del riuso è stato sviluppato una soluzione tecnologica ad hoc, un sistema CAD con queste caratteristiche:  Viene attivato ad ogni fase del progetto;  Memorizza le informazioni e quindi ricorda i pezzi già progettati;  Consente di lavorare pur non seguendo l’ordine corretto delle fasi (il sistema ricorda che bisogna completare qualche fase prima di terminare.) I benefici apportati da questo sistema CAD riguardano soprattutto la formazione dei progettisti neo assunti e la formazione di aree di interesse comune per questo è aumentata la condivisione di conoscenza tra i progettisti. IBM – Social media, cloud e business (seminario tenuta da Elena Sangalli) Social media Vs. Social Business Con il termine social media s’intende solitamente il marketing e le public relations; il social business invece attraversa imprese e modelli di business.
  • 17. Gestione della Conoscenza _ Melania Mauri, Chiara Pedullà A.A 2012/2013 I reparti aziendali in cui vengono impiegati i social media sono: risorse umane e ricerca&sviluppo (maggiore rapidità nell'individuare competenze all'interno dell'azienda) e vendita e marketing (costi inferiori per pubblicità e promozione). L'avvento dei social media all'interno delle aziende ha portato ad un radicale cambiamento all'interno di quest'ultime, non solo in termini di riduzione di costi, ma anche di modifica delle relazioni aziendali e della diffusione delle informazioni e del sapere tra i membri. Per quanto riguarda i social media i possibili scenari implementativi futuri sono: l’implementazione degli strumenti già esistenti (blog, wiki, contatti aziendali, file ecc...) e dell'intranet aziendale con una piattaforma di social sharing & collaboration, in cui il social network rappresenterebbe il fulcro, in quest’ambito IBM offre Lotus green house. Il social business può utilizzare degli strumenti non top-down come l’UC² (Unified communitations and collaboration) in cui la collaborazione tra I membri avviene attraverso un network e non è gerarchica. I possibili scenari implementativi futuri sono:  La creazione di un web portal framework, un portale che risponda alle esigenze di sicurezza e che permetta allo stesso tempo la comunicazione e la personalizzazione. Un web portal contiene al suo interno, oltre agli strumenti di social networking, anche file, applicazioni, email contatti ecc.. (Esempio: portale ottica Avanzi con applicazioni costumizzate in base ai ruoli).  La creazione di un modello di tipo Cloud che consenta di abbattere i costi dell'IT. In specifico le caratteristiche di un modello Cloud sono:  Nessun impatto sul capex (Capital Expenditure: indicatore del flusso di cassa in uscita relativa agli investimenti);  Pagamento di un canone annuale;  Implementazione immediata con l'intranet/extranet aziendale;  Gestione centralizzata;  Architettura sicura pensata appositamente per il business;  Riduzione dei costi operativi dell'IT;  Funzionalità erogate come servizi modulari; Inoltre il Cloud offre tre diverse tipologie: 1. Public cloud in cui service provider rende disponibili al pubblico su Internet le risorse, come applicazioni e storage;
  • 18. Gestione della Conoscenza _ Melania Mauri, Chiara Pedullà A.A 2012/2013 2. Dedicated cloud in cui sono utilizzati dei server solo per una determinata azienda; 3. On premises installato e funzionante sui computer dell'azienda; IBM in quest’ambito ha sviluppato IBM smart cloud che ha le seguenti caratteristiche:  Possibilità di adottare le stesse Policy interne;  Integrazione dell'infrastruttura. Caso Kana IQ È una piattaforma 2.0 di social computing, uno strumento che può essere customizzato per gestire la conoscenza. Funzionalità di Kana IQ:  Console di gestione  Knoledge editor  Web authoring  Workflow editor  Reportistica Il software Kana IQ si rivolge a tutti gli utenti della knoledge base, sia agli utenti finali che ai consulenti. Nel dettaglio Kana IQ permette di memorizzare la conoscenza e le best practice così da rendere autonomi operatori e clienti nella gestione dei problemi; registra inoltre le sessioni degli utenti così da supportarli nella navigazione (es. supporto multi linguaggio), permette poi l’integrazione con i sistemi aziendali già esistenti per profilare i clienti e fornire delle risposte mirate. Caso Bi.Ticino Bi.Ticino è un’azienda leader nel settore elettrico, civile e industriale della domotica. Lo scopo del progetto è quello di migliorare la comunicazione su tre livelli:  Azienda – rete;
  • 19. Gestione della Conoscenza _ Melania Mauri, Chiara Pedullà A.A 2012/2013  Rete – Azienda;  Scambio di esperienza e conoscenza con la rete di vendita. Sono emersi diversi bisogni collaterali quali:  Armonizzare i diversi software applicativi di supporto all’operatività;  Integrare e ordinare le fonti informative;  Valorizzare le informazioni che arrivano dalla rete di vendita (feedback dei clienti);  Creare un dialogo con i venditori. Il progetto è sviluppato in due fasi, una di analisi e una di progettazione. Durante la prima fase si sono raccolte le informazioni attraverso focus group e interviste, i dati raccolti hanno delineato quattro interventi possibili tra cui è stato scelto di ottimizzare il progetto community aziendale. Nella fase di progettazione invece ci si è concentrati sulla community caratterizzata da un taglio tecnico-commerciale e da una grande quantità di informazioni utili per la comunicazione interna (documentazione tecnica, supporti commerciali, strategie di marketing ecc...). In questa fase è emersa la presenza di una Comunità di Pratica implicita. Il gruppo di lavoro si è impegnato a progettare e promuovere un canale di scambio ad hoc supportato da un ambiente web. In questo progetto diverse figure hanno ricoperto ruoli fondamentali al fine di sviluppare e promuovere all'interno dell'azienda il progetto Community:  Il Core Team: progettazione dell'ambiente web;  I Geni (o Esperti): intervengono nella community rispondendo a domande di tipo tecnico;  Stakeholder: figure aziendali che hanno un interesse nella buona riuscita del progetto;  La Redazione: definisce le iniziative utili al lavoro della CoP. Dal punto i vista dell'implementazione web è stata adottata una piattaforma open source configurata ad hoc in base ai bisogni della BiTicino. Il lancio del progetto è passato attraverso un'azione di viral marketing (email, sms, filmati video).
  • 20. Gestione della Conoscenza _ Melania Mauri, Chiara Pedullà A.A 2012/2013 Attualmente la gestione del progetto è affidata al gruppo di Redazione, si stima che dalla data di lancio almeno il 95% degli FTC (funzionari tecnici commerciali) utilizzi in maniera continua la piattaforma; nel 2007 inoltre è stato lanciato anche un Blog aziendale (uno dei primi in Italia).
  • 21. Gestione della Conoscenza _ Melania Mauri, Chiara Pedullà A.A 2012/2013 Bibliografia  Bandini, S., Simone, C., 2006a. EUD as integration of components Off-The-Shelf: the role of software professionals knowledge arti- facts. In: End User Development. Vol. 9. Kluwer Academic Pub- lishers, pp. 347—369.  Bandini S., Colombo E., Colombo G., Sartori F., Simone C., The Role of Knowledge Artifacts in Innovation Management: the Case of a Chemical Compound Designer CoP.  Erik Andriessen J.H., Archetypes of Knowledge Communities.  Lesser E. L.Storck J., Communities of practice and organizational performance, IBM Systems Journal, vol 40, no 4, 2001.  Nonaka, Theory of Organizational Knoledge Creation.  Orlandi D., KANA IQ® esperienze di uso di uno strumento di gestione della conoscenza aziendale, presentazione 2012.  Prusak L., Where did knoledge management come from?, Ssitem Journal, Vol. 40 No 4, 2001.  Relazione di progetto: L’esperienza di un’azienda commerciale: BTicino.  Sangalli E., IBM Lotus Techical Sales – Social Media, Cloud e Business, presentazione 2012.  Wenger E., Communities of Practice Learning as a Social System, Systems Thiker, June 1998. Gli articolo sono stati supportati dagli appunti presi nel corso delle lezioni. Sitografia  http://en.wikipedia.org/wiki/Knowledge_management  http://talentoincercadiorganizzazione.wordpress.com/tag/karl-wiig/  http://www.aib.it/aib/contr/bottin1.htm  http://it.wikipedia.org/wiki/Comunit%C3%A0_di_pratica  http://it.wikipedia.org/wiki/Conoscenza_tacita  http://www.mi.camcom.it/upload/file/1392/696038/FILENAME/19Cozzi.pdf  http://dove-lane.com/blog/?page_id=224  http://www.ingegraf.es/mesas/COMUNICACIONES%20ACEPTADAS/P20.pdf  http://it.wikipedia.org/wiki/Ontologia_(informatica)  http://www.lemappedelpensiero.it/wordpress/