Note articolo - Il 68 "rivoluzionario" nelle scuole legnanesi - di G. Marazzini
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2. Nota 2
1968 LA BATTAGLIA DI VALLE GIULIA
In Italia le prime occupazioni universitarie iniziano nel 1966, gli studenti vogliono partecipare alla gestione degli atenei. Nel 1967 il movimento cresce,
manifesta apertamente contro la società dei consumi e contro la guerra del Vietnam. In autunno, le grandi occupazioni di Trento, Milano e Torino aprono la
strada al ’68. Il 1 marzo dello stesso anno, a Roma, a Valle Giulia, avviene uno scontro senza precedenti nella storia della Repubblica italiana. In quel primo
scontro la polizia cerca, senza riuscirci, di sciogliere la manifestazione. Il bilancio di quella mattinata di scontri durata diverse ore è di un centinaio di feriti, 228
fermi e si conclude con dieci arresti. La società e la politica sono impreparate a capire. Anche gli intellettuali si dividono su quanto accaduto. Ma per i giovani
italiani del ‘68, la battaglia di Valle Giulia diventa immediatamente un simbolo della contestazione studentesca.
Un gruppo di poliziotti davanti alla facoltà di Architettura della Sapienza di Roma a Valle Giulia, 1968
3. Nota 3
1968 - Primavera di Praga, l'invasione sovietica mette fine al "socialismo dal volto
umano".
Seimila blindati e mezzo milione di soldati stroncano il sogno della Primavera del 1968 per Praga e per la
Cecoslovacchia. L'invasione sovietica decreta la fine del 'socialismo dal volto umano', desiderato dal
politico Alexander Dubček, sotto lo sferragliare dei cingoli dei carri armati a scapito del trattato di amicizia,
cooperazione e mutua assistenza tra Paesi comunisti. Nella notte tra il 20 e il 21 agosto le truppe di cinque
Paesi del Patto di Varsavia invadono la Cecoslovacchia tra l'incredulità della gente che non riesce a
considerare nemici i soldati e circonda i carri armati cercando di dialogare in russo con gli occupanti.
Dubček chiede di non opporre resistenza, ma alla fine il bagno di sangue è inevitabile: 200 persone
muoiono negli scontri.
Il politico cecoslovacco, eletto nel gennaio 1968 segretario generale del Partito Comunista (Pcc) e premier
dell'allora Cecoslovacchia, è protagonista di un tentativo di introdurre elementi di democrazia in uno
dei sistemi più duri del Patto di Varsavia. Con l'elezione, in marzo, dell'ex generale Ludvík Svoboda alla
presidenza della Cecoslovacchia, le riforma sociali hanno la strada spianata. All'ordine del giorno c'è la
censura che viene parzialmente abolita, il ripristino della libertà di parola e d'opinione e l'apertura delle
frontiere. Nel progetto c'è anche la creazione di una Cecoslovacchia federata. Pur non mettendo in
discussione la propria fedeltà all'Urss di Leonid Il'ič Brežnev, le riforme cecoslovacche allarmano i russi. Il 3
agosto a Bratislava Dubček incontra Brežnev per rinnovare la sua fiducia, nonché quella del Paese e del
partito, all’Unione Sovietica.
Ma al Cremlino le rassicurazioni non bastano. Il 24 agosto, Dubček e gli altri esponenti del governo
cecoslovacco vengono portati a Mosca e obbligati ad accettare la presenza delle truppe del Patto di
Varsavia e a rinunciare al programma di riforme. Comincia l'era della "normalizzazione", ovvero la
repressione e il riallineamento all’ortodossia sovietica.
Il 16 gennaio 1969 lo studente universitario Jan Palach, senza dire una sola parola, si cosparge di benzina e
si dà fuoco in piazza Venceslao. Il mondo plaude al gesto disperato e guarda con ammirazione la vicenda.
Centinaia di migliaia di persone partecipano ai funerali del ragazzo e sfidano il regime. Il 17 aprile, però,
Dubček viene destituito e il suo posto è rimpiazzato da Gustav Husák. Il sogno della primavera di Praga
evapora definitivamente.
4. Nota 4
La guerra fredda
La caserma Zucchi a Cividale
L’intero Friuli Venezia Giulia dopo il 1945 è diventato una grande fortezza che, come la
“Bastiani” del Deserto dei Tartari di Dino Buzzati, non è mai stata usata per gli scopi che
l’avevano vista nascere. Oggi la dissoluzione della grande infrastruttura militare, pensata
come una porosa trincea nei confronti del comunismo dilagato oltreconfine, pone molti
interrogativi sul significato e sui tempi del riuso di ampie aree che, per qualche decina di anni,
erano state rese funzionali alla difesa dei confini. Le domande che dovremmo porci sono: con
quali tempi il territorio riassorbirà l’infrastruttura militare oggi in gran parte abbandonata?
Quali destinazioni d’uso possono rendere possibile un recupero delle aree? Quanto costerà
alla comunità?
Il Friuli Venezia Giulia è stata la regione italiana militarizzata per eccellenza, ma oggi lo
svuotamento e gli abbandoni avvengono con la più inconsapevole disattenzione
dell’opinione pubblica. I siti dismessi sono centinaia e almeno duecento sono già stati venduti
o trasferiti dal Ministero della Difesa ad altri enti. Con quali risultati si sono operati i primi
riusi? Quali problemi ci sono nel ridefinire le funzioni delle aree militari abbandonate? Quali
proposte sono state rese esplicite per recuperare i brani più importanti e testimoniali della
non dimenticata, né dimenticabile, guerra fredda? …
Tratto dall’articolo di Moreno Baccichet – Rivista “Tiere Furlane” pag.99
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10. Nota 6
Augusto Pinochet Ugarte è passato alla storia come uno dei più disumani dittatori del
Novecento, tristemente celebre per la barbara eliminazione dei suoi oppositori. Salì al
potere nel 1973 dopo il sanguinoso colpo di Stato che costò la vita all'allora presidente del
Cile Salvador Allende e che travolse il legittimo governo. Appena preso il potere cancellò
tutti i provvedimenti del precedente governo, dichiarò fuori legge i partiti politici, chiuse il
parlamento e distrusse i registri elettorali. Istituì quindi un organo di polizia repressiva che,
durante la sua feroce dittatura, dal 1973 al 1990, sequestrò, torturò e fece sparire migliaia
di persone, la maggior parte degli oppositori politici di sinistra, accademici, professionisti,
religiosi, studenti e operai. Amnesty International e altre organizzazioni chiesero il suo
arresto per violazione dei diritti umani, e fu emesso un mandato di cattura internazionale,
ma il generale Pinochet morì a Santiago nel 2006 a 91 anni senza che i crimini compiuti nei
dolorosi anni della sua dittatura trovarono giustizia.
“40 Anni di Lotta e Resistenza”: Londres 38, ex centro di tortura e detenzione a Santiago del
Cile.