Per comprendere il perché delle politiche di austerità applicate nel mondo Occidentale e, in particolare, in Unione Europea, è necessario ripercorre la storia degli avvenimenti e delle politiche che sono state sviluppate negli ultimi anni. In questa parte ci si occupa, con una breve digressione, delle cause dalla crisi finanziaria del 2008, che ha dato il via alla crisi economica in cui la maggior parte delle economie mondiali ancora si dibattono.
La sanità integrativa in italia - White Paper - Associazione Europa2020
Il Fiscal Compact - Parte 2
1. Il Fiscal Compact
Una guida pratica
Parte 2: una digressione storica sulla origini della crisi
economica del 2008
2. L’economia mondiale all’inizio del XXI secolo
Gli anni ‘90 e i primi anni del 2000 hanno rappresentato un lungo periodo di crescita economica ed
ottimismo diffuso, nonostante la crisi economica che travolse la Russia e l’Est Asiatico nel 1997 ed il
rallentamento nel periodo 2000-2001.
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1990 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007
TITOLOASSE
ANDAMENTO ECONOMIA MONDIALE (IN US $)
Dati sulla crescita
economica mondiale nel
periodo 1990 – 2007
Da notare come la crescita
economica, mantenutasi
più o meno stabile nel
corso degli anni ‘90, abbia
subito un’impennata, con
una crescita esponenziale,
negli anni 2000 –
principalmente grazie alla
finanza.
(Dati World Bank)
3. In particolare, gli anni in cui si sono registrati i migliori risultati sono stati quelli tra il 2001 e il 2007,
tanto da far pensare ad una nuova fase di crescita più o meno costante come quella del «trentennio
dorato» del secondo dopoguerra. Tra i fattori che maggiormente hanno influito su questo sviluppo
sono da annoverare:
• La crescita costante dell’economia mondiale, trainata dalle «economie emergenti»;
• Una bassa inflazione che consentiva l’adozione di politiche monetarie e fiscali accomodanti –
basti pensare, a riguardo, all’opposizione di Germania e Francia all’implementazione del Patto
di Stabilità e Crescita (1997), che avrebbe imposto una più rigida disciplina fiscale;
• Un grande sviluppo della finanza, favorito da una grande disponibilità di liquidità, che ha
consentito un rapporto sinergico tra le due «sfere» dell’economia.
• Una generalizzata scarsa percezione del rischio, che si rifletteva in bassi tassi di interesse e
grandi investimenti – e che di contro rallentava la creazione di strumenti di controllo sugli agenti
economici.
Questo periodo di grande sviluppo e crescita fu letto dalla gran parte dei governi – e degli
economisti – come il trionfo del libero mercato, e quindi del modello monetarista-neoliberista
entrato in voga negli anni ‘80. La liberazione dell’economia dai controlli pubblici ne aveva consentito il
pieno sviluppo potenziale, secondo la visione di quel periodo.
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4. Tutto questo si è purtroppo rivelato falso. Nel 2007, infatti,
questa crescita «costante» è giunta ad una improvvisa
battuta d’arresto a cui a fatto seguito l’inizio della crisi più
dura dalla Grande Recessione del 1929.
I governi e le principali istituzioni di ogni livello, dal locale
al sovrannazionale, si sono trovati impreparati davanti ad
un così repentino disastro, ed essendo «dominati»
dall’ideologia neoliberista non hanno affrontato la
questione secondo l’unico modo efficiente – come molti
studiosi iniziano ad ammettere: come un colossale
fallimento del mercato.
Le decisioni di volta in volta prese hanno invece portato ad
un progressivo peggioramento della situazione,
provocando il contagio dalla finanza all’economia reale
ed agli Stati, un problema che la maggior parte dei
governi ha affrontato secondo la «ricetta» della Thatcher,
incarnata oggi dalla Cancelliera Merkel: l’austerità ad ogni
costo, secondo l’ortodossia neoliberista. Provocando i
danni che oggi vediamo e viviamo sulla nostra pelle.
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Neoliberismo
Il neoliberismo è una corrente di pensiero economico –
e, sotto molti aspetti, politico – nata nella seconda metà
del ‘900 basata sulla convinzione che l’intervento
statale nell’economia è assolutamente negativo, in
quanto il mercato è autonomamente in grado di
raggiungere la massima efficienza distributiva.
Tra i suoi fondatori vi furono Friedrich von Hayek e
Milton Friedman (quest’ultimo fu consulente
economico del dittatore cileno Pinochet), i quali
diffusero l’ortodossia neoliberista-monetarista della
Scuola di Chicago negli Stati Uniti e da questi nel
mondo.
La sua effettiva «entrata in vigore» come ideologia
dominante è fatta risalire agli anni tra il ‘74 (primo shock
petrolifero) e i primi anni ’80 con le riforme della
Thatcher nel Regno Unito, e da allora è rimasto il
sistema dominante a livello globale, nonostante le
molteplici crisi economiche e, soprattutto, sociali che
tale modello ha indotto attraverso i piani di
aggiustamento strutturale del Fondo Monetario
Internazionale.
Politicamente, il neoliberismo è associabile al Centro-
Destra – al livello europeo è il Partito Popolare (PPE).
5. Le origini della crisi economica
Alle origini della crisi economica vi sono molteplici fattori, sia macroeconomici che politici (in
particolare per quanto concerne il controllo sul settore finanziario), in larga parte determinati dalle
politiche neoliberiste adottate su scala globale.
Gli aspetti macroeconomici
Il periodo di grande crescita che ha avuto inizio negli anni ’90 si è basato in larga parte su una
sempre più ampia integrazione tra i Paesi avanzati (USA, Canada, Unione Europea, Giappone) e le
economie emergenti (in particolare la Cina), che ha però innescato uno squilibrio
macroeconomico crescente tra i due «blocchi»: mentre le prime vedevano aumentare in modo
costante il proprio disavanzo commerciale e finanziario (soprattutto dal punto di vista del
risparmio) verso l’estero, le economie emergenti accumulavano un avanzo crescente sulla loro
bilancia commerciale; di fatto, le economie emergenti hanno fornito il credito per lo sviluppo
economico mondiale dell’ultimo ventennio – acquistando i titoli di debito pubblico e privato
prodotti dall’Occidente (ad esempio, la Cina è ad oggi in possesso di oltre metà del debito pubblico
statunitense).
Questo processo di trasferimento del debito dalle economie avanzate a quelle emergenti è stato
favorito dalla deregolamentazione del mercato finanziario che si è avuta nel corso degli ultimi
trent’anni su scala globale – anche se il flusso più consistente si è avuto nel corso del periodo 2002-
2007, periodo durante il quale si è avuta una esponenziale espansione del mercato finanziario.
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6. I nuovi modelli finanziari
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Originate to hold
• Il credito (ed i rischi connessi) resta all’interno
dei bilanci della banca
Originate to distribute
• Il credito (ed i rischi connessi) viene
esternalizzato dalla banca a istituti ed enti
finanziari creati ad hoc
Il passaggio dal modello finanziario Originate to hold al modello Originate to distribute ha rappresentato una
delle chiavi di volta della trasformazione del modello economico che si è avuta nel corso degli anni a cavallo
tra la fine degli anni ’90 e i primi del 2000. Il problema di questo passaggio è che ha, di fatto, sottratto
l’attività delle banche e degli altri attori finanziari al controllo delle istituzioni preposte alla vigilanza sul
loro operato – basti pensare agli accordi di Basilea e l’ente di vigilanza creato da questi.
Il credito era originariamente contenuto nelle banche, e conteggiato nei bilanci insieme ai rischi ad esso
connesso. Nel momento in cui questi crediti non sono più parte del bilancio degli istituti bancari, diventano
vendibili in forma di titoli azionari, e formano il bilancio di queste nuove entità finanziarie, generalmente
costituite come fondi di investimento.
Questi «fondi» a loro volta, con la collaborazione delle banche e delle agenzie di rating, hanno creato degli
appositi strumenti finanziari con cui «vendere» questi crediti – gli Assets Backed Securities (ABS) – che furono
accolti con grande entusiasmo dal mercato.
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Emissione del credito
• La banca emette il credito verso le
famiglie e le imprese – ad esempio,
un mutuo. Questo credito entra a
far parte del bilancio della banca
Esternalizzazione del credito
• La Banca trasferisce il credito ad
un’entità esterna creata da se
stessa, ad esempio un fondo di
investimento. Il credito non è più
presente nel bilancio dell’istituto.
Creazione degli ABS
• I fondi di investimento assemblano
i crediti ricevuti dalle banche in
pacchetti azionari vendibili sul
mercato, gli Asset Backed Securities
Valutazione e vendita
• Una volta creati questi pacchetti,
vengono sottoposti alla
valutazione delle agenzie di rating
e venduti sul mercato azionario
8. Evoluzione (e degenerazione) della finanza
La continua ricerca di nuovi e maggiori profitti ha spinto gli attori della finanza a sviluppare
strumenti sempre più redditivi, in larga parte sfruttando le occasioni offerte dagli ABS e,
successivamente, creando strumenti il cui legame con l’economia reale era sempre più labile. Tra
questi sono «tristemente famosi» i CDO (Collateralized Debt Obligations), elogiati fino al 2007, poi
condannati per la loro «tossicità».
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Assets Backed Securities
Gli ABS sono composti da varie tranches, ognuno dei quali
viene valutato singolarmente in base alla propria
esposizione al rischio; il livello più basso (equity tranche) è
subordinata a tutte le altre, ed è quella più rischiosa,
essendo composta in larga parte di mutui e altre forme di
credito ad alto rischio. A salire nella composizione dell’ABS si
posizionano azioni sempre più «sicure», che proteggono
l’azionista dal rischio di insolvenza delle tranche più basse.
Collateralized Debt Obligations
Le CDO sono uno strumento successivo nello sviluppo di
prodotti finanziari, il cui rendimento è superiore agli ABS,
ma anche il livello di rischio è molto elevato: sono infatti
composte solo da tranches di ABS strutturate tra loro.
Lo sviluppo di questi nuovi strumenti
finanziari è continuato in modo costante
durante tutto il periodo 2002-2007,
contribuendo in modo consistente
all’incremento di ricchezza che si è registrato in
quegli anni.
Questo aumento di ricchezza – è pero bene
specificarlo – era «fittizio», in quanto era
principalmente ricchezza finanziaria, scollegata
dall’economia reale, con cui la finanza aveva
sempre meno contatti. Esempio perfetto di
questo distacco sono strumenti con i COD2 e
altri strumenti derivati di ultima generazione.
9. Strumenti sempre più redditivi – ma basati sulla
pura speculazione – contribuirono a creare un
sistema economico «a due velocità», composto
da una economia reale trainata principalmente
dalle economie emergenti – ed in particolare
dalla Repubblica Popolare Cinese – e da
un’economia finanziaria ipertrofica dai bilanci
assolutamente gonfiati dai risultati di questi
strumenti finanziari. Ma si trattava in realtà di
una enorme bolla.
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I derivati finanziari sono strumenti finanziari di
«secondo livello», in quanto il loro valore è legato a
quello di un’altra attività finanziaria, detta primaria
o sottostante.
Le tipologie di prodotti derivati sono molteplici, e
caratterizzate da combinazioni di fattori che ne
definiscono il funzionamento (rapporto tra
venditore e compratore, strutturazione, tipo di
mercato, prodotto sottostante, ecc.). La loro
efficienza come strumenti speculativi è
testimoniata dalla mole che raggiunse il loro
mercato nel 2004, per la cifra di 270.000 miliardi di
dollari, pari 6 volte il PIL mondiale.
Dal punto di vista degli utilizzi, i derivati finanziari si
offrono a ricoprire vari scopi, non solo speculativi
ma anche di copertura: essendo il loro andamento
generalmente opposto a quello del titolo
sottoposto, un derivato finanziario può essere usato
come «assicurazione» su un titolo il cui rendimento
non è certo.
Tipologie di derivati finanziari
• Forwards: si tratta di una compravendita che si effettuerà «nel
futuro» rispetto alla stipula del contratto – generalmente hanno
come prodotto sottostante valute o tassi di interesse.
• Swap: gli swap, come i forwards, sono atti di compravendita
spostati nel futuro, solo che invece di essere un acquisto in senso
stretto si tratta di uno scambio.
• Financial futures: come gli swap, ma regolamentati.
• Opzioni: le opzioni sono il prodotto asimmetrico per eccellenza,
in quanto consistono nell’acquisto (da parte del compratore)
dell’obbligo da parte del venditore di compiere un certo atto
all’avverarsi di date condizioni.
10. La questione della vigilanza
Si pone a questo punto un problema di centrale importanza per comprendere il come questa
situazione sia rapidamente degenerata nella più grande crisi finanziaria dal 1929: a chi spettava
controllo sulla finanza?
In teoria agli Stati e gli enti di vigilanza bancaria, ma tra le varie «scatole cinesi» finanziarie che
furono create in quegli anni e l’entusiasmo per i grandi guadagni questi enti non svolsero
correttamente la loro funzione – per non dire che non la svolsero affatto. Anche gli Stati agirono in
modo molto rilassato con i loro bilanci (tranne l’Irlanda e la Spagna, che implementarono il Patto di
Stabilità e Crescita), continuando a creare debito pubblico approfittando dei bassi tassi di
interesse. E il controllo «formale» sul funzionamento del settore finanziario fu affidato
integralmente alle agenzie di rating.
Il problema è, però, che le agenzie di rating sono pagate dall’emittente del titolo azionario, e non
dagli azionisti; inoltre, spesso le agenzie di rating collaborano con gli istituti finanziari nel produrre i
pacchetti azionari, e guadagnano sulla base del rendimento del titolo da loro stesse valutate. Il
conflitto di interessi che si configura in questo caso è a dir poco evidente, e spiega come sia
possibile che per anni nessuno si sia preoccupato realmente della pericolosità di un sistema
finanziario così «scollegato» dall’economia reale e basato sulla più pura speculazione.
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