2. Nuovi modelli di analisi per il reddito
Uno dei primi passi per risolvere il problema delle diseguaglianze di reddito è
sviluppare un nuovo modello analitico che consenta una più concreta
valutazione del reddito degli aggregati domestici, come proposto da Morelli,
Smeeding eThompson.
Questo modello ho l’obiettivo di superare l’attuale sistema di calcolo basato sui
singoli percettori di reddito all’interno dell’aggregato, suddividendo il reddito
complessivo in Market Income (MI) – ossia il reddito complessivamente percepito
attraverso il mercato – e Disposable Household Income (DHI) – consistente
nell’insieme dei redditi da mercato, trasferimenti e altre fonti di reddito percepite
da un aggregato domestico al netto delle tasse. Questo secondo indice è realmente
importante, in quanto consente di calcolare la reale disponibilità di reddito di un
aggregato domestico.
Attraverso questi calcoli gli studiosi hanno dimostrato che nella maggior parte dei
Paesi ricchi si è avuta una doppia divergenza nei redditi: i redditi da mercato (MI)
sono aumentati nelle fasce medio-alte e (soprattutto) alte, ma meno di quanto ci si
possa aspettare. Il cambiamento radicale nella distribuzione del reddito si è
avuto a livello di reddito disponibile (DHI), con un allontanamento dei redditi alti
dalla media della distribuzione molto sensibile. Il perché di questo allontanamento
è da ricercarsi in vari fattori, tra cui la deregolamentazione del settore finanziario,
che ha consentito l’attuazione di comportamenti predatori alle élite economiche e
finanziarie. In breve, non è aumentata la ricchezza complessiva, ma solo la
porzione posseduta dei redditi più elevati.
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Market
Income
(MI)
Redditi di
sussistenza
Trasferim
enti
Tasse
Disposable
Household
Income
(DHI)
3. Tassazione e redistribuzione
La deregolamentazione del settore finanziario non basta da sola a spiegare il perché di un simile spostamento di redditi
verso l’alto – anche se una consistente riorganizzazione della regolamentazione finanziaria a livello europeo (e globale)
sarebbe auspicabile. L’elemento centrale di questa divergenza nei redditi è da ricercarsi, come già detto nel precedente
paper, nei modelli di tassazione e i conseguenti modelli redistributivi del reddito.
La riduzione delle tasse dirette sul reddito, in particolare su quelli alti, ha portato ad una riduzione della disponibilità di
fondi da redistribuire per garantire l’uguaglianza sociale – prevalentemente i sistemi di welfare. Per contrastare gli effetti
negativi di tale sistema è necessario intervenire in modo sensibile sui modelli di tassazione e redistribuzione, invertendo la
tendenza che è stata messa in atto in questi ultimi anni attraverso le politiche di austerity – ad esempio, aumentando il peso
di tasse «indirette» come l’IVA, che hanno effetto regressivo.
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• Tasse dirette: le tasse dirette sono quelle pagate dalle
persone fisiche e giuridiche direttamente sul proprio
patrimonio (redditi, beni posseduti, rendite finanziarie,
ecc.). Non provocano un cambiamento di prezzo dei beni.
• Tasse indirette: le tasse indirette si manifestano al
momento di passaggio o consumo di un bene – ad
esempio l’IVA, che si paga all’acquisto di un bene e/o un
servizio. Provoca un aumento del prezzo dei beni.
Le politiche fino ad ora applicate hanno provocato un
effetto compressione sui redditi più bassi, con una
conseguente redistribuzione verso «l’alto». La soluzione
a questo problema è individuata da Nicolas Schmit
(coordinatore del Network dei Ministri del Lavoro e degli
Affari Sociali per il Partito dei Socialisti Europei), il quale
pone l’accento sulla necessità di sviluppare un sistema
europeo di tassazione «uniforme», ossia la definizione di uno standard minimo impositivo in tutti i campi dell’imposizione,
con particolare attenzione alla tassazione sul lavoro e sulle rendite finanziarie, in modo da contrastare la tendenza deleteria
– diffusa negli anni ‘90 e durante questo periodo di crisi – di giocare al ribasso con la tassazione per attrarre gli investimenti,
smantellando di contro i sistemi di sicurezza sociale e aumentando in modo consistente le disparità sociali.
4. Riforme della governance
La proposta di Schmit non si limita alla questione delle tasse – ed in particolare la creazione di uno standard di base per la
tassazione – ma include anche una completa riforma dei meccanismi di governance europei.
In primo luogo Schmit punta il dito contro l’attuale sistema di gestione delle politiche economiche a livello comunitario,
evidenziando come la gestione da parte dell’ECOFIN (conferenza dei Ministri dell’Economia e delle Finanze all’interno del
Consiglio) e della Commissione di fattori come quelli macroeconomici, le cui variazioni influenzano la vita di milioni di
persone, non possa essere di fatto sottratta ad una qualsiasi parvenza di democraticità; inoltre, pone l’accento sulla
mancanza di attente analisi d’impatto sulle politiche elaborate.
In un’ottica più ampia, Schmit sottolinea l’importanza di un aumento della dimensione democratica della Moneta Unica,
riducendo la distanza di «astrazione» tra le persone e le istituzioni che governano il sistema monetario ed economico
europeo. A questo riguardo evidenzia come i dati sulle diseguaglianze sociali elaborati dal Comitato di cui è segretario non
siano stati assolutamente considerati dagli organi comunitari di cui sopra in relazione agli interventi della cosiddetta Troika.
La proposta di riforma della governance di Schmit include anche azioni a livello nazionale, tra cui una radicale riforma della
concezione di competitività: è necessario abbandonare la concezione neoliberista che la competitività sia ottenibile
attraverso la riduzione della spesa pubblica e la competizione sociale, in quanto questo tipo di politiche riducono il
potenziale di crescita economica e danneggiano le generazioni più giovani.
Inoltre, evidenzia come gli ammortizzatori sociali siano stabilizzatori automatici in caso di crisi economica, che
garantiscono un livello minimo di coesione sociale in caso di periodi critici. Il loro smantellamento, come è stato effettuato
in questi anni di austerity, non conduce ad altro che al social dumping, un rischio che l’Unione Europa non può concedersi in
questo momento storico – in cui tra l’altro si ha un aumento consistente delle tendenze centrifughe e dei movimenti
populisti. Nell’ottica del «restauro» degli ammortizzatori sociali Schmit propone una generale riforma delle
regolamentazioni sull’economia sia reale che finanziaria, e in particolare per quanto riguarda la normativa sul mercato
del lavoro.
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5. Gli aspetti sociali
Le riforme sociali includono una varietà di campi, tra cui mercato del lavoro, il welfare, l’istruzione e così via. Il punto
centrale di qualsiasi progetto di riforme sociali è l’abbandono del modello neoliberista, il quale è alla base dello sviluppo
delle diseguaglianze contro cui oggi ci troviamo a lottare.
Il passo più importante per il miglioramento delle condizioni sociali nel mondo d’oggi è l’ottenimento di più eque
condizioni socio-economiche, un risultato che può essere raggiunto attraverso la combinazione di due «direttrici d’azione»
principali: redistribuzione e miglioramento delle opportunità. Per quanto concerne la redistribuzione, questa non è da
intendersi solo nel senso meramente economico, ma soprattutto come creazione di migliori e più efficaci servizi di
welfare in settori chiave come istruzione e sanità, garantendo in questo modo un sostegno attivo e concreto alle fasce di
popolazione con redditi più bassi in tutti quei settori in cui il differenziale di spesa rispetto ai redditi alti è realmente
consistente (come la cura dei figli).
Sul piano delle opportunità la strada deve essere quella di ottenere una maggiore mobilità intergenerazionale, puntando ad
allinearsi al modello scandinavo. È necessario uscire dalla trappola della scarsa mobilità sociale (soprattutto
intergenerazionale), e l’unico modo è quello di garantire migliori basi di partenza per tutti, compensando la mancanza di
disponibilità economica che colpisce le fasce economiche più basse.
Parallelamente a questi interventi, sono da introdurre altre misure di incremento dell’eguaglianza come gli ammortizzatori
sociali e il salario minimo (garantito), se non una qualche forma di reddito di cittadinanza.
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Lo sviluppo di questi sistemi di riequilibrio sociale garantisce
lo sviluppo del capitale umano e sociale, fattori il cui ruolo è
sempre più determinante nelle economie avanzate.
L’ottenimento di un miglioramento consistente in questi campi
consentirebbe di aumentare la competitività economica e la
stabilità sociale – ma richiede una serie volontà politica.
Capitale umano: insieme della formazione e delle abilità
possedute dai lavoratori in un determinato territorio, derivante
dalle strutture ed offerte formative presenti in una data area.
Capitale sociale: valore delle reti sociali per gli individui, che si
misura come la loro partecipazione alla vita comunitaria ed il
loro contributo al miglioramento della stessa.
6. Il ruolo delle donne
Nell’ambito degli ambiziosi programmi proposti durante il Forum va sottolineato l’impegno profuso nel definire
l’importanza del ruolo delle donne in una società più equa. Nel precedente paper si è già accennato al ruolo fondamentale
svolto dalle donne nella composizione del reddito degli aggregati domestici, e di come il ruolo lavorativo delle donne si sia
ridotto in modo a dir poco sensibile nel corso degli ultimi anni. Per essere più precisi, le politiche di austerity – messe in
atto soprattutto in Europa – hanno colpito fortemente quei settori in cui è prevalente l’occupazione femminile,
soprattutto nel settore pubblico, ed hanno accentuato la disparità retributiva tra generi: le donne hanno visto ridursi non
solo gli stipendi, ma anche le opportunità lavorative e le garanzie; questo contesto porta ad un aumento costante del
numero di donne «espulse» dal mercato del lavoro e/o completamente inattive. Complessivamente, la situazione
occupazionale è quanto mai distante dall’obiettivo del 75% di occupazione femminile fissato dall’Unione Europea.
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Proposta delle Donne del Partito Socialista Europeo
Introduzione di un Audit per le
differenze retributive di genere che
supervisioni gli Stati membri nel
processo di riduzione del differenziale
di retribuzione (per tutte le fasce
d’età) di un 2% all’anno fino a
conseguimento della parità
Implementazione delle leggi anti-
discriminazione e per l’eguaglianza di
genere in tutti i Paesi membri,
includendo anche misure
sanzionatorie
Nomina di un Commissario per le
questioni di genere
7. Riforme ambientali
Le problematiche inerenti all’ambiente sono già state esposte nel precedente paper, evidenziando come i danni che sono
quotidianamente inflitti all’ecosistema terrestre siano in larga parte imputabili ad un modello socio-economico
bulimico come quello attuale. La prima riforma da portare avanti è quindi puntare su una consistente riduzione del
consumo di risorse naturali – in quanto sono vari anni che viene sforato il «tetto di rigenerazione», ossia la capacità di
resilienza del pianeta – e su una consistente azione di contrasto al riscaldamento globale.
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I segnali del drammatico peggioramento delle
condizioni ambientali sono evidenti nella forma dello
scioglimento dei ghiacci e dello scombussolamento
climatico in senso più ampio (con ondate di
calore/gelo fuori stagione).
Gli ecologisti hanno posto il «punto di non ritorno»
climatico a 2° centigradi oltre il periodo pre-
industriale; superato questo tetto qualsiasi intervento
mirato a ridurre il processo di riscaldamento non avrà
più la possibilità di riportare la situazione ad un punto
pre-critico.
In generale, le riforme proposte in ambito ambientale sono orientate
alla riduzione della produzione di gas serra attraverso due principali
sistemi: le carbon tax e il sistema di riduzione e convergenza. Questo
sistema, in particolare, potrebbe facilitare l’accettazione di una politica
di riduzione dell’inquinamento per i vari Paesi in via di sviluppo, in
quanto implica un processo di riduzione delle diseguaglianze
economiche e produttive tra i vari Paesi.
Carbon Tax – La Carbon Tax consiste in una tassa sull’emissione di gas
serra – e in particolare di monossido di carbonio – che colpisce i
produttori che sforano una certa soglia di emissioni. Seppur
teoricamente regressiva, può essere compensata con l’introduzione di
incentivi verso fonti energetiche meno inquinanti.
Schema riduzione e convergenza – Lo schema riduzione e convergenza si basa sull’imposizione a livello globale di un tetto
per la produzione di gas serra, che viene ripartita tra i vari Paesi in base alla popolazione come «quote» scambiabili: un
Paese in via di sviluppo che non utilizzi pienamente le proprie quote può «venderle» ad un Paese ricco in cambio di sostegno
per progetti di sviluppo economico e/o assistenza in settori in cui ha necessità.