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Il magazine della Community “AutoCAD, Rhino e SketchUp designers” su Google PlusIl magazine della Community “AutoCAD, Rhino e SketchUp designers” su Google Plus
DAL 2014
DAL 2014
APRILE 2015 Anno II Numero 4 edizione gratuita
/11 La pagina breadboard
Breve storia delle breadboard il
loro sviluppo commerciale e la
prodigiosa basetta virtuale di
Fritzing: impariamo ad usarla!
/22 eXa Cross Tourer Mk3
Jocelyn Groizard ci ha stupiti con
questo straordinario modello
dedicato al I compleanno di CADZINE.
Avantis ha sempre una marcia in più!
/24 Come nasce una norma
Continua il nostro viaggio attraver-
so la storia degli Enti Normatori
nazionali ed internazionali
Il primo numero, quello Zero, era una semplice presentazione di Google Documenti che trovate ancora sulla no-
stra pagina Edicola CADZINE su Google Plus. In dodici mesi sono stati realizzati oltre 150 articoli, abbiamo ospi-
tato con interviste più di venti persone molte delle quali hanno un ruolo estremamente significativo in ambito
professionale. Sono stati creati più di una decina di modelli 3D per corredare con immagini originali i nostri arti-
coli. Per le nostre pagine hanno scritto più di 20 articolisti, anche di altri Paesi. Numero dopo numero abbiamo
trovato sempre qualche nuovo consenso e questo ci incoraggia a proseguire su questa strada! CADZINE è un ma-
gazine Open Access ed è di tutti! Grazie per averci seguito sinora! :-)
22
La Comm. per progettisti, disegnatori tecnici ed appassionati
La prima Community italiana, della piattaforma Google Plus sul CAD e le sue applicazioni, per
data di fondazione e numero di iscritti
 BIM
 CAD
 CAD MEP
 FEM
 Linguaggi CAD
 Modellatori 3D
 Modellatori organici
 Post produzione
 Prog. edile
 Altro software
 Progettazione
 Portfolios
 A.N.T. Automotive
 Stampa 3D
 Concorsi
 Curiosità
33
LA VITA È UN CONTINUO CONFRONTO CON
LA REGOLA, CHE ESSA SI DÀ PER NON DIS-
SOLVERSI NELL’INDISTINTO E CHE ESSA
CREATIVAMENTE MUTA, PER RENDERLA PIÙ
ADEGUATA AD AFFRONTARE LA REALTÀ
SEMPRE NUOVA, COSTRUENDO INCESSANTE-
MENTE NUOVE REGOLE. LE RIVOLUZIONI
ARTISTICHE INFRANGONO ALCUNE LEGGI
DEI LORO LINGUAGGI, SCOPRENDO COSÌ
NUOVE FORME DEL MONDO E DELLA SUA
RAPPRESENTAZIONE, CHE A LORO VOLTA
OBBEDISCONO A CRITERI RIGOROSI.
CLAUDIO MAGRIS (SCRITTORE)
da nuovoeutile.it
LA METTO IN CORNICE
44
Diario di bordo
HOME
Direttore responsabile:
Salvio Giglio
Redazione:
Nicola Amalfitano, Antonello Buccella, Nunzia Nullo,
Mario Monfrecola, Gianmarco Rogo
Segretaria di redazione:
Nunzia Nullo
Redazione bozze:
Nicola Amalfitano, Nunzia Nullo
Per la rubrica ARDUINO ci
occuperemo della pagina
Breadboard scoprendo an-
che la provenienza del ter-
mine stesso di questo sup-
porto per fare esperimenti.
Jocelyn Groizard ci presenta
la sua Avantis eXa Cross
Tourer 2015 per la rubrica
AUTOMOTIVE. Prosegue il
viaggio nella storia delle
Normative nella rubrica BASI
PER IL DISEGNO E LA PROGETTA-
ZIONE. N. Nullo ci presenta
Humandroid per la rubrica
CINEMA E ANIMAZIONE. Ettore
Sottsass è la DESIGNER’S STO-
RY di questo mese. Gradito
ospite della rubrica INTERVI-
STA è Juan Gonzalez Gomez.
M. Monfrecola si presenta ai
lettori con la sua rubrica
MATEMATICA E DINTORNI pro-
ponendoci di calcolare l’area
di una nuvola. N. Amalfita-
no ci parla di Pietro Metasta-
sio e del melodramma sette-
centesco nella sua rubrica
dedicata alla MUSICA. Il rivo-
luzionario sistema di rileva-
mento SfM è oggetto della
rubrica NEW HARDWARE FOR
CAD. I consigli per delineare
un’infrastruttura ottimale
per la BIM li troverete nel
Corso di orientamento alla
BIM. Per il CORSO DI BASE DI-
SKETCHUP si parla del menù
File mentre F. Pieri conclude
il minicorso sulle BASI DI
QGIS. A. Buccella conclude il
suo tutorial in 2 parti sulla
produzione di filmati di pre-
sentazione di modelli 3D con
SketchUp.
progettista
[pro·get·tì·sta] sostantivo maschile e femminile Autore o presentatore
rubriche corsi & tutorialPAG. 61 CORSO DI ORIENTAMENTO BIM
di Salvio Giglio “Definire le infrastrutture
di supporto per l’attuazione della BIM”,
IX PUNTATA
PAG. 64 CORSO DI BASE PER SKETCHUP
di Salvio Giglio “Il menù FILE”,
XI PUNTATA
PAG. 66 LE B
di Fabrizio P
“ISistemidiRi
IV ED ULTIMA
PAG. 70 ELAB
di Antonello
“Come elabo
II ED ULTIMA P
PAG. 07 NEWS
PAG. 09 EDITORIALE di Salvio Giglio
“Una questione di… profilo”
PAG. 11 ARDUINO di Salvio Giglio
“Fritzing: la pagina Breadboard”,
II PUNTATA
PAG. 22 AUTOMOTIVE di Jocelyn Groizard
“Avantis eXa Cross Tourer 2015”
PAG. 24 BASI PER IL DISEGNO E LA PROGET-
TAZIONE di Salvio Giglio “Come nasce una
norma”, II PUNTATA
PAG. 33 CINEMA E ANIMAZIONE di Nunzia
Nullo “Humandroid”
PAG. 36 DESIGNER’S STORY di Salvio Giglio
“Ettore Sottsass”
PAG. 41 INTERVISTA di Salvio Giglio
“Juan Gonzalez Gomez”
PAG. 45 MATEMATICA & DINTORNI di Mario
Monfrecola “Come calcolare l’area di una
nuvola (e la magia dell’infinito)”
PAG. 49 MUSICA di Nicola Amalfitano
“Pietro Metastasio: innovatore del melo-
dramma settecentesco”
PAG. 53 NEW HARDWARE FOR CAD di Sal-
vio Giglio “SfM Structure from Motion”,
III ED ULTIMA PUNTATA
eventuali & vaPAG. 72 UMORISMO
PAG. 73 GIOCHI
55
E PAGE
Cos’è CADZINE
è una rivista gratuita nata in
seno alla Community di
“AutoCAD, Rhino & Sket-
chUp designer” per informare &
formare disegnatori tecnici e
appassionati sul CAD ed i suoi
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Pensandoci bene
La necessità di parlare la stessa lingua
Fino a che non si unificano, in qualche modo, i sistemi
operativi e il codice del software, l’informatica non
conoscerà mai una vera crescita e ci saranno sempre
degli utenti tagliati fuori da quella che oggi è una
necessità primaria: esser parte del Villaggio Globale
di un progetto. Professionista specializzato in progetti.
lsBASI DI QGIS
Pieri
iferimentopiùusatiinItalia”,
PUNTATA
BORAZIONE VIDEO CON SKETCHUP
Buccella
orare un Video con SketchUp”,
PARTE
arie
66
77
NEWS gli ultimi post prima di andare in stampa
Concluso nel 2014 il ciclo tematico
dedicato al rapporto tra la Nona
Arte e le altre Arti Nobili, con un
successo di affluenza di pubblico e
di partecipazione di espositori e
operatori professionali oltre ogni
previsione, lo staff di Napoli COMI-
CON è al lavoro per lanciare il nuo-
vo ciclo a partire dal prossimo
anno.
La XVII edizione del Salone Inter-
nazionale del Fumetto (e le sue
sezioni “gemelle” del GameCon e di
CartooNA), tornerà nel 2015 sempre
nella sede della Mostra d’Oltremare,
con un nuovo tema che accompa-
gnerà Napoli COMICON fino all’edi-
zione del 2017 e che esaminerà il
rapporto tra i differenti Media:
partendo dal famoso concetto del
sociologo Marshall McLuhan “Il
medium è il messaggio“, COMICON
cercherà di approfondire il rapporto
tra i Contenuti propri del Festival e
gli altri Media, sia tradizionali che
nuovi.
Grazie a un accordo pluriennale
con la Mostra d’Oltremare sono già
stabilite le date delle prossime
edizioni di Napoli COMICON, che
avranno luogo nel parco espositivo
di Fuorigrotta dal 30 aprile al 3
maggio nel 2015 (XVII Ed.), dal 22 al
25 aprile nel 2016 (XVIII Ed.) e
dal 28 aprile al 1 maggio nel 2017
(XIX Ed.).
Ovviamente, tanti cambiamenti
sono allo studio, anche a seguito
delle problematiche relative al forte
incremento di pubblico delle ultime
edizioni, con l’obiettivo di andare
sempre più incontro alle necessità
del pubblico, degli espositori e degli
ospiti del Festival.
Come già avvenuto negli ultimi
anni, infatti, aumenteranno ancora
gli spazi espositivi, sia all’aperto
che nei padiglioni, e stiamo valu-
tando nuove formule di biglietteria
che possano permettere ad un
numero sempre maggiore di perso-
ne di approfittare del programma
del Festival in serenità e soprattut-
to in tutta sicurezza.
(Da http: www.comicon.it) M. M.
AMSTERDAM - Novità in casa
TomTom che va oltre i navigatori
satellitari e gli sportwatch e si
lancia nel mondo della action ca-
mera con Bandit. Particolarità della
telecamera è quella di avere un
server media integrato che, dialo-
gando con l'app per smartphone
dedicata, permette di editare e
condividere rapidamente un video
senza doverlo scaricare prima su
un computer. TomTom Bandit è
dotata di sensori di movimento
integrati e di Gps per trovare e
contrassegnare automaticamente
la posizione della ripresa, velocità,
altitudine, accelerazione e, con un
optional, anche la frequenza car-
diaca. Attraverso il sensore CCD da
16 megapixel, l'action camera regi-
stra video fino a una risoluzione
massima di 1080p a 60 frame al
secondo. Tramite un algoritmo,
shakerando la Bandit si avvia una
applicazione di montaggio che
produce uno "shuffle" di immagini
pronte da condividere. Macchina
ambiziosa e interessante, la Bandit
è però solo una delle novità di
TomTom. Il produttore di sistemi di
navigazione ha presentato il sito
web e l'applicazione TomTom
MyDrive. Si tratta di un servizio
che permette agli automobilisti di
utilizzare il proprio smartphone,
tablet o Pc per analizzare le infor-
mazioni sul traffico in tempo reale,
pianificare percorsi e inviare le
destinazioni al proprio TomTom
GO, prima di salire in macchina. La
piattaforma, specifica l'azienda in
una nota, è aperta a sviluppatori e
terze parti. Altra novità è la nuova
serie di navigatori TomTom GO,
dotati delle mappe 'Mondo' e 'Tutor
&Autovelox' preinstallate e gratis
per tutta la vita del prodotto. I mo-
delli che fanno parte di questa
nuova famiglia sono i TomTom GO
510, 610, 5100 e 6100, con schermi
da 5" e 6" e dotati di interfaccia
utente semplificata, mappe 3D e il
supporto Click & Go. (Da:
www.repubblica.it) N. A.
L’Aquila. Dopo il terremoto del
6 aprile 2009 che ha sconvolto
l’Aquila, distruggendo una città
intera e dopo lunghi e particolari
restauri, torna a risplendere e a
riaprire al pubblico la Basilica di
San Bernardino, la chiesa simbo-
lo degli aquilani, la casa di San
Bernardino, con una solenne
celebrazione che si terrà il 2 mag-
gio prossimo. Sarà un evento
davvero importante; un grande
messaggio per l’Aquila, l’Abruz-
zo, per l’Italia intera. Un messag-
gio francescano per l’intera co-
munità cristiana universale.
Chi vorrà constatare di persona i
restauri effettuati e parlare diret-
tamente con i frati francesca-
ni, avrà finalmente la possibilità
di rimettere piede all’interno di
un pezzo di storia dell’Aquila.
(da: CITYRUMORS Abruzzo del
28 aprile 2015) A. B.
ROMA - Un bel piatto di pasta fatto
in casa e pronto in soli due minuti.
È questa la scommessa di Barilla, la
nota marca di pasta italiana, che,
nel suo stabilimento di Parma, è
alle prese con il futuro e con le
strabilianti meraviglie delle stam-
panti in 3D.
Michela Petronio, vice presidente
del settore ricerca e sviluppo della
Barilla, in una recente intervista
rilasciata al quotidiano la Repubbli-
ca, ha detto che "l'idea è nata 3 anni
fa in un meeting con dei ricercatori
olandesi del Tno. Loro volevano
esportare la tecnologia della stam-
pa 3D al settore alimentare e la
pasta è sembrata il prodotto ideale:
è liquida, semplice, fatta solo di
acqua e semola".
L'intenzione è semplice: permettere
a tutti, semplici consumatori e
ristoratori, di 'fabbricarsi' la pasta
nella propria cucina. Scegliere il
tipo di farina e gli ingredienti, dalle
uova alle verdure, e, perché no, il
formato dopo averlo disegnato al
computer. Una vera e propria sfida
con la propria fantasia.
I tempi sembrano essere ormai
maturi. "La prima volta ci abbiamo
messo 20 minuti per stampare un
singolo pezzo di pasta, ha spiegato
ancora Petronio, dopo due anni ci
mettevamo due minuti a farne
quattro, adesso siamo vicini a
stampare un piatto di pasta in due
minuti". Nuovi formati di pasta
hanno, intanto, già fatto capolino
tra gli scaffali e lo scorso anno, nel
corso di un concorso di design che
ha visto partecipare ben 216 proget-
ti, sono stati premiati le rose, i vor-
tici e le lune. Oltre che buoni anche
un nuovo piacere da gustare tutto
con gli occhi.
(da "Dire giovani.it" del 28 aprile
2015) A. B.
TomTom: Bandit & GO!Napoli COMICON 2015
La pasta in 3D, il futu-
ro è ormai alle porte!
L’Aquila, riapre al pubblico la
Basilica di San Bernardino
88
99
EDITORIALE
L
a necessità di emergere
professionalmente, di far-
si notare ed apprezzare
per il proprio lavoro ha
sempre comportato grossi sacrifici
e non sicuri successi specie nel
nostro ambito professionale. Ecco
perché i nuovi media rappresenta-
no un supporto autopromozionale
estremamente efficace e a basso
costo anche se oggi avere solo il
sito o il blog sembra non bastare
più. L’ultima frontiera è proprio
quella dei Social Network anche se
un loro uso sconsiderato potrebbe
addirittura rivelarsi un vero e pro-
prio boomerang e, credetemi, se vi
dico che non esagero. Creare un
account professionale efficace è la
cosa più semplice del mondo a
patto che dimentichiate totalmen-
te di pubblicare aspetti troppo pri-
vati della vostra persona. Tra un
lavoretto grafico ed un articolo per
CADZINE, ogni tanto faccio qual-
che puntatina sui Social a cui sono
più affezionato: G+, in primis ov-
viamente, e Twitter e mi capita di
leggere post di persone professio-
nalmente in gamba che mi fanno
però cadere letteralmente le brac-
cia! Lungi da me dall’esprimere un
giudizio sui contenuti che ognuno
di noi può liberamente postare sul
proprio profilo personale, ci man-
cherebbe altro, ma sul profilo pro-
fessionale l’ultimo taglio di capelli
stile punk, la ragazza in topless, la
gif animata con l’emoticon 3D che
ti fa l’occhiolino e la smorfietta
con la linguaccia mi sembrano
veramente delle cadute di stile e
invitano, inevitabilmente, il visita-
tore a chiudere quella pagina di
profilo con una pessima impres-
sione su di voi. Sui Social non sia-
te compulsivi: contate fino a 10
prima di pubblicare o commentare
qualcosa specie se avete molti fol-
lower! Considerare se stessi e la
propria attività come un brand,
trattando con serietà i contenuti
pubblicati, anche se pochi, magari
comunicando in modo efficace ed
attrattivo con il vostro pubblico e
commentando appropriatamente
immagini e/o album con didasca-
lie o scritte in sovrimpressione,
aiuta a farsi conoscere meglio.
Sempre a mio parere non è poco
professionale dare una mano a
qualche principiante in una Com-
munity come la nostra o postare la
musica che stiamo ascoltando
mentre lavoriamo ma risulta stra-
no e fuori luogo comunicare con
toni da ultras che la propria squa-
dra ha segnato o ha subito un rigo-
re! Una regolata bisognerebbe dar-
sela anche con la politica a mio
parere… Insomma sei un disegna-
tore o un progettista? Si? E allora
posta cose adeguate alla tua pro-
fessione almeno sulla tua pagina
di lavoro. Come è bello vedere i
lavori commentati di tanti esperti
del settore: sono utili, specialmen-
te per i ragazzi, e mettono in luce
la professionalità dell’autore, il suo
gusto e le sue tendenze creative.
Altro aspetto deleterio poi sono il
nome e l’immagine di profilo: ho
visto di tutto! Loghi, bandiere, foto
strane, avatar raccapriccianti o
malefici, seguiti da nomi sconcer-
tanti; uno mi è rimasto ancora in
mente ed era l’account di un inge-
gnere (non sto scherzando): “Puffo
saggio”. Insomma… va da se che
siete voi a creare e coltivare il vo-
stro pubblico anche in base ai vo-
stri “Mi piace”, stelline e +1 che
andate a mettere qua e là! Se pec-
cate d’ingenuità e vi abbandonate
alle belle forme di una seducente
ragazza, che semmai è un’escort, e
dal vostro profilo professionale
lasciate una vostra traccia, non
sorprendetevi se poi la signorina
in questione vi includa nelle sue
cerchie e magari vi mandi pure
qualche bel messaggino piccante
che svetterà orgogliosamente sul
vostro stream al fianco di un seris-
simo post su di un’analisi FEM di
una travatura reticolare! LOL
di Salvio Giglio
Una questione di… profilo
1010
1111
ARDUINO
V
i sembrerà strano ma i
primi appassionati di
elettronica, quelli che
utilizzavano le valvole
per capirci, impiegavano dei ta-
glieri di legno per il pane come
supporto per i loro esperimenti.
Ecco come è definito il termine
breadboard dal Collins English
Dictionary - Complete & Una-
bridged 2012 Digital Edition
breadboard, a wooden board on which
dough is kneaded or bread is sliced
cioè una tavola di legno su cui vie-
ne impastato e tagliato il pane. Per
quanto oggi questa scelta possa
sembrarci una cosa bizzarra, dob-
biamo immaginare anche i van-
taggi che essa offriva per un’epoca
in cui l’elettronica muoveva i pri-
missimi passi e il mercato offriva
solo costosissimi componenti.
Non esistevano assolutamente le
basette per il fissaggio della com-
ponentistica e il legno si propone-
va come il materiale ideale per gli
allestimenti. Nella fattispecie, i
taglieri erano fa-
cilmente reperibi-
li, ad un costo bas-
sissimo e realizza-
ti in un materiale
isolante e duttile
su cui si potevano
impiegare chiodini, o puntine da
disegno, per creare i caposaldi ne-
cessari ai collegamenti con com-
ponenti e morsettiere. In alcune
realizzazioni, si utilizzavano degli
schemi elettrici, che fungevano da
guida, disegnati su carta ed incol-
lati al tagliere per posizionare cor-
rettamente i terminali dei compo-
nenti e i cavi di collegamento. In-
somma, l’idea di utilizzare un ta-
gliere, o una tavola di legno, come
supporto per sperimentare, risa-
lente ormai a quasi cento anni fa,
piacque così tanto da favorire l’e-
voluzione di questo concetto nel
tempo, tanto che il termine stesso
breadboard è rimasto sino ai gior-
ni nostri ed è comunemente usato
per fare riferimento, specie nella
lingua inglese, a quei tipi di sup-
porto destinati alla prototipazione
dei circuiti elettronici. I passaggi
della storicizzazione, e della relati-
va industrializzazione di questa
idea, li possiamo cogliere in due
esempi. Il brevetto di una test
board per circuiti elettronici di
Ruben A. Cruz (US Patent 3.145.483
presentato nel 1961 e concesso nel
1964), consistente in un supporto
di legno, munito di una serie di
fori filettati, in cui si potevano al-
II puntata
di Salvio Giglio
Fritzing: la pagina Breadboard
Le breadboard sono dei supporti a dir poco indispensabili per speri-
mentare dei circuiti elettronici senza perdere tempo a saldare i com-
ponenti. Con Arduino poi sono una combinazione esagerata perché ci
permettono di allestire il circuito in “modalità provvisoria” mentre pen-
siamo in massima tranquillità alla programmazione della MCU. Fri-
tzing offre la sua breadboard virtuale che non ha nulla da invidiare a
quella reale...
Fig. 1, un circuito valvolare realizzato su di un tagliere per il pane
1212
ARDU
Fig. 2, brevetto di una test board per circuiti elettronici di Ruben A. Cruz (US Patent 3.145.483 presentato nel 1961 e conces-
so nel 1964)
1313
UINO
Fig. 3, brevetto di John E. Sakellakis di una printed circuit breadboard (US Patent 3496419 1967 e concesso nel 1970)
1414
ARDU
Fig. 4, due estratti dal brevetto della Breadboard for electronic components or the like di Ronald J. Portugal (presentato nel
1971 e approvato nel 1973 col codice USD228136 S)
1515
loggiare sia delle molle per le con-
nessioni elettriche volanti che
delle speciali boccole per i termi-
nali dei componenti. Il brevetto di
John E. Sakellakis fa già aperta-
mente riferimento ad una printed
circuit breadboard (US Patent
3496419 1967 e concesso nel 1970)
anche se somiglia più ad una ba-
setta millefori dal disegno partico-
lare su cui è facile saldare e dis-
saldare componentistica elettro-
nica senza dover ricorrere a dei
terminali, come nell’esempio pre-
cedente. Sarà il brevetto di Ronald
J. Portugal a dar vita a quelle
breadboard, utilizzate oggi, in pla-
stica bianca e costituite da una
serie di fori d’innesto in cui fissa-
re, senza saldature, componenti e
collegamenti. Il brevetto fu pre-
sentato nel 1971, approvato nel
1973 col codice USD228136 S ed
intitolato Breadboard for electro-
nic components or the like cioè
breadbord per componenti elettro-
nici o similari.
La breadboard di Ronald J. Portu-
gal
Di Ronald J. Portugal si sa poco o
niente, purtroppo, se non che lavo-
rava presso EI Instruments Inc. di
Derby, una cittadina americana
nello stato del Connecticut. Portu-
gal appronta un sistema di con-
nessione elettrico molto pratico
che aiuta l’utente a dislocare velo-
cemente sulla basetta i vari com-
ponenti e a connetterli circuital-
mente con dei ponticelli di filo in
rame isolato, come quelli che co-
stituiscono i doppini telefonici o i
cavetti citofonici. Per farvi capire
meglio l’idea di Portugal, ho cerca-
to il suo brevetto su Google Pa-
tents, mi sono scaricato i disegni
ed ho modellato direttamente la
sua breadboard. La basetta elabo-
rata da Portugal è molto ingegno-
sa, pur nella sua semplicità co-
struttiva, dal momento che è assi-
milabile ad un contenitore di pla-
stica scatolato composto da tre
parti principali:
 Una piastra di plastica rigida,
ottenuta per stampaggio ad
iniezione, su cui sono state rica-
vate quattro matrici principali
di finestrelle forate quadrate
necessarie al fissaggio dei reo-
fori dei componenti, due centra-
li suddivise da una scanalatura
longitudinale, e due laterali, per
un totale di 840 fori. La distanza
dei fori della matrice è di 2,54
mm (0,1 in) un valore scelto
dall’inventore per fare in modo
che le sue breadboard rispon-
dessero alle esigenze di connet-
tività dei circuiti integrati del
package "dual in line" (DIPs).
 Un pacchetto di 168 contatti
metallici con due differenti fun-
zionalità elettriche per il colle-
gamento dei componenti.
 Due inserti di plastica rigida
trasparente, vincolati alla pia-
stra a protezione del pacchetto
contatti, per far rendere conto
all’utente di come siano distri-
buite le clips all’interno della
breadboard.
La prima considerazione che c’è
da fare riguarda un piccolo parti-
colare, apparentemente insignifi-
cante, che però costituisce uno dei
punti di forza di questo brevetto:
la clip metallica a pettine, Fig. 5,
simile, per forma e funzione, a
quelle unipolari racchiuse negli
alveoli di una comune presa elet-
trica domestica e che possono ac-
cogliere fino a 5 reofori contempo-
raneamente alimentandoli equi-
potenzialmente. Queste clips ven-
gono montate nei corrispondenti
alloggiamenti interni della parte
superiore della basetta in modo da
realizzare una matrice di contatti
la cui dislocazione, e collegamen-
to, permette lo sviluppo dei circui-
ti elettronici. Osservando con at-
tenzione la Fig. 6, potremo suddi-
videre idealmente questo pacchet-
to di contatti in base alla funzio-
nalità ad essi associata: due linee
di alimentazione (strips rosse blu)
e due pacchetti di contatti equipo-
tenziali (clips in verde). Le due
linee di alimentazione corrispon-
dono alle matrici di fori più picco-
le che si trovano sui due lati mag-
giori della basetta, in alto e in bas-
so, formate ciascuna da cento
contatti (50 contatti per polo). I
due pacchetti di contatti equipo-
Fig. 5, l’elemento principale di ogni breadboard è la clip a pettine come quella a sinistra. Nell’immagine centrale un reoforo
di un componente elettronico in una clip. A destra una breadboard trasparente in cui si vede la disposizione delle clips
UINO
1616
ARDU
Fig. 6, dal modello realizzato per questo articolo, in alto vista in pianta della breadboard di Portugal, seguito da un esploso
della basetta in cui si possono distinguere i suoi costituenti principali. Ovviamente la colorazione delle clips è legata a questo
articolo per aiutarvi a distinguere le funzionalità di esse: rosso/blu = alimentazione, verde = contatti equipotenziali.
tenziali, ognuno dei quali è com-
posto da 64 clips elettricamente
indipendenti tra di loro, sono di-
sposti nella parte centrale della
breadboard separati dalla scanala-
tura longitudinale. Ovviamente ai
due gruppi di lamelle longitudinali
l’utente può collegare, in base al
progetto che sta sviluppando, una
sorgente di alimentazione operan-
te ad una determinata tensione o
un segnale proveniente da qualche
dispositivo elettrico, ecc.
Portugal, nella relazione tecnica
allegata al suo progetto presentata
per il brevetto, immagina la sua
invenzione come un supporto si-
mile a un blocco da disegno su cui
abbozzare un’idea di circuito e
provarla immediatamente senza
perder tempo a fare saldature.
Sempre dalla traduzione della re-
lazione di Portugal, leggo che il
destinatario ideale della sua
breadboard sembra essere proprio
il tipico studente di ingegneria
elettrica impegnato, per esempio,
in un corso di laboratorio che ha
frequentemente bisogno di impa-
ginare (usa proprio questo termi-
ne) i circuiti che sta studiando per
imparare meglio i fondamenti di
elettronica attraverso la sperimen-
1717
Se dovesse tornarvi utile questo
modello 3D visitate la Galleria Im-
magini 3D di Trimble a questo link:
https://3dwarehouse.sketchup.com
/social/model.html?id=ub893e782-
a26a-4270-b419-992cef9a6c43
Salvio
UINO
Fig. 7, la breadboard capovolta; seguendo le indicazioni di Portugal ho realizzato il fondello della basetta in plastica traspa-
rente in modo tale che l’utente possa capire quali siano i collegamenti interni delle clips.
tazione diretta e affinare così la
sua formazione.
Le breadboard che utilizziamo oggi
Dall’invenzione di Portugal ne è
passata di acqua sotto i ponti e
milioni di copie della sua basetta
sono state vendute sinora in tutto
il pianeta, commercializzate da
svariati produttori che, pur modifi-
candone la forma costruttiva ed i
colori, hanno mantenuto il layout
del pacchetto contatti del progetto
originario. Altra invariante di quel
lontano brevetto è la scanalatura
longitudinale che ha la funzione di
raffreddare eventuali componenti
DIP IC montati a cavallo delle due
matrici centrali. Nel corso degli
anni, i costruttori, per personaliz-
zare i propri prodotti e facilitare
ulteriormente gli utenti nell’alle-
stimento circuitale, hanno aggiun-
to alcune funzionalità alla basetta.
Ad esempio, attorno alla basetta
vera e propria è stato aggiunto un
involucro o una tavoletta in mate-
riale plastico, Fig. 8, su cui com-
paiono tre o più connettori per l’a-
limentazione elettrica delle due
linee e il collegamento di un’even-
tuale polo di messa a terra. Più dif-
fusa è la convenzione di contrad-
distinguere, con lettere e numeri,
le matrici centrali di contatti come
si usa fare nel calcolo matematico
e… nelle battaglie navali a scuola
. Le cinque colonne a sinistra
della scanalatura centrale sono
contraddistinte dalle lettere A, B, C,
D, E; a quelle di destra sono asse-
gnate le lettere F, G, H, I, J mentre
le righe sono numerate in modo
progressivo. Ciascuna delle quat-
tro colonne delle linee di alimenta-
zione è associata ad un polo (+/-) e
contraddistinto da una linea seri-
grafata in rosso o in blu. Alcune
realizzazioni, di dimensioni mino-
ri, riportano solo due colonne di
alimentazione poste sempre sui
lati maggiori della scheda. Molto
utile sembra essere la scelta di
alcuni produttori di munire le loro
basette di un sistema di incastri
maschio/femmina per permettere
l’accoppiamento, sui quattro lati,
con altre breadboard compatibili
in modo da ottenere una superfice
di lavoro molto più estesa e, conse-
guentemente, circuiti molto più
complessi.
Alcuni aspetti negativi delle bread-
board
Rispetto ad un PCB, correttamente
allestito, le breadboard solderless
presentano alcune limitazioni do-
vute alla geometria dei contatti
elettrici. Primeggia fra tutte la ca-
pacità parassita molto elevata, da
2 a 25 pF per punto di contatto, a
cui seguono dei valori d’induttanza
abbastanza significativi e dovuti
alla lunghezza delle piste; non po-
co incide sulla resa generale dei
circuiti anche il tipo di accoppia-
mento tra reoforo e punto di con-
tatto della clip che, essendo abba-
stanza labile sotto il profilo elettri-
co, costituisce di fatto una resi-
stenza molto alta. Sui siti dei prin-
cipali produttori sono riportate
queste misure, relative alle basette
1818
ARDU
Fig. 8, breadboard in uso oggi derivate dal brevetto di Portugal. In alto (A, B, C) tre esempi di basette con connettori per il
collegamento di alimentatori, masse/terra e/o segnali. In basso, a sinistra una breadboard suddivisa in righe e colonne e
contraddistinta da lettere e numeri; a destra breadboard modulare singolo elemento e in combinazione con altri.
Riga
Colonna
A
B
C
1919
UINO
nuove, con un buon margine di
approssimazione. Va da se che se
siete dei tipi molto materiali, mal-
destri o nervosi e maltrattate la
povera basetta fissando con una
forza eccessiva i componenti, non
fate altro che accelerare l’usura
delle clip e aumentare la misura
degli inconvenienti di cui sopra.
Lo stesso discorso vale per basette
utilizzate centinaia di volte con le
clips talmente usurate che non
riescono più a garantire un ade-
guato serraggio dei componenti.
Questi fattori sconsigliano lo svi-
luppo di applicazioni sperimentali
operanti con frequenze superiori
ai 10 MHz. All’epoca del rilascio
del brevetto non era ancora stata
sviluppata la tecnologia SMD o
quella di un package con distanza
tra i piedini diversa da 2,54mm;
questo aspetto è stato ereditato
anche nel successivo sviluppo del-
la basetta da terze parti e sussiste
a tutt’oggi. Fortunatamente il mer-
cato ha già da parecchio tempo
risolto questo inconveniente com-
mercializzando speciali adattatori;
gli hobbisti, invece, si sono orga-
nizzati ricorrendo a PCB esterni,
muniti di zoccolature speciali per
componenti SMD, che collegano
alle breadboard.
La breadboard virtuale di Fritzing
Per qualche tempo ho programma-
to anche in ambiente visuale con
Visual Basic e Toolbook e so quan-
to sia difficile studiare delle solu-
zioni informatiche che siano im-
mediatamente chiare all’utente
finale, specie se questi è a digiuno
di un particolare aspetto dell’ap-
plicativo in oggetto. Per questo
motivo, trovo assolutamente spe-
ciali programmi come SketchUp o
Fritzing. La pagina della bread-
board di Fritzing è per absolute
beginners poiché ripropone a
schermo tutte le funzionalità di
una reale! Ad esempio, per far ca-
pire ad un utente quale sia la clip
di competenza di un qualunque
foro della scheda basta semplice-
mente cliccarci sopra e tenere pre-
muto il tasto destro del mouse: su-
bito il programma evidenzia i col-
legamenti interni ad esso associa-
ti. Si può accedere a questa moda-
lità cliccando sul tab Breadboard o
la voce new sketch nella Home
Page del programma o, in alterna-
tiva, l’item new del menù File dalla
barra dei menù. La pagina è molto
semplice: l’area di lavoro con la
basetta è nella parte sinistra dello
schermo mentre a destra trovia-
mo i vassoi delle Core Parts, con i
componenti da utilizzare, e l’In-
spector che visualizza le proprietà
del componente selezionato. Ana-
logamente alle breadboards reali,
le colonne di fori riportate sulla
parte inferiore e superiore sono
normalmente destinate alle linee
di alimentazione e ai collegamenti
di terra.
Fig. 9, la breadboard virtuale di Fritzing che riproduce fedelmente aspetto e funzionalità di una basetta reale. All’area di lavo-
ro sono associati i due pannelli con le Core Parts (i componenti elettronici) e l’Inspector per settare i parametri degli ele-
menti della libreria componenti.
2020
ARDU
Fig. 10, modelli di breadboard proposte da Fritzing per rispondere ad esigenze circuitali di qualsiasi formato
FULL+, 2 linee di alimentazione e matrice da 630 fori
FULL, 2 linee di alimentazione e matrice da 620 fori
HALF+ 2 linee di alimentazione e matrice da 300 fori HALF 2 linee di alimentazione e matrice da 300 fori
BB 301, 1 linea di alimentazione e matrice da 230 fori Mini solo matrice da 170 foriThiny solo matrice da 200 fori
2121
UINO
Se desideriamo cambiare modello
di breadboard rispetto a quello
proposto di default da Fritzing, che
è quello FULL+, basta che clicchia-
mo su una parte senza fori della
basetta e questa viene selezionata
con una linea tratteggiata; dopo di
che ci portiamo nella finestra In-
spector e, mediante la casella a
discesa SIZE, scegliamo tra i sette
formati proposti che rispecchiano
i modelli più diffusi sul mercato.
In alternativa possiamo cancellare
con CANC la breadboard di default
e utilizzare una delle due board
“millefori” disponibili nel pannello
Core Parts. Questa pagina di Fri-
tzing offre la possibilità di abbina-
re più basette, anche di diversa
tipologia, affiancate in modo da
ottenere circuiti di dimensioni
maggiori.
La libreria Core Parts di Fritzing
Un elemento prezioso di Fritzing è
sicuramente la praticissima Libre-
ria Core Parts che utilizza file in
formato aperto "Fritzing Share
Format" la cui estensione è .fzp.
L’archivio può essere arricchito
dall’utente anche importando nuo-
vi componenti. Ogni componente
fzp è sostanzialmente un insieme
di tre immagini che vengono mo-
strate in base alla modalità di vi-
sualizzazione impostata dall’uten-
te:
 immagine realistica del compo-
nente, visualizzata in modalità
breadboard e costituita da un
file grafico vettoriale SVG o da
un file bitmap come PNG o
JPEG;
 il simbolo unificato del compo-
nente visualizzato nella pagina
Schema;
 il componente rappresentato
sul PCB in termini di numero di
piedini e posizione delle piste.
Il set di componenti offerti di de-
fault è molto ricco e permette di
rappresentare circuiti partendo da
quelli più semplici sino a raggiun-
gere livelli molto complessi. Si tro-
vano subito e a proprio agio utenti
di qualunque provenienza grazie
alla semplicità e alla chiarezza
della libreria componenti che offre
una rappresentazione realistica
dei singoli elementi, insegnando
contemporaneamente anche l’e-
quivalente grafico simbolico nella
pagina successiva Schema. I set
principali offerti dal programma
sono:
 componentistica elettronica di
base (resistenze, diodi, transi-
stor, ecc.);
 circuiti integrati logici semplici
più comuni;
 apparecchi e sensori più comu-
ni (interruttori, potenziometri,
accelerometri, sensori di luce,
ecc.);
 componentistica elettronica
avanzata (LED, Super LED, al-
cuni LCD, servomotori, relè,
ecc.);
 alimentatori;
 svariati tipi di connettori (USB,
Jack, DB9, MicroSD, ecc.);
 diverse tipologie di microcon-
trollori (Arduino, Raspberry PI,
Adafruit, ecc.).
Nella prossima puntata imparere-
mo ad assemblare i nostri circuiti
sulla breadbord utilizzando i com-
ponenti elettronici della libreria e
dei semplici schemi elettronici.
Fig. 12, la libreria componenti Core Parts di Fritzing
Perfboard basetta con 551 fori Stripboard basetta con 600 fori
Fig. 11, in alternativa alle breadboard Fritzing propone anche delle PCB millefori di due formati diversi
2222
AUTOM
Alcuni render della Avantis eXa Cross Tourer CADZINE Ltd. Mk3 2015 elaborata da Jocelyn Groizard per il primo complean-
no della nostra rivista! :)
2323
MOTIVE
A
vantis eXa è una grande
berlina di terza genera-
zione, che è stata pre-
sentata nel mese di set-
tembre 2013. Si tratta di un model-
lo molto importante per il mio
marchio, perché la seconda gene-
razione è quella del gruppo ottico
di coda stile artiglio. Il design del
Mk3 stava cominciava ad apparire
obsoleto rispetto alle altre Avantis,
così ho deciso per un lifting capa-
ce di renderlo più moderno sfrut-
tando le conoscenze che ho acqui-
sito nell’ultimo periodo.
Dimensioni e rivali
L’Avantis eXa fa parte della fami-
glia delle grandi berline, e si pone
come concorrente sia di auto come
la Renault Laguna o Opel Insignia
che di vetture travel oriented la
Audi A6 o la Peugeot 508, grazie
alle sue dimensioni e prestazioni,
degne di modelli più costosi e di
lusso. La gamma eXa è composta
da quattro modelli: la berlina eXa,
l’eXa Sports Tourer, la station wa-
gon e la eXa Cross Tourer, una ver-
sione della Sports Tourer a trazio-
ne integrale.
Esterno
Il design esterno della vettura era
il punto principale da migliorare e
su cui ho lavorato di più. La parte
posteriore della vettura è stata
particolarmente curata col nuovo
gruppo ottico e il paraurti poste-
riore, che sembra ora più sottile di
quanto non fosse. La nuova forma
della porta posteriore ha permesso
poi di migliorare l'accesso ai sedili
posteriori, dando a tutta la vettura
una linea piacevole ed equilibrata.
Nella parte anteriore i fari e la gri-
glia, completamente ridisegnata,
esprimono uno stile più aggressi-
vo e dinamico aumentando il ca-
rattere della vettura.
Interni
Sedili della eXa sono stati studiati
per fornire al conducente e ai pas-
seggeri un comfort ideale per ogni
tipo di viaggio costituendo un co-
modo supporto ergonomico per il
corpo. Il cruscotto è stato comple-
tamente rinnovato, secondo il mo-
dello A-Space. Il conducente trova
un ampio schermo sensibile al
tocco che riunisce la gestione con
un programma molto intuitivo tut-
ti i parametri del comfort: aria
condizionata, stereo e navigatore
GPS). Il cruscotto cattura lo sguar-
do grazie al suo design pulito ed
ergonomico.
Performance
Avantis eXa consente di scegliere
tra una vasta gamma di motori
benzina e diesel, con potenze che
vanno dai 110 ai 350hp. I motori
1.6L a 4 cilindri offrono grandi pre-
stazioni nonostante la cilindrata
sia nella versione diesel che in
quella a benzina un aspetto, que-
st’ultimo che permette di ridurre i
consumi di carburante e le conse-
guenti emissioni di gas serra. La
eXa è disponibile con due tipi di
cambio diversi: uno manuale a 6
marce e uno automatico a 5 rap-
porti. La Crosstourer offre di serie
il piacere della trasmissione a tra-
zione integrale, collegata a un si-
stema di controllo di presa che
distribuisce la potenza sulle ruote
a seconda delle condizioni di ade-
renza. Anche la sicurezza non è
stato trascurata, infatti, la eXa ha i
sistemi ESP e ABS, 8 airbag e un
nuovissimo sistema che controlla
attraverso dei sensori di prossimi-
tà l'ambiente circonstante della
macchina per evitare collisioni.
Prezzo e gamma
La eXa è al top della gamma di au-
to Avantis, insieme ai più sportivi
eXa Sport Coupé, XC Coupé e Ca-
brio CXR. In contrasto con alcuni
altri grandi berline, il eXa ha limi-
tato prezzi a partire da 25.000 €
nella sua versione base a oltre
40.000 € per le versioni di alta
gamma con motore V6.
Non dobbiamo dimenticare che
Avantis è un produttore di auto
popolare, il che spiega i prezzi
contenuti e le diverse versioni del
modello della eXa. Se la eXa è di-
ventata in questi ultimi anni un
modello importante del brand, co-
me la Estima o Climber, è proprio
grazie a tutte le persone che so-
stengono Avantis. :)
di Jocelyn Groizard
Avantis eXa Cross Tourer Mk3 2015
2424
BASI PER IL DISEGNO
R
ecentemente ho parteci-
pato ai lavori di un con-
vegno formativo sulla
BIM a Roma e, per quan-
to possa sembrare fuori tema, pos-
so assicurarvi che la necessità di
trovare un sistema unificato an-
che in campo informatico è più
sentita che mai! Le IFC sono per la
BIM l’equivalente dei primi stan-
dard per la viteria in ambito mec-
canico. La Storia si ripete, quindi...
Se i sistemi di misura unificati
sono stati l’embrione delle norma-
tive si può ravvisare in Sir Joseph
Withworth uno dei padri dell’at-
tuale concetto di norma unificata.
Withworth nacque in Inghilterra a
Stockport, nel Cheshire, il 21 di-
cembre 1803, figlio di un maestro
protestante che curò la sua istru-
zione, in casa, fino all'età di dodici
anni. Completò i suoi studi con un
biennio di avviamento professio-
nale presso l'Accademia di Wil-
liam Vint a Idle, nei pressi di Leeds
che lo formò anche sotto il profilo
commerciale. A quattordici anni
Joseph era un apprendista presso
la filanda di cotone suo zio Joseph
Hulse nel Derbyshire, con la pro-
spettiva di diventarne quanto pri-
ma socio. Era affascinato dalla
meccanica e imparò rapidamente
le tecniche della filatura. Compiuti
diciotto anni lascia il mulino, con-
tro la volontà della famiglia, per
lavorare prima alla Crighton & Co.
un'azienda mec-
canica di Manche-
ster, e poi per altri
stabilimenti della
zona come mecca-
nico di banco. Nel
1825 si trasferisce
a Londra per lavorare con Henry
Maudslay, l’inventore del tornio
per la viteria e uno dei primi a ri-
conoscere l'importanza della stan-
dardizzazione e intercambiabilità
dei pezzi meccanici. Nel 1833 Jo-
seph torna a Manchester ove avvia
la sua impresa; la prima sede fu
una piccola stanza di un mulino,
che aveva preso in affitto e sul cui
ingresso era affisso, con un certo
orgoglio, il cartello "Joseph Whit-
worth, Tool-Maker da Londra".
L'anno seguente si trasferisce in
locali più ampi a Corlton Street
rendendoli una vera e propria offi-
cina munita di strumentazioni
professionali. La rapida espansio-
ne delle ferrovie creò una grande
domanda di macchine utensili e
Manchester poi era, contempora-
neamente, sia il punto terminale
della prima grande ferrovia pub-
blica che il centro dell'industria
tessile britannica. Nel 1841 Whit-
worth elabora un documento su un
sistema standardizzato di filetta-
ture, la cui adozione da parte delle
imprese ferroviarie, che fino ad
allora impiegavano svariati tipi di
filettature, ha portato poi alla sua
rapida diffusione e riconoscimen-
to tanto da renderlo un vero e pro-
prio standard: "British Standard
Whitworth" o BSW. Nel 1880 With-
wort aveva realizzato una S.p.A. e
II puntata
di Salvio Giglio
Come nasce una Norma
Dalla Rivoluzione Industriale scaturirono migliaia e
migliaia di brevetti per ogni tipo di macchina e il caos
era totale per i i ricambi delle stesse. Era necessario
creare degli organismi normativi capaci di gestire ed
armonizzare con norme la produzione industriale
Sir Joseph Withworth e una stampa di uno dei capannoni dei suoi stabilimenti a Openshaw
2525
E LA PROGETTAZIONE
Fig. 2 in alto, il sobborgo industriale di Manchester: Openshaw in cui Withworth aveva impiantato i suoi stabilimenti; a sini-
stra il brevetto della troncatrice per viti di Withworth; a destra due immagini di Google Map dei binari ferroviari che collega-
vano l’acciaieria alle officine di Withworth. Quando passavano i vagoni con i lingotti roventi veniva fermato il traffico.
2626
possedeva degli stabilimenti me-
talmeccanici a Openshaw, il sob-
borgo industriale di Manchester.
Quasi cinquant’anni dopo, un altro
inventore, Thomas Alva Edison,
realizzò la prima lampadina elet-
trica ad incandescenza che asso-
ciò, nel 1881, ad una virola di fis-
saggio dal particolare profilo filet-
tato ad onda, per facilitarne la so-
stituzione. Anche in questo caso
siamo di fronte ad un elemento
normalizzato ormai più che stori-
cizzato. All’adozione delle norma-
tive contribuirono anche eventi
catastrofici come il disastroso in-
cendio del 1904 di Baltimora che
non fu possibile domare, nono-
stante l’intervento di numerose
squadre di pompieri provenienti
dalle città vicine, perché gli attac-
chi delle manichette delle pompe
antincendio avevano dimensioni
diverse da quelle locali. L’elevato
numero di vittime e i danni incen-
di suscitarono molta indignazione
nell’opinione pubblica che lo Stato
federale fronteggiò con un’ondata
di interventi che prevedevano, tra
l’altro, anche l’unificazione delle
attrezzature dei vigili del fuoco.
Dando un’occhiata al nostro com-
parto professionale scopriremo
che nei decenni a cavallo tra Otto-
cento e Novecento il settore del
disegno tecnico aveva adottato, de
motu proprio, dei principi di stan-
dardizzazione, consistenti in grup-
pi di alcune norme di rappresenta-
zione fondamentali, che si erano
ampiamente diffusi prima ancora
che nascesse l’idea di creare degli
enti unificatori. Mutuati dalle
esperienze del disegno architetto-
nico che, come abbiamo visto nella
puntata precedente, aveva cono-
sciuto uno sviluppo enorme a par-
tire dal Quattrocento queste con-
venzioni di rappresentazione ri-
guardavano ora la produzione in-
dustriale e il disegno meccanico.
Si era giunti così a rappresentare
e/o ad indicare:
 tutti i piani di sezione con cop-
pie di lettere maiuscole o minu-
scole;
 come “viste” i risultati delle
proiezioni ortogonali;
 con tratti misti a punto e linea
gli assi di simmetria in luogo
delle linee puntinate;
 con diversi tipi di tratteggio i
vari materiali che comparivano
nei progetti;
 con rapporti metrici le scale
dimensionali e sempre più rara-
mente con i righelli grafici;
 le filettature con un disegno più
semplificato e simbolico;
 le annotazioni con carattere in
stampatello e non più in corsi-
vo;
 le quote nominali con le tolle-
ranze;
 le varie lavorazioni e il grado di
finitura con simboli idonei, tra
cui Ø per specificare il diame-
tro;
La scoperta della cianografia e il
suo sfruttamento per la copia dei
progetti renderà inutile la colora-
zione dei disegni e in suo luogo si
ricorrerà a dei tratteggi scalati o a
delle campiture nere per indicare,
ad esempio, la cilindricità di un
albero. Se gettate uno sguardo alla
storia recente del disegno tecnico
ne resterete sicuramente affasci-
nati perché vi renderete conto di
come tacitamente e non con i me-
dia attuali del nostro villaggio glo-
bale i professionisti del passato
fossero giunti a delle conclusioni
BASI PER IL DISEGNO
T. A. Edison lampadina elettrica ad incandescenza con virola filettata
2727
comuni dettate dalla praticità e
dalla sempre maggior velocizza-
zione dei processi produttivi sino
ad arrivare ai nostri giorni in cui la
concezione progettuale, con tutte
le attenzioni e precauzioni ad essa
dovute, deve esprimersi il più rapi-
damente possibile per essere com-
petitiva sul mercato.
Breve storia degli enti di norma-
zione
Siamo in piena Rivoluzione Digita-
le e bene o male tutti ci rendiamo
conto che oggi l’informatica è an-
cora in uno stato embrionale ed è
governata per molti aspetti da un
certo caos “calmo”. Il problema
fondamentale consiste nel fatto
che ogni software house, grande o
piccola che sia, realizza dei pro-
grammi “chiusi” che producono
documenti consultabili solo da chi
ha una copia di quel software. So-
lo da pochi anni si parla di un si-
stema open source, sempre più
condiviso dalla comunità di pro-
grammatori e dagli utenti, in grado
di normalizzare con codice aperto
gli standard informatici. La situa-
zione non era molto diversa all’e-
poca della Rivoluzione Industriale:
infatti, agli inizi del secolo scorso,
lo stesso caos caratterizzava la
produzione industriale non ancora
codificata e regolamentata da
standards normativi. Anno dopo
anno nuovi sistemi produttivi per-
mettevano di fornire sempre più
rapidamente grandi quantità di
oggetti “chiusi” le cui parti, cioè,
non erano sostituibili se non con
dei ricambi originali. I problemi
legati alla reperibilità e ai costi
della componentistica di ricambio
di determinati beni, come veicoli,
macchinari ed attrezzature pro-
duttive, creava delle serie riper-
cussioni anche sullo sviluppo del
commercio internazionale dell’e-
poca per diverse categorie mer-
ceologiche. Del resto, se ci imme-
desimiamo per un attimo con al-
cune tipologie di consumatori di
quel periodo, capiremo e condivi-
deremo i loro timori nell’acquista-
re dei beni prodotti all’estero che,
anche se di caratteristiche supe-
riori se paragonati a prodotti simili
realizzati localmente, rischiavano
di bloccare la propria produzione
anche per guasti banali come l’u-
sura di un cuscinetto o la rottura
di un ingranaggio. La volontà di
rendere appetibili i propri prodotti,
a fasce sempre più ampie di mer-
cato, spinse a creare delle associa-
zioni di aziende che, nei decenni
successivi, si sarebbero trasforma-
te in Enti pubblici nazionali per
favorire lo sviluppo e la conse-
guente adozione di norme sui pro-
cessi produttivi, i prodotti e la re-
lativa rappresentazione grafica
progettuale. Successivamente sa-
ranno le esigenze dei due conflitti
mondiali a spingere l’industria
all’adozione di standard normativi
per consentire il reperimento di
pezzi di ricambio per i veicoli mili-
tari con maggiore efficienza e ra-
pidità. Diamo un’occhiata ai certi-
ficati di nascita dei principali or-
ganismi normatori nazionali i cui
standards alcuni di noi utilizzano,
più o meno, quotidianamente.
In Inghilterra fu il progettista della
Tower Bridge di Londra, Sir John
Wolfe-Barry, ad invitare il 22 gen-
naio 1901 il Council of the Institu-
tion of Civil Engineers a prendere
in considerazione la fondazione di
un comitato di standardizzazione
per determinare le principali tipo-
logie commerciali delle sezioni dei
profilati metallici. La proposta fu
accolta con un certo entusiasmo e
la prima riunione del Engineering
Standards Committee si tenne il
E LA PROGETTAZIONE
Tratteggi per rappresentazione dei materiali da un manuale tedesco del 1800
Sir John Wolfe-Barry 1836 –1918
2828
BASI PER IL DISEGNO
26 aprile dello steso anno. Nel 1903
sorse poi il problema di indicare ai
consumatori i prodotti standardiz-
zati dal comitato che fu risolto con
la creazione di un marchio regi-
strato: il British Standard Mark
che in seguito diventò famoso con
il nome di Kitemark®. I lavori di
standardizzazione del comitato
portarono non poche conseguenze
benefiche nella produzione e nel
commercio; ad esempio, fecero
calare il numero delle sezioni dei
profilati metallici da 175 a 113 ed
elimino ben settanta tipi di scarta-
mento per i binari dei tram ricono-
scendone solo cinque. Durante la
prima guerra mondiale gli stan-
dard del comitato furono ampia-
mente utilizzati dall’esercito e dal-
la marina britannici. Nel 1918 la
denominazione del comitato di-
venta British Engineering Stan-
dards Association mentre Il 22
aprile 1929 riceve il primo di due
riconoscimenti ufficiali governati-
vi i Royal Charter; il secondo gli
sarà assegnato nel 1931, anno in
cui assunse definitivamente la
denominazione di British Stan-
dards Institution.
In Germania il Normenausschuss
der Deutschen Industrie (Comitato
di Normazione dell'industria tede-
sca) nasce il 22 dicembre 1917 con
il compito di standardizzare gli
elementi più importanti delle
macchine. Il suo primo standard, il
DI-1 per le spine coniche, fu rila-
sciato nel marzo 1918. Nel 1926 il
comitato fu ribattezzato in Deu-
tscher Normenausschuß
(Comitato Tedesco di Normazione)
per giungere, infine, all'attuale de-
nominazione di DIN da Deutsches
Institut für Normung (Istituto te-
desco per la standardizzazione)
nel 1975.
Negli USA l’American Engineering
Standards Committee (AESC) fu
fondato il 14 maggio 1918 per l’ini-
ziativa di cinque Società di Inge-
gneria (AIEE, ASME, ASCE, AIME e
ASTM) e tre agenzie governative.
Nel 1928, l'AESC è rinominata
American Standard Association
(ASA). Nel 1931 l’ASA è affiliata con
il Comitato Nazionale statunitense
presso l’International Electrotech-
nical Commission (IEC). Nel 1966,
l'ASA viene riorganizzata e diven-
ta United States of America Stan-
dards Institute (USASI). Il nome
attuale, American National Stan-
dards Institute (ANSI), è stato
adottato nel 1969.
In Italia il 26 gennaio 1921 fu fon-
data un’associazione privata che
aveva lo scopo di fissare “tipi uni-
ficati” e che subito si poneva come
organismo normativo nazionale:
la UNIM, Unificazione dell’ Indu-
stria Meccanica su iniziativa
dell’allora Associazione Nazionale
fra gli Industriali Meccanici e Affi-
ni (ora ANIMA), della Confedera-
zione Generale dell’Industria Ita-
liana (ora Confindustria), del Co-
mitato Nazionale Scientifico Tec-
nico (ora CNR), dell’Associazione
Elettrotecnica Italiana (ora CEI). Il
nome, neanche a dirlo, fu ideato
non da un tecnico ma da Gabriele
d’Annunzio che dopo aver consul-
tato vari dizionari per la ricerca
della traduzione del francese
“normalisation”, dell’inglese
“standardization” e del tedesco
“Normung”, coniò il neologismo
“Unificazione”. Nel 1930 l’UNIM si
trasformò in UNI, cioè Ente Nazio-
nale per l’Unificazione nell’Indu-
stria. Il 20 settembre 1955 il DPR
n.1522 riconosceva giuridicamen-
te l’UNI. Lo statuto associativo, an-
cora in vigore, è stato approvato
con Decreto Ministeriale del 6 set-
tembre 1991. Il riconoscimento
dell’UNI, come Organismo nazio-
nale italiano di normazione, da
parte della CEE tramite Direttiva
Europea 83/189/CEE del marzo
1983, recepita dal Governo Italiano
con la Legge n. 317 del 21 giugno
1986.
Tra le prime istituzioni internazio-
nali di normazione nasce, il 26
giugno 1906, la International Elec-
trotecnical Commission IEC per il
settore elettrico; originariamente
allocata a Londra, la Commissione
è poi trasferita, nel 1948, nella sede
attuale di Ginevra.
Il Kitemark®
Il marchio DIN
Il marchio ASA
Il marchio UNI
Il marchio IEC
2929
E LA PROGETTAZIONE
Da ISA ad ISO
Per quel che riguarda la nascita
degli enti normatori internazionali
ho faticato non poco a trovare del-
le notizie storiche interessanti ed
attendibili fino a che non mi sono
imbattuto nel bel lavoro di Willy
Kuert “Friendship among equals”.
Kuert era il delegato svizzero alla
Conferenza di Londra del 1946 per
la fondazione dell’ISO e, fortunata-
mente, ha realizzato molti testi su
questo argomento fornendo anche
uno scenario storico molto detta-
gliato. Per molti Paesi, come ab-
biamo visto, la necessità di stan-
dard e standardizzazioni si è co-
minciata maggiormente a sentire
verso la fine della prima guerra
mondiale. Il periodo a cavallo tra i
due conflitti mondiali è caratteriz-
zato da una crescita costante dei
mercati, specialmente a livello
regionale, che richiedeva sempre
di più delle norme globali per pro-
muovere il commercio di prodotti
e servizi. Anche se questa esigen-
za era ampiamente condivisa non
se ne fece nulla fino al 1926, anno
in cui ci fu il primo tentativo di
formare una federazione Interna-
zionale delle Associazioni nazio-
nali di Standardizzazione (ISA) a
New York con i seguenti Paesi:
Austria, Belgio, Canada, Cecoslo-
vacchia, Francia, Germania, Giap-
pone, Italia, Norvegia, Regno Unito,
Olanda, Svezia, USA. Nonostante
la presenza sulla carta dei rappre-
sentanti di Paesi che utilizzavano
i due principali sistemi di misura,
quello metrico e quello anglosas-
sone, le attività dell’ISA erano fo-
calizzate sullo sviluppo di stan-
dard metrici europei anche perché
i rappresentanti di Stati Uniti e
Canada non vi avevano mai parte-
cipato e la Gran Bretagna si era
unita ai lavori solo poco prima del-
lo scoppio della seconda guerra
mondiale. Kuert per descrivere i
risultati deludenti di quel periodo
iniziale riporta le affermazioni ri-
lasciate, durante un’assemblea
generale dell’ISO del 1976, da uno
dei fondatori dell'ISA, il norvegese
K. Heidelberg: "…non ha mai soddi-
sfatto le nostre aspettative […] i
bollettini informativi non erano
mai più di un solo foglio di carta
stampata… ". D'altra parte Heidel-
berg, nello stesso intervento, sot-
tolinea anche che l'ISA servì da
prototipo per l’attuale struttura
organizzativa dell’ISO che rispon-
de ancora a quell’organigramma di
Fig. 11. Gli interessi divergenti tra
le delegazioni dei Paesi anglosas-
soni e quelli europei rallentarono
Organigramma creato per ISA nel 1926 e ancora in vigore in ISO
3030
BASI PER IL DISEGNO
I 65 delegati che parteciparono ai lavori della storica conferenza di Londra in cui fu fondata ufficialmente l’ISO
Il frontespizio di “Friendship among equals” (amicizia tra simili) e il suo autore Willy Kuert delegato svizzero alla Conferenza di
Londra
3131
enormemente i lavori dell’organiz-
zazione a partire dall’ubicazione
della sede del Segretariato Genera-
le che, solo nel 1928, fu indicata
nella città di Praga anche se si
rivelò assolutamente una scelta
felice per via dei tra-
gici imminenti svi-
luppi della seconda
guerra mondiale. In-
fatti l’esercito tede-
sco che aveva ormai
occupato la Cecoslo-
vacchia non vedeva
di buon occhio un’or-
ganizzazione che
aveva tra i suoi
iscritti i delegati dei
Paesi dello schieramento nemico e
cominciò ad osteggiare e a fare
sempre maggiori pressioni sulla
Segreteria Generale. Per quanto
possa sembrare incredibile in quel
periodo l’ISA fu, di fatto, portata
avanti dagli sforzi del solo Segre-
tario Generale: Huber Ruf, un inge-
gnere svizzero che gestì, con il so-
lo l'aiuto della sua famiglia dalla
sua casa di Basilea, la redazione, la
traduzione e la riproduzione di
documenti. Nonostante tutto il
Presidente, nel 1939, si vide co-
stretto ad interrompere le attività e
proporre un voto sulla questione di
trasferire l'Organizzazione in Sviz-
zera, essendo questo un Paese
neutrale. Quasi verso la fine della
seconda guerra mondiale, nel 1944,
alcune organizzazioni statuniten-
si, canadesi e britanniche fondano
lo United Nations Standards Coor-
dinating Committee (UNSCC) che,
come Kuert ricorda, “era aperto ai
soli Paesi alleati” dando così piena
egemonia ai Paesi anglosassoni.
Alla fine del conflitto si avevano
così due organizzazioni, di fatto
contrapposte, con alcun peso sul
piano internazionale.
Fu così che si decise
nel corso di una Con-
ferenza tenutasi a
Londra dal 14 al 26
ottobre del 1946 di
creare, finalmente,
un unico organismo
operante a livello
mondiale nel settore
della standardizzazio-
ne. Ai lavori partecipa-
rono 65 delegati provenienti ora da
ben 25 Paesi e il 24 ottobre nasce-
va così l’ISO: International Organi-
zation for Standardization che,
appena cinque anni dopo, pubbli-
cava il suo primo standard dal tito-
lo "Temperatura di riferimento
standard per la misurazione indu-
striale della lunghezza".
E LA PROGETTAZIONE
Questo grazioso cottage ospitava, nella veranda, i primi uffici del Segretario Generale dell’ISO
Della storica sede di Praga dell’ISA resta solo questa targa
3232
3333
CINEMA E ANIMAZIONE
Humandroid
H
umandroid (Chappie) è
un film del 2015 scritto e
diretto da Neill
Blomkamp e prodotto
dalla Warner Bros; è la versione ci-
nematografica del cortometraggio
Tetra Vaal del 2004, scritto e diretto
dallo stesso Blomkamp. Le riprese
del film sono iniziate nell'ottobre
2013 a Johannesburg, in Sudafrica,
terminando nel febbraio 2014. Il pri-
mo trailer è diffuso il 4 novembre
2014; quello italiano il 10 dicembre.
Distribuito nelle sale cinematogra-
fiche statunitensi a partire dal 6
marzo 2015, in quelle italiane è arri-
vato 9 aprile.
Johannesburg, 2006. In una città
dove aggressioni, omicidi, rapine e
regolamenti di conto sono ormai
all’ordine del giorno, le forze dell’or-
dine decidono di servirsi di robot
umanoidi per combattere il crimi-
ne. Gli Scout, questo è il nome degli
androidi, sono stati costruiti dalla
Tetravaal e ideati dal giovane inge-
gnere indiano Deon Wilson, dedito
da tempo agli studi sull’intelligenza
artificiale. Gli Scout sono program-
mati per rispondere agli ordini
umani, interagendo perfettamente
con i poliziotti durante le loro ope-
razioni: il sogno di Deon, però, è
quello di dotare questi androidi di
una vera e propria coscienza ma
viene osteggiato sia da Michelle
Bradley, presidente dell’impresa
interessata solo al profitto, che da
Vincent Moore, ex militare e collega
invidioso che vorrebbe proporre, in
alternativa agli Scout, Moose, una
vera e propria macchina da guerra
manovrabile con un casco neurale.
Quando Deon decide di rubare il
robot Chappie dal magazzino degli
oggetti da rottamare per tentare di
programmare un chip che lo possa
umanizzare, tre criminali, Yolandi,
Ninja e Amerika, in debito con un
gangster locale, decidono di rapire
Deon, e con lui Chappie, per convin-
cerlo a “spegnere” i suoi robot. In
realtà, si troveranno alle prese con
un droide che è ancora “bambino” e
che ha tutto da imparare e che vor-
rebbero impiegare per i loro loschi
crimini. Chappie diverrà l’unico
androide capace di pensare, capaci-
tà che lo fa apparire pericoloso per
l’uomo e che
darà vita ad
una spietata
caccia al
robot con lo
scopo di
sterminarli
definitiva-
mente.
Ambientato nei bassifondi di una
futura Johannesburg, il film vede
tra i protagonisti un insolito Hugh
Jackman nel ruolo antagonista del
perfido Vincent e Sigourney Wea-
ver in quello stereotipato della spie-
tata industriale Michelle; ai tre cri-
minali prestano il volto il gruppo
rap dei Die Antwoord (Yolandi e
Ninja) e Jose Pablo Cantillo
(Amerika). I tre “cattivi”, ma poi non
tanto cattivi, diventeranno una sor-
ta di genitori adottivi del robot
“bambino”: le loro scene con questo
figlio al titanio che da un lato viene
educato con pazienza e tenerezza e,
dall’altro, sfruttato e ingannato, so-
no il cuore del film e la sua parte
migliore. Deon Wilson è interpreta-
to dall’ottimo Dev Patel, già prota-
gonista di The Millionaire, mentre
l’”invisibile” Sharlto Copley dà voce
e motion capture all’androide Chap-
pie e, benchè sia convertito digital-
mente in un personaggio al titanio,
l’attore sudafricano, grazie alla sua
grande performance fisica, dà una
vera credibilità umana a Chappie
perché, oltre alle movenze e posture
meccaniche, regala all’androide
gesti molto “umanizzati”. Di fatto,
l’indovinato design di Chappie, col
particolare delle orecchie che ag-
giungono espressività a un volto in
apparenza incapace di mostrare
emozioni, lo rendono il personaggio
più simpatico del film.
La creazione di Humandroid ha
avuto inizio, per il regista appassio-
nato di effetti speciali, circa 10 anni
fa con la realizzazione di un promo
intitolato Tetra Vaal. Gli effetti visi-
vi del film sono curati dalla Image
Engine che ha sede a Vancouver e
che è nota per aver collaborato per
la serie Stargate SG-1 e per essere
stata candidata al Premio Oscar per
i migliori effetti speciali nel 2010
per il film District, sempre di
Blomkamp. Con Humandroid ha
collaborato anche la Weta Work-
shop, una compagnia neozelandese
che fornisce materiale di scena e
servizi cinematografici, particolar-
mente specializzata nella realizza-
zione di scenografie e produzione
di effetti speciali di tipo fisico come
miniature e modellini. La sua noto-
rietà ha raggiunto l’apice con la rea-
lizzazione degli effetti per la trilo-
gia de Il Signore degli Anelli di cui
ha prodotto i set, i costumi, il truc-
co, le creature e le miniature, noto-
rietà confermata, nel 2009, con un
altro film di grande successo, Ava-
tar.
Tornando a Chappie, Blomkamp lo
ha progettato nel 2003 in Lightwave
3D, prendendo spunto da disegni
manga e anime giapponesi. Light-
Wave 3D è un programma di com-
di Nunzia Nullo
“Ogni bambino viene al mondo pieno di promesse e CHAPPIE non è da
meno: dotato, speciale, un vero prodigio. Come ogni bambino, CHAPPIE
verrà influenzato da chi lo circonda - nel bene e nel male - e farà affida-
mento al suo cuore per trovare il proprio posto nel mondo e diventare
l'uomo che ha sempre voluto. Ma c'è una cosa che rende CHAPPIE di-
verso da tutti gli altri: lui è un robot. Il primo robot capace di pensare e
provare sentimenti autonomamente. La sua vita, la sua storia, cambie-
ranno il modo di vedere rispetto ad umani e robot per sempre.”
3434
puter grafica per la modellazione
3D e l’animazione ed è noto per le
sue eccellenti capacità di rendering
e l’interfaccia inusuale in cui non
appaiono icone ma solo dei grandi
pulsanti etichettati. Rispetto ai più
famosi 3D Studio Max e Maya ha
delle mancanze ma la versione 9 ne
ha eliminate almeno tre importanti
fornendo una struttura a Nodi per i
materiali ed un più efficiente algo-
ritmo di Subpatching. Infine, il pro-
blema di fornire motori di rende-
ring alternativi è stato risolto trami-
te FPrime, un componente addizio-
nale a pagamento che aggiunge
funzionalità. Per ulteriori dettagli
sul programma consultare: http://
it.wikipedia.org/wiki/
LightWave_3D
E’ chiaro che Blomkamp, futuro re-
gista del prossimo episodio della
saga di Alien, si è molto divertito a
realizzare Humandroid e lo ha
sfruttato per prepararsi al meglio
per questo progetto molto più impe-
gnativo. Humandroid è chiaramen-
te un omaggio, per riferimenti te-
matici ed estetici, al film Robocop,
che è molto amato dal regista, ma
anche, tanto per citarne qualcuno, a
Corto circuito e Il tagliaerbe. Tutta-
via, alla fine, la riflessione esisten-
ziale ha il sopravvento sull’action: il
“tenero” Chappie, costruito in tita-
nio e quindi indistruttibile, ha però
una data di scadenza data dalla sua
batteria difettosa e limitata. Ed è
toccante il momento in cui questo
androide capisce ciò chiedendosi
cosa sia la coscienza e se è possibi-
le trasferirla altrove quando il pro-
prio corpo cessa di funzionare. Hu-
mandroid è dunque un’opera in cui
vengono toccati temi importanti
come l’immortalità, la tangibilità
della coscienza, il libero arbitrio,
l’umanizzazione delle macchine, i
progressi della robotica ma anche i
rapporti tra genitori e figli e la vio-
lenza. Chappie, alla fine, è la realiz-
zazione del sogno di molti scienzia-
ti e autori di fantascienza: un robot
dall’intelligenza artificiale ma che
parla, pensa e soffre come un esse-
re umano.
CINEMA E ANIMAZIONE
Il protagonista del film, Chappie, in due momenti del film
3535
3636
D
efinire Ettore Sottsass
semplicemente e cano-
nicamente una figura
eclettica e poliedrica, è
veramente riduttivo dal momento
che questo protagonista della sce-
na artistica ed architettonica ita-
liana sfugge a qualsiasi etichetta-
tura e classificazione. Ben ses-
sant’anni di carriera che lo hanno
visto designer, architetto, urbani-
sta, pittore, viaggiatore, fotografo.
Costantemente impegnato a capire
la sua anima più profonda ha at-
traversato i maggiori trend cultu-
rali dello scorso secolo: Razionali-
smo, il Movimento Arte Concreta,
lo Spazialismo, la cultura Pop.
Sintesi biografica
Architetto e designer, Ettore Sott-
sass junior nasce in Austria a Inn-
sbruck nel 1917 da Antonia Peint-
ner e dall'architetto Ettore Sott-
sass senior. Dopo gli studi liceali si
laurea in architettura al Politecni-
co di Torino nel 1939 e successiva-
mente affronta un periodo di ap-
prendistato che si concluderà, nel
1947, con l’apertura del suo primo
studio di design a Milano ove co-
mincia a collaborare con Giuseppe
Pagano. Il gruppo MAC con cui
partecipa alla prima collettiva di
Milano (Movimento di Arte Con-
creta) lo accoglie come pittore nel
1948. È tra i promotori della mostra
sull’Arte astratta in Italia tenuta a
Roma nello stesso anno e pochi
mesi da questo evento aderisce
allo Spazialismo. Sottsass Lavora
con vari materiali come la cerami-
ca, lo smalto su rame, la gioielleria
e il vetro con cui, nel 1975, realizza
alcune opere eseguite in un limita-
to numero di copie per Artemide
dalla vetreria muranese Vistosi.
Sergio Cammilli, nel 1957, lo nomi-
na art director della sua azienda
Poltronova ad Agliana. E’ il 1958
quando Sottsass inizia la sua col-
laborazione con la Olivetti occu-
pandosi del settore computer de-
sign al fianco di Marcello Nizzoli,
di cui sarà successore dopo il riti-
ro. Olivetti e Sottsass sono un bi-
nomio di eccellenza che
durerà per circa 30 anni
facendo nascere uno sti-
le tutto nuovo per i pro-
dotti da ufficio dell’a-
zienda di Ivrea. Gli
esempi più belli della
produzione di Sottsass
sono sicuramente le cal-
colatrici Summa-19, Di-
visumma 26 e Logos 27
(1963), le macchine da
scrivere Praxis 48 (1964)
e Valentine (con Perry
King) e il sistema di mo-
bili per ufficio Synthesis
(1973). Il progetto più
importante è stato il
computer mainframe
Elea 9003 (1959), grazie
al quale vinse il Compas-
so D'Oro nel 1959. Nel
1972 è al MoMA di New
York come partecipante alla mo-
stra Italy: the new domestic
landscape. Quattro anni dopo rice-
ve una laurea honoris causa al
Royal College of Art di Londra, do-
po essere stato impegnato in un
lungo tour di conferenze in Inghil-
terra. nel 1979 partecipa al Design
Forum di Linz con il gruppo Alchi-
mia, presentando tre lavori: Seg-
giolina da pranzo, la piantana
Svincolo e il tavolino Le strutture
tremano. Nel 1980 fonda lo studio
Sottsass Associati insieme ad Aldo
Cibic, Matteo Thun, Marco Zanini e
Marco Marabelli. Il 1981 è l’anno
della fondazione del gruppo di ar-
chitetti Memphis assieme a Hans
Hollein, Arata Isozaki, Andrea
Branzi, Michele de Lucchi tra i no-
mi più noti. Realizza l'edificio con-
dominiale di viale Roma a Marina
di Massa, del 1985, rappresenta
una vera sintesi della sua partico-
lare concezione architettonica ric-
ca di soluzioni originalissime per
aumentare il comfort degli abitan-
ti. Nel 1988 fonda insieme a Barba-
ra Radice, Christoph Radl, Anna
Wagner e Santi Caleca il magazine
Terrazzo che si occupa di architet-
tura e design fino al 1996, anno del
tredicesimo e ultimo numero. Il
maestro muore all'età di no-
vant'anni nella sua abitazione mi-
lanese il 31 dicembre 2007 per uno
scompenso cardiaco avvenuto du-
rante un'influenza.
La poetica multiverso di Sottsass
Sottsass è stato anche particolar-
mente legato alla letteratura ed ai
DESIGNER
Ettore Sottsass
di Salvio Giglio
3737
R’s STORY
Olivetti Summa 19 Olivetti Divisumma 26
Olivetti Praxis 48
Olivetti Logos 27
Olivetti, mobili per ufficio serie sistema 45Olivetti Valentinae
3838
DESIGNER
Due immagini del computer mainframe Olivetti Elea 9003, grazie al quale Sottsass vinse il Compasso D'Oro nel 1959
3939
R’s STORY
poeti della Beat Generation. Incon-
trerà molti di essi nel corso della
sua vita a San Francisco: Jack Ke-
rouac, Lawrence Ferlinghetti, Neil
Cassady, Gregory Corso, e soprat-
tutto Allen Ginsberg. Di questo au-
tore Sottsass elegge il poema Howl
(L’Urlo) come una sorta di manife-
sto della sua poetica progettuale,
intravedendo in quella sensoriali-
tà pura e incontaminata, che ani-
ma l’opera di Ginsberg, l’origine
inusitata di realtà oggettive ove
era impensabile ci fossero semi
radici e sotto strutture. Era amico
suo e di sua moglie la scrittrice e
poetessa Fernanda Pivano il gran-
de Ernest Hemingway. La ric-
chezza delle sue esperienze con-
tribuisce a definire il profilo parti-
colarissimo di Sottsass, che come
scrivevo in apertura sfugge ad una
codificazione precisa in quanto è
un artista multiverso, capace di
contaminare il suo mestiere di
architetto con apporti provenienti
da diverse discipline e sorgenti
culturali. Le sue innumerevoli col-
laborazioni con giovani talenti, nel
corso della sua lunga carriera,
hanno creato poi dei nomi inter-
nazionalmente noti nel mondo del
design e dell'architettura di cui
James Irvine è solo un esempio.
Mostre e riconoscimenti
Innumerevoli sono stati i tributi
alla tanto prolifica attività di Sott-
sass in termini di mostre persona-
li tra cui emergono:
le due mostre personali del 1994 e
del 2003 al centro Georges Pompi-
dou di Parigi;
la mostra al Centro per l'arte con-
temporanea Luigi Pecci di Prato
del 1999;
la mostra del Suntory Museum di
Ōsaka del 2000,
le due mostre curate da Milco Car-
boni al Museo d'Arte Decorativa di
Colonia nel 2004 e quella al MART
di Rovereto nel 2005.
Da sinistra, la piantana Svincolo, la Seggiolina, il tavolino Le strutture tremano, le lampade Ultrafragola e Asteroide e il
vaso Shiva
Ettore Sottsass e la moglie Fernanda Pivano, sua musa ispiratrice
4040
4141
INTERVISTA
Juan Gonzalez Gomez
C
iao Juan. Benvenuto su
CADZINE. Presentati ai
nostri lettori.
Salve! Sono un ricercato-
re di robotica, ma mi piace definir-
mi sia come un hacker che come
maker. Credo molto nello spirito di
condivisione Open Source delle
informazioni. Attualmente sto la-
vorando a bq, una società spagno-
la dedicata alla vendita di disposi-
tivi multimediali e stampanti 3D.
Ho 42 anni. Il mio nick è Obijuan.
Viene da Obi Wan + Juan (sono un
fan di Star Wars).
Non passa un giorno che uno o più
dei tuoi post stupendi sono su
Google Plus.... Cosa hai studiato
per raggiungere questo livello di
bravura con la tecnologia?
Beh, in primo luogo dal mio per-
corso formativo: sono un ingegne-
re delle telecomunicazioni (C.d.L
di sei anni), Master in Informatica
(2 anni) e Dottorato di Ricerca in
Robotica (4 anni). Ora per me la
cosa più importanti è: imparare
costantemente. Non ho acquisito
le conoscenze sui robot stampabi-
li, le stampanti e la progettazione
3D studiando. Queste cose le ho
imparate da solo, grazie alla Co-
munità e ad internet! Tutto il sape-
re è lì e questo grazie alle persone.
Questo è il motivo per cui io credo
nell’Open Source. Alla gente piace
condividere la conoscenza. La
gente vuole condividere questo!
Quando hai cominciato ad interes-
sarti di automazione e robot?
Da quando avevo 5 anni. Mi piac-
que moltissimo la serie TV anime
il Mazinga Z :-) Da allora, sono sta-
to ossessionato dai robot. A quel
tempo non c'era internet. Sono
cresciuto senza internet e con
quasi nessuna possibilità di acce-
dere alle conoscenze tecnologi-
che. Per questo motivo, quando ho
scoperto l’Open Source e i sistemi
Gnu / Linux mi sono veramente
innamorato di questi. Tutto il codi-
ce sorgente era finalmente dispo-
nibile! Tutta la conoscenza era lì!!
Noi abbiamo gli stessi ideali per la
divulgazione tecnologica; ti sei
mai occupato di insegnamento e
formazione?
:-) No. Mi piace molto imparare
Conosco Juan via Google Plus ed in particolare il suo straordinario ed immenso lavoro di divulgazione in nome di
un convinto e militante principio Open Access che me lo ha reso simpatico sin da subito… Quando ho tradotto l’in-
tervista ho realizzato ancora una volta che Google Plus e il Web sono luoghi meravigliosi e pieni di persone straor-
dinarie...
di Salvio Giglio
4242
INTER
4343
RVISTA
cose nuove e poi insegnarle alle
persone. Trascorro il mio tempo
facendo tutorial e materiale gra-
tuito per l'insegnamento. Ma io
insegno solo applicazioni Open
Source e Open Hardware.
Dalla tua pagina di profilo leggo
che sei un maker e che print, con
una RepRap, pezzi di robot... Che
modello di stampante RepRap hai?
Sono stato coinvolto nel mondo
della stampa 3D solo perché vole-
vo stampare dei robot! :-)
Ho 4 stampanti RepRap a casa: 2
Prusa I2 e 2 Prusa I3 Efesto
E’ stato difficile mettere insieme
tutti pezzi della RepRap? Quanto
tempo ci hai messo?
Ho montato la mia prima RepRap
nel 2011. E 'stato un compito piut-
tosto complesso. Mi ci è voluto
circa un mese. La parte più diffici-
le è stata quella di trovare tutti i
componenti. Ho stampato tutte le
parti della mia Makerbot Cupcake
(che all’epoca erano open source).
Quale software di modellazione 3D
usi per i tuoi modelli da stampare?
Io lavoro solo con il software Open
Source. So che ci sono applicazio-
ni proprietarie più potenti... ma
non sono Open Source e sono pen-
sate in modo che nessuno possa
leggere il loro codice sorgente e
modificarlo. Con FreeCAD posso
farlo. Posso migliorare il software.
La Comunità lo può migliorare…
Cosa manca ancora alle stampanti
3D, come saranno secondo te le
stampanti del futuro?
Le stampanti FDM attuali sono
piuttosto lente e la loro qualità di
stampa è appena sufficiente. Ma è
solo l'inizio. Penso che il futuro è
delle stampanti DLP Open Source
che potranno offrire, potenzial-
mente, alta qualità e velocità allo
stesso tempo.
Quale MCU usi per i tuoi robot?
Conosci Arduino?
Atmel MCU con schede Arduino
compatibili. La Comunità è così
grande... ci sono così molte cono-
scenze disponibili...
Usi qualche CAD particolare per
sviluppare i tuoi PCB? Se si, quale?
Sì. Ancora una volta, solo il soft-
ware Open Source. Sto usando
KiCAD, che è anche uno degli stru-
menti di progettazione utilizzati
dal CERN di Ginevra.
Come si possono migliorare le pro-
prie conoscenze di meccaniche for
the robotica?
Studiando e realizzando i progetti
pubblicati da altri utenti :-) Infatti,
grazie alla rete e alle stampanti
3D, le parti possono essere tele-
copiate da un luogo all'altro, in un
tempo molto breve.
Cosa ne pensi dei Social Net-
works?
Mi piacciono davvero molto :-) So-
no incredibili per la condivisione
delle conoscenze e per imparare
cose nuove dagli altri
Quando ti sei iscritto su Google
Plus? E’ il tuo Social preferito?
Non ricordo bene… ma credo che
sia stato nel 2011. Mi piace molto
Google+. I miei due social network
preferiti sono Twitter e Google+
Una domanda ad cittadino euro-
peo... Cosa ne pensi dell'UE? E'
cambiato qualcosa in meglio o è
rimasto tutto uguale a prima?
Non mi piacciono i politici ma mi
piace la gente. Credo che le perso-
ne dovrebbe essere in grado di
muoversi da un Paese all'altro
senza essere filtrati da frontiere.
Prima dell'UE, l'attraversamento
delle frontiere era un vero dolore.
Anche avere la stessa moneta è,
secondo me, un grande vantaggio
per il commercio e gli spostamenti
ma il problema restano i politici:
non lavorano per le persone ma
solo per i potenti.
Cosa consiglieresti ad un ragazzo
appassionato di tecnologia ma che
è solo un principiante?
Costruire cose. Utilizzare il soft-
ware Open Source. Condividere le
proprie conoscenze. Non lamen-
tarsi solo della qualità di un'appli-
cazione Open Source dal momento
che basta scaricare i suoi sorgenti
per migliorarla! Fare parte della
Comunità. Utilizzare Github :-)
4444
4545
MATEMATICA & DINTORNI
Come calcolare l’area
di una nuvola (e la ma-
gia dell’infinito)
V
oglio partire con un sa-
luto per i lettori di CAD-
ZINE e presentarmi un
attimino… Sono nato a
Napoli nel 1970, sono laureato in
Matematica ed Informatico di pro-
fessione, da sempre appassionato
di tecnologia e di Internet, di sport
e di ecologia, di cinema e di libri...
Mi piace mischiare le mie passio-
ni e da questi minestroni nascono
progetti come il mio sito faC-
Cebook.eu
La nuvola, la regina delle forme
irregolari
Immaginiamo una nuvola: è, per
definizione, la regina delle figure
irregolari. Supponiamo di volerne
calcolare l’area, cioè misurare la
superficie che occupa in cielo. Un
buon metodo è ricoprire l’intera
nuvola con una serie di mattonelle
quadrate la cui area è nota, ipotiz-
ziamo di un metro quadro. Se riu-
scissimo a foderare la nuvola uti-
lizzando – ad esempio 50 matto-
nelle – potremmo affermare che
l’area della nuvola vale, più o me-
no 50 metri quadrati.
L’errore dipende dal numero di
mattonelle
La stima è imprecisa: l’errore che
si commette è dovu-
to all’approssimare l’area della
nuvola (di forma irregolare) come
somma di aree di figure regolari (le
mattonelle quadrate). La differen-
za (lo scarto) diminuisce se utiliz-
ziamo piastrelle di dimensioni mi-
nori che, però, implica incremen-
tare il numero di elementi da usa-
re. L’errore, quindi, dipende
dal numero di piastrelle a disposi-
zione: esso tende a zero (ma in
realtà non è mai nullo) con l’au-
mentare della quantità di matto-
nelle.
E se usassimo infiniti granelli di
sabbia?
La sfida è avvincente e desideria-
mo migliorare la stima: passiamo
dalle mattonelle a piccoli granelli
di sabbia. Supponiamo che sia no-
ta l’area del singolo e microscopi-
co granello di sabbia (ad esempio,
un millimetro quadrato): con un
po’ di impegno, riusciamo a rive-
stire l’intera nuvola (anche nei
contorni) con una certa precisione
con un numero altissimo di chic-
chi (altissimo ma sempre finito!).
Più alto sarà questo numero, più
di Mario Monfrecola
Dalla soffice forma di una nuvola rica-
viamo il suo profilo con un bordo rosso
che ci servirà per il nostro esperimento
Nuvola coperta da un numero basso di
mattonelle (errore alto).
Più si infittisce il numero di mattonelle
più diminuisce l’errore
4646
4747
Ricoprendo la nuvola con un numero elevatissimo ma
finito di granelli di sabbia la misurazione della
superficie risulta molto più precisa anche se presenta
un errore non nullo.
MATEMATICA & DINTORNI
precisa sarà la nostra misurazio-
ne, minore sarà l’errore che si
commetterà nell’approssimare
l’area della nuvola come sommato-
ria di arie infinitesimali. Se – per
assurdo – avessimo a disposizione
un numero INFINITO di granelli di
sabbia, potremmo ricoprire l’intera
superficie della nuvola in modo
uniforme, senza “buchi” e calcola-
re precisamente la sua area come
somma di infinite aree: tale misu-
razione sarebbe esatta con errore
zero.
Il limite, magia dell’Analisi Mate-
matica
Il paradosso è servito: nella realtà
non abbiamo a disposizione l’infi-
nito, ci dobbiamo accontentare dei
“miliardi” che – seppure siano un
valore illimitato – è pur sempre
finito, cioè possibile da contare (in
teoria). Per nostra fortuna, il mon-
do Matematico, a differenza di
quanto si immagini, è magico e
fantasioso e tutto diventa possibi-
le, anche toccare con mano l’oriz-
zonte. Lo strumento che ci per-
mette di raggiungere il confine tra
terra e mare è appunto il LIMITE.
Per chi desidera sognare, consiglio
la lettura della favola di Tau il To-
pologo.
http://www.faccebook.eu/
download/
tau_topologo_FrancoGhione.pdf
Proviamo adesso a ricoprire la nostra nuvola con un
numero infinito di granelli di sabbia in modo tale che
essa non presenti assolutamente alcun buco. A questo
punto il limite ci permetterà di calcolare esattamente,
senza errori, la superficie della nostra nuvoletta.
4848
4949
MUSICA
I
l dramma per musica, nato
nel 1600 sull'impulso del Re-
citar Cantando, si sviluppa
come spettacolo di corte da
rappresentarsi nelle occasioni im-
portanti, destinato quindi ad una
platea esclusiva e circoscritta a
quello specifico evento. Nel 1637,
con l'inaugurazione a Venezia del
primo teatro pubblico, il Teatro
San Cassiano, il melodramma di-
venta spettacolo indipendente,
rappresentato e replicato fino a
quando c'è un uditorio disposto a
pagare per assistervi. A questo
spettacolo collaborano più artisti,
il poeta, il musicista, lo scenografo
che realizzano quell'unicità
espressiva, la teatralizzazione de-
gli affetti e delle emozioni, allo
scopo di meravigliare, commuove-
re e avvincere il pubblico. Nel Sei-
cento, il melodramma gode di un
successo straordinario e la musi-
ca, come espressione del periodo
barocco, prende il sopravvento
sulle parole riducendo le funzioni
del testo a pura vocalità. Durante il
Settecento, in Italia, gli ideali este-
tici e poetici dell'Accademia
dell'Arcadia spingono verso una
riforma del genere, volta ad otte-
nere lo snellimento delle forme e
la restituzione al testo di una mag-
giore dignità: da ciò quindi la crea-
zione del libretto come genere a sé
stante. Tra le modifiche apportate
dai poeti arcadici al dramma mu-
sicale serio italiano abbiamo la
semplificazione della trama, la
soppressione dei soggetti comici,
la riduzione del numero delle arie,
la tendenza all'isometria, la predi-
lezione per le trame del teatro tra-
gico antico e per quello francese
moderno. Tra i maggiori esponenti
dell'Accademia dell'Arcadia, Pietro
Metastasio, più di ogni altro, riesce
a mediare testo e musica, esaltan-
do il fascino dello spettacolo: sem-
plifica e nobilita le forme, elimina
le parti buffe perché sono in con-
trasto con gli affetti galanti e le
rigide categorie formali dell'aristo-
crazia settecentesca, lascia spazio
alla bravura dei cantanti conferen-
do importanza all'aria col da capo.
I soggetti dei melodrammi sono
quelli tipici del genere, derivati
dalla storia antica e dal mito; i suoi
“drammi per musica” e le “azioni
teatrali” vengono musicati da
Händel, Hasse, Jommelli, Gluck,
Mozart e molti altri ancora. Pietro
Metastasio (Roma 1698 - Vienna
1782), pseudonimo di Pietro Tra-
passi, ottiene il suo primo grande
successo nel 1724 con il melo-
dramma Didone abbandonata; altri
lavori andati in scena a Roma in
quegli anni sono: Catone in Utica,
Semiramide riconosciuta, Alessan-
dro nell'Indie, Artaserse. Nel 1730,
Metastasio si trasferisce alla corte
di Vienna come poeta cesareo e vi
rimane per il resto dei suoi giorni;
nel decennio fino al 1740 scrive le
sue opere migliori, tra queste ri-
cordiamo in particolare: Demetrio,
di Nicola Amalfitano
Pietro Metastasio: innovatore
del melodramma settecentesco
Pietro Metastasio, dettaglio da un ritratto di Pompeo Batoni (collezione privata)
5050
MUS
Frontespizio dell’Artaserse di Hasse
5151
SICA
Adriano in Siria, Olimpiade e De-
mofoonte, La clemenza di Tito, e
l'azione sacra Betulia liberata. Me-
tastasio fissa i contenuti del libret-
to: idillio, tragedia, moralità, suc-
cessione tra finzione e realtà; defi-
nisce anche il comportamento dei
personaggi come, ad esempio, le
loro entrate e uscite dalla scena e
indirizza il testo verso l'armonia
delle parole. Assegna funzioni
specifiche alle arie e ai recitativi:
le prime esprimono la commozio-
ne rispetto a un fatto della vicen-
da, i secondi sono il momento di
riflessione dei personaggi rispetto
agli avvenimenti rappresentati. I
tratti distintivi del suo stile sono
individuabili nella sospensione
narrativa, negli equivoci, nelle sor-
prese continue; i diversi “affetti”
che straziano i personaggi, esita-
zioni, interrogativi, dubbi, rimorsi,
conflitti tra istinto e ragione, sono
accuratamente intrecciati ed equi-
librati in una continua e netta con-
trapposizione fra i due elementi
divenuti i pilastri dell’opera seria: i
recitativi in versi sciolti per i mo-
menti dinamici con funzione di
narrazione e dialogo, le arie in
strofe rimate per esprimere le pas-
sioni, gli affetti di un personaggio,
a conclusione di un'azione o di
una situazione scenica. Il linguag-
gio lirico, chiaro e immediato, fa-
cilmente comprensibile, mira alla
musicalità del testo per garantire
l'armonico equilibrio tra musica e
testo. Inoltre, a differenza dei me-
lodrammi del Seicento, nei quali i
recitativi, gli ariosi e le arie si al-
ternano secondo l'esigenza dell'a-
zione o del gusto dell'autore, Meta-
stasio stabilisce regole ben preci-
se, per cui la scena è costituita da
due parti: prima il recitativo, con il
quale viene esposta l'azione dram-
matica, poi l'aria attraverso la qua-
le l'attore principale dà voce all'e-
spressione dei sentimenti. L'attore
assolve a un duplice ruolo: nella
prima parte è personaggio del
dramma quando dialoga con gli
altri personaggi; nella seconda
parte è soggetto che esprime sen-
timenti ed emozioni proprie. Lo
schema di alternanze tra momenti
dinamici e statici prestabilisce
che la tensione emotiva accumu-
lata nel recitativo trovi nell'aria la
sua naturale definizione, il suo
sfogo e così, in questa specie di
accomodamento, l'azione e la mu-
sica possono convivere sviluppan-
dosi liberamente nel proprio ambi-
to. Ovviamente l'aria riveste il ruo-
lo principale, mentre i recitativi, i
brani d'insieme e strumentali han-
no funzioni di sostegno e di con-
torno, diventando quindi l'unità
fondamentale del melodramma.
Da questo momento in poi l'aria
assume sempre più importanza e i
cantanti con essa; si giunge così
ad una situazione di predominio di
questi ultimi che spesso affianca-
no il compositore nella creazione
dell'opera.
Ritratto di Pietro Metastasio e fondale per "Angelica vincitrice su Alcina"
5252
5353
NEW HARDWARE FOR CAD
B
en tornati al nostro ap-
puntamento mensile con
le nuove tecnologie
hardware per il CAD. In
questa puntata ci occuperemo di
una realizzazione di una tecnica
per il rilievo di oggetti di qualsiasi
ordine di grandezza alquanto rivo-
luzionaria ed economica poiché
basata quasi interamente sulle
immagini provenienti da una sem-
plice fotocamera digitale. Per certi
tratti questa tecnica discende dal-
la fotogrammetria di cui daremo,
per i lettori che non sono propria-
mente degli addetti ai lavori, una
definizione sintetica:
FOTOGRAMMETRIA (fo·to·gram·me·trì·a/
sostantivo femminile)
Metodo di rilevamento della planimetria
e altimetria di un terreno, consistente
nella ripresa di più fotografie del terre-
no eseguita, da aerei o satelliti, con spe-
ciali apparecchi che consentono di tra-
durre i fotogrammi in una proiezione
quotata della zona fotografata.
La fotogrammetria classica ha for-
nito a intere generazioni di proget-
tisti ottime cartografie territoriali
cartacee da cui, dopo aver acquisi-
to una certa pratica, si potevano
facilmente dedurre le connotazio-
ni essenziali di un territorio in ter-
mini di quote di livello, insedia-
menti abitativi, infrastrutture, ecc.
Dopo la seconda guerra mondiale
con la determinazione dei due
schieramenti USA e URSS nasce-
va, specialmente in ambito milita-
re, la necessità di ottenere dai ri-
lievi aerei informazioni territoriali
sempre più dettagliate e realisti-
che. La letteratura storica sulla
tecnologia relativa a questo settore
elenca cronologicamente ricerche,
inventori e tecniche legati alla fo-
togrammetria e ai suoi sviluppi
anche se il denominatore comune
restava sempre il concetto di ste-
reoscopia
STEREOSCOPIA (ste·re·o·sco·pì·a/ sostan-
tivo femminile)
1. La percezione del rilievo di un
oggetto in conseguenza della visio-
ne binoculare, dovuta al meccani-
smo fisiologico che porta, nei lobi
occipitali del cervello, all'elabora-
zione e alla fusione delle immagini
che si formano nelle retine dei due
occhi.
 La parte dell'ottica che ha per
oggetto lo studio della visione
in rilievo.
 Tecnica fotografica e cinema-
tografica per ottenere il senso
del rilievo riprendendo due
immagini del soggetto da due
punti di vista diversi.
Ecco perché, nel recente passato,
le sequenze di foto per i rilevi ri-
prese tramite un velivolo, erano
sempre acquisite a coppie di due
col fine ultimo di ricostruire un
modello stereoscopico tramite al-
cuni punti noti sul terreno. Il mo-
dello era esaminato da un foto-
interprete, attraverso uno stereo-
restitutore che disegnava le curve
di livello impiegando un pantogra-
fo e spostando una marca visiva
sul modello ottico del terreno. Un
radicale progresso tecnologico è
avvenuto quando al modello ste-
reoscopico è stato preferito quello
prospettico; un fatto rivoluzionario
questo perchè consentiva ora di
collimare punti ricavati da imma-
gini senza precisi riferimenti spa-
ziali. I primi esperimenti basati sul
nuovo modello si limitavano a ri-
costruire il “triangolo delle fughe”
e le forme scatolari. L’esperienza e
tantissimi affinamenti successivi
hanno condotto prima alla Multi-
ple View Geometry e poi, più re-
centemente, a questo nuovo meto-
III ed ultima puntata
di Salvio Giglio
SfM Structure from Motion
Un’immagine concettuale su come si è ottenuto il modello 3D del Colosseo in Building Rome in a Day nel 2009
5454
do di rilevamento tridimensionale
che è la Structure from Motion o
SfM.
Un progetto Open Source per la
SfM finanziato da Microsoft!
Può sembrare alquanto singolare
ma fu un progetto dei primi anni
del 2000, finanziato e coordinato
da Microsoft presso il laboratorio
CSE Graphics and Imaging Lab.
Grail dell’Università di Washing-
ton e affidato alla supervisione di
Richard Szeliski, responsabile
dell’Interactive Visual Media
Group della Microsoft Research, a
vedere nel 2008 la prima applica-
zione SfM che avrebbe permesso
di dare una rappresentazione tridi-
mensionale ricavata dalle foto dei
monumenti scattate dai turisti e
rese liberamente disponibili in
rete. Lo sviluppo del codice sor-
gente di Bundler, questo è il nome
dell’innovativo progetto, è stato
ideato e realizzato da Noah Snave-
ly e Steve Seitz con la partecipa-
zione di Kevin Chiu e Andy Hou.
Le applicazioni che adottano il co-
dice Bundler permettono di ricava-
re dalle collezioni non ordinate
d’immagini digitali inerenti un de-
terminato manufatto architettoni-
co una nuvola di punti 3D correda-
ta dalle posizioni dei punti di vista
e dei relativi assetti assunti dalla
fotocamera. Poco tempo dopo la
realizzazione e la pubblicazione
del progetto, Snavely in piena otti-
ca Open Source ha reso disponibile
liberamente i sorgenti del progetto
sul sito PhotoTour. Uno straordi-
nario esperimento di ricostruzione
virtuale tridimensionale di edifici
monumentali, in cui è stato appli-
cato Bundler con pieno successo
impiegando una collezione non
ordinata di oltre due milioni di im-
magini di Flirckr semplicemente
relazionate alla keyword “Rome”, è
sicuramente il progetto Building
Rome in a Day del 2009. I sequel
legati a questa iniziativa sono stati
numerosi e vi invito a consultare
questa bella pagina del progetto:
www.cs.cornell.edu/projects/
bigsfm/
In definitiva SfM si propone come
una soluzione brillante per il rilie-
vo tridimensionale rapido e a bas-
so costo dal momento che può im-
piegare hardware low cost e soft-
ware Open Source senza dover as-
solutamente rinunciare alla quali-
tà e alla precisione del prodotto
finale. Tantissime discipline si
avvalgono oggi della SfM per otte-
nere dati realistici dai rilievi come,
ad esempio, l’archeologia, la con-
servazione dei beni culturali, i ser-
vizi di Protezione Civile, l’architet-
tura e l’ingegneria, la geologia, ecc.
In pochi decenni scienza e tecnica
hanno realizzato con questa nuova
metodologia un qualcosa che ha
reso popolari, specialmente attra-
verso la rete, tecniche e concetti
che appartenevano prima solo a
determinati ambiti professionali
mettendo a disposizione realmen-
te di tutti siti ed applicazioni capa-
ci di restituirci, in qualche modo,
piccoli pezzi di mondo da osserva-
re comodamente sulla nostra scri-
vania!
NEW HARDWA
Restitutore Wild A40 in dotazione, negli anni
'80, al laboratorio di fotogrammetria
architettonica della Facoltà di Ingegneria di Bari
Strumento restitutore per prese nadirali munito di una coppia di
microscopi scorrevoli su guide. (Foto Ist. Geografico Militare)
5555
WARE FOR CAD
Il 3D da immagini o SfM
Il metodo Structure from Motion o
SfM impiega essenzialmente la
fotogrammetria digitale per le sue
elaborazioni avvalendosi di algo-
ritmi derivati dalla computer vi-
sion e dallo stereo matching una
tecnica di calcolo che, partendo da
un set di immagini bidimensiona-
li, consente di ottenere un modello
tridimensionale. Un antenato mol-
to prossimo a questo metodo di
rilievo può essere considerato la
stereo-fotografia anche se a diffe-
renza di questa nella SfM non è
necessario conoscere dall’inizio la
posizione reciproca dei punti di
vista degli scatti, né occorrono
supporti di ripresa particolarmen-
te robusti a meno che non ci siano
particolari necessità dovute alla
scarsa illuminazione. Unica con-
dizione legata alla ripresa delle
foto è quella che esse devono co-
prire tutta la visuale dell’oggetto
con un numero minimo di tre
scatti, leggermente sfalsati tra di
loro: uno per ogni punto di vista in
modo da offrire al software di ela-
borazione dei dati che permettano
una collimazione automatica otti-
male. La ripresa, quindi, si effettua
scattando un elevato numero di
foto semplicemente girando intor-
no all’oggetto senza che siano ne-
cessarie particolari precauzioni.
Questo aspetto permette l’installa-
zione delle apparecchiature di
scansione fotogrammetriche SfM
anche su droni volanti impiegati
principalmente per il rilievo di
edifici o grandi strutture. Il set di
immagini ottenuto sarà successi-
vamente trasferito in un program-
ma di Structure from Motion.
A sinistra, ’edificio che ospita il “Paul G. Allen Center For Computer Science & Engineering (CSE) dell’Università di
Washington. A destra Richard Szeliski, responsabile dell’Interactive Visual Media Group della Microsoft Research
Il simpatico Team di giovanissimi programmatori che ha sviluppato Bundler. Da sinistra: Noah Snavely, Steve Seitz, Kevin
Chiu e Andy Hou
Testata del sito PhotoTour che in maniera efficace riassume il funzionamento di Bundler
5656
NEW HARDWARE FOR CAD
Schermata di GLYP un progetto Open Source basato su SfM e realizzato per il modellatore 3D Maya
Come lavora un applicativo SfM
I software SfM si basano e lavora-
no su di un algoritmo chiamato
SIFT, che sta per Scale Invariant
Feature Transform. Questo siste-
ma riesce ad estrarre i punti
“notevoli” da un’immagine, rag-
gruppando quelli che stima essere
parte di un medesimo oggetto,
cioè uno dei tanti elementi che nel
loro insieme formano un comples-
sivo di maggiori dimensioni, allo
scopo di fornire un “riconoscitore
di forme” necessario alla compu-
ter vision. Il software analizza i
set d’immagini e riconosce per
primi i punti sugli spigoli degli
oggetti, scartando i punti che non
compaiono su tutte le foto. Per
correggere errori provenienti da
immagini simili, cioè scatti effet-
tuati da punti di vista vicini ma
non identici, i software SfM im-
piegano il sistema least-squares
ovvero di approssimazione ai mi-
nimi quadrati applicato alle forme
simili, che permette di individuare
i punti di vista da cui sono state
scattate le foto. Questa informa-
zione è un metadato raw associato
al file immagine JPG e rappresen-
ta il valore della focale fotografica.
Nel caso in cui il valore della foca-
le non sia presente, esso è stimato
in maniera approssimata automa-
ticamente. Il work flow seguito
idealmente dai software di elabo-
razione SfM consiste di tre distin-
te fasi elaborative.
La prima fase è quella più com-
plessa e ha come scopo la creazio-
ne della nuvola di punti grezza
comprende più passaggi quali:
 l’individuazione dei punti note-
voli sulle singole foto;
 la deduzione dei parametri fo-
tografici relativi ad ogni singo-
lo punto precedentemente in-
dividuato e che permetteranno
di determinare l’esatto valore
RGB indispensabile per il passo
successivo;
 intersezione dei punti notevoli,
precedentemente ricavati e
riconosciuti su più foto in base
a colore e posizione, per deter-
minarne le relative coordinate
nello spazio.
Il risultato grafico ottenuto da
questa prima fase di elaborazione
consiste in una nebulosa di punti
colorati che, nel suo insieme, ab-
bozza già tridimensionalmente
l’oggetto rilevato in una specie di
foto solida.
La fase successiva ha come obiet-
tivo la realizzazione del modello
tridimensionale dell’oggetto e
consiste anch’essa di più step di
sviluppo della modellazione in
parte simili a quelli della fase pre-
cedente:
 seconda ricognizione di nuovi
punti notevoli ancora più detta-
gliata;
 nuova intersezione dei punti
notevoli, appena rintracciati,
per rendere ancora più fitta la
nuvola di punti iniziale;
 chiusura dei punti della nuvola
impiegando una TIN (una
Triangulated Irregular Network
cioè un reticolato formato da
un insieme di maglie triangola-
ri di diversa grandezza, tecnica
ampiamente utilizzata nella
modellazione 3D, nella FEA, nel
DEM, ecc.) per modellare tridi-
mensionalmente l’oggetto.
La terza ed ultima fase consiste
nella sovrapposizione della “pelle”
del modello tridimensionale
dell’oggetto impiegando le texture
fotografiche ottenute dal set di
immagini provenienti dal rilievo.
5757
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6060
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CADZINE n° 4, aprile 2015, ANNO II
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CADZINE n° 4, aprile 2015, ANNO II

  • 1. 11 Il magazine della Community “AutoCAD, Rhino e SketchUp designers” su Google PlusIl magazine della Community “AutoCAD, Rhino e SketchUp designers” su Google Plus DAL 2014 DAL 2014 APRILE 2015 Anno II Numero 4 edizione gratuita /11 La pagina breadboard Breve storia delle breadboard il loro sviluppo commerciale e la prodigiosa basetta virtuale di Fritzing: impariamo ad usarla! /22 eXa Cross Tourer Mk3 Jocelyn Groizard ci ha stupiti con questo straordinario modello dedicato al I compleanno di CADZINE. Avantis ha sempre una marcia in più! /24 Come nasce una norma Continua il nostro viaggio attraver- so la storia degli Enti Normatori nazionali ed internazionali Il primo numero, quello Zero, era una semplice presentazione di Google Documenti che trovate ancora sulla no- stra pagina Edicola CADZINE su Google Plus. In dodici mesi sono stati realizzati oltre 150 articoli, abbiamo ospi- tato con interviste più di venti persone molte delle quali hanno un ruolo estremamente significativo in ambito professionale. Sono stati creati più di una decina di modelli 3D per corredare con immagini originali i nostri arti- coli. Per le nostre pagine hanno scritto più di 20 articolisti, anche di altri Paesi. Numero dopo numero abbiamo trovato sempre qualche nuovo consenso e questo ci incoraggia a proseguire su questa strada! CADZINE è un ma- gazine Open Access ed è di tutti! Grazie per averci seguito sinora! :-)
  • 2. 22 La Comm. per progettisti, disegnatori tecnici ed appassionati La prima Community italiana, della piattaforma Google Plus sul CAD e le sue applicazioni, per data di fondazione e numero di iscritti  BIM  CAD  CAD MEP  FEM  Linguaggi CAD  Modellatori 3D  Modellatori organici  Post produzione  Prog. edile  Altro software  Progettazione  Portfolios  A.N.T. Automotive  Stampa 3D  Concorsi  Curiosità
  • 3. 33 LA VITA È UN CONTINUO CONFRONTO CON LA REGOLA, CHE ESSA SI DÀ PER NON DIS- SOLVERSI NELL’INDISTINTO E CHE ESSA CREATIVAMENTE MUTA, PER RENDERLA PIÙ ADEGUATA AD AFFRONTARE LA REALTÀ SEMPRE NUOVA, COSTRUENDO INCESSANTE- MENTE NUOVE REGOLE. LE RIVOLUZIONI ARTISTICHE INFRANGONO ALCUNE LEGGI DEI LORO LINGUAGGI, SCOPRENDO COSÌ NUOVE FORME DEL MONDO E DELLA SUA RAPPRESENTAZIONE, CHE A LORO VOLTA OBBEDISCONO A CRITERI RIGOROSI. CLAUDIO MAGRIS (SCRITTORE) da nuovoeutile.it LA METTO IN CORNICE
  • 4. 44 Diario di bordo HOME Direttore responsabile: Salvio Giglio Redazione: Nicola Amalfitano, Antonello Buccella, Nunzia Nullo, Mario Monfrecola, Gianmarco Rogo Segretaria di redazione: Nunzia Nullo Redazione bozze: Nicola Amalfitano, Nunzia Nullo Per la rubrica ARDUINO ci occuperemo della pagina Breadboard scoprendo an- che la provenienza del ter- mine stesso di questo sup- porto per fare esperimenti. Jocelyn Groizard ci presenta la sua Avantis eXa Cross Tourer 2015 per la rubrica AUTOMOTIVE. Prosegue il viaggio nella storia delle Normative nella rubrica BASI PER IL DISEGNO E LA PROGETTA- ZIONE. N. Nullo ci presenta Humandroid per la rubrica CINEMA E ANIMAZIONE. Ettore Sottsass è la DESIGNER’S STO- RY di questo mese. Gradito ospite della rubrica INTERVI- STA è Juan Gonzalez Gomez. M. Monfrecola si presenta ai lettori con la sua rubrica MATEMATICA E DINTORNI pro- ponendoci di calcolare l’area di una nuvola. N. Amalfita- no ci parla di Pietro Metasta- sio e del melodramma sette- centesco nella sua rubrica dedicata alla MUSICA. Il rivo- luzionario sistema di rileva- mento SfM è oggetto della rubrica NEW HARDWARE FOR CAD. I consigli per delineare un’infrastruttura ottimale per la BIM li troverete nel Corso di orientamento alla BIM. Per il CORSO DI BASE DI- SKETCHUP si parla del menù File mentre F. Pieri conclude il minicorso sulle BASI DI QGIS. A. Buccella conclude il suo tutorial in 2 parti sulla produzione di filmati di pre- sentazione di modelli 3D con SketchUp. progettista [pro·get·tì·sta] sostantivo maschile e femminile Autore o presentatore rubriche corsi & tutorialPAG. 61 CORSO DI ORIENTAMENTO BIM di Salvio Giglio “Definire le infrastrutture di supporto per l’attuazione della BIM”, IX PUNTATA PAG. 64 CORSO DI BASE PER SKETCHUP di Salvio Giglio “Il menù FILE”, XI PUNTATA PAG. 66 LE B di Fabrizio P “ISistemidiRi IV ED ULTIMA PAG. 70 ELAB di Antonello “Come elabo II ED ULTIMA P PAG. 07 NEWS PAG. 09 EDITORIALE di Salvio Giglio “Una questione di… profilo” PAG. 11 ARDUINO di Salvio Giglio “Fritzing: la pagina Breadboard”, II PUNTATA PAG. 22 AUTOMOTIVE di Jocelyn Groizard “Avantis eXa Cross Tourer 2015” PAG. 24 BASI PER IL DISEGNO E LA PROGET- TAZIONE di Salvio Giglio “Come nasce una norma”, II PUNTATA PAG. 33 CINEMA E ANIMAZIONE di Nunzia Nullo “Humandroid” PAG. 36 DESIGNER’S STORY di Salvio Giglio “Ettore Sottsass” PAG. 41 INTERVISTA di Salvio Giglio “Juan Gonzalez Gomez” PAG. 45 MATEMATICA & DINTORNI di Mario Monfrecola “Come calcolare l’area di una nuvola (e la magia dell’infinito)” PAG. 49 MUSICA di Nicola Amalfitano “Pietro Metastasio: innovatore del melo- dramma settecentesco” PAG. 53 NEW HARDWARE FOR CAD di Sal- vio Giglio “SfM Structure from Motion”, III ED ULTIMA PUNTATA eventuali & vaPAG. 72 UMORISMO PAG. 73 GIOCHI
  • 5. 55 E PAGE Cos’è CADZINE è una rivista gratuita nata in seno alla Community di “AutoCAD, Rhino & Sket- chUp designer” per informare & formare disegnatori tecnici e appassionati sul CAD ed i suoi “derivati”. La pubblicità Le inserzioni pubblicitarie pre- senti sono gratuite e sono create e pubblicate a discrezione della redazione. Per contattarci Vuoi segnalarci un argomento? Vuoi suggerirci delle modifiche? Vuoi segnalarci degli errori? Vuoi pubblicare un tuo articolo? Scrivi una mail a: redazionecadzine@gmail.com Vuoi saperne di più su questo progetto? CADZINE è solo uno dei progetti crossmediali in corso legati alla nostra Community… Visita il nostro sito cadzine.jimdo.com/ e, se ti garba, collabora con noi mettendo a disposizione di tutti e gratuitamente le tue cono- scenze. Sarai il benvenuto! Impaginazione, pubblicità e progetto grafico: Salvio Giglio Editore: Calamèo (Hachette) E’ consentita la riproduzione di testi, foto e grafici citando la fonte e inviandoci la copia. La pubblicazione è CopyLeft & Open Access ;-) Pensandoci bene La necessità di parlare la stessa lingua Fino a che non si unificano, in qualche modo, i sistemi operativi e il codice del software, l’informatica non conoscerà mai una vera crescita e ci saranno sempre degli utenti tagliati fuori da quella che oggi è una necessità primaria: esser parte del Villaggio Globale di un progetto. Professionista specializzato in progetti. lsBASI DI QGIS Pieri iferimentopiùusatiinItalia”, PUNTATA BORAZIONE VIDEO CON SKETCHUP Buccella orare un Video con SketchUp”, PARTE arie
  • 6. 66
  • 7. 77 NEWS gli ultimi post prima di andare in stampa Concluso nel 2014 il ciclo tematico dedicato al rapporto tra la Nona Arte e le altre Arti Nobili, con un successo di affluenza di pubblico e di partecipazione di espositori e operatori professionali oltre ogni previsione, lo staff di Napoli COMI- CON è al lavoro per lanciare il nuo- vo ciclo a partire dal prossimo anno. La XVII edizione del Salone Inter- nazionale del Fumetto (e le sue sezioni “gemelle” del GameCon e di CartooNA), tornerà nel 2015 sempre nella sede della Mostra d’Oltremare, con un nuovo tema che accompa- gnerà Napoli COMICON fino all’edi- zione del 2017 e che esaminerà il rapporto tra i differenti Media: partendo dal famoso concetto del sociologo Marshall McLuhan “Il medium è il messaggio“, COMICON cercherà di approfondire il rapporto tra i Contenuti propri del Festival e gli altri Media, sia tradizionali che nuovi. Grazie a un accordo pluriennale con la Mostra d’Oltremare sono già stabilite le date delle prossime edizioni di Napoli COMICON, che avranno luogo nel parco espositivo di Fuorigrotta dal 30 aprile al 3 maggio nel 2015 (XVII Ed.), dal 22 al 25 aprile nel 2016 (XVIII Ed.) e dal 28 aprile al 1 maggio nel 2017 (XIX Ed.). Ovviamente, tanti cambiamenti sono allo studio, anche a seguito delle problematiche relative al forte incremento di pubblico delle ultime edizioni, con l’obiettivo di andare sempre più incontro alle necessità del pubblico, degli espositori e degli ospiti del Festival. Come già avvenuto negli ultimi anni, infatti, aumenteranno ancora gli spazi espositivi, sia all’aperto che nei padiglioni, e stiamo valu- tando nuove formule di biglietteria che possano permettere ad un numero sempre maggiore di perso- ne di approfittare del programma del Festival in serenità e soprattut- to in tutta sicurezza. (Da http: www.comicon.it) M. M. AMSTERDAM - Novità in casa TomTom che va oltre i navigatori satellitari e gli sportwatch e si lancia nel mondo della action ca- mera con Bandit. Particolarità della telecamera è quella di avere un server media integrato che, dialo- gando con l'app per smartphone dedicata, permette di editare e condividere rapidamente un video senza doverlo scaricare prima su un computer. TomTom Bandit è dotata di sensori di movimento integrati e di Gps per trovare e contrassegnare automaticamente la posizione della ripresa, velocità, altitudine, accelerazione e, con un optional, anche la frequenza car- diaca. Attraverso il sensore CCD da 16 megapixel, l'action camera regi- stra video fino a una risoluzione massima di 1080p a 60 frame al secondo. Tramite un algoritmo, shakerando la Bandit si avvia una applicazione di montaggio che produce uno "shuffle" di immagini pronte da condividere. Macchina ambiziosa e interessante, la Bandit è però solo una delle novità di TomTom. Il produttore di sistemi di navigazione ha presentato il sito web e l'applicazione TomTom MyDrive. Si tratta di un servizio che permette agli automobilisti di utilizzare il proprio smartphone, tablet o Pc per analizzare le infor- mazioni sul traffico in tempo reale, pianificare percorsi e inviare le destinazioni al proprio TomTom GO, prima di salire in macchina. La piattaforma, specifica l'azienda in una nota, è aperta a sviluppatori e terze parti. Altra novità è la nuova serie di navigatori TomTom GO, dotati delle mappe 'Mondo' e 'Tutor &Autovelox' preinstallate e gratis per tutta la vita del prodotto. I mo- delli che fanno parte di questa nuova famiglia sono i TomTom GO 510, 610, 5100 e 6100, con schermi da 5" e 6" e dotati di interfaccia utente semplificata, mappe 3D e il supporto Click & Go. (Da: www.repubblica.it) N. A. L’Aquila. Dopo il terremoto del 6 aprile 2009 che ha sconvolto l’Aquila, distruggendo una città intera e dopo lunghi e particolari restauri, torna a risplendere e a riaprire al pubblico la Basilica di San Bernardino, la chiesa simbo- lo degli aquilani, la casa di San Bernardino, con una solenne celebrazione che si terrà il 2 mag- gio prossimo. Sarà un evento davvero importante; un grande messaggio per l’Aquila, l’Abruz- zo, per l’Italia intera. Un messag- gio francescano per l’intera co- munità cristiana universale. Chi vorrà constatare di persona i restauri effettuati e parlare diret- tamente con i frati francesca- ni, avrà finalmente la possibilità di rimettere piede all’interno di un pezzo di storia dell’Aquila. (da: CITYRUMORS Abruzzo del 28 aprile 2015) A. B. ROMA - Un bel piatto di pasta fatto in casa e pronto in soli due minuti. È questa la scommessa di Barilla, la nota marca di pasta italiana, che, nel suo stabilimento di Parma, è alle prese con il futuro e con le strabilianti meraviglie delle stam- panti in 3D. Michela Petronio, vice presidente del settore ricerca e sviluppo della Barilla, in una recente intervista rilasciata al quotidiano la Repubbli- ca, ha detto che "l'idea è nata 3 anni fa in un meeting con dei ricercatori olandesi del Tno. Loro volevano esportare la tecnologia della stam- pa 3D al settore alimentare e la pasta è sembrata il prodotto ideale: è liquida, semplice, fatta solo di acqua e semola". L'intenzione è semplice: permettere a tutti, semplici consumatori e ristoratori, di 'fabbricarsi' la pasta nella propria cucina. Scegliere il tipo di farina e gli ingredienti, dalle uova alle verdure, e, perché no, il formato dopo averlo disegnato al computer. Una vera e propria sfida con la propria fantasia. I tempi sembrano essere ormai maturi. "La prima volta ci abbiamo messo 20 minuti per stampare un singolo pezzo di pasta, ha spiegato ancora Petronio, dopo due anni ci mettevamo due minuti a farne quattro, adesso siamo vicini a stampare un piatto di pasta in due minuti". Nuovi formati di pasta hanno, intanto, già fatto capolino tra gli scaffali e lo scorso anno, nel corso di un concorso di design che ha visto partecipare ben 216 proget- ti, sono stati premiati le rose, i vor- tici e le lune. Oltre che buoni anche un nuovo piacere da gustare tutto con gli occhi. (da "Dire giovani.it" del 28 aprile 2015) A. B. TomTom: Bandit & GO!Napoli COMICON 2015 La pasta in 3D, il futu- ro è ormai alle porte! L’Aquila, riapre al pubblico la Basilica di San Bernardino
  • 8. 88
  • 9. 99 EDITORIALE L a necessità di emergere professionalmente, di far- si notare ed apprezzare per il proprio lavoro ha sempre comportato grossi sacrifici e non sicuri successi specie nel nostro ambito professionale. Ecco perché i nuovi media rappresenta- no un supporto autopromozionale estremamente efficace e a basso costo anche se oggi avere solo il sito o il blog sembra non bastare più. L’ultima frontiera è proprio quella dei Social Network anche se un loro uso sconsiderato potrebbe addirittura rivelarsi un vero e pro- prio boomerang e, credetemi, se vi dico che non esagero. Creare un account professionale efficace è la cosa più semplice del mondo a patto che dimentichiate totalmen- te di pubblicare aspetti troppo pri- vati della vostra persona. Tra un lavoretto grafico ed un articolo per CADZINE, ogni tanto faccio qual- che puntatina sui Social a cui sono più affezionato: G+, in primis ov- viamente, e Twitter e mi capita di leggere post di persone professio- nalmente in gamba che mi fanno però cadere letteralmente le brac- cia! Lungi da me dall’esprimere un giudizio sui contenuti che ognuno di noi può liberamente postare sul proprio profilo personale, ci man- cherebbe altro, ma sul profilo pro- fessionale l’ultimo taglio di capelli stile punk, la ragazza in topless, la gif animata con l’emoticon 3D che ti fa l’occhiolino e la smorfietta con la linguaccia mi sembrano veramente delle cadute di stile e invitano, inevitabilmente, il visita- tore a chiudere quella pagina di profilo con una pessima impres- sione su di voi. Sui Social non sia- te compulsivi: contate fino a 10 prima di pubblicare o commentare qualcosa specie se avete molti fol- lower! Considerare se stessi e la propria attività come un brand, trattando con serietà i contenuti pubblicati, anche se pochi, magari comunicando in modo efficace ed attrattivo con il vostro pubblico e commentando appropriatamente immagini e/o album con didasca- lie o scritte in sovrimpressione, aiuta a farsi conoscere meglio. Sempre a mio parere non è poco professionale dare una mano a qualche principiante in una Com- munity come la nostra o postare la musica che stiamo ascoltando mentre lavoriamo ma risulta stra- no e fuori luogo comunicare con toni da ultras che la propria squa- dra ha segnato o ha subito un rigo- re! Una regolata bisognerebbe dar- sela anche con la politica a mio parere… Insomma sei un disegna- tore o un progettista? Si? E allora posta cose adeguate alla tua pro- fessione almeno sulla tua pagina di lavoro. Come è bello vedere i lavori commentati di tanti esperti del settore: sono utili, specialmen- te per i ragazzi, e mettono in luce la professionalità dell’autore, il suo gusto e le sue tendenze creative. Altro aspetto deleterio poi sono il nome e l’immagine di profilo: ho visto di tutto! Loghi, bandiere, foto strane, avatar raccapriccianti o malefici, seguiti da nomi sconcer- tanti; uno mi è rimasto ancora in mente ed era l’account di un inge- gnere (non sto scherzando): “Puffo saggio”. Insomma… va da se che siete voi a creare e coltivare il vo- stro pubblico anche in base ai vo- stri “Mi piace”, stelline e +1 che andate a mettere qua e là! Se pec- cate d’ingenuità e vi abbandonate alle belle forme di una seducente ragazza, che semmai è un’escort, e dal vostro profilo professionale lasciate una vostra traccia, non sorprendetevi se poi la signorina in questione vi includa nelle sue cerchie e magari vi mandi pure qualche bel messaggino piccante che svetterà orgogliosamente sul vostro stream al fianco di un seris- simo post su di un’analisi FEM di una travatura reticolare! LOL di Salvio Giglio Una questione di… profilo
  • 10. 1010
  • 11. 1111 ARDUINO V i sembrerà strano ma i primi appassionati di elettronica, quelli che utilizzavano le valvole per capirci, impiegavano dei ta- glieri di legno per il pane come supporto per i loro esperimenti. Ecco come è definito il termine breadboard dal Collins English Dictionary - Complete & Una- bridged 2012 Digital Edition breadboard, a wooden board on which dough is kneaded or bread is sliced cioè una tavola di legno su cui vie- ne impastato e tagliato il pane. Per quanto oggi questa scelta possa sembrarci una cosa bizzarra, dob- biamo immaginare anche i van- taggi che essa offriva per un’epoca in cui l’elettronica muoveva i pri- missimi passi e il mercato offriva solo costosissimi componenti. Non esistevano assolutamente le basette per il fissaggio della com- ponentistica e il legno si propone- va come il materiale ideale per gli allestimenti. Nella fattispecie, i taglieri erano fa- cilmente reperibi- li, ad un costo bas- sissimo e realizza- ti in un materiale isolante e duttile su cui si potevano impiegare chiodini, o puntine da disegno, per creare i caposaldi ne- cessari ai collegamenti con com- ponenti e morsettiere. In alcune realizzazioni, si utilizzavano degli schemi elettrici, che fungevano da guida, disegnati su carta ed incol- lati al tagliere per posizionare cor- rettamente i terminali dei compo- nenti e i cavi di collegamento. In- somma, l’idea di utilizzare un ta- gliere, o una tavola di legno, come supporto per sperimentare, risa- lente ormai a quasi cento anni fa, piacque così tanto da favorire l’e- voluzione di questo concetto nel tempo, tanto che il termine stesso breadboard è rimasto sino ai gior- ni nostri ed è comunemente usato per fare riferimento, specie nella lingua inglese, a quei tipi di sup- porto destinati alla prototipazione dei circuiti elettronici. I passaggi della storicizzazione, e della relati- va industrializzazione di questa idea, li possiamo cogliere in due esempi. Il brevetto di una test board per circuiti elettronici di Ruben A. Cruz (US Patent 3.145.483 presentato nel 1961 e concesso nel 1964), consistente in un supporto di legno, munito di una serie di fori filettati, in cui si potevano al- II puntata di Salvio Giglio Fritzing: la pagina Breadboard Le breadboard sono dei supporti a dir poco indispensabili per speri- mentare dei circuiti elettronici senza perdere tempo a saldare i com- ponenti. Con Arduino poi sono una combinazione esagerata perché ci permettono di allestire il circuito in “modalità provvisoria” mentre pen- siamo in massima tranquillità alla programmazione della MCU. Fri- tzing offre la sua breadboard virtuale che non ha nulla da invidiare a quella reale... Fig. 1, un circuito valvolare realizzato su di un tagliere per il pane
  • 12. 1212 ARDU Fig. 2, brevetto di una test board per circuiti elettronici di Ruben A. Cruz (US Patent 3.145.483 presentato nel 1961 e conces- so nel 1964)
  • 13. 1313 UINO Fig. 3, brevetto di John E. Sakellakis di una printed circuit breadboard (US Patent 3496419 1967 e concesso nel 1970)
  • 14. 1414 ARDU Fig. 4, due estratti dal brevetto della Breadboard for electronic components or the like di Ronald J. Portugal (presentato nel 1971 e approvato nel 1973 col codice USD228136 S)
  • 15. 1515 loggiare sia delle molle per le con- nessioni elettriche volanti che delle speciali boccole per i termi- nali dei componenti. Il brevetto di John E. Sakellakis fa già aperta- mente riferimento ad una printed circuit breadboard (US Patent 3496419 1967 e concesso nel 1970) anche se somiglia più ad una ba- setta millefori dal disegno partico- lare su cui è facile saldare e dis- saldare componentistica elettro- nica senza dover ricorrere a dei terminali, come nell’esempio pre- cedente. Sarà il brevetto di Ronald J. Portugal a dar vita a quelle breadboard, utilizzate oggi, in pla- stica bianca e costituite da una serie di fori d’innesto in cui fissa- re, senza saldature, componenti e collegamenti. Il brevetto fu pre- sentato nel 1971, approvato nel 1973 col codice USD228136 S ed intitolato Breadboard for electro- nic components or the like cioè breadbord per componenti elettro- nici o similari. La breadboard di Ronald J. Portu- gal Di Ronald J. Portugal si sa poco o niente, purtroppo, se non che lavo- rava presso EI Instruments Inc. di Derby, una cittadina americana nello stato del Connecticut. Portu- gal appronta un sistema di con- nessione elettrico molto pratico che aiuta l’utente a dislocare velo- cemente sulla basetta i vari com- ponenti e a connetterli circuital- mente con dei ponticelli di filo in rame isolato, come quelli che co- stituiscono i doppini telefonici o i cavetti citofonici. Per farvi capire meglio l’idea di Portugal, ho cerca- to il suo brevetto su Google Pa- tents, mi sono scaricato i disegni ed ho modellato direttamente la sua breadboard. La basetta elabo- rata da Portugal è molto ingegno- sa, pur nella sua semplicità co- struttiva, dal momento che è assi- milabile ad un contenitore di pla- stica scatolato composto da tre parti principali:  Una piastra di plastica rigida, ottenuta per stampaggio ad iniezione, su cui sono state rica- vate quattro matrici principali di finestrelle forate quadrate necessarie al fissaggio dei reo- fori dei componenti, due centra- li suddivise da una scanalatura longitudinale, e due laterali, per un totale di 840 fori. La distanza dei fori della matrice è di 2,54 mm (0,1 in) un valore scelto dall’inventore per fare in modo che le sue breadboard rispon- dessero alle esigenze di connet- tività dei circuiti integrati del package "dual in line" (DIPs).  Un pacchetto di 168 contatti metallici con due differenti fun- zionalità elettriche per il colle- gamento dei componenti.  Due inserti di plastica rigida trasparente, vincolati alla pia- stra a protezione del pacchetto contatti, per far rendere conto all’utente di come siano distri- buite le clips all’interno della breadboard. La prima considerazione che c’è da fare riguarda un piccolo parti- colare, apparentemente insignifi- cante, che però costituisce uno dei punti di forza di questo brevetto: la clip metallica a pettine, Fig. 5, simile, per forma e funzione, a quelle unipolari racchiuse negli alveoli di una comune presa elet- trica domestica e che possono ac- cogliere fino a 5 reofori contempo- raneamente alimentandoli equi- potenzialmente. Queste clips ven- gono montate nei corrispondenti alloggiamenti interni della parte superiore della basetta in modo da realizzare una matrice di contatti la cui dislocazione, e collegamen- to, permette lo sviluppo dei circui- ti elettronici. Osservando con at- tenzione la Fig. 6, potremo suddi- videre idealmente questo pacchet- to di contatti in base alla funzio- nalità ad essi associata: due linee di alimentazione (strips rosse blu) e due pacchetti di contatti equipo- tenziali (clips in verde). Le due linee di alimentazione corrispon- dono alle matrici di fori più picco- le che si trovano sui due lati mag- giori della basetta, in alto e in bas- so, formate ciascuna da cento contatti (50 contatti per polo). I due pacchetti di contatti equipo- Fig. 5, l’elemento principale di ogni breadboard è la clip a pettine come quella a sinistra. Nell’immagine centrale un reoforo di un componente elettronico in una clip. A destra una breadboard trasparente in cui si vede la disposizione delle clips UINO
  • 16. 1616 ARDU Fig. 6, dal modello realizzato per questo articolo, in alto vista in pianta della breadboard di Portugal, seguito da un esploso della basetta in cui si possono distinguere i suoi costituenti principali. Ovviamente la colorazione delle clips è legata a questo articolo per aiutarvi a distinguere le funzionalità di esse: rosso/blu = alimentazione, verde = contatti equipotenziali. tenziali, ognuno dei quali è com- posto da 64 clips elettricamente indipendenti tra di loro, sono di- sposti nella parte centrale della breadboard separati dalla scanala- tura longitudinale. Ovviamente ai due gruppi di lamelle longitudinali l’utente può collegare, in base al progetto che sta sviluppando, una sorgente di alimentazione operan- te ad una determinata tensione o un segnale proveniente da qualche dispositivo elettrico, ecc. Portugal, nella relazione tecnica allegata al suo progetto presentata per il brevetto, immagina la sua invenzione come un supporto si- mile a un blocco da disegno su cui abbozzare un’idea di circuito e provarla immediatamente senza perder tempo a fare saldature. Sempre dalla traduzione della re- lazione di Portugal, leggo che il destinatario ideale della sua breadboard sembra essere proprio il tipico studente di ingegneria elettrica impegnato, per esempio, in un corso di laboratorio che ha frequentemente bisogno di impa- ginare (usa proprio questo termi- ne) i circuiti che sta studiando per imparare meglio i fondamenti di elettronica attraverso la sperimen-
  • 17. 1717 Se dovesse tornarvi utile questo modello 3D visitate la Galleria Im- magini 3D di Trimble a questo link: https://3dwarehouse.sketchup.com /social/model.html?id=ub893e782- a26a-4270-b419-992cef9a6c43 Salvio UINO Fig. 7, la breadboard capovolta; seguendo le indicazioni di Portugal ho realizzato il fondello della basetta in plastica traspa- rente in modo tale che l’utente possa capire quali siano i collegamenti interni delle clips. tazione diretta e affinare così la sua formazione. Le breadboard che utilizziamo oggi Dall’invenzione di Portugal ne è passata di acqua sotto i ponti e milioni di copie della sua basetta sono state vendute sinora in tutto il pianeta, commercializzate da svariati produttori che, pur modifi- candone la forma costruttiva ed i colori, hanno mantenuto il layout del pacchetto contatti del progetto originario. Altra invariante di quel lontano brevetto è la scanalatura longitudinale che ha la funzione di raffreddare eventuali componenti DIP IC montati a cavallo delle due matrici centrali. Nel corso degli anni, i costruttori, per personaliz- zare i propri prodotti e facilitare ulteriormente gli utenti nell’alle- stimento circuitale, hanno aggiun- to alcune funzionalità alla basetta. Ad esempio, attorno alla basetta vera e propria è stato aggiunto un involucro o una tavoletta in mate- riale plastico, Fig. 8, su cui com- paiono tre o più connettori per l’a- limentazione elettrica delle due linee e il collegamento di un’even- tuale polo di messa a terra. Più dif- fusa è la convenzione di contrad- distinguere, con lettere e numeri, le matrici centrali di contatti come si usa fare nel calcolo matematico e… nelle battaglie navali a scuola . Le cinque colonne a sinistra della scanalatura centrale sono contraddistinte dalle lettere A, B, C, D, E; a quelle di destra sono asse- gnate le lettere F, G, H, I, J mentre le righe sono numerate in modo progressivo. Ciascuna delle quat- tro colonne delle linee di alimenta- zione è associata ad un polo (+/-) e contraddistinto da una linea seri- grafata in rosso o in blu. Alcune realizzazioni, di dimensioni mino- ri, riportano solo due colonne di alimentazione poste sempre sui lati maggiori della scheda. Molto utile sembra essere la scelta di alcuni produttori di munire le loro basette di un sistema di incastri maschio/femmina per permettere l’accoppiamento, sui quattro lati, con altre breadboard compatibili in modo da ottenere una superfice di lavoro molto più estesa e, conse- guentemente, circuiti molto più complessi. Alcuni aspetti negativi delle bread- board Rispetto ad un PCB, correttamente allestito, le breadboard solderless presentano alcune limitazioni do- vute alla geometria dei contatti elettrici. Primeggia fra tutte la ca- pacità parassita molto elevata, da 2 a 25 pF per punto di contatto, a cui seguono dei valori d’induttanza abbastanza significativi e dovuti alla lunghezza delle piste; non po- co incide sulla resa generale dei circuiti anche il tipo di accoppia- mento tra reoforo e punto di con- tatto della clip che, essendo abba- stanza labile sotto il profilo elettri- co, costituisce di fatto una resi- stenza molto alta. Sui siti dei prin- cipali produttori sono riportate queste misure, relative alle basette
  • 18. 1818 ARDU Fig. 8, breadboard in uso oggi derivate dal brevetto di Portugal. In alto (A, B, C) tre esempi di basette con connettori per il collegamento di alimentatori, masse/terra e/o segnali. In basso, a sinistra una breadboard suddivisa in righe e colonne e contraddistinta da lettere e numeri; a destra breadboard modulare singolo elemento e in combinazione con altri. Riga Colonna A B C
  • 19. 1919 UINO nuove, con un buon margine di approssimazione. Va da se che se siete dei tipi molto materiali, mal- destri o nervosi e maltrattate la povera basetta fissando con una forza eccessiva i componenti, non fate altro che accelerare l’usura delle clip e aumentare la misura degli inconvenienti di cui sopra. Lo stesso discorso vale per basette utilizzate centinaia di volte con le clips talmente usurate che non riescono più a garantire un ade- guato serraggio dei componenti. Questi fattori sconsigliano lo svi- luppo di applicazioni sperimentali operanti con frequenze superiori ai 10 MHz. All’epoca del rilascio del brevetto non era ancora stata sviluppata la tecnologia SMD o quella di un package con distanza tra i piedini diversa da 2,54mm; questo aspetto è stato ereditato anche nel successivo sviluppo del- la basetta da terze parti e sussiste a tutt’oggi. Fortunatamente il mer- cato ha già da parecchio tempo risolto questo inconveniente com- mercializzando speciali adattatori; gli hobbisti, invece, si sono orga- nizzati ricorrendo a PCB esterni, muniti di zoccolature speciali per componenti SMD, che collegano alle breadboard. La breadboard virtuale di Fritzing Per qualche tempo ho programma- to anche in ambiente visuale con Visual Basic e Toolbook e so quan- to sia difficile studiare delle solu- zioni informatiche che siano im- mediatamente chiare all’utente finale, specie se questi è a digiuno di un particolare aspetto dell’ap- plicativo in oggetto. Per questo motivo, trovo assolutamente spe- ciali programmi come SketchUp o Fritzing. La pagina della bread- board di Fritzing è per absolute beginners poiché ripropone a schermo tutte le funzionalità di una reale! Ad esempio, per far ca- pire ad un utente quale sia la clip di competenza di un qualunque foro della scheda basta semplice- mente cliccarci sopra e tenere pre- muto il tasto destro del mouse: su- bito il programma evidenzia i col- legamenti interni ad esso associa- ti. Si può accedere a questa moda- lità cliccando sul tab Breadboard o la voce new sketch nella Home Page del programma o, in alterna- tiva, l’item new del menù File dalla barra dei menù. La pagina è molto semplice: l’area di lavoro con la basetta è nella parte sinistra dello schermo mentre a destra trovia- mo i vassoi delle Core Parts, con i componenti da utilizzare, e l’In- spector che visualizza le proprietà del componente selezionato. Ana- logamente alle breadboards reali, le colonne di fori riportate sulla parte inferiore e superiore sono normalmente destinate alle linee di alimentazione e ai collegamenti di terra. Fig. 9, la breadboard virtuale di Fritzing che riproduce fedelmente aspetto e funzionalità di una basetta reale. All’area di lavo- ro sono associati i due pannelli con le Core Parts (i componenti elettronici) e l’Inspector per settare i parametri degli ele- menti della libreria componenti.
  • 20. 2020 ARDU Fig. 10, modelli di breadboard proposte da Fritzing per rispondere ad esigenze circuitali di qualsiasi formato FULL+, 2 linee di alimentazione e matrice da 630 fori FULL, 2 linee di alimentazione e matrice da 620 fori HALF+ 2 linee di alimentazione e matrice da 300 fori HALF 2 linee di alimentazione e matrice da 300 fori BB 301, 1 linea di alimentazione e matrice da 230 fori Mini solo matrice da 170 foriThiny solo matrice da 200 fori
  • 21. 2121 UINO Se desideriamo cambiare modello di breadboard rispetto a quello proposto di default da Fritzing, che è quello FULL+, basta che clicchia- mo su una parte senza fori della basetta e questa viene selezionata con una linea tratteggiata; dopo di che ci portiamo nella finestra In- spector e, mediante la casella a discesa SIZE, scegliamo tra i sette formati proposti che rispecchiano i modelli più diffusi sul mercato. In alternativa possiamo cancellare con CANC la breadboard di default e utilizzare una delle due board “millefori” disponibili nel pannello Core Parts. Questa pagina di Fri- tzing offre la possibilità di abbina- re più basette, anche di diversa tipologia, affiancate in modo da ottenere circuiti di dimensioni maggiori. La libreria Core Parts di Fritzing Un elemento prezioso di Fritzing è sicuramente la praticissima Libre- ria Core Parts che utilizza file in formato aperto "Fritzing Share Format" la cui estensione è .fzp. L’archivio può essere arricchito dall’utente anche importando nuo- vi componenti. Ogni componente fzp è sostanzialmente un insieme di tre immagini che vengono mo- strate in base alla modalità di vi- sualizzazione impostata dall’uten- te:  immagine realistica del compo- nente, visualizzata in modalità breadboard e costituita da un file grafico vettoriale SVG o da un file bitmap come PNG o JPEG;  il simbolo unificato del compo- nente visualizzato nella pagina Schema;  il componente rappresentato sul PCB in termini di numero di piedini e posizione delle piste. Il set di componenti offerti di de- fault è molto ricco e permette di rappresentare circuiti partendo da quelli più semplici sino a raggiun- gere livelli molto complessi. Si tro- vano subito e a proprio agio utenti di qualunque provenienza grazie alla semplicità e alla chiarezza della libreria componenti che offre una rappresentazione realistica dei singoli elementi, insegnando contemporaneamente anche l’e- quivalente grafico simbolico nella pagina successiva Schema. I set principali offerti dal programma sono:  componentistica elettronica di base (resistenze, diodi, transi- stor, ecc.);  circuiti integrati logici semplici più comuni;  apparecchi e sensori più comu- ni (interruttori, potenziometri, accelerometri, sensori di luce, ecc.);  componentistica elettronica avanzata (LED, Super LED, al- cuni LCD, servomotori, relè, ecc.);  alimentatori;  svariati tipi di connettori (USB, Jack, DB9, MicroSD, ecc.);  diverse tipologie di microcon- trollori (Arduino, Raspberry PI, Adafruit, ecc.). Nella prossima puntata imparere- mo ad assemblare i nostri circuiti sulla breadbord utilizzando i com- ponenti elettronici della libreria e dei semplici schemi elettronici. Fig. 12, la libreria componenti Core Parts di Fritzing Perfboard basetta con 551 fori Stripboard basetta con 600 fori Fig. 11, in alternativa alle breadboard Fritzing propone anche delle PCB millefori di due formati diversi
  • 22. 2222 AUTOM Alcuni render della Avantis eXa Cross Tourer CADZINE Ltd. Mk3 2015 elaborata da Jocelyn Groizard per il primo complean- no della nostra rivista! :)
  • 23. 2323 MOTIVE A vantis eXa è una grande berlina di terza genera- zione, che è stata pre- sentata nel mese di set- tembre 2013. Si tratta di un model- lo molto importante per il mio marchio, perché la seconda gene- razione è quella del gruppo ottico di coda stile artiglio. Il design del Mk3 stava cominciava ad apparire obsoleto rispetto alle altre Avantis, così ho deciso per un lifting capa- ce di renderlo più moderno sfrut- tando le conoscenze che ho acqui- sito nell’ultimo periodo. Dimensioni e rivali L’Avantis eXa fa parte della fami- glia delle grandi berline, e si pone come concorrente sia di auto come la Renault Laguna o Opel Insignia che di vetture travel oriented la Audi A6 o la Peugeot 508, grazie alle sue dimensioni e prestazioni, degne di modelli più costosi e di lusso. La gamma eXa è composta da quattro modelli: la berlina eXa, l’eXa Sports Tourer, la station wa- gon e la eXa Cross Tourer, una ver- sione della Sports Tourer a trazio- ne integrale. Esterno Il design esterno della vettura era il punto principale da migliorare e su cui ho lavorato di più. La parte posteriore della vettura è stata particolarmente curata col nuovo gruppo ottico e il paraurti poste- riore, che sembra ora più sottile di quanto non fosse. La nuova forma della porta posteriore ha permesso poi di migliorare l'accesso ai sedili posteriori, dando a tutta la vettura una linea piacevole ed equilibrata. Nella parte anteriore i fari e la gri- glia, completamente ridisegnata, esprimono uno stile più aggressi- vo e dinamico aumentando il ca- rattere della vettura. Interni Sedili della eXa sono stati studiati per fornire al conducente e ai pas- seggeri un comfort ideale per ogni tipo di viaggio costituendo un co- modo supporto ergonomico per il corpo. Il cruscotto è stato comple- tamente rinnovato, secondo il mo- dello A-Space. Il conducente trova un ampio schermo sensibile al tocco che riunisce la gestione con un programma molto intuitivo tut- ti i parametri del comfort: aria condizionata, stereo e navigatore GPS). Il cruscotto cattura lo sguar- do grazie al suo design pulito ed ergonomico. Performance Avantis eXa consente di scegliere tra una vasta gamma di motori benzina e diesel, con potenze che vanno dai 110 ai 350hp. I motori 1.6L a 4 cilindri offrono grandi pre- stazioni nonostante la cilindrata sia nella versione diesel che in quella a benzina un aspetto, que- st’ultimo che permette di ridurre i consumi di carburante e le conse- guenti emissioni di gas serra. La eXa è disponibile con due tipi di cambio diversi: uno manuale a 6 marce e uno automatico a 5 rap- porti. La Crosstourer offre di serie il piacere della trasmissione a tra- zione integrale, collegata a un si- stema di controllo di presa che distribuisce la potenza sulle ruote a seconda delle condizioni di ade- renza. Anche la sicurezza non è stato trascurata, infatti, la eXa ha i sistemi ESP e ABS, 8 airbag e un nuovissimo sistema che controlla attraverso dei sensori di prossimi- tà l'ambiente circonstante della macchina per evitare collisioni. Prezzo e gamma La eXa è al top della gamma di au- to Avantis, insieme ai più sportivi eXa Sport Coupé, XC Coupé e Ca- brio CXR. In contrasto con alcuni altri grandi berline, il eXa ha limi- tato prezzi a partire da 25.000 € nella sua versione base a oltre 40.000 € per le versioni di alta gamma con motore V6. Non dobbiamo dimenticare che Avantis è un produttore di auto popolare, il che spiega i prezzi contenuti e le diverse versioni del modello della eXa. Se la eXa è di- ventata in questi ultimi anni un modello importante del brand, co- me la Estima o Climber, è proprio grazie a tutte le persone che so- stengono Avantis. :) di Jocelyn Groizard Avantis eXa Cross Tourer Mk3 2015
  • 24. 2424 BASI PER IL DISEGNO R ecentemente ho parteci- pato ai lavori di un con- vegno formativo sulla BIM a Roma e, per quan- to possa sembrare fuori tema, pos- so assicurarvi che la necessità di trovare un sistema unificato an- che in campo informatico è più sentita che mai! Le IFC sono per la BIM l’equivalente dei primi stan- dard per la viteria in ambito mec- canico. La Storia si ripete, quindi... Se i sistemi di misura unificati sono stati l’embrione delle norma- tive si può ravvisare in Sir Joseph Withworth uno dei padri dell’at- tuale concetto di norma unificata. Withworth nacque in Inghilterra a Stockport, nel Cheshire, il 21 di- cembre 1803, figlio di un maestro protestante che curò la sua istru- zione, in casa, fino all'età di dodici anni. Completò i suoi studi con un biennio di avviamento professio- nale presso l'Accademia di Wil- liam Vint a Idle, nei pressi di Leeds che lo formò anche sotto il profilo commerciale. A quattordici anni Joseph era un apprendista presso la filanda di cotone suo zio Joseph Hulse nel Derbyshire, con la pro- spettiva di diventarne quanto pri- ma socio. Era affascinato dalla meccanica e imparò rapidamente le tecniche della filatura. Compiuti diciotto anni lascia il mulino, con- tro la volontà della famiglia, per lavorare prima alla Crighton & Co. un'azienda mec- canica di Manche- ster, e poi per altri stabilimenti della zona come mecca- nico di banco. Nel 1825 si trasferisce a Londra per lavorare con Henry Maudslay, l’inventore del tornio per la viteria e uno dei primi a ri- conoscere l'importanza della stan- dardizzazione e intercambiabilità dei pezzi meccanici. Nel 1833 Jo- seph torna a Manchester ove avvia la sua impresa; la prima sede fu una piccola stanza di un mulino, che aveva preso in affitto e sul cui ingresso era affisso, con un certo orgoglio, il cartello "Joseph Whit- worth, Tool-Maker da Londra". L'anno seguente si trasferisce in locali più ampi a Corlton Street rendendoli una vera e propria offi- cina munita di strumentazioni professionali. La rapida espansio- ne delle ferrovie creò una grande domanda di macchine utensili e Manchester poi era, contempora- neamente, sia il punto terminale della prima grande ferrovia pub- blica che il centro dell'industria tessile britannica. Nel 1841 Whit- worth elabora un documento su un sistema standardizzato di filetta- ture, la cui adozione da parte delle imprese ferroviarie, che fino ad allora impiegavano svariati tipi di filettature, ha portato poi alla sua rapida diffusione e riconoscimen- to tanto da renderlo un vero e pro- prio standard: "British Standard Whitworth" o BSW. Nel 1880 With- wort aveva realizzato una S.p.A. e II puntata di Salvio Giglio Come nasce una Norma Dalla Rivoluzione Industriale scaturirono migliaia e migliaia di brevetti per ogni tipo di macchina e il caos era totale per i i ricambi delle stesse. Era necessario creare degli organismi normativi capaci di gestire ed armonizzare con norme la produzione industriale Sir Joseph Withworth e una stampa di uno dei capannoni dei suoi stabilimenti a Openshaw
  • 25. 2525 E LA PROGETTAZIONE Fig. 2 in alto, il sobborgo industriale di Manchester: Openshaw in cui Withworth aveva impiantato i suoi stabilimenti; a sini- stra il brevetto della troncatrice per viti di Withworth; a destra due immagini di Google Map dei binari ferroviari che collega- vano l’acciaieria alle officine di Withworth. Quando passavano i vagoni con i lingotti roventi veniva fermato il traffico.
  • 26. 2626 possedeva degli stabilimenti me- talmeccanici a Openshaw, il sob- borgo industriale di Manchester. Quasi cinquant’anni dopo, un altro inventore, Thomas Alva Edison, realizzò la prima lampadina elet- trica ad incandescenza che asso- ciò, nel 1881, ad una virola di fis- saggio dal particolare profilo filet- tato ad onda, per facilitarne la so- stituzione. Anche in questo caso siamo di fronte ad un elemento normalizzato ormai più che stori- cizzato. All’adozione delle norma- tive contribuirono anche eventi catastrofici come il disastroso in- cendio del 1904 di Baltimora che non fu possibile domare, nono- stante l’intervento di numerose squadre di pompieri provenienti dalle città vicine, perché gli attac- chi delle manichette delle pompe antincendio avevano dimensioni diverse da quelle locali. L’elevato numero di vittime e i danni incen- di suscitarono molta indignazione nell’opinione pubblica che lo Stato federale fronteggiò con un’ondata di interventi che prevedevano, tra l’altro, anche l’unificazione delle attrezzature dei vigili del fuoco. Dando un’occhiata al nostro com- parto professionale scopriremo che nei decenni a cavallo tra Otto- cento e Novecento il settore del disegno tecnico aveva adottato, de motu proprio, dei principi di stan- dardizzazione, consistenti in grup- pi di alcune norme di rappresenta- zione fondamentali, che si erano ampiamente diffusi prima ancora che nascesse l’idea di creare degli enti unificatori. Mutuati dalle esperienze del disegno architetto- nico che, come abbiamo visto nella puntata precedente, aveva cono- sciuto uno sviluppo enorme a par- tire dal Quattrocento queste con- venzioni di rappresentazione ri- guardavano ora la produzione in- dustriale e il disegno meccanico. Si era giunti così a rappresentare e/o ad indicare:  tutti i piani di sezione con cop- pie di lettere maiuscole o minu- scole;  come “viste” i risultati delle proiezioni ortogonali;  con tratti misti a punto e linea gli assi di simmetria in luogo delle linee puntinate;  con diversi tipi di tratteggio i vari materiali che comparivano nei progetti;  con rapporti metrici le scale dimensionali e sempre più rara- mente con i righelli grafici;  le filettature con un disegno più semplificato e simbolico;  le annotazioni con carattere in stampatello e non più in corsi- vo;  le quote nominali con le tolle- ranze;  le varie lavorazioni e il grado di finitura con simboli idonei, tra cui Ø per specificare il diame- tro; La scoperta della cianografia e il suo sfruttamento per la copia dei progetti renderà inutile la colora- zione dei disegni e in suo luogo si ricorrerà a dei tratteggi scalati o a delle campiture nere per indicare, ad esempio, la cilindricità di un albero. Se gettate uno sguardo alla storia recente del disegno tecnico ne resterete sicuramente affasci- nati perché vi renderete conto di come tacitamente e non con i me- dia attuali del nostro villaggio glo- bale i professionisti del passato fossero giunti a delle conclusioni BASI PER IL DISEGNO T. A. Edison lampadina elettrica ad incandescenza con virola filettata
  • 27. 2727 comuni dettate dalla praticità e dalla sempre maggior velocizza- zione dei processi produttivi sino ad arrivare ai nostri giorni in cui la concezione progettuale, con tutte le attenzioni e precauzioni ad essa dovute, deve esprimersi il più rapi- damente possibile per essere com- petitiva sul mercato. Breve storia degli enti di norma- zione Siamo in piena Rivoluzione Digita- le e bene o male tutti ci rendiamo conto che oggi l’informatica è an- cora in uno stato embrionale ed è governata per molti aspetti da un certo caos “calmo”. Il problema fondamentale consiste nel fatto che ogni software house, grande o piccola che sia, realizza dei pro- grammi “chiusi” che producono documenti consultabili solo da chi ha una copia di quel software. So- lo da pochi anni si parla di un si- stema open source, sempre più condiviso dalla comunità di pro- grammatori e dagli utenti, in grado di normalizzare con codice aperto gli standard informatici. La situa- zione non era molto diversa all’e- poca della Rivoluzione Industriale: infatti, agli inizi del secolo scorso, lo stesso caos caratterizzava la produzione industriale non ancora codificata e regolamentata da standards normativi. Anno dopo anno nuovi sistemi produttivi per- mettevano di fornire sempre più rapidamente grandi quantità di oggetti “chiusi” le cui parti, cioè, non erano sostituibili se non con dei ricambi originali. I problemi legati alla reperibilità e ai costi della componentistica di ricambio di determinati beni, come veicoli, macchinari ed attrezzature pro- duttive, creava delle serie riper- cussioni anche sullo sviluppo del commercio internazionale dell’e- poca per diverse categorie mer- ceologiche. Del resto, se ci imme- desimiamo per un attimo con al- cune tipologie di consumatori di quel periodo, capiremo e condivi- deremo i loro timori nell’acquista- re dei beni prodotti all’estero che, anche se di caratteristiche supe- riori se paragonati a prodotti simili realizzati localmente, rischiavano di bloccare la propria produzione anche per guasti banali come l’u- sura di un cuscinetto o la rottura di un ingranaggio. La volontà di rendere appetibili i propri prodotti, a fasce sempre più ampie di mer- cato, spinse a creare delle associa- zioni di aziende che, nei decenni successivi, si sarebbero trasforma- te in Enti pubblici nazionali per favorire lo sviluppo e la conse- guente adozione di norme sui pro- cessi produttivi, i prodotti e la re- lativa rappresentazione grafica progettuale. Successivamente sa- ranno le esigenze dei due conflitti mondiali a spingere l’industria all’adozione di standard normativi per consentire il reperimento di pezzi di ricambio per i veicoli mili- tari con maggiore efficienza e ra- pidità. Diamo un’occhiata ai certi- ficati di nascita dei principali or- ganismi normatori nazionali i cui standards alcuni di noi utilizzano, più o meno, quotidianamente. In Inghilterra fu il progettista della Tower Bridge di Londra, Sir John Wolfe-Barry, ad invitare il 22 gen- naio 1901 il Council of the Institu- tion of Civil Engineers a prendere in considerazione la fondazione di un comitato di standardizzazione per determinare le principali tipo- logie commerciali delle sezioni dei profilati metallici. La proposta fu accolta con un certo entusiasmo e la prima riunione del Engineering Standards Committee si tenne il E LA PROGETTAZIONE Tratteggi per rappresentazione dei materiali da un manuale tedesco del 1800 Sir John Wolfe-Barry 1836 –1918
  • 28. 2828 BASI PER IL DISEGNO 26 aprile dello steso anno. Nel 1903 sorse poi il problema di indicare ai consumatori i prodotti standardiz- zati dal comitato che fu risolto con la creazione di un marchio regi- strato: il British Standard Mark che in seguito diventò famoso con il nome di Kitemark®. I lavori di standardizzazione del comitato portarono non poche conseguenze benefiche nella produzione e nel commercio; ad esempio, fecero calare il numero delle sezioni dei profilati metallici da 175 a 113 ed elimino ben settanta tipi di scarta- mento per i binari dei tram ricono- scendone solo cinque. Durante la prima guerra mondiale gli stan- dard del comitato furono ampia- mente utilizzati dall’esercito e dal- la marina britannici. Nel 1918 la denominazione del comitato di- venta British Engineering Stan- dards Association mentre Il 22 aprile 1929 riceve il primo di due riconoscimenti ufficiali governati- vi i Royal Charter; il secondo gli sarà assegnato nel 1931, anno in cui assunse definitivamente la denominazione di British Stan- dards Institution. In Germania il Normenausschuss der Deutschen Industrie (Comitato di Normazione dell'industria tede- sca) nasce il 22 dicembre 1917 con il compito di standardizzare gli elementi più importanti delle macchine. Il suo primo standard, il DI-1 per le spine coniche, fu rila- sciato nel marzo 1918. Nel 1926 il comitato fu ribattezzato in Deu- tscher Normenausschuß (Comitato Tedesco di Normazione) per giungere, infine, all'attuale de- nominazione di DIN da Deutsches Institut für Normung (Istituto te- desco per la standardizzazione) nel 1975. Negli USA l’American Engineering Standards Committee (AESC) fu fondato il 14 maggio 1918 per l’ini- ziativa di cinque Società di Inge- gneria (AIEE, ASME, ASCE, AIME e ASTM) e tre agenzie governative. Nel 1928, l'AESC è rinominata American Standard Association (ASA). Nel 1931 l’ASA è affiliata con il Comitato Nazionale statunitense presso l’International Electrotech- nical Commission (IEC). Nel 1966, l'ASA viene riorganizzata e diven- ta United States of America Stan- dards Institute (USASI). Il nome attuale, American National Stan- dards Institute (ANSI), è stato adottato nel 1969. In Italia il 26 gennaio 1921 fu fon- data un’associazione privata che aveva lo scopo di fissare “tipi uni- ficati” e che subito si poneva come organismo normativo nazionale: la UNIM, Unificazione dell’ Indu- stria Meccanica su iniziativa dell’allora Associazione Nazionale fra gli Industriali Meccanici e Affi- ni (ora ANIMA), della Confedera- zione Generale dell’Industria Ita- liana (ora Confindustria), del Co- mitato Nazionale Scientifico Tec- nico (ora CNR), dell’Associazione Elettrotecnica Italiana (ora CEI). Il nome, neanche a dirlo, fu ideato non da un tecnico ma da Gabriele d’Annunzio che dopo aver consul- tato vari dizionari per la ricerca della traduzione del francese “normalisation”, dell’inglese “standardization” e del tedesco “Normung”, coniò il neologismo “Unificazione”. Nel 1930 l’UNIM si trasformò in UNI, cioè Ente Nazio- nale per l’Unificazione nell’Indu- stria. Il 20 settembre 1955 il DPR n.1522 riconosceva giuridicamen- te l’UNI. Lo statuto associativo, an- cora in vigore, è stato approvato con Decreto Ministeriale del 6 set- tembre 1991. Il riconoscimento dell’UNI, come Organismo nazio- nale italiano di normazione, da parte della CEE tramite Direttiva Europea 83/189/CEE del marzo 1983, recepita dal Governo Italiano con la Legge n. 317 del 21 giugno 1986. Tra le prime istituzioni internazio- nali di normazione nasce, il 26 giugno 1906, la International Elec- trotecnical Commission IEC per il settore elettrico; originariamente allocata a Londra, la Commissione è poi trasferita, nel 1948, nella sede attuale di Ginevra. Il Kitemark® Il marchio DIN Il marchio ASA Il marchio UNI Il marchio IEC
  • 29. 2929 E LA PROGETTAZIONE Da ISA ad ISO Per quel che riguarda la nascita degli enti normatori internazionali ho faticato non poco a trovare del- le notizie storiche interessanti ed attendibili fino a che non mi sono imbattuto nel bel lavoro di Willy Kuert “Friendship among equals”. Kuert era il delegato svizzero alla Conferenza di Londra del 1946 per la fondazione dell’ISO e, fortunata- mente, ha realizzato molti testi su questo argomento fornendo anche uno scenario storico molto detta- gliato. Per molti Paesi, come ab- biamo visto, la necessità di stan- dard e standardizzazioni si è co- minciata maggiormente a sentire verso la fine della prima guerra mondiale. Il periodo a cavallo tra i due conflitti mondiali è caratteriz- zato da una crescita costante dei mercati, specialmente a livello regionale, che richiedeva sempre di più delle norme globali per pro- muovere il commercio di prodotti e servizi. Anche se questa esigen- za era ampiamente condivisa non se ne fece nulla fino al 1926, anno in cui ci fu il primo tentativo di formare una federazione Interna- zionale delle Associazioni nazio- nali di Standardizzazione (ISA) a New York con i seguenti Paesi: Austria, Belgio, Canada, Cecoslo- vacchia, Francia, Germania, Giap- pone, Italia, Norvegia, Regno Unito, Olanda, Svezia, USA. Nonostante la presenza sulla carta dei rappre- sentanti di Paesi che utilizzavano i due principali sistemi di misura, quello metrico e quello anglosas- sone, le attività dell’ISA erano fo- calizzate sullo sviluppo di stan- dard metrici europei anche perché i rappresentanti di Stati Uniti e Canada non vi avevano mai parte- cipato e la Gran Bretagna si era unita ai lavori solo poco prima del- lo scoppio della seconda guerra mondiale. Kuert per descrivere i risultati deludenti di quel periodo iniziale riporta le affermazioni ri- lasciate, durante un’assemblea generale dell’ISO del 1976, da uno dei fondatori dell'ISA, il norvegese K. Heidelberg: "…non ha mai soddi- sfatto le nostre aspettative […] i bollettini informativi non erano mai più di un solo foglio di carta stampata… ". D'altra parte Heidel- berg, nello stesso intervento, sot- tolinea anche che l'ISA servì da prototipo per l’attuale struttura organizzativa dell’ISO che rispon- de ancora a quell’organigramma di Fig. 11. Gli interessi divergenti tra le delegazioni dei Paesi anglosas- soni e quelli europei rallentarono Organigramma creato per ISA nel 1926 e ancora in vigore in ISO
  • 30. 3030 BASI PER IL DISEGNO I 65 delegati che parteciparono ai lavori della storica conferenza di Londra in cui fu fondata ufficialmente l’ISO Il frontespizio di “Friendship among equals” (amicizia tra simili) e il suo autore Willy Kuert delegato svizzero alla Conferenza di Londra
  • 31. 3131 enormemente i lavori dell’organiz- zazione a partire dall’ubicazione della sede del Segretariato Genera- le che, solo nel 1928, fu indicata nella città di Praga anche se si rivelò assolutamente una scelta felice per via dei tra- gici imminenti svi- luppi della seconda guerra mondiale. In- fatti l’esercito tede- sco che aveva ormai occupato la Cecoslo- vacchia non vedeva di buon occhio un’or- ganizzazione che aveva tra i suoi iscritti i delegati dei Paesi dello schieramento nemico e cominciò ad osteggiare e a fare sempre maggiori pressioni sulla Segreteria Generale. Per quanto possa sembrare incredibile in quel periodo l’ISA fu, di fatto, portata avanti dagli sforzi del solo Segre- tario Generale: Huber Ruf, un inge- gnere svizzero che gestì, con il so- lo l'aiuto della sua famiglia dalla sua casa di Basilea, la redazione, la traduzione e la riproduzione di documenti. Nonostante tutto il Presidente, nel 1939, si vide co- stretto ad interrompere le attività e proporre un voto sulla questione di trasferire l'Organizzazione in Sviz- zera, essendo questo un Paese neutrale. Quasi verso la fine della seconda guerra mondiale, nel 1944, alcune organizzazioni statuniten- si, canadesi e britanniche fondano lo United Nations Standards Coor- dinating Committee (UNSCC) che, come Kuert ricorda, “era aperto ai soli Paesi alleati” dando così piena egemonia ai Paesi anglosassoni. Alla fine del conflitto si avevano così due organizzazioni, di fatto contrapposte, con alcun peso sul piano internazionale. Fu così che si decise nel corso di una Con- ferenza tenutasi a Londra dal 14 al 26 ottobre del 1946 di creare, finalmente, un unico organismo operante a livello mondiale nel settore della standardizzazio- ne. Ai lavori partecipa- rono 65 delegati provenienti ora da ben 25 Paesi e il 24 ottobre nasce- va così l’ISO: International Organi- zation for Standardization che, appena cinque anni dopo, pubbli- cava il suo primo standard dal tito- lo "Temperatura di riferimento standard per la misurazione indu- striale della lunghezza". E LA PROGETTAZIONE Questo grazioso cottage ospitava, nella veranda, i primi uffici del Segretario Generale dell’ISO Della storica sede di Praga dell’ISA resta solo questa targa
  • 32. 3232
  • 33. 3333 CINEMA E ANIMAZIONE Humandroid H umandroid (Chappie) è un film del 2015 scritto e diretto da Neill Blomkamp e prodotto dalla Warner Bros; è la versione ci- nematografica del cortometraggio Tetra Vaal del 2004, scritto e diretto dallo stesso Blomkamp. Le riprese del film sono iniziate nell'ottobre 2013 a Johannesburg, in Sudafrica, terminando nel febbraio 2014. Il pri- mo trailer è diffuso il 4 novembre 2014; quello italiano il 10 dicembre. Distribuito nelle sale cinematogra- fiche statunitensi a partire dal 6 marzo 2015, in quelle italiane è arri- vato 9 aprile. Johannesburg, 2006. In una città dove aggressioni, omicidi, rapine e regolamenti di conto sono ormai all’ordine del giorno, le forze dell’or- dine decidono di servirsi di robot umanoidi per combattere il crimi- ne. Gli Scout, questo è il nome degli androidi, sono stati costruiti dalla Tetravaal e ideati dal giovane inge- gnere indiano Deon Wilson, dedito da tempo agli studi sull’intelligenza artificiale. Gli Scout sono program- mati per rispondere agli ordini umani, interagendo perfettamente con i poliziotti durante le loro ope- razioni: il sogno di Deon, però, è quello di dotare questi androidi di una vera e propria coscienza ma viene osteggiato sia da Michelle Bradley, presidente dell’impresa interessata solo al profitto, che da Vincent Moore, ex militare e collega invidioso che vorrebbe proporre, in alternativa agli Scout, Moose, una vera e propria macchina da guerra manovrabile con un casco neurale. Quando Deon decide di rubare il robot Chappie dal magazzino degli oggetti da rottamare per tentare di programmare un chip che lo possa umanizzare, tre criminali, Yolandi, Ninja e Amerika, in debito con un gangster locale, decidono di rapire Deon, e con lui Chappie, per convin- cerlo a “spegnere” i suoi robot. In realtà, si troveranno alle prese con un droide che è ancora “bambino” e che ha tutto da imparare e che vor- rebbero impiegare per i loro loschi crimini. Chappie diverrà l’unico androide capace di pensare, capaci- tà che lo fa apparire pericoloso per l’uomo e che darà vita ad una spietata caccia al robot con lo scopo di sterminarli definitiva- mente. Ambientato nei bassifondi di una futura Johannesburg, il film vede tra i protagonisti un insolito Hugh Jackman nel ruolo antagonista del perfido Vincent e Sigourney Wea- ver in quello stereotipato della spie- tata industriale Michelle; ai tre cri- minali prestano il volto il gruppo rap dei Die Antwoord (Yolandi e Ninja) e Jose Pablo Cantillo (Amerika). I tre “cattivi”, ma poi non tanto cattivi, diventeranno una sor- ta di genitori adottivi del robot “bambino”: le loro scene con questo figlio al titanio che da un lato viene educato con pazienza e tenerezza e, dall’altro, sfruttato e ingannato, so- no il cuore del film e la sua parte migliore. Deon Wilson è interpreta- to dall’ottimo Dev Patel, già prota- gonista di The Millionaire, mentre l’”invisibile” Sharlto Copley dà voce e motion capture all’androide Chap- pie e, benchè sia convertito digital- mente in un personaggio al titanio, l’attore sudafricano, grazie alla sua grande performance fisica, dà una vera credibilità umana a Chappie perché, oltre alle movenze e posture meccaniche, regala all’androide gesti molto “umanizzati”. Di fatto, l’indovinato design di Chappie, col particolare delle orecchie che ag- giungono espressività a un volto in apparenza incapace di mostrare emozioni, lo rendono il personaggio più simpatico del film. La creazione di Humandroid ha avuto inizio, per il regista appassio- nato di effetti speciali, circa 10 anni fa con la realizzazione di un promo intitolato Tetra Vaal. Gli effetti visi- vi del film sono curati dalla Image Engine che ha sede a Vancouver e che è nota per aver collaborato per la serie Stargate SG-1 e per essere stata candidata al Premio Oscar per i migliori effetti speciali nel 2010 per il film District, sempre di Blomkamp. Con Humandroid ha collaborato anche la Weta Work- shop, una compagnia neozelandese che fornisce materiale di scena e servizi cinematografici, particolar- mente specializzata nella realizza- zione di scenografie e produzione di effetti speciali di tipo fisico come miniature e modellini. La sua noto- rietà ha raggiunto l’apice con la rea- lizzazione degli effetti per la trilo- gia de Il Signore degli Anelli di cui ha prodotto i set, i costumi, il truc- co, le creature e le miniature, noto- rietà confermata, nel 2009, con un altro film di grande successo, Ava- tar. Tornando a Chappie, Blomkamp lo ha progettato nel 2003 in Lightwave 3D, prendendo spunto da disegni manga e anime giapponesi. Light- Wave 3D è un programma di com- di Nunzia Nullo “Ogni bambino viene al mondo pieno di promesse e CHAPPIE non è da meno: dotato, speciale, un vero prodigio. Come ogni bambino, CHAPPIE verrà influenzato da chi lo circonda - nel bene e nel male - e farà affida- mento al suo cuore per trovare il proprio posto nel mondo e diventare l'uomo che ha sempre voluto. Ma c'è una cosa che rende CHAPPIE di- verso da tutti gli altri: lui è un robot. Il primo robot capace di pensare e provare sentimenti autonomamente. La sua vita, la sua storia, cambie- ranno il modo di vedere rispetto ad umani e robot per sempre.”
  • 34. 3434 puter grafica per la modellazione 3D e l’animazione ed è noto per le sue eccellenti capacità di rendering e l’interfaccia inusuale in cui non appaiono icone ma solo dei grandi pulsanti etichettati. Rispetto ai più famosi 3D Studio Max e Maya ha delle mancanze ma la versione 9 ne ha eliminate almeno tre importanti fornendo una struttura a Nodi per i materiali ed un più efficiente algo- ritmo di Subpatching. Infine, il pro- blema di fornire motori di rende- ring alternativi è stato risolto trami- te FPrime, un componente addizio- nale a pagamento che aggiunge funzionalità. Per ulteriori dettagli sul programma consultare: http:// it.wikipedia.org/wiki/ LightWave_3D E’ chiaro che Blomkamp, futuro re- gista del prossimo episodio della saga di Alien, si è molto divertito a realizzare Humandroid e lo ha sfruttato per prepararsi al meglio per questo progetto molto più impe- gnativo. Humandroid è chiaramen- te un omaggio, per riferimenti te- matici ed estetici, al film Robocop, che è molto amato dal regista, ma anche, tanto per citarne qualcuno, a Corto circuito e Il tagliaerbe. Tutta- via, alla fine, la riflessione esisten- ziale ha il sopravvento sull’action: il “tenero” Chappie, costruito in tita- nio e quindi indistruttibile, ha però una data di scadenza data dalla sua batteria difettosa e limitata. Ed è toccante il momento in cui questo androide capisce ciò chiedendosi cosa sia la coscienza e se è possibi- le trasferirla altrove quando il pro- prio corpo cessa di funzionare. Hu- mandroid è dunque un’opera in cui vengono toccati temi importanti come l’immortalità, la tangibilità della coscienza, il libero arbitrio, l’umanizzazione delle macchine, i progressi della robotica ma anche i rapporti tra genitori e figli e la vio- lenza. Chappie, alla fine, è la realiz- zazione del sogno di molti scienzia- ti e autori di fantascienza: un robot dall’intelligenza artificiale ma che parla, pensa e soffre come un esse- re umano. CINEMA E ANIMAZIONE Il protagonista del film, Chappie, in due momenti del film
  • 35. 3535
  • 36. 3636 D efinire Ettore Sottsass semplicemente e cano- nicamente una figura eclettica e poliedrica, è veramente riduttivo dal momento che questo protagonista della sce- na artistica ed architettonica ita- liana sfugge a qualsiasi etichetta- tura e classificazione. Ben ses- sant’anni di carriera che lo hanno visto designer, architetto, urbani- sta, pittore, viaggiatore, fotografo. Costantemente impegnato a capire la sua anima più profonda ha at- traversato i maggiori trend cultu- rali dello scorso secolo: Razionali- smo, il Movimento Arte Concreta, lo Spazialismo, la cultura Pop. Sintesi biografica Architetto e designer, Ettore Sott- sass junior nasce in Austria a Inn- sbruck nel 1917 da Antonia Peint- ner e dall'architetto Ettore Sott- sass senior. Dopo gli studi liceali si laurea in architettura al Politecni- co di Torino nel 1939 e successiva- mente affronta un periodo di ap- prendistato che si concluderà, nel 1947, con l’apertura del suo primo studio di design a Milano ove co- mincia a collaborare con Giuseppe Pagano. Il gruppo MAC con cui partecipa alla prima collettiva di Milano (Movimento di Arte Con- creta) lo accoglie come pittore nel 1948. È tra i promotori della mostra sull’Arte astratta in Italia tenuta a Roma nello stesso anno e pochi mesi da questo evento aderisce allo Spazialismo. Sottsass Lavora con vari materiali come la cerami- ca, lo smalto su rame, la gioielleria e il vetro con cui, nel 1975, realizza alcune opere eseguite in un limita- to numero di copie per Artemide dalla vetreria muranese Vistosi. Sergio Cammilli, nel 1957, lo nomi- na art director della sua azienda Poltronova ad Agliana. E’ il 1958 quando Sottsass inizia la sua col- laborazione con la Olivetti occu- pandosi del settore computer de- sign al fianco di Marcello Nizzoli, di cui sarà successore dopo il riti- ro. Olivetti e Sottsass sono un bi- nomio di eccellenza che durerà per circa 30 anni facendo nascere uno sti- le tutto nuovo per i pro- dotti da ufficio dell’a- zienda di Ivrea. Gli esempi più belli della produzione di Sottsass sono sicuramente le cal- colatrici Summa-19, Di- visumma 26 e Logos 27 (1963), le macchine da scrivere Praxis 48 (1964) e Valentine (con Perry King) e il sistema di mo- bili per ufficio Synthesis (1973). Il progetto più importante è stato il computer mainframe Elea 9003 (1959), grazie al quale vinse il Compas- so D'Oro nel 1959. Nel 1972 è al MoMA di New York come partecipante alla mo- stra Italy: the new domestic landscape. Quattro anni dopo rice- ve una laurea honoris causa al Royal College of Art di Londra, do- po essere stato impegnato in un lungo tour di conferenze in Inghil- terra. nel 1979 partecipa al Design Forum di Linz con il gruppo Alchi- mia, presentando tre lavori: Seg- giolina da pranzo, la piantana Svincolo e il tavolino Le strutture tremano. Nel 1980 fonda lo studio Sottsass Associati insieme ad Aldo Cibic, Matteo Thun, Marco Zanini e Marco Marabelli. Il 1981 è l’anno della fondazione del gruppo di ar- chitetti Memphis assieme a Hans Hollein, Arata Isozaki, Andrea Branzi, Michele de Lucchi tra i no- mi più noti. Realizza l'edificio con- dominiale di viale Roma a Marina di Massa, del 1985, rappresenta una vera sintesi della sua partico- lare concezione architettonica ric- ca di soluzioni originalissime per aumentare il comfort degli abitan- ti. Nel 1988 fonda insieme a Barba- ra Radice, Christoph Radl, Anna Wagner e Santi Caleca il magazine Terrazzo che si occupa di architet- tura e design fino al 1996, anno del tredicesimo e ultimo numero. Il maestro muore all'età di no- vant'anni nella sua abitazione mi- lanese il 31 dicembre 2007 per uno scompenso cardiaco avvenuto du- rante un'influenza. La poetica multiverso di Sottsass Sottsass è stato anche particolar- mente legato alla letteratura ed ai DESIGNER Ettore Sottsass di Salvio Giglio
  • 37. 3737 R’s STORY Olivetti Summa 19 Olivetti Divisumma 26 Olivetti Praxis 48 Olivetti Logos 27 Olivetti, mobili per ufficio serie sistema 45Olivetti Valentinae
  • 38. 3838 DESIGNER Due immagini del computer mainframe Olivetti Elea 9003, grazie al quale Sottsass vinse il Compasso D'Oro nel 1959
  • 39. 3939 R’s STORY poeti della Beat Generation. Incon- trerà molti di essi nel corso della sua vita a San Francisco: Jack Ke- rouac, Lawrence Ferlinghetti, Neil Cassady, Gregory Corso, e soprat- tutto Allen Ginsberg. Di questo au- tore Sottsass elegge il poema Howl (L’Urlo) come una sorta di manife- sto della sua poetica progettuale, intravedendo in quella sensoriali- tà pura e incontaminata, che ani- ma l’opera di Ginsberg, l’origine inusitata di realtà oggettive ove era impensabile ci fossero semi radici e sotto strutture. Era amico suo e di sua moglie la scrittrice e poetessa Fernanda Pivano il gran- de Ernest Hemingway. La ric- chezza delle sue esperienze con- tribuisce a definire il profilo parti- colarissimo di Sottsass, che come scrivevo in apertura sfugge ad una codificazione precisa in quanto è un artista multiverso, capace di contaminare il suo mestiere di architetto con apporti provenienti da diverse discipline e sorgenti culturali. Le sue innumerevoli col- laborazioni con giovani talenti, nel corso della sua lunga carriera, hanno creato poi dei nomi inter- nazionalmente noti nel mondo del design e dell'architettura di cui James Irvine è solo un esempio. Mostre e riconoscimenti Innumerevoli sono stati i tributi alla tanto prolifica attività di Sott- sass in termini di mostre persona- li tra cui emergono: le due mostre personali del 1994 e del 2003 al centro Georges Pompi- dou di Parigi; la mostra al Centro per l'arte con- temporanea Luigi Pecci di Prato del 1999; la mostra del Suntory Museum di Ōsaka del 2000, le due mostre curate da Milco Car- boni al Museo d'Arte Decorativa di Colonia nel 2004 e quella al MART di Rovereto nel 2005. Da sinistra, la piantana Svincolo, la Seggiolina, il tavolino Le strutture tremano, le lampade Ultrafragola e Asteroide e il vaso Shiva Ettore Sottsass e la moglie Fernanda Pivano, sua musa ispiratrice
  • 40. 4040
  • 41. 4141 INTERVISTA Juan Gonzalez Gomez C iao Juan. Benvenuto su CADZINE. Presentati ai nostri lettori. Salve! Sono un ricercato- re di robotica, ma mi piace definir- mi sia come un hacker che come maker. Credo molto nello spirito di condivisione Open Source delle informazioni. Attualmente sto la- vorando a bq, una società spagno- la dedicata alla vendita di disposi- tivi multimediali e stampanti 3D. Ho 42 anni. Il mio nick è Obijuan. Viene da Obi Wan + Juan (sono un fan di Star Wars). Non passa un giorno che uno o più dei tuoi post stupendi sono su Google Plus.... Cosa hai studiato per raggiungere questo livello di bravura con la tecnologia? Beh, in primo luogo dal mio per- corso formativo: sono un ingegne- re delle telecomunicazioni (C.d.L di sei anni), Master in Informatica (2 anni) e Dottorato di Ricerca in Robotica (4 anni). Ora per me la cosa più importanti è: imparare costantemente. Non ho acquisito le conoscenze sui robot stampabi- li, le stampanti e la progettazione 3D studiando. Queste cose le ho imparate da solo, grazie alla Co- munità e ad internet! Tutto il sape- re è lì e questo grazie alle persone. Questo è il motivo per cui io credo nell’Open Source. Alla gente piace condividere la conoscenza. La gente vuole condividere questo! Quando hai cominciato ad interes- sarti di automazione e robot? Da quando avevo 5 anni. Mi piac- que moltissimo la serie TV anime il Mazinga Z :-) Da allora, sono sta- to ossessionato dai robot. A quel tempo non c'era internet. Sono cresciuto senza internet e con quasi nessuna possibilità di acce- dere alle conoscenze tecnologi- che. Per questo motivo, quando ho scoperto l’Open Source e i sistemi Gnu / Linux mi sono veramente innamorato di questi. Tutto il codi- ce sorgente era finalmente dispo- nibile! Tutta la conoscenza era lì!! Noi abbiamo gli stessi ideali per la divulgazione tecnologica; ti sei mai occupato di insegnamento e formazione? :-) No. Mi piace molto imparare Conosco Juan via Google Plus ed in particolare il suo straordinario ed immenso lavoro di divulgazione in nome di un convinto e militante principio Open Access che me lo ha reso simpatico sin da subito… Quando ho tradotto l’in- tervista ho realizzato ancora una volta che Google Plus e il Web sono luoghi meravigliosi e pieni di persone straor- dinarie... di Salvio Giglio
  • 43. 4343 RVISTA cose nuove e poi insegnarle alle persone. Trascorro il mio tempo facendo tutorial e materiale gra- tuito per l'insegnamento. Ma io insegno solo applicazioni Open Source e Open Hardware. Dalla tua pagina di profilo leggo che sei un maker e che print, con una RepRap, pezzi di robot... Che modello di stampante RepRap hai? Sono stato coinvolto nel mondo della stampa 3D solo perché vole- vo stampare dei robot! :-) Ho 4 stampanti RepRap a casa: 2 Prusa I2 e 2 Prusa I3 Efesto E’ stato difficile mettere insieme tutti pezzi della RepRap? Quanto tempo ci hai messo? Ho montato la mia prima RepRap nel 2011. E 'stato un compito piut- tosto complesso. Mi ci è voluto circa un mese. La parte più diffici- le è stata quella di trovare tutti i componenti. Ho stampato tutte le parti della mia Makerbot Cupcake (che all’epoca erano open source). Quale software di modellazione 3D usi per i tuoi modelli da stampare? Io lavoro solo con il software Open Source. So che ci sono applicazio- ni proprietarie più potenti... ma non sono Open Source e sono pen- sate in modo che nessuno possa leggere il loro codice sorgente e modificarlo. Con FreeCAD posso farlo. Posso migliorare il software. La Comunità lo può migliorare… Cosa manca ancora alle stampanti 3D, come saranno secondo te le stampanti del futuro? Le stampanti FDM attuali sono piuttosto lente e la loro qualità di stampa è appena sufficiente. Ma è solo l'inizio. Penso che il futuro è delle stampanti DLP Open Source che potranno offrire, potenzial- mente, alta qualità e velocità allo stesso tempo. Quale MCU usi per i tuoi robot? Conosci Arduino? Atmel MCU con schede Arduino compatibili. La Comunità è così grande... ci sono così molte cono- scenze disponibili... Usi qualche CAD particolare per sviluppare i tuoi PCB? Se si, quale? Sì. Ancora una volta, solo il soft- ware Open Source. Sto usando KiCAD, che è anche uno degli stru- menti di progettazione utilizzati dal CERN di Ginevra. Come si possono migliorare le pro- prie conoscenze di meccaniche for the robotica? Studiando e realizzando i progetti pubblicati da altri utenti :-) Infatti, grazie alla rete e alle stampanti 3D, le parti possono essere tele- copiate da un luogo all'altro, in un tempo molto breve. Cosa ne pensi dei Social Net- works? Mi piacciono davvero molto :-) So- no incredibili per la condivisione delle conoscenze e per imparare cose nuove dagli altri Quando ti sei iscritto su Google Plus? E’ il tuo Social preferito? Non ricordo bene… ma credo che sia stato nel 2011. Mi piace molto Google+. I miei due social network preferiti sono Twitter e Google+ Una domanda ad cittadino euro- peo... Cosa ne pensi dell'UE? E' cambiato qualcosa in meglio o è rimasto tutto uguale a prima? Non mi piacciono i politici ma mi piace la gente. Credo che le perso- ne dovrebbe essere in grado di muoversi da un Paese all'altro senza essere filtrati da frontiere. Prima dell'UE, l'attraversamento delle frontiere era un vero dolore. Anche avere la stessa moneta è, secondo me, un grande vantaggio per il commercio e gli spostamenti ma il problema restano i politici: non lavorano per le persone ma solo per i potenti. Cosa consiglieresti ad un ragazzo appassionato di tecnologia ma che è solo un principiante? Costruire cose. Utilizzare il soft- ware Open Source. Condividere le proprie conoscenze. Non lamen- tarsi solo della qualità di un'appli- cazione Open Source dal momento che basta scaricare i suoi sorgenti per migliorarla! Fare parte della Comunità. Utilizzare Github :-)
  • 44. 4444
  • 45. 4545 MATEMATICA & DINTORNI Come calcolare l’area di una nuvola (e la ma- gia dell’infinito) V oglio partire con un sa- luto per i lettori di CAD- ZINE e presentarmi un attimino… Sono nato a Napoli nel 1970, sono laureato in Matematica ed Informatico di pro- fessione, da sempre appassionato di tecnologia e di Internet, di sport e di ecologia, di cinema e di libri... Mi piace mischiare le mie passio- ni e da questi minestroni nascono progetti come il mio sito faC- Cebook.eu La nuvola, la regina delle forme irregolari Immaginiamo una nuvola: è, per definizione, la regina delle figure irregolari. Supponiamo di volerne calcolare l’area, cioè misurare la superficie che occupa in cielo. Un buon metodo è ricoprire l’intera nuvola con una serie di mattonelle quadrate la cui area è nota, ipotiz- ziamo di un metro quadro. Se riu- scissimo a foderare la nuvola uti- lizzando – ad esempio 50 matto- nelle – potremmo affermare che l’area della nuvola vale, più o me- no 50 metri quadrati. L’errore dipende dal numero di mattonelle La stima è imprecisa: l’errore che si commette è dovu- to all’approssimare l’area della nuvola (di forma irregolare) come somma di aree di figure regolari (le mattonelle quadrate). La differen- za (lo scarto) diminuisce se utiliz- ziamo piastrelle di dimensioni mi- nori che, però, implica incremen- tare il numero di elementi da usa- re. L’errore, quindi, dipende dal numero di piastrelle a disposi- zione: esso tende a zero (ma in realtà non è mai nullo) con l’au- mentare della quantità di matto- nelle. E se usassimo infiniti granelli di sabbia? La sfida è avvincente e desideria- mo migliorare la stima: passiamo dalle mattonelle a piccoli granelli di sabbia. Supponiamo che sia no- ta l’area del singolo e microscopi- co granello di sabbia (ad esempio, un millimetro quadrato): con un po’ di impegno, riusciamo a rive- stire l’intera nuvola (anche nei contorni) con una certa precisione con un numero altissimo di chic- chi (altissimo ma sempre finito!). Più alto sarà questo numero, più di Mario Monfrecola Dalla soffice forma di una nuvola rica- viamo il suo profilo con un bordo rosso che ci servirà per il nostro esperimento Nuvola coperta da un numero basso di mattonelle (errore alto). Più si infittisce il numero di mattonelle più diminuisce l’errore
  • 46. 4646
  • 47. 4747 Ricoprendo la nuvola con un numero elevatissimo ma finito di granelli di sabbia la misurazione della superficie risulta molto più precisa anche se presenta un errore non nullo. MATEMATICA & DINTORNI precisa sarà la nostra misurazio- ne, minore sarà l’errore che si commetterà nell’approssimare l’area della nuvola come sommato- ria di arie infinitesimali. Se – per assurdo – avessimo a disposizione un numero INFINITO di granelli di sabbia, potremmo ricoprire l’intera superficie della nuvola in modo uniforme, senza “buchi” e calcola- re precisamente la sua area come somma di infinite aree: tale misu- razione sarebbe esatta con errore zero. Il limite, magia dell’Analisi Mate- matica Il paradosso è servito: nella realtà non abbiamo a disposizione l’infi- nito, ci dobbiamo accontentare dei “miliardi” che – seppure siano un valore illimitato – è pur sempre finito, cioè possibile da contare (in teoria). Per nostra fortuna, il mon- do Matematico, a differenza di quanto si immagini, è magico e fantasioso e tutto diventa possibi- le, anche toccare con mano l’oriz- zonte. Lo strumento che ci per- mette di raggiungere il confine tra terra e mare è appunto il LIMITE. Per chi desidera sognare, consiglio la lettura della favola di Tau il To- pologo. http://www.faccebook.eu/ download/ tau_topologo_FrancoGhione.pdf Proviamo adesso a ricoprire la nostra nuvola con un numero infinito di granelli di sabbia in modo tale che essa non presenti assolutamente alcun buco. A questo punto il limite ci permetterà di calcolare esattamente, senza errori, la superficie della nostra nuvoletta.
  • 48. 4848
  • 49. 4949 MUSICA I l dramma per musica, nato nel 1600 sull'impulso del Re- citar Cantando, si sviluppa come spettacolo di corte da rappresentarsi nelle occasioni im- portanti, destinato quindi ad una platea esclusiva e circoscritta a quello specifico evento. Nel 1637, con l'inaugurazione a Venezia del primo teatro pubblico, il Teatro San Cassiano, il melodramma di- venta spettacolo indipendente, rappresentato e replicato fino a quando c'è un uditorio disposto a pagare per assistervi. A questo spettacolo collaborano più artisti, il poeta, il musicista, lo scenografo che realizzano quell'unicità espressiva, la teatralizzazione de- gli affetti e delle emozioni, allo scopo di meravigliare, commuove- re e avvincere il pubblico. Nel Sei- cento, il melodramma gode di un successo straordinario e la musi- ca, come espressione del periodo barocco, prende il sopravvento sulle parole riducendo le funzioni del testo a pura vocalità. Durante il Settecento, in Italia, gli ideali este- tici e poetici dell'Accademia dell'Arcadia spingono verso una riforma del genere, volta ad otte- nere lo snellimento delle forme e la restituzione al testo di una mag- giore dignità: da ciò quindi la crea- zione del libretto come genere a sé stante. Tra le modifiche apportate dai poeti arcadici al dramma mu- sicale serio italiano abbiamo la semplificazione della trama, la soppressione dei soggetti comici, la riduzione del numero delle arie, la tendenza all'isometria, la predi- lezione per le trame del teatro tra- gico antico e per quello francese moderno. Tra i maggiori esponenti dell'Accademia dell'Arcadia, Pietro Metastasio, più di ogni altro, riesce a mediare testo e musica, esaltan- do il fascino dello spettacolo: sem- plifica e nobilita le forme, elimina le parti buffe perché sono in con- trasto con gli affetti galanti e le rigide categorie formali dell'aristo- crazia settecentesca, lascia spazio alla bravura dei cantanti conferen- do importanza all'aria col da capo. I soggetti dei melodrammi sono quelli tipici del genere, derivati dalla storia antica e dal mito; i suoi “drammi per musica” e le “azioni teatrali” vengono musicati da Händel, Hasse, Jommelli, Gluck, Mozart e molti altri ancora. Pietro Metastasio (Roma 1698 - Vienna 1782), pseudonimo di Pietro Tra- passi, ottiene il suo primo grande successo nel 1724 con il melo- dramma Didone abbandonata; altri lavori andati in scena a Roma in quegli anni sono: Catone in Utica, Semiramide riconosciuta, Alessan- dro nell'Indie, Artaserse. Nel 1730, Metastasio si trasferisce alla corte di Vienna come poeta cesareo e vi rimane per il resto dei suoi giorni; nel decennio fino al 1740 scrive le sue opere migliori, tra queste ri- cordiamo in particolare: Demetrio, di Nicola Amalfitano Pietro Metastasio: innovatore del melodramma settecentesco Pietro Metastasio, dettaglio da un ritratto di Pompeo Batoni (collezione privata)
  • 51. 5151 SICA Adriano in Siria, Olimpiade e De- mofoonte, La clemenza di Tito, e l'azione sacra Betulia liberata. Me- tastasio fissa i contenuti del libret- to: idillio, tragedia, moralità, suc- cessione tra finzione e realtà; defi- nisce anche il comportamento dei personaggi come, ad esempio, le loro entrate e uscite dalla scena e indirizza il testo verso l'armonia delle parole. Assegna funzioni specifiche alle arie e ai recitativi: le prime esprimono la commozio- ne rispetto a un fatto della vicen- da, i secondi sono il momento di riflessione dei personaggi rispetto agli avvenimenti rappresentati. I tratti distintivi del suo stile sono individuabili nella sospensione narrativa, negli equivoci, nelle sor- prese continue; i diversi “affetti” che straziano i personaggi, esita- zioni, interrogativi, dubbi, rimorsi, conflitti tra istinto e ragione, sono accuratamente intrecciati ed equi- librati in una continua e netta con- trapposizione fra i due elementi divenuti i pilastri dell’opera seria: i recitativi in versi sciolti per i mo- menti dinamici con funzione di narrazione e dialogo, le arie in strofe rimate per esprimere le pas- sioni, gli affetti di un personaggio, a conclusione di un'azione o di una situazione scenica. Il linguag- gio lirico, chiaro e immediato, fa- cilmente comprensibile, mira alla musicalità del testo per garantire l'armonico equilibrio tra musica e testo. Inoltre, a differenza dei me- lodrammi del Seicento, nei quali i recitativi, gli ariosi e le arie si al- ternano secondo l'esigenza dell'a- zione o del gusto dell'autore, Meta- stasio stabilisce regole ben preci- se, per cui la scena è costituita da due parti: prima il recitativo, con il quale viene esposta l'azione dram- matica, poi l'aria attraverso la qua- le l'attore principale dà voce all'e- spressione dei sentimenti. L'attore assolve a un duplice ruolo: nella prima parte è personaggio del dramma quando dialoga con gli altri personaggi; nella seconda parte è soggetto che esprime sen- timenti ed emozioni proprie. Lo schema di alternanze tra momenti dinamici e statici prestabilisce che la tensione emotiva accumu- lata nel recitativo trovi nell'aria la sua naturale definizione, il suo sfogo e così, in questa specie di accomodamento, l'azione e la mu- sica possono convivere sviluppan- dosi liberamente nel proprio ambi- to. Ovviamente l'aria riveste il ruo- lo principale, mentre i recitativi, i brani d'insieme e strumentali han- no funzioni di sostegno e di con- torno, diventando quindi l'unità fondamentale del melodramma. Da questo momento in poi l'aria assume sempre più importanza e i cantanti con essa; si giunge così ad una situazione di predominio di questi ultimi che spesso affianca- no il compositore nella creazione dell'opera. Ritratto di Pietro Metastasio e fondale per "Angelica vincitrice su Alcina"
  • 52. 5252
  • 53. 5353 NEW HARDWARE FOR CAD B en tornati al nostro ap- puntamento mensile con le nuove tecnologie hardware per il CAD. In questa puntata ci occuperemo di una realizzazione di una tecnica per il rilievo di oggetti di qualsiasi ordine di grandezza alquanto rivo- luzionaria ed economica poiché basata quasi interamente sulle immagini provenienti da una sem- plice fotocamera digitale. Per certi tratti questa tecnica discende dal- la fotogrammetria di cui daremo, per i lettori che non sono propria- mente degli addetti ai lavori, una definizione sintetica: FOTOGRAMMETRIA (fo·to·gram·me·trì·a/ sostantivo femminile) Metodo di rilevamento della planimetria e altimetria di un terreno, consistente nella ripresa di più fotografie del terre- no eseguita, da aerei o satelliti, con spe- ciali apparecchi che consentono di tra- durre i fotogrammi in una proiezione quotata della zona fotografata. La fotogrammetria classica ha for- nito a intere generazioni di proget- tisti ottime cartografie territoriali cartacee da cui, dopo aver acquisi- to una certa pratica, si potevano facilmente dedurre le connotazio- ni essenziali di un territorio in ter- mini di quote di livello, insedia- menti abitativi, infrastrutture, ecc. Dopo la seconda guerra mondiale con la determinazione dei due schieramenti USA e URSS nasce- va, specialmente in ambito milita- re, la necessità di ottenere dai ri- lievi aerei informazioni territoriali sempre più dettagliate e realisti- che. La letteratura storica sulla tecnologia relativa a questo settore elenca cronologicamente ricerche, inventori e tecniche legati alla fo- togrammetria e ai suoi sviluppi anche se il denominatore comune restava sempre il concetto di ste- reoscopia STEREOSCOPIA (ste·re·o·sco·pì·a/ sostan- tivo femminile) 1. La percezione del rilievo di un oggetto in conseguenza della visio- ne binoculare, dovuta al meccani- smo fisiologico che porta, nei lobi occipitali del cervello, all'elabora- zione e alla fusione delle immagini che si formano nelle retine dei due occhi.  La parte dell'ottica che ha per oggetto lo studio della visione in rilievo.  Tecnica fotografica e cinema- tografica per ottenere il senso del rilievo riprendendo due immagini del soggetto da due punti di vista diversi. Ecco perché, nel recente passato, le sequenze di foto per i rilevi ri- prese tramite un velivolo, erano sempre acquisite a coppie di due col fine ultimo di ricostruire un modello stereoscopico tramite al- cuni punti noti sul terreno. Il mo- dello era esaminato da un foto- interprete, attraverso uno stereo- restitutore che disegnava le curve di livello impiegando un pantogra- fo e spostando una marca visiva sul modello ottico del terreno. Un radicale progresso tecnologico è avvenuto quando al modello ste- reoscopico è stato preferito quello prospettico; un fatto rivoluzionario questo perchè consentiva ora di collimare punti ricavati da imma- gini senza precisi riferimenti spa- ziali. I primi esperimenti basati sul nuovo modello si limitavano a ri- costruire il “triangolo delle fughe” e le forme scatolari. L’esperienza e tantissimi affinamenti successivi hanno condotto prima alla Multi- ple View Geometry e poi, più re- centemente, a questo nuovo meto- III ed ultima puntata di Salvio Giglio SfM Structure from Motion Un’immagine concettuale su come si è ottenuto il modello 3D del Colosseo in Building Rome in a Day nel 2009
  • 54. 5454 do di rilevamento tridimensionale che è la Structure from Motion o SfM. Un progetto Open Source per la SfM finanziato da Microsoft! Può sembrare alquanto singolare ma fu un progetto dei primi anni del 2000, finanziato e coordinato da Microsoft presso il laboratorio CSE Graphics and Imaging Lab. Grail dell’Università di Washing- ton e affidato alla supervisione di Richard Szeliski, responsabile dell’Interactive Visual Media Group della Microsoft Research, a vedere nel 2008 la prima applica- zione SfM che avrebbe permesso di dare una rappresentazione tridi- mensionale ricavata dalle foto dei monumenti scattate dai turisti e rese liberamente disponibili in rete. Lo sviluppo del codice sor- gente di Bundler, questo è il nome dell’innovativo progetto, è stato ideato e realizzato da Noah Snave- ly e Steve Seitz con la partecipa- zione di Kevin Chiu e Andy Hou. Le applicazioni che adottano il co- dice Bundler permettono di ricava- re dalle collezioni non ordinate d’immagini digitali inerenti un de- terminato manufatto architettoni- co una nuvola di punti 3D correda- ta dalle posizioni dei punti di vista e dei relativi assetti assunti dalla fotocamera. Poco tempo dopo la realizzazione e la pubblicazione del progetto, Snavely in piena otti- ca Open Source ha reso disponibile liberamente i sorgenti del progetto sul sito PhotoTour. Uno straordi- nario esperimento di ricostruzione virtuale tridimensionale di edifici monumentali, in cui è stato appli- cato Bundler con pieno successo impiegando una collezione non ordinata di oltre due milioni di im- magini di Flirckr semplicemente relazionate alla keyword “Rome”, è sicuramente il progetto Building Rome in a Day del 2009. I sequel legati a questa iniziativa sono stati numerosi e vi invito a consultare questa bella pagina del progetto: www.cs.cornell.edu/projects/ bigsfm/ In definitiva SfM si propone come una soluzione brillante per il rilie- vo tridimensionale rapido e a bas- so costo dal momento che può im- piegare hardware low cost e soft- ware Open Source senza dover as- solutamente rinunciare alla quali- tà e alla precisione del prodotto finale. Tantissime discipline si avvalgono oggi della SfM per otte- nere dati realistici dai rilievi come, ad esempio, l’archeologia, la con- servazione dei beni culturali, i ser- vizi di Protezione Civile, l’architet- tura e l’ingegneria, la geologia, ecc. In pochi decenni scienza e tecnica hanno realizzato con questa nuova metodologia un qualcosa che ha reso popolari, specialmente attra- verso la rete, tecniche e concetti che appartenevano prima solo a determinati ambiti professionali mettendo a disposizione realmen- te di tutti siti ed applicazioni capa- ci di restituirci, in qualche modo, piccoli pezzi di mondo da osserva- re comodamente sulla nostra scri- vania! NEW HARDWA Restitutore Wild A40 in dotazione, negli anni '80, al laboratorio di fotogrammetria architettonica della Facoltà di Ingegneria di Bari Strumento restitutore per prese nadirali munito di una coppia di microscopi scorrevoli su guide. (Foto Ist. Geografico Militare)
  • 55. 5555 WARE FOR CAD Il 3D da immagini o SfM Il metodo Structure from Motion o SfM impiega essenzialmente la fotogrammetria digitale per le sue elaborazioni avvalendosi di algo- ritmi derivati dalla computer vi- sion e dallo stereo matching una tecnica di calcolo che, partendo da un set di immagini bidimensiona- li, consente di ottenere un modello tridimensionale. Un antenato mol- to prossimo a questo metodo di rilievo può essere considerato la stereo-fotografia anche se a diffe- renza di questa nella SfM non è necessario conoscere dall’inizio la posizione reciproca dei punti di vista degli scatti, né occorrono supporti di ripresa particolarmen- te robusti a meno che non ci siano particolari necessità dovute alla scarsa illuminazione. Unica con- dizione legata alla ripresa delle foto è quella che esse devono co- prire tutta la visuale dell’oggetto con un numero minimo di tre scatti, leggermente sfalsati tra di loro: uno per ogni punto di vista in modo da offrire al software di ela- borazione dei dati che permettano una collimazione automatica otti- male. La ripresa, quindi, si effettua scattando un elevato numero di foto semplicemente girando intor- no all’oggetto senza che siano ne- cessarie particolari precauzioni. Questo aspetto permette l’installa- zione delle apparecchiature di scansione fotogrammetriche SfM anche su droni volanti impiegati principalmente per il rilievo di edifici o grandi strutture. Il set di immagini ottenuto sarà successi- vamente trasferito in un program- ma di Structure from Motion. A sinistra, ’edificio che ospita il “Paul G. Allen Center For Computer Science & Engineering (CSE) dell’Università di Washington. A destra Richard Szeliski, responsabile dell’Interactive Visual Media Group della Microsoft Research Il simpatico Team di giovanissimi programmatori che ha sviluppato Bundler. Da sinistra: Noah Snavely, Steve Seitz, Kevin Chiu e Andy Hou Testata del sito PhotoTour che in maniera efficace riassume il funzionamento di Bundler
  • 56. 5656 NEW HARDWARE FOR CAD Schermata di GLYP un progetto Open Source basato su SfM e realizzato per il modellatore 3D Maya Come lavora un applicativo SfM I software SfM si basano e lavora- no su di un algoritmo chiamato SIFT, che sta per Scale Invariant Feature Transform. Questo siste- ma riesce ad estrarre i punti “notevoli” da un’immagine, rag- gruppando quelli che stima essere parte di un medesimo oggetto, cioè uno dei tanti elementi che nel loro insieme formano un comples- sivo di maggiori dimensioni, allo scopo di fornire un “riconoscitore di forme” necessario alla compu- ter vision. Il software analizza i set d’immagini e riconosce per primi i punti sugli spigoli degli oggetti, scartando i punti che non compaiono su tutte le foto. Per correggere errori provenienti da immagini simili, cioè scatti effet- tuati da punti di vista vicini ma non identici, i software SfM im- piegano il sistema least-squares ovvero di approssimazione ai mi- nimi quadrati applicato alle forme simili, che permette di individuare i punti di vista da cui sono state scattate le foto. Questa informa- zione è un metadato raw associato al file immagine JPG e rappresen- ta il valore della focale fotografica. Nel caso in cui il valore della foca- le non sia presente, esso è stimato in maniera approssimata automa- ticamente. Il work flow seguito idealmente dai software di elabo- razione SfM consiste di tre distin- te fasi elaborative. La prima fase è quella più com- plessa e ha come scopo la creazio- ne della nuvola di punti grezza comprende più passaggi quali:  l’individuazione dei punti note- voli sulle singole foto;  la deduzione dei parametri fo- tografici relativi ad ogni singo- lo punto precedentemente in- dividuato e che permetteranno di determinare l’esatto valore RGB indispensabile per il passo successivo;  intersezione dei punti notevoli, precedentemente ricavati e riconosciuti su più foto in base a colore e posizione, per deter- minarne le relative coordinate nello spazio. Il risultato grafico ottenuto da questa prima fase di elaborazione consiste in una nebulosa di punti colorati che, nel suo insieme, ab- bozza già tridimensionalmente l’oggetto rilevato in una specie di foto solida. La fase successiva ha come obiet- tivo la realizzazione del modello tridimensionale dell’oggetto e consiste anch’essa di più step di sviluppo della modellazione in parte simili a quelli della fase pre- cedente:  seconda ricognizione di nuovi punti notevoli ancora più detta- gliata;  nuova intersezione dei punti notevoli, appena rintracciati, per rendere ancora più fitta la nuvola di punti iniziale;  chiusura dei punti della nuvola impiegando una TIN (una Triangulated Irregular Network cioè un reticolato formato da un insieme di maglie triangola- ri di diversa grandezza, tecnica ampiamente utilizzata nella modellazione 3D, nella FEA, nel DEM, ecc.) per modellare tridi- mensionalmente l’oggetto. La terza ed ultima fase consiste nella sovrapposizione della “pelle” del modello tridimensionale dell’oggetto impiegando le texture fotografiche ottenute dal set di immagini provenienti dal rilievo.
  • 57. 5757
  • 58. 5858
  • 59. 5959
  • 60. 6060 Ti interessa uno di questi tutorial?Ti interessa uno di questi tutorial? Stai seguendo CADZINE e ti sei appassionato ad uno o più corsi che stiamo pubblicando o ti è piaciuto in par- ticolare un articolo? Se non vuoi fare il download di tut- ta la rivista, ti ricordiamo che puoi anche solo stampare, o salvare su file, le sole pagine del corso che ti interes- sa direttamente da , attraverso il link del- la versione completa, o di quella LIGHT. Basta che ti porti sulla pagina iniziale e dal monitor di stampa di Drive selezioni l’intervallo di pagine che vuoi salvare/ stampare (da pagina X a pagina Y). Dal nostro sito, inoltre, puoi sempre recuperare i numeri che non hai ancora scaricato! Buona lettura 