La medicina è una scienza della natura che fa corpo con tutte le altre scienze empiriche,come la fisica, la chimica, la biologia generale, l’etologia. Questa concezione della cultura medica si lega ovviamente a un problema che è oggi urgente per tutti, sia per chi ha il dovere professionale di educare i giovani a divenire medici, sia per coloro che, già medici, hanno il dovere di continuare quotidianamente a coltivare la propria formazione, che non è fatta di notizie raccolte frettolosamente su internet, ma di assimilazione e di integrazione di concetti acquisiti e ripensati, di riflessione metodologica, di cultura biologica autentica, che consenta ai professionisti di ripensarsi non più come “risolutori di problemi strumentali” ma come artefici creativi e “riflessivi” del proprio agire.
2. La formazione del clinico oggi:
tra riduzionismo e complessità.
“In passato i medici venivano chiamati fisici proprio perché erano studiosi della
natura, dei fenomeni naturali. Ma se le malattie non sono nient’altro che il
prodotto dei fenomeni naturali, allora il medico è e deve essere un naturalista o,
in termini più moderni, uno scienziato”
[G. Federspil :“Sfida per la nostra cultura medica: il clinico oggi fra persona e molecole” -Atti
del Convegno “Medicina e sanità a confronto con la multiculturalità” - Fnomceo del 23-24
nove mbre 2007- Padova ]
14/09/2009 Corrado A. Presti 2
3. “ …la medicina - dall’osservazione della morfologia cellulare e dall’analisi dei
meccanismi biochimici cellulari fino ai trapianti, alle applicazioni dei
radioisotopi, alla risonanza magnetica e alle più innovative terapie attuali- è
una scienza della natura che fa corpo con tutte le altre scienze empiriche,come
la fisica, la chimica, la biologia generale, l’etologia. Questa concezione della
cultura medica si lega ovviamente a un problema che è oggi urgente per tutti,
sia per chi ha il dovere professionale di educare i giovani a divenire medici, sia
per coloro che, già medici, hanno il dovere di continuare quotidianamente a
coltivare la propria formazione, che non è fatta di notizie raccolte
frettolosamente su internet, ma di assimilazione e di integrazione di concetti
acquisiti e ripensati, di riflessione metodologica, di cultura biologica
autentica.”
14/09/2009 Corrado A. Presti 3
4. M. Aloisi in “La medicina come arte e come scienza” si è chiesto
“come indirizzare la scuola del medico affinchè i giovani si
abituino fin da principio a coltivare una medicina che sia
sempre più una scienza in possesso di molti per il benessere di
tutti (…): se noi prepariamo il giovane a divenire un medico,
noi dobbiamo raggiungere un punto in cui il medico apparirà
come un naturalista. (…)”.
14/09/2009 Corrado A. Presti 4
5. Questa è la tesi che Federspil chiama
“della medicina come disciplina naturalistica”,
in cui però intravede il pericolo costituito
“dal progressivo insinuarsi nell’educazione e
nella formazione medica di una mentalità riduzionista”.
14/09/2009 Corrado A. Presti 5
6. Il riferimento agli studi molecolari, di cui non viene negata
l’importanza, è correlato all’ ”immagine di un uomo molecolare,
cioè di un uomo in cui i mutamenti molecolari costituiscono tutto
ciò che vi è di rilevante da sapere sul suo essere malato, un uomo i
cui problemi medici sono o saranno risolvibili soltanto grazie alle
conoscenza più approfondite sulle sue alterazioni molecolari.
Siamo quindi giunti al grande problema della medicina scientifica
odierna: è davvero possibile ritenere che i problemi medici siano
risolvibili nei fenomeni studiati dalla chimica biologica o da quella
sua propaggine che è la medicina molecolare?
O, in termini più filosofici, l’uomo è solo un insieme coordinato di
strutture e di funzioni molecolari?”
14/09/2009 Corrado A. Presti 6
7. “Ma la complessità biologica - conclude Aloisi – è una complessità ‘gerarchica’,
nel senso che le parti di un vivente, dalle minutissime alle macroscopiche,
sono tra loro collegate, talora in modo semplice o addirittura giustapposto,
talaltra in modo anche estremamente interdipendente e
appunto funzionalmente gerarchico.
14/09/2009 Corrado A. Presti 7
8. L’attività medico-chirurgica non può non tener conto di questo e i suoi
interventi possono egualmente riguardare un problema solo molecolare(…):
via via che si sale dal livello molecolare a quelli gerarchicamente superiori,
l’azione medica si complica e si stravolge fino a fare della stessa complessità
uno strumento operativo.
Non vi sarebbe alcuna responsabilità umana se tutto fosse biologia,
ma non vi sarebbero nemmeno arti e scienze e filosofie, non vi sarebbe storia”.
14/09/2009 Corrado A. Presti 8
9. G.F. Azzone ha esemplificato l’attività del medico (in “Scienza tecnologia ed
etica nella medicina sperimentale e clinica”): “Un quadro fisiopatologico può
essere paragonato a un gigantesco circuito elettrico con molte sorgenti di
potenziali e di correnti, meccanismi di amplificazioni dei segnali, resistenze,
capacitanze, siti di regolazione (feedback) sia positivi che negativi. La funzione
del circuito è di garantire l’attività integrata di una serie di processi. (…).”
Il medico compie delle azioni, paragonate a quelle dell’ingegnere elettronico ed
al cibernetico, per ipotizzare e descrivere un circuito, variando soltanto la
complessità ed il grado di integrazione dei vari sistemi; a questa segue
l’associazione del singolo paziente con un circuito e l’identificazione (diagnosi),
e quella dell’aggiustamento del circuito (terapia).
14/09/2009 Corrado A. Presti 9
10. Tutto il problema ruota intorno al termine “persona”,
al significato che diamo a questa parola e
alla natura della persona umana. [G. Federspil]
14/09/2009 Corrado A. Presti 10
11. P. Magrassi in “Difendersi dalla complessità” [ F. Angeli/La società],
nel descrivere i confini della scienza scrive:” Un economista può
alzarsi e sostenere, davanti ai propri colleghi e con strumenti
matematici, una tesi che non può essere provata né smentita perché
non è possibile organizzare un esperimento ad hoc. La stessa cosa può
accadere in sociologia, in politica, in psicologia o nel management,
mentre è molto più difficile che accada in fisica, chimica, in biologia,
in medicina.”
14/09/2009 Corrado A. Presti 11
12. Per la medicina pone una nota: “…quando non sanno cosa dire di fronte ad un
paziente, spesso i medici si rifugiano nel motto secondo il quale la medicina non
sarebbe <una scienza esatta>. Si tratta di una scempiaggine, che i medici che
fanno ricerca- differenza dai loro colleghi clinici- non si sognerebbero certo di
sottoscrivere. Intanto, le scienze <esatte> non esistono. Poi, il fatto che un risultato
non sia noto con assoluta certezza ma solo, poniamo, con una probabilità del 78%,
non si commenta parlando della mancanza di esattezza bensì rallegrandosi della
forte convergenza. Le probabilità 50-50 sono brutte e ingestibili; ma quelle 78-22
sono casi clinici facili. La diagnosi “A” è molto più probabile della “B”. siccome,
tuttavia, il nostro medico a volte non sa qual è la percentuale di occorrenza di A e
B, ecco che anziché indagare ulteriormente o informarsi, come dovrebbe, pensa di
cavarsela convincendo se stesso che, in assenza di una certezza al 100 % non si
può dire nulla. “
14/09/2009 Corrado A. Presti 12
13. “Il metodo scientifico –prosegue Magrassi- non è certo il solo strumento a
disposizione dell’umanità nel suo percorso verso il conseguimento dell’agognata
felicità. E non è neppure l’unico per accrescere la conoscenza. Intuito, creatività,
intelligenza, sensibilità, cultura, fortuna sono indispensabili per il progresso
intellettuale nella storia. Tuttavia, il metodo scientifico è l’unico approccio
organizzato e insegnabile che abbiamo escogitato finora. (…) E’ vero che
esistono circostanze nelle quali i metodi previsionali scientifici non ci
soccorrono. E’ vero anche che talvolta non riusciamo a linearizzare un problema
che dobbiamo quindi affrontare in tutta la sua complessità. Ma, intanto, …
queste non sono situazioni che si verificano sempre e comunque: che accadrebbe
delle situazioni che si presentano più frequentemente, se lasciassimo l’approccio
scientifico basato su matematica e ripetitività degli esperimenti e ci
abbandonassimo a riti divinatori o a referendum democratici sulle leggi della
natura?”
14/09/2009 Corrado A. Presti 13
14. “Un problema è lineare se lo si può scomporre in una somma di componenti indipendenti
tra loro”
“L’intervallo lineare di un sistema è quello entro il quale i parametri che lo caratterizzano
non dipendono dall’ampiezza della sollecitazione applicata.(…) In sede epistemologica è
interessante che tutti i sistemi sono in realtà non-lineari, ma ciò non autorizza concludere
che gli approcci lineari non siano leciti.” (…) …i sistemi reali non sono soltanto
essenzialmente non lineari, ma anche non deterministici, ossia dal comportamento
imprevedibile. (…)
Se ci prendessimo la briga di andare a studiare meticolosamente le circostanze che
rendono non-deterministico il nostro sistema, in linea di principio potremmo scoprirle
tutte e conseguentemente modificare le equazioni matematiche così da renderle fedeli
descrizioni del sistema anche in condizioni di non costanza dei parametri” a cui nota “in
realtà, parlando di caos e di comportamento emergente, si possono incontrare anche
ostacoli di principio che si oppongono a questa possibilità.”
14/09/2009 Corrado A. Presti 14
15. “I sistemi non-lineari sono quasi sempre di difficile comprensione, anche perché
sfuggono alle piacevoli proprietà , tipiche dei lineari, della
scomponibilità in sotto-problemi semplici e della generalizzabilità:
stesse equazioni matematiche per molle, pendoli, circuiti elettrici,
popolazioni biologiche, e così via.”
(vedi il problema preda-predatore di Lotka-Volterra).
14/09/2009 Corrado A. Presti 15
16. Come conciliare quanto sopra con le considerazioni di
I. Calvino nelle “Lezioni americane”, su la
“leggerezza”, la “rapidità”, la”visibilità” e la
“molteplicità”, e quanto indicato da H. Gardner
sull’intelligenza disciplinare, sintetica, creativa,
rispettosa, etica, come chiavi per il futuro, con la
formazione professionale?
14/09/2009 Corrado A. Presti 16
17. Forse possiamo ricordare Karl Jasper: “L’agire medico si fonda su due
pilastri. Da un lato la conoscenza scientifica e l’abilità tecnica, dall’altro
l’ethos umanitario. Il medico ed il malato si trovano uniti da un legame
prevalentemente umano, non scientificamente fondato. Per questo è
fondamentale che il medico abbia sempre presente che nella sua attività
la spiegazione scientifica deve essere sempre accompagnata dalla
consapevolezza che gli accadimenti patologici del suo malato hanno un
senso che egli deve comprendere. Il medico può instaurare con il malato
una comunicazione esistenziale che oltrepassa ogni terapia. Medico e
malato sono allora entrambi uomini, che, come tali, condividono un
destino. Il medico, ora, non è più un semplice tecnico, né un’autorità, ma
un’esistenza, un essere umano transeunte insieme ad un altro essere
umano transeunte”.
14/09/2009 Corrado A. Presti 17
18. “In medicina, non tutto ciò con cui il medico entra in
contatto è traducibile nel linguaggio oggettivo
(oggettivante) delle scienze naturali.(…) Il malato non
può quindi riconoscersi nel corpo-molecolare o nel corpo-
circuito che la scienza dice, non lo riguarda direttamente.
La malattia, allora, non è più solo l’effetto di una causa,
ma si identifica in qualche modo con il significato di un
evento. ”[G. Federspil]
14/09/2009 Corrado A. Presti 18
19. Dice ancora K. Jasper:“nell’unione dei compiti di scienza e
filosofia risiede la condizione essenziale che rende oggi possibile
la conservazione dell’idea di medico”.
Possiamo allora parlare di farmacogenetica e farmacogenomica
per una terapia personalizzata o sarebbe meglio parlare di cura
alla persona?
14/09/2009 Corrado A. Presti 19
20. Feedback, o controreazione, ha luogo quando una parte di
output viene, per scelta progettuale oppure per accidente,
sommata o sottratta all’input di sistema.
Quel che viene immesso in input non è necessariamente una
grandezza fisica: esso può essere anche informazione.
14/09/2009 Corrado A. Presti 20
21. Il principale contributo di Wiener è stato quello di
mostrare i legami tra ambiti scientifici e tecnici
apparentemente lontanissimi e invece collegabili,
affermando quindi l’importanza dell’interdisciplinarietà
in un mondo nel quale cominciava a dominare la
“barbarie dello specialismo”.
Il progresso della conoscenza, invece, così come quello
tecnologico, ha anche un enorme bisogno di studi
interdisciplinari; e a Norbert Wiener più che a chiunque
altro prima di lui dobbiamo questa consapevolezza.
14/09/2009 Corrado A. Presti 21
22. Il concetto di scatola nera
Se i sistemi più complessi devono essere descritti mediante un’indagine
olistica che si spinga oltre le leggi che ne governano i componenti, i
cibernetici cominciarono a chiedersi come si potesse costruire una teoria
generale dei sistemi con una matematica, che consentisse di ricavare e
studiare leggi che riguardino il concetto di sistema per sé prima che non
le sue specifiche manifestazioni fisiche, elettroniche, biologiche,
sociologiche e così via.
Questo approccio è illustrato bene dal concetto di scatola nera.
14/09/2009 Corrado A. Presti 22
23. I sistemi presi in esame in teoria dei sistemi sono trattati come
oggetti complessi fin che si vuole ma del cui contenuto, almeno
in prima approssimazione, non ci si cura.
Essi vengono presi in considerazione per il loro comportamento
“esterno” e globale, che certamente dipende anche dal
comportamento dei componenti “interni” ma che viene
studiato innanzitutto come fenomeno primitivo.
14/09/2009 Corrado A. Presti 23
24. L’adozione di un “framework” come LIFE, e la “vision “ che ne è propria,
consente un reale approccio olistico e l’adattabilità del processo al contesto,
perché si possa realizzare quanto indicato da Schön [SCHÖN 2006]: consentire
ai professionisti di ripensarsi non più come “risolutori di problemi strumentali”
ma come artefici creativi e “riflessivi” del proprio agire, delle proprie scelte e
delle proprie mosse, attraverso l’esercizio di una “abilità artistica” connotata
da competenze emergenti in situazioni uniche, incerte, conflittuali allo scopo di
disegnare nuove tipologie di percorsi formativi per “insegnare ed apprendere”
il sapere professionale come sapere empiricamente situato, sostenuto da forme
di “razionalità riflessiva”, indispensabili alla costruzione ed all’uso di
conoscenze ed allo sviluppo di competenze che nascano dall’agire e che in esso
funzionalmente si traducano.
14/09/2009 Corrado A. Presti 24