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Approfondimento – Roma: Emergenza abitativa. Cosa sono i residence comunali
di Carolina Antonucci
6 settembre 2013
Notizia di oggi, apparsa sulle pagine di repubblica roma, è la volontà espressa dal sindaco Marino di
rivedere il sistema di sostegno alle famiglie sfrattate nella capitale. Alla festa della CGIL, ieri sera,
il sindaco ha preso l'impegno di trovare delle soluzioni, alternative alle attuali, per fronteggiare
l'emergenza. L'obiettivo è duplice: se da un lato si vuole ridurre di circa un terzo le spese che il
Comune si trova a sostenere per aiutare le famiglie rimaste senza casa, dall'altro si vuole migliorare,
in qualità e dignità, l'offerta delle sistemazioni. A tal proposito ha reso noto di aver già incontrato, in
mattinata, il vicesindaco di Sel, Luigi Nieri, e l'assessore all'emergenza abitativa Daniele Ozzimo.
A fronte della situazione attuale, la proposta della nuova amministrazione capitolina è quella di
sostituire l'alloggio temporaneo in residence con un “Buono da circa 700-800 euro per gli sfrattati”.
Marino è tornato così su un tema che aveva trattato in campagna elettorale, ma soprattutto su un
tema caro al Vicesindaco che il 21 marzo del 2013, quando era ancora in corso la sfida delle
primarie per il candidato del centro sinistra a Primo cittadino della capitale, aveva denunciato con
forza la politica comunale d'intervento per l'emergenza abitativa.
Il vicesindaco Nieri aveva parlato di un vero e proprio sperpero di risorse affermando che con le
cifre spese per questa voce “il Comune avrebbe potuto non solo garantire assistenza al triplo delle
persone, ma anche improntare un programma articolato di edilizia pubblica.
L'unico obiettivo deve essere la fuoriuscita dai residence delle famiglie e la loro sistemazione in
appartamenti più decorosi e stabili, non l'arricchimento di pochi”.
Ignazio Marino esprime proprio la volontà di triplicare i beneficiari mantenendo invariata la spesa.
Ci sembra doveroso tentare di capire e di far capire di che cosa si sta parlando. Ciò a cui si
riferiscono Marino e Nieri non sono le case popolari. Infatti queste sono e restano una mera chimera
per i circa 30.000 romani che, raggiunti da un ordine di sfratto, sono entrati di diritto nella
graduatoria per l'assegnazione di alloggi popolari, se pensiamo che ogni anno ne vengono assegnate
appena 150. Per questo motivo negli anni il Comune ha cercato delle soluzioni alternative per
venire incontro alle famiglie trovatesi senza un tetto.
Gli sfrattati e gli sgomberati della Capitale sono stati accolti in strutture, in residence, di proprietà di
privati, presi in affitto e messe a disposizione dal Comune. In queste strutture si trovano, per la
maggior parte, dei mini-appartamenti di 20-30 mq, dove spesso vengono accolti interi nuclei anche
di 5-6 persone. A Roma sono 19 le strutture, segnalate dall’elenco del Campidoglio, e tra i
proprietari degli edifici si contano 7 società immobiliari.
Questi residence in totale, accolgono 1308 nuclei familiari e 231 rifugiati politici.
Una curiosità: tra queste società, compare anche quella di proprietà del Capitano della Roma,
Francesco Totti, che si trova in zona Tor Tre Teste e per l'affitto della quale riceve dal Comune di
Roma 857 mila euro l'anno. Se pensiamo che nel residence sono alloggiate 96 persone possiamo
facilmente dedurre che il comune spende 2 mila euro al mese per famiglia, che divengono circa 744
euro a persona.
Il dubbio che attanaglia è sull'effettiva efficienza della spesa, soprattutto a fronte della scarsa
trasparenza con cui le cifre sono riportate sul sito del Comune di Roma e delle condizioni in cui
versano alcune delle strutture.
Ammontano infatti a oltre 170 milioni di euro le spese che il Campidoglio ha preventivato, tra il
2005 e il 2015, per fronteggiare l’emergenza abitativa a Roma con lo schema dei residence. In
queste strutture, chi non ha più una casa trova una soluzione che, troppo spesso, da temporanea si
trasforma in definitiva.
Questi dovrebbero essere alloggi temporanei utilizzabili in caso di sfratto o di sgombero forzoso ma
sempre per ragioni di pubblica utilità, mentre invece diventano “soluzioni” permanenti.
Contro l'ipotesi della temporaneità sembrano andare anche i contratti di affitto stipulati con privati
spesso con la formula 6+6, con la possibilità di un rinnovamento automatico in caso di mancata
disdetta, che deve pervenire, entro i 12 mesi prima della scadenza.
Un altro problema, non meno importante, è anche quello del degrado e delle condizioni materiali in
cui sono costretti gli abitanti in questi residence. Riprendiamo due esempi, che hanno trovato spazio
nei mesi passati, sulle cronache di alcuni quotidiani.
Uno è quello del Residence Madre Teresa, nell'ex municipio XII, dove 64 famiglie hanno trovato
ospitalità quando hanno perso la loro casa. Per loro, quella che doveva essere una situazione
temporanea, si è trasformata in una soluzione definitiva.
Inoltre la struttura, nel 2008, ha subito danni notevoli a causa di un incendio che ha reso in pratica
inutilizzabile il quinto piano.
Nonostante le sollecitazioni, l’intervento del Comune dopo quattro anni ancora non era arrivato e
sul quinto piano del palazzo si era formata una discarica di rifiuti.
Un altro esempio è la situazione ad Acilia dove i residence si trovano alle palazzine di Valle
Porcina, ad Acilia centro, situate in via Serafino da Gorizia. Qui vivono 95 famiglie, 255 persone in
tutto, per le quali il comune spende 3 milioni e 500 mila euro l’anno.Anche qui sono oltre 2 mila
euro spesi ogni mese per ciascun nucleo familiare.
Qui il disagio è palpabile, sia da chi le dovrebbe abitare, visto che le “regole” non mancano e c’è
una vigilanza armata, motivo per cui nessuno può andare a trovare le famiglie che abitano in quei
30 mq per appartamentino. Ma il problema riguarda anche i residenti “storici” del quartiere,
costretti a convivenze non facili. E così le zone dove sorgono i residence si trasformano spesso in
ghetti: da una parte gli “ospiti” delle due strutture, dall’altra i cittadini che vivono in abitazioni
private.
Anche l'Unione Inquilini di Roma, più volte ha denunciato apertamente questa situazione parlando
sia dei costi, definiti dal suo Segretario Pasquini, “abnormi e inaccettabili affrontati dalla pubblica
amministrazione per dare alle famiglie un alloggio dignitoso in attesa della casa popolare cui hanno
diritto. […] E’ uno scandalo che deve finire”, ribadisce il segretario Ui, “anche perché spesso i
residence sono inabitabili e soggetti ad attività non proprio legali, con famiglie costrette a in pochi
metri quadri senza che nessuno possa andarle a trovare ma soprattutto con nessuna speranza di
uscire da una situazione che infanga la dignità di persone già colpite da sfratti e sgomberi”.

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  • 1. Approfondimento – Roma: Emergenza abitativa. Cosa sono i residence comunali di Carolina Antonucci 6 settembre 2013 Notizia di oggi, apparsa sulle pagine di repubblica roma, è la volontà espressa dal sindaco Marino di rivedere il sistema di sostegno alle famiglie sfrattate nella capitale. Alla festa della CGIL, ieri sera, il sindaco ha preso l'impegno di trovare delle soluzioni, alternative alle attuali, per fronteggiare l'emergenza. L'obiettivo è duplice: se da un lato si vuole ridurre di circa un terzo le spese che il Comune si trova a sostenere per aiutare le famiglie rimaste senza casa, dall'altro si vuole migliorare, in qualità e dignità, l'offerta delle sistemazioni. A tal proposito ha reso noto di aver già incontrato, in mattinata, il vicesindaco di Sel, Luigi Nieri, e l'assessore all'emergenza abitativa Daniele Ozzimo. A fronte della situazione attuale, la proposta della nuova amministrazione capitolina è quella di sostituire l'alloggio temporaneo in residence con un “Buono da circa 700-800 euro per gli sfrattati”. Marino è tornato così su un tema che aveva trattato in campagna elettorale, ma soprattutto su un tema caro al Vicesindaco che il 21 marzo del 2013, quando era ancora in corso la sfida delle primarie per il candidato del centro sinistra a Primo cittadino della capitale, aveva denunciato con forza la politica comunale d'intervento per l'emergenza abitativa. Il vicesindaco Nieri aveva parlato di un vero e proprio sperpero di risorse affermando che con le cifre spese per questa voce “il Comune avrebbe potuto non solo garantire assistenza al triplo delle persone, ma anche improntare un programma articolato di edilizia pubblica. L'unico obiettivo deve essere la fuoriuscita dai residence delle famiglie e la loro sistemazione in appartamenti più decorosi e stabili, non l'arricchimento di pochi”. Ignazio Marino esprime proprio la volontà di triplicare i beneficiari mantenendo invariata la spesa. Ci sembra doveroso tentare di capire e di far capire di che cosa si sta parlando. Ciò a cui si riferiscono Marino e Nieri non sono le case popolari. Infatti queste sono e restano una mera chimera per i circa 30.000 romani che, raggiunti da un ordine di sfratto, sono entrati di diritto nella graduatoria per l'assegnazione di alloggi popolari, se pensiamo che ogni anno ne vengono assegnate appena 150. Per questo motivo negli anni il Comune ha cercato delle soluzioni alternative per venire incontro alle famiglie trovatesi senza un tetto. Gli sfrattati e gli sgomberati della Capitale sono stati accolti in strutture, in residence, di proprietà di privati, presi in affitto e messe a disposizione dal Comune. In queste strutture si trovano, per la maggior parte, dei mini-appartamenti di 20-30 mq, dove spesso vengono accolti interi nuclei anche di 5-6 persone. A Roma sono 19 le strutture, segnalate dall’elenco del Campidoglio, e tra i proprietari degli edifici si contano 7 società immobiliari. Questi residence in totale, accolgono 1308 nuclei familiari e 231 rifugiati politici. Una curiosità: tra queste società, compare anche quella di proprietà del Capitano della Roma, Francesco Totti, che si trova in zona Tor Tre Teste e per l'affitto della quale riceve dal Comune di Roma 857 mila euro l'anno. Se pensiamo che nel residence sono alloggiate 96 persone possiamo facilmente dedurre che il comune spende 2 mila euro al mese per famiglia, che divengono circa 744 euro a persona. Il dubbio che attanaglia è sull'effettiva efficienza della spesa, soprattutto a fronte della scarsa trasparenza con cui le cifre sono riportate sul sito del Comune di Roma e delle condizioni in cui versano alcune delle strutture. Ammontano infatti a oltre 170 milioni di euro le spese che il Campidoglio ha preventivato, tra il 2005 e il 2015, per fronteggiare l’emergenza abitativa a Roma con lo schema dei residence. In queste strutture, chi non ha più una casa trova una soluzione che, troppo spesso, da temporanea si trasforma in definitiva. Questi dovrebbero essere alloggi temporanei utilizzabili in caso di sfratto o di sgombero forzoso ma sempre per ragioni di pubblica utilità, mentre invece diventano “soluzioni” permanenti. Contro l'ipotesi della temporaneità sembrano andare anche i contratti di affitto stipulati con privati
  • 2. spesso con la formula 6+6, con la possibilità di un rinnovamento automatico in caso di mancata disdetta, che deve pervenire, entro i 12 mesi prima della scadenza. Un altro problema, non meno importante, è anche quello del degrado e delle condizioni materiali in cui sono costretti gli abitanti in questi residence. Riprendiamo due esempi, che hanno trovato spazio nei mesi passati, sulle cronache di alcuni quotidiani. Uno è quello del Residence Madre Teresa, nell'ex municipio XII, dove 64 famiglie hanno trovato ospitalità quando hanno perso la loro casa. Per loro, quella che doveva essere una situazione temporanea, si è trasformata in una soluzione definitiva. Inoltre la struttura, nel 2008, ha subito danni notevoli a causa di un incendio che ha reso in pratica inutilizzabile il quinto piano. Nonostante le sollecitazioni, l’intervento del Comune dopo quattro anni ancora non era arrivato e sul quinto piano del palazzo si era formata una discarica di rifiuti. Un altro esempio è la situazione ad Acilia dove i residence si trovano alle palazzine di Valle Porcina, ad Acilia centro, situate in via Serafino da Gorizia. Qui vivono 95 famiglie, 255 persone in tutto, per le quali il comune spende 3 milioni e 500 mila euro l’anno.Anche qui sono oltre 2 mila euro spesi ogni mese per ciascun nucleo familiare. Qui il disagio è palpabile, sia da chi le dovrebbe abitare, visto che le “regole” non mancano e c’è una vigilanza armata, motivo per cui nessuno può andare a trovare le famiglie che abitano in quei 30 mq per appartamentino. Ma il problema riguarda anche i residenti “storici” del quartiere, costretti a convivenze non facili. E così le zone dove sorgono i residence si trasformano spesso in ghetti: da una parte gli “ospiti” delle due strutture, dall’altra i cittadini che vivono in abitazioni private. Anche l'Unione Inquilini di Roma, più volte ha denunciato apertamente questa situazione parlando sia dei costi, definiti dal suo Segretario Pasquini, “abnormi e inaccettabili affrontati dalla pubblica amministrazione per dare alle famiglie un alloggio dignitoso in attesa della casa popolare cui hanno diritto. […] E’ uno scandalo che deve finire”, ribadisce il segretario Ui, “anche perché spesso i residence sono inabitabili e soggetti ad attività non proprio legali, con famiglie costrette a in pochi metri quadri senza che nessuno possa andarle a trovare ma soprattutto con nessuna speranza di uscire da una situazione che infanga la dignità di persone già colpite da sfratti e sgomberi”.