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Le Guerre Jugoslave
Dati principali
                   Data
     27 giugno 1991-14 dicembre 1995
                  Luogo
Territori dell'ex-Repubblica Socialista
          Federale di Jugoslavia
          Causa della guerra
Spinte nazionaliste degli stati federati
        Modifiche territoriali
 Creazione degli stati indipendenti di
  Slovenia, Croazia, Bosnia-Erzegovina,
    Serbia, Montenegro e dichiarazione
  unilaterale d'indipendenza del Kosovo
L’eredità di Tito




    Dopo la morte di Tito la Jugoslavia visse un
       periodo di relativa serenità. Tito era
      riuscito a bilanciare le rappresentanze
       etniche e a placare antichi odi in un
          equilibrio che appariva stabile.
La Jugoslavia socialista e federale si basava sulla politica della
Fratellanza e Unità fra i diversi popoli jugoslavi, garantendo a ciascuno
   autonomia decisionale e rappresentatività istituzionale. Tuttavia il
   regime jugoslavo aveva utilizzato anche la forza per stroncare quei
   movimenti, come la Primavera Croata del 1971, che avevano dimostrato
   l'emergere del nazionalismo etnico, nonché di essere un pericolo per
     l'unità della Federazione e per il ruolo centrale della Lega dei
                           Comunisti Jugoslavi.
Nel 1983 il primo ministro, la croata Milka Planinc, varò un grande piano
  di stabilizzazione, con l'ambizioso obiettivo di ridurre l'inflazione,
   creare posti di lavoro, diminuire la dipendenza dalle importazioni e
 contenere il debito pubblico, allo scopo di rilanciare l'economia, anche
      se con misure decisamente pesanti per un paese che si definiva
 socialista. L'economia era una delle principali cause di scontro fra le
                           diverse repubbliche.
Destabilizzazione del paese (1987-
               1989)




             Sulla scena politica serba si era messo nel
           frattempo in luce Slobodan Milošević, divenuto
              presidente della Repubblica Socialista di
                    Serbia nel novembre del 1987.
              I rapporti fra le varie repubbliche erano
           abbastanza sereni. All'interno della Jugoslavia
           era invece evidente il malessere tra i Serbi e
           gli Albanesi del Kosovo. La provincia serba era
           a schiacciante maggioranza albanese e chiedeva,
               come già in passato, maggiore autonomia
             politica, anche attraverso la costituzione
            della settima repubblica jugoslava, il Kosovo
                     indipendente dalla Serbia.
Nel 1986 venne pubblicato il Memorandum dell'Accademia Serba delle
Scienze un documento che forniva le basi ad un rinato nazionalismo serbo.
  Milošević non esitò a cavalcare questa ondata nazionalista. Riformò la
   costituzione serba, eliminando l'autonomia garantita al Kosovo; guidò
 infine enormi manifestazioni popolari. In Croazia nel maggio del 1989 si
    formò l'Unione Democratica Croata, partito anti-comunista di centro-
  destra. In Slovenia scoppiò il caso di quattro giornalisti accusati di
    aver tentato di pubblicare segreti militari. Il processo ai quattro
 imputati, che si tenne in lingua serbo-croata e non in sloveno, violando
 il principio del plurilinguismo, scatenò proteste popolari e dette avvio
                    alla cosiddetta "Primavera slovena".
Nel frattempo anche nel piccolo
Montenegro la vecchia dirigenza
   titoista venne spazzata via
  quando alla presidenza della
 Repubblica venne eletto Momir
            Bulatović.
Fine della Jugoslavia (1990)
In un clima sempre più teso, destava seria preoccupazione anche la
situazione economica. Il dinaro jugoslavo subì diverse svalutazioni e il
   potere d'acquisto diminuì progressivamente. Il governo federale fu
affidato ad Ante Marković, che propose una solida e strutturale riforma
   economica e preparò la domanda di adesione del Paese alla Comunità
                           Economica Europea.
Il piano economico sembrava funzionare, nonostante le inevitabili
 conseguenze sociali, ma venne travolto dalle turbolenze etniche e
          dalla disgregazione complessiva della Federazione.
  Il 20 gennaio 1990 venne convocato il quattordicesimo e ultimo
   congresso della Lega dei Comunisti Jugoslavi, con uno scontro
frontale tra delegati serbi e sloveni, in particolare riguardo alla
    situazione in Kosovo, alla politica economica e alle riforme
 istituzionali. Per la prima volta nella storia, Sloveni e Croati
   decisero di ritirare i loro delegati dal congresso. Ormai era
        chiaro che il Paese viaggiava a due velocità, non più
                            armonizzabili.
Guerra d’Indipendenza slovena
            (1991)
Nel nord della Federazione vennero indette subito libere elezioni, che
determinarono la vittoria di forze di centro-destra: Il 23 dicembre 1990
   in Slovenia si tenne un referendum sull'indipendenza, le cui basi
                          andavano ridiscusse.
Data l'indisponibilità serba a rivedere radicalmente l'assetto dello
    stato, la sera del 25 giugno 1991 fu convocato in seduta plenaria il
   Parlamento Sloveno per discutere e votare l'indipendenza; tutti erano
   favorevoli, tranne il comandante delle truppe jugoslave, che era pure
  membro effettivo dell'assemblea, il quale fece un discorso minaccioso.
     Nel corso della seduta, poco prima della votazione definitiva, il
Presidente del Parlamento diede lettura di un telegramma appena pervenuto
 dal Sabor di Zagabria, il Parlamento Croato, nel quale si comunicava che
 la Croazia era indipendente. La risposta dell'Armata Popolare Jugoslava
 avvenne il 27 giugno 1991, quando con 2000 reclute l'esercito intervenne
  in Slovenia per riprendere il controllo delle frontiere, sebbene fosse
 prevista la possibilità di secessione degli stati federati. Iniziò così
    la prima guerra in Europa dalla fine della seconda guerra mondiale.
Janez Janša, divenuto ministro sloveno della difesa, cercò di costituire
   un esercito nazionale. Gli Sloveni presero il controllo delle basi
militari federali nel Paese e delle frontiere con Italia ed Austria. L'8
  luglio vennero firmati gli Accordi di Brioni. La piccola repubblica
                 diventava così indipendente da Belgrado
Guerra in Croazia (1991-1995)
Le elezioni croate della primavera del 1990 avevano visto vincere i
nazionalisti di Tuđman. Nell'estate del 1990, nella regione della Krajina
    venne proclamata la formazione della Regione Autonoma Serba della
   Krajina. Il 2 settembre si tenne nella stessa regione un referendum
  sull'autonomia e per una possibile futura congiunzione con la Serbia.
Il 19 marzo 1991 si svolse in Croazia un referendum per la secessione del
Paese dalla Jugoslavia. La consultazione venne boicottata nelle Krajine.
Qui la maggioranza serba mosse i primi passi nella direzione opposta,
ovvero per la secessione dalla Croazia. Il 1º aprile 1991 venne
autoproclamata in Krajina e Slavonia la Repubblica Serba di Krajina. Il
governo croato la vide come una ribellione. Questo evento è spesso
considerato come l'inizio della guerra d'indipendenza croata. Il 9 aprile
1991 il presidente Franco Tuđman annunciò la costituzione di un esercito
nazionale croato. Il Ministero degli Interni croato iniziò ad armare in
quantità sempre maggiore le forze speciali di polizia, e questo portò
alla costruzione di un vero e proprio esercito.
La dichiarazione di indipendenza,
conseguenza diretta dei risultati del
referendum, provocò l'intervento
militare jugoslavo, deciso a non
permettere che territori abitati da
Serbi fossero smembrati dalla
Federazione. La teoria nazionalista
serba diventa così ideologia portante di
tutta la Jugoslavia e delle sue guerre.
L'attacco, iniziato nel luglio del 1991,
coinvolse numerose città croate
Il simbolo della guerra serbo-croata è divenuto l'assedio alla città di
Vukovar, nella Slavonia un territorio in cui Serbi e Croati riuscivano a
convivere, fino a poco tempo prima, serenamente. La città fu bombardata e
quasi completamente rasa al suolo dai Serbi. Oltre alle truppe regolari
dell'esercito serbo, a Vukovar combatterono anche i paramilitari
stranieri responsabili, assieme all'esercito, di saccheggi e uccisioni di
centinaia di civili, ignorando ogni convenzione di guerra.
Evoluzione della guerra
Il 7 ottobre 1991 una forte esplosione colpì la sede del governo a
   Zagabria. Il governo croato accusò i vertici dell'JNA di essere
   responsabili dell'attacco, mentre l'esercito jugoslavo asserì che
   l'esplosione era opera delle stesse forze di Tuđman. Il giorno
   seguente il parlamento croato sciolse ogni residuo legame con le
   istituzioni federali. L'8 ottobre 1991 venne proclamato giorno
   dell'indipendenza croata. Il 19 dicembre 1991, i Serbi della Krajina
   proclamarono ufficialmente la nascita della Repubblica Serba della
   Krajina ed è da questo punto che scaturì la Guerra di indipendenza
   croata.
Nel 1992 la Croazia (assieme alla
Slovenia) entrò a far parte
dell'ONU.
Nei mesi successivi il conflitto
continuò su piccola scala e le forze
croate tentarono di riconquistare le
città passate sotto il controllo
serbo.
Nel frattempo la Croazia venne
coinvolta pienamente nella guerra in
Bosnia-Erzegovina.
Nel 1993, scoppiò la guerra fra Croati
di Bosnia e Bosgnacchi. I Croati
avevano infatti proclamato il 28 agosto
1993 la Repubblica dell'Herceg Bosna
con lo scopo di aggregare la regione di
Mostar alla Croazia.
Franjo Tuđman partecipò ai colloqui di
pace fra Croati di Bosnia-Erzegovina e
Bosgnacchi, conclusi con gli accordi di
Washington. Gli statunitensi imposero
la creazione di una Federazione Croato-
Musulmana, e di un'alleanza ufficiale
tra Croazia e Bosnia-Erzegovina.
Operazioni Lampo & Tempesta
Le operazioni militari in Krajina, che provocarono il massacro di 1.400
civili da parte delle truppe croate e costrinsero alla fuga migliaia di
civili, furono approvate dai governi statunitense di Bill Clinton e
tedesco di Helmut Kohl, i quali rifornirono di armi e strumentazioni
l'esercito croato. Secondo lo studioso Ivo Banac, i servizi segreti
statunitensi fornirono "supporto tattico e d'intelligence" all'inizio
dell'offensiva. Più di 200.000 Serbi furono obbligati alla fuga
dall'esercito croato, che si rese protagonista di una delle operazioni di
pulizia etnica più rilevanti di tutto il periodo 1991-1995. Il Tribunale
Penale Internazionale per l'ex-Jugoslavia ritenne responsabili di tali
atrocità diversi comandanti militari croati.
Le operazioni militari terminarono con un netto successo militare croato,
nonostante l'accanita resistenza nell'estate del 1995 di reparti
dell'esercito regolare inviati da Belgrado e le sanguinose azioni di
guerriglia operate da milizie irregolari filo-croate ai danni della
popolazione serba, responsabili di numerosi crimini in special modo nella
città di Karlovac, teatro di durissimi combattimenti. La guerra si
concluse pochi mesi dopo. Gli accordi prevedevano che i territori a forte
presenza serba nell'est del Paese fossero temporaneamente amministrati
dalle Nazioni Unite. L'area fu formalmente reintegrata nella Croazia il
15 gennaio 1998. La Krajina, rioccupata militarmente dall'Esercito
Croato, con la conquista della città di Knin, negoziò una reintegrazione
nella Repubblica Croata.
Guerra in Bosnia-Erzegovina (1992-
              1995)
Mentre la guerra infuriava in Croazia, la Bosnia-Erzegovina, era in una
situazione di pace momentanea e instabile, in quanto le tensioni etniche
erano pronte a esplodere. Nel settembre del 1991 l'Armata Popolare
Jugoslava distrusse un piccolo villaggio all'interno del territorio
bosniaco, Ravno, abitato da Croati. Il 19 settembre l'JNA spostò alcune
truppe nei pressi della città di Mostar, provocando le proteste delle
autorità locali. I Croati dell'Erzegovina formarono la "Comunità Croata
di Herceg Bosna" , embrione della futura Repubblica dell'Herceg Bosna,
allo scopo di proteggere i loro interessi nazionali. Il 25 gennaio 1992
il Parlamento, nonostante la ferma opposizione dei Serbo-bosniaci, decise
di organizzare un referendum sull'indipendenza della Repubblica.
Il 29 febbraio e il 1º marzo si tenne dunque nel territorio della Bosnia-
  Erzegovina il referendum sulla secessione dalla Jugoslavia. Il 64% dei
   cittadini si espresse a favore. I Serbi boicottarono però le urne e
 bloccarono con barricate Sarajevo. Il Presidente della Repubblica chiese
 l'intervento dell'esercito, affinché garantisse un regolare svolgimento
         delle votazioni e la cessazione delle tensioni etniche.
Il partito che maggiormente rappresentava i Serbi di Bosnia, il Partito
Democratico Serbo, fece sapere però subito che i suoi uomini si sarebbero
  opposti in qualsiasi modo all'indipendenza. Subito dopo il referendum
 l'JNA iniziò a schierare le sue truppe nel territorio della Repubblica,
  occupando tutti i maggiori punti strategici. Tutti i gruppi etnici si
             organizzarono in formazioni militari ufficiali.
La guerra che ne derivò fu la più complessa, caotica e sanguinosa guerra
  in Europa dalla fine della seconda guerra mondiale. Le Nazioni Unite
tentarono più volte di far cessare le ostilità, con la stesura di piani
                di pace che si rivelarono fallimentari.




La guerra fra le tre nazionalità
Inizialmente i Bosniaci e i Croati combatterono alleati contro i Serbi, i
quali erano dotati di armi più pesanti e controllavano gran parte del
territorio rurale. Nel 1993, scoppiò un conflitto armato tra Bosniaci
musulmani e Croati sulla spartizione virtuale del territorio nazionale. È
stato dimostrato il coinvolgimento del governo croato di Tuđman in questo
conflitto, che lo rese in questo modo internazionale. Mostar, già
precedentemente danneggiata dai Serbi, fu costretta alla resa dalle forze
croato-bosniache. Il bilancio della guerra fu spaventoso: la capitale del
Paese, Sarajevo, fu assediata dalle truppe serbo-bosniache per 43 mesi.
Ciascuno dei tre gruppi nazionali si rese protagonista di crimini di
guerra e di operazioni di pulizia etnica.
Accordi di Dayton
La guerra si concluse con la firma degli accordi stipulati a Dayton, tra
  il 1 novembre e il 26 novembre 1995. Parteciparono ai colloqui di pace
      tutti i maggiori rappresentanti politici della regione. L'accordo
    sanciva l'intangibilità delle frontiere e prevedeva la creazione di
     due entità interne allo stato di Bosnia-Erzegovina: la Federazione
      Croato-Musulmana e la Repubblica Serba. Le due entità create sono
    dotate di poteri autonomi in vasti settori, ma sono inserite in una
       cornice statale unitaria. Particolarmente complessa la struttura
      legislativa. Ciascuna entità è dotata di un parlamento locale: la
    Repubblica Serba di un'assemblea legislativa unicamerale, mentre la
             Federazione Croato-Musulmana di un organo bicamerale.
Riconoscendo la necessità ora di una soluzione globale per porre fine
al tragico conflitto nella regione,
Accogliendo favorevolmente i progressi compiuti durante i colloqui
indiretti di pace tenutasi a Wright-Patterson Air Force Base, Ohio,
Desiderosi di promuovere la pace e la prosperità in tutta la Bosnia-
Erzegovina e la regione,
Hanno convenuto quanto segue:
Articolo I
   La negoziazione dell'accordo quadro generale per la pace in Bosnia-
Erzegovina e dei suoi allegati è stata completata. Le parti, e gli enti
che essi rappresentano, si impegnano a firma di questi accordi a Parigi,
nella loro forma attuale, a norma dell'articolo III, stabilendo così la
 loro entrata in vigore e la data dalla quale gli accordi hanno effetto
                                  operativo.
                                Articolo II
La sigla di ciascun blocco di firma dell'accordo quadro generale per la
 pace in Bosnia-Erzegovina e dei suoi allegati oggi esprime il consenso
 delle parti, e gli enti che essi rappresentano, di essere vincolato da
                               tali accordi.
                               Articolo III
  Prima della firma dell'accordo quadro generale per la pace in Bosnia-
    Erzegovina a Parigi, gli allegati possono essere diventa, con le
                 necessarie modifiche apportate conformi.
                                articolo IV
        Il presente accordo entra in vigore all'atto della firma.
 Fatto a Wright-Patterson Air Force Base, Ohio, il 21 novembre 1995, in
                   lingua inglese, in quadruplice copia.
                Per la Repubblica di Bosnia ed Erzegovina
                        Per la Repubblica di Croazia
                 Per la Repubblica federale di Iugoslavia

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Le Guerre Jugoslave

  • 2. Dati principali Data 27 giugno 1991-14 dicembre 1995 Luogo Territori dell'ex-Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia Causa della guerra Spinte nazionaliste degli stati federati Modifiche territoriali Creazione degli stati indipendenti di Slovenia, Croazia, Bosnia-Erzegovina, Serbia, Montenegro e dichiarazione unilaterale d'indipendenza del Kosovo
  • 3. L’eredità di Tito Dopo la morte di Tito la Jugoslavia visse un periodo di relativa serenità. Tito era riuscito a bilanciare le rappresentanze etniche e a placare antichi odi in un equilibrio che appariva stabile.
  • 4. La Jugoslavia socialista e federale si basava sulla politica della Fratellanza e Unità fra i diversi popoli jugoslavi, garantendo a ciascuno autonomia decisionale e rappresentatività istituzionale. Tuttavia il regime jugoslavo aveva utilizzato anche la forza per stroncare quei movimenti, come la Primavera Croata del 1971, che avevano dimostrato l'emergere del nazionalismo etnico, nonché di essere un pericolo per l'unità della Federazione e per il ruolo centrale della Lega dei Comunisti Jugoslavi.
  • 5. Nel 1983 il primo ministro, la croata Milka Planinc, varò un grande piano di stabilizzazione, con l'ambizioso obiettivo di ridurre l'inflazione, creare posti di lavoro, diminuire la dipendenza dalle importazioni e contenere il debito pubblico, allo scopo di rilanciare l'economia, anche se con misure decisamente pesanti per un paese che si definiva socialista. L'economia era una delle principali cause di scontro fra le diverse repubbliche.
  • 6. Destabilizzazione del paese (1987- 1989) Sulla scena politica serba si era messo nel frattempo in luce Slobodan Milošević, divenuto presidente della Repubblica Socialista di Serbia nel novembre del 1987. I rapporti fra le varie repubbliche erano abbastanza sereni. All'interno della Jugoslavia era invece evidente il malessere tra i Serbi e gli Albanesi del Kosovo. La provincia serba era a schiacciante maggioranza albanese e chiedeva, come già in passato, maggiore autonomia politica, anche attraverso la costituzione della settima repubblica jugoslava, il Kosovo indipendente dalla Serbia.
  • 7. Nel 1986 venne pubblicato il Memorandum dell'Accademia Serba delle Scienze un documento che forniva le basi ad un rinato nazionalismo serbo. Milošević non esitò a cavalcare questa ondata nazionalista. Riformò la costituzione serba, eliminando l'autonomia garantita al Kosovo; guidò infine enormi manifestazioni popolari. In Croazia nel maggio del 1989 si formò l'Unione Democratica Croata, partito anti-comunista di centro- destra. In Slovenia scoppiò il caso di quattro giornalisti accusati di aver tentato di pubblicare segreti militari. Il processo ai quattro imputati, che si tenne in lingua serbo-croata e non in sloveno, violando il principio del plurilinguismo, scatenò proteste popolari e dette avvio alla cosiddetta "Primavera slovena".
  • 8. Nel frattempo anche nel piccolo Montenegro la vecchia dirigenza titoista venne spazzata via quando alla presidenza della Repubblica venne eletto Momir Bulatović.
  • 10. In un clima sempre più teso, destava seria preoccupazione anche la situazione economica. Il dinaro jugoslavo subì diverse svalutazioni e il potere d'acquisto diminuì progressivamente. Il governo federale fu affidato ad Ante Marković, che propose una solida e strutturale riforma economica e preparò la domanda di adesione del Paese alla Comunità Economica Europea.
  • 11. Il piano economico sembrava funzionare, nonostante le inevitabili conseguenze sociali, ma venne travolto dalle turbolenze etniche e dalla disgregazione complessiva della Federazione. Il 20 gennaio 1990 venne convocato il quattordicesimo e ultimo congresso della Lega dei Comunisti Jugoslavi, con uno scontro frontale tra delegati serbi e sloveni, in particolare riguardo alla situazione in Kosovo, alla politica economica e alle riforme istituzionali. Per la prima volta nella storia, Sloveni e Croati decisero di ritirare i loro delegati dal congresso. Ormai era chiaro che il Paese viaggiava a due velocità, non più armonizzabili.
  • 13. Nel nord della Federazione vennero indette subito libere elezioni, che determinarono la vittoria di forze di centro-destra: Il 23 dicembre 1990 in Slovenia si tenne un referendum sull'indipendenza, le cui basi andavano ridiscusse.
  • 14. Data l'indisponibilità serba a rivedere radicalmente l'assetto dello stato, la sera del 25 giugno 1991 fu convocato in seduta plenaria il Parlamento Sloveno per discutere e votare l'indipendenza; tutti erano favorevoli, tranne il comandante delle truppe jugoslave, che era pure membro effettivo dell'assemblea, il quale fece un discorso minaccioso. Nel corso della seduta, poco prima della votazione definitiva, il Presidente del Parlamento diede lettura di un telegramma appena pervenuto dal Sabor di Zagabria, il Parlamento Croato, nel quale si comunicava che la Croazia era indipendente. La risposta dell'Armata Popolare Jugoslava avvenne il 27 giugno 1991, quando con 2000 reclute l'esercito intervenne in Slovenia per riprendere il controllo delle frontiere, sebbene fosse prevista la possibilità di secessione degli stati federati. Iniziò così la prima guerra in Europa dalla fine della seconda guerra mondiale.
  • 15. Janez Janša, divenuto ministro sloveno della difesa, cercò di costituire un esercito nazionale. Gli Sloveni presero il controllo delle basi militari federali nel Paese e delle frontiere con Italia ed Austria. L'8 luglio vennero firmati gli Accordi di Brioni. La piccola repubblica diventava così indipendente da Belgrado
  • 16. Guerra in Croazia (1991-1995)
  • 17. Le elezioni croate della primavera del 1990 avevano visto vincere i nazionalisti di Tuđman. Nell'estate del 1990, nella regione della Krajina venne proclamata la formazione della Regione Autonoma Serba della Krajina. Il 2 settembre si tenne nella stessa regione un referendum sull'autonomia e per una possibile futura congiunzione con la Serbia.
  • 18. Il 19 marzo 1991 si svolse in Croazia un referendum per la secessione del Paese dalla Jugoslavia. La consultazione venne boicottata nelle Krajine. Qui la maggioranza serba mosse i primi passi nella direzione opposta, ovvero per la secessione dalla Croazia. Il 1º aprile 1991 venne autoproclamata in Krajina e Slavonia la Repubblica Serba di Krajina. Il governo croato la vide come una ribellione. Questo evento è spesso considerato come l'inizio della guerra d'indipendenza croata. Il 9 aprile 1991 il presidente Franco Tuđman annunciò la costituzione di un esercito nazionale croato. Il Ministero degli Interni croato iniziò ad armare in quantità sempre maggiore le forze speciali di polizia, e questo portò alla costruzione di un vero e proprio esercito.
  • 19. La dichiarazione di indipendenza, conseguenza diretta dei risultati del referendum, provocò l'intervento militare jugoslavo, deciso a non permettere che territori abitati da Serbi fossero smembrati dalla Federazione. La teoria nazionalista serba diventa così ideologia portante di tutta la Jugoslavia e delle sue guerre. L'attacco, iniziato nel luglio del 1991, coinvolse numerose città croate
  • 20. Il simbolo della guerra serbo-croata è divenuto l'assedio alla città di Vukovar, nella Slavonia un territorio in cui Serbi e Croati riuscivano a convivere, fino a poco tempo prima, serenamente. La città fu bombardata e quasi completamente rasa al suolo dai Serbi. Oltre alle truppe regolari dell'esercito serbo, a Vukovar combatterono anche i paramilitari stranieri responsabili, assieme all'esercito, di saccheggi e uccisioni di centinaia di civili, ignorando ogni convenzione di guerra.
  • 22. Il 7 ottobre 1991 una forte esplosione colpì la sede del governo a Zagabria. Il governo croato accusò i vertici dell'JNA di essere responsabili dell'attacco, mentre l'esercito jugoslavo asserì che l'esplosione era opera delle stesse forze di Tuđman. Il giorno seguente il parlamento croato sciolse ogni residuo legame con le istituzioni federali. L'8 ottobre 1991 venne proclamato giorno dell'indipendenza croata. Il 19 dicembre 1991, i Serbi della Krajina proclamarono ufficialmente la nascita della Repubblica Serba della Krajina ed è da questo punto che scaturì la Guerra di indipendenza croata.
  • 23. Nel 1992 la Croazia (assieme alla Slovenia) entrò a far parte dell'ONU. Nei mesi successivi il conflitto continuò su piccola scala e le forze croate tentarono di riconquistare le città passate sotto il controllo serbo. Nel frattempo la Croazia venne coinvolta pienamente nella guerra in Bosnia-Erzegovina.
  • 24. Nel 1993, scoppiò la guerra fra Croati di Bosnia e Bosgnacchi. I Croati avevano infatti proclamato il 28 agosto 1993 la Repubblica dell'Herceg Bosna con lo scopo di aggregare la regione di Mostar alla Croazia. Franjo Tuđman partecipò ai colloqui di pace fra Croati di Bosnia-Erzegovina e Bosgnacchi, conclusi con gli accordi di Washington. Gli statunitensi imposero la creazione di una Federazione Croato- Musulmana, e di un'alleanza ufficiale tra Croazia e Bosnia-Erzegovina.
  • 25. Operazioni Lampo & Tempesta
  • 26. Le operazioni militari in Krajina, che provocarono il massacro di 1.400 civili da parte delle truppe croate e costrinsero alla fuga migliaia di civili, furono approvate dai governi statunitense di Bill Clinton e tedesco di Helmut Kohl, i quali rifornirono di armi e strumentazioni l'esercito croato. Secondo lo studioso Ivo Banac, i servizi segreti statunitensi fornirono "supporto tattico e d'intelligence" all'inizio dell'offensiva. Più di 200.000 Serbi furono obbligati alla fuga dall'esercito croato, che si rese protagonista di una delle operazioni di pulizia etnica più rilevanti di tutto il periodo 1991-1995. Il Tribunale Penale Internazionale per l'ex-Jugoslavia ritenne responsabili di tali atrocità diversi comandanti militari croati.
  • 27. Le operazioni militari terminarono con un netto successo militare croato, nonostante l'accanita resistenza nell'estate del 1995 di reparti dell'esercito regolare inviati da Belgrado e le sanguinose azioni di guerriglia operate da milizie irregolari filo-croate ai danni della popolazione serba, responsabili di numerosi crimini in special modo nella città di Karlovac, teatro di durissimi combattimenti. La guerra si concluse pochi mesi dopo. Gli accordi prevedevano che i territori a forte presenza serba nell'est del Paese fossero temporaneamente amministrati dalle Nazioni Unite. L'area fu formalmente reintegrata nella Croazia il 15 gennaio 1998. La Krajina, rioccupata militarmente dall'Esercito Croato, con la conquista della città di Knin, negoziò una reintegrazione nella Repubblica Croata.
  • 29. Mentre la guerra infuriava in Croazia, la Bosnia-Erzegovina, era in una situazione di pace momentanea e instabile, in quanto le tensioni etniche erano pronte a esplodere. Nel settembre del 1991 l'Armata Popolare Jugoslava distrusse un piccolo villaggio all'interno del territorio bosniaco, Ravno, abitato da Croati. Il 19 settembre l'JNA spostò alcune truppe nei pressi della città di Mostar, provocando le proteste delle autorità locali. I Croati dell'Erzegovina formarono la "Comunità Croata di Herceg Bosna" , embrione della futura Repubblica dell'Herceg Bosna, allo scopo di proteggere i loro interessi nazionali. Il 25 gennaio 1992 il Parlamento, nonostante la ferma opposizione dei Serbo-bosniaci, decise di organizzare un referendum sull'indipendenza della Repubblica.
  • 30. Il 29 febbraio e il 1º marzo si tenne dunque nel territorio della Bosnia- Erzegovina il referendum sulla secessione dalla Jugoslavia. Il 64% dei cittadini si espresse a favore. I Serbi boicottarono però le urne e bloccarono con barricate Sarajevo. Il Presidente della Repubblica chiese l'intervento dell'esercito, affinché garantisse un regolare svolgimento delle votazioni e la cessazione delle tensioni etniche.
  • 31. Il partito che maggiormente rappresentava i Serbi di Bosnia, il Partito Democratico Serbo, fece sapere però subito che i suoi uomini si sarebbero opposti in qualsiasi modo all'indipendenza. Subito dopo il referendum l'JNA iniziò a schierare le sue truppe nel territorio della Repubblica, occupando tutti i maggiori punti strategici. Tutti i gruppi etnici si organizzarono in formazioni militari ufficiali.
  • 32. La guerra che ne derivò fu la più complessa, caotica e sanguinosa guerra in Europa dalla fine della seconda guerra mondiale. Le Nazioni Unite tentarono più volte di far cessare le ostilità, con la stesura di piani di pace che si rivelarono fallimentari. La guerra fra le tre nazionalità
  • 33. Inizialmente i Bosniaci e i Croati combatterono alleati contro i Serbi, i quali erano dotati di armi più pesanti e controllavano gran parte del territorio rurale. Nel 1993, scoppiò un conflitto armato tra Bosniaci musulmani e Croati sulla spartizione virtuale del territorio nazionale. È stato dimostrato il coinvolgimento del governo croato di Tuđman in questo conflitto, che lo rese in questo modo internazionale. Mostar, già precedentemente danneggiata dai Serbi, fu costretta alla resa dalle forze croato-bosniache. Il bilancio della guerra fu spaventoso: la capitale del Paese, Sarajevo, fu assediata dalle truppe serbo-bosniache per 43 mesi. Ciascuno dei tre gruppi nazionali si rese protagonista di crimini di guerra e di operazioni di pulizia etnica.
  • 35. La guerra si concluse con la firma degli accordi stipulati a Dayton, tra il 1 novembre e il 26 novembre 1995. Parteciparono ai colloqui di pace tutti i maggiori rappresentanti politici della regione. L'accordo sanciva l'intangibilità delle frontiere e prevedeva la creazione di due entità interne allo stato di Bosnia-Erzegovina: la Federazione Croato-Musulmana e la Repubblica Serba. Le due entità create sono dotate di poteri autonomi in vasti settori, ma sono inserite in una cornice statale unitaria. Particolarmente complessa la struttura legislativa. Ciascuna entità è dotata di un parlamento locale: la Repubblica Serba di un'assemblea legislativa unicamerale, mentre la Federazione Croato-Musulmana di un organo bicamerale.
  • 36. Riconoscendo la necessità ora di una soluzione globale per porre fine al tragico conflitto nella regione, Accogliendo favorevolmente i progressi compiuti durante i colloqui indiretti di pace tenutasi a Wright-Patterson Air Force Base, Ohio, Desiderosi di promuovere la pace e la prosperità in tutta la Bosnia- Erzegovina e la regione, Hanno convenuto quanto segue:
  • 37. Articolo I La negoziazione dell'accordo quadro generale per la pace in Bosnia- Erzegovina e dei suoi allegati è stata completata. Le parti, e gli enti che essi rappresentano, si impegnano a firma di questi accordi a Parigi, nella loro forma attuale, a norma dell'articolo III, stabilendo così la loro entrata in vigore e la data dalla quale gli accordi hanno effetto operativo. Articolo II La sigla di ciascun blocco di firma dell'accordo quadro generale per la pace in Bosnia-Erzegovina e dei suoi allegati oggi esprime il consenso delle parti, e gli enti che essi rappresentano, di essere vincolato da tali accordi. Articolo III Prima della firma dell'accordo quadro generale per la pace in Bosnia- Erzegovina a Parigi, gli allegati possono essere diventa, con le necessarie modifiche apportate conformi. articolo IV Il presente accordo entra in vigore all'atto della firma. Fatto a Wright-Patterson Air Force Base, Ohio, il 21 novembre 1995, in lingua inglese, in quadruplice copia. Per la Repubblica di Bosnia ed Erzegovina Per la Repubblica di Croazia Per la Repubblica federale di Iugoslavia