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Rischiarare le tenebre
Cari Amici,
Non mi nascondo che per molti di noi il Natale sia una festa inautentica,
consumismo, tradizioni logore, parenti insopportabili, abitudini noiose e mal
digerite. Perché allora insistere su questa festa? Non nascondiamoci altresì che
molti fratelli cristiani scelsero ed alcuni ancora scelgono di non festeggiarlo
del tutto il Natale, proprio per evitare questa dimensione ipocrita che proprio
non sarebbe un buon servizio alla memoria del Maestro. Perché riproporlo
dunque? Leragioni sono molte. Quelle di cui voglio discutereoggi sono inserite
in un programma di condotta spirituale su cui voglio riflettere con voi oggi
presentandolo comela condizione sine qua nonil Natale possaesseremomento
spiritualmente significativo nel nostro tempo. I versi sono questi
Lc 2:14
«Gloria a Dio nei luoghi altissimi,
pace in terra
buona volontà agli uomini»
Abbiamo 3 tappe di un percorso preciso. Vediamolo in senso ascendente:
1. Il primo aspetto riguarda la disposizione personale ad agire (δοκέω). E’
un fatto intimo, che dobbiamo poter disciplinare attraverso la preghiera
e la meditazione. In questa esperienza ci si chiede di riconoscere quanto
abbiamo, di fare esperienza della consapevolezza che al di sotto delle
tenebre della vita ci sia sempre una luce pronta a rinascere, o in termini
cristiani, un bambino, verso cui nutro un forte debito di riconoscenzaper
quanto mi insegna e per i valori che mi ha invitato a vivere e plasmare.
Se non sono in grado di vedere questo debito, allora non c’è Natale che
tenga. Se non vedo la pepita d’oro che già sono e non sento l’immenso
tesoro che potrei essere, allora sono vittima di me stesso e delle mie
tenebre personali. La preghiera/meditazione deve servirmi per questa
riflessione, per questo sguardo in me stesso, che deve essere costante,
quotidiano. L’obiettivo di questo sguardo deve esserepositivo (εὐ) Non mi
viene chiesto di disfare nulla, ma di attivarmi affinchè tutti gli elementi
della mia vita concorrano a formareuna esperienza armoniosa. Non dico
che sia semplice, ma certamente possiamo fare più di quanto facciamo.
Quel particolare bambino nasce sorridendo e ci chiede di sorridere della
nostra stessa vita, di amarla e di sentirla come una esperienza piena,
nostra, di cui andiamo fieri. Il primo punto di questo programma
natalizio è dunque far pace con noi stessi, perdonarci rispettarci, amarci
2. E questa nostra pace interiore deve essere la cifra e il motore di una pace
di cui ci facciamo promotori nel mondo in cui viviamo. Ciascuno di noi a
Natale incontrerà qualche personaggio discutibile che voglia oscurare
con le proprie tenebre personali la gioia della rinascita. Si tratta di gente
che, non avendo compiuto il primo esercizio del programma spirituale
che stiamo presentando, continua a viverecon il buio nell’anima e guarda
con risentimento quanti vedano la una scintilla rinascere e non sopirsi.
Natale significa essere talmente sicuri e forti della nostra luce interiore
da disporci a rischiararele tenebre altrui. La pace non è uno stato di cose
che capiti a caso, ma il prodotto dell’azione di più persone che ad essa
mirano, e, in questo processo, c’è sempre qualcuno cui spetti l’onere più
grosso di farla questa pace, di esserne artefice e compositore. Natale è
quel momento in cui decidiamo di disporci a guardare l’altro non come
un potenziale rompiscatole, ma come un’anima sofferente, carica delle
proprie ombre. È il giorno in cui scegliamo di non incolpare l’altro per le
proprie ombre, ma di aiutarlo a rischiararle, così come fece Simone di
Cirene, che non insultò Gesù per la croce, ma l’aiutò portarla.
3. Infine il nostro programma natalizio prevede Gloria a Dio nei luoghi
altissimi. Il Natale è fatto di simboli e memoria:
a. i simboli sono quelli che conoscete l’albero, Babbo Natale, la
rinascita. La funzione del simbolo è quella di tenere insieme (sim
ballein) due dimensioni distinte quella quotidiana e quella
trascendente. Senza il nostro impegno a farci guidare dal simbolo
verso la dimensione trascendente, a orientare questo nostro sforzo
verso la Trascendenza, i simboli sono vuoti, perdono la loro
funzione. Diventano emblemi del consumismo, perché non
abbiamo rinunciato a guardare oltre, ad andare oltre. Uno dei
problemi della epoca moderna è la mancanza di prospettiva. La
dittatura del dato ci ha imposto la forma mentis della tenerci al qui
all’ora, del non voler vedere più in là del nostro naso, del non voler
esercitare quella capacità di aspirazione che è proprio dell’umano e
che lo distingue dagli automi. I simboli diventano caldi se e solo se
noi riusciamo a scaldarli col nostro calore. Il costume da babbo
Natale ha poco senso in un centro commerciale, ma ne ha molto in
un ospedale oncologico pediatrico. L’albero ha poco senso se deve
essereun banale contenitore di cose, ma ne ha uno tutto diverso, se
diventa il simbolo esteriore di un nostro rapporto con la
Trascendenza di cui riconosciamo almeno due elementi
compresenti.
i. In primo luogo la dimensione discendente, il riconoscimento
del dono, la nostra capacità di vivere la nostra esperienza di
vita, bella o brutta che sia, come un dono, di cui ringraziare,
ringraziando al tempo stesso delle persone che sono attorno
a noi, perché sono il nostro tesoro, la nostra possibilità, la
nostra occasione.
ii. In secondo luogo la dimensione ascendente, la nostra
disponibilità a coltivare quest’albero, ad usarli rettamente
questi doni come espressione sia della nostra intima
realizzazione, sia della qualità dei rapporti con le persone a
noi più care.
b. Infine Natale è memoria
i. della nascitadel Maestro, sebbene convenzionale. Memoria di
un bambino che ha trovato la forza di sorridereanche se nato
in condizioni cento volte peggiori delle nostre. E l’ha trovata
proprio perché ha saputo tenere lo sguardo fisso sull’Oltre,
sulla luce Divina. E’ memoria di un insegnamento che ci
impegniamo a vivere e condividere in maniera sempre più
ampia e profonda.
ii. È memoria della storia della nostra esperienza di vita, che
merita rispetto e dignità e che si aspetta che noi siamo i primi
a riconoscerla invece di distruggerla. E’ memoria di quanto
quelle persone discutibili che ci troviamo attorno abbiano
avuto una parte determinante nella ricchezza esperienziale di
cui disponiamo oggi ed è un impegno al servizio di questa
memoria
iii. è memoria di quanti stanno davvero peggio di noi, da rendere
ridicole le nostrepiccole preoccupazioni. E’ impegno verso di
loro. Attenzione, qui c’è un equivoco: l’impegno non è a
rendere speciale l’oggi di persone che domani
dimentichiamo, ma al contrario è la volontà di contrarreoggi
l’impegno a fare per queste persone ogni giorno ciò che
facciamo oggi, a tenerla accesaquesta luce, non lasciando che
si spenga
Allora
Buon Natale amici miei, e grazie di essere il dono che ho ricevuto e che mi
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Rob

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Rischiarare le Tenebre

  • 1. Rischiarare le tenebre Cari Amici, Non mi nascondo che per molti di noi il Natale sia una festa inautentica, consumismo, tradizioni logore, parenti insopportabili, abitudini noiose e mal digerite. Perché allora insistere su questa festa? Non nascondiamoci altresì che molti fratelli cristiani scelsero ed alcuni ancora scelgono di non festeggiarlo del tutto il Natale, proprio per evitare questa dimensione ipocrita che proprio non sarebbe un buon servizio alla memoria del Maestro. Perché riproporlo dunque? Leragioni sono molte. Quelle di cui voglio discutereoggi sono inserite in un programma di condotta spirituale su cui voglio riflettere con voi oggi presentandolo comela condizione sine qua nonil Natale possaesseremomento spiritualmente significativo nel nostro tempo. I versi sono questi Lc 2:14 «Gloria a Dio nei luoghi altissimi, pace in terra buona volontà agli uomini» Abbiamo 3 tappe di un percorso preciso. Vediamolo in senso ascendente: 1. Il primo aspetto riguarda la disposizione personale ad agire (δοκέω). E’ un fatto intimo, che dobbiamo poter disciplinare attraverso la preghiera e la meditazione. In questa esperienza ci si chiede di riconoscere quanto abbiamo, di fare esperienza della consapevolezza che al di sotto delle tenebre della vita ci sia sempre una luce pronta a rinascere, o in termini cristiani, un bambino, verso cui nutro un forte debito di riconoscenzaper quanto mi insegna e per i valori che mi ha invitato a vivere e plasmare. Se non sono in grado di vedere questo debito, allora non c’è Natale che tenga. Se non vedo la pepita d’oro che già sono e non sento l’immenso tesoro che potrei essere, allora sono vittima di me stesso e delle mie tenebre personali. La preghiera/meditazione deve servirmi per questa riflessione, per questo sguardo in me stesso, che deve essere costante, quotidiano. L’obiettivo di questo sguardo deve esserepositivo (εὐ) Non mi viene chiesto di disfare nulla, ma di attivarmi affinchè tutti gli elementi
  • 2. della mia vita concorrano a formareuna esperienza armoniosa. Non dico che sia semplice, ma certamente possiamo fare più di quanto facciamo. Quel particolare bambino nasce sorridendo e ci chiede di sorridere della nostra stessa vita, di amarla e di sentirla come una esperienza piena, nostra, di cui andiamo fieri. Il primo punto di questo programma natalizio è dunque far pace con noi stessi, perdonarci rispettarci, amarci 2. E questa nostra pace interiore deve essere la cifra e il motore di una pace di cui ci facciamo promotori nel mondo in cui viviamo. Ciascuno di noi a Natale incontrerà qualche personaggio discutibile che voglia oscurare con le proprie tenebre personali la gioia della rinascita. Si tratta di gente che, non avendo compiuto il primo esercizio del programma spirituale che stiamo presentando, continua a viverecon il buio nell’anima e guarda con risentimento quanti vedano la una scintilla rinascere e non sopirsi. Natale significa essere talmente sicuri e forti della nostra luce interiore da disporci a rischiararele tenebre altrui. La pace non è uno stato di cose che capiti a caso, ma il prodotto dell’azione di più persone che ad essa mirano, e, in questo processo, c’è sempre qualcuno cui spetti l’onere più grosso di farla questa pace, di esserne artefice e compositore. Natale è quel momento in cui decidiamo di disporci a guardare l’altro non come un potenziale rompiscatole, ma come un’anima sofferente, carica delle proprie ombre. È il giorno in cui scegliamo di non incolpare l’altro per le proprie ombre, ma di aiutarlo a rischiararle, così come fece Simone di Cirene, che non insultò Gesù per la croce, ma l’aiutò portarla. 3. Infine il nostro programma natalizio prevede Gloria a Dio nei luoghi altissimi. Il Natale è fatto di simboli e memoria: a. i simboli sono quelli che conoscete l’albero, Babbo Natale, la rinascita. La funzione del simbolo è quella di tenere insieme (sim ballein) due dimensioni distinte quella quotidiana e quella trascendente. Senza il nostro impegno a farci guidare dal simbolo verso la dimensione trascendente, a orientare questo nostro sforzo verso la Trascendenza, i simboli sono vuoti, perdono la loro funzione. Diventano emblemi del consumismo, perché non abbiamo rinunciato a guardare oltre, ad andare oltre. Uno dei problemi della epoca moderna è la mancanza di prospettiva. La dittatura del dato ci ha imposto la forma mentis della tenerci al qui
  • 3. all’ora, del non voler vedere più in là del nostro naso, del non voler esercitare quella capacità di aspirazione che è proprio dell’umano e che lo distingue dagli automi. I simboli diventano caldi se e solo se noi riusciamo a scaldarli col nostro calore. Il costume da babbo Natale ha poco senso in un centro commerciale, ma ne ha molto in un ospedale oncologico pediatrico. L’albero ha poco senso se deve essereun banale contenitore di cose, ma ne ha uno tutto diverso, se diventa il simbolo esteriore di un nostro rapporto con la Trascendenza di cui riconosciamo almeno due elementi compresenti. i. In primo luogo la dimensione discendente, il riconoscimento del dono, la nostra capacità di vivere la nostra esperienza di vita, bella o brutta che sia, come un dono, di cui ringraziare, ringraziando al tempo stesso delle persone che sono attorno a noi, perché sono il nostro tesoro, la nostra possibilità, la nostra occasione. ii. In secondo luogo la dimensione ascendente, la nostra disponibilità a coltivare quest’albero, ad usarli rettamente questi doni come espressione sia della nostra intima realizzazione, sia della qualità dei rapporti con le persone a noi più care. b. Infine Natale è memoria i. della nascitadel Maestro, sebbene convenzionale. Memoria di un bambino che ha trovato la forza di sorridereanche se nato in condizioni cento volte peggiori delle nostre. E l’ha trovata proprio perché ha saputo tenere lo sguardo fisso sull’Oltre, sulla luce Divina. E’ memoria di un insegnamento che ci impegniamo a vivere e condividere in maniera sempre più ampia e profonda. ii. È memoria della storia della nostra esperienza di vita, che merita rispetto e dignità e che si aspetta che noi siamo i primi a riconoscerla invece di distruggerla. E’ memoria di quanto quelle persone discutibili che ci troviamo attorno abbiano avuto una parte determinante nella ricchezza esperienziale di
  • 4. cui disponiamo oggi ed è un impegno al servizio di questa memoria iii. è memoria di quanti stanno davvero peggio di noi, da rendere ridicole le nostrepiccole preoccupazioni. E’ impegno verso di loro. Attenzione, qui c’è un equivoco: l’impegno non è a rendere speciale l’oggi di persone che domani dimentichiamo, ma al contrario è la volontà di contrarreoggi l’impegno a fare per queste persone ogni giorno ciò che facciamo oggi, a tenerla accesaquesta luce, non lasciando che si spenga Allora Buon Natale amici miei, e grazie di essere il dono che ho ricevuto e che mi impegno a coltivare ogni giorno Amen Rob