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Capitolo primo
IL PROCESSO FORMATIVO: I MUTAMENTI DEI PARADIGMI STORICI
1.1. L’approccio transdisciplinare
L’uomo moderno, in contrasto con le “originarie” forme di conoscenza basate sul
sentire e sul pensare1
, ha affermato la possibilità della ragione di controllare da sé il
processo di indagine e di verificare sperimentalmente come è fatta la realtà,
esaltandone i poteri fino ad arrivare alla fede totale nella scienza positiva.
Questo passaggio ha segnato anche la rinuncia alla lettura complessiva della realtà
e si è concentrata nei suoi segmenti con conseguente allargamento dell’enciclopedia
delle discipline e produzione di saperi tecnologici segmentati con cui intervenire su
parti della realtà. Ma la frattura più profonda avviene con la separazione della
scienza dalla coscienza: il vero si distacca dal giusto in quanto la conoscenza
oggettiva non ha coscienza, è neutra.
L’esito di tale processo è stata la diffusione di un modello di sviluppo culturale,
sociale ed economico alimentato dai paradigmi di una scienza legata soprattutto ad
una lettura decontestualizzata della realtà che, al di là degli indiscutibili progressi
indotti, è comunque responsabile della crisi del nostro pianeta2
.
Seguendo questa prospettiva, la ricerca scientifica ha segmentato la realtà e ha
confuso per “oggettività” ciò che è solo l’oggettività del segmento esplorato fuori del
contesto: di qui, per esempio, la visione solo economicistica della crescita nelle
teorie e nelle pratiche dello sviluppo, prendendo l’abbaglio di confondere quantità
produttiva e qualità della vita e dei contesti.
1
Orefice P. (2001), I domini conoscitivi. Origine, natura e sviluppo dei saperi dell’Homo sapiens
sapiens, Carocci, Roma.
2
Orefice P. (2011), Pedagogia Sociale, Bruno Mondadori, Milano.  
8
Tale segmentazione entra in crisi rispetto allo sviluppo delle società nel mondo
contemporaneo in cui, da una parte si colloca il problema dello sviluppo della società
planetaria e dall’altra il problema dello sviluppo delle innumerevoli società nazionali
e locali, che i processi di globalizzazione portano sulla scena mondiale con bisogni
ed aspettative profondamente diverse (sviluppo glocale)3
.
Si pone così il problema dello sviluppo multiculturale e nello stesso tempo diventa
fondamentale interrogarsi: «di quale sviluppo si parla (esseri umani e territori)»,
«quali ne sono le componenti costitutive», «come queste operano e a beneficio di
chi» per poter definire di quale educazione è possibile parlare per gli uomini e le
donne del nostro pianeta.
Rispetto a tali quesiti, la posizione più avanzata è espressa dall’Integrated
Development4
, il cui l’assunto fondamentale è il seguente: poiché i problemi dello
sviluppo di una società sono interconnessi, è evidente che i programmi e gli
interventi non possono occuparsi dei diversi aspetti costitutivi di quei problemi nella
direzione della “qualità sostenibile”5
.
In questo approccio, definito integrato, in contrapposizione con il modello di
sviluppo precedente basato fondamentalmente sull’accrescimento progressivo e sul
3
Il termine sta ad indicare la relazione esistente tra il problema dello sviluppo della società planetaria
(globalizzazione) e il problema dello sviluppo delle innumerevoli società nazionali e locali che gli stessi
processi di globalizzazione portano sulla scena mondiale con bisogni ed aspettative profondamente
diverse e con conflitti radicati e violenti. Orefice P. (2009), Pedagogia scientifica, Un approccio
complesso al cambiamento formativo, Editori Riuniti, Roma. 
4
A partire dai primi anni 90, si è manifestato un cambiamento nell’approccio politico allo sviluppo. In
precedenza, le politiche di intervento statali e comunitarie erano principalmente caratterizzate come:
settoriali (gli interventi riguardavano specifici settori: il manifatturiero, l’agricoltura, i servizi, ecc.);
erogate dall’alto; rivolte a singole imprese. Si afferma così una generale propensione, a livello teorico -
sociologico ed economico - e politico, ad accogliere positivamente l’idea dello sviluppo endogeno come
modalità di azione da seguire : il riconoscimento dell’importanza che i processi sociali locali, e non più
solo quelli economici, rivestono per lo sviluppo di un territorio. Per approfondimenti: ISAE (2006),
Strumenti per le politiche di sviluppo sostenibile, Franco Angeli, Milano. Stornaiuolo G. (1996), Lo
sviluppo endogeno nei modelli territoriali e le politiche di sviluppo regionale, Edizioni Scientifiche
Italiane, Napoli
5
Così come riportato negli atti di indirizzo dell’Unione Europea, ci si riferisce alla necessità di investire
sul capitale umano (Economia della conoscenza e Società della conoscenza) nell’attuale mondo globale.
Orefice P. (2011), op. cit.
 
9
consumo senza freni dei beni materiali, che ha portato a concentrare l’attenzione, gli
investimenti e le competenze messe in campo nei programmi di sviluppo
internazionali, nazionali e locali, sulle componenti visibili dello sviluppo, si afferma
che è egualmente importante investire nel cosiddetto sviluppo immateriale, basato sui
saperi immateriali come l’istruzione, l’azione sociale e la cultura.
Il danno maggiore del modello basato sull’accrescimento progressivo sta
nell’annullare o solo ostacolare i modelli di sviluppo qualitativo che valorizzano le
culture originali, privando le società (tradizionali ed egemoni) della possibilità di
costruire alternative di sviluppo nella società planetaria, in termini sia di biodiversità
sia di diversità culturale6
.
In relazione agli assunti fondamentali dell’Integrated Development, il dualismo
degli opposti, paradigma dominante, non risulta più coerente con lo sviluppo della
società complessa in quanto esso si basa sull’antagonismo di due entità che, ritenute
di natura contraria, sono inconciliabili e su alcuni corollari che si pongono in netta
contrapposizione con il modello di sviluppo integrato: a) la logica escludente; b) la
logica assoluta; c) la logica difensiva.
È in questo contesto di crisi che si affermano i paradigmi innovativi dell’indagine
epistemologica contemporanea: la razionalità complessa7
, la razionalità
autocorreggibile8
, la razionalità empatica9
.
6
Per approfondimenti sull’argomento: Bertoncin M. Pase A. (2008), Pre-Visioni di territorio.
Rappresentazioni di scenari territoriali, Franco Angeli, Milano. Di Castri F. & Younès T. (1996),
Biodiversity, Science and Development: A New Partnership. CABI Publishing. Eden P., & Vieira M.
(2000), Threatened Landscapes: Conserving Cultural Environments, SPON Press, London. Millennium
Ecosystem Assessment (2005), Ecosystems and Human Well‐Being: Current State and Trends, Island
Press. Padovani L., Carrabba P., Di Giovanni B. (2003), Da Rio a Johannesburg: verso lo sviluppo
sostenibile, Energia, Ambiente e Innovazione Anno 49-1. Padovani L., Carrabba P. & Mauro F. (2003),
L’approccio ecosistemico: una proposta innovativa per la gestione della biodiversità e del territorio,
Energia, Ambiente e Innovazione. Anno 49-1. Orefice P. (2011), op. cit
7
Il principio della gerarchia dei saperi disciplinari viene sostituito dal principio della complementarità dei
contributi degli stessi. E’ possibile parlare in tal senso di scienza cooperativa che si alimenta delle
connessioni che possono stabilirsi tra i settori disciplinari. 
8
Questa capacità di entrare in relazione modifica anche il paradigma della scienza moderna fondata sulla
certezza della prova scientifica e sulla stabilità degli assetti disciplinari. Le influenze sempre più forti tra
10
Essi condividono il criterio epistemologico della scientificità allargata ed è in
questo senso che si determina il passaggio dalla scientificità riduzionistica alla
scientificità complessa, definibile anche cooperativa, che trova collocazione nei
nuovi scenari della globalizzazione.
In tali scenari si interconnettono i fenomeni ambientali, sociali, culturali,
economici che incidono profondamente anche sugli assetti mentali e più in generale
sulle psicologie dei giovani e degli adulti a livello individuale e collettivo attraverso
le nuove tecnologie che avvolgono la vita degli abitanti del pianeta10
.
Un passaggio che trova le sue giustificazioni negli studi che la scienza stessa sta
svolgendo da alcuni decenni sulla natura e sulla funzione della conoscenza che si
sviluppa in modo più completo quando integra la conoscenza del sentire con quella
del pensare11
.
Ciò implica una prospettiva di senso e di ricerca completamente diversa da quella
sviluppatasi nell’era moderna: l’elaborazione più profonda dei significati non si
raggiunge quando la ragione si chiude in se stessa e si isola dai contesti, né quando le
emozioni e le passioni prendono il sopravvento sulla ragione, ma quando la ragione
fenomeni diversi chiedono alle logiche disciplinari di superare la sicurezza degli schematismi razionali e
di lasciarsi contagiare da diversi contenuti e metodologie. Tutto ciò non può non avere profonde ricadute
negli impianti e nei contenuti formativi dei sistemi di istruzione. 
9
L’elaborazione più profonda dei significati della natura, dell’uomo, del mondo si raggiunge quando la
ragione non espelle i vissuti emozionali, ma dialoga con essi per cercare di comprendere i significati
profondi della realtà che si manifesta nella molteplicità sconfinata delle biodiversità e dei sistemi
ecosostenibili. Per questa strada, la conoscenza indispensabile per lo sviluppo di un territorio non è data
dai saperi del razionalismo disciplinare ma quelli di una scienza che si mette alla prova rapportandosi con
i saperi locali e generando saperi endogeni ecosostenibili: una scienza partecipativa, complessa, auto
correttiva. 
10
Orefice P. (2011), op. cit 
11
Le recenti ricerche sull’evoluzione della mente umana hanno confermato i livelli di costante interazione
esistenti tra le forme del sentire, ereditate attraverso il cervello antico dalle precedenti specie viventi
(rettili e mammiferi), e le forme del pensare, costruite attraverso l’evoluzione del cervello più complesso
con la formazione della neocorteccia: la modificabilità umana è data dunque dall’azione congiunta del
potenziale cognitivo del sentire e del pensare ed è basata sulla plasticità della dotazione cerebrale,
modellabile nel tempo. Per approfondimenti: Orefice P. (2001), I domini conoscitivi, Carocci, Roma.
Orefice P. (2003) La formazione di specie Per la liberazione del potenziale di conoscenza del sentire e
del pensare, Guerini e Associati, Milano. Musaio M. (2007) La pedagogia del bello, Franco Angeli,
Milano 
11
dialoga con esse per cercare di comprendere i significati profondi della realtà che si
manifesta nella molteplicità delle biodiversità e dei sistemi ecosostenibili12
.
È attraverso tale consapevolezza che la conoscenza scientifica si libera
dell’equivoco della neutralità della razionalità oggettiva. La nuova scienza
ricompone l’unità del conoscere senziente e pensante e si scopre portatrice di una
nuova razionalità: la ragione empatica che fonda il lavoro di ricerca, di formazione e
di intervento non più sul rapporto tradizionale tra soggetto ricercatore e oggetto da
studiare, ma sulla relazione tra soggetti elaboratori di saperi diversi.
In questa nuova dimensione le discipline non scompaiono, ma si allargano ai rapporti
pluri ed interdisciplinari: attraverso le relazioni aperte tra le discipline si arriva
all’epistemologia transdisciplinare. I suoi tre principi13
generali si alimentano
reciprocamente:
1. Il principio dell’Esistenza di differenti livelli di realtà, supera la logica della
ricerca unidimensionale e rende possibile il secondo principio.
2. Il principio della Logica del Terzo incluso, va oltre la logica classica
dell’assioma di non contraddizione pervenendo al terzo principio.
3. Il principio della Complessità, riconosce le parti dell’insieme ed i nessi che le
legano.
Grazie ad essi l’attraversamento delle discipline tende all’unità della conoscenza e
alla comprensione del mondo presente contro ogni barriera e separazione tra le
discipline, tra lo studio della natura e lo studio dell’uomo, tra le culture, tra le società
e gli esseri umani, tra le parti interne ed esterne dello stesso essere umano.
Questa dimensione epistemologica pone il soggetto al centro della nuova logica
che attinge al potenziale umano del sentire e del pensare: cadono i dualismi
codificati dell’epistemologia moderna, come scienza ed etica, etica ed estetica,
12
Orefice P. (2011), op.cit.
13
Orefice P. (2011), op. cit.
12
perché la riconduzione ad unità complessa della conoscenza del soggetto rende
relativa l’autonomia dei settori della conoscenza e del cambiamento e ricompone
l’unità della coscienza elaborata dalla nostra specie.
In questo scenario, l’educazione e la formazione non sono di secondaria
importanza: tocca all’“educazione per tutti” i popoli del pianeta e alla “formazione
continua” di tutti gli operatori della società facilitare e sostenere la costruzione del
processo formativo personale nella direzione della “testa ben fatta”, come sostiene
Morin14
.
Risulta evidente che anche l’educazione è chiamata ad abbandonare le visioni
riduttive e sterili, derivanti dalle teorie della logica degli opposti, che l’hanno
indebolita contrapponendo lo sviluppo immateriale allo sviluppo materiale,
attingendo anch’essa alle teorie unificatrici dell’esistenza e della vita.
Pertanto la ricerca dei nuovi paradigmi educativi non può non tenere presente lo
scenario storico e sociale del nuovo millennio: andare oltre le discipline, ma
recuperandone le acquisizioni più avanzate; andare oltre le culture, in particolare
oltre la logica della cultura egemone, essendo indispensabile nella condizione
planetaria la Rete delle culture; andare oltre le nazioni, la cui contrapposizione è
insostenibile in una società di diritti e doveri ormai estesa a tutto il pianeta.
Gli elementi strutturali e dinamici dell’approccio transdisciplinare, che
rappresentano il flusso che viaggia dal soggetto all’ambiente e che segnano i limiti
entro cui collocare qualsiasi azione formativa sono i seguenti:
1. lo sviluppo personale e lo sviluppo del contesto sono espressione di un
complesso processo di cambiamenti profondamente intrecciati;
14
Morin E. (2001), I sette saperi necessari all’educazione del futuro, Raffaello Cortina Editore, Milano.
 
13
2. il cambiamento tocca sia le dimensioni tangibili dello sviluppo personale
(corpo e corpi) e dello sviluppo del territorio sia le dimensioni intangibili
dello sviluppo personale (psiche individuale e collettiva) e dello sviluppo
del territorio, considerando che, nell’attuale società dell’ICT, la
produzione tecnologica esce dai confini della realtà fenomenologica e
diventa realtà virtuale;
3. lo sviluppo personale, basato sulla mente individuale, passa attraverso la
produzione dei saperi del sentire (sensazioni ed emozioni) e del pensare
(idee), la cui sintesi genera i sentimenti; lo sviluppo del contesto passa
attraverso la produzione dei saperi sociali e culturali del sentire e del
pensare, che generano i sentimenti delle culture e delle società;
4. la mente individuale e la mente collettiva si incontrano nello scambio
dinamico dei saperi individuali e dei saperi collettivi;
5. in tale processo, oltre i segni/significati costruiti dagli esseri umani,
entrano in campo anche i segni dell’ambiente naturale, portatori di loro
significati impliciti;
6. gli elementi di flusso bidirezionale sono tenuti insieme da sistemi di
relazioni dinamiche di diversa natura nei quali i rapporti di potere e i
benefici derivanti regolano i tipi di realizzazione personale e di
configurazione della società e della cultura15
.
L’azione formativa dovrà, quindi, rispondere alle tre grandi condizioni dell’approccio
transdisciplinare:
1. individuare i nessi che legano la realtà educativa a tutte le altre realtà
presenti nello sviluppo personale e dei contesti;
15
Orefice P. (2011), op. cit.
14
2. individuare la specificità educativa in grado di relazionarsi alle altre
dimensioni dello sviluppo;
3. utilizzare la logica del terzo incluso per permettere all’educazione di
partecipare alla costruzione dello sviluppo personale e del contesto nella
direzione del cambiamento armonico del benessere umano e terrestre;
4. individuare le forme di lavoro degli attori dell’educazione con i soggetti del
territorio a fianco agli attori degli altri ambiti della realtà adottando una
metodologia complessa.
Le risposte ci riconducono a diversi grandi temi che costituiscono l’orizzonte di
riferimento per l’intero lavoro di tesi: il processo formativo, la relazione tra i saperi,
il rapporto tra educazione informale/formale/non formale, la metodologia della
Ricerca Azione Partecipativa16
e le prospettive del Bilancio Sociale17
, di cui si
elencano in prima istanza alcuni punti nodali:
* la specificità dell’oggetto del cambiamento educativo è il processo formativo
presente in ogni essere umano: esso è attivato dal potenziale di conoscenza che
consente di elaborare e produrre saperi individuali del sentire e del pensare agli
16
Orefice P. (2006), La ricerca azione partecipativa, Teoria e pratiche, Vol. 1, Liguori Editore, Napoli 
17
Il bilancio sociale è il documento che serve a rendere conto, in modo trasparente, delle scelte della
scuola verso i propri interlocutori: deve rendere esplicite e comprensibili le finalità, le priorità, gli
obiettivi, gli interventi realizzati e i risultati raggiunti. Dopo una presentazione iniziale ed una nota
metodologica sul processo di rendicontazione messo in atto, contiene informazioni in merito a: i valori di
riferimento e il programma di lavoro (la scuola esplicita la propria identità attraverso i valori, la missione
e la visione che orientano la sua azione, chiarisce gli indirizzi che intende perseguire e le priorità di
intervento); le politiche e i servizi resi (rende conto del proprio operato nelle diverse aree di intervento e
dei risultati conseguiti in relazione agli obiettivi dichiarati); le risorse disponibili e utilizzate (dà conto
delle risorse utilizzate e dei risultati conseguiti con la loro gestione). Bisogna inoltre ricordare che la
rendicontazione sociale, in quanto strumento di comunicazione, deve rispondere alle esigenze conoscitive
dei diversi interlocutori, consentendo loro di comprendere e di valutare. Per approfondimenti:
Associazione Treelle (2004), Quali insegnanti per la scuola dell’autonomia? Quaderno n.4, Genova.
Boyd W.L. (2004), Are education and efficiency antithetical? Education for democracy vs the “cult of
efficiency”, in Journal of Educational Administration, Vol. 42, No. 2. Gori, E. (2004), “Quali prospettive
dalla ricerca sulla qualità e l’efficacia della scuola per la costruzione di sistemi di Accountability
dell’istruzione”, paper presentato al Convegno internazionale: Institutional Models in Education, Legal
Framework & Metodological Aspects for a new approach to the problem of School Governance, Frascati,
6, 7, 8 maggio.
 
15
uomini e alle donne di ogni età, situazione personale, condizione sociale e
appartenenza culturale;
* la metodologia di analisi è di tipo interdisciplinare in quanto alla definizione del
processo formativo concorrono i contributi del più ampio spettro delle scienze della
formazione, dalla neurobiologia alla filosofia, dalla psicologia all’antropologia
culturale;
* attraverso l’azione educativa non formale e formale è possibile mettere in
relazione i saperi dell’educazione informale dei soggetti, i saperi dei contesti e i
saperi delle discipline, sedimentati e codificati nelle rispettive produzioni materiali e
immateriali interessate;
* la relazione tra i saperi immateriali e i saperi materiali attraverso la progettualità
educativa del terzo incluso permette di superare l’antagonismo conflittuale tra le
dimensioni locali, nazionali, regionali e globale e di accompagnare le trasformazioni
dei processi formativi nei più ampi cambiamenti della realtà del soggetto e del
contesto nella direzione della cultura del cambiamento olistico ed ecologico, non
violento e benefico, emancipativo ed inclusivo, interculturale e transculturale,
endogeno e sostenibile;
* nei sistemi integrati di intervento, la rete degli attori dell’educazione è nello
stesso tempo obiettivo strategico e metodologia di lavoro dello sviluppo dei soggetti
e dei contesti per realizzare le conoscenze ed i cambiamenti complessi richiesti dal
nuovo scenario storico di benessere e di pace;
* la metodologia di riferimento è la Ricerca Azione Partecipativa che traduce
l’approccio transdisciplinare in criteriologia multidimensionale da adottare nelle
diverse azioni dello sviluppo educativo, in opposizione al modello trasmissivo della
conoscenza.
16
1.2. Il processo formativo
Il processo di formazione umana ha subito profonde modificazioni nell’era della
complessità, caratterizzata dall’aumento delle relazioni umane e degli interscambi tra
le società oltre che dall’incremento delle conoscenze disponibili e d’uso dentro e tra
le società. Questo processo di formazione si è evoluto a due livelli interagenti: quello
sociale, che ha investito i saperi e la vita collettiva; quello individuale, che si è
espresso attraverso i saperi e lo sviluppo personale. Risulta così evidente che il tipo
di sviluppo di una società è in rapporto diretto con il tipo di saperi che essa utilizza e
questi hanno il potere di strutturare ed orientare il tipo di sviluppo corrispondente di
una società.
Allo stesso modo, anche la forma umana è data in maniera determinante
dall’interazione tra la costruzione dei significati elaborati dalla sua mente e le forme
dei saperi presenti nei contesti che frequenta; per questo tramite, anche il suo
sviluppo personale risente direttamente, in modi molto soggettivi, delle forme di
sviluppo della sua società.18
Secondo questa ottica, le dimensioni sociali e culturali e biopsichiche non si
trovano più in opposizione, ma interagiscono mediante la presenza del “terzo
incluso” (il processo formativo di ciascun soggetto) che si caratterizza per la capacità
di elaborazione delle forme di saperi e di sviluppo in ciascun soggetto ed in ciascuna
società, annullando la tradizionale impostazione oppositiva tra individuo e società.
Tale processo formativo di ogni essere umano è definito dal rapporto che egli
stabilisce con l’ambiente ed è il processo che presiede alla costruzione ed evoluzione
del sistema dei saperi per potere interpretare e trasformare la realtà, attraverso una
18
Orefice P. (2009), Pedagogia scientifica. Un approccio complesso al cambiamento formativo, Editori
Riuniti, Roma. 
17
relazione tripolare dove ogni elemento svolge un’influenza attiva sugli altri due e,
nello stesso tempo, è condizionato da essi.
Ai vertici del triangolo troviamo: i prodotti materiali della cultura; i prodotti
immateriali della cultura; il sistema di apprendimento e della costruzione delle
conoscenze19
.
I prodotti materiali di una cultura comprendono sia gli artefatti sia le forme di
organizzazione della produzione materiale (tecnologia ed economia). Invece i
prodotti immateriali sono gli “ideo-etnemi”, cioè tutti gli elementi teorici di una
cultura organizzati in sistemi di sensibilità, emozioni, sentimenti, pensieri assunti a
base della vita collettiva.
Gli elementi teorici, chiamano in causa direttamente il terzo polo in quanto la loro
esistenza dipende dalla presenza del soggetto umano che li ha codificati e rimandano
al campo della comunicazione, delle cognizioni, delle espressioni e dei valori: il
sistema dell’apprendimento e della costruzione delle conoscenze costituisce il motore
di cui sono dotati i soggetti per generare, conservare e modificare la produzione
culturale all’interno di una società.20
In questo modello, la produzione materiale della cultura esprime il momento della
trasformazione della realtà ambientale; la produzione immateriale corrisponde al
momento dell’interpretazione di quest’ultima in termini di bagaglio di conoscenze di
cui dispone la cultura di una data società. Questo bagaglio di conoscenze, però, si
alimenta e si evolve grazie alla presenza dei soggetti che apprendono e, attraverso
l’apprendimento, strutturano ed alimentano la propria personalità ed il loro sistema di
saperi: in questo processo di apprendimento il soggetto crea i saperi che vanno a
19
Orefice P. (2011), op. cit., pp.6-10 
20
Orefice P. (2009), op. cit.
18
costituire la produzione immateriale di una cultura e, nello stesso tempo, permettono
ed orientano la sua produzione materiale.
A questo punto, però, occorre evidenziare che il nostro modo di interpretare la
realtà non passa solo attraverso la conoscenza razionale: ci avvaliamo anche della
conoscenza senso-motoria ed emozionale.
Ogni essere umano, infatti, dispone di un sistema integrato di elaborazione di
saperi, che al suo interno si alimenta del potenziale del sentire come quello del
pensare e produce saperi senso motori, emozionali e razionali, diversamente
bilanciati all’interno del medesimo sistema21
.
La prima elaborazione cognitiva genera saperi percettivi, emotivi, fantastici: i
sensi sono il primo canale di contatto con la realtà, su cui avviene la prima
elaborazione del cervello e della mente.
Anche il campo dell’emotività ha un peso enorme nello sviluppo dei saperi, per la
sua maggiore incidenza rispetto agli altri saperi ( piacere, interesse, significati
emozionali).
Si delinea, già a questo punto, una visione educativa che si contrappone in modo
evidente al modello trasmissivo ed al modello curriculare, in quanto caratterizzata
non solo dalla centralità del soggetto che apprende, ma anche dalla visione olistica
che rende evidenti e non secondarie le connessioni con l’intero sistema dei saperi:
individuali e collettivi, materiali ed immateriali.
Tale visione olistica e transdisciplinare rimanda direttamente ad una dimensione
dialogica dell’apprendimento in opposizione a quella “passiva” dei modelli
dominanti ed attualmente in crisi. Il paradigma transdisciplinare impone una
riflessione anche sui sistemi formativi, tradizionalmente opposti e/o separati.22
21
Orefice P. (2011), op. cit.
22
Ibidem. 
19
Anche in questo caso il contesto storico ed il quadro generale di sviluppo e di
cambiamento sociale e culturale, concorrono a meglio definire gli orizzonti di senso
in cui collocare l’intero discorso.
Nella nostra società del villaggio globale le differenze stanno diventando la
misura dell’umano, per cui il modello emergente di formazione non può non nascere
dall’identità della natura umana in quanto tale: sono l’appartenenza alla medesima
specie umana e l’identità fondamentale costruita su questa appartenenza a costituire
la base di ogni teoria e pratica di formazione23
. Questa prospettiva sta producendo
una rivoluzione epocale nei modelli di formazione, come nei modelli di società, ma è
anche attivatore di cambiamenti: il nuovo idealtipo esige l’abbandono del modello
centrato sulla scuola come unica agenzia di formazione (altro elemento di netta
frattura con il modello teorico gentiliano), ed afferma il modello di formazione
centrato sull’apprendimento lungo l’intero corso della vita in cui la scuola non viene
sminuita ma valorizzata, perché la sua formazione si inserisce nelle sfide del Lifelong
Learning, oramai riconosciuto da ogni teorico della formazione ed affermato dalle
strategie dell’Unione Europea che ha codificato precisi obiettivi di apprendimento
permanente nella costruzione della società della conoscenza.24
La formazione planetaria è diventata, dunque, la nuova agenda nelle teorie e nelle
pratiche dell’educazione formale, non formale e informale. Così l’antinomia
tradizionale tra istruzione ed educazione informale è oramai archeologia storica per
la sua inadeguatezza a generare conoscenze e competenze composite ed avanzate
nella società planetaria delle conoscenze che postula la formazione di democrazie
avanzate ad alto tasso di conoscenze.
23
Ibidem. 
24
Ibidem.
20
La logica del Lifelong Learning 25
postula il diritto di tutti gli esseri umani alla
produzione di saperi creativi e, quindi, i sistemi formativi non possono continuare a
viaggiare come sistemi separati: essi hanno bisogno di integrarsi in una politica ed in
una pratica formativa centrate sul pieno sviluppo del capitale umano, fondamentale
nell’attuale società planetaria della conoscenza26
.
Lungo questa traiettoria occorre innanzitutto superare, dunque, la tradizionale
separazione tra i saperi secondo cui, da una parte, c’è la formazione che alimenta la
razionalità occidentale e, dall’altra, c’è l’educazione informale, casuale e
condizionata, che alimenta i saperi della vita quotidiana a forte impronta emozionale.
Questo dualismo è ancora forte: la mancanza di comunicazione e di integrazione
fra queste due fondamentali dimensioni del conoscere crea difficoltà rilevanti per lo
sviluppo dell’apprendimento permanente nei contesti di vita. In questo senso, le
ricerche scientifiche più avanzate delle neuroscienze e della psicologia pongono
l’esigenza di approfondire la ricerca sul modello di formazione che consenta
l’integrazione tra le conoscenze razionali e le conoscenze emozionali, tra i domini
conoscitivi del sentire e del pensare27
.
In tal modo genera ed alimenta e facilita nel nostro vissuto personale e nei vissuti
sociali e culturali, la ricomposizione dell’unità della soggettività umana al suo
interno e nel rapporto con l’alterità. Un processo che è reso più evidente dalla
rivoluzione innescata dall’ICT28
che ha investito profondamente i processi formativi,
laddove ha reso maggiormente incidente l’educazione informale nella vita
individuale e collettiva: si tratta dell’educazione reale e quotidiana senza esplicite
25
Per approfondimenti: Platt W.J. (1972), Faure Report, UNESCO. Freire P. (2002), La pedagogia degli
oppressi, EGA Editore, Torino. Lojodice I. (2011), Università, qualità didattica e lifelong learning,
Carocci, Roma. Orefice P. (2011), op. cit
26
Ibidem.
27
Orefice P. (2009), op. cit.
28
Ibidem 
21
finalità ed obiettivi di realizzazione umana. Essa si avvale della capacità naturale
dell’essere umano di apprendere, dovunque e comunque.
Un processo di ricomposizione rispetto al quale lo stesso sistema di
apprendimento formale, basato sulla sequenza lezione-studio-interrogazione, risulta
meccanicistico e, soprattutto, mnemonico a fronte delle elaborazioni di significato
che si generano attraverso vere e proprie comunità di apprendimento informale in cui
un problema viene smontato e compreso dai partecipanti attraverso la forma
dialogica e con ritmi di acquisizione su misura.29
Il cambiamento di paradigma e la rivoluzione della scrittura elettronica hanno reso
ancora più evidente il fatto che la conoscenza non è più appannaggio della scuola, ma
ha superato i confini delle istituzioni ed è diventata bene universale: è la scuola che
deve andare incontro alle conoscenze del mondo. Ed è proprio in questo senso che
avviene il capovolgimento di baricentro dall’insegnamento all’apprendimento con
l’affermazione della pedagogia del soggetto, di qualunque età e condizione, al cui
sviluppo umano l’istruzione e l’insegnamento devono rendersi funzionali.30
1.3. I sette saperi per l’educazione del futuro
La visione olistica, transdisciplinare, che come già detto rimanda direttamente ad
una dimensione dialogica dell’apprendimento in opposizione a quella “passiva” dei
modelli dominanti ed attualmente in crisi, impone una serie di riflessioni su quelli
che Morin chiama i sette saperi che devono diventare fondamentali negli
insegnamenti per permettere di integrare le discipline esistenti e di stimolare gli
sviluppi di una conoscenza atta a raccogliere le sfide della nostra vita individuale,
culturale e sociale31
.
29
Ibidem.
30
 Orefice P. (2009), op. cit. 
31
Morin E. (2001), I sette saperi necessari all’educazione del futuro, Raffaello Cortina Editore, Milano.
22
I sette saperi o problemi fondamentali da insegnare risultano essere: 1) le cecità
della conoscenza: l’errore e l’illusione; 2) i principi di una conoscenza pertinente;
3) insegnare la condizione umana; 4) insegnare l’identità terrestre; 5) affrontare le
incertezze; 6) insegnare la comprensione; 7) l’etica del genere umano.
Dei sette saperi se ne tracceranno le linee essenziali, riservando maggiore
attenzione a quegli aspetti direttamente rapportabili all’altro grande tema posto da
Morin: l’auto-etica32
, che riveste particolare importanza per la comprensione
dell’approccio qualitativo seguito dal ricercatore durante le diverse attività di analisi
di processo33
e delle connessioni esistenti tra tali pratiche e le nuove prospettive
delineate dal Bilancio sociale34
.
Il primo problema, Le cecità della conoscenza, richiama l’attenzione da porre su
ciò che è la conoscenza umana, su ciò che sono i suoi dispositivi, le sue propensioni
all’errore e all’illusione e sul fatto che, sorprendentemente, l’educazione, che mira a
comunicare conoscenze, non si preoccupi affatto di far conoscere che cosa è
conoscere. Da ciò deriva la necessità primaria della conoscenza della conoscenza
per preparare ad affrontare i rischi permanenti d’errore e d’illusione: si tratta di
rendere in grado ogni mente di affrontare la sfida continua per la lucidità35
. Di
introdurre e di potenziare nella formazione e nell’insegnamento lo studio dei caratteri
32
Morin E. (2005), Il metodo 6. Etica, Raffaello Cortina Editore, Milano 
33
Già nel 2002, durante la presentazione degli esiti della sperimentazione didattica “La metodologia
enattiva e la didattica non lineare” alla Fiera Internazionale del Libro per Ragazzi di Bologna (10-13
Aprile - Padiglione MIUR “Nel paese della scuola: una scuola per crescere”) rispetto al grande interesse
mostrato dagli esperti di settore per le scelte operate, gli esiti raggiunti e gli strumenti predisposti, si è
avuto modo di sottolineare come tutte le azioni messe in atto (formazione, didattica d’aula, contratti
formativi, strumenti di monitoraggio) mostravano con evidenza un dato estremamente significativo: senza
una reale e completa disponibilità dei singoli operatori scolastici a mettere in gioco le proprie visioni e
routine, in coerenza con i nuovi scenari planetari di senso, qualsiasi processo di innovazione
metodologica e didattica, anche il più avanzato, è destinato ad esiti parziali. È in questo senso che il
discorso sull’auto-etica assume maggiore rilevanza ai fini della ricerca. 
34
Elemento fondamentale del bilancio sociale è il processo che porta alla sua realizzazione. La qualità del
processo di rendicontazione incide direttamente sulla capacità del documento di rispondere alle esigenze
conoscitive dei diversi interlocutori e di costruire con essi un dialogo permanente, dando piena attuazione
al principio della responsabilità sociale. Cfr. Direttiva del Ministro della Funzione Pubblica del 17
febbraio 2006 sulla rendicontazione sociale nelle Amministrazioni Pubbliche. 
35
Morin E. (2001), op. cit. p.11.
23
cerebrali, mentali, culturali della conoscenza umana, dei suoi processi e delle
disposizioni psichiche e culturali che la inducono a rischiare l’errore36
.
Compito dell’educazione è quello di far comprendere che, nella conoscenza, le
attività auto-osservatrici devono essere inseparabili dalle critiche, così come le
autocritiche inseparabili dalle critiche, e che nella ricerca di verità è necessaria
l’elaborazione di punti di vista che permettano la riflessività e l’essere continuamente
in allerta per tentare di individuare la menzogna nei confronti di noi stessi.
Il secondo tema, I principi di una conoscenza pertinente, pone la questione della
promozione di una conoscenza capace di cogliere i problemi globali e fondamentali
per inscrivere in essi le conoscenze parziali e locali a partire dalla consapevolezza
che la supremazia di una conoscenza frammentata nelle diverse discipline rende
spesso incapaci di effettuare il legame tra le parti e le totalità. Di conseguenza, la
necessità di sviluppare l’attitudine naturale della mente umana a situare tutte le
informazioni in un contesto37
ed in un insieme, insegnando metodi che permettano di
cogliere le mutue relazioni e le influenze reciproche tra le parti e il tutto in un mondo
complesso.
In questo senso occorre tener sempre presente lo stretto legame tra il sapere ed il
dovere che deve essere continuamente assicurato, in quanto l’etica della conoscenza
comporta la lotta contro l’accecamento, l’illusione ed il riconoscimento delle
36
Ci si riferisce ai processi di self-deception (selezione inconscia dei ricordi vantaggiosi); alla logica
organizzatrice di ogni sistema di idee che tende ad opporre resistenza all’informazione che non può
integrare; alla razionalizzazione intesa come sistema logico perfetto fondato sulla deduzione o
sull’induzione chiuso, però, alla contestazione degli argomenti e alla verifica empirica; all’ecologia
dell’azione che indica come ogni azione sfugga sempre più alla volontà del suo autore nella misura in cui
entra nel gioco di inter-retro-azioni dell’ambiente in cui interviene, rischiando non solo il fallimento ma
anche la deviazione del suo senso; agli accecamenti paradigmatici, all’imprinting culturale, alla
normalizzazione ed alla noologia (possessione): le credenze e le idee non sono solo prodotti della mente,
ma sono anche esseri mentali che hanno vita e potenza e che possono possederci.  
37
Le esperienze vengono codificate dalle reti cerebrali dotate di collegamenti già formati dai precedenti
incontri con il mondo. Le conoscenze preesistenti influenzano notevolmente la codificazione e
l’immagazzinamento dei nuovi ricordi, contribuendo in tal modo alla natura, alla composizione e alla
qualità di quanto ricorderemo in quel momento. Cfr. Schacter D.L. (2007), Alla ricerca della memoria, Il
cervello, la mente e il passato, Biblioteca Einaudi, Torino 
24
incertezze e delle contraddizioni: il principio di coscienza intellettuale deve
illuminare il principio di coscienza morale38
.
Si definisce così la necessità di una riforma del pensiero e dell’educazione che
miri a superare le caratteristiche del “pensare male”39
rendendo espliciti i criteri del
“lavorare a pensare bene”40
.
Il terzo problema, Insegnare la condizione umana, stimola la riflessione
sull’unicità dell’essere umano che è nello stesso tempo fisico, biologico, psichico,
culturale, sociale e storico. Un’unità complessa che non trova corrispondenza
nell’insegnamento e nella parcellizzazione disciplinare. Ciò impedisce di prendere
coscienza sia del carattere complesso della propria identità sia dell’identità che ha in
comune con tutti gli altri umani41
.
Dunque, la condizione umana dovrebbe essere oggetto di ogni insegnamento, a
partire dalle discipline attuali riunendo ed organizzando le “conoscenze disperse”,
mostrando il legame indissolubile tra l’unità e la diversità di tutto ciò che è umano.
Il riferimento all’uni-dualità dell’umano42
, agli anelli cervello-mente-cultura43
,
ragione-affetto-pulsione44
, individuo-società-specie45
ed all’Unitas Multiplex46
, porta
38
Morin E. (2005), op. cit.  
39
Il “pensare male” fraziona le conoscenze; tende ad ignorare i contesti; obbedisce al paradigma di
semplificazione che impone il principio di disgiunzione e/o il principio di riduzione che impedisce di
concepire i legami di una conoscenza con il suo contesto e con l’insieme di cui fa parte; vede solo l’unità
o la diversità, ma non l’unità della diversità e la diversità nell’unità; è cieco nei confronti del soggetto
individuale e della coscienza, cosa che atrofizza la conoscenza e ignora la morale; esclude la
comprensione umana. Cfr. Morin E. (2005), op. cit., pp. 50,51 
40
Il “lavorare a pensare bene” abbandona il punto di vista parziale delle discipline separate e cerca una
conoscenza transdisciplinare; comporta un metodo per trattare la complessità; riconosce la molteplicità
nell’unità, l’unità nella molteplicità; riconosce i contesti e i complessi e permette quindi di inscrivere
l’azione morale nell’ecologia dell’azione; concepisce una razionalità aperta; riconosce ed affronta
incertezze e contraddizioni; si sforza di concepire le solidarietà tra gli elementi di un tutto, e con ciò tende
a suscitare una coscienza di solidarietà; riconosce le forze di accecamento o di illusione della mente
umana; porta a combattere la moralina che riduce l’altro al suo peggiore aspetto o al momento peggiore
della sua vita; si sforza di concepire l’era planetaria e quindi di inscrivere concretamente la solidarietà e la
responsabilità umane nell’idea di Terra-Patria e rigenerare un umanesimo. Cfr. Morin E. (2005), op. cit.,
pp. 51-55. 
41
Morin E. (2001), op. cit.
42
L’umano è un essere nel contempo pienamente biologico e pienamente culturale, che porta in sé questa
uni dualità originaria. Unidualità che esprime in modo ipertrofico le qualità egocentriche e altruiste
dell’individuo. Morin E. (2001), op. cit. 
25
a considerare come sia centrale per l’educazione l’esame e lo studio della
complessità umana finalizzato a favorire la presa di coscienza/conoscenza della
condizione comune a tutti gli umani e della necessaria diversità degli individui, dei
popoli e delle culture, e infine del «nostro radicamento come cittadini della Terra»47
.
Il quarto tema, Insegnare l’identità terrestre, affronta le problematiche inerenti il
destino planetario del genere umano come realtà fondamentale ignorata
dall’insegnamento. Da ciò scaturisce la necessità di insegnare la storia dell’era
planetaria, che inizia nel XVI secolo con la comunicazione tra tutti i continenti, e di
mostrare come tutte le parti del mondo siano divenute inter-solidali, senza
nascondere gli eventi che hanno devastato e continuano a devastare l’umanità: si
tratta di rendere evidente come tutti gli esseri umani vivano una stessa comunità di
destino messi a confronto con gli stessi problemi di vita e di morte.
Un processo centrato sulla consapevolezza che la comunità umana pur essendo
estremamente concreta nell’era planetaria, non è ancora vissuta come tale sia perché
è una “comunità di destino” sia perché l’interdipendenza tecnica o commerciale non
crea la solidarietà e la comprensione, elementi cardini della comunità umana:
43
L’anello cervello-mente-cultura evidenzia il processo di realizzazione dell’uomo come essere
pienamente umano attraverso la cultura e nella cultura: non c’è cultura senza cervello umano (apparato
biologico), ma non c’è mente (capacità di coscienza e pensiero) senza cultura. Morin E. (2001), op. cit. 
44
L’anello ragione-affetto-pulsione rimanda alla concezione triunica del cervello (Mac Lean), secondo la
quale il cervello umano integra in sé il paleoencefalo (fonte delle pulsioni primarie), il mesencefalo (in
cui l’ippocampo sembra legare lo sviluppo dell’affettività a quello della memoria a lungo termine) e la
corteccia (sede delle capacità analitiche, logiche, strategiche che la cultura consente di attuare
pienamente). Si palesa così un altro aspetto della complessità umana, che integra l’animalità nell’umanità
e l’umanità nell’animalità, con la conseguente consapevolezza che la razionalità è solo un’istanza
concorrente ed antagonista alle altre istanze di una triade inseparabile. Morin E. (2001), op. cit. 
45
L’anello individuo-società-specie rende esplicito il processo interattivo della specie umana. Gli
individui sono i prodotti del processo riproduttivo della specie umana, che a sua volta deve essere
prodotto da due individui; le interazioni tra individui producono la società e questa, attraverso la cultura,
retroagisce sugli individui. Sono la cultura e la società che permettono la realizzazione degli individui, e
sono le interazioni fra individui che permettono il perpetuarsi della cultura e l’auto-organizzazione della
società. Morin E. (2001), op. cit. 
46
Il concetto di Unitas Multiplex pone all’educazione la necessità di fare in modo che l’idea di unità della
specie umana non cancelli l’idea della sua diversità e viceversa: i caratteri comuni e la singolarità degli
individui (campo individuale), l’unità-diversità delle lingue, delle organizzazioni sociali e delle culture
(campo sociale), l’unità-diversità della cultura e delle culture (campo culturale). Morin E. (2001), op. cit. 
47
Ivi, p. 62.
26
l’accumulo delle informazioni non crea la conoscenza e l’accumulo delle conoscenze
non crea la comprensione48
. Si tratta, dunque, per l’educazione di stimolare una
riforma del pensiero a partire da quelli che lo stesso Morin definisce i nove
comandamenti49
.
Il quinto argomento, Affrontare le incertezze, richiama l’attenzione sulle
contraddizioni di una Scienza che ha fatto acquisire molte certezze che però, nel
corso del XX secolo, hanno posto in evidenza numerosi campi d’incertezza. Sono
proprio queste “incertezze” che dovrebbero diventare oggetto di insegnamento,
stimolando la conoscenza e la riflessione sui principi di strategia che permettano di
affrontare i rischi , l’inatteso e l’incerto e di modificarne l’evoluzione grazie alle
informazioni acquisite nel corso dell’azione. Anche in questo caso il riferimento
all’incertezza storica50
, alla dialogica ordine-disordine-organizzazione51
,
all’incertezza della conoscenza52
e del reale53
, all’ecologia dell’azione54
, che
48
Morin E. (2005), op. cit. 
49
1) Presa di coscienza dell’identità umana comune attraverso le diversità individuali, culturali,
linguistiche; 2) della comunità di destino che lega ogni destino umano a quello del pianeta; 3) che le
relazioni umane sono devastate dall’incomprensione, e che noi dobbiamo educarci alla comprensione di
tutti gli individui; 4) della finitezza umana nel cosmo, con definizione dei limiti della sua espansione
materiale e correlativo sviluppo psichico, morale e spirituale; 5) presa di coscienza ecologica della nostra
condizione terrestre; 6) della necessità vitale del duplice pilotaggio del pianeta: cosciente e riflessivo
dell’umanità e quello eco-organizzatore inconscio della natura; 7) civica planetaria, cioè della
responsabilità e della solidarietà nei confronti dei figli della Terra; 8) del prolungamento nel futuro
dell’etica della responsabilità e della responsabilità con i nostri discendenti, da cui la necessità di una
coscienza capace di mirare in alto e lontano nello spazio e nel tempo; 9) la presa di coscienza della Terra-
Partia come comunità di destino/di origine/di perdizione. Morin E. (2005), op. cit. 
50
La presa di coscienza dell’incertezza storica si compie con il crollo del mito del progresso, percepito
soprattutto come incerto in modo più evidente se rapportato all’accelerazione dei processi complessi
dell’era planetaria. 
51
Alla fine del XX secolo, siamo stati costretti ad abbandonare l’idea di un universo ordinato, perfetto,
eterno per quella di un universo nato nella radiazione, in divenire, dispersivo, nel quale gli elementi della
triade dialogica, ordine-disordine-organizzazione, giocano un ruolo che è nello stesso tempo
complementare, concorrente e antagonista: l’epopea cosmica dell’organizzazione, soggetta continuamente
alle forze di disorganizzazione e di dispersione, è anche l’epopea della “relianza” che da sola ha impedito
al cosmo di disperdersi o di svanire appena nato. Facciamo dunque parte del destino cosmico e ciò ci
impone di ricorda re che: la vita si è sviluppata non solo in specie diverse, ma anche in ecosistemi nei
quali le predazioni ed i divoramenti hanno costituito la catena della vita e della morte. Dobbiamo quindi
riconoscere la nostra identità terrestre, molto fisica e molto biologica. Morin E. (2005), op. cit. 
52
Il mondo umano, messo ovunque a confronto con le incertezze, è trascinato in una nuova avventura che
ci impone di imparare ad affrontare l’incertezza: è compito dell’educazione riconoscere e far riconoscere
le incertezze legate alla conoscenza tenendo presenti i seguenti principi: a) il principio di incertezza
cerebro-mentale che deriva dal processo di traduzione/ricostruzione proprio di ogni conoscenza; b) il
27
comporta quattro principi di incertezza, porta a definire le strategie utili ad affrontare
le incertezze dell’esistenza: scelta meditata di una decisione, coscienza della
scommessa, elaborazione di una strategia che tenga conto delle complessità inerenti
alle proprie finalità, che possa modificarsi in corso d’azione, in funzione dei casi,
delle informazioni, dei cambiamenti di contesto, e che possa prendere in
considerazione l’eventuale siluramento dell’azione che avesse imboccato un corso
dannoso55
.
Il penultimo tema, Insegnare la comprensione, invita a riflettere sull’assenza dagli
insegnamenti dell’educazione alla comprensione, nonostante essa sia il mezzo ed il
fine della comunicazione umana. L’educazione alla comprensione richiede una
riforma delle mentalità e lo studio dell’incomprensione nelle sue modalità e nei suoi
effetti: razzismi, xenofobie, disprezzo costituendo anche una delle basi per
l’educazione alla pace.
principio di incertezza logica per cui, come sostiene Pascal, “Né la contraddizione è contrassegnata da
falsità, né la contraddizione è contrassegnata da verità”; Morin E. (2005), op. cit. c) il principio di
incertezza razionale, poiché la razionalità, se non mantiene la vigilanza autocritica, sfocia nella
razionalizzazione (sistema chiuso, autoreferenziale); d) il principio di incertezza psicologica, derivante
dall’impossibilità di essere totalmente consapevoli di ciò che accade nella nostra mente, la quale conserva
sempre qualche cosa di fondamentalmente incosciente; Morin E. (2005), op. cit. 
53
Le esperienze (i ricordi) sono registrazioni di come abbiamo vissuto un evento, non repliche esatte
dell’evento stesso. Schacter D.L. (2007), Alla ricerca della memoria, Il cervello, la mente e il passato,
Biblioteca Einaudi, Torino
54
L’azione è decisione, scelta, ma è anche scommessa ed è proprio in questo concetto che vi è la
coscienza del rischio e dell’incertezza. E’ a questo livello che interviene l’ecologia dell’azione: l’azione
tende a sfuggire alle intenzioni di chi la mette in atto; entra in un universo di interazioni e, alla fine, è
l’ambiente stesso che se ne impossessa ed essa può divenire contraria all’intenzione iniziale. I quattro
principi di incertezza sono: 1) anello rischio-precauzione (per ogni azione intrapresa vi è contraddizione
tra i due principi essendo sia l’uno sia l’altro necessari); 2) anello fini-mezzi ( a causa della loro inter-
retro-azione è pressoché inevitabile che mezzi ignobili al servizio di fini nobili pervertano questi ultimi e
viceversa); 3) anello azione-contesto (ogni azione sfugge alla volontà del suo autore entrando nel gioco
delle inter-retro-azioni dell’ambiente in cui interviene; 4) l’ imprevedibilità a lungo termine (se non è mai
certo che un’azione operi nel senso dell’intenzione da cui è nata, bisogna ricorrere alla scommessa e non
all’inazione, che riconosce i rischi e alla strategia che permette di modificare/annullare l’azione
intrapresa). Morin E. (2005), op. cit. 
55
Morin E. (2001), op. cit. pp.81-92. 
28
«Ma come apprendere a comprendere?» Secondo Morin sono tre i processi che
devono essere congiunti per generare la comprensione umana: la comprensione
oggettiva56
, la comprensione intersoggettiva57
e la comprensione complessa58
.
I tre processi impediscono di ridurre l’altro ad un solo tratto; consentono di
considerare l’individuo nella sua multidimensionalità evitando di incorrere
nell’errore intellettuale di ridurre un tutto complesso a uno solo dei suoi componenti;
ci consentono di riconoscere i contesti culturali e di comprendere i pensieri e le
azioni degli individui appartenenti a differenti culture; di comprendere l’incidenza
delle circostanze eccezionali, che possono far emergere le potenzialità virtuali
(positive e/o negative) che ciascun individuo porta in sé e che non verrebbero mai
alla luce nella vita normale.
Il settimo tema, L’etica del genere umano, completa il disegno complessivo di
riforma dell’insegnamento mediante la produzione di un’«antropo-etica» capace di
riconoscere il carattere ternario della condizione umana, che consiste nell’essere
contemporaneamente individuo, specie, società e che richiede la democrazia
(reciproco controllo individuo-società) e la solidarietà terrestre (rapporto individuo-
specie)59
.
In tal senso richiede di orientare l’insegnamento al potenziamento integrato delle
autonomie individuali, delle partecipazioni comunitarie e della coscienza di
appartenere alla specie umana, con due principali finalità: rafforzare i processi di
partecipazione democratica e di cittadinanza attiva; portare a compimento l’Umanità
56
La comprensione oggettiva o intellettuale passa attraverso l’intelligibilità e la spiegazione. Considera
come oggetto ciò che si deve conoscere per applicarvi tutti i mezzi oggettivi di conoscenza. Ivi, p. 98. 
57
La comprensione umana (intersoggettiva) va oltre la spiegazione: comporta una conoscenza da soggetto
a soggetto. L’altro non è soltanto concepito oggettivamente, ma come alter ego e ciò implica un processo
di empatia, di identificazione e proiezione. Ivi, pp.98-99. 
58
La conoscenza/coscienza dei processi che ostacolano la comprensione umana (egocentrismo, auto
giustificazione, self-deception) a partire dallo spirito riduttore e semplificatore riportano l’attenzione sulla
necessità di riconoscere la multidimensionalità/complessità dell’essere umano per il miglioramento delle
relazioni tra gli individui, fra gruppi, popoli e nazioni. Ivi, pp.99-110. 
59
Ibidem. 
29
come comunità planetaria, mediante una presa di coscienza che si traduca in volontà
di realizzare la cittadinanza terrestre.
Rispetto al quadro teorico complessivo delineato e ai relativi orizzonti di senso,
dovrebbe risultare chiaro il perché il tema dell’auto-etica (della coscienza della
complessità dei processi coinvolti, delle incertezze, degli errori e della decisione
personale) assuma un ruolo centrale nel complessivo discorso sulle finalità dei
sistemi educativi, dei sistemi di analisi qualitativa e di bilancio sociale centrati sulla
responsabilità, sulla riflessività e sulla rendicontazione sociale intesa come elemento
propulsivo per la valorizzazione dei saperi e dei bisogni locali.
È infatti importante ricordare che l’individualismo della nostra civiltà è il risultato
del processo storico dell’emancipazione di massa60
, che pone, nel bene e nel male, la
responsabilità dei nostri atti in noi stessi. Del resto il problema etico centrale per ogni
individuo, è quello della propria barbarie interiore rispetto alla quale l’auto-etica
costituisce una vera cultura psichica.
«L’auto-etica è innanzitutto un’etica di sé a sé, che sfocia naturalmente in
un’etica per l’altro»61
.
Essa richiede nello stesso tempo di “lavorare a pensare bene” e “a pensarsi
bene”; l’integrazione dell’osservatore nella sua osservazione, il ritorno su di sé per
oggettivarsi: comprendersi e correggersi costituiscono nello stesso tempo un
principio del pensiero ed una necessità etica.
In tale dimensione, quella che Morin definisce come cultura psichica, comporta:
l’autoesame62
, l’autocritica63
, la cultura psichica64
, la pratica della ricorsione etica65
,
la lotta contro la moralina66
, l’etica dell’onore67
, la presa in carico responsabile68
.
60
Ehrenberg A. (1999) , La fatica di essere se stessi, Einaudi, Torino 
61
Morin E. (2005), op. cit, p.83. 
62
Il soggetto deve elaborare un meta punto di vista che gli permetta di considerare se stesso e di agire
pazientemente su di sé, sviluppando un lungo lavoro di radicamento della riflessività. L’auto-esame
permanente ci permette di decentrarci nei confronti di noi stessi, di riconoscere il nostro egocentrismo e di
30
Nello stesso tempo non bisogna trascurare il fatto che l’essere umano percepisce
l’altro come un individuo nello stesso tempo diverso da lui e simile a lui. Quando
appare come simile porta in sé una potenzialità fraterna; al contrario porta in sé una
potenzialità ostile. Ciò rimanda al concetto della doppia dimensione del soggetto
umano caratterizzata da quella egocentrica e da quella altruista: il rigetto dell’altro
fuori dall’identità comune produce la chiusura egocentrica mentre l’inclusione
produce l’apertura altruista e allo stesso tempo è da questa prodotta. In tale
prospettiva l’auto-etica si caratterizza come Etica di Relianza69
, che chiede di
mantenere l’apertura sull’altro, di salvaguardare il senso di identità comune, di
rinsaldare la comprensione dell’altro.
L’etica di relianza (etica per gli altri) comporta l’imperativo di relianza70
, il
riconoscimento71
, la cortesia72
, l’etica della tolleranza73
, della libertà74
, della fedeltà
all’amicizia75
e l’etica dell’amore76
.
prendere la misura alle nostre debolezze. Per essere completo ha bisogno dell’esame dell’altro che deve
combinare con il proprio. Ivi, pp. 84-86. 
63
L’auto esame può realizzarsi solo attraverso l’autocritica per arginare i processi di self-deception e
dell’autogratificazione favorendo in tal modo l’apertura nei confronti dell’altro. L’autocritica porta alla
modestia e all’umiltà, attraverso il riconoscimento dei nostri errori e delle nostre carenze: diventa
un’igiene essenziale che mantiene una coscienza costantemente vigile. . Ivi, pp. 86,87 
64
E’ una necessità permanente di auto-correzione e ci ricorda continuamente che non siamo al centro del
mondo, che non siamo i giudici di tutte le cose. Ci abitua ad assumere il nostro pensiero e ci ricorda che
l’interpretazione è sempre presente in ciò che sembra oggettivo e/o evidente. Essa comporta tre mezzi
etici/fini: la pratica della ricorsione, l’opposizione alla moralina e l’etica dell’onore. Ivi, pp. 87,88 
65
Consiste nel valutare le nostre valutazioni, nel giudicare i nostri giudizi, nel criticare le nostre critiche.
Ci rinforza contro la nostra tendenza a colpevolizzare l’altro, che diventa capro espiatorio. Ivi, pp. 88-89. 
66
La moralina giudica e condanna in virtù di criteri di moralità esteriori o superficiali; trasforma sempre
l’errore altrui in colpa morale e quindi, l’auto-etica, ci chiede di evitare la condanna irrimediabile
dell’altro per una debolezza o un errore della sua vita. Ivi, pp. 89-90. 
67
Nelle morali tradizionali l’onore è determinato dalle norme e dai divieti della società; nell’auto-etica,
l’immagine di sé è personale: è in funzione delle norme che abbiamo personalmente adottato per
preservare il nostro onore (salvaguardia di un’immagine di sé senza colpe). Nella misura in cui, l’auto-
etica, comporta lealtà e responsabilità porta all’etica per gli altri. Ivi, p. 90. 
68
Il concetto di responsabilità richiama sia quello di autonomia personale sia il concetto di solidarietà,
cioè di appartenenza a una comunità. Bisogna quindi assumere la nostra responsabilità verso la nostra vita
e quella nei confronti degli altri. Ivi, p. 91. 
69
Morin E. (2005), op. cit. 
70
L’eccesso di separazione rispetto alla doppia dimensione (egocentrica e altruistica) della natura umana
porta ad effetti perversi: in campo scientifico rende incapaci di legare le conoscenze (principio riduttore e
semplificatore); in campo umano alla svalutazione dei valori di comunità, solidarietà, amicizia ed amore.
La nostra società separa più di quanto leghi ed in tal senso l’imperativo di relianza è diventato un bisogno
31
Il tema della relianza richiama l’ulteriore dimensione dell’auto-etica, quella che
Morin chiama Etica della Comprensione, altra emergenza del nostro tempo
caratterizzato da innumerevoli incomprensioni che provocano disprezzo e odio.
Difatti, nonostante il moltiplicarsi delle comunicazioni e delle interazioni reali e
virtuali, l’individualismo non ha saputo superare veramente le incomprensioni
etniche o religiose e l’egocentrismo ha stimolato le incomprensioni tra individuo e
individuo: la comprensione, infatti, non corrisponde alla comunicazione, ma
necessita sempre di una disposizione soggettiva.
La sfida, dunque, è quella di favorire l’apprendere a comprendere attraverso il
congiungimento dei processi di comprensione oggettiva, soggettiva e complessa.
L’auto-etica, nella dimensione dell’etica della comprensione, ci chiede
soprattutto di comprendere l’incomprensione attraverso le sue origini che sono
molteplici e spesso convergenti: il principio di riduzione, l’errore77
, l’indifferenza78
,
vitale. Come risposta non solo all’individualismo esasperato ma anche alle incertezze e alle angosce della
vita individuale in un contesto di crisi del benessere planetario. Ivi, p. 96 
71
Ciascun essere umano ha il diritto ad essere riconosciuto come tale da un altro soggetto umano.
Pertanto l’etica di relianza si oppone a tutte le messe all’indice e al disprezzo che esclude l’altro dalla
specie umana. Ivi, pp. 96-98. 
72
Tutte le forme di saluto e di cortesia tendono a smorzare l’ostilità potenziale dell’altro perché
manifestano il nostro rispetto e il nostro interesse per la sua persona. Ivi, p. 98. 
73
Bisogna sempre ricordare che: ciascun individuo ha sempre diritto ad esprimere le proprie idee, anche
in modo ignobile affinché il nostro concetto di ignobile non proibisca la parola; il principio democratico
ingiunge a ciascuno di rispettare l’espressione delle idee opposte alle proprie; c’è sempre una verità
inclusa nell’idea antagonista ed è questa verità che va tollerata. In questa prospettiva la tolleranza
attribuisce la supremazia all’argomento, al ragionamento e alla dimostrazione: comporta la sofferenza di
tollerare l’espressione di idee rivoltanti senza rivoltarsi. Ivi, pp. 98-99. 
74
Il nostro agire deve essere orientato ad incrementare nell’altro il maggior numero di scelte possibili. Ivi,
p.99 
75
  La vera amicizia va oltre il legame affettivo: fraternizza o stabilisce un legame etico. Richiama la
regola d’oro di Lichtenberg: «Non giudicare gli uomini per le loro opinioni, ma per quello che le loro
opinioni fanno di loro». Ivi, p.100. 
76
L’amore è l’esperienza fondamentale che lega gli esseri umani, ma bisogna ricordare che il vero amore
considera l’amato come uguale e libero. Per evitare le forze auto-distruttrici dell’amore è necessario
imparare a mantenere accesa la luce della ragione. Ivi, pp. 100-101. 
77
L’errore nella comunicazione umana è una fonte permanente di incomprensione, poiché ogni
conoscenza è interpretazione: traduzione e ricostruzione. Ivi, p. 112 
78
Un vero callo mentale ci rende indifferenti alla sofferenza e alla sfortuna altrui: siamo portati a
rimuovere dalla nostra mente le sfortune vicine come quelle lontane. Ivi, p. 113 
32
l’incomprensione da cultura a cultura79
, la possessione80
, l’egocentrismo e
l’autocentrismo81
, l’astrazione82
, l’accecamento83
, la paura di comprendere84
.
Per lottare contro le radici dell’incomprensione c’è dunque bisogno di un pensiero
complesso e quindi, ancora una volta emerge l’importanza di “lavorare a pensare
bene” e dell’insegnare la comprensione per sviluppare la coscienza degli imprintings
che impediscono il pieno sviluppo del processo. È in questo senso, del lavorare a
pensare bene, che il quadro delineato risulta particolarmente utile alla comprensione
dei livelli di consapevolezza dei rischi e delle potenzialità del lavoro di ricerca
oggetto del presente lavoro di tesi, con riferimento ai livelli interpretativi (visioni e
conclusioni) ed indagativi (approccio complesso) da un lato, e dall’altro dei processi
che hanno portato alla definizione del “perimetro” entro cui ricercare i tratti distintivi
di un agire educativo e formativo finalizzato al successo formativo nell’ottica del
bilancio sociale.
Risulta evidente che non è pensabile, a parere di scrive, limitare l’analisi di
processo ai soli aspetti organizzativi o ai principi generali (sistemi nazionali ed
internazionali più diffusi) e non tener conto in maniera adeguata delle analisi fin qui
riportate e sviluppate, considerando soprattutto che l’intero discorso riguarda le
istituzioni educative che hanno come finalità prioritaria quella di promuovere lo
sviluppo integrato della persona attraverso la definizione di orizzonti di senso,
79
L’imprinting culturale porta l’individuo a riconoscere come valide solo le verità engrammate in lui e
false quelle nate da altri imprinting culturali. Ibidem.  
80
Gli esseri umani tendono ad essere schiavi delle proprie idee, dei propri miti e dei propri dei spesso in
modo inconsapevole, e ciò ci rende incapaci di comprendere coloro che sono posseduti da idee diverse
dalle nostre. Ivi, p. 114. 
81
I processi di self-deception possono portare all’accecamento del male che commettiamo e all’auto-
giustificazione, così come, il porsi al centro del mondo, impedisce la comprensione dell’alterità. Ivi, pp.
114-115. 
82
La razionalità, l’oggettività e la quantificazione, da sole, ignorano la comprensione soggettiva
eliminando dalla loro conoscenza l’umanità dell’umano. Ivi, p. 115 
83
È la risultante dell’azione dei diversi elementi e ci impedisce di sviluppare il pensiero complesso.
Ididem.  
84
La comprensione implica la conoscenza e la consapevolezza dei meccanismi che attiviamo ogni volta
che proviamo odio e disprezziamo. Impone di riconoscere l’umano anche negli autori di misfatti o di
infamie. Genera timore di comprendere per paura di doversi scusare. Ivi, pp. 115-120. 
33
l’elaborazione di piani di intervento coerenti, la strutturazione di politiche inclusive
per favorire lo sviluppo locale e la messa in atto di strategie “riflessive” per
monitorare ed adeguare costantemente il proprio agire in relazione agli esiti delle
stesse e agli input provenienti dall’esterno. In un contesto generale in cui il processo
educativo e formativo, riferito a tutti i soggetti coinvolti, non può non guardare in
ottica prospettica e dare risposte alle “emergenze” della società planetaria. Le
prospettive e le peculiarità del Bilancio sociale non fanno altro che rafforzare tali
convincimenti ed acquisizioni maturate e dedotte dalle esperienze oggetto del lavoro
di tesi.
1.4 La Ricerca Azione Partecipativa (RAP)
A questo punto dell’analisi, si ritiene utile sviluppare il discorso su quale sia
l’approccio metodologico-didattico più funzionale alla realizzazione del processo
formativo nel contesto della società complessa ed in linea con i tratti del paradigma
transdisciplinare.
Per fare ciò bisogna prima richiamare all’attenzione il dibattito sulla
modificabilità umana a partire dal seguente assunto: nella nostra specie il
cambiamento avviene, al nostro interno, nel modo di essere e di pensare ed esprimere
la nostra umanità e, all’esterno, nel modo di trasformare e utilizzare i contesti che
abitiamo. Risulta evidente che nelle modificazioni dell’umano entrano sempre in
gioco due parti, comunque interconnesse: l’azione del soggetto umano e la
retroazione della realtà esterna che innesca nuovi adattamenti personali e collettivi.
Il fondamento della modificabilità umana, dunque, ha due radici: l’una, dettata
dall’ideologia che ne definisce e legittima gli spazi dell’agire trasformativo e,
dunque, è di natura socioculturale e politica; l’altra, determinata dalla specificità
stessa dell’essere umano e, dunque, è di natura biopsichica e spirituale. A partire
34
dagli studi di Reuven Feuerstein e di Vigotskij viene superato ogni approccio
riduzionistico, funzionalistico e deterministico, riconoscendo che il cambiamento
mentale è una proprietà fondamentale della mente stessa, è sua parte costitutiva.
Lavorando sulle sue componenti strutturali la mente può generare cambiamenti
insospettabili. 85
Gli studi delle neuroscienze86
e di altre discipline, inoltre, hanno consentito di
approfondire due ulteriori variabili che risultano sempre più importanti nella
definizione del cambiamento generato dal lavoro della mente umana:
1. il valore cognitivo delle emozioni e la loro interazione con il pensiero;
2. il valore cognitivo della produzione intangibile del sentire e del pensare.
La modificabilità umana è data dunque dall’azione congiunta del sentire e del
pensare; questo potenziale non si esaurisce nelle elaborazioni mentali considerate in
se stesse, ma è basata sulla plasticità della dotazione cerebrale, modellabile nel
tempo. In questo senso tutti gli esseri umani hanno inizialmente lo stesso potenziale,
ma poiché essa passa attraverso la selezione dei segni esterni dell’ambiente,
trasformati in significati interni della mente, ed essa costituisce il patrimonio
tecnologico di ogni società e cultura, sono queste ultime a determinare in maniera
vincolante il potenziale mentale di ogni essere umano che se ne appropria attraverso
l’apprendimento e il suo uso87
.
Dunque, l’intervento educativo formale e non formale può riuscire a realizzare il
cambiamento umano solo se riesce a realizzare la condizione indispensabile:
85
Orefice P. (2009), op. cit.. Per approfondimenti: Feuerstein R. e coll. (1995), Non accettarmi come
sono, Sansoni, Firenze. Di Mauro M. (2001), Nuove metodologie per la formazione, l’integrazione e lo
sviluppo della persona. Una scuola cognitiva per i giovani di domani, Anicia, Roma. Vanini P. ( 2003 ),
Potenziare la mente? Una scommessa possibile. L’apprendimento mediato secondo il metodo Feuerstein.
Vannini Editrice, Gussano. Vygotskij L. (1987), Il processo cognitivo, Bollati Boringhieri, Torino.
86
Negli ultimi anni nuove tecniche funzionali di visualizzazione, come la tomografia a emissione di
positroni (PET), hanno consentito di esplorare con sempre maggiore accuratezza il cervello in azione.
Tali studi hanno consentito di comprendere che la qualità dei nostri ricordi (apprendimenti) dipendono in
primo luogo dal nostro grado di partecipazione e dalle situazioni di contesto (indizi). Schacter D.L.
(2007), op. cit.
87
Orefice P. (2009), op. cit..
35
attraverso adeguate metodologie, tecniche e strumenti riprodurre il processo naturale
della mente e, così facendo, incunearsi tra la sua elaborazione di significati e i
prodotti materiali e immateriali che trova nell’ambiente e che essa stessa contribuisce
a costruire88
.
La metodologia di riferimento è la RAP, in quanto capace di tradurre l’approccio
transdisciplinare in criteriologia multidimensionale in grado di far dialogare
simultaneamente tre componenti fondamentali del cambiamento: la ricerca, l’azione
e la formazione.
La RAP, infatti, attraverso il suo processo complesso integra il metodo indagativo,
il metodo operazionale ed il metodo partecipativo e crea saperi e prodotti materiali e
immateriali che attingono all’ampio potenziale di conoscenza e cambiamento: questa
possibilità è data dal suo incorporare in un unico processo il potenziale razionale (la
ricerca del pensare) e il potenziale senso motorio ed emozionale (la partecipazione
del sentire) per entrare in relazione con la realtà e modificarla (l’agire sentito e
pensato).
Il cambiamento, in tale metodologia, si realizza attraverso ogni programma
educativo che incorpora contemporaneamente il processo indagativo di natura
razionale della mente (metodologia basata sul processo di ricerca), il processo
partecipativo di natura emozionale e senso-motorio della mente (metodologia basata
sul processo di partecipazione), il processo operazionale dell’agire della mente
(metodologia basata sul processo di produzione tecnologica).
Laddove tale integrazione non viene garantita, tra l’educazione formale e non
formale, propria delle agenzie educative, e l’educazione informale assorbita
direttamente dall’appartenenza al sistema sociale, si viene a determinare una
88
Orefice P. (2006), op. cit., pp.12-52
 
36
situazione di difformità: ne consegue che la scuola e le altre agenzie educative rivolte
ai giovani e agli adulti diventano un fattore di scompenso nel sistema sociale, che a
sua volta non riesce ad incanalare i suoi bisogni di sviluppo nel sistema formativo.
La crisi dei sistemi formativi, i cui tratti distintivi emergono anche dagli esiti dei
processi di analisi qualitativa condotti da chi scrive, non può che trovare risposte,
dunque, nella ricollocazione dell’intero dibattito pedagogico e didattico nell’ambito
degli assunti teorici e metodologici delineati in precedenza (paradigma della
transdisciplinarietà, processo formativo, metodologia dello sfoglio e RAP), con
particolare riferimento all’azione educativa non formale e formale con le rispettive
peculiarità e differenze. Assunti che integrano le tre variabili che presiedono al
processo naturale di costruzione delle conoscenze personali: il metodo dell’indagine
proprio del pensiero, il metodo della partecipazione proprio del sentire e il metodo
del fare attraverso i cui domini conoscitivi entrano in relazione con la realtà esterna89
.
Nell’educazione formale e non formale, dunque, al fine di individuare il campo di
azione specifico delle agenzie formative nella logica tripolare del processo
formativo, sarà necessario procedere:
1. allo sfoglio dei bisogni locali che consente di considerare il territorio un
insieme di cui è possibile isolarne le singole parti mantenendone l’identità
funzionale con il tutto;
2. allo sfoglio delle risposte che gli abitanti hanno realizzato in quell’area rispetto
ai bisogni sottesi, definendo così coppie definibili unità empiriche in quanto si
riferisce a una serie di aspetti che rispondono alla stessa classe di fenomeni
(sfoglio della cultura materiale e immateriale del territorio);
3. allo sfoglio del processo formativo attraverso l’analisi del processo di
89
Ibidem.
37
apprendimento e di costruzione di conoscenza, presente nella collettività
locale: i saperi individuali e i saperi collettivi che si sviluppano nella
società locale all’interno della sua cultura materiale e immateriale;
4. alla valorizzazione e al rispetto delle forme locali di espressione dei saperi
per partire da esse al fine di innescare al loro interno processi di
espansione conoscitiva e di capacità dialogica con i saperi esterni.90
Nell’educazione non formale, a livello operativo, bisognerà fare riferimento alle
seguenti fasi:
a) ricognizione di sfondo che ha lo scopo di identificare e valutare dall’inizio le
risorse disponibili e di predisporre le condizioni di operatività in relazione al
contesto (spazi istituzionali, quadro generale dell’agenzia formativa, aree di
interesse della realtà locale, agenzie del territorio);
b) sviluppo del processo formativo, che attraverso il flusso metodologico della
ricerca azione partecipativa, definisce la programmazione del lavoro da
compiere;
c) ricognizione dei saperi d’ingresso: per sagomare le attività formative sulla
situazione in cui si trova inizialmente il processo formativo dei partecipanti al
progetto (brainstorming, focus groups);
d) definizione dell’argomento: operatori e partecipanti mettono a fuoco
l’argomento da sviluppare (tematica locale o lettura locale del “problema”);
e) identificazione del problema: ha lo scopo di trasformare il contenuto del
progetto nella formulazione descrittiva e generale dell’argomento alla
precisazione interrogativa e dettagliata per limitare il campo di indagine,
stimolare l’attività di ricerca ed interpretazione (motivazione e processo
90
Ibidem.
38
logico), indurre la ricomposizione finale dei diversi fattori in una spiegazione
complessiva;
f) decodifica empirica e disciplinare: emersione dei saperi collettivi a cui
attingono i soggetti in formazione su diversi aspetti che costituiscono il
problema per far uscire alla ribalta questi saperi per verificare le conoscenze
che loro hanno attorno al problema scelto e per poter procedere allo sfoglio
empirico del problema che farà emergere, a sua volta, gli aspetti da ricondurre
ai diversi ambiti disciplinari;
g) interpretazione e soluzione del problema: mediante i nuovi saperi disciplinari i
partecipanti elaborano le interpretazioni analitiche e complessive del problema
e formalizzano le loro ipotesi di soluzione attraverso soluzioni espressive a
loro più congeniali (produzione creativa di cultura)91
.
Nell’educazione formale, che si esprime attraverso i percorsi curriculari
dell’istruzione, il nodo centrale è la didattica disciplinare.
L’insegnamento disciplinare, infatti, per essere coerente con la materia che tratta
non può non fare riferimento all’interpretazione maturata in sede di ricerca
scientifica (statuto epistemologico). La questione si pone a qualsiasi livello di
insegnamento in quanto pone il problema della congruenza disciplinare dei contenuti
didattici e l’intollerabilità di trattazioni assunte acriticamente per consuetudine e per
semplice buon senso.
L’utilizzo di una disciplina nell’insegnamento richiede il riferimento agli aspetti
strutturali della stessa pur in una visione critica della loro specificità e della loro
capacità di connessione con altri aspetti disciplinari: negli obiettivi didattici avviene
la loro esplicitazione e nei metodi e tecniche del lavoro didattico la loro
utilizzazione. Questo criterio comporta che il lavoro di insegnamento e di
91
Ibidem.
39
apprendimento segua le procedure proprie del lavoro scientifico: al pari di questo ha
bisogno di trattare gli oggetti di studio, i contenuti della materia, secondo la
prospettiva metodologica propria della disciplina di riferimento.92
Un secondo nodo cruciale è quello relativo alla didattica dell’apprendimento: la
competenza delle conoscenze.
Se si sposta l’asse di osservazione sull’apprendimento dello studente si pone il
problema della costruzione della conoscenza all’interno del suo processo formativo. I
contenuti disciplinari sono fatti di concetti che hanno valore in sé ed in quanto tali,
sono inizialmente estranei ai saperi personali del soggetto che entra in formazione, il
quale pertanto ha bisogno di apprenderli per farli propri. Poiché, come detto in
precedenza, l’apprendimento umano non avviene per semplice trasferimento di
concetti senza mediazioni della mente, è impensabile immaginare che questi ultimi
passino direttamente e sicuramente dal docente allo studente: il problema della
didattica centrata sull’apprendimento è dunque quello di trasformare i contenuti
disciplinari in conoscenze personali. E non basta che la didattica disciplinare riesca a
fare diventare i concetti conoscenze dello studente, in quanto a questo livello le
conoscenze avrebbero un basso gradiente di elaborazione e utilizzazione mentale: le
conoscenze sono chiamate a diventare competenze e ciò si realizza solo quando esse
entrano a far parte di una rete di operazioni mentali articolate che le inserisce in un
tessuto interpretativo e operazionale più vasto.93
Didattica disciplinare e didattica dell’apprendimento, dunque, evidenziano una
relazione molto stretta: l’una e l’altra esprimono un modo di organizzare e finalizzare
concetti/conoscenze che serve da angolatura per osservare parti di realtà e per
operare su di esse cambiamenti. La competenza personale in un dato spaccato
disciplinare, in questo senso, altro non è che la capacità di un singolo soggetto di
92
 Ibidem. 
93
Ibidem.
40
impadronirsi di quel punto di vista, di adottarlo all’interno del proprio modo di
pensare e di utilizzarlo quando pensa e agisce.
A questo punto si pone il problema di come possa essere realizzata l’interazione
tra le due didattiche nell’attività di insegnamento e di apprendimento: la costruzione
della conoscenza competente.
Qui risulta subito evidente il richiamo al problema del processo formativo con le
sue dinamiche: il potenziale conoscitivo dei sensi individua qualcosa nell’ambiente
che attraverso il sistema nervoso periferico passa come informazione centrale del
cervello che ne decodifica gli elementi costitutivi e ne elabora un’interpretazione
immediata (sensazioni ed emozioni) che poi fa spazio ad un’interpretazione
simbolica e riflessiva (idee e concetti); l’una e l’altra interpretazione codificano e
veicolano i significati, a maggiore impronta del sentire o del pensare, attraverso gli
innumerevoli linguaggi umani. Le conoscenze costruite dai singoli hanno dunque un
compito eminentemente funzionale: non hanno valore in sé, ma per quello che
riescono a realizzare per l’uomo, per il suo agire nel mondo.
In conclusione è possibile affermare che le forme migliori della conoscenza
competente sono quelle che maggiormente esprimono, alimentano e gestiscono
(secondo la logica del pendolo) la dimensione del sentire e del pensare94
.
I due rimandi (conoscenza competente e epistemologia disciplinare) aprono il
campo ai macrocriteri che presiedono alla costruzione dei saperi, che permettono alla
didattica integrata di puntare alla formazione della conoscenza competente nello
studente con il supporto delle strutture disciplinari:
1. dimensione indagativa: l’elaborazione dei significati (emozionali e razionali) e
la produzione delle loro forme espressive avvengono attraverso un processo di
94
Ibidem.
41
ricerca che consente di passare da una non-conoscenza ad una conoscenza,
attraverso la valorizzazione del pensiero intuitivo e di quello analitico;
2. dimensione operativa: i significati vengono elaborati per essere usati nelle
diverse attività umane, siano esse di natura più astratta o di natura più pratica.
Attraverso la didattica laboratoriale, la didattica integrata permette il nascere e
il crescere della conoscenza competente;
3. dimensione partecipativa: sono i significati senso motori ed emozionali ad
imprimere di coinvolgimento personale le forme del conoscere: i più grandi
concetti dello sviluppo umano dei popoli e delle nazioni si sono affermati
perché carichi dello spessore emozionale. Il lavoro didattico non può dunque,
trascurare questa qualità profondamente radicata nella conoscenza umana: la
chiamata in causa della soggettività del conoscere dello studente è necessità e
finalità del processo di insegnamento e apprendimento.
Questi tre criteri metodologici, adottati dalla mente nel costruire le sue
conoscenze e competenze, nella Ricerca Azione Partecipativa corrispondono alla
seguente sequenza operativa:
- partire da un problema che rientra nell’esperienza significativa dei soggetti in
formazione;
- decodificare il problema con i saperi, emozionali e razionali, d’uso degli stessi;
- sull’analisi empirica dei saperi d’uso innestare l’analisi secondo il punto di vista
disciplinare;
- montare ipotesi interpretative del problema costruite con i saperi d’uso e con i
saperi disciplinari;
- costruire e verificare applicazioni delle ipotesi interpretative nell’ambito del
problema sentito dagli alunni;
42
- valutare i risultati delle applicazioni a conferma della validità o meno delle
ipotesi risolutive del problema;
- adottare ed utilizzare le soluzioni del problema;
- formalizzare il processo di indagine, di azione e di partecipazione e i risultati
raggiunti.
Per rendere maggiormente comprensibili le sequenze operative si ritiene utile
riportare due esempi di matrice progettuale elaborati coerentemente con il modello
del processo formativo e della RAP (Tabelle 1 e 2). Ciò che preme evidenziare,
innanzitutto, è che entrambi i lavori di gruppo palesano il richiamo costante :
a) all’approccio transdisciplinare (situazione problema-didattica
partecipativa/segmento disciplinare - frammentazione dei saperi);
b) alla centralità del soggetto che apprende (attenzione alle diverse dimensioni
individuali del sentire e del pensare – brainstorming, focus group, blog, ecc..);
c) al rapporto tra i saperi (dialogicità per la valorizzazione dei saperi informali,
formali, non formali);
d) all’apprendimento situato (elaborazione di proposte educative centrate su
situazioni problema);
e) alla metodologia della Ricerca Azione Partecipativa (co-costruzione di
significati, esperienze e apprendimenti);
f) alla valenza formativa della valutazione e alle strategie per la riduzione
dell’ansia in situazioni di apprendimento (riflessività sulle azioni didattiche
messe in atto e sugli esiti – valorizzazione della dimensione del sentire per la
facilitazione dei processi di apprendimento);
g) alla valutazione e certificazione delle competenze (chiarificazione e riflessione
sugli esiti del processo formativo in termini di sviluppo complessivo del
soggetto in formazione);
43
h) all’analisi qualitativa e valutazione di processo (riflessività sulle azioni
didattiche messe in atto e sugli esiti in termini di coerenza con i principi teorici
e metodologici di riferimento).
Così come preme evidenziare, in via preliminare, come l’elaborazione ed il
riferimento a tali matrici favorisca l’esplicitazione delle intenzionalità formative, la
riflessività su di esse in fase attuativa e il ruolo centrale che esse assumono nello
sviluppo di processi di valutazione – autovalutazione quali-quantitativi, a partire da
quello oggetto del presente lavoro di tesi.
TABELLA 1.
Lavoro di gruppo n° 1 - Simulazione di un intervento formativo, con approccio partecipativo, in ambito formale o
non formale indicando i beneficiari.
Ambito Educazione non formale
Tema/focus Laboratorio didattico incentrato sul tema della
Devianza
Beneficiari Ragazzi dai 16 ai 25 anni
Operatori Educatori
Esperto in analisi qualitativa e valutazione di processo
Fase 1 Accoglienza
Presentazione del gruppo - condivisione del
Contratto formativo – analisi degli elementi
raccolti – ricalibrazione progettuale – analisi
qualitativa e valutazione di processo (analisi di
start-up)
Ex ante/Accoglienza
Contatto: presentazione (chi sono/chi
siamo/dico di me)
ricognizione condivisa conoscenze
pregresse dei singoli/gruppo
ricognizione condivisa “visioni”
dei singoli/gruppo
Restituzione/Condivisione guidata
Contratto: presentazione del programma di
attività del laboratorio
ricognizione dei bisogni e delle
aspettative (il laboratorio avrà
successo se: io, il gruppo, il
formatore)
Condivisione delle regole di
convivenza nell’ambito del gruppo di
lavoro
Ricalibrazione progettuale
Restituzione/Condivisione guidata
Metodologie: brainstorming, focus group
Fase 2 Sviluppo delle attività
Input informativi
Laboratori didattici
analisi qualitativa e valutazione di processo
(analisi di medio termine)
In itinere
Interazione: definizione condivisa del concetto
costruzione condivisa della mappa
concettuale
Input informativo: veicolazione dei contenuti ed
esemplificazioni da parte
dell’educatore
Interazione: chiarificazione/confronto
Input informativo: definizione dei compiti
costituzione dei gruppi di
lavoro
Interazione: definizione condivisa dei prodotti
intermedi e del prodotto finale
Laboratori didattici: sviluppo della mappa
concettuale
elaborazione prodotti
44
intermedi
Interazione: presentazione dei prodotti
descrizione del processo
chiarificazione/discussione
Input informativo: sintesi e restituzione
da parte dell’educatore
Verifica/valutazione di medio termine:
Educatore: verifica e valutazione dei livelli di
modificazione cognitiva
verifica e valutazione dei livelli di
modificazione degli aspetti
relazionali
verifica e valutazione dei livelli di
soddisfazione da parte dei beneficiari
Beneficiari: autovalutazione/riflessione
metacognitiva (rispetto al
laboratorio ho appreso…. Sento
che… farò diversamente…
valutazione delle attività
Interazione: condivisione degli esiti
Formulazione di ipotesi
migliorative
Metodologie: brainstorming, focus group,
simulate, lavori di gruppo,
intergruppo
Fase 3 Verifica e valutazione
Presentazione del prodotto - attività di verifica e
valutazione – restituzione e confronto sugli esiti -
analisi qualitativa e valutazione di processo
(analisi finale)
Ex post
Interazione: presentazione del prodotto
Educatore: verifica e valutazione dei livelli di
modificazione cognitiva
verifica e valutazione dei livelli di
modificazione degli aspetti
relazionali
verifica e valutazione dei livelli di
soddisfazione da parte dei beneficiari
Beneficiari: autovalutazione/riflessione
metacognitiva (rispetto al
laboratorio ho appreso…. sento
che… farò diversamente…
valutazione delle attività
Interazione: condivisione degli esiti
Formulazione di ipotesi
migliorative
45
Tabella 2
Lavoro di gruppo n° 2 - Simulazione di una progettazione di intervento formativo, con approccio partecipativo, in
ambito formale o non formale utilizzando le 5 variabili.
Ambito Educazione formale
Disciplina/Argomento Educazione Civica – Il problema dei rifiuti a Napoli
Beneficiari Alunni di scuola media
Operatori Docenti di tutte le discipline
Tempi 1-2 mesi – 2 lezioni settimanali di 2 ore per ciascuna
disciplina
Finalità
Acquisire conoscenze, abitudini e comportamenti
coerenti con il concetto di sviluppo sostenibile
Obiettivi
Conoscenze
Abilità
a) conoscere le problematiche relative allo sviluppo
sostenibile e al ciclo dei rifiuti;
b) acquisire ed utilizzare modalità operative utili ad una
corretta gestione della raccolta differenziata.
Contenuti Lo sviluppo sostenibile
Il ciclo dei rifiuti
La raccolta differenziata
Il caso Napoli
Metodo Didattica partecipativa
Attività Brainstorming esperienziale ed operativo, circle time,
focus group, simulate, lavoro di gruppo, forum tematici
Mezzi Lavagna a fogli mobili, slide, post-it, cartelloni, lim, pc,
schede di riflessione meta cognitiva, schede di
esercitazione, testi
Valutazione In ingresso, a medio termine e finale
46

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  • 1. Capitolo primo IL PROCESSO FORMATIVO: I MUTAMENTI DEI PARADIGMI STORICI 1.1. L’approccio transdisciplinare L’uomo moderno, in contrasto con le “originarie” forme di conoscenza basate sul sentire e sul pensare1 , ha affermato la possibilità della ragione di controllare da sé il processo di indagine e di verificare sperimentalmente come è fatta la realtà, esaltandone i poteri fino ad arrivare alla fede totale nella scienza positiva. Questo passaggio ha segnato anche la rinuncia alla lettura complessiva della realtà e si è concentrata nei suoi segmenti con conseguente allargamento dell’enciclopedia delle discipline e produzione di saperi tecnologici segmentati con cui intervenire su parti della realtà. Ma la frattura più profonda avviene con la separazione della scienza dalla coscienza: il vero si distacca dal giusto in quanto la conoscenza oggettiva non ha coscienza, è neutra. L’esito di tale processo è stata la diffusione di un modello di sviluppo culturale, sociale ed economico alimentato dai paradigmi di una scienza legata soprattutto ad una lettura decontestualizzata della realtà che, al di là degli indiscutibili progressi indotti, è comunque responsabile della crisi del nostro pianeta2 . Seguendo questa prospettiva, la ricerca scientifica ha segmentato la realtà e ha confuso per “oggettività” ciò che è solo l’oggettività del segmento esplorato fuori del contesto: di qui, per esempio, la visione solo economicistica della crescita nelle teorie e nelle pratiche dello sviluppo, prendendo l’abbaglio di confondere quantità produttiva e qualità della vita e dei contesti. 1 Orefice P. (2001), I domini conoscitivi. Origine, natura e sviluppo dei saperi dell’Homo sapiens sapiens, Carocci, Roma. 2 Orefice P. (2011), Pedagogia Sociale, Bruno Mondadori, Milano.   8
  • 2. Tale segmentazione entra in crisi rispetto allo sviluppo delle società nel mondo contemporaneo in cui, da una parte si colloca il problema dello sviluppo della società planetaria e dall’altra il problema dello sviluppo delle innumerevoli società nazionali e locali, che i processi di globalizzazione portano sulla scena mondiale con bisogni ed aspettative profondamente diverse (sviluppo glocale)3 . Si pone così il problema dello sviluppo multiculturale e nello stesso tempo diventa fondamentale interrogarsi: «di quale sviluppo si parla (esseri umani e territori)», «quali ne sono le componenti costitutive», «come queste operano e a beneficio di chi» per poter definire di quale educazione è possibile parlare per gli uomini e le donne del nostro pianeta. Rispetto a tali quesiti, la posizione più avanzata è espressa dall’Integrated Development4 , il cui l’assunto fondamentale è il seguente: poiché i problemi dello sviluppo di una società sono interconnessi, è evidente che i programmi e gli interventi non possono occuparsi dei diversi aspetti costitutivi di quei problemi nella direzione della “qualità sostenibile”5 . In questo approccio, definito integrato, in contrapposizione con il modello di sviluppo precedente basato fondamentalmente sull’accrescimento progressivo e sul 3 Il termine sta ad indicare la relazione esistente tra il problema dello sviluppo della società planetaria (globalizzazione) e il problema dello sviluppo delle innumerevoli società nazionali e locali che gli stessi processi di globalizzazione portano sulla scena mondiale con bisogni ed aspettative profondamente diverse e con conflitti radicati e violenti. Orefice P. (2009), Pedagogia scientifica, Un approccio complesso al cambiamento formativo, Editori Riuniti, Roma.  4 A partire dai primi anni 90, si è manifestato un cambiamento nell’approccio politico allo sviluppo. In precedenza, le politiche di intervento statali e comunitarie erano principalmente caratterizzate come: settoriali (gli interventi riguardavano specifici settori: il manifatturiero, l’agricoltura, i servizi, ecc.); erogate dall’alto; rivolte a singole imprese. Si afferma così una generale propensione, a livello teorico - sociologico ed economico - e politico, ad accogliere positivamente l’idea dello sviluppo endogeno come modalità di azione da seguire : il riconoscimento dell’importanza che i processi sociali locali, e non più solo quelli economici, rivestono per lo sviluppo di un territorio. Per approfondimenti: ISAE (2006), Strumenti per le politiche di sviluppo sostenibile, Franco Angeli, Milano. Stornaiuolo G. (1996), Lo sviluppo endogeno nei modelli territoriali e le politiche di sviluppo regionale, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli 5 Così come riportato negli atti di indirizzo dell’Unione Europea, ci si riferisce alla necessità di investire sul capitale umano (Economia della conoscenza e Società della conoscenza) nell’attuale mondo globale. Orefice P. (2011), op. cit.   9
  • 3. consumo senza freni dei beni materiali, che ha portato a concentrare l’attenzione, gli investimenti e le competenze messe in campo nei programmi di sviluppo internazionali, nazionali e locali, sulle componenti visibili dello sviluppo, si afferma che è egualmente importante investire nel cosiddetto sviluppo immateriale, basato sui saperi immateriali come l’istruzione, l’azione sociale e la cultura. Il danno maggiore del modello basato sull’accrescimento progressivo sta nell’annullare o solo ostacolare i modelli di sviluppo qualitativo che valorizzano le culture originali, privando le società (tradizionali ed egemoni) della possibilità di costruire alternative di sviluppo nella società planetaria, in termini sia di biodiversità sia di diversità culturale6 . In relazione agli assunti fondamentali dell’Integrated Development, il dualismo degli opposti, paradigma dominante, non risulta più coerente con lo sviluppo della società complessa in quanto esso si basa sull’antagonismo di due entità che, ritenute di natura contraria, sono inconciliabili e su alcuni corollari che si pongono in netta contrapposizione con il modello di sviluppo integrato: a) la logica escludente; b) la logica assoluta; c) la logica difensiva. È in questo contesto di crisi che si affermano i paradigmi innovativi dell’indagine epistemologica contemporanea: la razionalità complessa7 , la razionalità autocorreggibile8 , la razionalità empatica9 . 6 Per approfondimenti sull’argomento: Bertoncin M. Pase A. (2008), Pre-Visioni di territorio. Rappresentazioni di scenari territoriali, Franco Angeli, Milano. Di Castri F. & Younès T. (1996), Biodiversity, Science and Development: A New Partnership. CABI Publishing. Eden P., & Vieira M. (2000), Threatened Landscapes: Conserving Cultural Environments, SPON Press, London. Millennium Ecosystem Assessment (2005), Ecosystems and Human Well‐Being: Current State and Trends, Island Press. Padovani L., Carrabba P., Di Giovanni B. (2003), Da Rio a Johannesburg: verso lo sviluppo sostenibile, Energia, Ambiente e Innovazione Anno 49-1. Padovani L., Carrabba P. & Mauro F. (2003), L’approccio ecosistemico: una proposta innovativa per la gestione della biodiversità e del territorio, Energia, Ambiente e Innovazione. Anno 49-1. Orefice P. (2011), op. cit 7 Il principio della gerarchia dei saperi disciplinari viene sostituito dal principio della complementarità dei contributi degli stessi. E’ possibile parlare in tal senso di scienza cooperativa che si alimenta delle connessioni che possono stabilirsi tra i settori disciplinari.  8 Questa capacità di entrare in relazione modifica anche il paradigma della scienza moderna fondata sulla certezza della prova scientifica e sulla stabilità degli assetti disciplinari. Le influenze sempre più forti tra 10
  • 4. Essi condividono il criterio epistemologico della scientificità allargata ed è in questo senso che si determina il passaggio dalla scientificità riduzionistica alla scientificità complessa, definibile anche cooperativa, che trova collocazione nei nuovi scenari della globalizzazione. In tali scenari si interconnettono i fenomeni ambientali, sociali, culturali, economici che incidono profondamente anche sugli assetti mentali e più in generale sulle psicologie dei giovani e degli adulti a livello individuale e collettivo attraverso le nuove tecnologie che avvolgono la vita degli abitanti del pianeta10 . Un passaggio che trova le sue giustificazioni negli studi che la scienza stessa sta svolgendo da alcuni decenni sulla natura e sulla funzione della conoscenza che si sviluppa in modo più completo quando integra la conoscenza del sentire con quella del pensare11 . Ciò implica una prospettiva di senso e di ricerca completamente diversa da quella sviluppatasi nell’era moderna: l’elaborazione più profonda dei significati non si raggiunge quando la ragione si chiude in se stessa e si isola dai contesti, né quando le emozioni e le passioni prendono il sopravvento sulla ragione, ma quando la ragione fenomeni diversi chiedono alle logiche disciplinari di superare la sicurezza degli schematismi razionali e di lasciarsi contagiare da diversi contenuti e metodologie. Tutto ciò non può non avere profonde ricadute negli impianti e nei contenuti formativi dei sistemi di istruzione.  9 L’elaborazione più profonda dei significati della natura, dell’uomo, del mondo si raggiunge quando la ragione non espelle i vissuti emozionali, ma dialoga con essi per cercare di comprendere i significati profondi della realtà che si manifesta nella molteplicità sconfinata delle biodiversità e dei sistemi ecosostenibili. Per questa strada, la conoscenza indispensabile per lo sviluppo di un territorio non è data dai saperi del razionalismo disciplinare ma quelli di una scienza che si mette alla prova rapportandosi con i saperi locali e generando saperi endogeni ecosostenibili: una scienza partecipativa, complessa, auto correttiva.  10 Orefice P. (2011), op. cit  11 Le recenti ricerche sull’evoluzione della mente umana hanno confermato i livelli di costante interazione esistenti tra le forme del sentire, ereditate attraverso il cervello antico dalle precedenti specie viventi (rettili e mammiferi), e le forme del pensare, costruite attraverso l’evoluzione del cervello più complesso con la formazione della neocorteccia: la modificabilità umana è data dunque dall’azione congiunta del potenziale cognitivo del sentire e del pensare ed è basata sulla plasticità della dotazione cerebrale, modellabile nel tempo. Per approfondimenti: Orefice P. (2001), I domini conoscitivi, Carocci, Roma. Orefice P. (2003) La formazione di specie Per la liberazione del potenziale di conoscenza del sentire e del pensare, Guerini e Associati, Milano. Musaio M. (2007) La pedagogia del bello, Franco Angeli, Milano  11
  • 5. dialoga con esse per cercare di comprendere i significati profondi della realtà che si manifesta nella molteplicità delle biodiversità e dei sistemi ecosostenibili12 . È attraverso tale consapevolezza che la conoscenza scientifica si libera dell’equivoco della neutralità della razionalità oggettiva. La nuova scienza ricompone l’unità del conoscere senziente e pensante e si scopre portatrice di una nuova razionalità: la ragione empatica che fonda il lavoro di ricerca, di formazione e di intervento non più sul rapporto tradizionale tra soggetto ricercatore e oggetto da studiare, ma sulla relazione tra soggetti elaboratori di saperi diversi. In questa nuova dimensione le discipline non scompaiono, ma si allargano ai rapporti pluri ed interdisciplinari: attraverso le relazioni aperte tra le discipline si arriva all’epistemologia transdisciplinare. I suoi tre principi13 generali si alimentano reciprocamente: 1. Il principio dell’Esistenza di differenti livelli di realtà, supera la logica della ricerca unidimensionale e rende possibile il secondo principio. 2. Il principio della Logica del Terzo incluso, va oltre la logica classica dell’assioma di non contraddizione pervenendo al terzo principio. 3. Il principio della Complessità, riconosce le parti dell’insieme ed i nessi che le legano. Grazie ad essi l’attraversamento delle discipline tende all’unità della conoscenza e alla comprensione del mondo presente contro ogni barriera e separazione tra le discipline, tra lo studio della natura e lo studio dell’uomo, tra le culture, tra le società e gli esseri umani, tra le parti interne ed esterne dello stesso essere umano. Questa dimensione epistemologica pone il soggetto al centro della nuova logica che attinge al potenziale umano del sentire e del pensare: cadono i dualismi codificati dell’epistemologia moderna, come scienza ed etica, etica ed estetica, 12 Orefice P. (2011), op.cit. 13 Orefice P. (2011), op. cit. 12
  • 6. perché la riconduzione ad unità complessa della conoscenza del soggetto rende relativa l’autonomia dei settori della conoscenza e del cambiamento e ricompone l’unità della coscienza elaborata dalla nostra specie. In questo scenario, l’educazione e la formazione non sono di secondaria importanza: tocca all’“educazione per tutti” i popoli del pianeta e alla “formazione continua” di tutti gli operatori della società facilitare e sostenere la costruzione del processo formativo personale nella direzione della “testa ben fatta”, come sostiene Morin14 . Risulta evidente che anche l’educazione è chiamata ad abbandonare le visioni riduttive e sterili, derivanti dalle teorie della logica degli opposti, che l’hanno indebolita contrapponendo lo sviluppo immateriale allo sviluppo materiale, attingendo anch’essa alle teorie unificatrici dell’esistenza e della vita. Pertanto la ricerca dei nuovi paradigmi educativi non può non tenere presente lo scenario storico e sociale del nuovo millennio: andare oltre le discipline, ma recuperandone le acquisizioni più avanzate; andare oltre le culture, in particolare oltre la logica della cultura egemone, essendo indispensabile nella condizione planetaria la Rete delle culture; andare oltre le nazioni, la cui contrapposizione è insostenibile in una società di diritti e doveri ormai estesa a tutto il pianeta. Gli elementi strutturali e dinamici dell’approccio transdisciplinare, che rappresentano il flusso che viaggia dal soggetto all’ambiente e che segnano i limiti entro cui collocare qualsiasi azione formativa sono i seguenti: 1. lo sviluppo personale e lo sviluppo del contesto sono espressione di un complesso processo di cambiamenti profondamente intrecciati; 14 Morin E. (2001), I sette saperi necessari all’educazione del futuro, Raffaello Cortina Editore, Milano.   13
  • 7. 2. il cambiamento tocca sia le dimensioni tangibili dello sviluppo personale (corpo e corpi) e dello sviluppo del territorio sia le dimensioni intangibili dello sviluppo personale (psiche individuale e collettiva) e dello sviluppo del territorio, considerando che, nell’attuale società dell’ICT, la produzione tecnologica esce dai confini della realtà fenomenologica e diventa realtà virtuale; 3. lo sviluppo personale, basato sulla mente individuale, passa attraverso la produzione dei saperi del sentire (sensazioni ed emozioni) e del pensare (idee), la cui sintesi genera i sentimenti; lo sviluppo del contesto passa attraverso la produzione dei saperi sociali e culturali del sentire e del pensare, che generano i sentimenti delle culture e delle società; 4. la mente individuale e la mente collettiva si incontrano nello scambio dinamico dei saperi individuali e dei saperi collettivi; 5. in tale processo, oltre i segni/significati costruiti dagli esseri umani, entrano in campo anche i segni dell’ambiente naturale, portatori di loro significati impliciti; 6. gli elementi di flusso bidirezionale sono tenuti insieme da sistemi di relazioni dinamiche di diversa natura nei quali i rapporti di potere e i benefici derivanti regolano i tipi di realizzazione personale e di configurazione della società e della cultura15 . L’azione formativa dovrà, quindi, rispondere alle tre grandi condizioni dell’approccio transdisciplinare: 1. individuare i nessi che legano la realtà educativa a tutte le altre realtà presenti nello sviluppo personale e dei contesti; 15 Orefice P. (2011), op. cit. 14
  • 8. 2. individuare la specificità educativa in grado di relazionarsi alle altre dimensioni dello sviluppo; 3. utilizzare la logica del terzo incluso per permettere all’educazione di partecipare alla costruzione dello sviluppo personale e del contesto nella direzione del cambiamento armonico del benessere umano e terrestre; 4. individuare le forme di lavoro degli attori dell’educazione con i soggetti del territorio a fianco agli attori degli altri ambiti della realtà adottando una metodologia complessa. Le risposte ci riconducono a diversi grandi temi che costituiscono l’orizzonte di riferimento per l’intero lavoro di tesi: il processo formativo, la relazione tra i saperi, il rapporto tra educazione informale/formale/non formale, la metodologia della Ricerca Azione Partecipativa16 e le prospettive del Bilancio Sociale17 , di cui si elencano in prima istanza alcuni punti nodali: * la specificità dell’oggetto del cambiamento educativo è il processo formativo presente in ogni essere umano: esso è attivato dal potenziale di conoscenza che consente di elaborare e produrre saperi individuali del sentire e del pensare agli 16 Orefice P. (2006), La ricerca azione partecipativa, Teoria e pratiche, Vol. 1, Liguori Editore, Napoli  17 Il bilancio sociale è il documento che serve a rendere conto, in modo trasparente, delle scelte della scuola verso i propri interlocutori: deve rendere esplicite e comprensibili le finalità, le priorità, gli obiettivi, gli interventi realizzati e i risultati raggiunti. Dopo una presentazione iniziale ed una nota metodologica sul processo di rendicontazione messo in atto, contiene informazioni in merito a: i valori di riferimento e il programma di lavoro (la scuola esplicita la propria identità attraverso i valori, la missione e la visione che orientano la sua azione, chiarisce gli indirizzi che intende perseguire e le priorità di intervento); le politiche e i servizi resi (rende conto del proprio operato nelle diverse aree di intervento e dei risultati conseguiti in relazione agli obiettivi dichiarati); le risorse disponibili e utilizzate (dà conto delle risorse utilizzate e dei risultati conseguiti con la loro gestione). Bisogna inoltre ricordare che la rendicontazione sociale, in quanto strumento di comunicazione, deve rispondere alle esigenze conoscitive dei diversi interlocutori, consentendo loro di comprendere e di valutare. Per approfondimenti: Associazione Treelle (2004), Quali insegnanti per la scuola dell’autonomia? Quaderno n.4, Genova. Boyd W.L. (2004), Are education and efficiency antithetical? Education for democracy vs the “cult of efficiency”, in Journal of Educational Administration, Vol. 42, No. 2. Gori, E. (2004), “Quali prospettive dalla ricerca sulla qualità e l’efficacia della scuola per la costruzione di sistemi di Accountability dell’istruzione”, paper presentato al Convegno internazionale: Institutional Models in Education, Legal Framework & Metodological Aspects for a new approach to the problem of School Governance, Frascati, 6, 7, 8 maggio.   15
  • 9. uomini e alle donne di ogni età, situazione personale, condizione sociale e appartenenza culturale; * la metodologia di analisi è di tipo interdisciplinare in quanto alla definizione del processo formativo concorrono i contributi del più ampio spettro delle scienze della formazione, dalla neurobiologia alla filosofia, dalla psicologia all’antropologia culturale; * attraverso l’azione educativa non formale e formale è possibile mettere in relazione i saperi dell’educazione informale dei soggetti, i saperi dei contesti e i saperi delle discipline, sedimentati e codificati nelle rispettive produzioni materiali e immateriali interessate; * la relazione tra i saperi immateriali e i saperi materiali attraverso la progettualità educativa del terzo incluso permette di superare l’antagonismo conflittuale tra le dimensioni locali, nazionali, regionali e globale e di accompagnare le trasformazioni dei processi formativi nei più ampi cambiamenti della realtà del soggetto e del contesto nella direzione della cultura del cambiamento olistico ed ecologico, non violento e benefico, emancipativo ed inclusivo, interculturale e transculturale, endogeno e sostenibile; * nei sistemi integrati di intervento, la rete degli attori dell’educazione è nello stesso tempo obiettivo strategico e metodologia di lavoro dello sviluppo dei soggetti e dei contesti per realizzare le conoscenze ed i cambiamenti complessi richiesti dal nuovo scenario storico di benessere e di pace; * la metodologia di riferimento è la Ricerca Azione Partecipativa che traduce l’approccio transdisciplinare in criteriologia multidimensionale da adottare nelle diverse azioni dello sviluppo educativo, in opposizione al modello trasmissivo della conoscenza. 16
  • 10. 1.2. Il processo formativo Il processo di formazione umana ha subito profonde modificazioni nell’era della complessità, caratterizzata dall’aumento delle relazioni umane e degli interscambi tra le società oltre che dall’incremento delle conoscenze disponibili e d’uso dentro e tra le società. Questo processo di formazione si è evoluto a due livelli interagenti: quello sociale, che ha investito i saperi e la vita collettiva; quello individuale, che si è espresso attraverso i saperi e lo sviluppo personale. Risulta così evidente che il tipo di sviluppo di una società è in rapporto diretto con il tipo di saperi che essa utilizza e questi hanno il potere di strutturare ed orientare il tipo di sviluppo corrispondente di una società. Allo stesso modo, anche la forma umana è data in maniera determinante dall’interazione tra la costruzione dei significati elaborati dalla sua mente e le forme dei saperi presenti nei contesti che frequenta; per questo tramite, anche il suo sviluppo personale risente direttamente, in modi molto soggettivi, delle forme di sviluppo della sua società.18 Secondo questa ottica, le dimensioni sociali e culturali e biopsichiche non si trovano più in opposizione, ma interagiscono mediante la presenza del “terzo incluso” (il processo formativo di ciascun soggetto) che si caratterizza per la capacità di elaborazione delle forme di saperi e di sviluppo in ciascun soggetto ed in ciascuna società, annullando la tradizionale impostazione oppositiva tra individuo e società. Tale processo formativo di ogni essere umano è definito dal rapporto che egli stabilisce con l’ambiente ed è il processo che presiede alla costruzione ed evoluzione del sistema dei saperi per potere interpretare e trasformare la realtà, attraverso una 18 Orefice P. (2009), Pedagogia scientifica. Un approccio complesso al cambiamento formativo, Editori Riuniti, Roma.  17
  • 11. relazione tripolare dove ogni elemento svolge un’influenza attiva sugli altri due e, nello stesso tempo, è condizionato da essi. Ai vertici del triangolo troviamo: i prodotti materiali della cultura; i prodotti immateriali della cultura; il sistema di apprendimento e della costruzione delle conoscenze19 . I prodotti materiali di una cultura comprendono sia gli artefatti sia le forme di organizzazione della produzione materiale (tecnologia ed economia). Invece i prodotti immateriali sono gli “ideo-etnemi”, cioè tutti gli elementi teorici di una cultura organizzati in sistemi di sensibilità, emozioni, sentimenti, pensieri assunti a base della vita collettiva. Gli elementi teorici, chiamano in causa direttamente il terzo polo in quanto la loro esistenza dipende dalla presenza del soggetto umano che li ha codificati e rimandano al campo della comunicazione, delle cognizioni, delle espressioni e dei valori: il sistema dell’apprendimento e della costruzione delle conoscenze costituisce il motore di cui sono dotati i soggetti per generare, conservare e modificare la produzione culturale all’interno di una società.20 In questo modello, la produzione materiale della cultura esprime il momento della trasformazione della realtà ambientale; la produzione immateriale corrisponde al momento dell’interpretazione di quest’ultima in termini di bagaglio di conoscenze di cui dispone la cultura di una data società. Questo bagaglio di conoscenze, però, si alimenta e si evolve grazie alla presenza dei soggetti che apprendono e, attraverso l’apprendimento, strutturano ed alimentano la propria personalità ed il loro sistema di saperi: in questo processo di apprendimento il soggetto crea i saperi che vanno a 19 Orefice P. (2011), op. cit., pp.6-10  20 Orefice P. (2009), op. cit. 18
  • 12. costituire la produzione immateriale di una cultura e, nello stesso tempo, permettono ed orientano la sua produzione materiale. A questo punto, però, occorre evidenziare che il nostro modo di interpretare la realtà non passa solo attraverso la conoscenza razionale: ci avvaliamo anche della conoscenza senso-motoria ed emozionale. Ogni essere umano, infatti, dispone di un sistema integrato di elaborazione di saperi, che al suo interno si alimenta del potenziale del sentire come quello del pensare e produce saperi senso motori, emozionali e razionali, diversamente bilanciati all’interno del medesimo sistema21 . La prima elaborazione cognitiva genera saperi percettivi, emotivi, fantastici: i sensi sono il primo canale di contatto con la realtà, su cui avviene la prima elaborazione del cervello e della mente. Anche il campo dell’emotività ha un peso enorme nello sviluppo dei saperi, per la sua maggiore incidenza rispetto agli altri saperi ( piacere, interesse, significati emozionali). Si delinea, già a questo punto, una visione educativa che si contrappone in modo evidente al modello trasmissivo ed al modello curriculare, in quanto caratterizzata non solo dalla centralità del soggetto che apprende, ma anche dalla visione olistica che rende evidenti e non secondarie le connessioni con l’intero sistema dei saperi: individuali e collettivi, materiali ed immateriali. Tale visione olistica e transdisciplinare rimanda direttamente ad una dimensione dialogica dell’apprendimento in opposizione a quella “passiva” dei modelli dominanti ed attualmente in crisi. Il paradigma transdisciplinare impone una riflessione anche sui sistemi formativi, tradizionalmente opposti e/o separati.22 21 Orefice P. (2011), op. cit. 22 Ibidem.  19
  • 13. Anche in questo caso il contesto storico ed il quadro generale di sviluppo e di cambiamento sociale e culturale, concorrono a meglio definire gli orizzonti di senso in cui collocare l’intero discorso. Nella nostra società del villaggio globale le differenze stanno diventando la misura dell’umano, per cui il modello emergente di formazione non può non nascere dall’identità della natura umana in quanto tale: sono l’appartenenza alla medesima specie umana e l’identità fondamentale costruita su questa appartenenza a costituire la base di ogni teoria e pratica di formazione23 . Questa prospettiva sta producendo una rivoluzione epocale nei modelli di formazione, come nei modelli di società, ma è anche attivatore di cambiamenti: il nuovo idealtipo esige l’abbandono del modello centrato sulla scuola come unica agenzia di formazione (altro elemento di netta frattura con il modello teorico gentiliano), ed afferma il modello di formazione centrato sull’apprendimento lungo l’intero corso della vita in cui la scuola non viene sminuita ma valorizzata, perché la sua formazione si inserisce nelle sfide del Lifelong Learning, oramai riconosciuto da ogni teorico della formazione ed affermato dalle strategie dell’Unione Europea che ha codificato precisi obiettivi di apprendimento permanente nella costruzione della società della conoscenza.24 La formazione planetaria è diventata, dunque, la nuova agenda nelle teorie e nelle pratiche dell’educazione formale, non formale e informale. Così l’antinomia tradizionale tra istruzione ed educazione informale è oramai archeologia storica per la sua inadeguatezza a generare conoscenze e competenze composite ed avanzate nella società planetaria delle conoscenze che postula la formazione di democrazie avanzate ad alto tasso di conoscenze. 23 Ibidem.  24 Ibidem. 20
  • 14. La logica del Lifelong Learning 25 postula il diritto di tutti gli esseri umani alla produzione di saperi creativi e, quindi, i sistemi formativi non possono continuare a viaggiare come sistemi separati: essi hanno bisogno di integrarsi in una politica ed in una pratica formativa centrate sul pieno sviluppo del capitale umano, fondamentale nell’attuale società planetaria della conoscenza26 . Lungo questa traiettoria occorre innanzitutto superare, dunque, la tradizionale separazione tra i saperi secondo cui, da una parte, c’è la formazione che alimenta la razionalità occidentale e, dall’altra, c’è l’educazione informale, casuale e condizionata, che alimenta i saperi della vita quotidiana a forte impronta emozionale. Questo dualismo è ancora forte: la mancanza di comunicazione e di integrazione fra queste due fondamentali dimensioni del conoscere crea difficoltà rilevanti per lo sviluppo dell’apprendimento permanente nei contesti di vita. In questo senso, le ricerche scientifiche più avanzate delle neuroscienze e della psicologia pongono l’esigenza di approfondire la ricerca sul modello di formazione che consenta l’integrazione tra le conoscenze razionali e le conoscenze emozionali, tra i domini conoscitivi del sentire e del pensare27 . In tal modo genera ed alimenta e facilita nel nostro vissuto personale e nei vissuti sociali e culturali, la ricomposizione dell’unità della soggettività umana al suo interno e nel rapporto con l’alterità. Un processo che è reso più evidente dalla rivoluzione innescata dall’ICT28 che ha investito profondamente i processi formativi, laddove ha reso maggiormente incidente l’educazione informale nella vita individuale e collettiva: si tratta dell’educazione reale e quotidiana senza esplicite 25 Per approfondimenti: Platt W.J. (1972), Faure Report, UNESCO. Freire P. (2002), La pedagogia degli oppressi, EGA Editore, Torino. Lojodice I. (2011), Università, qualità didattica e lifelong learning, Carocci, Roma. Orefice P. (2011), op. cit 26 Ibidem. 27 Orefice P. (2009), op. cit. 28 Ibidem  21
  • 15. finalità ed obiettivi di realizzazione umana. Essa si avvale della capacità naturale dell’essere umano di apprendere, dovunque e comunque. Un processo di ricomposizione rispetto al quale lo stesso sistema di apprendimento formale, basato sulla sequenza lezione-studio-interrogazione, risulta meccanicistico e, soprattutto, mnemonico a fronte delle elaborazioni di significato che si generano attraverso vere e proprie comunità di apprendimento informale in cui un problema viene smontato e compreso dai partecipanti attraverso la forma dialogica e con ritmi di acquisizione su misura.29 Il cambiamento di paradigma e la rivoluzione della scrittura elettronica hanno reso ancora più evidente il fatto che la conoscenza non è più appannaggio della scuola, ma ha superato i confini delle istituzioni ed è diventata bene universale: è la scuola che deve andare incontro alle conoscenze del mondo. Ed è proprio in questo senso che avviene il capovolgimento di baricentro dall’insegnamento all’apprendimento con l’affermazione della pedagogia del soggetto, di qualunque età e condizione, al cui sviluppo umano l’istruzione e l’insegnamento devono rendersi funzionali.30 1.3. I sette saperi per l’educazione del futuro La visione olistica, transdisciplinare, che come già detto rimanda direttamente ad una dimensione dialogica dell’apprendimento in opposizione a quella “passiva” dei modelli dominanti ed attualmente in crisi, impone una serie di riflessioni su quelli che Morin chiama i sette saperi che devono diventare fondamentali negli insegnamenti per permettere di integrare le discipline esistenti e di stimolare gli sviluppi di una conoscenza atta a raccogliere le sfide della nostra vita individuale, culturale e sociale31 . 29 Ibidem. 30  Orefice P. (2009), op. cit.  31 Morin E. (2001), I sette saperi necessari all’educazione del futuro, Raffaello Cortina Editore, Milano. 22
  • 16. I sette saperi o problemi fondamentali da insegnare risultano essere: 1) le cecità della conoscenza: l’errore e l’illusione; 2) i principi di una conoscenza pertinente; 3) insegnare la condizione umana; 4) insegnare l’identità terrestre; 5) affrontare le incertezze; 6) insegnare la comprensione; 7) l’etica del genere umano. Dei sette saperi se ne tracceranno le linee essenziali, riservando maggiore attenzione a quegli aspetti direttamente rapportabili all’altro grande tema posto da Morin: l’auto-etica32 , che riveste particolare importanza per la comprensione dell’approccio qualitativo seguito dal ricercatore durante le diverse attività di analisi di processo33 e delle connessioni esistenti tra tali pratiche e le nuove prospettive delineate dal Bilancio sociale34 . Il primo problema, Le cecità della conoscenza, richiama l’attenzione da porre su ciò che è la conoscenza umana, su ciò che sono i suoi dispositivi, le sue propensioni all’errore e all’illusione e sul fatto che, sorprendentemente, l’educazione, che mira a comunicare conoscenze, non si preoccupi affatto di far conoscere che cosa è conoscere. Da ciò deriva la necessità primaria della conoscenza della conoscenza per preparare ad affrontare i rischi permanenti d’errore e d’illusione: si tratta di rendere in grado ogni mente di affrontare la sfida continua per la lucidità35 . Di introdurre e di potenziare nella formazione e nell’insegnamento lo studio dei caratteri 32 Morin E. (2005), Il metodo 6. Etica, Raffaello Cortina Editore, Milano  33 Già nel 2002, durante la presentazione degli esiti della sperimentazione didattica “La metodologia enattiva e la didattica non lineare” alla Fiera Internazionale del Libro per Ragazzi di Bologna (10-13 Aprile - Padiglione MIUR “Nel paese della scuola: una scuola per crescere”) rispetto al grande interesse mostrato dagli esperti di settore per le scelte operate, gli esiti raggiunti e gli strumenti predisposti, si è avuto modo di sottolineare come tutte le azioni messe in atto (formazione, didattica d’aula, contratti formativi, strumenti di monitoraggio) mostravano con evidenza un dato estremamente significativo: senza una reale e completa disponibilità dei singoli operatori scolastici a mettere in gioco le proprie visioni e routine, in coerenza con i nuovi scenari planetari di senso, qualsiasi processo di innovazione metodologica e didattica, anche il più avanzato, è destinato ad esiti parziali. È in questo senso che il discorso sull’auto-etica assume maggiore rilevanza ai fini della ricerca.  34 Elemento fondamentale del bilancio sociale è il processo che porta alla sua realizzazione. La qualità del processo di rendicontazione incide direttamente sulla capacità del documento di rispondere alle esigenze conoscitive dei diversi interlocutori e di costruire con essi un dialogo permanente, dando piena attuazione al principio della responsabilità sociale. Cfr. Direttiva del Ministro della Funzione Pubblica del 17 febbraio 2006 sulla rendicontazione sociale nelle Amministrazioni Pubbliche.  35 Morin E. (2001), op. cit. p.11. 23
  • 17. cerebrali, mentali, culturali della conoscenza umana, dei suoi processi e delle disposizioni psichiche e culturali che la inducono a rischiare l’errore36 . Compito dell’educazione è quello di far comprendere che, nella conoscenza, le attività auto-osservatrici devono essere inseparabili dalle critiche, così come le autocritiche inseparabili dalle critiche, e che nella ricerca di verità è necessaria l’elaborazione di punti di vista che permettano la riflessività e l’essere continuamente in allerta per tentare di individuare la menzogna nei confronti di noi stessi. Il secondo tema, I principi di una conoscenza pertinente, pone la questione della promozione di una conoscenza capace di cogliere i problemi globali e fondamentali per inscrivere in essi le conoscenze parziali e locali a partire dalla consapevolezza che la supremazia di una conoscenza frammentata nelle diverse discipline rende spesso incapaci di effettuare il legame tra le parti e le totalità. Di conseguenza, la necessità di sviluppare l’attitudine naturale della mente umana a situare tutte le informazioni in un contesto37 ed in un insieme, insegnando metodi che permettano di cogliere le mutue relazioni e le influenze reciproche tra le parti e il tutto in un mondo complesso. In questo senso occorre tener sempre presente lo stretto legame tra il sapere ed il dovere che deve essere continuamente assicurato, in quanto l’etica della conoscenza comporta la lotta contro l’accecamento, l’illusione ed il riconoscimento delle 36 Ci si riferisce ai processi di self-deception (selezione inconscia dei ricordi vantaggiosi); alla logica organizzatrice di ogni sistema di idee che tende ad opporre resistenza all’informazione che non può integrare; alla razionalizzazione intesa come sistema logico perfetto fondato sulla deduzione o sull’induzione chiuso, però, alla contestazione degli argomenti e alla verifica empirica; all’ecologia dell’azione che indica come ogni azione sfugga sempre più alla volontà del suo autore nella misura in cui entra nel gioco di inter-retro-azioni dell’ambiente in cui interviene, rischiando non solo il fallimento ma anche la deviazione del suo senso; agli accecamenti paradigmatici, all’imprinting culturale, alla normalizzazione ed alla noologia (possessione): le credenze e le idee non sono solo prodotti della mente, ma sono anche esseri mentali che hanno vita e potenza e che possono possederci.   37 Le esperienze vengono codificate dalle reti cerebrali dotate di collegamenti già formati dai precedenti incontri con il mondo. Le conoscenze preesistenti influenzano notevolmente la codificazione e l’immagazzinamento dei nuovi ricordi, contribuendo in tal modo alla natura, alla composizione e alla qualità di quanto ricorderemo in quel momento. Cfr. Schacter D.L. (2007), Alla ricerca della memoria, Il cervello, la mente e il passato, Biblioteca Einaudi, Torino  24
  • 18. incertezze e delle contraddizioni: il principio di coscienza intellettuale deve illuminare il principio di coscienza morale38 . Si definisce così la necessità di una riforma del pensiero e dell’educazione che miri a superare le caratteristiche del “pensare male”39 rendendo espliciti i criteri del “lavorare a pensare bene”40 . Il terzo problema, Insegnare la condizione umana, stimola la riflessione sull’unicità dell’essere umano che è nello stesso tempo fisico, biologico, psichico, culturale, sociale e storico. Un’unità complessa che non trova corrispondenza nell’insegnamento e nella parcellizzazione disciplinare. Ciò impedisce di prendere coscienza sia del carattere complesso della propria identità sia dell’identità che ha in comune con tutti gli altri umani41 . Dunque, la condizione umana dovrebbe essere oggetto di ogni insegnamento, a partire dalle discipline attuali riunendo ed organizzando le “conoscenze disperse”, mostrando il legame indissolubile tra l’unità e la diversità di tutto ciò che è umano. Il riferimento all’uni-dualità dell’umano42 , agli anelli cervello-mente-cultura43 , ragione-affetto-pulsione44 , individuo-società-specie45 ed all’Unitas Multiplex46 , porta 38 Morin E. (2005), op. cit.   39 Il “pensare male” fraziona le conoscenze; tende ad ignorare i contesti; obbedisce al paradigma di semplificazione che impone il principio di disgiunzione e/o il principio di riduzione che impedisce di concepire i legami di una conoscenza con il suo contesto e con l’insieme di cui fa parte; vede solo l’unità o la diversità, ma non l’unità della diversità e la diversità nell’unità; è cieco nei confronti del soggetto individuale e della coscienza, cosa che atrofizza la conoscenza e ignora la morale; esclude la comprensione umana. Cfr. Morin E. (2005), op. cit., pp. 50,51  40 Il “lavorare a pensare bene” abbandona il punto di vista parziale delle discipline separate e cerca una conoscenza transdisciplinare; comporta un metodo per trattare la complessità; riconosce la molteplicità nell’unità, l’unità nella molteplicità; riconosce i contesti e i complessi e permette quindi di inscrivere l’azione morale nell’ecologia dell’azione; concepisce una razionalità aperta; riconosce ed affronta incertezze e contraddizioni; si sforza di concepire le solidarietà tra gli elementi di un tutto, e con ciò tende a suscitare una coscienza di solidarietà; riconosce le forze di accecamento o di illusione della mente umana; porta a combattere la moralina che riduce l’altro al suo peggiore aspetto o al momento peggiore della sua vita; si sforza di concepire l’era planetaria e quindi di inscrivere concretamente la solidarietà e la responsabilità umane nell’idea di Terra-Patria e rigenerare un umanesimo. Cfr. Morin E. (2005), op. cit., pp. 51-55.  41 Morin E. (2001), op. cit. 42 L’umano è un essere nel contempo pienamente biologico e pienamente culturale, che porta in sé questa uni dualità originaria. Unidualità che esprime in modo ipertrofico le qualità egocentriche e altruiste dell’individuo. Morin E. (2001), op. cit.  25
  • 19. a considerare come sia centrale per l’educazione l’esame e lo studio della complessità umana finalizzato a favorire la presa di coscienza/conoscenza della condizione comune a tutti gli umani e della necessaria diversità degli individui, dei popoli e delle culture, e infine del «nostro radicamento come cittadini della Terra»47 . Il quarto tema, Insegnare l’identità terrestre, affronta le problematiche inerenti il destino planetario del genere umano come realtà fondamentale ignorata dall’insegnamento. Da ciò scaturisce la necessità di insegnare la storia dell’era planetaria, che inizia nel XVI secolo con la comunicazione tra tutti i continenti, e di mostrare come tutte le parti del mondo siano divenute inter-solidali, senza nascondere gli eventi che hanno devastato e continuano a devastare l’umanità: si tratta di rendere evidente come tutti gli esseri umani vivano una stessa comunità di destino messi a confronto con gli stessi problemi di vita e di morte. Un processo centrato sulla consapevolezza che la comunità umana pur essendo estremamente concreta nell’era planetaria, non è ancora vissuta come tale sia perché è una “comunità di destino” sia perché l’interdipendenza tecnica o commerciale non crea la solidarietà e la comprensione, elementi cardini della comunità umana: 43 L’anello cervello-mente-cultura evidenzia il processo di realizzazione dell’uomo come essere pienamente umano attraverso la cultura e nella cultura: non c’è cultura senza cervello umano (apparato biologico), ma non c’è mente (capacità di coscienza e pensiero) senza cultura. Morin E. (2001), op. cit.  44 L’anello ragione-affetto-pulsione rimanda alla concezione triunica del cervello (Mac Lean), secondo la quale il cervello umano integra in sé il paleoencefalo (fonte delle pulsioni primarie), il mesencefalo (in cui l’ippocampo sembra legare lo sviluppo dell’affettività a quello della memoria a lungo termine) e la corteccia (sede delle capacità analitiche, logiche, strategiche che la cultura consente di attuare pienamente). Si palesa così un altro aspetto della complessità umana, che integra l’animalità nell’umanità e l’umanità nell’animalità, con la conseguente consapevolezza che la razionalità è solo un’istanza concorrente ed antagonista alle altre istanze di una triade inseparabile. Morin E. (2001), op. cit.  45 L’anello individuo-società-specie rende esplicito il processo interattivo della specie umana. Gli individui sono i prodotti del processo riproduttivo della specie umana, che a sua volta deve essere prodotto da due individui; le interazioni tra individui producono la società e questa, attraverso la cultura, retroagisce sugli individui. Sono la cultura e la società che permettono la realizzazione degli individui, e sono le interazioni fra individui che permettono il perpetuarsi della cultura e l’auto-organizzazione della società. Morin E. (2001), op. cit.  46 Il concetto di Unitas Multiplex pone all’educazione la necessità di fare in modo che l’idea di unità della specie umana non cancelli l’idea della sua diversità e viceversa: i caratteri comuni e la singolarità degli individui (campo individuale), l’unità-diversità delle lingue, delle organizzazioni sociali e delle culture (campo sociale), l’unità-diversità della cultura e delle culture (campo culturale). Morin E. (2001), op. cit.  47 Ivi, p. 62. 26
  • 20. l’accumulo delle informazioni non crea la conoscenza e l’accumulo delle conoscenze non crea la comprensione48 . Si tratta, dunque, per l’educazione di stimolare una riforma del pensiero a partire da quelli che lo stesso Morin definisce i nove comandamenti49 . Il quinto argomento, Affrontare le incertezze, richiama l’attenzione sulle contraddizioni di una Scienza che ha fatto acquisire molte certezze che però, nel corso del XX secolo, hanno posto in evidenza numerosi campi d’incertezza. Sono proprio queste “incertezze” che dovrebbero diventare oggetto di insegnamento, stimolando la conoscenza e la riflessione sui principi di strategia che permettano di affrontare i rischi , l’inatteso e l’incerto e di modificarne l’evoluzione grazie alle informazioni acquisite nel corso dell’azione. Anche in questo caso il riferimento all’incertezza storica50 , alla dialogica ordine-disordine-organizzazione51 , all’incertezza della conoscenza52 e del reale53 , all’ecologia dell’azione54 , che 48 Morin E. (2005), op. cit.  49 1) Presa di coscienza dell’identità umana comune attraverso le diversità individuali, culturali, linguistiche; 2) della comunità di destino che lega ogni destino umano a quello del pianeta; 3) che le relazioni umane sono devastate dall’incomprensione, e che noi dobbiamo educarci alla comprensione di tutti gli individui; 4) della finitezza umana nel cosmo, con definizione dei limiti della sua espansione materiale e correlativo sviluppo psichico, morale e spirituale; 5) presa di coscienza ecologica della nostra condizione terrestre; 6) della necessità vitale del duplice pilotaggio del pianeta: cosciente e riflessivo dell’umanità e quello eco-organizzatore inconscio della natura; 7) civica planetaria, cioè della responsabilità e della solidarietà nei confronti dei figli della Terra; 8) del prolungamento nel futuro dell’etica della responsabilità e della responsabilità con i nostri discendenti, da cui la necessità di una coscienza capace di mirare in alto e lontano nello spazio e nel tempo; 9) la presa di coscienza della Terra- Partia come comunità di destino/di origine/di perdizione. Morin E. (2005), op. cit.  50 La presa di coscienza dell’incertezza storica si compie con il crollo del mito del progresso, percepito soprattutto come incerto in modo più evidente se rapportato all’accelerazione dei processi complessi dell’era planetaria.  51 Alla fine del XX secolo, siamo stati costretti ad abbandonare l’idea di un universo ordinato, perfetto, eterno per quella di un universo nato nella radiazione, in divenire, dispersivo, nel quale gli elementi della triade dialogica, ordine-disordine-organizzazione, giocano un ruolo che è nello stesso tempo complementare, concorrente e antagonista: l’epopea cosmica dell’organizzazione, soggetta continuamente alle forze di disorganizzazione e di dispersione, è anche l’epopea della “relianza” che da sola ha impedito al cosmo di disperdersi o di svanire appena nato. Facciamo dunque parte del destino cosmico e ciò ci impone di ricorda re che: la vita si è sviluppata non solo in specie diverse, ma anche in ecosistemi nei quali le predazioni ed i divoramenti hanno costituito la catena della vita e della morte. Dobbiamo quindi riconoscere la nostra identità terrestre, molto fisica e molto biologica. Morin E. (2005), op. cit.  52 Il mondo umano, messo ovunque a confronto con le incertezze, è trascinato in una nuova avventura che ci impone di imparare ad affrontare l’incertezza: è compito dell’educazione riconoscere e far riconoscere le incertezze legate alla conoscenza tenendo presenti i seguenti principi: a) il principio di incertezza cerebro-mentale che deriva dal processo di traduzione/ricostruzione proprio di ogni conoscenza; b) il 27
  • 21. comporta quattro principi di incertezza, porta a definire le strategie utili ad affrontare le incertezze dell’esistenza: scelta meditata di una decisione, coscienza della scommessa, elaborazione di una strategia che tenga conto delle complessità inerenti alle proprie finalità, che possa modificarsi in corso d’azione, in funzione dei casi, delle informazioni, dei cambiamenti di contesto, e che possa prendere in considerazione l’eventuale siluramento dell’azione che avesse imboccato un corso dannoso55 . Il penultimo tema, Insegnare la comprensione, invita a riflettere sull’assenza dagli insegnamenti dell’educazione alla comprensione, nonostante essa sia il mezzo ed il fine della comunicazione umana. L’educazione alla comprensione richiede una riforma delle mentalità e lo studio dell’incomprensione nelle sue modalità e nei suoi effetti: razzismi, xenofobie, disprezzo costituendo anche una delle basi per l’educazione alla pace. principio di incertezza logica per cui, come sostiene Pascal, “Né la contraddizione è contrassegnata da falsità, né la contraddizione è contrassegnata da verità”; Morin E. (2005), op. cit. c) il principio di incertezza razionale, poiché la razionalità, se non mantiene la vigilanza autocritica, sfocia nella razionalizzazione (sistema chiuso, autoreferenziale); d) il principio di incertezza psicologica, derivante dall’impossibilità di essere totalmente consapevoli di ciò che accade nella nostra mente, la quale conserva sempre qualche cosa di fondamentalmente incosciente; Morin E. (2005), op. cit.  53 Le esperienze (i ricordi) sono registrazioni di come abbiamo vissuto un evento, non repliche esatte dell’evento stesso. Schacter D.L. (2007), Alla ricerca della memoria, Il cervello, la mente e il passato, Biblioteca Einaudi, Torino 54 L’azione è decisione, scelta, ma è anche scommessa ed è proprio in questo concetto che vi è la coscienza del rischio e dell’incertezza. E’ a questo livello che interviene l’ecologia dell’azione: l’azione tende a sfuggire alle intenzioni di chi la mette in atto; entra in un universo di interazioni e, alla fine, è l’ambiente stesso che se ne impossessa ed essa può divenire contraria all’intenzione iniziale. I quattro principi di incertezza sono: 1) anello rischio-precauzione (per ogni azione intrapresa vi è contraddizione tra i due principi essendo sia l’uno sia l’altro necessari); 2) anello fini-mezzi ( a causa della loro inter- retro-azione è pressoché inevitabile che mezzi ignobili al servizio di fini nobili pervertano questi ultimi e viceversa); 3) anello azione-contesto (ogni azione sfugge alla volontà del suo autore entrando nel gioco delle inter-retro-azioni dell’ambiente in cui interviene; 4) l’ imprevedibilità a lungo termine (se non è mai certo che un’azione operi nel senso dell’intenzione da cui è nata, bisogna ricorrere alla scommessa e non all’inazione, che riconosce i rischi e alla strategia che permette di modificare/annullare l’azione intrapresa). Morin E. (2005), op. cit.  55 Morin E. (2001), op. cit. pp.81-92.  28
  • 22. «Ma come apprendere a comprendere?» Secondo Morin sono tre i processi che devono essere congiunti per generare la comprensione umana: la comprensione oggettiva56 , la comprensione intersoggettiva57 e la comprensione complessa58 . I tre processi impediscono di ridurre l’altro ad un solo tratto; consentono di considerare l’individuo nella sua multidimensionalità evitando di incorrere nell’errore intellettuale di ridurre un tutto complesso a uno solo dei suoi componenti; ci consentono di riconoscere i contesti culturali e di comprendere i pensieri e le azioni degli individui appartenenti a differenti culture; di comprendere l’incidenza delle circostanze eccezionali, che possono far emergere le potenzialità virtuali (positive e/o negative) che ciascun individuo porta in sé e che non verrebbero mai alla luce nella vita normale. Il settimo tema, L’etica del genere umano, completa il disegno complessivo di riforma dell’insegnamento mediante la produzione di un’«antropo-etica» capace di riconoscere il carattere ternario della condizione umana, che consiste nell’essere contemporaneamente individuo, specie, società e che richiede la democrazia (reciproco controllo individuo-società) e la solidarietà terrestre (rapporto individuo- specie)59 . In tal senso richiede di orientare l’insegnamento al potenziamento integrato delle autonomie individuali, delle partecipazioni comunitarie e della coscienza di appartenere alla specie umana, con due principali finalità: rafforzare i processi di partecipazione democratica e di cittadinanza attiva; portare a compimento l’Umanità 56 La comprensione oggettiva o intellettuale passa attraverso l’intelligibilità e la spiegazione. Considera come oggetto ciò che si deve conoscere per applicarvi tutti i mezzi oggettivi di conoscenza. Ivi, p. 98.  57 La comprensione umana (intersoggettiva) va oltre la spiegazione: comporta una conoscenza da soggetto a soggetto. L’altro non è soltanto concepito oggettivamente, ma come alter ego e ciò implica un processo di empatia, di identificazione e proiezione. Ivi, pp.98-99.  58 La conoscenza/coscienza dei processi che ostacolano la comprensione umana (egocentrismo, auto giustificazione, self-deception) a partire dallo spirito riduttore e semplificatore riportano l’attenzione sulla necessità di riconoscere la multidimensionalità/complessità dell’essere umano per il miglioramento delle relazioni tra gli individui, fra gruppi, popoli e nazioni. Ivi, pp.99-110.  59 Ibidem.  29
  • 23. come comunità planetaria, mediante una presa di coscienza che si traduca in volontà di realizzare la cittadinanza terrestre. Rispetto al quadro teorico complessivo delineato e ai relativi orizzonti di senso, dovrebbe risultare chiaro il perché il tema dell’auto-etica (della coscienza della complessità dei processi coinvolti, delle incertezze, degli errori e della decisione personale) assuma un ruolo centrale nel complessivo discorso sulle finalità dei sistemi educativi, dei sistemi di analisi qualitativa e di bilancio sociale centrati sulla responsabilità, sulla riflessività e sulla rendicontazione sociale intesa come elemento propulsivo per la valorizzazione dei saperi e dei bisogni locali. È infatti importante ricordare che l’individualismo della nostra civiltà è il risultato del processo storico dell’emancipazione di massa60 , che pone, nel bene e nel male, la responsabilità dei nostri atti in noi stessi. Del resto il problema etico centrale per ogni individuo, è quello della propria barbarie interiore rispetto alla quale l’auto-etica costituisce una vera cultura psichica. «L’auto-etica è innanzitutto un’etica di sé a sé, che sfocia naturalmente in un’etica per l’altro»61 . Essa richiede nello stesso tempo di “lavorare a pensare bene” e “a pensarsi bene”; l’integrazione dell’osservatore nella sua osservazione, il ritorno su di sé per oggettivarsi: comprendersi e correggersi costituiscono nello stesso tempo un principio del pensiero ed una necessità etica. In tale dimensione, quella che Morin definisce come cultura psichica, comporta: l’autoesame62 , l’autocritica63 , la cultura psichica64 , la pratica della ricorsione etica65 , la lotta contro la moralina66 , l’etica dell’onore67 , la presa in carico responsabile68 . 60 Ehrenberg A. (1999) , La fatica di essere se stessi, Einaudi, Torino  61 Morin E. (2005), op. cit, p.83.  62 Il soggetto deve elaborare un meta punto di vista che gli permetta di considerare se stesso e di agire pazientemente su di sé, sviluppando un lungo lavoro di radicamento della riflessività. L’auto-esame permanente ci permette di decentrarci nei confronti di noi stessi, di riconoscere il nostro egocentrismo e di 30
  • 24. Nello stesso tempo non bisogna trascurare il fatto che l’essere umano percepisce l’altro come un individuo nello stesso tempo diverso da lui e simile a lui. Quando appare come simile porta in sé una potenzialità fraterna; al contrario porta in sé una potenzialità ostile. Ciò rimanda al concetto della doppia dimensione del soggetto umano caratterizzata da quella egocentrica e da quella altruista: il rigetto dell’altro fuori dall’identità comune produce la chiusura egocentrica mentre l’inclusione produce l’apertura altruista e allo stesso tempo è da questa prodotta. In tale prospettiva l’auto-etica si caratterizza come Etica di Relianza69 , che chiede di mantenere l’apertura sull’altro, di salvaguardare il senso di identità comune, di rinsaldare la comprensione dell’altro. L’etica di relianza (etica per gli altri) comporta l’imperativo di relianza70 , il riconoscimento71 , la cortesia72 , l’etica della tolleranza73 , della libertà74 , della fedeltà all’amicizia75 e l’etica dell’amore76 . prendere la misura alle nostre debolezze. Per essere completo ha bisogno dell’esame dell’altro che deve combinare con il proprio. Ivi, pp. 84-86.  63 L’auto esame può realizzarsi solo attraverso l’autocritica per arginare i processi di self-deception e dell’autogratificazione favorendo in tal modo l’apertura nei confronti dell’altro. L’autocritica porta alla modestia e all’umiltà, attraverso il riconoscimento dei nostri errori e delle nostre carenze: diventa un’igiene essenziale che mantiene una coscienza costantemente vigile. . Ivi, pp. 86,87  64 E’ una necessità permanente di auto-correzione e ci ricorda continuamente che non siamo al centro del mondo, che non siamo i giudici di tutte le cose. Ci abitua ad assumere il nostro pensiero e ci ricorda che l’interpretazione è sempre presente in ciò che sembra oggettivo e/o evidente. Essa comporta tre mezzi etici/fini: la pratica della ricorsione, l’opposizione alla moralina e l’etica dell’onore. Ivi, pp. 87,88  65 Consiste nel valutare le nostre valutazioni, nel giudicare i nostri giudizi, nel criticare le nostre critiche. Ci rinforza contro la nostra tendenza a colpevolizzare l’altro, che diventa capro espiatorio. Ivi, pp. 88-89.  66 La moralina giudica e condanna in virtù di criteri di moralità esteriori o superficiali; trasforma sempre l’errore altrui in colpa morale e quindi, l’auto-etica, ci chiede di evitare la condanna irrimediabile dell’altro per una debolezza o un errore della sua vita. Ivi, pp. 89-90.  67 Nelle morali tradizionali l’onore è determinato dalle norme e dai divieti della società; nell’auto-etica, l’immagine di sé è personale: è in funzione delle norme che abbiamo personalmente adottato per preservare il nostro onore (salvaguardia di un’immagine di sé senza colpe). Nella misura in cui, l’auto- etica, comporta lealtà e responsabilità porta all’etica per gli altri. Ivi, p. 90.  68 Il concetto di responsabilità richiama sia quello di autonomia personale sia il concetto di solidarietà, cioè di appartenenza a una comunità. Bisogna quindi assumere la nostra responsabilità verso la nostra vita e quella nei confronti degli altri. Ivi, p. 91.  69 Morin E. (2005), op. cit.  70 L’eccesso di separazione rispetto alla doppia dimensione (egocentrica e altruistica) della natura umana porta ad effetti perversi: in campo scientifico rende incapaci di legare le conoscenze (principio riduttore e semplificatore); in campo umano alla svalutazione dei valori di comunità, solidarietà, amicizia ed amore. La nostra società separa più di quanto leghi ed in tal senso l’imperativo di relianza è diventato un bisogno 31
  • 25. Il tema della relianza richiama l’ulteriore dimensione dell’auto-etica, quella che Morin chiama Etica della Comprensione, altra emergenza del nostro tempo caratterizzato da innumerevoli incomprensioni che provocano disprezzo e odio. Difatti, nonostante il moltiplicarsi delle comunicazioni e delle interazioni reali e virtuali, l’individualismo non ha saputo superare veramente le incomprensioni etniche o religiose e l’egocentrismo ha stimolato le incomprensioni tra individuo e individuo: la comprensione, infatti, non corrisponde alla comunicazione, ma necessita sempre di una disposizione soggettiva. La sfida, dunque, è quella di favorire l’apprendere a comprendere attraverso il congiungimento dei processi di comprensione oggettiva, soggettiva e complessa. L’auto-etica, nella dimensione dell’etica della comprensione, ci chiede soprattutto di comprendere l’incomprensione attraverso le sue origini che sono molteplici e spesso convergenti: il principio di riduzione, l’errore77 , l’indifferenza78 , vitale. Come risposta non solo all’individualismo esasperato ma anche alle incertezze e alle angosce della vita individuale in un contesto di crisi del benessere planetario. Ivi, p. 96  71 Ciascun essere umano ha il diritto ad essere riconosciuto come tale da un altro soggetto umano. Pertanto l’etica di relianza si oppone a tutte le messe all’indice e al disprezzo che esclude l’altro dalla specie umana. Ivi, pp. 96-98.  72 Tutte le forme di saluto e di cortesia tendono a smorzare l’ostilità potenziale dell’altro perché manifestano il nostro rispetto e il nostro interesse per la sua persona. Ivi, p. 98.  73 Bisogna sempre ricordare che: ciascun individuo ha sempre diritto ad esprimere le proprie idee, anche in modo ignobile affinché il nostro concetto di ignobile non proibisca la parola; il principio democratico ingiunge a ciascuno di rispettare l’espressione delle idee opposte alle proprie; c’è sempre una verità inclusa nell’idea antagonista ed è questa verità che va tollerata. In questa prospettiva la tolleranza attribuisce la supremazia all’argomento, al ragionamento e alla dimostrazione: comporta la sofferenza di tollerare l’espressione di idee rivoltanti senza rivoltarsi. Ivi, pp. 98-99.  74 Il nostro agire deve essere orientato ad incrementare nell’altro il maggior numero di scelte possibili. Ivi, p.99  75   La vera amicizia va oltre il legame affettivo: fraternizza o stabilisce un legame etico. Richiama la regola d’oro di Lichtenberg: «Non giudicare gli uomini per le loro opinioni, ma per quello che le loro opinioni fanno di loro». Ivi, p.100.  76 L’amore è l’esperienza fondamentale che lega gli esseri umani, ma bisogna ricordare che il vero amore considera l’amato come uguale e libero. Per evitare le forze auto-distruttrici dell’amore è necessario imparare a mantenere accesa la luce della ragione. Ivi, pp. 100-101.  77 L’errore nella comunicazione umana è una fonte permanente di incomprensione, poiché ogni conoscenza è interpretazione: traduzione e ricostruzione. Ivi, p. 112  78 Un vero callo mentale ci rende indifferenti alla sofferenza e alla sfortuna altrui: siamo portati a rimuovere dalla nostra mente le sfortune vicine come quelle lontane. Ivi, p. 113  32
  • 26. l’incomprensione da cultura a cultura79 , la possessione80 , l’egocentrismo e l’autocentrismo81 , l’astrazione82 , l’accecamento83 , la paura di comprendere84 . Per lottare contro le radici dell’incomprensione c’è dunque bisogno di un pensiero complesso e quindi, ancora una volta emerge l’importanza di “lavorare a pensare bene” e dell’insegnare la comprensione per sviluppare la coscienza degli imprintings che impediscono il pieno sviluppo del processo. È in questo senso, del lavorare a pensare bene, che il quadro delineato risulta particolarmente utile alla comprensione dei livelli di consapevolezza dei rischi e delle potenzialità del lavoro di ricerca oggetto del presente lavoro di tesi, con riferimento ai livelli interpretativi (visioni e conclusioni) ed indagativi (approccio complesso) da un lato, e dall’altro dei processi che hanno portato alla definizione del “perimetro” entro cui ricercare i tratti distintivi di un agire educativo e formativo finalizzato al successo formativo nell’ottica del bilancio sociale. Risulta evidente che non è pensabile, a parere di scrive, limitare l’analisi di processo ai soli aspetti organizzativi o ai principi generali (sistemi nazionali ed internazionali più diffusi) e non tener conto in maniera adeguata delle analisi fin qui riportate e sviluppate, considerando soprattutto che l’intero discorso riguarda le istituzioni educative che hanno come finalità prioritaria quella di promuovere lo sviluppo integrato della persona attraverso la definizione di orizzonti di senso, 79 L’imprinting culturale porta l’individuo a riconoscere come valide solo le verità engrammate in lui e false quelle nate da altri imprinting culturali. Ibidem.   80 Gli esseri umani tendono ad essere schiavi delle proprie idee, dei propri miti e dei propri dei spesso in modo inconsapevole, e ciò ci rende incapaci di comprendere coloro che sono posseduti da idee diverse dalle nostre. Ivi, p. 114.  81 I processi di self-deception possono portare all’accecamento del male che commettiamo e all’auto- giustificazione, così come, il porsi al centro del mondo, impedisce la comprensione dell’alterità. Ivi, pp. 114-115.  82 La razionalità, l’oggettività e la quantificazione, da sole, ignorano la comprensione soggettiva eliminando dalla loro conoscenza l’umanità dell’umano. Ivi, p. 115  83 È la risultante dell’azione dei diversi elementi e ci impedisce di sviluppare il pensiero complesso. Ididem.   84 La comprensione implica la conoscenza e la consapevolezza dei meccanismi che attiviamo ogni volta che proviamo odio e disprezziamo. Impone di riconoscere l’umano anche negli autori di misfatti o di infamie. Genera timore di comprendere per paura di doversi scusare. Ivi, pp. 115-120.  33
  • 27. l’elaborazione di piani di intervento coerenti, la strutturazione di politiche inclusive per favorire lo sviluppo locale e la messa in atto di strategie “riflessive” per monitorare ed adeguare costantemente il proprio agire in relazione agli esiti delle stesse e agli input provenienti dall’esterno. In un contesto generale in cui il processo educativo e formativo, riferito a tutti i soggetti coinvolti, non può non guardare in ottica prospettica e dare risposte alle “emergenze” della società planetaria. Le prospettive e le peculiarità del Bilancio sociale non fanno altro che rafforzare tali convincimenti ed acquisizioni maturate e dedotte dalle esperienze oggetto del lavoro di tesi. 1.4 La Ricerca Azione Partecipativa (RAP) A questo punto dell’analisi, si ritiene utile sviluppare il discorso su quale sia l’approccio metodologico-didattico più funzionale alla realizzazione del processo formativo nel contesto della società complessa ed in linea con i tratti del paradigma transdisciplinare. Per fare ciò bisogna prima richiamare all’attenzione il dibattito sulla modificabilità umana a partire dal seguente assunto: nella nostra specie il cambiamento avviene, al nostro interno, nel modo di essere e di pensare ed esprimere la nostra umanità e, all’esterno, nel modo di trasformare e utilizzare i contesti che abitiamo. Risulta evidente che nelle modificazioni dell’umano entrano sempre in gioco due parti, comunque interconnesse: l’azione del soggetto umano e la retroazione della realtà esterna che innesca nuovi adattamenti personali e collettivi. Il fondamento della modificabilità umana, dunque, ha due radici: l’una, dettata dall’ideologia che ne definisce e legittima gli spazi dell’agire trasformativo e, dunque, è di natura socioculturale e politica; l’altra, determinata dalla specificità stessa dell’essere umano e, dunque, è di natura biopsichica e spirituale. A partire 34
  • 28. dagli studi di Reuven Feuerstein e di Vigotskij viene superato ogni approccio riduzionistico, funzionalistico e deterministico, riconoscendo che il cambiamento mentale è una proprietà fondamentale della mente stessa, è sua parte costitutiva. Lavorando sulle sue componenti strutturali la mente può generare cambiamenti insospettabili. 85 Gli studi delle neuroscienze86 e di altre discipline, inoltre, hanno consentito di approfondire due ulteriori variabili che risultano sempre più importanti nella definizione del cambiamento generato dal lavoro della mente umana: 1. il valore cognitivo delle emozioni e la loro interazione con il pensiero; 2. il valore cognitivo della produzione intangibile del sentire e del pensare. La modificabilità umana è data dunque dall’azione congiunta del sentire e del pensare; questo potenziale non si esaurisce nelle elaborazioni mentali considerate in se stesse, ma è basata sulla plasticità della dotazione cerebrale, modellabile nel tempo. In questo senso tutti gli esseri umani hanno inizialmente lo stesso potenziale, ma poiché essa passa attraverso la selezione dei segni esterni dell’ambiente, trasformati in significati interni della mente, ed essa costituisce il patrimonio tecnologico di ogni società e cultura, sono queste ultime a determinare in maniera vincolante il potenziale mentale di ogni essere umano che se ne appropria attraverso l’apprendimento e il suo uso87 . Dunque, l’intervento educativo formale e non formale può riuscire a realizzare il cambiamento umano solo se riesce a realizzare la condizione indispensabile: 85 Orefice P. (2009), op. cit.. Per approfondimenti: Feuerstein R. e coll. (1995), Non accettarmi come sono, Sansoni, Firenze. Di Mauro M. (2001), Nuove metodologie per la formazione, l’integrazione e lo sviluppo della persona. Una scuola cognitiva per i giovani di domani, Anicia, Roma. Vanini P. ( 2003 ), Potenziare la mente? Una scommessa possibile. L’apprendimento mediato secondo il metodo Feuerstein. Vannini Editrice, Gussano. Vygotskij L. (1987), Il processo cognitivo, Bollati Boringhieri, Torino. 86 Negli ultimi anni nuove tecniche funzionali di visualizzazione, come la tomografia a emissione di positroni (PET), hanno consentito di esplorare con sempre maggiore accuratezza il cervello in azione. Tali studi hanno consentito di comprendere che la qualità dei nostri ricordi (apprendimenti) dipendono in primo luogo dal nostro grado di partecipazione e dalle situazioni di contesto (indizi). Schacter D.L. (2007), op. cit. 87 Orefice P. (2009), op. cit.. 35
  • 29. attraverso adeguate metodologie, tecniche e strumenti riprodurre il processo naturale della mente e, così facendo, incunearsi tra la sua elaborazione di significati e i prodotti materiali e immateriali che trova nell’ambiente e che essa stessa contribuisce a costruire88 . La metodologia di riferimento è la RAP, in quanto capace di tradurre l’approccio transdisciplinare in criteriologia multidimensionale in grado di far dialogare simultaneamente tre componenti fondamentali del cambiamento: la ricerca, l’azione e la formazione. La RAP, infatti, attraverso il suo processo complesso integra il metodo indagativo, il metodo operazionale ed il metodo partecipativo e crea saperi e prodotti materiali e immateriali che attingono all’ampio potenziale di conoscenza e cambiamento: questa possibilità è data dal suo incorporare in un unico processo il potenziale razionale (la ricerca del pensare) e il potenziale senso motorio ed emozionale (la partecipazione del sentire) per entrare in relazione con la realtà e modificarla (l’agire sentito e pensato). Il cambiamento, in tale metodologia, si realizza attraverso ogni programma educativo che incorpora contemporaneamente il processo indagativo di natura razionale della mente (metodologia basata sul processo di ricerca), il processo partecipativo di natura emozionale e senso-motorio della mente (metodologia basata sul processo di partecipazione), il processo operazionale dell’agire della mente (metodologia basata sul processo di produzione tecnologica). Laddove tale integrazione non viene garantita, tra l’educazione formale e non formale, propria delle agenzie educative, e l’educazione informale assorbita direttamente dall’appartenenza al sistema sociale, si viene a determinare una 88 Orefice P. (2006), op. cit., pp.12-52   36
  • 30. situazione di difformità: ne consegue che la scuola e le altre agenzie educative rivolte ai giovani e agli adulti diventano un fattore di scompenso nel sistema sociale, che a sua volta non riesce ad incanalare i suoi bisogni di sviluppo nel sistema formativo. La crisi dei sistemi formativi, i cui tratti distintivi emergono anche dagli esiti dei processi di analisi qualitativa condotti da chi scrive, non può che trovare risposte, dunque, nella ricollocazione dell’intero dibattito pedagogico e didattico nell’ambito degli assunti teorici e metodologici delineati in precedenza (paradigma della transdisciplinarietà, processo formativo, metodologia dello sfoglio e RAP), con particolare riferimento all’azione educativa non formale e formale con le rispettive peculiarità e differenze. Assunti che integrano le tre variabili che presiedono al processo naturale di costruzione delle conoscenze personali: il metodo dell’indagine proprio del pensiero, il metodo della partecipazione proprio del sentire e il metodo del fare attraverso i cui domini conoscitivi entrano in relazione con la realtà esterna89 . Nell’educazione formale e non formale, dunque, al fine di individuare il campo di azione specifico delle agenzie formative nella logica tripolare del processo formativo, sarà necessario procedere: 1. allo sfoglio dei bisogni locali che consente di considerare il territorio un insieme di cui è possibile isolarne le singole parti mantenendone l’identità funzionale con il tutto; 2. allo sfoglio delle risposte che gli abitanti hanno realizzato in quell’area rispetto ai bisogni sottesi, definendo così coppie definibili unità empiriche in quanto si riferisce a una serie di aspetti che rispondono alla stessa classe di fenomeni (sfoglio della cultura materiale e immateriale del territorio); 3. allo sfoglio del processo formativo attraverso l’analisi del processo di 89 Ibidem. 37
  • 31. apprendimento e di costruzione di conoscenza, presente nella collettività locale: i saperi individuali e i saperi collettivi che si sviluppano nella società locale all’interno della sua cultura materiale e immateriale; 4. alla valorizzazione e al rispetto delle forme locali di espressione dei saperi per partire da esse al fine di innescare al loro interno processi di espansione conoscitiva e di capacità dialogica con i saperi esterni.90 Nell’educazione non formale, a livello operativo, bisognerà fare riferimento alle seguenti fasi: a) ricognizione di sfondo che ha lo scopo di identificare e valutare dall’inizio le risorse disponibili e di predisporre le condizioni di operatività in relazione al contesto (spazi istituzionali, quadro generale dell’agenzia formativa, aree di interesse della realtà locale, agenzie del territorio); b) sviluppo del processo formativo, che attraverso il flusso metodologico della ricerca azione partecipativa, definisce la programmazione del lavoro da compiere; c) ricognizione dei saperi d’ingresso: per sagomare le attività formative sulla situazione in cui si trova inizialmente il processo formativo dei partecipanti al progetto (brainstorming, focus groups); d) definizione dell’argomento: operatori e partecipanti mettono a fuoco l’argomento da sviluppare (tematica locale o lettura locale del “problema”); e) identificazione del problema: ha lo scopo di trasformare il contenuto del progetto nella formulazione descrittiva e generale dell’argomento alla precisazione interrogativa e dettagliata per limitare il campo di indagine, stimolare l’attività di ricerca ed interpretazione (motivazione e processo 90 Ibidem. 38
  • 32. logico), indurre la ricomposizione finale dei diversi fattori in una spiegazione complessiva; f) decodifica empirica e disciplinare: emersione dei saperi collettivi a cui attingono i soggetti in formazione su diversi aspetti che costituiscono il problema per far uscire alla ribalta questi saperi per verificare le conoscenze che loro hanno attorno al problema scelto e per poter procedere allo sfoglio empirico del problema che farà emergere, a sua volta, gli aspetti da ricondurre ai diversi ambiti disciplinari; g) interpretazione e soluzione del problema: mediante i nuovi saperi disciplinari i partecipanti elaborano le interpretazioni analitiche e complessive del problema e formalizzano le loro ipotesi di soluzione attraverso soluzioni espressive a loro più congeniali (produzione creativa di cultura)91 . Nell’educazione formale, che si esprime attraverso i percorsi curriculari dell’istruzione, il nodo centrale è la didattica disciplinare. L’insegnamento disciplinare, infatti, per essere coerente con la materia che tratta non può non fare riferimento all’interpretazione maturata in sede di ricerca scientifica (statuto epistemologico). La questione si pone a qualsiasi livello di insegnamento in quanto pone il problema della congruenza disciplinare dei contenuti didattici e l’intollerabilità di trattazioni assunte acriticamente per consuetudine e per semplice buon senso. L’utilizzo di una disciplina nell’insegnamento richiede il riferimento agli aspetti strutturali della stessa pur in una visione critica della loro specificità e della loro capacità di connessione con altri aspetti disciplinari: negli obiettivi didattici avviene la loro esplicitazione e nei metodi e tecniche del lavoro didattico la loro utilizzazione. Questo criterio comporta che il lavoro di insegnamento e di 91 Ibidem. 39
  • 33. apprendimento segua le procedure proprie del lavoro scientifico: al pari di questo ha bisogno di trattare gli oggetti di studio, i contenuti della materia, secondo la prospettiva metodologica propria della disciplina di riferimento.92 Un secondo nodo cruciale è quello relativo alla didattica dell’apprendimento: la competenza delle conoscenze. Se si sposta l’asse di osservazione sull’apprendimento dello studente si pone il problema della costruzione della conoscenza all’interno del suo processo formativo. I contenuti disciplinari sono fatti di concetti che hanno valore in sé ed in quanto tali, sono inizialmente estranei ai saperi personali del soggetto che entra in formazione, il quale pertanto ha bisogno di apprenderli per farli propri. Poiché, come detto in precedenza, l’apprendimento umano non avviene per semplice trasferimento di concetti senza mediazioni della mente, è impensabile immaginare che questi ultimi passino direttamente e sicuramente dal docente allo studente: il problema della didattica centrata sull’apprendimento è dunque quello di trasformare i contenuti disciplinari in conoscenze personali. E non basta che la didattica disciplinare riesca a fare diventare i concetti conoscenze dello studente, in quanto a questo livello le conoscenze avrebbero un basso gradiente di elaborazione e utilizzazione mentale: le conoscenze sono chiamate a diventare competenze e ciò si realizza solo quando esse entrano a far parte di una rete di operazioni mentali articolate che le inserisce in un tessuto interpretativo e operazionale più vasto.93 Didattica disciplinare e didattica dell’apprendimento, dunque, evidenziano una relazione molto stretta: l’una e l’altra esprimono un modo di organizzare e finalizzare concetti/conoscenze che serve da angolatura per osservare parti di realtà e per operare su di esse cambiamenti. La competenza personale in un dato spaccato disciplinare, in questo senso, altro non è che la capacità di un singolo soggetto di 92  Ibidem.  93 Ibidem. 40
  • 34. impadronirsi di quel punto di vista, di adottarlo all’interno del proprio modo di pensare e di utilizzarlo quando pensa e agisce. A questo punto si pone il problema di come possa essere realizzata l’interazione tra le due didattiche nell’attività di insegnamento e di apprendimento: la costruzione della conoscenza competente. Qui risulta subito evidente il richiamo al problema del processo formativo con le sue dinamiche: il potenziale conoscitivo dei sensi individua qualcosa nell’ambiente che attraverso il sistema nervoso periferico passa come informazione centrale del cervello che ne decodifica gli elementi costitutivi e ne elabora un’interpretazione immediata (sensazioni ed emozioni) che poi fa spazio ad un’interpretazione simbolica e riflessiva (idee e concetti); l’una e l’altra interpretazione codificano e veicolano i significati, a maggiore impronta del sentire o del pensare, attraverso gli innumerevoli linguaggi umani. Le conoscenze costruite dai singoli hanno dunque un compito eminentemente funzionale: non hanno valore in sé, ma per quello che riescono a realizzare per l’uomo, per il suo agire nel mondo. In conclusione è possibile affermare che le forme migliori della conoscenza competente sono quelle che maggiormente esprimono, alimentano e gestiscono (secondo la logica del pendolo) la dimensione del sentire e del pensare94 . I due rimandi (conoscenza competente e epistemologia disciplinare) aprono il campo ai macrocriteri che presiedono alla costruzione dei saperi, che permettono alla didattica integrata di puntare alla formazione della conoscenza competente nello studente con il supporto delle strutture disciplinari: 1. dimensione indagativa: l’elaborazione dei significati (emozionali e razionali) e la produzione delle loro forme espressive avvengono attraverso un processo di 94 Ibidem. 41
  • 35. ricerca che consente di passare da una non-conoscenza ad una conoscenza, attraverso la valorizzazione del pensiero intuitivo e di quello analitico; 2. dimensione operativa: i significati vengono elaborati per essere usati nelle diverse attività umane, siano esse di natura più astratta o di natura più pratica. Attraverso la didattica laboratoriale, la didattica integrata permette il nascere e il crescere della conoscenza competente; 3. dimensione partecipativa: sono i significati senso motori ed emozionali ad imprimere di coinvolgimento personale le forme del conoscere: i più grandi concetti dello sviluppo umano dei popoli e delle nazioni si sono affermati perché carichi dello spessore emozionale. Il lavoro didattico non può dunque, trascurare questa qualità profondamente radicata nella conoscenza umana: la chiamata in causa della soggettività del conoscere dello studente è necessità e finalità del processo di insegnamento e apprendimento. Questi tre criteri metodologici, adottati dalla mente nel costruire le sue conoscenze e competenze, nella Ricerca Azione Partecipativa corrispondono alla seguente sequenza operativa: - partire da un problema che rientra nell’esperienza significativa dei soggetti in formazione; - decodificare il problema con i saperi, emozionali e razionali, d’uso degli stessi; - sull’analisi empirica dei saperi d’uso innestare l’analisi secondo il punto di vista disciplinare; - montare ipotesi interpretative del problema costruite con i saperi d’uso e con i saperi disciplinari; - costruire e verificare applicazioni delle ipotesi interpretative nell’ambito del problema sentito dagli alunni; 42
  • 36. - valutare i risultati delle applicazioni a conferma della validità o meno delle ipotesi risolutive del problema; - adottare ed utilizzare le soluzioni del problema; - formalizzare il processo di indagine, di azione e di partecipazione e i risultati raggiunti. Per rendere maggiormente comprensibili le sequenze operative si ritiene utile riportare due esempi di matrice progettuale elaborati coerentemente con il modello del processo formativo e della RAP (Tabelle 1 e 2). Ciò che preme evidenziare, innanzitutto, è che entrambi i lavori di gruppo palesano il richiamo costante : a) all’approccio transdisciplinare (situazione problema-didattica partecipativa/segmento disciplinare - frammentazione dei saperi); b) alla centralità del soggetto che apprende (attenzione alle diverse dimensioni individuali del sentire e del pensare – brainstorming, focus group, blog, ecc..); c) al rapporto tra i saperi (dialogicità per la valorizzazione dei saperi informali, formali, non formali); d) all’apprendimento situato (elaborazione di proposte educative centrate su situazioni problema); e) alla metodologia della Ricerca Azione Partecipativa (co-costruzione di significati, esperienze e apprendimenti); f) alla valenza formativa della valutazione e alle strategie per la riduzione dell’ansia in situazioni di apprendimento (riflessività sulle azioni didattiche messe in atto e sugli esiti – valorizzazione della dimensione del sentire per la facilitazione dei processi di apprendimento); g) alla valutazione e certificazione delle competenze (chiarificazione e riflessione sugli esiti del processo formativo in termini di sviluppo complessivo del soggetto in formazione); 43
  • 37. h) all’analisi qualitativa e valutazione di processo (riflessività sulle azioni didattiche messe in atto e sugli esiti in termini di coerenza con i principi teorici e metodologici di riferimento). Così come preme evidenziare, in via preliminare, come l’elaborazione ed il riferimento a tali matrici favorisca l’esplicitazione delle intenzionalità formative, la riflessività su di esse in fase attuativa e il ruolo centrale che esse assumono nello sviluppo di processi di valutazione – autovalutazione quali-quantitativi, a partire da quello oggetto del presente lavoro di tesi. TABELLA 1. Lavoro di gruppo n° 1 - Simulazione di un intervento formativo, con approccio partecipativo, in ambito formale o non formale indicando i beneficiari. Ambito Educazione non formale Tema/focus Laboratorio didattico incentrato sul tema della Devianza Beneficiari Ragazzi dai 16 ai 25 anni Operatori Educatori Esperto in analisi qualitativa e valutazione di processo Fase 1 Accoglienza Presentazione del gruppo - condivisione del Contratto formativo – analisi degli elementi raccolti – ricalibrazione progettuale – analisi qualitativa e valutazione di processo (analisi di start-up) Ex ante/Accoglienza Contatto: presentazione (chi sono/chi siamo/dico di me) ricognizione condivisa conoscenze pregresse dei singoli/gruppo ricognizione condivisa “visioni” dei singoli/gruppo Restituzione/Condivisione guidata Contratto: presentazione del programma di attività del laboratorio ricognizione dei bisogni e delle aspettative (il laboratorio avrà successo se: io, il gruppo, il formatore) Condivisione delle regole di convivenza nell’ambito del gruppo di lavoro Ricalibrazione progettuale Restituzione/Condivisione guidata Metodologie: brainstorming, focus group Fase 2 Sviluppo delle attività Input informativi Laboratori didattici analisi qualitativa e valutazione di processo (analisi di medio termine) In itinere Interazione: definizione condivisa del concetto costruzione condivisa della mappa concettuale Input informativo: veicolazione dei contenuti ed esemplificazioni da parte dell’educatore Interazione: chiarificazione/confronto Input informativo: definizione dei compiti costituzione dei gruppi di lavoro Interazione: definizione condivisa dei prodotti intermedi e del prodotto finale Laboratori didattici: sviluppo della mappa concettuale elaborazione prodotti 44
  • 38. intermedi Interazione: presentazione dei prodotti descrizione del processo chiarificazione/discussione Input informativo: sintesi e restituzione da parte dell’educatore Verifica/valutazione di medio termine: Educatore: verifica e valutazione dei livelli di modificazione cognitiva verifica e valutazione dei livelli di modificazione degli aspetti relazionali verifica e valutazione dei livelli di soddisfazione da parte dei beneficiari Beneficiari: autovalutazione/riflessione metacognitiva (rispetto al laboratorio ho appreso…. Sento che… farò diversamente… valutazione delle attività Interazione: condivisione degli esiti Formulazione di ipotesi migliorative Metodologie: brainstorming, focus group, simulate, lavori di gruppo, intergruppo Fase 3 Verifica e valutazione Presentazione del prodotto - attività di verifica e valutazione – restituzione e confronto sugli esiti - analisi qualitativa e valutazione di processo (analisi finale) Ex post Interazione: presentazione del prodotto Educatore: verifica e valutazione dei livelli di modificazione cognitiva verifica e valutazione dei livelli di modificazione degli aspetti relazionali verifica e valutazione dei livelli di soddisfazione da parte dei beneficiari Beneficiari: autovalutazione/riflessione metacognitiva (rispetto al laboratorio ho appreso…. sento che… farò diversamente… valutazione delle attività Interazione: condivisione degli esiti Formulazione di ipotesi migliorative 45
  • 39. Tabella 2 Lavoro di gruppo n° 2 - Simulazione di una progettazione di intervento formativo, con approccio partecipativo, in ambito formale o non formale utilizzando le 5 variabili. Ambito Educazione formale Disciplina/Argomento Educazione Civica – Il problema dei rifiuti a Napoli Beneficiari Alunni di scuola media Operatori Docenti di tutte le discipline Tempi 1-2 mesi – 2 lezioni settimanali di 2 ore per ciascuna disciplina Finalità Acquisire conoscenze, abitudini e comportamenti coerenti con il concetto di sviluppo sostenibile Obiettivi Conoscenze Abilità a) conoscere le problematiche relative allo sviluppo sostenibile e al ciclo dei rifiuti; b) acquisire ed utilizzare modalità operative utili ad una corretta gestione della raccolta differenziata. Contenuti Lo sviluppo sostenibile Il ciclo dei rifiuti La raccolta differenziata Il caso Napoli Metodo Didattica partecipativa Attività Brainstorming esperienziale ed operativo, circle time, focus group, simulate, lavoro di gruppo, forum tematici Mezzi Lavagna a fogli mobili, slide, post-it, cartelloni, lim, pc, schede di riflessione meta cognitiva, schede di esercitazione, testi Valutazione In ingresso, a medio termine e finale 46