Materiali di approfondimento del libro "Casa Lampedusa" di Antonio Ferrara (+ progetto etwinning "Stay Human")
https://arringo.wordpress.com/2019/02/22/casa-lampedusa-di-antonio-ferrara_laboratorio-di-lettura-e-progetto-stay-human/
1. Gheddafi
Muammar Gheddafi governa per 42 anni la Libia, un tempo molto lungo dove il
Paese africano attraversa diverse fasi sia politiche che economiche. Il “colonnello”,
come nei primi anni si fa chiamare Gheddafi, nel bene e nel male è l’assoluto
protagonista della storia recente della Libia. Una storia che parte da lontano, dal
deserto a ridosso della città di Sirte quando ancora la Libia è colonia italiana.
L’infanzia
Il futuro rais nasce il 7 giugno 1942. Muammar Gheddafi racconta di essere venuto
al mondo all’interno di una tenda beduina del villaggio di Qasr Abu Hadi, un piccolo
centro a pochi chilometri da Sirte. Una zona dove il deserto inizia a scendere verso
sud in direzione del cuore dell’Africa ma dove, dall’altro lato, incontra il Mar
Mediterraneo. La sua città natale si divide tra l’acqua e la sabbia, tra il mare ed il
deserto. Un mix che influenza lo stesso Muammar Gheddafi, il cui cognome denota
l’appartenenza alla tribù dei Qadhadhfa, una delle oltre 140 che compongono la
Libia e che caratterizzano lo strato sociale e politico del Paese. I Qadhadhfa sono di
origine berbera, arabizzati nel corso dei secoli. Fanno cioè parte di quell’ampia fetta
di popolazione berbera nordafricana che, negli anni, sposa la religione islamica e le
tradizioni arabe.Nell’anno in cui nasce Muammar Gheddafi, la Libia è ancora italiana
ed è nel pieno della Seconda Guerra Mondiale. Sirte fa parte della provincia della
Libia italiana di Misurata. La guerra il futuro leader libico non la ricorda in quanto
troppo piccolo, ma ben presto la sua infanzia viene segnata dagli strascichi del
secondo conflitto mondiale. All’età di sei anni infatti, mentre è intento a giocare con
alcuni cugini tra le dune del deserto alle porte di Sirte, Gheddafi è vittima di
un’esplosione di una mina risalente alla guerra da poco terminata. Lui si salva, due
sue cugini invece perdono la vita. Si tratta di un episodio, raccontano molti, che
influisce sulla personalità di Gheddafi, così come sul suo carattere.
Gheddafi al potere
La carriera all’interno dell’esercito dona prestigio e visibilità al giovane Gheddafi.
Nonostante la sua età, diviene riferimento per molti militari che iniziano a professare
2. quasi apertamente idee nasseriane tra i reparti delle forze armate libiche. E tutto ciò
esce allo scoperto il 26 agosto 1969: assieme ad un gruppo di ufficiali, Muammar
Gheddafi inizia a presidiare le strade di Tripoli ed a prendere il controllo dei palazzi
del potere. Un’azione che ha il sostegno di buona parte delle forze di sicurezza e
che mira a rovesciare Re Idris.Il 1° settembre 1969 l’azione è completa: il sovrano è
costretto a fuggire, viene proclamata la Repubblica Araba di Libia, con al comando
dodici ufficiali dell’esercito. Tra di essi a spiccare è Muammar Gheddafi, considerato
il leader della rivoluzione. Inizia da quel momento il lungo periodo di potere del rais.
Il 1969 è un anno importante anche a livello privato per il rais. Sposa infatti Fatiha,
donna però che non conosce fino a pochi giorni prima del matrimonio. La loro
unione, da cui nasce il primogenito Mohamed, dura poco: dopo appena un anno,
Gheddafi lascia Fatiha per sposare la sopracitata Safia Faskash nel 1971.
La Jamahiriya
Il suo obiettivo è quello di dare vita ad un processo di unificazione delle nazioni
arabe, guardando sia verso est che verso ovest. L’unità araba rappresenta uno dei
cavalli di battaglia principali dei primi anni di governo di Gheddafi. Tuttavia questo
obiettivo si scontra con una realtà dove, ben presto, divisioni e frizioni tra le varie
cancellerie arabe frenano ogni tentativo di percorso unitario. Ecco perché Muammar
Gheddafi prova quindi a dare una precisa svolta alla “sua” rivoluzione, partendo da
importanti cambiamenti sul fronte interno. Nel 1976 viene pubblicato il “libro verde“,
che sancisce i dettami principali del suo programma di governo. I principi cardine
sono ispirati dalla cosiddetta “terza via”, una strada alternativa sia al capitalismo
occidentale che al comunismo sovietico. Ad entrambe, il rais contrappone il
“socialismo delle masse“, che dovrebbe avere il suo culmine nella democrazia
popolare diretta. Per questo motivo l’anno seguente, nel 1977, proclama la nascita
della “Jamahiriya” libica, la “Repubblica delle masse”, in arabo. Viene adottata una
bandiera interamente verde, in onore del colore dell’islam e con riferimento al nome
del suo libro.
Gheddafi il “cavallo pazzo d’oriente”
Con l’introduzione della Jamahiriya Gheddafi cambia completamente il volto
istituzionale del Paese. Da quel momento in poi, la Libia non ha più formalmente
leggi e lo Stato si organizza secondo un complesso sistema volto a dare al Paese
3. una presunta democrazia diretta. Lo stesso Muammar Gheddafi rinuncia alla carica
di presidente, dal 1977 preferisce farsi chiamare anche all’estero con l’appellativo di
“guardiano della rivoluzione“. Vengono istituiti i comitati di base ed i comitati
popolari al posto delle assemblee locali e del parlamento. Vengono aboliti
definitivamente i partiti politici, la rappresentanza è considerata nel “libro verde”
come vera e propria impostura.
Fin qui dunque l’aspetto della nuova Libia inaugurata dalla Jamahiriya. Ma è sotto il
profilo internazionale che la figura di Gheddafi assume negli anni maggior risalto.
Finito il sogno del panarabismo, il Raìs mira a presentarsi all’estero come difensore
di tutte le cause più importanti che scuotono il mondo arabo ma non solo. Da quella
palestinese a quella basca, passando per quella irlandese, sostenendo
finanziariamente anche alcuni gruppi ritenuti terroristici ma che, secondo Gheddafi,
lottano per l’autodeterminazione dei rispettivi popoli o contro i sistemi imperialistici.
Una politica estera molto “spregiudicata”, dove comunque il suo governo può godere
dell’ombrello dell’Unione sovietica. Anche se Gheddafi pone sempre in grande risalto
l’obiettivo di costituire una “terza via” tra capitalismo e comunismo, è a Mosca che
guarda certamente con maggior simpatia durante la Guerra fredda. Il
comportamento in politica estera vale per Gheddafi l’appellativo di “cavallo pazzo del
Medio Oriente”, attribuitogli dal presidente Usa Ronald Reagan.
La fine
Non è dato sapere nemmeno se, dopo l’avvio delle proteste nel dicembre 2010 in
Tunisia ed Egitto, Gheddafi abbia previsto o meno una simile situazione nel suo
Paese. In tanti ancora oggi si chiedono se, dalla sua residenza di Bab Al Azizia, il
Raìs sia rimasto sorpreso od indifferente nel leggere i rapporti che parlano di
proteste in Cirenaica nel febbraio 2011.Quella regione, con l’estremismo islamico, gli
dà problemi negli anni Novanta, mentre nel 2006 il Raìs si vede costretto a sparare
per provare a difendere il consolato italiano di Bengasi dai manifestanti che urlano
contro l’esposizione delle vignette su Mamometto da parte dell’allora ministro
Calderoli. Fatto sta che, proprio nella sua Bab Al Azizia, già a fine febbraio del 2011
è costretto a tirar fuori tutto il suo repertorio politico per parlare alla nazione ed
invitare i cittadini ad isolare i facinorosi: “Puliremo il paese strada per strada, casa
per casa”, urla con sullo sfondo la statua fatta costruire nel 1986 dove si raffigura
una mano che prende in pugno un aereo americano.
Si dice che il 30 dicembre 2006, dinanzi alle immagini dell’impiccagione di Saddam
Hussein, Gheddafi abbia avuto addirittura una reazione isterica. Come se, in qualche
modo, in quell’istante ha immaginato lui al posto dell’ex leader iracheno. A lui è
4. andata anche peggio. Con un Paese oramai non più controllato e con i beni
finanziari sequestrati e congelati, Gheddafi sceglie sì di restare in Libia ma intuisce
che oramai è solo questione di tempo. Ed il 20 ottobre 2011 tutto finisce lì dove è
iniziato: a Sirte. Scovato nella sua roccaforte da alcuni ribelli, viene linciato e ucciso
assieme al figlio Mutassim. Il resto è storia di questi giorni e questi anni,
contrassegnati dal caos da cui oggi appare difficile venirne fuori.