1. Europa: federalismo di necessità?
Oggigiorno, il grado di interdipendenza europea raggiunto dai rapporti politici, economici e
sociali potrebbe rendere possibile il compimento del processo di integrazione sviluppatosi nel
corso degli ultimi cinquant'anni, portando alla creazione di un'Europa federale, o Stati Uniti
d'Europa.
L'Europa ha un lungo processo di assestamento e costruzione alle spalle. Per voler ridurre al
minimo indispensabile le tappe: nata come CECA nel 1951 (trattato di Parigi), divenuta CEE
nel 1957 (trattato di Roma) con un'impostazione principalmente economica, nel 1979 si dota
di un parlamento eletto dagli stati membri. Nel 1992, col trattato di Maastricht, nasce l'Unione
Europea che sostituisce le precedenti Comunità Europee (mantenendone gli organi
preesistenti), e che diventa nel 2009, col trattato di Lisbona, una personalità giuridica basata
su un metodo comunitario ed intergovernativo, che aspira la dialogo, alla mediazione, alla
creazione di un solido mercato interno, al pluralismo, ad un negoziato permanente e ad uno
sviluppo sostenibile, per citare solo alcuni dei suoi obiettivi: "Essa è un progetto politico
finalizzato alla creazione di un'unione sempre più stretta tra i popoli dell'Europa, in cui le
decisioni siano prese nel rispetto del principio di apertura e nel modo più vicino possibile ai
cittadini" (art. 1 del trattato sull'Unione europea).
Oggi però l'intergovernativismo caratteristico dell'UE non è più una solida fonte di garanzia.
L'intergovernativismo genera vincoli che in ciascuno Stato membro sono attribuiti non a una
volontà comune, ma ai governi degli altri Stati membri, e sono perciò vissuti come intrusioni
che generano ostilità reciproca e danneggiano la coesione europea. Inoltre non fornisce gli
strumenti necessari a bilanciare le politiche di austerità, cosicché gli effetti recessivi di queste
rimangono senza antidoti: i tagli alle spese e le misure di drastico contenimento dei debiti
cumulati dagli stati nazionali, mentre cercano di realizzare dei guadagni immediati,
colpiscono soprattutto le spese sociali e gli investimenti, condizionando negativamente il
futuro e frenando la domanda dei consumatori. Contemporaneamente, le banche limitano i
crediti al settore privato per risanare i loro bilanci: il rilancio non può venire né dalla domanda
né dagli investimenti privati né dagli appalti pubblici, e se la situazione dovesse perdurare
l’euro non potrebbe più disporre dei mezzi per resistere alle spinte centrifughe e populiste.
L’eurozona ha bisogno di una vera unione bancaria, che comprenda un meccanismo europeo
di risoluzione e un meccanismo federale di garanzia sui depositi bancari con una
regolamentazione chiara, forte ed equa: occorre raggiungere un migliore equilibrio tra il
consolidamento dei bilanci e gli investimenti per la crescita e l’occupazione. L’eurozona deve
avere una propria capacità fiscale, finanziata da risorse proprie completamente autonome, in
grado di contribuire alla stabilizzazione macroeconomica.
2. Agli alti costi economici europei (a tratti vigenti l'austerità, il rigore finanziario ed il blocco
degli investimenti pubblici non hanno, di fatto, portato alla crescita) si aggiungono quelli
politici, perché assistiamo allo sviluppo di populismi (il Movimento Cinque Stelle di Beppe
Grillo, il Front National di Marine Le Pen) ed euroscetticismi, miasmi dei nazionalismi, dei
particolarismi, dei localismi, delle ottuse e rancorose velleità separatiste, nell'assurda smania
che ogni nazionalità o etnia, che devono ovviamente potersi sviluppare pienamente, debba o
possa divenire uno Stato. Questi fenomeni assumono dimensioni preoccupanti: l'Europa deve
farsi forte di quel collante socio-culturale che si è lasciata alle spalle quando si è fossilizzata
sulla moneta unica, per non precipitare in una totale irrilevanza politica.
Bisogna sempre ricordarsi che l'elemento integrativo non può venire meno: sono necessarie
politiche decisionali compatte di controllo ed indirizzo ed una democrazia partecipativa,
vicina ai cittadini, per contrastare la disaffezione nei confronti dell'Europa e rinforzare
quell'identità sovranazionale di coesione ed integrazione. Il progetto europeo a lungo termine
deve essere infatti il completamento di un'unione fiscale, bancaria, economica, monetaria ma
soprattutto solidale, con una coerenza interna ed un peso internazionale.
Una delle critiche che vengono mosse più spesso all’Euro, infatti, è di non avere uno Stato
unitario dietro: ecco che la federazione europea colmerebbe esattamente questa lacuna.
E’ sempre più impellente la necessità di un quadro di riferimento generale che superi
i confini locali, regionali e nazionali tenendo conto delle interdipendenze non solo
economiche e dei processi su scala mondiale: gli strumenti economici e
finanziari internazionali e quelli di un'Unione Europea intergovernativa si sono rivelati
incapaci di comprendere e governare i processi che sovrastano i singoli Stati nazionali.
In assenza di istituzioni sopranazionali capaci di elaborare politiche per il progresso
economico e sociale (fondate sul rispetto dei diritti e sulla libertà della persona umana, sulla
democrazia, sulla tutela dell’ambiente e sul riconoscimento e la difesa delle identità storiche e
culturali dei popoli nelle diverse regioni del pianeta), la mancanza di coordinamento europea
non ha fatto altro che accentuare gli squilibri strutturali fra i paesi della zona Euro, che solo
un assetto federale, con istituzioni democratiche sopranazionali, potrebbe provvedere a
risanare.
L’assetto federale consentirebbe di affrontare la crisi con riferimento ai fattori reali dello
sviluppo, stabilendo regole per il mercato riguardo tutti i settori di attività economica (lavoro,
formazione, ricerca, risorse naturali, ambiente, infrastrutture, servizi alla persona) e
liberandosi dalla prevaricazione dell'incontrollata finanza internazionale.
Processi di trasmissione ed efficienza energetica, trasporti puliti e politiche urbane,
aeronautica e ricerca sono solo alcuni dei progetti su scala europea per i quali è necessario il
concorso finanziario di tutti i paesi: all'interno di questa logica occorrerà rafforzare la
cooperazione fra la Commissione e i ministeri del Tesoro nazionali nel quadro di un'autorità
fiscale europea e nella prospettiva di creare un Tesoro europeo ed un governo dell'economia
europea con un ministro federale delle finanze.
3. Un altro sostanziale vantaggio dello stato federale è quello di conciliare i vantaggi della
piccola dimensione, che consente ai cittadini di partecipare direttamente al processo di
formazione delle decisioni politiche, con i vantaggi della grande dimensione, necessaria per la
sicurezza e lo sviluppo economico. Infatti, grazie al meccanismo dello sdoppiamento della
rappresentanza democratica e quindi grazie alla coesistenza del principio dell'unità della
comunità politica con quello dell'indipendenza delle sue parti, agli europei potrà essere
garantito il controllo democratico sulle decisioni che li riguardano. Consentendo ai cittadini di
partecipare democraticamente alla formazione del potere che regola i rapporti tra gli Stati, le
istituzioni federali realizzano la democrazia internazionale.
Un'attiva società civile europea in grado di contribuire a riunire gli interessi individuali nello
stesso quadro politico contribuirebbe ad alimentare questa transnazionalizzazione delle sfere
pubbliche. Di fatto gli europei saranno i concittadini delle persone con i quali avremo
concluso un patto, e grazie alla responsabilità (accountability) e alla reattività
(responsiveness) si creeranno necessariamente dei legami di solidarietà, un sentimento di
appartenenza comune caratteristico di qualunque forma di autogoverno democratico. Questo
costerà poco a chi già condivide molte cose (dalle guerre mondiali a una ragione intelligente
capace di affrontare i problemi in modo pratico: la tolleranza, lo stato di diritto, la
democrazia, e così via). Queste sono le basi sulle quali costruire un'identità collettiva più
ampia e astratta (ma abbastanza solida per un tedesco che paga le tasse per un greco).
Con uno stato federale, lo Stato nazionale (Roma, Berlino, Parigi e così via) viene scavalcato
sia verso il basso, valorizzando il ruolo degli enti locali e delle regioni, che verso l’alto, con la
delega di tutta una serie di competenze a Bruxelles (politica estera, difesa, politica
economica). I soggetti istituzionali del sistema dei poteri locali e regionali (Comuni, Province,
Città metropolitane e Regioni) sono direttamente investiti dall'inadeguatezza delle politiche
autarchiche degli Stati nazionali, a causa della diminuzione delle risorse finanziarie
complessive. Ma non solo: l'impossibilità, in un sistema caratterizzato da interdipendenze
internazionali, degli Stati nazionali di condurre politiche economiche di innovazione e di
sviluppo del sistema produttivo non è in grado di fronteggiare i processi economici e
finanziari che si sviluppano su scala mondiale.
I poteri locali, pertanto, devono concorrere, con lo Stato nazionale, al risanamento della
situazione finanziaria e al rilancio delle attività economiche con proposte di riordino
istituzionale, assumendosi la responsabilità di operare le semplificazioni strumentali
necessarie per conseguire rilevanti contenimenti di spesa e fondamentali per restituire
competenze costituzionali agli organi direttamente eletti dai cittadini.
Il carattere essenziale di questa innovazione istituzionale è l'allargamento dell'orbita del
governo democratico da uno Stato ad un'unione di Stati, cioè la possibilità di unificare diverse
comunità nazionali e di realizzare la partecipazione politica su un'illimitata estensione
territoriale. Ciò significa che lo Stato federale non è solo una nuova forma di governo ma è
anche una nuova forma di organizzazione internazionale, che mira a trasformare i rapporti di
4. forza internazionali in rapporti basati sul diritto, la prova più evidente che è possibile superare
la divisione dell'umanità in Stati sovrani.
Si tratterebbe di un'Europa di cui gli attuali Stati nazionali diventino regioni, ognuna con la
sua autonomia ma nessuna delle quali abbia, ad esempio, diritto di veto in merito alle
decisioni politiche di un governo che realmente governi, né diritto di darsi leggi e tantomeno
costituzioni in contrasto con i principi della Costituzione europea. Inoltre, votare per dei
partiti europei dotati di un vero potere legislativo (ed esecutivo) metterebbe fine alle critiche
all'Ue riguardo il suo funzionamento burocratico e liberista, e la sua natura intergovernativa (e
nazionale), che sottomette i più deboli alla volontà dei più forti: uno Stato europeo la cui
autorità si affidi non ad avvertimenti o a moniti, ma all'effettività di un vero diritto.
Quella europea potrebbe essere una "federazione leggera", con un budget pari al 5% del PIL
(nettamente inferiore al 23% americano ed al 12% svizzero) e numerosi compiti svolti a
livello federale: ricerca e sviluppo, politica estera, trasporti e reti trans-europee,
organizzazione e spese militari, amministrazione, politica del lavoro e assistenza
previdenziale e sanitaria, politica energetica, controllo delle dogane e delle frontiere.
Da notare che nella maggior parte dei campi citati ci sarebbero sensibili risparmi, come nelle
spese militari, per cui l’Europa nel suo complesso sarebbe la seconda potenza militare al
mondo (pur riducendo in maniera significativa l’incidenza delle spese militari rispetto al PIL).
Lo stesso principio varrebbe per le dogane e per l’immigrazione. Dovrebbe esserci un solo
ente doganale, territorialmente ramificato in Europa. Parimenti dovrebbero essere unificate le
norme per la cittadinanza ed i relativi organi di controllo.
Questo implicherebbe però delle importanti modifiche istituzionali: un Parlamento
europeo eletto su basi europee e non nazionali, referendum europei votati dal popolo europeo
e non dai popoli dei singoli stati e molte altre caratteristiche federali proprie degli Stati
Uniti d'America (un presidente eletto che nomini il governo federale, un Parlamento che
controlli l'operato del governo, la nomina dei funzionari di importanza federale, una
Corte costituzionale a tutela della costituzione federale solo per citarne alcune).
Quando lo Stato ha le dimensioni di un continente e per di più in un mondo ormai globale, la
democrazia deve assicurare al tempo stesso rapidità di decisioni, visualizzazione del leader
che rappresenta quel continente e partecipazione dei cittadini. Il fondamento di queste
strutture poggia sulla divisione dei poteri.
Si tratta, con tutta evidenza, di obiettivi lontani, ma spetta alla pubblica opinione averli
presenti, dibatterli preparandone il possibile avvento.