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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PADOVA
FACOLTA’ DI PSICOLOGIA
Laurea Specialistica in Psicologia Sociale del Lavoro e della
Comunicazione
TITOLO TESI
Il ruolo dell’evento culturale nella comunicazione
The role of cultural event in communication
RELATRICE LAUREANDO
Ch.ma Prof.ssa Mariselda Tessarolo Federico Bassetti
MATRICOLA
56659
ANNO ACCADEMICO
2008 – 2009
INDICE
Introduzione 3
Capitolo 1. La comunicazione 5
1. Concetti di comunicazione 5
2. Gli approcci alla comunicazione 5
3. L’approccio matematico 6
4. Gli elementi 8
5. Le funzioni 10
6. L’approccio semiotico 12
7. L’approccio pragmatico 13
8. Ritorno alle origini 14
9. L’approccio sociologico 17
10. L’approccio psicologico 19
11. Comunicazione come ermeneutica 20
Capitolo 2. Giorgio Braga e il sistema delle comunicazioni 23
1. Il sistema sociale 24
2. I comunicanti 25
3. Le funzioni della comunicazione 26
4. Canale, segno, codice 28
5. I livelli della comunicazione 30
Capitolo 3. L’evento culturale 37
2
1. Vedi alla voce evento 37
2. Questione di senso(i) 41
3. La fruizione del prodotto culturale. In che
luogo del sistema? 44
Capitolo 4. FuturoPresente. Comunicare la contemporaneità 49
1. . Arte - ? – Tecnologia 52
Capitolo 5. L’obiettivo della ricerca. Chi viene coinvolto? 57
1. Introduzione 57
2. Strumento e metodo 57
3. Risultati 59
4. L’analisi fattoriale 64
5. Differenze tra medie in campioni indipendenti 70
6. Commento dei risultati 75
7. Chi viene coinvolto nell’evento?
Un possibile profilo 75
Capitolo 6. Conclusioni
1. Evento – Senso – Identità 79
Appendice 1. Questionario 83
Appendice 2. Festival FuturoPresente 88
Bibliografia 91
Introduzione
3
Cercando alla voce “comunicazione” in un qualsiasi vocabolario della
lingua italiana, si potrà osservare come l’origine etimologica del termine si
ricolleghi al termine latino “communicatione”. Il quale a sua volta rimanda
alla parola “communis”: comunione. Comunicazione come “messa in
comune”, un rendere partecipe di qualcosa. La definizione è quanto mai vaga:
ancor più vaga appare se ci si avvicina allo studio della materia. Il tentativo di
riassumere la comunicazione nell’atto del mettere in comune inizia a vacillare
e le domande che sorgono mettono in luce una complessità in un primo
momento inaspettata. La comunicazione fa parte dell’agire dell’uomo, grazie
alla comunicazione l’uomo ha intessuto relazioni nel corso della storia che gli
hanno permesso di dare forma al cambiamento. Grazie alla comunicazione
l’uomo ogni giorno fa e disfa il mondo e riconfigura le stesse relazioni in cui è
immerso.
Addentrandosi ulteriormente nello studio della comunicazione si può vedere
come l’esistenza stessa dell’uomo si sia caratterizzata per la possibilità di
esercitare e comunicare il pensiero. Da questa capacità di immagazzinare,
scambiare e diffondere informazione si è mosso il cambiamento nella storia
umana.
Nel corso del tempo, le definizioni di comunicazione sono andate
aumentando e mutando quanto più questo campo di studi è stato al centro di
riflessioni e indagini scientifiche da parte di numerose discipline come la
matematica, la filosofia, la semiotica, la sociologia, l’etologia, l’antropologia,
la linguistica e la psicologia.
A una definizione di comunicazione come scambio di informazioni (approccio
matematico), se ne è affiancata una che la descrive come inferenza
sottolineandone il risvolto sullo spazio cognitivo. Dalla comunicazione
ermeneutica che si richiama al pensiero filosofico di Heidegger e Gadamer e
4
che più in generale rientra nella svolta linguistica della filosofia del XX
secolo, alla comunicazione come significazione e come segno. Alla attuale
comunicazione come esistenza.
Questo breve cenno ai tentativi di accostarsi al campo “comunicazione”
mostra la portata dell’interesse che questo tema occupa nelle indagini
scientifiche, ma mostra anche come progressivamente si sia rinunciato al
tentativo di elaborare una teoria generale della comunicazione per concentrarsi
sullo sviluppo di metodi teorie e campi di applicazione particolaristici afferenti
ai singoli approcci.
Capitolo 1. La comunicazione
5
1. Concetti di comunicazione
“Il soggetto umano non può scegliere se comunicare o meno, ma può
scegliere in che modo comunicare” (Anolli e Ciceri, 1995). Questa
osservazione ci introduce all’individuazione di vari approcci alla
comunicazione, con la consapevolezza che ogni punto di vista non è neutro e
disinteressato e non contribuisce ad un incremento della conoscenza in
un’ottica di sviluppo progressivo del sapere. Ogni proposta teorica, infatti,
apre a specifici attori, fasi e livelli della comunicazione individuando precise
relazioni tra le parti: ogni punto di vista ritaglia la realtà della comunicazione
con prospettive diverse e richiamando assunti teorici e criteri di validazione
differenti.
Una rassegna riguardo queste mappe organizzative (e costitutive) della realtà
“comunicazione” è necessaria prima di muovere al secondo capitolo.
2. Gli approcci alla comunicazione
Rinunciando ad un ordinamento storicista in favore di uno funzionale,
possiamo procedere nell’esposizione a partire dal punto di vista matematico,
con la sua definizione del costrutto di informazione, per arrivare agli approcci
sociologico e psicologico da cui muoveranno le osservazioni successive.
3. L’approccio matematico
6
L’approccio matematico muove dalla definizione di informazione come
differenza fra due o più elementi (o dati). Questo concetto è andato a sostituire
quello propriamente ottocentesco di energia, considerando così la
comunicazione come trasmissione di informazioni. I termini chiave sono
quelli di fonte, canale, ricevente, segnale e codice uniti al concetto di valore di
probabilità.
Il modello matematico, proposto da Shannon e Weaver, struttura la
comunicazione come il passaggio di un segnale da una fonte A, attraverso un
canale, ad un ricevente B. Qualsiasi sia la forma che l’emittente decida di dare
al messaggio questo deve essere codificato seguendo un preciso codice. Il
passaggio di informazione da A a B è il risultato dei processi di codifica e
decodifica, o meglio “l’informazione è il valore di probabilità che si realizza
all’interno di molte possibilità combinatorie. L’informazione non consiste
quindi da ciò che è detto dalla fonte, ma da ciò che dall’emittente arriva al
recettore dopo l’operazione di decodifica” (Anolli, 2002, pag.5). Si tratta in
definitiva di un modello “meccanico” e “fisico” di comunicazione, una
rappresentazione della sua struttura elementare, adattabile ad ogni forma di
trasmissione di informazioni.
Successivamente questa proposta è stata integrata dall’introduzione del
concetto di feedback (o retroazione), che delinea la circolarità della
comunicazione. Il feedback è infatti definito come la quantità di informazione
che dal ricevente torna alla fonte consentendo a quest’ultimo di modificare i
propri successivi messaggi.
Nella trasmissione, però, il messaggio va incontro ad elementi di interferenza
che lo modificano e ne ostacolano il passaggio: il rumore. Questo concetto
indica l’insieme degli elementi ambientali (e non) interferenti con la
comunicazione. Questi, insieme al segnale, sono stati messi in relazione tra
7
loro nel rapporto segnale/rumore: l’emittente deve essere in grado di esercitare
un controllo sulla qualità del messaggio in modo tale che questo rapporto sia
maggiore di zero e si abbia così una sufficiente probabilità che il segnale
giunga al destinatario.
Connessa a questa definizione venne proposta una misura della quantità di
informazione, valutandola in termini di bit (binary digit). Ma se in termini di
scelte il modello che ne esce è efficace, ben altra cosa è nel momento in cui si
tratti di analizzare il messaggio contenuto in una frase. L’informazione
potenziale del linguaggio sarebbe infatti di portata enorme, ma considerando
che la ricorrenza di alcune lettere e segni è decisamente maggiore rispetto ad
altre la portata si riduce: per spiegare ciò Shannon e Weaver hanno introdotto a
completamento del loro modello il concetto di ridondanza, ossia di un eccesso
di informazione rispetto allo stretto necessario. Questo concetto è legato alla
misura più interessante di informazione, in quanto riduce l’incertezza del
ricevente contrastando l’incidenza del rumore sul canale e favorendo una
“corretta” decodifica: l’informazione semantica.
Oltre alla ridondanza è necessario fare un breve cenno anche al processo che
nella fase di decodifica porta alla selezione di alcuni elementi del segnale per
facilitare la comprensione: si tratta del processo di filtro.
Il modello matematico ha il merito di essere stato la prima proposta
teorica, operazionalmente verificabile, della comunicazione umana, ma la sua
implicita assunzione di una teoria forte del codice ne ha limitato la
considerazione di altri aspetti fondamentali quali il significato, l’intenzionalità
e multidimensionalità del processo comunicativo.
4. Gli elementi
8
Roman Jakobson (1966) rielabora il modello proposto da Shannon e
Weaver cercandone una contestualizzazione all’interno della comunicazione
umana e specificamente linguistica. Le riflessioni dei due matematici, infatti,
si muovono nell’ambito del rapporto uomo-macchina, mentre il pensiero
Jakobson si focalizza sulla comunicazione nel rapporto uomo-uomo.
Gli elementi della comunicazione secondo Jakobson
Ciò porta la proposta teorica di Jakobson a differenziarsi dallo schema di
Shannon e Weaver vista prima per l’analisi che questo Autore fa della fase che
media la relazione tra “emittente” e “destinatario”.
Emittente e destinatario possono essere pensati come persone, gruppi o
istituzioni. I messaggi che queste parti si inviano viene organizzato secondo un
9
mittente destinatario
contesto
messaggio
contatto
codice
codice che è almeno parzialmente comune e deve passare attraverso un canale
(contatto) che leghi i due attori. Il contenuto del messaggio poi, si deve riferire
ad un “contesto”, a una porzione di realtà fisica, sociale o culturale.
Sia l’approccio di Shannon e Weaver che di Jakobson, però, mostrano una
certa fragilità in quanto presuppongono una comunicazione indirizzata alla
trasmissione di un messaggio chiaro e non equivoco affinché sia esattamente
compreso. Nulla togliendo all’importanza delle proposte, con cui tutti quelli
che decidono di affrontare il tema devono confrontarsi, va notata una rigida
linearità che fa sì che siano in certa misura inadeguate.
Perciò questa visione può essere definita semplicistica, o ingenua, visti gli
esempi quotidiani di come lo scambio comunicativo proceda tra gli individui,
in cui questi spesso sono coinvolti in tentativi strategici di manipolare il
contesto in un’ottica di dissimulazione.
“La semiotica [ma noi possiamo intendere qui, senza eccessive
forzature, la comunicazione], ha a che fare con qualsiasi cosa
possa essere assunta come segno. È segno ogni cosa che possa
essere assunta come un sostituto significante di qualcosa d’altro.
Questo qualcosa d’altro non deve necessariamente esistere, né
deve sussisterei fatto nel momento in cui il segno sta in luogo di
esso. In tal senso la semiotica, in principio, è la disciplina che
studia tutto ciò che può essere usato per mentire”
( Eco, cit. in Volli, 1994, pag. 50)
5. Le funzioni
10
Già trattato da Buhler1
, l’argomento delle funzioni della comunicazione è
ripreso da Jakobson che le fa corrispondere agli elementi della comunicazione.
“In potenza ogni atto comunicativo contiene tutti i fattori della comunicazione
e ne comprende anche tutte le funzioni” (Volli, 1994, pag. 23).
Riprendendo lo schema esposto nella sezione precedente sugli elementi della
comunicazione, l’analisi procede individuando sei funzioni.
Le funzioni della comunicazione secondo Jakobson
La capacità dell’emittente di esprimersi è definita funzione espressiva (o
emotiva): in un messaggio il parlante esprime la propria identità. La funzione
fatica consiste in ciò che si fa per garantire il contatto. Il codice impiegato e di
riflesso la relazione tra gli interlocutori sono definiti dalla funzione
1
Per approfondire Buhler (1934) e Ricci Bitti & Zani (1983).
11
Espressiva
(o Emotiva)
conativa
Poetica
Fàtica
Metalinguistica
Referenziale
metalinguistica. La funzione referenziale mette il messaggio in relazione con il
mondo, mentre la funzione poetica rappresenta il modo in cui il messaggio è
organizzato. La funzione conativa, infine, rappresenta la ricerca di un effetto
sull’emittente.
Da questo schema di base e generale possono essere ricavati altri strumenti
utili per affrontare situazioni specifiche. Un esempio è quello del circuito
deduttivo, adatto ad ambiti come pubblicità, moda e comunicazione amorosa
in cui si presentano una forte esposizione dell’emittente e una forte pressione
sul destinatario. Un ulteriore caso è quello della comunicazione delegata (che
nella teoria braghiana della comunicazione rappresenta il secondo livello di
comunicazione, ossia quella culturale, in cui il supporto, ad esempio il libro,
resta come documento del suo autore acquistando allo stesso tempo vita
autonoma) che coinvolge la relazione tra emittente e destinatario nelle
situazioni dove subiscono trasformazioni ed elaborazioni, come in letteratura e
nella pubblicità.
Un’ultima situazione è quella della comunicazione amplificata, cioè una
comunicazione a più stadi strutturata dai comunicatori dei mass media per
ottenere attenzione a poco prezzo come ad esempio gli eventi progettati per
attirare lo sguardo su un prodotto, un personaggio o un tema. Questo punto
verrà ripreso nella seconda parte del lavoro.
6. L’approccio semiotico
12
La semiotica si propone come la scienza che studia i segni nel quadro
della vita sociale. Dal suo punto di vista, la semiotica considera fondamentale
la comprensione del processo di significazione, ossia la capacità di creare
significati e la proprietà di un senso da parte di ogni messaggio. La relazione
di questo modello individua e coinvolge tre elementi: il simbolo (un termine
linguistico), il referente (ciò che è comunicato) e la referenza (la
rappresentazione mentale di ciò che viene comunicato).
Fondamentale, quindi, è la definizione di segno. Al riguardo vi sono
due principali correnti di pensiero: la prima si rifà a Ferdinand de Saussure e la
prospettiva strutturale; la seconda a Barnett Pearce.
Per il linguista svizzero, il segno è il risultato dell’unione tra un’immagine
acustica (il significante) e un’immagine mentale (il significato): si parla qui di
funzione semiotica, in quanto il segno è inteso come la relazione tra due
funtivi.
Parla invece di funzione di rimando Pearce, che ha definito il segno come
“qualcosa che per qualcuno sta al posto di qualcos’altro, sotto qualche rispetto
o capacità”: il segno è un indizio da cui trarre una conseguenza. Considerare il
segno come inferenza comporta l’esistenza di modelli mentali che sostengano
l’attore comunicativo nella comprensione del senso di un messaggio. Questa
concezione permette di spiegare la variabilità e plasticità con cui vengono
impiegati i segni, come nel caso della risemantizzazione contestuale dove uno
specifico segno è usato temporaneamente al posto di un altro. Questa
attenzione alla variabilità e alla differenza nell’uso fa sì che a differenza della
prospettiva strutturale, dove il segno come equivalenza implica la nozione di
codice, il considerare il segno come un’inferenza rimanda alla nozione di
contesto come sistema individuale di significati sociali per cui la
comunicazione avviene sempre attraverso molteplici contesti dove i livelli di
13
significato possono presentarsi come contesto l’uno dell’altro.
Pearce afferma che ogni atto comunicativo è un testo che deriva il suo
significato dal contesto di aspettative e vincoli dai quali deriva (Branham,
Pearce, 1986): il contesto è la rete delle condizioni e delle inferenze
interpretative in base a cui si interpreta un testo. La comunicazione si
configura come un processo sociale di coordinamento e creazione di azioni e
di gestione dei significati prodotti in questo coordinamento. Ogni partner
emette e/o interpreta l’informazione in base alla propria capacità di
costruzione e gestione dei significati: è il ricevente che la trasforma in
comunicazione attraverso la risposta. Come detto anche da Berger e
Luckmann nel loro “La realtà come costruzione sociale”, la comunicazione (in
particolare quella verbale) è il processo sociale primario in cui si creano tutti i
significati sociali, che a loro volta contestualizzano la comunicazione come
processo. Pearce chiama questo movimento di creazione e contestualizzazione
catena di interpretazioni interpretanti.
7. L’approccio pragmatico
Il contesto è centrale anche nella proposta di Charles Morris (1938). Sul
finire degli anni Trenta l’Autore ha proposto la distinzione fra semantica,
sintassi e pragmatica. Alla prima veniva attribuito lo studio del significato dei
segni; alla seconda l’indagine delle relazioni formali tra i segni; mentre il
campo di competenza della pragmatica era individuato nell’esplorazione della
relazione dei segni con gli attori, ossia dell’uso dei significati nelle varie
circostanze. Ciò sottolinea la relazione fondamentale tra segni e interpretanti:
14
la pragmatica osserva testi inseriti in un contesto. In particolare si concentra su
quei fenomeni come la deissi, l’implicatura conversazionale e la
presupposizione che rappresentano situazioni comunicative in cui il contesto è
una risorsa fondamentale per la comprensione del significato di quanto detto.
Questo approccio intende la comunicazione in primo luogo come un fare:
comunicare è agire. A differenza di uno studio strutturale della
comunicazione, tale considerazione porta l’indagine a focalizzarsi sul
dinamismo del fenomeno allontanandosi da uno studio di entità cristallizzate.
La teoria degli atti linguistici di Austin (1962) si muove in questo orizzonte.
Per Austin “dire qualcosa è anche fare sempre qualcosa” e precisamente
individua tre azioni che si compiono contemporaneamente quando parliamo:
atti locutori, che si compiono per il fatto stesso di parlare; atti illocutori, che si
compiono attraverso il parlare stesso e che corrispondono alle intenzioni
comunicative del parlante; e atti perlocutori, cioè gli effetti prodotti dal
parlante sull’interlocutore. In altre parole, i tre atti corrispondono a ciò che si
dice, ciò che si fa nel dire qualcosa e ciò che si vuole ottenere dicendo
qualcosa. Da quanto detto appare chiaro come il significato comunicato vada
ben oltre il significato lessicale di quanto detto.
8. Ritorno alle origini
Come detto nell’ introduzione, l’origine etimologica del termine
“comunicare” richiama una condivisione. Comunicare come condividere:
questo particolare taglio definitorio della comunicazione sposta energicamente
in secondo piano l’aspetto di veicolo informativo della comunicazione. Il
comunicare è primariamente un’azione in cui socialmente si negozia la
costruzione della realtà.
15
Come affermano Berger e Luckmann (1969), “il linguaggio ha origine nella
vita quotidiana, e a questa prima di tutto fa riferimento; si riferisce soprattutto
alla realtà di cui faccio esperienza in stato di veglia cosciente e che è dominata
dal movente pragmatico, cioè dai significati che riguardano direttamente le
azioni presenti o future”.
Il linguaggio offre delle oggetivazioni significative all’interno di possibilità
prefabbricate. Offre dei modelli che veicolano dei significati cristallizzati cui
le persone devono ricondurre la propria comunicazione e che rappresentano il
tema di discussione di ogni interazione comunicativa. La visione elaborata da
Barnett Pearce si muove in questa direzione, vedendo nella comunicare la
situazione in cui attraverso il linguaggio (un codice comune con la
particolarità di un intrinseco carattere di reciprocità ed elasticità) le persone
definiscono i valori fondamentali che devono guidare le loro azioni
(coordinamento), ricercano ordine e coerenza nel mondo e nelle esperienze nel
tempo che segnano il loro esser-ci nel mondo (coerenza) e attraverso la
comunicazione e i suoi modelli cercano di riconoscere quello che nel mondo
sfugge alla loro conoscenza (mistero).
Le risorse che la persona si trova ad avere e a impiegare sono le categorie
culturali, che attraverso le pratiche sociali quotidiane sono continuamente
negoziate, confermate e concretizzate. Continuamendo su questa linea di
pensiero, gli individui differenziano i propri flussi comunicativi a seconda di
quanto siano disposte a mettere a rischio le proprie risorse nella negoziazione:
meno se in una società a forte impronta religiosa, maggiormente se in una
società ad impronta tecnica.
Il linguaggio è uno strumento di definizione della realtà, anzi è lo strumento.
La comunicazione è così vista come un’inter-azione il cui obiettivo primo non
è quello di informare l’interlocutore, bensì quella di riconfermare l’esistenza
16
di una realtà definendone i contorni. Il moto di questo agire è un continuo
rimando da una dimensione inter-individuale (micro) alla dimensione delle
istituzioni (come ad esempio Chiesa, Stato, scienza, arte, filosofia), ossia le
strutture sedimentate nella realtà di cui costituiscono il livello macro.
All’interno di questo orizzonte teorico di studio della comunicazione
rientra il concetto chiave di competenza comunicativa. Questo concetto muove
dalla considerazione che per comunicare, a differenza di quanto proposto da
Shannon e Jakobson, non è sufficiente avere qualcosa da dire né avere un
codice approriato per trasmettere il messaggio. Il concetto di competenza
comunicativa mette in luce il ruolo di tutta quella serie di competenze che
vengono messe in gioco nella situazione dello scambio e che rendendolo
possibile. Ci si riferisce alla comprensione delle occasioni in cui possono
essere toccati certi temi, ai modi richiesti, ai turni conversazionali e alle
procedure per prendere parola, le figure con cui argomentarle, l’etichetta con
cui riferirsi agli interlocutori.
Tutto questo rappresenta “l’insieme di precondizioni, conoscenze e regole che
rendono possibile e attuabile per ogni individuo il significare e il comunicare”
(Zuanelli Sonino, 1981). E in riferimento a ciò Kjolseth individua quattro
livelli di competenza:
1) la “Background Knowledge”, cioè quelle conoscenze possedute da
ognuno e che sono delle precondizioni alla comunicazione che ne
permettono lo svolgimento;
2) la “Foreground Knowledge”, ossia la conoscenza di quelle regole della
comunicazione che sono rilevanti in una situazione e non in un’altra;
3) gli “Emergent Grounds”, le conoscenze specificamente necessarie in un
preciso momento dello scambio comunicativo;
4) i “Trascendents Grounds”, conoscenze ritenute potenzialmente
17
importanti in un preciso momento dell’interazione e che definiscono i
limiti di ciò che è situazionalmente apppropriato.
9. L’approccio sociologico
Negli ultimi quarant’anni si è assistito in sociologia alla cosidetta svolta
comunicativa. Dentro queste due parole è racchiuso un cambiamento alle
fondamenta della disciplina che ha portato allo sviluppo di nuovi concetti di
realtà e razionalità e all’introduzione di concetti quali senso comune e pratica
quotidiana come aspetti centrali della riflessione.
Nuovo concetto di realtà, dunque. L’abbandono della concezione ontologica
della realtà è un passaggio cruciale. La concezione predominante vedeva
infatti la realtà come un qualcosa da indagare per scoprirne le strutture
sottostanti, stabili e indipendenti dall’occhio analitico. Le categorie analitiche
vengono viste come strumenti ordinati in una specie di catalogo cui
l’osservatore attinge. Lo scontro tra queste due concezioni contrapposte è ben
rappresentato dalle parole di Achille Varzi (citato in , AA.VV, 2003, p. 2).
«Si potrebbe pensare che il catalogo in questione debba mettere in
luce le strutture in cui si articola il mondo che ci sta intorno, e
forse altri mondi possibili, indipendentemente dalla nostra attività
cognitiva. Oppure si potrebbe pensare che il lavoro necessario per
redigere un catalogo universale coincida in definitiva con
un’analisi del nostro apparato concettuale, o dell’apparato tipico
di una certa cultura [...] con cui diamo quotidianamente un senso a
ciò che ci circonda [...]»
18
Nel primo caso l’ontologia descriverebbe la natura intrinseca delle entità del
mondo (realismo), in accordo con la lezione aristotelica, mentre nel secondo
caso queste entità verrebbero ‘filtrate’, per così dire, dalle strutture universali
della percezione e del pensiero umani, e non potrebbero che essere date al loro
interno. Secondo Kant, iniziatore di questa particolare prospettiva idealista,
un’ontologia derivante da tale metafisica fornirebbe un catalogo delle entità
del ‘mondo dell’esperienza’, determinato cioè dalle forme innate (‘a priori’)
della percezione e della ragione, e quindi costruito dal pensiero umano. Come
osserva Paul M. Churchland, «gli oggetti [...] nella nostra esperienza possono
quindi essere empiricamente reali (reali per l’esperienza umana) ma non
devono essere reali in senso trascendente (reali da un eventuale punto di vista
divino [assoluto])».
La svolta comunicativa, quindi, segna il passaggio ad una realtà frutto
dell’attività cognitiva umana che ricostruisce un ordine (particolare) nella
complessità degli eventi per guidare il proprio agire (razionalità a posteriori e
non più astratta e universale.
Entro questa prospettiva sociologica, va fatta una distinzione tra
macrosociologia e microsociologia. La prima si occupa dei processi generali
riguardanti istituzioni e organizzazioni come strutture della società e nel
campo della comunicazione ha rivolto l’attenzione soprattutto ai mass media e
ai loro effetti. La microsociologia, invece, affronta le situazioni di vita
quotidiana considerandone le pratiche nella loro sequenza non sempre ordinata
avvalendosi degli apporti metodologici dell’etnografia e dei contributi di
Goffman, dell’orientamento postmoderno e dell’etnometodologia.
19
10. L’approccio psicologico
A sua volta la psicologia ha proposto un altro punto di vista sulla
comunicazione. Al centro del dibattito è la comunicazione come luogo in cui
viene giocata l’identità personale. In questo orizzonte comunicare significa
costruire e rimodellare la rete di relazioni in cui una persona è immersa. Nel
corso dei suoi studi, Bateson (1972) ha osservato come in ogni atto
comunicativo il parlante proceda su due livelli interdipendenti: il livello di
notizia e il livello di comando. Il comunicatore esercita sempre un controllo
sul messaggio che vuole mandare e lo fa per orientarlo in sintonia con la
propria intenzione comunicativa. In questa prospettiva la comunicazione si
svolge su due piani: la comunicazione e la metacomunicazione. Quest’ultimo
vede una comunicazione che ha come oggetto la comunicazione stessa: in
questo caso l’oggetto della comunicazione diventa la cornice, il frame
all’interno del quale viene interpretato il messaggio. Il contenuto informativo
passa qui in secondo piano per lasciare spazio alla relazione interpersonale che
si crea tra due o più interlocutori.
La comunicazione opera mantenendo, creando, ridefinendo i legami tra
persone: questi sono i contorni generali dell’approccio psicologico. Nel
momento in cui si comunica si definisce al contempo sé e l’altro, oltre alla
natura della relazione. Il tutto avviene in uno scambio continuo che porta al
crearsi di una spirale di messaggi che continuamente lavorano nella e per la
relazione.
La prospettiva psicologica individua un movimento che si sposta senza
soluzione di continuità tra l’identità personale e la rete di relazioni messe in
gioco, e la comunicazione.
20
11. Comunicazione come ermeneutica
q
“L’interpretazione non è la presa di cognizione del compreso, ma
l’elaborazione delle possibilità progettate nella comprensione”
(Heidegger, 1959, trad. it. p. 32)
La chiusura cui è confinato il lettore di un testo, con la sua impossibilità
di chiedere spiegazioni e criticare, è stata al centro di numerose critiche dai
tempi di Platone. In tempi più recenti McLuhan (1967; 1976) ha individuato
nella scrittura la nascita di quel fenomeno tipico delle culture alfabete che è il
punto di vista.
Ma proprio la scrittura, con il suo sistema chiuso, offre la base per l’attività
interpretativa. E specificamente un’attività interpretativa autonoma per
superare l’impossibilità di una comprensione “per confronto” (con l’autore) e
il fraintendimento che strutturalmente il testo produce dal momento in cui
viene alla luce.
Il processo interpretativo, come scritto da Heidegger, è l’elaborazione delle
possibilità progettate nella comprensione. Il processo interpretativo si muove
così di un moto circolare: il circolo ermeneutico. E’ un movimento che non
trova mai conclusione, che continuamente produce: perché ogni atto
interpretativo è un atto produttivo e le connessioni di significato che possono
nascere sono infinite. Il problema della lontananza temporale per la
comprensione si rivela una risorsa di significazione: la questione viene
ricontestualizzata e di conseguenza ridefinita, rendendo la storicità del
comprendere una leva che alimenta di continuo il circolo.
21
Nella comprensione sono sempre messi in gioco i propri pregiudizi. Anzi,
sono proprio questi a fare da sfondo: ne sono le condizioni. L’interesse che ci
muove nello studio, nel tentativo di comprensione di qualcosa lontano da noi
nel tempo è indissolubilmente legato al momento storico in cui nasce e dagli
specifici interessi che lo muovono. Sono questi ultimi due punti che vanno poi
a definire i contorni di ciò a cui poi ci accosterà.
La comprensione, quindi, può essere rappresentata come una fusione di
orizzonti che si ritengono indipendenti tra loro e che ha come punto focale il
significato nella mediazione del presente (della situazione ermeneutica).
Avendo come oggetto dell’interpretazione un testo, comprenderne il
significato consiste nel rispondere alla domanda che il testo pone. Come
afferma Gadamer, “comprendere un pensiero (un testo) significa comprenderlo
come risposta a una domanda”: la risposta a questa domanda porta alla fusione
di orizzonti prima citata. Fusione di orizzonti che è opera del linguaggio:
l’attuarsi della comprensione è sempre un venir alla parola. La comprensione
nel dialogo è un trasformarsi in ciò che si ha in comune, una trasformazione
che segna un cambiamento rispetto a quello che eravamo prima. Questa
esperienza “non ha il suo compimento in un sapere, ma in quell’apertura
all’esperienza che è prodotta dall’esperienza stessa” (Gadamer, 1989).
22
Capitolo 2. Giorgio Braga e il sistema delle comunicazioni
All’inizio degli anni Sessanta (1961) venne pubblicato un libro che
testimoniava come il tentativo di proporre una teoria generale della
comunicazione potesse ricoprire ancora un ruolo di prim’orine all’interno
23
delle indagini scientifiche. Giorgio Braga scrisse “Comunicazione e società”
con questo intento, orientando il proprio sguardo alla globalità dei fatti
culturali. Partendo dal considerare la comunicazione come una particolare
azione sociale caratterizzata da un aspetto energetico ed uno formale, Braga è
interessato ad un analisi che consideri gli aspetti sia macro che micro
sociologici. Come cioè la comunicazione si ponga nel mezzo di questi due
livelli mediando le reciproce spinte al cambiamento.
“Il tutto sociale non è una riunione di elementi anteriori né una nuova entità,
bensì un insieme di rapporti ciascuno dei quali ingenera, proprio in quanto
rapporto, una trasformazione dei termini che esso collega…Infatti il rapporto
tra soggetto ed oggetto materiale modifica ad un tempo, il soggetto e l’oggetto,
per assimilazione di quest’ultimo al primo e per l’accomodamento del primo
al secondo” (Piaget, 1950)
Rivedendo nelle parole dell’epistemologo svizzero la definizione di
concettualizzazione molecolare che più si avvicina alla propria, Braga non
manca di notare come all’interno della riduzione da lui adottata non possano
non essere considerati due fattori addizionali che nel caso della teoria
dell’azione sono gli attori o il sistema. Questi due ulteriori fattori devono
essere colti e considerati nella loro relazione: per Braga il focus è la dialettica
tra attori e sistema, cioè tra soggettivo e oggettivo, tentando in questo modo di
superare le riduzioni micro e macro sociologiche.
Per fare questo propone un sistema intermedio costituito da azioni ad alta e
bassa energia in cui gli elementi interagenti sono già noti, ma ridefiniti:
sistema sociale, comunicanti, canale, segno e codice.
1. Il sistema sociale
24
Oltre a Piaget, un pensiero che trova riconoscimento in Braga è quello
di Vilfredo Pareto. Nello studio dell’azione, infatti, prevale la
concettualizzione molecolare. Ciò porta all’accettazione del concetto paretiano
di “sistema sociale aperto”, che vede la forma della società come il risultato di
tutte le forze agenti su di essa che, determinata, retroagisce a sua volta sugli
elementi portando così ad una mutua determinazione. Questa prende forma
come un doppio processo di adattamento del soggetto all’oggetto:
l’assimilazione e l’accomodamento (Piaget, 1950). L’analizzare le varie
dimensioni del sistema, però, implica necessariamente la separazione
dell’attore dall’azione.
Nello studio dell’attore Braga si richiama a Lewin e alla sua teoria del
campo. L’interazione (continua) di attori e ambiente è stata ribattezzata da
Lewin “spazio vitale”. Prendendo decisioni all’interno del proprio spazio
vitale, gli attori agiscono e modificano il campo sociale che a sua volta
modificato spinge al cambiamento degli attori. La teoria del campo viene
inserita in un modello dove i co-attori possono creare affinità tra i loro spazi
vitali senza necessariamente passare attraverso un’osservazione comune del
campo sociale, come avviene nella comunicazione. Infatti “la comunicazione,
in particolare quella verbale, è in grado di permettere una ricostruzione
simbolica del campo sociale mediante l’interiorizzazione e permette pure una
programmazione dell’azione mediante l’attuazione delle decisioni” (Tessarolo,
2001).
Per quanto riguarda l’azione, Braga propone due possibilità di studio: l’una
vede l’azione e le sue funzioni nei confronti degli attori e del sistema, mentre
la seconda analizza l’azione per osservarne caratteri intrinseci utili alla
costruzione di modelli. Per la prima la teoria di riferimento è la teoria del
25
ruolo, adatta a spiegare come il sistema ri-opera sugli attori e gli altri elementi,
per la seconda la teoria dei giochi, che spiega come gli attori (re)agiscono alle
imposizioni che provengono dal sistema.
2. I comunicanti
I comunicanti sono stati a lungo definiti come emittente e ricevente,
sottolineando in questo modo la prevalenza di un approccio informativo-
matematico nello studio della comunicazione. Le definizioni sopra dette
impiegate in riferimento agli attori della comunicazione, infatti, ne definiscono
il campo d’azione (quello di codificare e inviare un messaggio per il primo;
quello di decodificare e comprendere il segnale per il secondo) estromettendo
il fattore, focale per Braga, della relazione tra gli attori. Ecco allora che Braga,
per prendere le distanze da tale impianto teorico, para di interlocutori.
Introdurre il termine interlocutori significa porre l’accento sull’aspetto
dialogico della comunicazione. Interlocutore, infatti, indica colui con cui si sta
dialogando: sono coinvolti quindi (almeno) un Io e un Tu. Inoltre
l’introduzione di tale termine ricontestualizza lo studio della comunicazione
ridefinendo il comunicare come agire. “Il comunicante è quindi considerato
una riduzione dell’attore sociale del quale si astraggono i comportamenti
interessati alla comunicazione nel senso del suo processo formale” (Tessarolo,
2001).
3. Funzioni della comunicazione
La comunicazione come specie particolare di azione possiede un
26
aspetto energetico ed uno formale, che si presentano in modo prevalente
(inserire immagine Braga, 1974)
Individuando questi due aspetti Braga accoglie alcuni elementi dalla teoria
matematica dell’informazione (per il livello formale) e dalla termodinamica
mutuando il concetto di entropia (per il livello energetico). La comunicazione
è un’azione che vede la prevalenza della forma sull’energia.
La distinzione fra azioni ad alta e a bassa energia trova un chiarimento nel
concetto di entropia. Infatti “se il sistema non sottraesse in continuazione
energia all’ambiente naturale si disorganizzerebbe e con esso i sistemi
personali dei membri della società. Le azioni verso l’ambiente, di
conseguenza, diventano rilevanti in quanto, per stabilire le possibilità di
sviluppo (di cambiamento sostenibile, ndr), è necessario un equilibrio tra input
e output” (Tessarolo, 1991).
La prevalenza della componente formale nella comunicazione rende
conveniente distinguere un aspetto strutturale e uno culturale. Il livello
strutturale è costituito dai comunicanti e dal canale, mentre il livello culturale
consiste nel passaggio di contenuti psichici da un individuo ad un altro
attraverso un insieme di processi eterogenei che vanno dalla formazione dei
messaggi, alla loro emissione e trasmissione, alla ricezione e interpretazione.
Gli attori (i comunicanti), strutturano un messaggio per agire un cambiamento
sulla situazione attraverso le proprie risorse. Il flusso culturale dato dallo
scambio di messaggi porta ad una retrocomunicazione che fa sì che vi sia un
cambiamento nei sistemi di riferimento di entrambi gli interlocutori
(circolarità).
Ogni comunicazione si distingue dalle altre e per questo è un tipo di
comunicazione con dei possibili sottogruppi, le specie.
A differenza delle funzioni del linguaggio (di cui si è parlato sopra
27
richiamandosi a Jakobson e Buhler) le funzioni della comunicazione sono state
meno considerate (Piaget, 1950; Langer, 1965; Braga, 1977). Braga (1974)
individua tre funzioni che sembrano descrivere meglio la comunicazione:
1) la funzione mediatrice dell’azione
2) la funzione di consumo simbolico
3) la funzione operativa
La funzione mediatrice dell’azione si realizza quando la comunicazione
può entrare in relazione con altre azioni (azioni in senso stretto, interazioni,
percezioni) o anche con altre comunicazioni. E’ presente quando vengono
trasmesse informazioni che possono provenire da percezioni o anche da altre
comunicazioni rielaborate soggettivamente. Il risultato è una comunicazione
che tende a provocare azioni rivolte all’ambiente o interazioni.
La funzione di consumo simbolico si ha quando la comunicazione
agisce in modo complesso e globale e il messaggio viene fruito per se stesso
come nel caso dell’arte o di uno spettacolo.
La funzione operativa è tipica dei linguaggi operativi e logico-
matematici ed è caratteristica di tutte le azioni poiché in tutte esistono legami
logici e combinatori.
A livello macrosociologico McBride (1982) individua le seguenti funzioni,
interessanti e utili per la seconda parte del lavoro:
- informazione, cioè la raccolta, elaborazione e diffusione di dati (in senso
ampio) che rendono capaci di prendere decisioni adeguate alle situazioni;
- socializzazione, che consiste nella creazione di un substrato comune di
conoscenze e di idee che permetano ad ogni individuo di integrarsi nel
contesto sociale;
- motivazione, cioè stimolazione delle attività individuali o collettive tese alla
28
realizzazione degli scopi comuni;
- discussione e dialogo, utili a fornire elementi pertinenti per rafforzare
l’interesse pubblico a problemi nazionali e internazionali;
- educazione, che porta alla divulgazione del sapere contribuendo allo
sviluppo dello spirito;
- promozione culturale, diffusione delle opere artistiche;
- integrazione e quindi comprensione dei messaggi tra persone, gruppi,
nazioni.
4. Canale, segno e codice
Il canale consiste di una porzione di ambiente strutturata ai fini della
comunicazione. È il supporto fisico attraverso il quale passa il messaggio e per
questo è costituito dai sensi.
La vista e l’udito sono i più impiegati nella comunicazione, ma tra i due è
l’udito ad essere superiore. Questo per due ragioni principali, ossia che il
canale uditivo è sempre aperto e che la comunicazione verbale è più veloce,
immediata. “La comunicazione fonica resta quasi completamente
convenzionale ed è da questo che deriva la sua superiorità consistente nella
possibilità di oggettivare il qui ed ora della vita quotidiana” (Berger,
Luckmann 1969).
Accanto a questi canali naturali, ce ne sono altri di carattere artificiale come ad
esempio il telefono o il computer. Per Braga questi non sono dei canali con
caratteristiche peculiari, ma sono dei semplici trasformatori (di codici) che
restituiscono il messaggio di partenza che può essere quindi ricondotto ai
sensi.
Altri autori, invece, tra cui Moles (1971), ma soprattutto McLuhan (1967;
29
1968), la pensano diversamente. Per quest’ultimo un canale “artificiale” come
possono essere i supporti tecnologici, non sono solamente dei trasformatori al
servizio di chi vuole comunicare. Sono molto di più, anzi fanno molto di più: i
canali artificiali o tecnologici (mi riferisco alla tecnologia nata dalle possibilità
introdotte dall’elettricità) “controllano e plasmano le proporzioni e la forma
dell’associazione umana” (McLuhan, 1968). I media sono delle metafore
attive: traducono l’esperienza in una forma nuova.
Per quanto riguarda il “segno”, va detto che la comunicazione è possibile solo
attraverso un sistema di segni. Intendendolo in senso saussuriano, il segno è
dato dal concetto (significato) e dalla sua realizzazione in un sistema
simbolico (significante). La significazione altro non è se non la trasformazione
di un segno in un altro sistema di segni.
Qui si inserisce la questione codice. “Il codice è tutto quello che il
comunicante conosce a priori sul messaggio e la comunicazione è possibile
quando i codici psichici e i sistemi di riferimento dovuti alle esperienze dei
comunicanti sono più simili” (Tessarolo, 1999). Il codice, quindi, consiste in
una traduzione di regole da un sistema di simboli ad un altro: è l’aspetto
sistematico dei segni che ne limita il numero di scelte possibili. La codifica e
la decodifica sono casi particolari di un processo più generale denominato
concettualizzazione o formazione di concetti.
5. I livelli della comunicazione
Seguendo ancora la proposta teorica di Giorgio Braga, possiamo
restringere il campo di studio spettante alla comunicazione a quegli ambiti
della società in cui i processi comunicativi sono predominanti sui processi
interattivi.
30
L’autore individua tre livelli comunicativi:
- il livello della comunicazione interpersonale (o di base)
- il livello della comunicazione culturale (detta anche organizzata)
- il livello delle comunicazioni di massa (o centralizzato e diffusivo)
La divisione netta in livelli segue un percorso storico ed è un’operazione dalla
valenza pratica in quanto nella comunicazione possono presentarsi casi in cui
siano presenti due livelli contemporaneamente.
Nella comunicazione interpersonale la struttura è quella della
comunicazione pura. Due comunicanti sono in collegamento attraverso un
canale. Il primo codifica un messaggio che farà passare attraverso il canale per
raggiungere il uso interlocutore: questo decodifica il messaggio e risponde.
Con questo trova completamento la circolarità della comunicazione: è il
ricevente con la sua risposta a determinare il realizzarsi della comunicazione e
il suo proseguimento. Rientra in questo livello tutto ciò che può essere
comunicato senza strumenti esterni all’organismo umano.
Spesso questa comunicazione si presenta unita all’azione e in questo caso
prevale la funzione mediatrice.
Nel caso della comunicazione in presenza, l’immediatezza della
comunicazione verbale e non verbale facilita l’adattamento dei comunicanti
alle reciproche aspettative. Gli interlocutori nel momento della scambio
comunicativo, infatti, veicolano attraverso un sistema simbolico la propria
visione del mondo. Nell’incontro di aspettative cui i parlanti devono
necessariamente adeguarsi per poter continuare la comunicazione prende
forma la “condivisione, contestazione e negoziazione” (Benhabib, 2002)2
di
2
Narrazione condivisa, contestata e negoziata è la definizione di cultura proposta
dalla Behnabib. Pensando alla cultura come la rete di significati che strutturano il
31
significati che strutturano il reale. Il parlare rappresenta un’attività creatrice: e
l’uomo è un essere parlante. La capacità di vedere il mondo come un sistema
simbolico di tipo vocale fa sì che la lingua sia il più forte sistema di
socializzazione del reale. “Il linguaggio con le sue strutture delimita fin
dall’inizio la nostra possibile esperienza del mondo poiché solo nel linguaggio
le cose possono apparire e solo nel modo in cui il linguaggio le lascia
apparire” (Vattimo, 1971).
L’incontro tra individui è quindi un incontro tra interpretazioni (visioni) del
mondo, che si incontrano nello scambio linguistico. Questo incontro avviene
sullo sfondo di un senso comune su cui si afferma l’alterità dell’altro. A tal
proposito Gadamer afferma come la comprensione sia una partecipazione al
senso comune, che però non si chiude in sé ma si caratterizza come atto
produttivo mediato dal presente.
Va sottolineato come la possibilità della comunicazione si basi sulla
considerazione e comprensione del punto di vista dell’altro. Senza
un’anticipazione delle aspettative del partner, infatti, qualsiasi scambio
sarebbe compromesso. Si parla di metacomunicazione quando si comunica
sulla comunicazione mettendone in luce l’aspetto relazionale e portando a un
superamento della rigidità del proprio sistema di riferimento.
L’interpersonalità peculiare dell’atto comunicativo fa sì che il senso non sia
mai dato ma costruito e negoziato in rapporto ai bisogni e ai progetti
dell’uomo. Ad essere negoziata è la realtà cognitiva del momento e la
relazione tra coloro che prendono parte alla conversazione. In queste
negoziazioni, cioè, viene giocato il Sé degli attori: quelle che Goffmann
chiama identità personale e sociale e Mead Io e Me. L’immagine di Sé si
mondo in cui le persone vivono e agiscono, e memori delle osservazioni di Berger e
Luckmann, possiamo estendere questa definizione al processo di continua
ridefinizione del reale.
32
forma proprio nell’interazione con gli altri, come afferma la teoria del sé
riflesso di Cooley, e in questa interazione continuamente si formano
aspettative ed esperienze. Il divenire del Sé può poi essere visto come un
“processo soggettivo-transazionale di bilanciamenti e di integrazioni”
(Tessarolo, 2001) che vede l’individuo impegnato nel cercare un accordo tra
ciò che gli altri vorrebbero che lui fosse e ciò che lui vorrebbe essere.
Nel secondo livello della comunicazione, quella culturale, il primo
comunicante diviene autore che da forma ad opere che acquisiscono vita
propria. Questo tipo di comunicazione avviene quindi attraverso il supporto di
artefatti che si pongono tra gli attori della comunicazione. Questi, a differenza
del primo livello, possono (ed è probabile) non incontrarsi mai: la trama di
significanti proposta da un autore entra autonomamente in relazione con il
secondo comunicante (o fruitore). In un secondo momento gli artefatti,
indipendentemente dai comunicanti, vanno a formare la memoria sociale, che
rappresenta l’ampliamento delle capacità umane fino al mantenimento oltre la
sua esistenza nel tempo. “Con gli artefatti l’uomo ha ampliato la propria
umanità e ha reso se stesso più disponibile agli altri, ha permesso una
maggiore socialità, ha facilitato i rapporti sociali” (Tessarolo, 2001).
Il testo che si pone tra i due comunicanti, impossibilitati quindi a costruire
insieme il significato di quanto vissuto attraverso di esso, reintroduce la
questione della comprensione. Come definito da Mariselda Tessarolo (1991),
“la capacità di comprensione è una dote fondamentale dell’uomo e sta alla
base della vita sociale”. Per chiarire questa affermazione e la questione della
comprensione è necessario però richiamare l’ermeneutica nella figura di H. G.
Gadamer. Presupposta la volontà di comprendersi, il testo3
chiama il “lettore”
3
Testo va qui inteso sia come opera alfabetica sia come opera in generale, che è
comunque una trama di significanti ricostruita dall’osservatore/fruitore attraverso
33
ad un completamento che può essere pensato come la risposta ad una domanda
che il testo pone. Comprendere è quindi comprendere questa domanda. E nel
domandare si dispiega la possibilità di senso: l’oggetto dotato di senso
trapassa nell’opinione dell’interprete, che non ne determina la forma ma anzi
ne allarga la portata semantica introducendo nuove connessioni di senso: “il
fattore soggettivo e quello oggettivo si risolvono l’uno nell’altro acquistando
una nuova consistenza e un nuovo contenuto” (Cassirer, 1961). L’opera si
colloca ad un livello neutro in cui si incontrano la capacità estesica dell’autore
da una parte e la capacità poetica del fruitore dall’altra.
La struttura centralizzata nella fonte e diffusiva nel messaggio
caratterizza il terzo livello delle comunicazioni. Tipico della società moderna,
si caratterizza per l’uso di tecnologie più evolute come il telefono, il
computer: tecnologie che hanno come motore originario l’elettricità.
I due comunicanti assumono qui il nome di fonte e audience. La prima è
costituita da un insieme di persone che preparano, formano e creano messaggi
e che hanno quindi un vantaggio rispetto a chi lo riceve dato dalla priorità
nella scelta del contenuto e nella modalità di emissione. Anche qui, come nel
secondo livello, è negata la possibilità di una retrocomunicazione immediata4
.
Nonostante ciò accumulandosi nel tempo i messaggi finiscono con il sommare
i loro effetti fino ad arrivare a modificare le stesse configurazioni culturali.
Anche nella comunicazione di massa la formazione e la presentazione dei
messaggi è il problema principale: tutti i tipi di messaggio devono sottostare a
regole particolari come non suscitare timore, canalizzare motivazioni
precedenti o cercare di innovare. E nel momento della presentazione la fonte è
una narrazione. “L’attuarsi della comprensione è sempre un venir alla parola”
(Gadamer, 1989)
4
Può esistere una retrocomunicazione non immediata rappresentata ad esempio dal
fax, la posta elettronica o le telefonate in diretta televisiva (Tessarolo, 1999)
34
consapevole che possono presentarsi fenomeni come l’effetto boomerang o
quello di vaccinazione.
Lo studioso che più si è dedicato al campo dei mass media è Wilbur Schramm,
che ha teorizzato più modelli tra cui quello qui proposto sulla struttura del
terzo livello comunicativo (inserire immagine pag. 51).
Per quanto riguarda le teorie sui mass media, le più consolidate sono la spirale
del silenzio, la teoria del gap conoscitivo e la teoria della coltivazione basate
sul modello degli effetti forti, oltre alla teoria degli usi e delle gartificazioni e
dell’agenda setting.
Nella teoria della spirale del silenzio i media sono visti come fonti di
osservazione di cui le persone di servono per cogliere l’andamento generale
delle opinioni nei confronti di un certo oggetto sociale. Questa teoria afferma
come la cumulazione e la consonanza sono entrambi fattori che prevengono la
percezione selettiva portando così a rifiutare la tesi che i media rinforzino (e
non modifichino) gli atteggiamenti. L’opinione pubblica di cui ognuno è
elemento costituente porta alla conformità di atteggiamenti e comportamenti
minacciando, implicitamente, l’esclusione sociale data dalla non conoscenza
delle regole di integrazione sociale.
Mentre per la teoria dell’agenda setting i media filtrano le informazioni
amplificandone selettivamente alcune in modo da mostrare alle persone non
come pensare, ma cosa pensare. I media fanno sì che si crei un insieme di temi
su cui le persone devono avere un’opinione indipendentemente da quale essa
sia5
.
5
Per un approfondimento si rimanda a Wolf (1985; 1992).
35
36
Capitolo 3. L’evento culturale
Al giorno d’oggi si sta assistendo ad un fiorire di iniziative
comunicative conosciute con il nome di eventi. Più precisamente, eventi
culturali. Da che cosa nascono queste iniziative? Dove si collocano all’interno
del sistema delle comunicazioni? Che ruolo è proposto a chi è coinvolto? In
ultimo, qual è il loro ruolo nella comunicazione? A queste domande si
cercherà di rispondere nella parte successiva dell’elaborato, dopo aver
proposto una definizione della formula linguistica “evento culturale” per
tracciarne i confini.
1. Vedi alla voce evento
37
Aprendo il dizionario6
della lingua italiana, alla voce evento si trova
questa definizione: “avvenimento, fatto di una certa importanza”. Anche
declinando il termine all’interno del campo della comunicazione il quadro
dell’osservazione rimane valido.
L’evento (culturale) si struttura e si propone come un momento doppiamente
significativo: per il tema attorno al quale gravita e significativo in quanto
momento produttivo di senso e significati. L’evento partecipato, infatti, si
presenta come una situazione di aggregazione, o meglio socializzazione:
socializzazione a nuove possibili forme relazionali e socializzazione a visioni
altre del reale. L’evento culturale è un momento di “costruzione di
conoscenza”: come detto da Berger e Luckmann (1969), “la conoscenza è un
prodotto sociale e allo stesso tempo è un fattore di cambiamenti sociali”
(Berger e Luckmann, 1969, p. 125).
Costruzione di conoscenza, relazione, nuova relazionalità, visioni del mondo,
significati. Senso. Questi sono i termini chiave su cui poggia questo discorso
attorno all’evento culturale.
L’evento è innanzitutto un “medium”: si (pro)pone come elemento di
congiunzione sia nella relazione tra attori sociali che in quella tra attori sociali
e realtà. Mantovani suggerisce che il termine mediare stia a significare
“rendere accessibile all’esperienza e allo stesso tempo vincolare l’esperienza
in un certo modo” (Mantovani, 2004, p.74). Queste relazioni non hanno forma
stabile, ma piuttosto si riplasmano continuamente cambiando proporzioni e
producendo sempre nuove rappresentazioni del reale. Le forme che l’evento
può assumere sono varie: una mostra fotografica sugli eventi degli anni di
piombo, un concerto, una rassegna di proiezioni sul cinema di fantascienza, un
6
Garzanti 1989.
38
allestimento con installazioni poste lungo il corso principale di una città. Può
vedere coinvolti vari attori: l’artista, il fruitore, il pubblico, una fusione tra
autore/artista e pubblico come nel caso delle performance d’arte
contemporanea. L’evento nel contesto sociale contemporaneo, ma in
particolare nella cornice metropolitana si propone come momento di
aggregazione che, offrendo stimolazioni originali, suscita un senso di
appartenenza a un gruppo sociale.
Gruppo sociale definito e generato in base ad una convergenza di interessi dei
soggetti-attori coinvolti, e non inteso come elemento della stratificazione
sociale i cui confini sono delimitati da fattori socio-economici. Con questo non
si vuole negare il ruolo di fattori quali reddito, livello di formazione, ambiente
in cui si è cresciuti e in cui si vive. Tutt’altro. Ma credo sia più proficuo
parlare di interessi, intesi come province di significato che guidano il
muoversi degli attori nel mondo (e che possono essere il risultato della
combinazione degli elementi sopra detti). Infatti, parlare di stratificazione
sociale porta a rappresentare la società in blocchi separati all’interno dei quali
gli individui si ritrovano: un’immagine che richiama lo stampo sociale
durkheimiano. Considerare gli interessi come motore dell’azione individuale
porta invece a vedere le associazioni umane (i gruppi sociali) come il prodotto
dell’attività congiunta di più persone7
in relazione: ciò rappresenta un
movimento trasversale all’individuazione di classi sociali.
Il contesto metropolitano in cui si situa la proposta culturale è il risultato di
una serie di mutamenti sociali avvenuti nel Ventesimo secolo che ha visto la
perdita di legittimazione delle vecchie istituzioni portando allo smarrimento
dell’individuo. Quest’ultimo, affascinato dalla pluralità di stimoli che gli sono
7
Il gruppo sociale come associazione di individui mossi da interessi
involontariamente comuni: un esito inintenzionale di azioni intenzionali come
affermato dalla scuola economica austriaca (von Mises a Rothbard) e anche da
Boudon.
39
offerti, cerca continuamente punti di riferimento che gli permettano di
costruire e dare stabilità alla propria identità nel mutare delle situazioni
(Guarino, 2003; Tessarolo, 2004; Zorino, 2006). Parlare di metropoli e di
ricerca di identità dopo il crollo dei sistemi forti di riferimento e delle loro
proposte di narrazione porta necessariamente a considerare quale sia lo stato
attuale del sistema di comunicazione culturale attraverso degli eventi.
Nella società attuale, infatti, il consumo rappresenta il principale strumento di
investimento esistenziale e la proposta di cultura diviene un servizio che porta
con sè dei consumatori. Il prodotto cultura è lo strumento per raggiungere il
benessere e all’interno di questo sistema l’evento culturale assume il ruolo di
comunicare una risposta al bisogno di identificazione moderno che porta poi
alla condivisione di rituali collettivi che contribuiscono a sostenere ed
accrescere il sentimento di appartenenza ad una tribù sociale.
L’evento culturale, quindi, comunica in primo luogo una possibilità di
identificazione. Ma all’interno di questa possibilità si gioca l’atto
fondamentale della produzione di senso. La produzione di senso può essere
riconosciuta come il risultato, o la capacità, di mettere in relazione i significati
prodotti nell’interazione sociale (e l’evento è un contesto particolare
dell’interazione sociale) per organizzare il proprio essere e il proprio fare nel
mondo.
L’aggettivo culturale richiede però una piccola argomentazione. Richiamando
l’approccio della psicologia culturale nella figura di Seyla Behnabib,
definiamo la cultura come una “narrazione condivisa, contestata, negoziata”
(cit. in Mantovani, 2004). La cultura quindi prende forma nella narrazione
durante il corso della vita. In questo scorrere biografico l’evento può
rappresentare un momento in cui attraverso una narrazione negoziata (con le
altre persone che partecipano) trovano una situazione specifica di
40
realizzazione “processi in cui principi e norme astratte sono concretizzati e
legittimati” (Benhabib, cit. in Mantovani, 2004). Questo processo porta alla
creazione di significati che nati dall’interazione nel contesto dell’evento
diventano parte della biografia dell’individuo, allargandosi al contesto
generale di vita dove andranno incontro ad altre negoziazioni e ridefinizioni.
Sotto un’altra luce, un “evento culturale può essere definito come una
proposta che ha come oggetto un particolare tema o questione già presente o
che vuole essere introdotto nel contesto sociale in cui ha luogo e su cui si
propone di aprire o a cui aspira a dare nuova luce”. Nel fare questo, l’evento
ha una connotazione temporale particolare. Pur svolgendosi in un periodo di
tempo limitato, che può essere unico o ricorrente, il suo effetto o, meglio,
l’effetto del coinvolgimento che riesce a creare si muove su un arco di tempo
che trascende questo limite. L’esperienza del partecipare ad un evento
culturale, infatti, supera i confini temporali del contesto organizzato allargando
i significati di cui è costellata l’esperienza all’intera vita personale. L’evento è
tale in quanto strutturato per essere un momento particolare nella vita di un
individuo che però allunga il proprio essere avendo come testimone l’esistenza
stessa di chi vi ha partecipato.
2. Questione di senso(i)8
Evento come situazione di rielaborazione di un apparato simbolico per la
produzione di significati e senso nella mediazione del presente. Prendendo
queste parole a definizione del termine “evento”, mi sembra necessario
affrontare la questione della produzione di senso nel contesto sociale attuale.
Il senso può essere definito come l’orientamento di definizione del reale che
8
Per approfondire il discorso sul senso nella società d’oggi si rimanda al libro di
Guido Lazzarini (1999).
41
ha il compito di ridurre l’infinita complessità del reale. Questa riduzione fa sì
che l’individuo non si ritrovi colpito e immobilizzato da una quantità di
stimoli indifferenziati, ma sia un attore in grado di usare il proprio particolare
ordine del mondo come base per l’attuazione di un progetto di vita.
Considerare il senso ci fa muovere su due livelli. Un livello in cui il senso è
definito come la base dell’intenzionalità della coscienza ed un altro in cui il
senso è connotato come produzione di significati (vista la sempre maggiore
difficoltà nell’individuare il momento attivo della coscienza nell’agire nel
sistema sociale odierno). In riferimento a quest’ultimo punto, che è al centro
della nostra attenzione, Habermas percepisce l’agire dotato di senso come
un’interazione linguistica, spostandosi verso una razionalità comunicativa: c’è
senso quando è presente un linguaggio ordinario che permette la trasmissione
delle esperienze tra i soggetti. Aggiustando ulteriormente i contorni della
definizione, si può considerare il senso come ogni forma determinata di
definizione del reale che rende possibili comprensione e interpretazione della
società. Affrontando il contesto delle società complesse, possiamo osservare
come nonostante l’individuo sia sottoposto a un processo esterno di
formazione, attraverso la coscienza elabora le sue conoscenze ed esperienze
andando a formare un proprio sistema di significati: è proprio quando la
differenza tra sistemi di significato particolari è accettata e fondamentale per la
comunicazione che si può affermare esista una relazione sociale. Ed è proprio
all’interno di questa relazione sociale, che ha la sua base nella comunicazione,
che si giocano i fenomeni dell’interpretazione e comprensione dal duplice e
simultaneo orientamento verso il mantenimento e il cambiamento del reale.
Come osservato da Lella Mazzoli, noi viviamo in una società “che sempre più
non a caso costruisce la propria identità proprio a partire dalla comunicazione,
come processo fondamentale sia per il sociale nel suo complesso sia per gli
42
orizzonti di senso delle singole soggettività” (Mazzoli, 2004, p. 283)9
.
Orizzonti di senso che si risolvono in una fusione di orizzonti di senso per
mezzo del linguaggio (Gadamer, 1989, p.436)10
. Questa è una delle riflessioni
dell’ermeneutica gadameriana. Insieme all’affermazione della storicità del
comprendere (Heidegger, 1927; Gadamer, 1989, pp. 347-348), ossia il
considerare la mediazione nel presente dei significati comunicati come atto
produttivo in cui la distanza tra autore e interprete non è un abisso da superare,
ma una risorsa del comprendere da cui nascono continuamente insospettate
connessioni di significato: l’evento culturale è un medium che media nel
presente la continua sintesi delle tre dimensioni temporali di passato, presente
e futuro.
L’evento culturale è un contesto particolare che vede più soggetti coinvolti nel
rispondere alla domanda che il tema della situazione pone. “Comprendere un
pensiero (o il contenuto che un interlocutore ci propone11
) significa
comprenderlo come risposta ad una domanda” (Gadamer, 1989, pp. 427 –
437). Nell’evento il dialogo tra le persone coinvolte è un continua fusione
degli orizzonti del comprendere. Nel domandare il comprendere apre alle
possibilità di senso: l’oggetto dotato di senso trapassa nell’opinione
dell’interprete dando il via ad un processo potenzialmente infinito che ha
come risultato una continua creazione di connessioni significative che altro
non sono se non il continuo operare dell’uomo sulla realtà da cui questa
prende forma12
.
“La creazione e la fruizione di un’opera d’arte o di un prodotto, non sono
eventi singoli, ma fanno parte di un processo sociale che coinvolge l’individuo
9
All’interno del testo a cura di Massimo Negrotti (2004).
10
Ci si riferisce all’edizione curata da G. Vattimo.
11
Parentesi mia.
12
Si richiama ulteriormente al testo “La realtà come costruzione sociale” di Berger e
Luckmann per un’analisi del linguaggio come strumento creatore di realtà.
43
e la società in modo circolare e ripetitivo” (Tessarolo, 2004).
3. La fruizione del prodotto culturale. In che luogo del sistema?
Ma facciamo un passo indietro. Appoggiandoci sempre sulla proposta
teorica di Giorgio Braga, cerchiamo di individuare la posizione del fenomeno
evento culturale all’interno del sistema delle comunicazioni.
L’evento come proposta culturale si colloca a cavallo tra il primo
(interpersonale) e il secondo (culturale) livello comunicativo. Questo in quanto
all’interno di una comunicazione organizzata si colloca l’insieme di
comunicazione interpersonali che danno forma allo stesso evento e ai
significati che nascono nella sua cornice dall’incontro tra visioni del mondo
particolari. L’attività creatrice del linguaggio porta a ridefinire i propri universi
di significato in una continua fusione di orizzonti di senso attraverso il
trapasso di opinioni da un interlocutore all’altro.
Le funzioni di questo tipo di comunicazione sono principalmente di
“mediazione dell’azione” (prima funzione comunicativa nello schema di
Braga), ma anche di “consumo simbolico” (seconda funzione comunicativa).
La funzione prevalente è di mediazione dell’azione in quanto i significati e le
informazioni veicolate in un evento culturale sono al centro di negoziazioni il
cui risultato si ha sia su un piano di ridefinizione dell’universo simbolico sia,
44
conseguentemente, su un piano di modifica del progetto di azione verso
l’ambiente. L’insieme simbolico di cui ognuno è in possesso è sia il vincolo
che la risorsa per la sua azione: ridefinirlo significa quindi ritracciare il suo
orizzonte di senso per l’azione. “L’artista, come figura storica, fa parte del
pubblico con il quale condivide, elabora e utilizza gli stessi processi simbolici,
ma si pone al di sopra del pubblico quando mette in atto la sua capacità
poetica. Tale messsa in atto è spinta dall’esigenza di rendere visibile, di dare
forma ai simboli condivisi socialmente” (Tessarolo, 2004, p. 146).
Parlare di evento culturale sottolinea inoltre l’importanza di definire
che cosa si intenda per cultura e che cosa rappresenti il prodotto culturale.
Nel contesto attuale si assiste ad un pluralismo culturale: una sempre maggior
differenziazione dei processi culturali caratterizza la società e le iniziative che
nascono e si muovono al suo interno. In questo scenario frammentato la
“fruizione caratterizzata da consumo simbolico si svilupperà sempre più con il
supporto dei consumatori in quanto prodotto culturale sarà anche prodotto
economico” (Tessarolo, 2004, p. 145). La fruizione si presenta come un
momento di rivendicazione da parte del soggetto delle proprie preferenze
artistiche, non facendo eccezione al processo più generale (globale) di ricerca
e affermazione della propria irriducibile identità e individualità. Ciò si pone in
contrasto con quanto avveniva precedentemente, ossia quando era possibile
parlare di gusto intendendo con questo un significato condiviso tra
committente, artista e pubblico: questa era la situazione che caratterizzava il
panorama culturale prima dell’esplosione della voglia di affermazione e del
conseguente fiorire di proposte sempre maggiori, ma soprattutto sempre più
diversificate: “una deregulation artistica che possiede una innegabile e forte
matrice sociale” (Tessarolo, 2004, p. 147). In un’ipersegmentazione di
tematiche e stili di vita, la persona si ritrova a scegliere tra nicchie di
45
consumo: i fruitori, paradossalmente, “si incontrano perché condividono
preferenze esclusive e ristrette” (Tessarolo, 2004, p. 22113
). Il fruitore è un
individuo che deve essere convinto e inserito in un processo di consumo in cui
il bene è la cultura: questo suo ruolo fa sì che possa influenzare la produzione
e tendenzialmente lo fa in un modo tale da richiedere che i cambiamenti
introdotti siano comprensibili14
. E la forma che questi prodotti culturali
assumono è strettamente collegata al contesto in cui nascono (Crane, 1997).
Riferendoci sempre al contesto, cioè in generale al sistema sociale che vede
un’offerta di cultura, si può osservare come questo sia in continuo mutamento.
Come detto da Tessarolo (2004, p. 148), “i mutamenti che coinvolgono la
società nascono al suo interno con l’aiuto di spinte esterne e questi
cambiamenti sono necessari perché ogni generazione è diversa dall’altra e
deve trovare il suo peculiare modo di espressione”. Questa spinta al
cambiamento vede profilarsi all’orizzonte una promiscuità culturale in
continua espansione (pammixia), che rispecchia la soggettività come principio
dell’età moderna: la molteplicità dei punti di vista non solo interni allo stesso
sistema sociale, ma anche costitutivi di una stessa cultura e di uno stesso
sistema di riferimento. Ciò porta ad individuare come processi dominanti
quelli di ricezione delle opere e la loro reinterpretazione: l’evento assume la
connotazione di medium nel presente in cui si modificano e creano significati
e senso.
Le odierne manifestazioni culturali sono caratterizzate dalla combinazione di
generi diversi che altrimenti, presi isolatamente, non riuscirebbero a dare
forma a universi autosufficienti.
Fruitore come figura nuova in una società dei servizi, in cui anche la cultura è
13
All’interno del testo a cura di M. Negrotti (2004).
14
Qui si inserisce il discorso delle avanguardie, con il loro proporre sempre
significati nuovi, e gli ampi pubblici, che non richiedono prodotti troppo nuovi ed
ambigui (Tessarolo, 2004).
46
un servizio che viene consumato. Ma l’individuo non vuole essere solo un
consumatore, bensì un consum-attore (Zorino, 2006). Il consumo, infatti, è un
modo di pensare e di comunicare (Douglas e Isherwood, 1979) inserito in un
processo di autocostruzione identitaria che passa attraverso rituali associativi,
per cui si può a ragione parlare di neotribalismo(i). Il soggetto muove i suoi
passi fondandoli sulla consapevolezza della sua assoluta arbitrarietà di scelta
inserita in un contesto di continua e differenziata offerta. I rituali associativi si
presentano come espressione di “libertà e di una volontà di partecipazione
ponderata e consapevole ad una progettualità con cui ci si identifica” (Sen,
2000). E attraverso cui cerca di costruire la propria identità, aggiungerei.
Quanto detto ci porta ad intravedere la nuova relazione tra artista e fruitore, di
cui si parlerà nel capitolo successivo.
47
48
Capitolo 4. FuturoPresente. Comunicare la contemporaneità
"Contemporaneo è ciò che è e non è ancora”
(Massimo Belpoliti)
Il Festival FuturoPresente15
è un appuntamento che da quattro anni
porta ad esplorare le tendenze della cultura contemporanea nella cornice della
città di Rovereto. La rassegna vede coinvolti artisti di livello e fama
internazionale alcuni dei quali impegnati in una prima nazionale. L’obiettivo
che anima ideatori, curatori e organizzatori della manifestazione è quello di
offrire un evento che rappresenti un’eccellenza nel panorama culturale
trapassando i confini del territorio dove nasce.
Nel primo appuntamento del 2005, la figura attorno a cui si è sviluppato
l’evento è stata quella di Merce Cunningham; nell’anno successivo è stata la
volta di Philip Glass, mentre nella terza edizione con e attraverso Bernardo
Bertolucci e la sua opera si è cercato di proporre una riflessione sul
contemporaneo.
In quest’ultimo anno, cui ho avuto modo di partecipare in veste di stagista
seguendo le ultime fasi organizzative e le giornate in cui l’evento
15
Per una rassegna (anche fotografica) degli artisti e delle loro opere, e degli ospiti
che hanno preso parte all’evento, si rimanda al sito ufficiale della manifestazione
www.festivalfuturopresente.it
49
FuturoPresente ha preso effettivamente forma, la proposta culturale ha visto
come elemento cardine attorno al quale sviluppare il concetto di
contemporaneità la relazione tra arte e nuove tecnologie. In particolare
l’interrelazione tra le forme artistiche della musica, della danza, della visual
art, del cinema e del design.
Riprendendo la citazione che introduce al capitolo, contemporaneo può
essere definito ciò che è e non è ancora. Contemporaneo è ciò che è già
presente ma che non è del tutto compreso in quanto contiene in sé degli
elementi futuri che segnano la loro diacronicità e differenza proprio in questa
parziale incomprensione e ambiguità. Questa considerazione, uscita da un
colloquio in cui ho avuto la possibilità di intrattenermi con uno degli ideatori
della manifestazione, il dottor Paolo Manfrini, è stato l’incipit creativo,
l’intuizione che ha portato a pensare alla possibile cornice su cui potesse
districarsi il discorso e l’esperienza del contemporaneo. Sono questi due gli
elementi portanti dell’evento FuturoPresente: il vissuto delle “singole” persone
attraverso le parole pensate nel fluire narrativo per dare senso e costruire senso
rappresenta il significato ultimo del concetto che sta sotto il nome di
“contemporaneo”. Come ovvio, il risultato sarà tutto fuorché unico.
Probabilmente il concetto porterà con sé tante sfaccettature quante sono state
le menti che hanno partecipato all’evento. E questo in una valutazione per
difetto: per quanto la mente si esprima come una narrazione che cerca di
tracciare coerenza, affrontare il contemporaneo significa porsi in parte davanti
a qualcosa di ambiguo e quindi, specialmente nell’oggi in cui viviamo,
qualcosa che difficilmente può essere ridotto a coerenza.
La scelta di prendere la tecnologia come secondo polo dell’evento ha
messo in luce la natura interattiva di quest’ultima (richiamando McLuhan,
50
196716
). L’aspetto dell’interattività nell’arte non è cosa nuova: in primo luogo
perché ogni “opera d’arte” ha bisogno di un fondamentale coinvolgimento
interattivo che consiste nella disponibilità a farsi interrogare dall’opera per poi
trovare una risposta di significato e senso (Gadamer, 1983, p. 148); e in
secondo luogo in quanto la sperimentazione per un sempre maggior
coinvolgimento della persona nell’opera ha già una storia rilevante17
.
Il Festival FuturoPresente voleva rappresentare anche in questo
orizzonte un’eccellenza culturale. Un orizzonte che vedesse le persone
coinvolte assumere e vivere un ruolo diverso, più attivo e fondamentale: un
ruolo di co-autori dell’opera e di voci narranti della manifestazione18
.
Sembrano quantomai appropriate le osservazioni di Zolberg (1994) e Becker
(1982) che affermano come sia difficile parlare di opera d’arte isolatamente,
preferendo parlare di “processo mediante il quale viene fatta e rifatta ogni qual
volta qualcuno ne faccia esperienza o la apprezzi”. “Il pubblico con la sua
partecipazione all’opera stabilisce un’interazione sociale che riunisce
socialmente la ricezione e la produzione tanto da non poter distinguere il
fruitore dall’artista” (Tessarolo, 2004, p. 149).
16
17
Per un approfondimento dell’argomento si veda Peppino Ortoleva (2002) e Fadda
Simonetta (1999).
18
Al di là del loro essere “pilastri” dal punto di vista economico. Questo non per
pormi in antitesi al mercato dell’arte. Assolutamente. Ma per sottolineare
l’importanza della persona come elemento chiave delle singole performance e
dell’evento nel suo insieme.
51
1. Arte - ? - Tecnologia
“Non ci sono spettatori,
tutti sono attori sull’astronave Terra”
(Buckminster Fuller)
“Il fruitore viene invitato a vivere un'inusuale esperienza in cui artificiale e
reale si fondono, e c'è la volontà di giungere attraverso l'interfaccia uomo-
macchina ad un'arte che permetta di costruire liberamente i propri liminari
percorsi espressivi e di attivare dei circuiti di senso carichi di energia.
Questo tipo di arte vuole determinare una trasformazione sia nel concetto
di artista (che non appare più come il creatore di qualche intoccabile
simulacro sacrale), che in quello del fruitore (che viene invitato a
trasformare l'opera e contribuisce al suo esserci). Di conseguenza anche
l'opera d'arte in sé risulta diversa e diventando azione, pratica
performativa, non risulta più un oggetto mercificabile in un sistema
artistico chiuso” (Bazzichelli, 1999).
Il prendere forma dell’opera coincide con la partecipazione all’opera
stessa del cosiddetto “fruitore”. Il termine è virgolettato in quanto in questo
momento, dove l’arte si sta sempre più spostando verso la “performance”,
l’etichetta di fruitore può non è più del tutto adeguata. Il ruolo della persona
sembra andare oltre quello del fruire facendola diventare elemento dell’opera
52
o forse meglio, co-autrice dell’opera. Pensare l’installazione interattiva di
William Forsythe19
come opera esistente senza il passaggio delle persone
davanti alla camera, che ne cattura il movimento per poi trasformarlo sulle
onde della danza e infine proiettarlo su uno schermo dove ognuno può
ritrovarsi deformato, sembra insostenibile. L’opera è la persona che osserva il
proprio corpo e il suo muoversi deformato venendone coinvolta e dando così
continuità ad un’interazione uomo-macchina totalmente coinvolgente che
diventa arte. “Totalmente” poiché la persona è immersa con tutto il suo essere
psico-fisico. E’ difficile qui non richiamare nuovamente McLuhan e il suo
vedere i mezzi tecnologici come estensioni del corpo, come momento di
ridefinizione delle proporzioni tra i sensi che portano ad un rinnovamento
psichico (1967; cfr. De Kerkhove, 1996).20
Lungo Corso Bettini (il corso centrale di Rovereto), ad esempio, Studio
Azzurro21
ha pensato di strutturare un’installazione che portasse le persone
coinvolte ad una completa immersione. Nel progetto del gruppo milanese
“spariscono il punto di vista e la prospettiva: solo l’immersione consentita dà
la chiave d’interpretazione dell’opera” (de Kerckhove, 2008)22
.
“Con l'arte tecnologica e interattiva viene liberato il prodotto artistico
dalla sua "aura", dal suo "hic et nunc", dal suo "valore espositivo",
19
William Forsythe è un famoso coreografo statunitense. Per un approfondimento
sulla sua figura si rimanda direttamente al sito ufficiale della sua compagnia:
www.theforsythecompany.de
20
“Nell’era elettronica noi tutti indossiamo la nostra umanità come una pelle”
(McLuhan, 1967).
21
Avanguardia italiana della videoarte negli Anni 80, Studio Azzurro è un gruppo di
artisti dei nuovi media, che è stato fondato nel 1982 da Fabio Cirifino (Fotografia),
Paolo Rosa (arte visiva e cinema) e Leonardo Sangiorgi (grafica) a Milano. Il link al
loro sito ufficiale è www.studioazzurro.com
22
Dalla brochure di presentazione dell’evento FuturoPresente. Arte e nuove
tecnologie
53
che rendono l'opera unica, irripetibile, lontana dalla fruizione diretta
dell'individuo, una specie di feticcio da osservare a distanza
(ricordando le parole di Benjamin che negli anni '30 comprese
l'importanza, per una fruizione generalizzata, del connubio fra arte e
tecnica, analizzando la comparsa della fotografia e del cinema nella
nascente società di massa).
Più specificamente, muore l’"aura" vista come originalità
intoccabile, derivante dal lavoro manuale di un unico artista, mentre
nascono, se vogliamo, una pluralità di "auree" quante sono le
esperienze dirette dei fruitori, che prendendo parte al processo
creativo agendo performativamente sull’opera d’arte, contribuiscono
a realizzarla nel suo insieme.
Infatti ogni fruitore viene invitato a vivere una personale esperienza
psicosensoriale, confrontandosi e interagendo con la creazione
dell'artista, la quale appare quindi sia una che molteplice, mai uguale
a se stessa” (Bazzichelli, 1999).
Ogni epoca ha realizzato modalità differenti per far incontrare artista
e fruitore. E va osservato come “il rapporto tra questi comunicanti
particolari è complesso e la complessità non è dovuta al semplice incontro
di due individui, ma a quello di due modi di vedere, e di far vedere, la
società” (Tessarolo, 2004, p. 146). Riflettendo su questa considerazione e
nel contempo guardando all’evento FuturoPresente possiamo però
sottolineare ulteriormente delle possibili differenze. Possibili differenze a
cui si darà ulteriore spazio di discussione e sostegno nella sezione
riservata al commento dei dati raccolti attraverso questionario durante i
giorni dell’evento.
54
Se da una parte di prospettano due attori dai ruoli differenti e
complementari (artista-fruitore), dall’altra abbiamo due attori che
collaborano nel creare il senso stesso del momento. Quest’ultimo caso è
quanto si realizza nella performance di Francisco Lopez23
, esteta sonoro
impegnato in una continua ricerca verso l’ascolto puro, profondo e pulito
del suono. In un ambiente completamente oscurato24
le persone erano
chiamate ad una esperienza di realtà virtuale veicolata da suoni campionati
negli ambienti più diversi. La combinazione di questi elementi sonori,
però, non rappresenta l’opera: ne può rappresentare il metadiscorso.
L’opera vera e propria, o meglio, la performance, si realizza nel momento
in cui il soggetto viene immerso nel metadiscorso dell’esperienza
“virtuale” (i suoni campionati di Lopez e la loro sequenza, ad esempio) a
cui lui stesso darà forma e voce attraverso le parole che daranno luogo ad
una narrazione di significati e senso dell’esperienza.
La persona che decide di prendere parte ad un evento quale è
FuturoPresente dovrebbe ritrovarsi immersa in un’esperienza totalizzante
che la vede protagonista del momento e co-autrice del suo contenuto.
Nuovo ruolo, creazione di conoscenza, nuovo senso oltre i confini
dell’evento: l’immagine che ho cercato di tracciare in queste pagine
voleva trasmettere l’idea dell’evento culturale come momento di una
catena partecipativo-conoscitiva di creazione e negoziazione di significati,
ognuno dei quali unico nella sua forma, ma non isolato nel suo essere
partecipato.
Attraverso l’analisi dei dati raccolti con l’obiettivo di tracciare un profilo
della persona che ha preso parte al Festival e del suo vissuto in termini
23
Per maggiori informazioni sull’artista e il suo lavoro di ricerca si rimanda al sito
ufficiale www.franciscolopez.net
24
Anche grazie all’utilizzo di bende distribuite prima dell’inizio della performance
per far sì che nessun elemento visivo disturbasse l’ascolto.
55
generali cercherò di dare ulteriore sostegno e chiarezza alla mia
argomentazione.
56
Capitolo 5. L’obiettivo della ricerca. Chi viene coinvolto?
1. Introduzione
A questo punto della riflessione attorno all’evento culturale si
inserisce l’analisi dei dati raccolti durante i giorni dell’evento
FuturoPresente. E’ sembrato infatti opportuno affiancare ad una
discussione teorica una ricerca empirica.
L’orizzonte d’interesse si è mosso verso il delineamento della figura del
visitatore coinvolto nel Festival: per questa ragione si è proceduto
individuando non delle ipotesi da corroborare o falsificare, bensì
l’obiettivo che avrebbe dovuto guidare l’analisi: un profilo del
partecipante all’evento, per l’appunto.
Oltre all’individuazione dell’obiettivo, il disegno della presente ricerca
prevede la strutturazione di un questionario, una fase empirica e una fase
di interpretazione dei dati.
Lo scopo di individuare un profilo medio (probabilistico) dell’attore
sociale coinvolto nell’evento si basa sull’elaborazione di dati forniti
direttamente dall’intervistato.
2. Strumento e metodologia
L’indagine è stata condotta nei giorni del Festival (5-10 maggio
2008) su di un campione di 80 persone intervistate durante la loro
57
partecipazione all’evento. I soggetti coinvolti rispondevano
autonomamente: l’intervistatore rimaneva a disposizione per chiarire
eventuali dubbi, senza avere però nessun ruolo attivo nella compilazione.
Le interviste si sono basate su di un questionario (Appendice 1) composto
da 19 domande orientate a sondare comportamenti e interessi dei
partecipanti alla ricerca. Erano previste due tipologie di risposta: risposte a
scelta forzata e risposte a scelta multipla: questo per cercare di allargare la
portata informativa delle risposte visto il tema delle domande.
Attraverso le domande si intendeva raccogliere informazioni circa gli
interessi degli intervistati (domanda 3), il loro rapporto con gli eventi
culturali in termini di frequenza (quesito 4) e di collegamento con i
momenti precedenti e successivi (domande 5, 6 e 7). Di interesse era
anche la modalità con cui veniva partecipato l’evento (domanda 8: “Con
chi è venuto all’evento?”).
La seconda parte del questionario era invece incentrata sull’espressione
del vissuto dell’evento: quali emozioni, sensazioni e grado di
coinvolgimento avevano provato i partecipanti. Per questo sono state
proposte delle valutazioni su scala Likert e, come nella domanda 16,
valutazioni in termini di ordinamento sul criterio dell’importanza di un
insieme di elementi considerati come centrali all’interno della proposta del
Festival.
3. Risultati
58
L’analisi dei dati ha innanzitutto mostrato come gli intervistati si
suddividano equamente tra i due sessi (53.2% di maschi contro il 46.8% di
genere femminile). Lo studio dell’età ha indicato che il campione è
compreso tra i 18 e i 59 anni, con un’età media di 27.1 (d.s. 8.257): va
detto però che il 93.2% degli intervistati è inserito in una fascia che va dai
18 ai 37 (tabella 1).
Frequenza Percentuale
Percentuale
valida
Percentuale
cumulata
Maschi 42 52.5 53.2 53.2
Femmine 37 46.3 46.8 100.0
Totale 79 98.8 100.0
Mancanti Manc.di sistema 1 1.3
Totale 80 100.0
Tabella 1. Età
Per quanto riguarda i principali interessi personali (tabella 2), le risposte
che hanno ottenuto una percentuale maggiore sono arte (61.3 %) e musica
(60%), mentre tecnologie, lettura e sport seguono con indici di preferenza
decisamente inferiori.
Interessi
Preferenza Frequenza Percentuale
Arte 49 61.3
Musica 48 60
Tecnologia 26 32.5
Lettura 25 31.3
Sport 18 22.5
Altro 6 7.5
Tabella 2. Interessi
La domanda numero 4 (“Quante visite ad eventi legati all’arte negli ultimi
dodici mesi?”) ha visto le risposte distribuirsi in maniera preponderante
verso le alternative “da 1 a 3” (27.5%) e “da 4 a 6” (35%). Le alternative
59
di risposta 4 e 5 hanno riscontrato entrambe una percentuale del 18.8%
(tabella 3). Osservando poi il tipo di eventi partecipati dal campione, la
distribuzione vede al primo posto gli eventi legati alla musica (66.3%)
seguiti dagli eventi di arte moderna e contemporanea (55%). Il 47.5%
delle risposte ha infine mostrato come il criterio scelto nell’orientarsi
all’interno della proposta culturale sia il seguire eventi che propongano
temi considerati interessanti: questo criterio sembra quantomai
rappresentativo del nostro tempo, in cui la ricerca di espressione e
socializzazione trova continuamente nuove forme non più ancorate a temi
cui si diventa “appassionati”, ma forme fluttuanti modulate dall’ascolto
perenne degli stimoli provenienti dall’ambiente (mondo) (tabella 4).
Numero di visite a eventi artistici
Nr. Visite Frequenza Percentuale
0 0 0
1-3 22 27.5
4-6 28 35.0
7-9 15 18.8
Oltre 10 15 18.8
Totale 80 100.0
Tabella 3. Numero visite ad eventi artistici
Tipo di eventi ai quali partecipa
Tipo di evento? Frequenza Percentuale
Arte moderna 44 55
Teatro 9 11.3
Musica 53 66.3
No tipol. prevalente 6 7.5
Artisti che conosco 16 20
Tema che mi interessa 38 47.5
Tabella 4. Tipo di eventi partecipati
A questo punto del questionario sono stati proposti due quesiti che
intendevano spostare l’attenzione temporale verso il dopo-evento. Partecipare
60
ad un evento è un momento da cui si origina o che struttura una qualche forma
di conoscenza o di curiosità? E se sì, in che modo? Si è ipotizzato che l’evento
possa rappresentare infatti un momento all’interno di una catena
partecipativo-conoscitiva che coinvolge chi vi ha partecipato spingendolo ad
approfondire quanto vissuto in quel particolare momento. Le risposte raccolte
sono esposte di seguito nelle tabelle 5 e 6.
Continua a documentarsi?
Frequenza Percentuale
Sì 27 33.8
No 4 5.0
Qualche
volta 49 61.3
Totale 80 100.0
Tabella 5. Continua a documentarsi dopo l’evento
In che modo?
Modalità di
informazione Frequenza Percentuale
Sugli artisti 36 45
Sugli eventi collegati 33 41.3
Sul tema dell’evento 48 60
Tabella 6. Modalità di informazione
Considerando la percentuale cumulata delle alternative di risposta “Sì” e
“Qualche volta” si arriva al 95% di intervistati che afferma di continuare a
documentarsi anche se magari non in maniera assidua. Ed in particolare
vengono ricercate informazioni riguardanti il tema dell’evento (60%): per
quanto debole possa essere il collegamento, questa tendenza potrebbe essere
letta come il desiderio di muoversi alla costruzione di un proprio bagaglio
culturale che affonda le radici nell’esperienza dell’evento, ma che guarda al
dopo.
61
Chi ha preso parte a FuturoPresente lo ha fatto prevalentemente in compagnia
di amici/conoscenti (63.8%). Anche l’opzione da solo/a ha raccolto una buona
percentuale, il 28.8%, mentre solo il 7.5% è venuto in compagnia del
partner/coniuge. Si era anche interessati a capire in che modo le persone
fossero giunte a conoscenza dell’evento: se grazie all’attività di promozione e
comunicazione dell’evento o se attraverso altre strade come il passaparola o
una precedente partecipazione a qualche altro evento. I risultati sono mostrati
nelle tabelle 7 e 8.
Con chi è venuto all'evento?
Frequenza Percentuale
Solo/a 23 28.8
Partner/Coniuge 6 7.5
Amici/conoscneti 51 63.8
Totale 80 100.0
Tabella 7. In compagnia di chi è venuto all’evento
In che modo è giunto a conoscenza dell'evento?
Frequenza Percentuale
Amici 29 36.3
Pubblicità 45 56.3
Altri eventi 1 1.3
Internet 30 37.5
Incontro occasionale 1 1.3
Interesse personale 3 3.8
Altro 4 5.0
Tabella 8. Come è giunto a conoscenza dell’evento
Da questo punto dell’intervista, le domande spostavano la propria indagine
sulle caratteristiche dell’evento FuturoPresente e su quale vissuto avessero
62
veicolato nella persona intervistata.
Come detto, il Festival voleva offrire uno sguardo sulla contemporaneità: per
farlo gli ideatori hanno pensato di far poggiare l’evento sul pilastro dell’arte.
Per questo si è pensato ad una domanda che indagasse l’orientamento verso
l’arte in termini emozionali. Come descritto in tabella 9, il 78.8% delle
risposte (63 su 80) ha indicato la curiosità come atteggiamento prevalente
verso l’arte.
Quale atteggiamento Le suscita l'arte?
Frequenza Percentuale
curiosità 63 78.8
indifferenza 0 0
scetticismo 3 3.8
stupore 23 28.8
delusione 0 0
entusiasmo 35 43.8
divertimento 19 23.8
noia 0 0
Tabella 9. Atteggiamento suscitato dall’arte
4. L’analisi fattoriale
Per lo studio delle risposte alle domande 12, 13, 14 e 19 è stato impiegato lo
strumento statistico dell’analisi fattoriale. Con il metodo delle componenti
principali sono stati estratti 3 fattori che cumulativamente riescono a spiegare
oltre il 65% della varianza.
63
QuickTime™ e un
decompressore TIFF (Non compresso)
sono necessari per visualizzare quest'immagine.
Pesi dei fattori non ruotati Pesi dei fattori ruotati
Componente Totale
% di
varianza
%
cumulata Totale
% di
varianza
%
cumulata
1 7.930 37.761 37.761 6.899 32.850 32.850
2 3.628 17.274 55.035 3.424 16.304 49.154
3 2.166 10.315 65.350 3.401 16.196 65.350
Tabella 10. Componenti e varianza spiegata
Due di queste quattro domande erano composte da più item, nei quali la
richiesta consisteva in valutazioni su scala Likert. Per ognuno si è calcolato il
coefficiente di correlazione con i singoli fattori: in questo modo si è potuto
stabilire quali risposte contribuissero maggiorente alla loro spiegazione. Nella
tabella sottostante sono riportati tali valori, con messi in evidenza quelli che
64
contribuiscono misurare il fattore sovrastante.
Componente
Item 1 2 3
d19 piacere .901 -.053 .185
d12 piacere durante l’evento .880 -.012 .015
d12 vedere opere dal vero .824 -.033 .008
d19 divertimento .818 .070 -.064
d19 eccitamento .743 .297 .344
d19 benessere .715 -.250 -.374
d13 quanto coinvolto .704 .536 -.219
d14 provato emozioni .703 .532 .029
d19 godim estetico .699 .201 -.003
d12 arricchimento culturale .653 .322 -.335
d12 interesse per artista .620 .463 -.112
d19 noia -.100 -.733 .447
d14 fatto riflettere .435 .713 .145
d14 importante per realizzazione -.202 .709 -.020
d14 ruolo attivo .156 .674 -.266
d19 stupore .216 .255 .764
d19 malinconia .019 -.266 .702
d19 inquietudine .110 -.068 .695
d12 tema evento -.005 .260 -.661
d19 interesse .473 .352 -.634
d12 format evento .253 -.004 -.490
Tabella 11. Matrice dei componenti ruotata
Il primo fattore è stato nominato “vissuto positivo”: questo in quanto gli items
con cui è maggiormente correlato indicano valutazioni sugli aspetti
emotivamente positivi vissuti nell’esperienza dell’evento, le ragioni che hanno
spinto a prendere parte all’iniziativa culturale (come ad esempio negli items
12b, “il piacere che provo durante l’evento”, e 12d, “il desiderio di
arricchimento culturale”) e il grado in cui la persona si è sentita coinvolta
nell’evento.
Il secondo fattore è spiegato dagli item riguardanti il grado di coinvolgimento
(“sento di essere stato importante per la realizzazione dell’evento”, “mi ha
fatto riflettere”, “insieme ad artisti, ideatori e realizzatori sento di aver avuto
65
un ruolo attivo nell’evento”) e da quello relativo al vissuto di noia durante
l’evento: si è deciso così di nominare il fattore, “coinvolgimento”.
Il terzo fattore mostra invece il peso degli elementi negativi rispetto
all’evento: fattore denominato “criticità”.
Individuata l’associazione tra item e fattore, si è proseguito calcolando
l’affidabilità per la scala: gli items misurano effettivamente ciò per cui sono
stati strutturati? La risposta (tabella 12) è in tutti e tre i casi sì: i valori dei
coefficienti sono sempre accettabili.
Fattore Alfa di Cronbach N di item
1 .926 11
2 .738 4
3 .771 6
Tabella 12. Valori di affidabilità
Per quanto riguarda le statistiche generali riguardanti i tre fattori (tabella 13),
queste mostrano come nei primi due siano state espresse mediamente
valutazioni più alte (4.47 con d.s.=1.17 per il primo e 4.15 con d.s.=1.16)
rispetto al terzo (2.80 con d.s.=1.01).
Fattore 1 2 3
Media 4.473 4.156 2.796
Mediana 4.038 4.250 3.167
Deviazione
std. 1.117 1.162 1.013
Minimo 2.25 1.50 1.00
Massimo 6.82 7.00 5.67
Tabella 13. Statistiche riguardanti i tre fattori.
Successivamente ci si è soffermati sulla relazione tra i pattern. Si sono così
calcolati i coefficienti di correlazione di Pearson tra i fattori (tabella 14): si
66
sono rivelati tutti significativi, mostrando come i primi due fattori siano in
relazione positiva tra loro (.228, p< 0.05) e come il terzo fattore covari
inversamente rispetto agli altri due (-.230, p< 0.05, con il primo; -.359,
p<0.01, con il secondo).
Correlazione di Pearson
F1 F2 F3
F1 1 .228(*) -.230(*)
F2 .228(*) 1 -.359(**)
F3 -.230(*) -.359(**) 1
* La correlazione è significativa al livello 0,05 (2-code).
** La correlazione è significativa al livello 0,01 (2-code).
Tabella 14. Coefficienti di correlazione di Pearson tra i fattori
Una caratteristica degli intervistati considerata interessante è stata poi l’età.
L’obiettivo del Festival era raggiungere un target “giovane” (compreso tra i
venti e i trent’anni): si è quindi osservato come questa variabile sia in
relazione con i singoli fattori. Dall’analisi è emerso come all’aumentare
dell’età cresca il peso del fattore coinvolgimento (.433, p< 0.01) e al contempo
diminuisca il peso di un vissuto negativo dell’evento (-.238, p< 0.05, con il
terzo fattore).
Si è ripetuta l’analisi anche con le domande riguardanti la frequenza con cui
nell’ultimo anno si è preso parte ad eventi legati all’arte, il grado di
soddisfazione per l’aver partecipato al festival e l’importanza che riveste il
setting nel vissuto dell’evento. I risultati sono mostrati di seguito.
Coefficienti di correlazione
Domanda
Fattore d4: Nr.visite
d15: Soddisfazione per
aver partecipato d16: Importanza location
1 .570(**) .645(**) .283(*)
2 .275(*) .390(**) .000
3 -.339(**) -.236(*) -.112
67
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Il ruolo dell'evento culturale nella comuncazione

  • 1. UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PADOVA FACOLTA’ DI PSICOLOGIA Laurea Specialistica in Psicologia Sociale del Lavoro e della Comunicazione TITOLO TESI Il ruolo dell’evento culturale nella comunicazione The role of cultural event in communication RELATRICE LAUREANDO Ch.ma Prof.ssa Mariselda Tessarolo Federico Bassetti MATRICOLA 56659 ANNO ACCADEMICO 2008 – 2009
  • 2. INDICE Introduzione 3 Capitolo 1. La comunicazione 5 1. Concetti di comunicazione 5 2. Gli approcci alla comunicazione 5 3. L’approccio matematico 6 4. Gli elementi 8 5. Le funzioni 10 6. L’approccio semiotico 12 7. L’approccio pragmatico 13 8. Ritorno alle origini 14 9. L’approccio sociologico 17 10. L’approccio psicologico 19 11. Comunicazione come ermeneutica 20 Capitolo 2. Giorgio Braga e il sistema delle comunicazioni 23 1. Il sistema sociale 24 2. I comunicanti 25 3. Le funzioni della comunicazione 26 4. Canale, segno, codice 28 5. I livelli della comunicazione 30 Capitolo 3. L’evento culturale 37 2
  • 3. 1. Vedi alla voce evento 37 2. Questione di senso(i) 41 3. La fruizione del prodotto culturale. In che luogo del sistema? 44 Capitolo 4. FuturoPresente. Comunicare la contemporaneità 49 1. . Arte - ? – Tecnologia 52 Capitolo 5. L’obiettivo della ricerca. Chi viene coinvolto? 57 1. Introduzione 57 2. Strumento e metodo 57 3. Risultati 59 4. L’analisi fattoriale 64 5. Differenze tra medie in campioni indipendenti 70 6. Commento dei risultati 75 7. Chi viene coinvolto nell’evento? Un possibile profilo 75 Capitolo 6. Conclusioni 1. Evento – Senso – Identità 79 Appendice 1. Questionario 83 Appendice 2. Festival FuturoPresente 88 Bibliografia 91 Introduzione 3
  • 4. Cercando alla voce “comunicazione” in un qualsiasi vocabolario della lingua italiana, si potrà osservare come l’origine etimologica del termine si ricolleghi al termine latino “communicatione”. Il quale a sua volta rimanda alla parola “communis”: comunione. Comunicazione come “messa in comune”, un rendere partecipe di qualcosa. La definizione è quanto mai vaga: ancor più vaga appare se ci si avvicina allo studio della materia. Il tentativo di riassumere la comunicazione nell’atto del mettere in comune inizia a vacillare e le domande che sorgono mettono in luce una complessità in un primo momento inaspettata. La comunicazione fa parte dell’agire dell’uomo, grazie alla comunicazione l’uomo ha intessuto relazioni nel corso della storia che gli hanno permesso di dare forma al cambiamento. Grazie alla comunicazione l’uomo ogni giorno fa e disfa il mondo e riconfigura le stesse relazioni in cui è immerso. Addentrandosi ulteriormente nello studio della comunicazione si può vedere come l’esistenza stessa dell’uomo si sia caratterizzata per la possibilità di esercitare e comunicare il pensiero. Da questa capacità di immagazzinare, scambiare e diffondere informazione si è mosso il cambiamento nella storia umana. Nel corso del tempo, le definizioni di comunicazione sono andate aumentando e mutando quanto più questo campo di studi è stato al centro di riflessioni e indagini scientifiche da parte di numerose discipline come la matematica, la filosofia, la semiotica, la sociologia, l’etologia, l’antropologia, la linguistica e la psicologia. A una definizione di comunicazione come scambio di informazioni (approccio matematico), se ne è affiancata una che la descrive come inferenza sottolineandone il risvolto sullo spazio cognitivo. Dalla comunicazione ermeneutica che si richiama al pensiero filosofico di Heidegger e Gadamer e 4
  • 5. che più in generale rientra nella svolta linguistica della filosofia del XX secolo, alla comunicazione come significazione e come segno. Alla attuale comunicazione come esistenza. Questo breve cenno ai tentativi di accostarsi al campo “comunicazione” mostra la portata dell’interesse che questo tema occupa nelle indagini scientifiche, ma mostra anche come progressivamente si sia rinunciato al tentativo di elaborare una teoria generale della comunicazione per concentrarsi sullo sviluppo di metodi teorie e campi di applicazione particolaristici afferenti ai singoli approcci. Capitolo 1. La comunicazione 5
  • 6. 1. Concetti di comunicazione “Il soggetto umano non può scegliere se comunicare o meno, ma può scegliere in che modo comunicare” (Anolli e Ciceri, 1995). Questa osservazione ci introduce all’individuazione di vari approcci alla comunicazione, con la consapevolezza che ogni punto di vista non è neutro e disinteressato e non contribuisce ad un incremento della conoscenza in un’ottica di sviluppo progressivo del sapere. Ogni proposta teorica, infatti, apre a specifici attori, fasi e livelli della comunicazione individuando precise relazioni tra le parti: ogni punto di vista ritaglia la realtà della comunicazione con prospettive diverse e richiamando assunti teorici e criteri di validazione differenti. Una rassegna riguardo queste mappe organizzative (e costitutive) della realtà “comunicazione” è necessaria prima di muovere al secondo capitolo. 2. Gli approcci alla comunicazione Rinunciando ad un ordinamento storicista in favore di uno funzionale, possiamo procedere nell’esposizione a partire dal punto di vista matematico, con la sua definizione del costrutto di informazione, per arrivare agli approcci sociologico e psicologico da cui muoveranno le osservazioni successive. 3. L’approccio matematico 6
  • 7. L’approccio matematico muove dalla definizione di informazione come differenza fra due o più elementi (o dati). Questo concetto è andato a sostituire quello propriamente ottocentesco di energia, considerando così la comunicazione come trasmissione di informazioni. I termini chiave sono quelli di fonte, canale, ricevente, segnale e codice uniti al concetto di valore di probabilità. Il modello matematico, proposto da Shannon e Weaver, struttura la comunicazione come il passaggio di un segnale da una fonte A, attraverso un canale, ad un ricevente B. Qualsiasi sia la forma che l’emittente decida di dare al messaggio questo deve essere codificato seguendo un preciso codice. Il passaggio di informazione da A a B è il risultato dei processi di codifica e decodifica, o meglio “l’informazione è il valore di probabilità che si realizza all’interno di molte possibilità combinatorie. L’informazione non consiste quindi da ciò che è detto dalla fonte, ma da ciò che dall’emittente arriva al recettore dopo l’operazione di decodifica” (Anolli, 2002, pag.5). Si tratta in definitiva di un modello “meccanico” e “fisico” di comunicazione, una rappresentazione della sua struttura elementare, adattabile ad ogni forma di trasmissione di informazioni. Successivamente questa proposta è stata integrata dall’introduzione del concetto di feedback (o retroazione), che delinea la circolarità della comunicazione. Il feedback è infatti definito come la quantità di informazione che dal ricevente torna alla fonte consentendo a quest’ultimo di modificare i propri successivi messaggi. Nella trasmissione, però, il messaggio va incontro ad elementi di interferenza che lo modificano e ne ostacolano il passaggio: il rumore. Questo concetto indica l’insieme degli elementi ambientali (e non) interferenti con la comunicazione. Questi, insieme al segnale, sono stati messi in relazione tra 7
  • 8. loro nel rapporto segnale/rumore: l’emittente deve essere in grado di esercitare un controllo sulla qualità del messaggio in modo tale che questo rapporto sia maggiore di zero e si abbia così una sufficiente probabilità che il segnale giunga al destinatario. Connessa a questa definizione venne proposta una misura della quantità di informazione, valutandola in termini di bit (binary digit). Ma se in termini di scelte il modello che ne esce è efficace, ben altra cosa è nel momento in cui si tratti di analizzare il messaggio contenuto in una frase. L’informazione potenziale del linguaggio sarebbe infatti di portata enorme, ma considerando che la ricorrenza di alcune lettere e segni è decisamente maggiore rispetto ad altre la portata si riduce: per spiegare ciò Shannon e Weaver hanno introdotto a completamento del loro modello il concetto di ridondanza, ossia di un eccesso di informazione rispetto allo stretto necessario. Questo concetto è legato alla misura più interessante di informazione, in quanto riduce l’incertezza del ricevente contrastando l’incidenza del rumore sul canale e favorendo una “corretta” decodifica: l’informazione semantica. Oltre alla ridondanza è necessario fare un breve cenno anche al processo che nella fase di decodifica porta alla selezione di alcuni elementi del segnale per facilitare la comprensione: si tratta del processo di filtro. Il modello matematico ha il merito di essere stato la prima proposta teorica, operazionalmente verificabile, della comunicazione umana, ma la sua implicita assunzione di una teoria forte del codice ne ha limitato la considerazione di altri aspetti fondamentali quali il significato, l’intenzionalità e multidimensionalità del processo comunicativo. 4. Gli elementi 8
  • 9. Roman Jakobson (1966) rielabora il modello proposto da Shannon e Weaver cercandone una contestualizzazione all’interno della comunicazione umana e specificamente linguistica. Le riflessioni dei due matematici, infatti, si muovono nell’ambito del rapporto uomo-macchina, mentre il pensiero Jakobson si focalizza sulla comunicazione nel rapporto uomo-uomo. Gli elementi della comunicazione secondo Jakobson Ciò porta la proposta teorica di Jakobson a differenziarsi dallo schema di Shannon e Weaver vista prima per l’analisi che questo Autore fa della fase che media la relazione tra “emittente” e “destinatario”. Emittente e destinatario possono essere pensati come persone, gruppi o istituzioni. I messaggi che queste parti si inviano viene organizzato secondo un 9 mittente destinatario contesto messaggio contatto codice
  • 10. codice che è almeno parzialmente comune e deve passare attraverso un canale (contatto) che leghi i due attori. Il contenuto del messaggio poi, si deve riferire ad un “contesto”, a una porzione di realtà fisica, sociale o culturale. Sia l’approccio di Shannon e Weaver che di Jakobson, però, mostrano una certa fragilità in quanto presuppongono una comunicazione indirizzata alla trasmissione di un messaggio chiaro e non equivoco affinché sia esattamente compreso. Nulla togliendo all’importanza delle proposte, con cui tutti quelli che decidono di affrontare il tema devono confrontarsi, va notata una rigida linearità che fa sì che siano in certa misura inadeguate. Perciò questa visione può essere definita semplicistica, o ingenua, visti gli esempi quotidiani di come lo scambio comunicativo proceda tra gli individui, in cui questi spesso sono coinvolti in tentativi strategici di manipolare il contesto in un’ottica di dissimulazione. “La semiotica [ma noi possiamo intendere qui, senza eccessive forzature, la comunicazione], ha a che fare con qualsiasi cosa possa essere assunta come segno. È segno ogni cosa che possa essere assunta come un sostituto significante di qualcosa d’altro. Questo qualcosa d’altro non deve necessariamente esistere, né deve sussisterei fatto nel momento in cui il segno sta in luogo di esso. In tal senso la semiotica, in principio, è la disciplina che studia tutto ciò che può essere usato per mentire” ( Eco, cit. in Volli, 1994, pag. 50) 5. Le funzioni 10
  • 11. Già trattato da Buhler1 , l’argomento delle funzioni della comunicazione è ripreso da Jakobson che le fa corrispondere agli elementi della comunicazione. “In potenza ogni atto comunicativo contiene tutti i fattori della comunicazione e ne comprende anche tutte le funzioni” (Volli, 1994, pag. 23). Riprendendo lo schema esposto nella sezione precedente sugli elementi della comunicazione, l’analisi procede individuando sei funzioni. Le funzioni della comunicazione secondo Jakobson La capacità dell’emittente di esprimersi è definita funzione espressiva (o emotiva): in un messaggio il parlante esprime la propria identità. La funzione fatica consiste in ciò che si fa per garantire il contatto. Il codice impiegato e di riflesso la relazione tra gli interlocutori sono definiti dalla funzione 1 Per approfondire Buhler (1934) e Ricci Bitti & Zani (1983). 11 Espressiva (o Emotiva) conativa Poetica Fàtica Metalinguistica Referenziale
  • 12. metalinguistica. La funzione referenziale mette il messaggio in relazione con il mondo, mentre la funzione poetica rappresenta il modo in cui il messaggio è organizzato. La funzione conativa, infine, rappresenta la ricerca di un effetto sull’emittente. Da questo schema di base e generale possono essere ricavati altri strumenti utili per affrontare situazioni specifiche. Un esempio è quello del circuito deduttivo, adatto ad ambiti come pubblicità, moda e comunicazione amorosa in cui si presentano una forte esposizione dell’emittente e una forte pressione sul destinatario. Un ulteriore caso è quello della comunicazione delegata (che nella teoria braghiana della comunicazione rappresenta il secondo livello di comunicazione, ossia quella culturale, in cui il supporto, ad esempio il libro, resta come documento del suo autore acquistando allo stesso tempo vita autonoma) che coinvolge la relazione tra emittente e destinatario nelle situazioni dove subiscono trasformazioni ed elaborazioni, come in letteratura e nella pubblicità. Un’ultima situazione è quella della comunicazione amplificata, cioè una comunicazione a più stadi strutturata dai comunicatori dei mass media per ottenere attenzione a poco prezzo come ad esempio gli eventi progettati per attirare lo sguardo su un prodotto, un personaggio o un tema. Questo punto verrà ripreso nella seconda parte del lavoro. 6. L’approccio semiotico 12
  • 13. La semiotica si propone come la scienza che studia i segni nel quadro della vita sociale. Dal suo punto di vista, la semiotica considera fondamentale la comprensione del processo di significazione, ossia la capacità di creare significati e la proprietà di un senso da parte di ogni messaggio. La relazione di questo modello individua e coinvolge tre elementi: il simbolo (un termine linguistico), il referente (ciò che è comunicato) e la referenza (la rappresentazione mentale di ciò che viene comunicato). Fondamentale, quindi, è la definizione di segno. Al riguardo vi sono due principali correnti di pensiero: la prima si rifà a Ferdinand de Saussure e la prospettiva strutturale; la seconda a Barnett Pearce. Per il linguista svizzero, il segno è il risultato dell’unione tra un’immagine acustica (il significante) e un’immagine mentale (il significato): si parla qui di funzione semiotica, in quanto il segno è inteso come la relazione tra due funtivi. Parla invece di funzione di rimando Pearce, che ha definito il segno come “qualcosa che per qualcuno sta al posto di qualcos’altro, sotto qualche rispetto o capacità”: il segno è un indizio da cui trarre una conseguenza. Considerare il segno come inferenza comporta l’esistenza di modelli mentali che sostengano l’attore comunicativo nella comprensione del senso di un messaggio. Questa concezione permette di spiegare la variabilità e plasticità con cui vengono impiegati i segni, come nel caso della risemantizzazione contestuale dove uno specifico segno è usato temporaneamente al posto di un altro. Questa attenzione alla variabilità e alla differenza nell’uso fa sì che a differenza della prospettiva strutturale, dove il segno come equivalenza implica la nozione di codice, il considerare il segno come un’inferenza rimanda alla nozione di contesto come sistema individuale di significati sociali per cui la comunicazione avviene sempre attraverso molteplici contesti dove i livelli di 13
  • 14. significato possono presentarsi come contesto l’uno dell’altro. Pearce afferma che ogni atto comunicativo è un testo che deriva il suo significato dal contesto di aspettative e vincoli dai quali deriva (Branham, Pearce, 1986): il contesto è la rete delle condizioni e delle inferenze interpretative in base a cui si interpreta un testo. La comunicazione si configura come un processo sociale di coordinamento e creazione di azioni e di gestione dei significati prodotti in questo coordinamento. Ogni partner emette e/o interpreta l’informazione in base alla propria capacità di costruzione e gestione dei significati: è il ricevente che la trasforma in comunicazione attraverso la risposta. Come detto anche da Berger e Luckmann nel loro “La realtà come costruzione sociale”, la comunicazione (in particolare quella verbale) è il processo sociale primario in cui si creano tutti i significati sociali, che a loro volta contestualizzano la comunicazione come processo. Pearce chiama questo movimento di creazione e contestualizzazione catena di interpretazioni interpretanti. 7. L’approccio pragmatico Il contesto è centrale anche nella proposta di Charles Morris (1938). Sul finire degli anni Trenta l’Autore ha proposto la distinzione fra semantica, sintassi e pragmatica. Alla prima veniva attribuito lo studio del significato dei segni; alla seconda l’indagine delle relazioni formali tra i segni; mentre il campo di competenza della pragmatica era individuato nell’esplorazione della relazione dei segni con gli attori, ossia dell’uso dei significati nelle varie circostanze. Ciò sottolinea la relazione fondamentale tra segni e interpretanti: 14
  • 15. la pragmatica osserva testi inseriti in un contesto. In particolare si concentra su quei fenomeni come la deissi, l’implicatura conversazionale e la presupposizione che rappresentano situazioni comunicative in cui il contesto è una risorsa fondamentale per la comprensione del significato di quanto detto. Questo approccio intende la comunicazione in primo luogo come un fare: comunicare è agire. A differenza di uno studio strutturale della comunicazione, tale considerazione porta l’indagine a focalizzarsi sul dinamismo del fenomeno allontanandosi da uno studio di entità cristallizzate. La teoria degli atti linguistici di Austin (1962) si muove in questo orizzonte. Per Austin “dire qualcosa è anche fare sempre qualcosa” e precisamente individua tre azioni che si compiono contemporaneamente quando parliamo: atti locutori, che si compiono per il fatto stesso di parlare; atti illocutori, che si compiono attraverso il parlare stesso e che corrispondono alle intenzioni comunicative del parlante; e atti perlocutori, cioè gli effetti prodotti dal parlante sull’interlocutore. In altre parole, i tre atti corrispondono a ciò che si dice, ciò che si fa nel dire qualcosa e ciò che si vuole ottenere dicendo qualcosa. Da quanto detto appare chiaro come il significato comunicato vada ben oltre il significato lessicale di quanto detto. 8. Ritorno alle origini Come detto nell’ introduzione, l’origine etimologica del termine “comunicare” richiama una condivisione. Comunicare come condividere: questo particolare taglio definitorio della comunicazione sposta energicamente in secondo piano l’aspetto di veicolo informativo della comunicazione. Il comunicare è primariamente un’azione in cui socialmente si negozia la costruzione della realtà. 15
  • 16. Come affermano Berger e Luckmann (1969), “il linguaggio ha origine nella vita quotidiana, e a questa prima di tutto fa riferimento; si riferisce soprattutto alla realtà di cui faccio esperienza in stato di veglia cosciente e che è dominata dal movente pragmatico, cioè dai significati che riguardano direttamente le azioni presenti o future”. Il linguaggio offre delle oggetivazioni significative all’interno di possibilità prefabbricate. Offre dei modelli che veicolano dei significati cristallizzati cui le persone devono ricondurre la propria comunicazione e che rappresentano il tema di discussione di ogni interazione comunicativa. La visione elaborata da Barnett Pearce si muove in questa direzione, vedendo nella comunicare la situazione in cui attraverso il linguaggio (un codice comune con la particolarità di un intrinseco carattere di reciprocità ed elasticità) le persone definiscono i valori fondamentali che devono guidare le loro azioni (coordinamento), ricercano ordine e coerenza nel mondo e nelle esperienze nel tempo che segnano il loro esser-ci nel mondo (coerenza) e attraverso la comunicazione e i suoi modelli cercano di riconoscere quello che nel mondo sfugge alla loro conoscenza (mistero). Le risorse che la persona si trova ad avere e a impiegare sono le categorie culturali, che attraverso le pratiche sociali quotidiane sono continuamente negoziate, confermate e concretizzate. Continuamendo su questa linea di pensiero, gli individui differenziano i propri flussi comunicativi a seconda di quanto siano disposte a mettere a rischio le proprie risorse nella negoziazione: meno se in una società a forte impronta religiosa, maggiormente se in una società ad impronta tecnica. Il linguaggio è uno strumento di definizione della realtà, anzi è lo strumento. La comunicazione è così vista come un’inter-azione il cui obiettivo primo non è quello di informare l’interlocutore, bensì quella di riconfermare l’esistenza 16
  • 17. di una realtà definendone i contorni. Il moto di questo agire è un continuo rimando da una dimensione inter-individuale (micro) alla dimensione delle istituzioni (come ad esempio Chiesa, Stato, scienza, arte, filosofia), ossia le strutture sedimentate nella realtà di cui costituiscono il livello macro. All’interno di questo orizzonte teorico di studio della comunicazione rientra il concetto chiave di competenza comunicativa. Questo concetto muove dalla considerazione che per comunicare, a differenza di quanto proposto da Shannon e Jakobson, non è sufficiente avere qualcosa da dire né avere un codice approriato per trasmettere il messaggio. Il concetto di competenza comunicativa mette in luce il ruolo di tutta quella serie di competenze che vengono messe in gioco nella situazione dello scambio e che rendendolo possibile. Ci si riferisce alla comprensione delle occasioni in cui possono essere toccati certi temi, ai modi richiesti, ai turni conversazionali e alle procedure per prendere parola, le figure con cui argomentarle, l’etichetta con cui riferirsi agli interlocutori. Tutto questo rappresenta “l’insieme di precondizioni, conoscenze e regole che rendono possibile e attuabile per ogni individuo il significare e il comunicare” (Zuanelli Sonino, 1981). E in riferimento a ciò Kjolseth individua quattro livelli di competenza: 1) la “Background Knowledge”, cioè quelle conoscenze possedute da ognuno e che sono delle precondizioni alla comunicazione che ne permettono lo svolgimento; 2) la “Foreground Knowledge”, ossia la conoscenza di quelle regole della comunicazione che sono rilevanti in una situazione e non in un’altra; 3) gli “Emergent Grounds”, le conoscenze specificamente necessarie in un preciso momento dello scambio comunicativo; 4) i “Trascendents Grounds”, conoscenze ritenute potenzialmente 17
  • 18. importanti in un preciso momento dell’interazione e che definiscono i limiti di ciò che è situazionalmente apppropriato. 9. L’approccio sociologico Negli ultimi quarant’anni si è assistito in sociologia alla cosidetta svolta comunicativa. Dentro queste due parole è racchiuso un cambiamento alle fondamenta della disciplina che ha portato allo sviluppo di nuovi concetti di realtà e razionalità e all’introduzione di concetti quali senso comune e pratica quotidiana come aspetti centrali della riflessione. Nuovo concetto di realtà, dunque. L’abbandono della concezione ontologica della realtà è un passaggio cruciale. La concezione predominante vedeva infatti la realtà come un qualcosa da indagare per scoprirne le strutture sottostanti, stabili e indipendenti dall’occhio analitico. Le categorie analitiche vengono viste come strumenti ordinati in una specie di catalogo cui l’osservatore attinge. Lo scontro tra queste due concezioni contrapposte è ben rappresentato dalle parole di Achille Varzi (citato in , AA.VV, 2003, p. 2). «Si potrebbe pensare che il catalogo in questione debba mettere in luce le strutture in cui si articola il mondo che ci sta intorno, e forse altri mondi possibili, indipendentemente dalla nostra attività cognitiva. Oppure si potrebbe pensare che il lavoro necessario per redigere un catalogo universale coincida in definitiva con un’analisi del nostro apparato concettuale, o dell’apparato tipico di una certa cultura [...] con cui diamo quotidianamente un senso a ciò che ci circonda [...]» 18
  • 19. Nel primo caso l’ontologia descriverebbe la natura intrinseca delle entità del mondo (realismo), in accordo con la lezione aristotelica, mentre nel secondo caso queste entità verrebbero ‘filtrate’, per così dire, dalle strutture universali della percezione e del pensiero umani, e non potrebbero che essere date al loro interno. Secondo Kant, iniziatore di questa particolare prospettiva idealista, un’ontologia derivante da tale metafisica fornirebbe un catalogo delle entità del ‘mondo dell’esperienza’, determinato cioè dalle forme innate (‘a priori’) della percezione e della ragione, e quindi costruito dal pensiero umano. Come osserva Paul M. Churchland, «gli oggetti [...] nella nostra esperienza possono quindi essere empiricamente reali (reali per l’esperienza umana) ma non devono essere reali in senso trascendente (reali da un eventuale punto di vista divino [assoluto])». La svolta comunicativa, quindi, segna il passaggio ad una realtà frutto dell’attività cognitiva umana che ricostruisce un ordine (particolare) nella complessità degli eventi per guidare il proprio agire (razionalità a posteriori e non più astratta e universale. Entro questa prospettiva sociologica, va fatta una distinzione tra macrosociologia e microsociologia. La prima si occupa dei processi generali riguardanti istituzioni e organizzazioni come strutture della società e nel campo della comunicazione ha rivolto l’attenzione soprattutto ai mass media e ai loro effetti. La microsociologia, invece, affronta le situazioni di vita quotidiana considerandone le pratiche nella loro sequenza non sempre ordinata avvalendosi degli apporti metodologici dell’etnografia e dei contributi di Goffman, dell’orientamento postmoderno e dell’etnometodologia. 19
  • 20. 10. L’approccio psicologico A sua volta la psicologia ha proposto un altro punto di vista sulla comunicazione. Al centro del dibattito è la comunicazione come luogo in cui viene giocata l’identità personale. In questo orizzonte comunicare significa costruire e rimodellare la rete di relazioni in cui una persona è immersa. Nel corso dei suoi studi, Bateson (1972) ha osservato come in ogni atto comunicativo il parlante proceda su due livelli interdipendenti: il livello di notizia e il livello di comando. Il comunicatore esercita sempre un controllo sul messaggio che vuole mandare e lo fa per orientarlo in sintonia con la propria intenzione comunicativa. In questa prospettiva la comunicazione si svolge su due piani: la comunicazione e la metacomunicazione. Quest’ultimo vede una comunicazione che ha come oggetto la comunicazione stessa: in questo caso l’oggetto della comunicazione diventa la cornice, il frame all’interno del quale viene interpretato il messaggio. Il contenuto informativo passa qui in secondo piano per lasciare spazio alla relazione interpersonale che si crea tra due o più interlocutori. La comunicazione opera mantenendo, creando, ridefinendo i legami tra persone: questi sono i contorni generali dell’approccio psicologico. Nel momento in cui si comunica si definisce al contempo sé e l’altro, oltre alla natura della relazione. Il tutto avviene in uno scambio continuo che porta al crearsi di una spirale di messaggi che continuamente lavorano nella e per la relazione. La prospettiva psicologica individua un movimento che si sposta senza soluzione di continuità tra l’identità personale e la rete di relazioni messe in gioco, e la comunicazione. 20
  • 21. 11. Comunicazione come ermeneutica q “L’interpretazione non è la presa di cognizione del compreso, ma l’elaborazione delle possibilità progettate nella comprensione” (Heidegger, 1959, trad. it. p. 32) La chiusura cui è confinato il lettore di un testo, con la sua impossibilità di chiedere spiegazioni e criticare, è stata al centro di numerose critiche dai tempi di Platone. In tempi più recenti McLuhan (1967; 1976) ha individuato nella scrittura la nascita di quel fenomeno tipico delle culture alfabete che è il punto di vista. Ma proprio la scrittura, con il suo sistema chiuso, offre la base per l’attività interpretativa. E specificamente un’attività interpretativa autonoma per superare l’impossibilità di una comprensione “per confronto” (con l’autore) e il fraintendimento che strutturalmente il testo produce dal momento in cui viene alla luce. Il processo interpretativo, come scritto da Heidegger, è l’elaborazione delle possibilità progettate nella comprensione. Il processo interpretativo si muove così di un moto circolare: il circolo ermeneutico. E’ un movimento che non trova mai conclusione, che continuamente produce: perché ogni atto interpretativo è un atto produttivo e le connessioni di significato che possono nascere sono infinite. Il problema della lontananza temporale per la comprensione si rivela una risorsa di significazione: la questione viene ricontestualizzata e di conseguenza ridefinita, rendendo la storicità del comprendere una leva che alimenta di continuo il circolo. 21
  • 22. Nella comprensione sono sempre messi in gioco i propri pregiudizi. Anzi, sono proprio questi a fare da sfondo: ne sono le condizioni. L’interesse che ci muove nello studio, nel tentativo di comprensione di qualcosa lontano da noi nel tempo è indissolubilmente legato al momento storico in cui nasce e dagli specifici interessi che lo muovono. Sono questi ultimi due punti che vanno poi a definire i contorni di ciò a cui poi ci accosterà. La comprensione, quindi, può essere rappresentata come una fusione di orizzonti che si ritengono indipendenti tra loro e che ha come punto focale il significato nella mediazione del presente (della situazione ermeneutica). Avendo come oggetto dell’interpretazione un testo, comprenderne il significato consiste nel rispondere alla domanda che il testo pone. Come afferma Gadamer, “comprendere un pensiero (un testo) significa comprenderlo come risposta a una domanda”: la risposta a questa domanda porta alla fusione di orizzonti prima citata. Fusione di orizzonti che è opera del linguaggio: l’attuarsi della comprensione è sempre un venir alla parola. La comprensione nel dialogo è un trasformarsi in ciò che si ha in comune, una trasformazione che segna un cambiamento rispetto a quello che eravamo prima. Questa esperienza “non ha il suo compimento in un sapere, ma in quell’apertura all’esperienza che è prodotta dall’esperienza stessa” (Gadamer, 1989). 22
  • 23. Capitolo 2. Giorgio Braga e il sistema delle comunicazioni All’inizio degli anni Sessanta (1961) venne pubblicato un libro che testimoniava come il tentativo di proporre una teoria generale della comunicazione potesse ricoprire ancora un ruolo di prim’orine all’interno 23
  • 24. delle indagini scientifiche. Giorgio Braga scrisse “Comunicazione e società” con questo intento, orientando il proprio sguardo alla globalità dei fatti culturali. Partendo dal considerare la comunicazione come una particolare azione sociale caratterizzata da un aspetto energetico ed uno formale, Braga è interessato ad un analisi che consideri gli aspetti sia macro che micro sociologici. Come cioè la comunicazione si ponga nel mezzo di questi due livelli mediando le reciproce spinte al cambiamento. “Il tutto sociale non è una riunione di elementi anteriori né una nuova entità, bensì un insieme di rapporti ciascuno dei quali ingenera, proprio in quanto rapporto, una trasformazione dei termini che esso collega…Infatti il rapporto tra soggetto ed oggetto materiale modifica ad un tempo, il soggetto e l’oggetto, per assimilazione di quest’ultimo al primo e per l’accomodamento del primo al secondo” (Piaget, 1950) Rivedendo nelle parole dell’epistemologo svizzero la definizione di concettualizzazione molecolare che più si avvicina alla propria, Braga non manca di notare come all’interno della riduzione da lui adottata non possano non essere considerati due fattori addizionali che nel caso della teoria dell’azione sono gli attori o il sistema. Questi due ulteriori fattori devono essere colti e considerati nella loro relazione: per Braga il focus è la dialettica tra attori e sistema, cioè tra soggettivo e oggettivo, tentando in questo modo di superare le riduzioni micro e macro sociologiche. Per fare questo propone un sistema intermedio costituito da azioni ad alta e bassa energia in cui gli elementi interagenti sono già noti, ma ridefiniti: sistema sociale, comunicanti, canale, segno e codice. 1. Il sistema sociale 24
  • 25. Oltre a Piaget, un pensiero che trova riconoscimento in Braga è quello di Vilfredo Pareto. Nello studio dell’azione, infatti, prevale la concettualizzione molecolare. Ciò porta all’accettazione del concetto paretiano di “sistema sociale aperto”, che vede la forma della società come il risultato di tutte le forze agenti su di essa che, determinata, retroagisce a sua volta sugli elementi portando così ad una mutua determinazione. Questa prende forma come un doppio processo di adattamento del soggetto all’oggetto: l’assimilazione e l’accomodamento (Piaget, 1950). L’analizzare le varie dimensioni del sistema, però, implica necessariamente la separazione dell’attore dall’azione. Nello studio dell’attore Braga si richiama a Lewin e alla sua teoria del campo. L’interazione (continua) di attori e ambiente è stata ribattezzata da Lewin “spazio vitale”. Prendendo decisioni all’interno del proprio spazio vitale, gli attori agiscono e modificano il campo sociale che a sua volta modificato spinge al cambiamento degli attori. La teoria del campo viene inserita in un modello dove i co-attori possono creare affinità tra i loro spazi vitali senza necessariamente passare attraverso un’osservazione comune del campo sociale, come avviene nella comunicazione. Infatti “la comunicazione, in particolare quella verbale, è in grado di permettere una ricostruzione simbolica del campo sociale mediante l’interiorizzazione e permette pure una programmazione dell’azione mediante l’attuazione delle decisioni” (Tessarolo, 2001). Per quanto riguarda l’azione, Braga propone due possibilità di studio: l’una vede l’azione e le sue funzioni nei confronti degli attori e del sistema, mentre la seconda analizza l’azione per osservarne caratteri intrinseci utili alla costruzione di modelli. Per la prima la teoria di riferimento è la teoria del 25
  • 26. ruolo, adatta a spiegare come il sistema ri-opera sugli attori e gli altri elementi, per la seconda la teoria dei giochi, che spiega come gli attori (re)agiscono alle imposizioni che provengono dal sistema. 2. I comunicanti I comunicanti sono stati a lungo definiti come emittente e ricevente, sottolineando in questo modo la prevalenza di un approccio informativo- matematico nello studio della comunicazione. Le definizioni sopra dette impiegate in riferimento agli attori della comunicazione, infatti, ne definiscono il campo d’azione (quello di codificare e inviare un messaggio per il primo; quello di decodificare e comprendere il segnale per il secondo) estromettendo il fattore, focale per Braga, della relazione tra gli attori. Ecco allora che Braga, per prendere le distanze da tale impianto teorico, para di interlocutori. Introdurre il termine interlocutori significa porre l’accento sull’aspetto dialogico della comunicazione. Interlocutore, infatti, indica colui con cui si sta dialogando: sono coinvolti quindi (almeno) un Io e un Tu. Inoltre l’introduzione di tale termine ricontestualizza lo studio della comunicazione ridefinendo il comunicare come agire. “Il comunicante è quindi considerato una riduzione dell’attore sociale del quale si astraggono i comportamenti interessati alla comunicazione nel senso del suo processo formale” (Tessarolo, 2001). 3. Funzioni della comunicazione La comunicazione come specie particolare di azione possiede un 26
  • 27. aspetto energetico ed uno formale, che si presentano in modo prevalente (inserire immagine Braga, 1974) Individuando questi due aspetti Braga accoglie alcuni elementi dalla teoria matematica dell’informazione (per il livello formale) e dalla termodinamica mutuando il concetto di entropia (per il livello energetico). La comunicazione è un’azione che vede la prevalenza della forma sull’energia. La distinzione fra azioni ad alta e a bassa energia trova un chiarimento nel concetto di entropia. Infatti “se il sistema non sottraesse in continuazione energia all’ambiente naturale si disorganizzerebbe e con esso i sistemi personali dei membri della società. Le azioni verso l’ambiente, di conseguenza, diventano rilevanti in quanto, per stabilire le possibilità di sviluppo (di cambiamento sostenibile, ndr), è necessario un equilibrio tra input e output” (Tessarolo, 1991). La prevalenza della componente formale nella comunicazione rende conveniente distinguere un aspetto strutturale e uno culturale. Il livello strutturale è costituito dai comunicanti e dal canale, mentre il livello culturale consiste nel passaggio di contenuti psichici da un individuo ad un altro attraverso un insieme di processi eterogenei che vanno dalla formazione dei messaggi, alla loro emissione e trasmissione, alla ricezione e interpretazione. Gli attori (i comunicanti), strutturano un messaggio per agire un cambiamento sulla situazione attraverso le proprie risorse. Il flusso culturale dato dallo scambio di messaggi porta ad una retrocomunicazione che fa sì che vi sia un cambiamento nei sistemi di riferimento di entrambi gli interlocutori (circolarità). Ogni comunicazione si distingue dalle altre e per questo è un tipo di comunicazione con dei possibili sottogruppi, le specie. A differenza delle funzioni del linguaggio (di cui si è parlato sopra 27
  • 28. richiamandosi a Jakobson e Buhler) le funzioni della comunicazione sono state meno considerate (Piaget, 1950; Langer, 1965; Braga, 1977). Braga (1974) individua tre funzioni che sembrano descrivere meglio la comunicazione: 1) la funzione mediatrice dell’azione 2) la funzione di consumo simbolico 3) la funzione operativa La funzione mediatrice dell’azione si realizza quando la comunicazione può entrare in relazione con altre azioni (azioni in senso stretto, interazioni, percezioni) o anche con altre comunicazioni. E’ presente quando vengono trasmesse informazioni che possono provenire da percezioni o anche da altre comunicazioni rielaborate soggettivamente. Il risultato è una comunicazione che tende a provocare azioni rivolte all’ambiente o interazioni. La funzione di consumo simbolico si ha quando la comunicazione agisce in modo complesso e globale e il messaggio viene fruito per se stesso come nel caso dell’arte o di uno spettacolo. La funzione operativa è tipica dei linguaggi operativi e logico- matematici ed è caratteristica di tutte le azioni poiché in tutte esistono legami logici e combinatori. A livello macrosociologico McBride (1982) individua le seguenti funzioni, interessanti e utili per la seconda parte del lavoro: - informazione, cioè la raccolta, elaborazione e diffusione di dati (in senso ampio) che rendono capaci di prendere decisioni adeguate alle situazioni; - socializzazione, che consiste nella creazione di un substrato comune di conoscenze e di idee che permetano ad ogni individuo di integrarsi nel contesto sociale; - motivazione, cioè stimolazione delle attività individuali o collettive tese alla 28
  • 29. realizzazione degli scopi comuni; - discussione e dialogo, utili a fornire elementi pertinenti per rafforzare l’interesse pubblico a problemi nazionali e internazionali; - educazione, che porta alla divulgazione del sapere contribuendo allo sviluppo dello spirito; - promozione culturale, diffusione delle opere artistiche; - integrazione e quindi comprensione dei messaggi tra persone, gruppi, nazioni. 4. Canale, segno e codice Il canale consiste di una porzione di ambiente strutturata ai fini della comunicazione. È il supporto fisico attraverso il quale passa il messaggio e per questo è costituito dai sensi. La vista e l’udito sono i più impiegati nella comunicazione, ma tra i due è l’udito ad essere superiore. Questo per due ragioni principali, ossia che il canale uditivo è sempre aperto e che la comunicazione verbale è più veloce, immediata. “La comunicazione fonica resta quasi completamente convenzionale ed è da questo che deriva la sua superiorità consistente nella possibilità di oggettivare il qui ed ora della vita quotidiana” (Berger, Luckmann 1969). Accanto a questi canali naturali, ce ne sono altri di carattere artificiale come ad esempio il telefono o il computer. Per Braga questi non sono dei canali con caratteristiche peculiari, ma sono dei semplici trasformatori (di codici) che restituiscono il messaggio di partenza che può essere quindi ricondotto ai sensi. Altri autori, invece, tra cui Moles (1971), ma soprattutto McLuhan (1967; 29
  • 30. 1968), la pensano diversamente. Per quest’ultimo un canale “artificiale” come possono essere i supporti tecnologici, non sono solamente dei trasformatori al servizio di chi vuole comunicare. Sono molto di più, anzi fanno molto di più: i canali artificiali o tecnologici (mi riferisco alla tecnologia nata dalle possibilità introdotte dall’elettricità) “controllano e plasmano le proporzioni e la forma dell’associazione umana” (McLuhan, 1968). I media sono delle metafore attive: traducono l’esperienza in una forma nuova. Per quanto riguarda il “segno”, va detto che la comunicazione è possibile solo attraverso un sistema di segni. Intendendolo in senso saussuriano, il segno è dato dal concetto (significato) e dalla sua realizzazione in un sistema simbolico (significante). La significazione altro non è se non la trasformazione di un segno in un altro sistema di segni. Qui si inserisce la questione codice. “Il codice è tutto quello che il comunicante conosce a priori sul messaggio e la comunicazione è possibile quando i codici psichici e i sistemi di riferimento dovuti alle esperienze dei comunicanti sono più simili” (Tessarolo, 1999). Il codice, quindi, consiste in una traduzione di regole da un sistema di simboli ad un altro: è l’aspetto sistematico dei segni che ne limita il numero di scelte possibili. La codifica e la decodifica sono casi particolari di un processo più generale denominato concettualizzazione o formazione di concetti. 5. I livelli della comunicazione Seguendo ancora la proposta teorica di Giorgio Braga, possiamo restringere il campo di studio spettante alla comunicazione a quegli ambiti della società in cui i processi comunicativi sono predominanti sui processi interattivi. 30
  • 31. L’autore individua tre livelli comunicativi: - il livello della comunicazione interpersonale (o di base) - il livello della comunicazione culturale (detta anche organizzata) - il livello delle comunicazioni di massa (o centralizzato e diffusivo) La divisione netta in livelli segue un percorso storico ed è un’operazione dalla valenza pratica in quanto nella comunicazione possono presentarsi casi in cui siano presenti due livelli contemporaneamente. Nella comunicazione interpersonale la struttura è quella della comunicazione pura. Due comunicanti sono in collegamento attraverso un canale. Il primo codifica un messaggio che farà passare attraverso il canale per raggiungere il uso interlocutore: questo decodifica il messaggio e risponde. Con questo trova completamento la circolarità della comunicazione: è il ricevente con la sua risposta a determinare il realizzarsi della comunicazione e il suo proseguimento. Rientra in questo livello tutto ciò che può essere comunicato senza strumenti esterni all’organismo umano. Spesso questa comunicazione si presenta unita all’azione e in questo caso prevale la funzione mediatrice. Nel caso della comunicazione in presenza, l’immediatezza della comunicazione verbale e non verbale facilita l’adattamento dei comunicanti alle reciproche aspettative. Gli interlocutori nel momento della scambio comunicativo, infatti, veicolano attraverso un sistema simbolico la propria visione del mondo. Nell’incontro di aspettative cui i parlanti devono necessariamente adeguarsi per poter continuare la comunicazione prende forma la “condivisione, contestazione e negoziazione” (Benhabib, 2002)2 di 2 Narrazione condivisa, contestata e negoziata è la definizione di cultura proposta dalla Behnabib. Pensando alla cultura come la rete di significati che strutturano il 31
  • 32. significati che strutturano il reale. Il parlare rappresenta un’attività creatrice: e l’uomo è un essere parlante. La capacità di vedere il mondo come un sistema simbolico di tipo vocale fa sì che la lingua sia il più forte sistema di socializzazione del reale. “Il linguaggio con le sue strutture delimita fin dall’inizio la nostra possibile esperienza del mondo poiché solo nel linguaggio le cose possono apparire e solo nel modo in cui il linguaggio le lascia apparire” (Vattimo, 1971). L’incontro tra individui è quindi un incontro tra interpretazioni (visioni) del mondo, che si incontrano nello scambio linguistico. Questo incontro avviene sullo sfondo di un senso comune su cui si afferma l’alterità dell’altro. A tal proposito Gadamer afferma come la comprensione sia una partecipazione al senso comune, che però non si chiude in sé ma si caratterizza come atto produttivo mediato dal presente. Va sottolineato come la possibilità della comunicazione si basi sulla considerazione e comprensione del punto di vista dell’altro. Senza un’anticipazione delle aspettative del partner, infatti, qualsiasi scambio sarebbe compromesso. Si parla di metacomunicazione quando si comunica sulla comunicazione mettendone in luce l’aspetto relazionale e portando a un superamento della rigidità del proprio sistema di riferimento. L’interpersonalità peculiare dell’atto comunicativo fa sì che il senso non sia mai dato ma costruito e negoziato in rapporto ai bisogni e ai progetti dell’uomo. Ad essere negoziata è la realtà cognitiva del momento e la relazione tra coloro che prendono parte alla conversazione. In queste negoziazioni, cioè, viene giocato il Sé degli attori: quelle che Goffmann chiama identità personale e sociale e Mead Io e Me. L’immagine di Sé si mondo in cui le persone vivono e agiscono, e memori delle osservazioni di Berger e Luckmann, possiamo estendere questa definizione al processo di continua ridefinizione del reale. 32
  • 33. forma proprio nell’interazione con gli altri, come afferma la teoria del sé riflesso di Cooley, e in questa interazione continuamente si formano aspettative ed esperienze. Il divenire del Sé può poi essere visto come un “processo soggettivo-transazionale di bilanciamenti e di integrazioni” (Tessarolo, 2001) che vede l’individuo impegnato nel cercare un accordo tra ciò che gli altri vorrebbero che lui fosse e ciò che lui vorrebbe essere. Nel secondo livello della comunicazione, quella culturale, il primo comunicante diviene autore che da forma ad opere che acquisiscono vita propria. Questo tipo di comunicazione avviene quindi attraverso il supporto di artefatti che si pongono tra gli attori della comunicazione. Questi, a differenza del primo livello, possono (ed è probabile) non incontrarsi mai: la trama di significanti proposta da un autore entra autonomamente in relazione con il secondo comunicante (o fruitore). In un secondo momento gli artefatti, indipendentemente dai comunicanti, vanno a formare la memoria sociale, che rappresenta l’ampliamento delle capacità umane fino al mantenimento oltre la sua esistenza nel tempo. “Con gli artefatti l’uomo ha ampliato la propria umanità e ha reso se stesso più disponibile agli altri, ha permesso una maggiore socialità, ha facilitato i rapporti sociali” (Tessarolo, 2001). Il testo che si pone tra i due comunicanti, impossibilitati quindi a costruire insieme il significato di quanto vissuto attraverso di esso, reintroduce la questione della comprensione. Come definito da Mariselda Tessarolo (1991), “la capacità di comprensione è una dote fondamentale dell’uomo e sta alla base della vita sociale”. Per chiarire questa affermazione e la questione della comprensione è necessario però richiamare l’ermeneutica nella figura di H. G. Gadamer. Presupposta la volontà di comprendersi, il testo3 chiama il “lettore” 3 Testo va qui inteso sia come opera alfabetica sia come opera in generale, che è comunque una trama di significanti ricostruita dall’osservatore/fruitore attraverso 33
  • 34. ad un completamento che può essere pensato come la risposta ad una domanda che il testo pone. Comprendere è quindi comprendere questa domanda. E nel domandare si dispiega la possibilità di senso: l’oggetto dotato di senso trapassa nell’opinione dell’interprete, che non ne determina la forma ma anzi ne allarga la portata semantica introducendo nuove connessioni di senso: “il fattore soggettivo e quello oggettivo si risolvono l’uno nell’altro acquistando una nuova consistenza e un nuovo contenuto” (Cassirer, 1961). L’opera si colloca ad un livello neutro in cui si incontrano la capacità estesica dell’autore da una parte e la capacità poetica del fruitore dall’altra. La struttura centralizzata nella fonte e diffusiva nel messaggio caratterizza il terzo livello delle comunicazioni. Tipico della società moderna, si caratterizza per l’uso di tecnologie più evolute come il telefono, il computer: tecnologie che hanno come motore originario l’elettricità. I due comunicanti assumono qui il nome di fonte e audience. La prima è costituita da un insieme di persone che preparano, formano e creano messaggi e che hanno quindi un vantaggio rispetto a chi lo riceve dato dalla priorità nella scelta del contenuto e nella modalità di emissione. Anche qui, come nel secondo livello, è negata la possibilità di una retrocomunicazione immediata4 . Nonostante ciò accumulandosi nel tempo i messaggi finiscono con il sommare i loro effetti fino ad arrivare a modificare le stesse configurazioni culturali. Anche nella comunicazione di massa la formazione e la presentazione dei messaggi è il problema principale: tutti i tipi di messaggio devono sottostare a regole particolari come non suscitare timore, canalizzare motivazioni precedenti o cercare di innovare. E nel momento della presentazione la fonte è una narrazione. “L’attuarsi della comprensione è sempre un venir alla parola” (Gadamer, 1989) 4 Può esistere una retrocomunicazione non immediata rappresentata ad esempio dal fax, la posta elettronica o le telefonate in diretta televisiva (Tessarolo, 1999) 34
  • 35. consapevole che possono presentarsi fenomeni come l’effetto boomerang o quello di vaccinazione. Lo studioso che più si è dedicato al campo dei mass media è Wilbur Schramm, che ha teorizzato più modelli tra cui quello qui proposto sulla struttura del terzo livello comunicativo (inserire immagine pag. 51). Per quanto riguarda le teorie sui mass media, le più consolidate sono la spirale del silenzio, la teoria del gap conoscitivo e la teoria della coltivazione basate sul modello degli effetti forti, oltre alla teoria degli usi e delle gartificazioni e dell’agenda setting. Nella teoria della spirale del silenzio i media sono visti come fonti di osservazione di cui le persone di servono per cogliere l’andamento generale delle opinioni nei confronti di un certo oggetto sociale. Questa teoria afferma come la cumulazione e la consonanza sono entrambi fattori che prevengono la percezione selettiva portando così a rifiutare la tesi che i media rinforzino (e non modifichino) gli atteggiamenti. L’opinione pubblica di cui ognuno è elemento costituente porta alla conformità di atteggiamenti e comportamenti minacciando, implicitamente, l’esclusione sociale data dalla non conoscenza delle regole di integrazione sociale. Mentre per la teoria dell’agenda setting i media filtrano le informazioni amplificandone selettivamente alcune in modo da mostrare alle persone non come pensare, ma cosa pensare. I media fanno sì che si crei un insieme di temi su cui le persone devono avere un’opinione indipendentemente da quale essa sia5 . 5 Per un approfondimento si rimanda a Wolf (1985; 1992). 35
  • 36. 36
  • 37. Capitolo 3. L’evento culturale Al giorno d’oggi si sta assistendo ad un fiorire di iniziative comunicative conosciute con il nome di eventi. Più precisamente, eventi culturali. Da che cosa nascono queste iniziative? Dove si collocano all’interno del sistema delle comunicazioni? Che ruolo è proposto a chi è coinvolto? In ultimo, qual è il loro ruolo nella comunicazione? A queste domande si cercherà di rispondere nella parte successiva dell’elaborato, dopo aver proposto una definizione della formula linguistica “evento culturale” per tracciarne i confini. 1. Vedi alla voce evento 37
  • 38. Aprendo il dizionario6 della lingua italiana, alla voce evento si trova questa definizione: “avvenimento, fatto di una certa importanza”. Anche declinando il termine all’interno del campo della comunicazione il quadro dell’osservazione rimane valido. L’evento (culturale) si struttura e si propone come un momento doppiamente significativo: per il tema attorno al quale gravita e significativo in quanto momento produttivo di senso e significati. L’evento partecipato, infatti, si presenta come una situazione di aggregazione, o meglio socializzazione: socializzazione a nuove possibili forme relazionali e socializzazione a visioni altre del reale. L’evento culturale è un momento di “costruzione di conoscenza”: come detto da Berger e Luckmann (1969), “la conoscenza è un prodotto sociale e allo stesso tempo è un fattore di cambiamenti sociali” (Berger e Luckmann, 1969, p. 125). Costruzione di conoscenza, relazione, nuova relazionalità, visioni del mondo, significati. Senso. Questi sono i termini chiave su cui poggia questo discorso attorno all’evento culturale. L’evento è innanzitutto un “medium”: si (pro)pone come elemento di congiunzione sia nella relazione tra attori sociali che in quella tra attori sociali e realtà. Mantovani suggerisce che il termine mediare stia a significare “rendere accessibile all’esperienza e allo stesso tempo vincolare l’esperienza in un certo modo” (Mantovani, 2004, p.74). Queste relazioni non hanno forma stabile, ma piuttosto si riplasmano continuamente cambiando proporzioni e producendo sempre nuove rappresentazioni del reale. Le forme che l’evento può assumere sono varie: una mostra fotografica sugli eventi degli anni di piombo, un concerto, una rassegna di proiezioni sul cinema di fantascienza, un 6 Garzanti 1989. 38
  • 39. allestimento con installazioni poste lungo il corso principale di una città. Può vedere coinvolti vari attori: l’artista, il fruitore, il pubblico, una fusione tra autore/artista e pubblico come nel caso delle performance d’arte contemporanea. L’evento nel contesto sociale contemporaneo, ma in particolare nella cornice metropolitana si propone come momento di aggregazione che, offrendo stimolazioni originali, suscita un senso di appartenenza a un gruppo sociale. Gruppo sociale definito e generato in base ad una convergenza di interessi dei soggetti-attori coinvolti, e non inteso come elemento della stratificazione sociale i cui confini sono delimitati da fattori socio-economici. Con questo non si vuole negare il ruolo di fattori quali reddito, livello di formazione, ambiente in cui si è cresciuti e in cui si vive. Tutt’altro. Ma credo sia più proficuo parlare di interessi, intesi come province di significato che guidano il muoversi degli attori nel mondo (e che possono essere il risultato della combinazione degli elementi sopra detti). Infatti, parlare di stratificazione sociale porta a rappresentare la società in blocchi separati all’interno dei quali gli individui si ritrovano: un’immagine che richiama lo stampo sociale durkheimiano. Considerare gli interessi come motore dell’azione individuale porta invece a vedere le associazioni umane (i gruppi sociali) come il prodotto dell’attività congiunta di più persone7 in relazione: ciò rappresenta un movimento trasversale all’individuazione di classi sociali. Il contesto metropolitano in cui si situa la proposta culturale è il risultato di una serie di mutamenti sociali avvenuti nel Ventesimo secolo che ha visto la perdita di legittimazione delle vecchie istituzioni portando allo smarrimento dell’individuo. Quest’ultimo, affascinato dalla pluralità di stimoli che gli sono 7 Il gruppo sociale come associazione di individui mossi da interessi involontariamente comuni: un esito inintenzionale di azioni intenzionali come affermato dalla scuola economica austriaca (von Mises a Rothbard) e anche da Boudon. 39
  • 40. offerti, cerca continuamente punti di riferimento che gli permettano di costruire e dare stabilità alla propria identità nel mutare delle situazioni (Guarino, 2003; Tessarolo, 2004; Zorino, 2006). Parlare di metropoli e di ricerca di identità dopo il crollo dei sistemi forti di riferimento e delle loro proposte di narrazione porta necessariamente a considerare quale sia lo stato attuale del sistema di comunicazione culturale attraverso degli eventi. Nella società attuale, infatti, il consumo rappresenta il principale strumento di investimento esistenziale e la proposta di cultura diviene un servizio che porta con sè dei consumatori. Il prodotto cultura è lo strumento per raggiungere il benessere e all’interno di questo sistema l’evento culturale assume il ruolo di comunicare una risposta al bisogno di identificazione moderno che porta poi alla condivisione di rituali collettivi che contribuiscono a sostenere ed accrescere il sentimento di appartenenza ad una tribù sociale. L’evento culturale, quindi, comunica in primo luogo una possibilità di identificazione. Ma all’interno di questa possibilità si gioca l’atto fondamentale della produzione di senso. La produzione di senso può essere riconosciuta come il risultato, o la capacità, di mettere in relazione i significati prodotti nell’interazione sociale (e l’evento è un contesto particolare dell’interazione sociale) per organizzare il proprio essere e il proprio fare nel mondo. L’aggettivo culturale richiede però una piccola argomentazione. Richiamando l’approccio della psicologia culturale nella figura di Seyla Behnabib, definiamo la cultura come una “narrazione condivisa, contestata, negoziata” (cit. in Mantovani, 2004). La cultura quindi prende forma nella narrazione durante il corso della vita. In questo scorrere biografico l’evento può rappresentare un momento in cui attraverso una narrazione negoziata (con le altre persone che partecipano) trovano una situazione specifica di 40
  • 41. realizzazione “processi in cui principi e norme astratte sono concretizzati e legittimati” (Benhabib, cit. in Mantovani, 2004). Questo processo porta alla creazione di significati che nati dall’interazione nel contesto dell’evento diventano parte della biografia dell’individuo, allargandosi al contesto generale di vita dove andranno incontro ad altre negoziazioni e ridefinizioni. Sotto un’altra luce, un “evento culturale può essere definito come una proposta che ha come oggetto un particolare tema o questione già presente o che vuole essere introdotto nel contesto sociale in cui ha luogo e su cui si propone di aprire o a cui aspira a dare nuova luce”. Nel fare questo, l’evento ha una connotazione temporale particolare. Pur svolgendosi in un periodo di tempo limitato, che può essere unico o ricorrente, il suo effetto o, meglio, l’effetto del coinvolgimento che riesce a creare si muove su un arco di tempo che trascende questo limite. L’esperienza del partecipare ad un evento culturale, infatti, supera i confini temporali del contesto organizzato allargando i significati di cui è costellata l’esperienza all’intera vita personale. L’evento è tale in quanto strutturato per essere un momento particolare nella vita di un individuo che però allunga il proprio essere avendo come testimone l’esistenza stessa di chi vi ha partecipato. 2. Questione di senso(i)8 Evento come situazione di rielaborazione di un apparato simbolico per la produzione di significati e senso nella mediazione del presente. Prendendo queste parole a definizione del termine “evento”, mi sembra necessario affrontare la questione della produzione di senso nel contesto sociale attuale. Il senso può essere definito come l’orientamento di definizione del reale che 8 Per approfondire il discorso sul senso nella società d’oggi si rimanda al libro di Guido Lazzarini (1999). 41
  • 42. ha il compito di ridurre l’infinita complessità del reale. Questa riduzione fa sì che l’individuo non si ritrovi colpito e immobilizzato da una quantità di stimoli indifferenziati, ma sia un attore in grado di usare il proprio particolare ordine del mondo come base per l’attuazione di un progetto di vita. Considerare il senso ci fa muovere su due livelli. Un livello in cui il senso è definito come la base dell’intenzionalità della coscienza ed un altro in cui il senso è connotato come produzione di significati (vista la sempre maggiore difficoltà nell’individuare il momento attivo della coscienza nell’agire nel sistema sociale odierno). In riferimento a quest’ultimo punto, che è al centro della nostra attenzione, Habermas percepisce l’agire dotato di senso come un’interazione linguistica, spostandosi verso una razionalità comunicativa: c’è senso quando è presente un linguaggio ordinario che permette la trasmissione delle esperienze tra i soggetti. Aggiustando ulteriormente i contorni della definizione, si può considerare il senso come ogni forma determinata di definizione del reale che rende possibili comprensione e interpretazione della società. Affrontando il contesto delle società complesse, possiamo osservare come nonostante l’individuo sia sottoposto a un processo esterno di formazione, attraverso la coscienza elabora le sue conoscenze ed esperienze andando a formare un proprio sistema di significati: è proprio quando la differenza tra sistemi di significato particolari è accettata e fondamentale per la comunicazione che si può affermare esista una relazione sociale. Ed è proprio all’interno di questa relazione sociale, che ha la sua base nella comunicazione, che si giocano i fenomeni dell’interpretazione e comprensione dal duplice e simultaneo orientamento verso il mantenimento e il cambiamento del reale. Come osservato da Lella Mazzoli, noi viviamo in una società “che sempre più non a caso costruisce la propria identità proprio a partire dalla comunicazione, come processo fondamentale sia per il sociale nel suo complesso sia per gli 42
  • 43. orizzonti di senso delle singole soggettività” (Mazzoli, 2004, p. 283)9 . Orizzonti di senso che si risolvono in una fusione di orizzonti di senso per mezzo del linguaggio (Gadamer, 1989, p.436)10 . Questa è una delle riflessioni dell’ermeneutica gadameriana. Insieme all’affermazione della storicità del comprendere (Heidegger, 1927; Gadamer, 1989, pp. 347-348), ossia il considerare la mediazione nel presente dei significati comunicati come atto produttivo in cui la distanza tra autore e interprete non è un abisso da superare, ma una risorsa del comprendere da cui nascono continuamente insospettate connessioni di significato: l’evento culturale è un medium che media nel presente la continua sintesi delle tre dimensioni temporali di passato, presente e futuro. L’evento culturale è un contesto particolare che vede più soggetti coinvolti nel rispondere alla domanda che il tema della situazione pone. “Comprendere un pensiero (o il contenuto che un interlocutore ci propone11 ) significa comprenderlo come risposta ad una domanda” (Gadamer, 1989, pp. 427 – 437). Nell’evento il dialogo tra le persone coinvolte è un continua fusione degli orizzonti del comprendere. Nel domandare il comprendere apre alle possibilità di senso: l’oggetto dotato di senso trapassa nell’opinione dell’interprete dando il via ad un processo potenzialmente infinito che ha come risultato una continua creazione di connessioni significative che altro non sono se non il continuo operare dell’uomo sulla realtà da cui questa prende forma12 . “La creazione e la fruizione di un’opera d’arte o di un prodotto, non sono eventi singoli, ma fanno parte di un processo sociale che coinvolge l’individuo 9 All’interno del testo a cura di Massimo Negrotti (2004). 10 Ci si riferisce all’edizione curata da G. Vattimo. 11 Parentesi mia. 12 Si richiama ulteriormente al testo “La realtà come costruzione sociale” di Berger e Luckmann per un’analisi del linguaggio come strumento creatore di realtà. 43
  • 44. e la società in modo circolare e ripetitivo” (Tessarolo, 2004). 3. La fruizione del prodotto culturale. In che luogo del sistema? Ma facciamo un passo indietro. Appoggiandoci sempre sulla proposta teorica di Giorgio Braga, cerchiamo di individuare la posizione del fenomeno evento culturale all’interno del sistema delle comunicazioni. L’evento come proposta culturale si colloca a cavallo tra il primo (interpersonale) e il secondo (culturale) livello comunicativo. Questo in quanto all’interno di una comunicazione organizzata si colloca l’insieme di comunicazione interpersonali che danno forma allo stesso evento e ai significati che nascono nella sua cornice dall’incontro tra visioni del mondo particolari. L’attività creatrice del linguaggio porta a ridefinire i propri universi di significato in una continua fusione di orizzonti di senso attraverso il trapasso di opinioni da un interlocutore all’altro. Le funzioni di questo tipo di comunicazione sono principalmente di “mediazione dell’azione” (prima funzione comunicativa nello schema di Braga), ma anche di “consumo simbolico” (seconda funzione comunicativa). La funzione prevalente è di mediazione dell’azione in quanto i significati e le informazioni veicolate in un evento culturale sono al centro di negoziazioni il cui risultato si ha sia su un piano di ridefinizione dell’universo simbolico sia, 44
  • 45. conseguentemente, su un piano di modifica del progetto di azione verso l’ambiente. L’insieme simbolico di cui ognuno è in possesso è sia il vincolo che la risorsa per la sua azione: ridefinirlo significa quindi ritracciare il suo orizzonte di senso per l’azione. “L’artista, come figura storica, fa parte del pubblico con il quale condivide, elabora e utilizza gli stessi processi simbolici, ma si pone al di sopra del pubblico quando mette in atto la sua capacità poetica. Tale messsa in atto è spinta dall’esigenza di rendere visibile, di dare forma ai simboli condivisi socialmente” (Tessarolo, 2004, p. 146). Parlare di evento culturale sottolinea inoltre l’importanza di definire che cosa si intenda per cultura e che cosa rappresenti il prodotto culturale. Nel contesto attuale si assiste ad un pluralismo culturale: una sempre maggior differenziazione dei processi culturali caratterizza la società e le iniziative che nascono e si muovono al suo interno. In questo scenario frammentato la “fruizione caratterizzata da consumo simbolico si svilupperà sempre più con il supporto dei consumatori in quanto prodotto culturale sarà anche prodotto economico” (Tessarolo, 2004, p. 145). La fruizione si presenta come un momento di rivendicazione da parte del soggetto delle proprie preferenze artistiche, non facendo eccezione al processo più generale (globale) di ricerca e affermazione della propria irriducibile identità e individualità. Ciò si pone in contrasto con quanto avveniva precedentemente, ossia quando era possibile parlare di gusto intendendo con questo un significato condiviso tra committente, artista e pubblico: questa era la situazione che caratterizzava il panorama culturale prima dell’esplosione della voglia di affermazione e del conseguente fiorire di proposte sempre maggiori, ma soprattutto sempre più diversificate: “una deregulation artistica che possiede una innegabile e forte matrice sociale” (Tessarolo, 2004, p. 147). In un’ipersegmentazione di tematiche e stili di vita, la persona si ritrova a scegliere tra nicchie di 45
  • 46. consumo: i fruitori, paradossalmente, “si incontrano perché condividono preferenze esclusive e ristrette” (Tessarolo, 2004, p. 22113 ). Il fruitore è un individuo che deve essere convinto e inserito in un processo di consumo in cui il bene è la cultura: questo suo ruolo fa sì che possa influenzare la produzione e tendenzialmente lo fa in un modo tale da richiedere che i cambiamenti introdotti siano comprensibili14 . E la forma che questi prodotti culturali assumono è strettamente collegata al contesto in cui nascono (Crane, 1997). Riferendoci sempre al contesto, cioè in generale al sistema sociale che vede un’offerta di cultura, si può osservare come questo sia in continuo mutamento. Come detto da Tessarolo (2004, p. 148), “i mutamenti che coinvolgono la società nascono al suo interno con l’aiuto di spinte esterne e questi cambiamenti sono necessari perché ogni generazione è diversa dall’altra e deve trovare il suo peculiare modo di espressione”. Questa spinta al cambiamento vede profilarsi all’orizzonte una promiscuità culturale in continua espansione (pammixia), che rispecchia la soggettività come principio dell’età moderna: la molteplicità dei punti di vista non solo interni allo stesso sistema sociale, ma anche costitutivi di una stessa cultura e di uno stesso sistema di riferimento. Ciò porta ad individuare come processi dominanti quelli di ricezione delle opere e la loro reinterpretazione: l’evento assume la connotazione di medium nel presente in cui si modificano e creano significati e senso. Le odierne manifestazioni culturali sono caratterizzate dalla combinazione di generi diversi che altrimenti, presi isolatamente, non riuscirebbero a dare forma a universi autosufficienti. Fruitore come figura nuova in una società dei servizi, in cui anche la cultura è 13 All’interno del testo a cura di M. Negrotti (2004). 14 Qui si inserisce il discorso delle avanguardie, con il loro proporre sempre significati nuovi, e gli ampi pubblici, che non richiedono prodotti troppo nuovi ed ambigui (Tessarolo, 2004). 46
  • 47. un servizio che viene consumato. Ma l’individuo non vuole essere solo un consumatore, bensì un consum-attore (Zorino, 2006). Il consumo, infatti, è un modo di pensare e di comunicare (Douglas e Isherwood, 1979) inserito in un processo di autocostruzione identitaria che passa attraverso rituali associativi, per cui si può a ragione parlare di neotribalismo(i). Il soggetto muove i suoi passi fondandoli sulla consapevolezza della sua assoluta arbitrarietà di scelta inserita in un contesto di continua e differenziata offerta. I rituali associativi si presentano come espressione di “libertà e di una volontà di partecipazione ponderata e consapevole ad una progettualità con cui ci si identifica” (Sen, 2000). E attraverso cui cerca di costruire la propria identità, aggiungerei. Quanto detto ci porta ad intravedere la nuova relazione tra artista e fruitore, di cui si parlerà nel capitolo successivo. 47
  • 48. 48
  • 49. Capitolo 4. FuturoPresente. Comunicare la contemporaneità "Contemporaneo è ciò che è e non è ancora” (Massimo Belpoliti) Il Festival FuturoPresente15 è un appuntamento che da quattro anni porta ad esplorare le tendenze della cultura contemporanea nella cornice della città di Rovereto. La rassegna vede coinvolti artisti di livello e fama internazionale alcuni dei quali impegnati in una prima nazionale. L’obiettivo che anima ideatori, curatori e organizzatori della manifestazione è quello di offrire un evento che rappresenti un’eccellenza nel panorama culturale trapassando i confini del territorio dove nasce. Nel primo appuntamento del 2005, la figura attorno a cui si è sviluppato l’evento è stata quella di Merce Cunningham; nell’anno successivo è stata la volta di Philip Glass, mentre nella terza edizione con e attraverso Bernardo Bertolucci e la sua opera si è cercato di proporre una riflessione sul contemporaneo. In quest’ultimo anno, cui ho avuto modo di partecipare in veste di stagista seguendo le ultime fasi organizzative e le giornate in cui l’evento 15 Per una rassegna (anche fotografica) degli artisti e delle loro opere, e degli ospiti che hanno preso parte all’evento, si rimanda al sito ufficiale della manifestazione www.festivalfuturopresente.it 49
  • 50. FuturoPresente ha preso effettivamente forma, la proposta culturale ha visto come elemento cardine attorno al quale sviluppare il concetto di contemporaneità la relazione tra arte e nuove tecnologie. In particolare l’interrelazione tra le forme artistiche della musica, della danza, della visual art, del cinema e del design. Riprendendo la citazione che introduce al capitolo, contemporaneo può essere definito ciò che è e non è ancora. Contemporaneo è ciò che è già presente ma che non è del tutto compreso in quanto contiene in sé degli elementi futuri che segnano la loro diacronicità e differenza proprio in questa parziale incomprensione e ambiguità. Questa considerazione, uscita da un colloquio in cui ho avuto la possibilità di intrattenermi con uno degli ideatori della manifestazione, il dottor Paolo Manfrini, è stato l’incipit creativo, l’intuizione che ha portato a pensare alla possibile cornice su cui potesse districarsi il discorso e l’esperienza del contemporaneo. Sono questi due gli elementi portanti dell’evento FuturoPresente: il vissuto delle “singole” persone attraverso le parole pensate nel fluire narrativo per dare senso e costruire senso rappresenta il significato ultimo del concetto che sta sotto il nome di “contemporaneo”. Come ovvio, il risultato sarà tutto fuorché unico. Probabilmente il concetto porterà con sé tante sfaccettature quante sono state le menti che hanno partecipato all’evento. E questo in una valutazione per difetto: per quanto la mente si esprima come una narrazione che cerca di tracciare coerenza, affrontare il contemporaneo significa porsi in parte davanti a qualcosa di ambiguo e quindi, specialmente nell’oggi in cui viviamo, qualcosa che difficilmente può essere ridotto a coerenza. La scelta di prendere la tecnologia come secondo polo dell’evento ha messo in luce la natura interattiva di quest’ultima (richiamando McLuhan, 50
  • 51. 196716 ). L’aspetto dell’interattività nell’arte non è cosa nuova: in primo luogo perché ogni “opera d’arte” ha bisogno di un fondamentale coinvolgimento interattivo che consiste nella disponibilità a farsi interrogare dall’opera per poi trovare una risposta di significato e senso (Gadamer, 1983, p. 148); e in secondo luogo in quanto la sperimentazione per un sempre maggior coinvolgimento della persona nell’opera ha già una storia rilevante17 . Il Festival FuturoPresente voleva rappresentare anche in questo orizzonte un’eccellenza culturale. Un orizzonte che vedesse le persone coinvolte assumere e vivere un ruolo diverso, più attivo e fondamentale: un ruolo di co-autori dell’opera e di voci narranti della manifestazione18 . Sembrano quantomai appropriate le osservazioni di Zolberg (1994) e Becker (1982) che affermano come sia difficile parlare di opera d’arte isolatamente, preferendo parlare di “processo mediante il quale viene fatta e rifatta ogni qual volta qualcuno ne faccia esperienza o la apprezzi”. “Il pubblico con la sua partecipazione all’opera stabilisce un’interazione sociale che riunisce socialmente la ricezione e la produzione tanto da non poter distinguere il fruitore dall’artista” (Tessarolo, 2004, p. 149). 16 17 Per un approfondimento dell’argomento si veda Peppino Ortoleva (2002) e Fadda Simonetta (1999). 18 Al di là del loro essere “pilastri” dal punto di vista economico. Questo non per pormi in antitesi al mercato dell’arte. Assolutamente. Ma per sottolineare l’importanza della persona come elemento chiave delle singole performance e dell’evento nel suo insieme. 51
  • 52. 1. Arte - ? - Tecnologia “Non ci sono spettatori, tutti sono attori sull’astronave Terra” (Buckminster Fuller) “Il fruitore viene invitato a vivere un'inusuale esperienza in cui artificiale e reale si fondono, e c'è la volontà di giungere attraverso l'interfaccia uomo- macchina ad un'arte che permetta di costruire liberamente i propri liminari percorsi espressivi e di attivare dei circuiti di senso carichi di energia. Questo tipo di arte vuole determinare una trasformazione sia nel concetto di artista (che non appare più come il creatore di qualche intoccabile simulacro sacrale), che in quello del fruitore (che viene invitato a trasformare l'opera e contribuisce al suo esserci). Di conseguenza anche l'opera d'arte in sé risulta diversa e diventando azione, pratica performativa, non risulta più un oggetto mercificabile in un sistema artistico chiuso” (Bazzichelli, 1999). Il prendere forma dell’opera coincide con la partecipazione all’opera stessa del cosiddetto “fruitore”. Il termine è virgolettato in quanto in questo momento, dove l’arte si sta sempre più spostando verso la “performance”, l’etichetta di fruitore può non è più del tutto adeguata. Il ruolo della persona sembra andare oltre quello del fruire facendola diventare elemento dell’opera 52
  • 53. o forse meglio, co-autrice dell’opera. Pensare l’installazione interattiva di William Forsythe19 come opera esistente senza il passaggio delle persone davanti alla camera, che ne cattura il movimento per poi trasformarlo sulle onde della danza e infine proiettarlo su uno schermo dove ognuno può ritrovarsi deformato, sembra insostenibile. L’opera è la persona che osserva il proprio corpo e il suo muoversi deformato venendone coinvolta e dando così continuità ad un’interazione uomo-macchina totalmente coinvolgente che diventa arte. “Totalmente” poiché la persona è immersa con tutto il suo essere psico-fisico. E’ difficile qui non richiamare nuovamente McLuhan e il suo vedere i mezzi tecnologici come estensioni del corpo, come momento di ridefinizione delle proporzioni tra i sensi che portano ad un rinnovamento psichico (1967; cfr. De Kerkhove, 1996).20 Lungo Corso Bettini (il corso centrale di Rovereto), ad esempio, Studio Azzurro21 ha pensato di strutturare un’installazione che portasse le persone coinvolte ad una completa immersione. Nel progetto del gruppo milanese “spariscono il punto di vista e la prospettiva: solo l’immersione consentita dà la chiave d’interpretazione dell’opera” (de Kerckhove, 2008)22 . “Con l'arte tecnologica e interattiva viene liberato il prodotto artistico dalla sua "aura", dal suo "hic et nunc", dal suo "valore espositivo", 19 William Forsythe è un famoso coreografo statunitense. Per un approfondimento sulla sua figura si rimanda direttamente al sito ufficiale della sua compagnia: www.theforsythecompany.de 20 “Nell’era elettronica noi tutti indossiamo la nostra umanità come una pelle” (McLuhan, 1967). 21 Avanguardia italiana della videoarte negli Anni 80, Studio Azzurro è un gruppo di artisti dei nuovi media, che è stato fondato nel 1982 da Fabio Cirifino (Fotografia), Paolo Rosa (arte visiva e cinema) e Leonardo Sangiorgi (grafica) a Milano. Il link al loro sito ufficiale è www.studioazzurro.com 22 Dalla brochure di presentazione dell’evento FuturoPresente. Arte e nuove tecnologie 53
  • 54. che rendono l'opera unica, irripetibile, lontana dalla fruizione diretta dell'individuo, una specie di feticcio da osservare a distanza (ricordando le parole di Benjamin che negli anni '30 comprese l'importanza, per una fruizione generalizzata, del connubio fra arte e tecnica, analizzando la comparsa della fotografia e del cinema nella nascente società di massa). Più specificamente, muore l’"aura" vista come originalità intoccabile, derivante dal lavoro manuale di un unico artista, mentre nascono, se vogliamo, una pluralità di "auree" quante sono le esperienze dirette dei fruitori, che prendendo parte al processo creativo agendo performativamente sull’opera d’arte, contribuiscono a realizzarla nel suo insieme. Infatti ogni fruitore viene invitato a vivere una personale esperienza psicosensoriale, confrontandosi e interagendo con la creazione dell'artista, la quale appare quindi sia una che molteplice, mai uguale a se stessa” (Bazzichelli, 1999). Ogni epoca ha realizzato modalità differenti per far incontrare artista e fruitore. E va osservato come “il rapporto tra questi comunicanti particolari è complesso e la complessità non è dovuta al semplice incontro di due individui, ma a quello di due modi di vedere, e di far vedere, la società” (Tessarolo, 2004, p. 146). Riflettendo su questa considerazione e nel contempo guardando all’evento FuturoPresente possiamo però sottolineare ulteriormente delle possibili differenze. Possibili differenze a cui si darà ulteriore spazio di discussione e sostegno nella sezione riservata al commento dei dati raccolti attraverso questionario durante i giorni dell’evento. 54
  • 55. Se da una parte di prospettano due attori dai ruoli differenti e complementari (artista-fruitore), dall’altra abbiamo due attori che collaborano nel creare il senso stesso del momento. Quest’ultimo caso è quanto si realizza nella performance di Francisco Lopez23 , esteta sonoro impegnato in una continua ricerca verso l’ascolto puro, profondo e pulito del suono. In un ambiente completamente oscurato24 le persone erano chiamate ad una esperienza di realtà virtuale veicolata da suoni campionati negli ambienti più diversi. La combinazione di questi elementi sonori, però, non rappresenta l’opera: ne può rappresentare il metadiscorso. L’opera vera e propria, o meglio, la performance, si realizza nel momento in cui il soggetto viene immerso nel metadiscorso dell’esperienza “virtuale” (i suoni campionati di Lopez e la loro sequenza, ad esempio) a cui lui stesso darà forma e voce attraverso le parole che daranno luogo ad una narrazione di significati e senso dell’esperienza. La persona che decide di prendere parte ad un evento quale è FuturoPresente dovrebbe ritrovarsi immersa in un’esperienza totalizzante che la vede protagonista del momento e co-autrice del suo contenuto. Nuovo ruolo, creazione di conoscenza, nuovo senso oltre i confini dell’evento: l’immagine che ho cercato di tracciare in queste pagine voleva trasmettere l’idea dell’evento culturale come momento di una catena partecipativo-conoscitiva di creazione e negoziazione di significati, ognuno dei quali unico nella sua forma, ma non isolato nel suo essere partecipato. Attraverso l’analisi dei dati raccolti con l’obiettivo di tracciare un profilo della persona che ha preso parte al Festival e del suo vissuto in termini 23 Per maggiori informazioni sull’artista e il suo lavoro di ricerca si rimanda al sito ufficiale www.franciscolopez.net 24 Anche grazie all’utilizzo di bende distribuite prima dell’inizio della performance per far sì che nessun elemento visivo disturbasse l’ascolto. 55
  • 56. generali cercherò di dare ulteriore sostegno e chiarezza alla mia argomentazione. 56
  • 57. Capitolo 5. L’obiettivo della ricerca. Chi viene coinvolto? 1. Introduzione A questo punto della riflessione attorno all’evento culturale si inserisce l’analisi dei dati raccolti durante i giorni dell’evento FuturoPresente. E’ sembrato infatti opportuno affiancare ad una discussione teorica una ricerca empirica. L’orizzonte d’interesse si è mosso verso il delineamento della figura del visitatore coinvolto nel Festival: per questa ragione si è proceduto individuando non delle ipotesi da corroborare o falsificare, bensì l’obiettivo che avrebbe dovuto guidare l’analisi: un profilo del partecipante all’evento, per l’appunto. Oltre all’individuazione dell’obiettivo, il disegno della presente ricerca prevede la strutturazione di un questionario, una fase empirica e una fase di interpretazione dei dati. Lo scopo di individuare un profilo medio (probabilistico) dell’attore sociale coinvolto nell’evento si basa sull’elaborazione di dati forniti direttamente dall’intervistato. 2. Strumento e metodologia L’indagine è stata condotta nei giorni del Festival (5-10 maggio 2008) su di un campione di 80 persone intervistate durante la loro 57
  • 58. partecipazione all’evento. I soggetti coinvolti rispondevano autonomamente: l’intervistatore rimaneva a disposizione per chiarire eventuali dubbi, senza avere però nessun ruolo attivo nella compilazione. Le interviste si sono basate su di un questionario (Appendice 1) composto da 19 domande orientate a sondare comportamenti e interessi dei partecipanti alla ricerca. Erano previste due tipologie di risposta: risposte a scelta forzata e risposte a scelta multipla: questo per cercare di allargare la portata informativa delle risposte visto il tema delle domande. Attraverso le domande si intendeva raccogliere informazioni circa gli interessi degli intervistati (domanda 3), il loro rapporto con gli eventi culturali in termini di frequenza (quesito 4) e di collegamento con i momenti precedenti e successivi (domande 5, 6 e 7). Di interesse era anche la modalità con cui veniva partecipato l’evento (domanda 8: “Con chi è venuto all’evento?”). La seconda parte del questionario era invece incentrata sull’espressione del vissuto dell’evento: quali emozioni, sensazioni e grado di coinvolgimento avevano provato i partecipanti. Per questo sono state proposte delle valutazioni su scala Likert e, come nella domanda 16, valutazioni in termini di ordinamento sul criterio dell’importanza di un insieme di elementi considerati come centrali all’interno della proposta del Festival. 3. Risultati 58
  • 59. L’analisi dei dati ha innanzitutto mostrato come gli intervistati si suddividano equamente tra i due sessi (53.2% di maschi contro il 46.8% di genere femminile). Lo studio dell’età ha indicato che il campione è compreso tra i 18 e i 59 anni, con un’età media di 27.1 (d.s. 8.257): va detto però che il 93.2% degli intervistati è inserito in una fascia che va dai 18 ai 37 (tabella 1). Frequenza Percentuale Percentuale valida Percentuale cumulata Maschi 42 52.5 53.2 53.2 Femmine 37 46.3 46.8 100.0 Totale 79 98.8 100.0 Mancanti Manc.di sistema 1 1.3 Totale 80 100.0 Tabella 1. Età Per quanto riguarda i principali interessi personali (tabella 2), le risposte che hanno ottenuto una percentuale maggiore sono arte (61.3 %) e musica (60%), mentre tecnologie, lettura e sport seguono con indici di preferenza decisamente inferiori. Interessi Preferenza Frequenza Percentuale Arte 49 61.3 Musica 48 60 Tecnologia 26 32.5 Lettura 25 31.3 Sport 18 22.5 Altro 6 7.5 Tabella 2. Interessi La domanda numero 4 (“Quante visite ad eventi legati all’arte negli ultimi dodici mesi?”) ha visto le risposte distribuirsi in maniera preponderante verso le alternative “da 1 a 3” (27.5%) e “da 4 a 6” (35%). Le alternative 59
  • 60. di risposta 4 e 5 hanno riscontrato entrambe una percentuale del 18.8% (tabella 3). Osservando poi il tipo di eventi partecipati dal campione, la distribuzione vede al primo posto gli eventi legati alla musica (66.3%) seguiti dagli eventi di arte moderna e contemporanea (55%). Il 47.5% delle risposte ha infine mostrato come il criterio scelto nell’orientarsi all’interno della proposta culturale sia il seguire eventi che propongano temi considerati interessanti: questo criterio sembra quantomai rappresentativo del nostro tempo, in cui la ricerca di espressione e socializzazione trova continuamente nuove forme non più ancorate a temi cui si diventa “appassionati”, ma forme fluttuanti modulate dall’ascolto perenne degli stimoli provenienti dall’ambiente (mondo) (tabella 4). Numero di visite a eventi artistici Nr. Visite Frequenza Percentuale 0 0 0 1-3 22 27.5 4-6 28 35.0 7-9 15 18.8 Oltre 10 15 18.8 Totale 80 100.0 Tabella 3. Numero visite ad eventi artistici Tipo di eventi ai quali partecipa Tipo di evento? Frequenza Percentuale Arte moderna 44 55 Teatro 9 11.3 Musica 53 66.3 No tipol. prevalente 6 7.5 Artisti che conosco 16 20 Tema che mi interessa 38 47.5 Tabella 4. Tipo di eventi partecipati A questo punto del questionario sono stati proposti due quesiti che intendevano spostare l’attenzione temporale verso il dopo-evento. Partecipare 60
  • 61. ad un evento è un momento da cui si origina o che struttura una qualche forma di conoscenza o di curiosità? E se sì, in che modo? Si è ipotizzato che l’evento possa rappresentare infatti un momento all’interno di una catena partecipativo-conoscitiva che coinvolge chi vi ha partecipato spingendolo ad approfondire quanto vissuto in quel particolare momento. Le risposte raccolte sono esposte di seguito nelle tabelle 5 e 6. Continua a documentarsi? Frequenza Percentuale Sì 27 33.8 No 4 5.0 Qualche volta 49 61.3 Totale 80 100.0 Tabella 5. Continua a documentarsi dopo l’evento In che modo? Modalità di informazione Frequenza Percentuale Sugli artisti 36 45 Sugli eventi collegati 33 41.3 Sul tema dell’evento 48 60 Tabella 6. Modalità di informazione Considerando la percentuale cumulata delle alternative di risposta “Sì” e “Qualche volta” si arriva al 95% di intervistati che afferma di continuare a documentarsi anche se magari non in maniera assidua. Ed in particolare vengono ricercate informazioni riguardanti il tema dell’evento (60%): per quanto debole possa essere il collegamento, questa tendenza potrebbe essere letta come il desiderio di muoversi alla costruzione di un proprio bagaglio culturale che affonda le radici nell’esperienza dell’evento, ma che guarda al dopo. 61
  • 62. Chi ha preso parte a FuturoPresente lo ha fatto prevalentemente in compagnia di amici/conoscenti (63.8%). Anche l’opzione da solo/a ha raccolto una buona percentuale, il 28.8%, mentre solo il 7.5% è venuto in compagnia del partner/coniuge. Si era anche interessati a capire in che modo le persone fossero giunte a conoscenza dell’evento: se grazie all’attività di promozione e comunicazione dell’evento o se attraverso altre strade come il passaparola o una precedente partecipazione a qualche altro evento. I risultati sono mostrati nelle tabelle 7 e 8. Con chi è venuto all'evento? Frequenza Percentuale Solo/a 23 28.8 Partner/Coniuge 6 7.5 Amici/conoscneti 51 63.8 Totale 80 100.0 Tabella 7. In compagnia di chi è venuto all’evento In che modo è giunto a conoscenza dell'evento? Frequenza Percentuale Amici 29 36.3 Pubblicità 45 56.3 Altri eventi 1 1.3 Internet 30 37.5 Incontro occasionale 1 1.3 Interesse personale 3 3.8 Altro 4 5.0 Tabella 8. Come è giunto a conoscenza dell’evento Da questo punto dell’intervista, le domande spostavano la propria indagine sulle caratteristiche dell’evento FuturoPresente e su quale vissuto avessero 62
  • 63. veicolato nella persona intervistata. Come detto, il Festival voleva offrire uno sguardo sulla contemporaneità: per farlo gli ideatori hanno pensato di far poggiare l’evento sul pilastro dell’arte. Per questo si è pensato ad una domanda che indagasse l’orientamento verso l’arte in termini emozionali. Come descritto in tabella 9, il 78.8% delle risposte (63 su 80) ha indicato la curiosità come atteggiamento prevalente verso l’arte. Quale atteggiamento Le suscita l'arte? Frequenza Percentuale curiosità 63 78.8 indifferenza 0 0 scetticismo 3 3.8 stupore 23 28.8 delusione 0 0 entusiasmo 35 43.8 divertimento 19 23.8 noia 0 0 Tabella 9. Atteggiamento suscitato dall’arte 4. L’analisi fattoriale Per lo studio delle risposte alle domande 12, 13, 14 e 19 è stato impiegato lo strumento statistico dell’analisi fattoriale. Con il metodo delle componenti principali sono stati estratti 3 fattori che cumulativamente riescono a spiegare oltre il 65% della varianza. 63
  • 64. QuickTime™ e un decompressore TIFF (Non compresso) sono necessari per visualizzare quest'immagine. Pesi dei fattori non ruotati Pesi dei fattori ruotati Componente Totale % di varianza % cumulata Totale % di varianza % cumulata 1 7.930 37.761 37.761 6.899 32.850 32.850 2 3.628 17.274 55.035 3.424 16.304 49.154 3 2.166 10.315 65.350 3.401 16.196 65.350 Tabella 10. Componenti e varianza spiegata Due di queste quattro domande erano composte da più item, nei quali la richiesta consisteva in valutazioni su scala Likert. Per ognuno si è calcolato il coefficiente di correlazione con i singoli fattori: in questo modo si è potuto stabilire quali risposte contribuissero maggiorente alla loro spiegazione. Nella tabella sottostante sono riportati tali valori, con messi in evidenza quelli che 64
  • 65. contribuiscono misurare il fattore sovrastante. Componente Item 1 2 3 d19 piacere .901 -.053 .185 d12 piacere durante l’evento .880 -.012 .015 d12 vedere opere dal vero .824 -.033 .008 d19 divertimento .818 .070 -.064 d19 eccitamento .743 .297 .344 d19 benessere .715 -.250 -.374 d13 quanto coinvolto .704 .536 -.219 d14 provato emozioni .703 .532 .029 d19 godim estetico .699 .201 -.003 d12 arricchimento culturale .653 .322 -.335 d12 interesse per artista .620 .463 -.112 d19 noia -.100 -.733 .447 d14 fatto riflettere .435 .713 .145 d14 importante per realizzazione -.202 .709 -.020 d14 ruolo attivo .156 .674 -.266 d19 stupore .216 .255 .764 d19 malinconia .019 -.266 .702 d19 inquietudine .110 -.068 .695 d12 tema evento -.005 .260 -.661 d19 interesse .473 .352 -.634 d12 format evento .253 -.004 -.490 Tabella 11. Matrice dei componenti ruotata Il primo fattore è stato nominato “vissuto positivo”: questo in quanto gli items con cui è maggiormente correlato indicano valutazioni sugli aspetti emotivamente positivi vissuti nell’esperienza dell’evento, le ragioni che hanno spinto a prendere parte all’iniziativa culturale (come ad esempio negli items 12b, “il piacere che provo durante l’evento”, e 12d, “il desiderio di arricchimento culturale”) e il grado in cui la persona si è sentita coinvolta nell’evento. Il secondo fattore è spiegato dagli item riguardanti il grado di coinvolgimento (“sento di essere stato importante per la realizzazione dell’evento”, “mi ha fatto riflettere”, “insieme ad artisti, ideatori e realizzatori sento di aver avuto 65
  • 66. un ruolo attivo nell’evento”) e da quello relativo al vissuto di noia durante l’evento: si è deciso così di nominare il fattore, “coinvolgimento”. Il terzo fattore mostra invece il peso degli elementi negativi rispetto all’evento: fattore denominato “criticità”. Individuata l’associazione tra item e fattore, si è proseguito calcolando l’affidabilità per la scala: gli items misurano effettivamente ciò per cui sono stati strutturati? La risposta (tabella 12) è in tutti e tre i casi sì: i valori dei coefficienti sono sempre accettabili. Fattore Alfa di Cronbach N di item 1 .926 11 2 .738 4 3 .771 6 Tabella 12. Valori di affidabilità Per quanto riguarda le statistiche generali riguardanti i tre fattori (tabella 13), queste mostrano come nei primi due siano state espresse mediamente valutazioni più alte (4.47 con d.s.=1.17 per il primo e 4.15 con d.s.=1.16) rispetto al terzo (2.80 con d.s.=1.01). Fattore 1 2 3 Media 4.473 4.156 2.796 Mediana 4.038 4.250 3.167 Deviazione std. 1.117 1.162 1.013 Minimo 2.25 1.50 1.00 Massimo 6.82 7.00 5.67 Tabella 13. Statistiche riguardanti i tre fattori. Successivamente ci si è soffermati sulla relazione tra i pattern. Si sono così calcolati i coefficienti di correlazione di Pearson tra i fattori (tabella 14): si 66
  • 67. sono rivelati tutti significativi, mostrando come i primi due fattori siano in relazione positiva tra loro (.228, p< 0.05) e come il terzo fattore covari inversamente rispetto agli altri due (-.230, p< 0.05, con il primo; -.359, p<0.01, con il secondo). Correlazione di Pearson F1 F2 F3 F1 1 .228(*) -.230(*) F2 .228(*) 1 -.359(**) F3 -.230(*) -.359(**) 1 * La correlazione è significativa al livello 0,05 (2-code). ** La correlazione è significativa al livello 0,01 (2-code). Tabella 14. Coefficienti di correlazione di Pearson tra i fattori Una caratteristica degli intervistati considerata interessante è stata poi l’età. L’obiettivo del Festival era raggiungere un target “giovane” (compreso tra i venti e i trent’anni): si è quindi osservato come questa variabile sia in relazione con i singoli fattori. Dall’analisi è emerso come all’aumentare dell’età cresca il peso del fattore coinvolgimento (.433, p< 0.01) e al contempo diminuisca il peso di un vissuto negativo dell’evento (-.238, p< 0.05, con il terzo fattore). Si è ripetuta l’analisi anche con le domande riguardanti la frequenza con cui nell’ultimo anno si è preso parte ad eventi legati all’arte, il grado di soddisfazione per l’aver partecipato al festival e l’importanza che riveste il setting nel vissuto dell’evento. I risultati sono mostrati di seguito. Coefficienti di correlazione Domanda Fattore d4: Nr.visite d15: Soddisfazione per aver partecipato d16: Importanza location 1 .570(**) .645(**) .283(*) 2 .275(*) .390(**) .000 3 -.339(**) -.236(*) -.112 67