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Business School
Incontro con Alessandro Siviero
AUTO-IMPRENDITORIALITA’
Formatore del personale di rete in impresa leader nel settore cosmetici, in seguito
si è occupato dell’apertura di contact center in Italia e Romania. Consulente e
formatore in diverse imprese fra cui Whirlpool, Bon Prix, FIAT, Experian, Dr.Oetker.
Consulente per diverse istituzioni italiane in tema di marketing, in particolare
nel settore turistico. Formatore sul management per Federazione Italiana Golf
Researcher sui temi di Market Entry in ESCP-EAP a Londra (UK) e consulenza
alle imprese clienti. Docente all’Università degli Studi del Piemonte Orientale,
Politecnico di Torino (ITA), Utrecht University (NED).
Lugano pare essere una destinazione idilliaca
durante un soleggiato pomeriggio di febbraio,
tanto più se questo ti permette di staccare
un attimo dalla routine quotidiana e se il fine
settimana si avvicina: come poter dire di no, allora,
al gentilissimo invito del professor Alessandro
Siviero, libero professionista nel campo del
marketing, professore alle università svizzere
SUPSI e USI e, dulcis in fundo, responsabile e
giudice del tanto temuto Business Game del
Master ISTUD “Bistazzoni”?!
Quando arriviamo gli uffici e i corridoi dell’università
sono ormai deserti e, probabilmente, Alessandro
è rimasto proprio per concederci l’intervista,
nonostante un pesante jet-­lag alle spalle dovuto
al suo ultimo viaggio in Giappone, testimoniato
anche da un maneki neko, un gattino della fortuna
giapponese, che vediamo proprio sotto la finestra.
Di che cosa ti occupi
esattamente nella tua attività
di libero professionista?
Mi occupo sostanzialmente di due cose:
da una parte c’è la formazione per le imprese
legata all’attività di marketing e di vendita e quella
legata ai team di manager.
L’altro tema è la consulenza soprattutto relativa
al market entry: se un’impresa vuole entrare
in un determinato mercato valuto se ne vale la
pena, come entrarci e quanto possa essere
economicamente vantaggioso. Svolgo questa
attività di ricerca coordinando un team di
persone. Attualmente, non ho deciso di sviluppare
uno studio di consulenza ma recluto le persone
in funzione delle conoscenze che hanno o le
persone con cui ho collaborato in precedenza e
che fanno parte del mio network.
	
	
	
Alessandro
Si
viero
Come mai hai deciso di cambiare da HR a
marketing?
Ho iniziato in azienda facendo HR e occupandomi
della formazione del settore vendita in un’impresa
di cosmetici. All’interno della stessa impresa mi
sono occupato poi dell’apertura di due call center
curando non solo la parte della formazione, ma
anche quella gestionale. L’apertura di un call
center significa lavorare anche sulla parte relativa
al funzionamento operativo. Ho studiato come
rendere più produttivi i team di vendita nell’ambito
del marketing. Oggi HR e marketing viaggiano
sempre più insieme, chi fa marketing ha dei sistemi
informativi alle spalle ed è in grado di leggere i
dati e di prendere decisioni creative sulla base
di questi, dall’altra parte deve essere in grado di
gestire dei team e formarli.
Quanto è importante per te la passione?
Se intendiamo per passione la voglia di scoprire
sempre di più rispetto ad un argomento, è
fondamentale per crescere. Fare qualcosa soltanto
per passione non farà avere un giudizio razionale
su quello che si sta facendo, è necessario perciò
sapere anche bilanciare momenti in cui usare
la passione e approfondire e i momenti in cui
razionalizzare e mettere in pratica quello che si
è imparato e soprattutto seguire il mercato. Sarei
ipocrita se dicessi che la passione è tutto. Io delle
cose che seguo per passione ne riesco a portare
il 5-10% nella formazione o nella consulenza.
L’impresa non sempre accetta proposte innovative,
preferisce più spesso uniformarsi agli standard
anche per una questione di legittima sicurezza.
Quello che mi muove è il desiderio di misurarmi
con cose con cui 10 anni fa non pensavo che
sarei stato in grado di confrontarmi, il desiderio di
avere delle soddisfazioni da ciò che ho realizzato,
dal far qualcosa di diverso. Mi muovono di più
l’adrenalina e la sfida rispetto alla passione.
Che cosa ti ha spinto a fare la scelta di
libero professionista piuttosto che essere un
manager dipendente di un’azienda?
Nella mia vita professionale ho provato tutte
le possibilità: dipendente di un’azienda, libero
professionista e ho provato anche ad avere
un’impresa, che è diverso dall’essere un libero
professionista. Quando sei un libero professionista
giochi sulla tua attività, quando hai un’impresa hai
delle responsabilità anche nei confronti dei tuoi
dipendenti.
Quello che mi ha spinto ad essere un libero
professionista è l’essere responsabile di ciò
che faccio, ma soprattutto il poter gestire il mio
tempo. Questo è per me il fattore più importante,
e lavorare in un’università parallelamente alla mia
attività è una fortuna da questo punto di vista:
posso decidere di essere in ufficio, a casa, le
lezioni sono ad orari stabiliti. Per contro nella libera
professione bisogna avere molta autodisciplina.
La fortuna la possono fare i liberi professionisti
disciplinati. Gestire la libertà è un impegno, non
vuol dire lavorare meno, anzi forse da consulente
lavoro di più, al pari di un imprenditore.
E’ stato un cambiamento graduale o c’è stato
qualcosa che ti ha portato a prendere questa
decisione, una miccia, una spinta?
Ho iniziato lavorando da dipendente part time
verticale al 60-70%: ero impegnato tre giorni
alla settimana e nelle altre ore mi occupavo di
formazione per conto mio grazie alla proposta
dell’università di collaborare con una docente
che mi aveva assegnato un corso di formazione
finanziata. Dopo tre anni da dipendente ho
deciso di consegnare la lettera di dimissioni e
abbandonare il mio lavoro per poter finalmente
gestire il mio tempo senza essere vincolato a
quello che qualcun altro decideva per me. Da lì
ho iniziato a costruire la mia rete di contatti fra
le persone che frequentavano i corsi, manager di
impresa, HR o altro. Per me è stata un’occasione
incredibile.
La vita imprenditoriale che immaginavi si
è rivelata diversa da quella reale o è stata
coerente con il modello ideale che ti aspettavi?
Molto superiore alle aspettative. Io mi sono sempre
ritenuto privilegiato nel fare la libera professione,
anche perché ho potuto guadagnare facendola.
Ci sono tanti che hanno tentato questa strada, ma
che poi sono tornati sui loro passi.
Ritieni che per essere degli imprenditori o
liberi professionisti bisogna possedere delle
inclinazioni particolare? Se sì quali sono?
Una discreta propensione al rischio e la capacità
di calcolarlo. Saper razionalizzare e possedere
una certa capacità di stare attaccati alle proprie
opinioni anche quando gli altri non le condividono.
Tanti parlano di determinazione, ma quella è
importante trasversalmente per tutti, anche per chi
lavora come dipendente.
Quali sono le strategie che poni in essere per
arrivare con più efficacia ai tuoi clienti e quali
sono i mezzi per farti conoscere sul mercato?
Premessa: importanza del network. Non tanto dal
numero di persone che conosci ma da chi conosci.
Io ho avuto successo perché ho avuto la fortuna
di conoscere persone che mi hanno permesso di
ottenerlo. Dal punto di vista dell’insegnamento,
ad esempio, la mia prima lezione in aula è stata
solamente dopo un mese dalla laurea a 400
miei coetanei. Non so se la docente si sia fidata
oppure non si sia curata del fatto di mandarmi da
solo in aula. Non mi interessa nemmeno saperlo,
l’importante è che quell’occasione l’ho avuta.
Nell’impresa è stato uguale: appena sono arrivato
c’era la formazione di cui occuparsi. Durante la
prima tappa a Bologna io ho ascoltato la docenza
della collega che seguiva la formazione in azienda
e il giorno dopo a Roma lei mi ha detto “fai tu”. E
anche questa per me è stata una fortuna.
Dal punto di vista strategie per recuperare i clienti
io mi affido molto sostanzialmente al passa parola.
Cresco perché guadagno fiducia.
Quanto è importante per te condividere la
tua conoscenza?
E’ importante quando la condivisione è in ottica
di formazione. Credo che sia abbastanza ipocrita
l’idea di condivisione pura perché chiunque di
noi ha delle conoscenze che preferisce tenere per
sè. Ho più piacere a condividere con qualcuno
che è all’inizio perché so che per lui può essere
importante per poter crescere. Sarebbe una
crescita comune.
Che cosa è per te il successo? Qual è stata
una delle tue soddisfazioni più grandi?
Il successo dipende da come lo vivi. Persone che
si ritengono di successo magari visti sotto altre
prospettive potrebbe sembrare che abbiano fatto
poco nella loro vita. Credo che da una parte
serva il riconoscimento esterno e che questo aiuti
l’autostima. È una combinazione di etero-stima e di
auto-stima. Per quanto riguarda un momento più
importante degli altri direi di non averne nessuno
in particolare. Ho avuto tante soddisfazioni e
immediatamente nuovi traguardi da raggiungere.
Master in Risorse Umane e Organizzazione 2014-2015
II Project Work
Intervista a cura di:
•	 Valeria Sarobba
•	 Claudio Grippi
•	 Stefano Zullo
-> www.istud.it
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Autoimprenditorialità: intervista ad Alessandro Siviero

  • 1. Business School Incontro con Alessandro Siviero AUTO-IMPRENDITORIALITA’ Formatore del personale di rete in impresa leader nel settore cosmetici, in seguito si è occupato dell’apertura di contact center in Italia e Romania. Consulente e formatore in diverse imprese fra cui Whirlpool, Bon Prix, FIAT, Experian, Dr.Oetker. Consulente per diverse istituzioni italiane in tema di marketing, in particolare nel settore turistico. Formatore sul management per Federazione Italiana Golf Researcher sui temi di Market Entry in ESCP-EAP a Londra (UK) e consulenza alle imprese clienti. Docente all’Università degli Studi del Piemonte Orientale, Politecnico di Torino (ITA), Utrecht University (NED). Lugano pare essere una destinazione idilliaca durante un soleggiato pomeriggio di febbraio, tanto più se questo ti permette di staccare un attimo dalla routine quotidiana e se il fine settimana si avvicina: come poter dire di no, allora, al gentilissimo invito del professor Alessandro Siviero, libero professionista nel campo del marketing, professore alle università svizzere SUPSI e USI e, dulcis in fundo, responsabile e giudice del tanto temuto Business Game del Master ISTUD “Bistazzoni”?! Quando arriviamo gli uffici e i corridoi dell’università sono ormai deserti e, probabilmente, Alessandro è rimasto proprio per concederci l’intervista, nonostante un pesante jet-­lag alle spalle dovuto al suo ultimo viaggio in Giappone, testimoniato anche da un maneki neko, un gattino della fortuna giapponese, che vediamo proprio sotto la finestra. Di che cosa ti occupi esattamente nella tua attività di libero professionista? Mi occupo sostanzialmente di due cose: da una parte c’è la formazione per le imprese legata all’attività di marketing e di vendita e quella legata ai team di manager. L’altro tema è la consulenza soprattutto relativa al market entry: se un’impresa vuole entrare in un determinato mercato valuto se ne vale la pena, come entrarci e quanto possa essere economicamente vantaggioso. Svolgo questa attività di ricerca coordinando un team di persone. Attualmente, non ho deciso di sviluppare uno studio di consulenza ma recluto le persone in funzione delle conoscenze che hanno o le persone con cui ho collaborato in precedenza e che fanno parte del mio network. Alessandro Si viero
  • 2. Come mai hai deciso di cambiare da HR a marketing? Ho iniziato in azienda facendo HR e occupandomi della formazione del settore vendita in un’impresa di cosmetici. All’interno della stessa impresa mi sono occupato poi dell’apertura di due call center curando non solo la parte della formazione, ma anche quella gestionale. L’apertura di un call center significa lavorare anche sulla parte relativa al funzionamento operativo. Ho studiato come rendere più produttivi i team di vendita nell’ambito del marketing. Oggi HR e marketing viaggiano sempre più insieme, chi fa marketing ha dei sistemi informativi alle spalle ed è in grado di leggere i dati e di prendere decisioni creative sulla base di questi, dall’altra parte deve essere in grado di gestire dei team e formarli. Quanto è importante per te la passione? Se intendiamo per passione la voglia di scoprire sempre di più rispetto ad un argomento, è fondamentale per crescere. Fare qualcosa soltanto per passione non farà avere un giudizio razionale su quello che si sta facendo, è necessario perciò sapere anche bilanciare momenti in cui usare la passione e approfondire e i momenti in cui razionalizzare e mettere in pratica quello che si è imparato e soprattutto seguire il mercato. Sarei ipocrita se dicessi che la passione è tutto. Io delle cose che seguo per passione ne riesco a portare il 5-10% nella formazione o nella consulenza. L’impresa non sempre accetta proposte innovative, preferisce più spesso uniformarsi agli standard anche per una questione di legittima sicurezza. Quello che mi muove è il desiderio di misurarmi con cose con cui 10 anni fa non pensavo che sarei stato in grado di confrontarmi, il desiderio di avere delle soddisfazioni da ciò che ho realizzato, dal far qualcosa di diverso. Mi muovono di più l’adrenalina e la sfida rispetto alla passione. Che cosa ti ha spinto a fare la scelta di libero professionista piuttosto che essere un manager dipendente di un’azienda? Nella mia vita professionale ho provato tutte le possibilità: dipendente di un’azienda, libero professionista e ho provato anche ad avere un’impresa, che è diverso dall’essere un libero professionista. Quando sei un libero professionista giochi sulla tua attività, quando hai un’impresa hai delle responsabilità anche nei confronti dei tuoi dipendenti. Quello che mi ha spinto ad essere un libero professionista è l’essere responsabile di ciò che faccio, ma soprattutto il poter gestire il mio tempo. Questo è per me il fattore più importante, e lavorare in un’università parallelamente alla mia attività è una fortuna da questo punto di vista: posso decidere di essere in ufficio, a casa, le lezioni sono ad orari stabiliti. Per contro nella libera professione bisogna avere molta autodisciplina. La fortuna la possono fare i liberi professionisti disciplinati. Gestire la libertà è un impegno, non vuol dire lavorare meno, anzi forse da consulente lavoro di più, al pari di un imprenditore. E’ stato un cambiamento graduale o c’è stato qualcosa che ti ha portato a prendere questa decisione, una miccia, una spinta? Ho iniziato lavorando da dipendente part time verticale al 60-70%: ero impegnato tre giorni alla settimana e nelle altre ore mi occupavo di formazione per conto mio grazie alla proposta dell’università di collaborare con una docente che mi aveva assegnato un corso di formazione finanziata. Dopo tre anni da dipendente ho deciso di consegnare la lettera di dimissioni e abbandonare il mio lavoro per poter finalmente gestire il mio tempo senza essere vincolato a quello che qualcun altro decideva per me. Da lì ho iniziato a costruire la mia rete di contatti fra le persone che frequentavano i corsi, manager di impresa, HR o altro. Per me è stata un’occasione incredibile. La vita imprenditoriale che immaginavi si è rivelata diversa da quella reale o è stata coerente con il modello ideale che ti aspettavi? Molto superiore alle aspettative. Io mi sono sempre ritenuto privilegiato nel fare la libera professione, anche perché ho potuto guadagnare facendola. Ci sono tanti che hanno tentato questa strada, ma che poi sono tornati sui loro passi. Ritieni che per essere degli imprenditori o liberi professionisti bisogna possedere delle inclinazioni particolare? Se sì quali sono? Una discreta propensione al rischio e la capacità di calcolarlo. Saper razionalizzare e possedere una certa capacità di stare attaccati alle proprie opinioni anche quando gli altri non le condividono. Tanti parlano di determinazione, ma quella è importante trasversalmente per tutti, anche per chi lavora come dipendente.
  • 3. Quali sono le strategie che poni in essere per arrivare con più efficacia ai tuoi clienti e quali sono i mezzi per farti conoscere sul mercato? Premessa: importanza del network. Non tanto dal numero di persone che conosci ma da chi conosci. Io ho avuto successo perché ho avuto la fortuna di conoscere persone che mi hanno permesso di ottenerlo. Dal punto di vista dell’insegnamento, ad esempio, la mia prima lezione in aula è stata solamente dopo un mese dalla laurea a 400 miei coetanei. Non so se la docente si sia fidata oppure non si sia curata del fatto di mandarmi da solo in aula. Non mi interessa nemmeno saperlo, l’importante è che quell’occasione l’ho avuta. Nell’impresa è stato uguale: appena sono arrivato c’era la formazione di cui occuparsi. Durante la prima tappa a Bologna io ho ascoltato la docenza della collega che seguiva la formazione in azienda e il giorno dopo a Roma lei mi ha detto “fai tu”. E anche questa per me è stata una fortuna. Dal punto di vista strategie per recuperare i clienti io mi affido molto sostanzialmente al passa parola. Cresco perché guadagno fiducia. Quanto è importante per te condividere la tua conoscenza? E’ importante quando la condivisione è in ottica di formazione. Credo che sia abbastanza ipocrita l’idea di condivisione pura perché chiunque di noi ha delle conoscenze che preferisce tenere per sè. Ho più piacere a condividere con qualcuno che è all’inizio perché so che per lui può essere importante per poter crescere. Sarebbe una crescita comune. Che cosa è per te il successo? Qual è stata una delle tue soddisfazioni più grandi? Il successo dipende da come lo vivi. Persone che si ritengono di successo magari visti sotto altre prospettive potrebbe sembrare che abbiano fatto poco nella loro vita. Credo che da una parte serva il riconoscimento esterno e che questo aiuti l’autostima. È una combinazione di etero-stima e di auto-stima. Per quanto riguarda un momento più importante degli altri direi di non averne nessuno in particolare. Ho avuto tante soddisfazioni e immediatamente nuovi traguardi da raggiungere. Master in Risorse Umane e Organizzazione 2014-2015 II Project Work Intervista a cura di: • Valeria Sarobba • Claudio Grippi • Stefano Zullo -> www.istud.it Business School