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KIA TREND
Project work “KiA – Knowledge in Action”
Sostenibilità e consumo etico
Master in Marketing Management 2019-2020
A cura di:
Nicola Calaprice
Miriam Manca
Valentina Risciotti
Davide Romano
Federica Sabato
Sostenibilità e consumo etico
Master in Marketing Management 2019-2020
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INDICE
Introduzione ...…………………………………………………………………………………………...2
Capitolo 1: La Sostenibilità ...…………………………………………………………………………4
1.1 Origine, significato e sviluppo del termine ...………………………………………………………4
1.2 Sostenibilità forte e sostenibilità debole ...…………………………………………………………6
1.3 Sostenibilità e consumi: la nascita del consumatore etico ...…………………………………….6
1.4 Imprese ecosostenibili: l’impegno verso la sostenibilità ...……………………………………….7
Capitolo 2: Green Marketing ………………………………....………………………...……………..8
2.1 Green Economy: quando la produttività rispetta l’ambiente ...…...……………….……………..8
2.2 Marketing ambientale: una nuova leva strategica per le imprese ..…………….……………….9
2.3 Strategie e applicazioni del green marketing .……………………………………………………..9
2.4 Greenwashing: il lato oscuro del green marketing .…...…………………………………………14
2.4.1 Il caso H&M …………………...…………………………………………………..….……….14
2.5 Certificazioni ambientali: una garanzia di autenticità ……..…...…………….………………….15
Capitolo 3: Case studies …...…………………………………………………………………………17
3.1 Patagonia: quando un’azienda nasce green …...………………………………………………..17
3.2 Toyota: quando un’azienda diventa green …...…………………………………………………..19
Conclusioni …...…………………………………………………………………………………………23
Bibliografia …...………………………………………………………………………………………….24
Sitografia …...……………………………………………………………………...…………………….25
Sostenibilità e consumo etico
Master in Marketing Management 2019-2020
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INTRODUZIONE
Davanti alle sfide ambientali, economiche e sociali sempre più insistenti, la questione della
sostenibilità risulta essere quanto mai attuale.
Nel presente elaborato vengono esaminati i temi della sostenibilità e del consumo etico, con
l’obiettivo di metterne in luce l’evoluzione, le caratteristiche e tutte le opportunità e strategie che
un’azienda può adottare per far fronte a questo trend in forte crescita. Molte imprese si muovono
verso la via della sostenibilità in virtù di un consumatore che acquisisce sempre più senso etico e
responsabilità. Lo sviluppo di questo nuovo tipo di consumatore è il risultato della maggiore
consapevolezza riguardo l’esauribilità delle risorse del pianeta e la necessità di tutelare il nostro
patrimonio naturale. L’accesso alle informazioni sempre più facile e veloce rende il consumatore più
connesso, più consapevole e più informato. Soprattutto grazie al web, i consumatori possono
discutere tra loro su scala mondiale, scegliendo e premiando i comportamenti virtuosi e di attenzione
al sociale che le varie aziende adottano.
Alla luce di questi cambiamenti, gli interrogativi sono molti: Che ripercussioni ha una certa azienda
sull’ambiente? Quando un’azienda si definisce sostenibile, lo è davvero? Una certificazione
ambientale sul packaging di un prodotto è sinonimo di garanzia?
Questi interrogativi, un tempo confinati nel dibattito ambientalista, permettono oggi di avere un
quadro più ampio e di comprendere le motivazioni insite alla nascita di questo nuovo trend, per
arrivare all’idea di quale sia il profilo del consumatore responsabile e di come questo condizioni le
aziende che vogliono definirsi sostenibili. In particolare, si pone l’attenzione sulla differenza che
emerge tra aziende che nascono come sostenibili, riportando l’esempio di Patagonia, e aziende che
invece, seguendo la moderna scia di rispetto dell’ambiente, si sono spostate gradualmente verso la
sostenibilità, come Toyota.
Partendo da queste premesse abbiamo deciso di approfondire il tema assegnatoci, di per sé molto
ampio, dal punto di vista del marketing, nostra principale materia di studio. Ci siamo quindi focalizzati
sulla realtà del green marketing e sul suo possibile risvolto negativo, il greenwashing, da cui le
imprese devono difendersi per non deteriorare l’immagine del proprio brand. Si vedrà infatti che non
sempre le operazioni di green marketing equivalgono ad un impegno sincero in una filiera sostenibile
o al rispetto dell’ambiente nelle attività produttive, ma che spesso rappresentano solamente una
strategia di facciata adottata dalle aziende col fine di acquisire una reputazione ecologica, senza
lavorare però seriamente sulla sostenibilità ambientale. Del resto nel mondo contemporaneo le
imprese non possono più agire senza tenere conto delle conseguenze sociali delle loro azioni, per
cui vi è l’effettivo bisogno di una nuova tipologia di marketing genuino che si prefigga di lavorare in
modo etico sui valori ecologici senza spacciarsi per eco-friendly.
La sfida delle aziende non è soltanto quella di adottare strategie sostenibili, ma è soprattutto quella
di comunicare nel modo più efficace possibile in cosa si concretizza l’impegno sociale delle stesse.
Solo attraverso delle politiche di sostenibilità forti e concrete, la strategia di marketing potrà essere
definita veramente green e non cadere nella trappola del greenwashing.
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Il tema della sostenibilità rappresenta un’opportunità che se sfruttata al meglio può dare luogo alla
creazione di un’immagine solida e credibile, una costruzione di un business sano nel lungo periodo,
una riduzione dei costi e una gestione più responsabile dei rischi.
Il connubio ecologia e marketing si presenta quindi come un’ottima opportunità per coinvolgere le
persone nel condurre uno stile di vita più sostenibile.
L’obiettivo del green marketing è quindi quello di trasferire alle generazioni future un atteggiamento
di maggiore responsabilità in termini etici, ambientali e sociali, valorizzando al contempo l’immagine
del brand.
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CAPITOLO 1: LA SOSTENIBILITÀ
1.1 Origine, significato e sviluppo del termine
Il concetto di sviluppo sostenibile e in linea generale i temi della sostenibilità sono stati oggetto nel
corso degli ultimi anni di un sempre maggiore interesse pubblico, tanto da essere divenuti al giorno
d’oggi fattori imprescindibili nelle scelte decisionali a qualsiasi livello della società, si tratti di uno
Stato, di un’impresa o più semplicemente del singolo individuo.
Il dibattito ambientalista nasce attorno agli anni Settanta, momento in cui entra in crisi il modello di
sviluppo classico basato esclusivamente sulla crescita economica e ci si inizia ad interrogare circa
l’esauribilità delle risorse del pianeta, andando di conseguenza alla ricerca di modelli di sviluppo
socio-economico volti sia al progresso, sia alla preservazione del patrimonio naturale.
Il modello di produzione e consumo capitalistico, nonostante abbia da un lato innegabilmente portato
a risultati eccezionali come l’aumento dell’efficienza e della produttività, alla crescita della
popolazione e al miglioramento generale della qualità della vita, dall’altro lato ha comportato dei
costi rilevanti, soprattutto nel lungo periodo, in termini di utilizzo e consumo delle risorse ambientali,
inquinamento e surriscaldamento globale.
La crescita economica di per sé non basta, lo sviluppo è reale solo se migliora la qualità della vita in
modo duraturo, ed è proprio da questa presa di coscienza che nasce l’esigenza di conciliare la
crescita economica e l’equa distribuzione delle risorse all’interno di un nuovo modello di sviluppo.
Volendo definire in ordine cronologico i punti salienti circa l’affermazione del tema della sostenibilità,
il primo evento importante a livello internazionale è sicuramente la Conferenza delle Nazioni Unite
sull’Ambiente Umano (United Nations Conference on the Human Environment) svoltasi a Stoccolma
nel 1972, dove per la prima volta vennero trattati i problemi ambientali, il tema dello sviluppo
sostenibile e venne compiuto un grande passo avanti verso lo sviluppo delle politiche ambientali
internazionali, con la redazione di un primo documento attestante le responsabilità dell’uomo nei
riguardi dell’ambiente e con la fondazione dell’UNEP (United Nations Environmental Programme), il
programma delle Nazioni Unite per l’ambiente.
La prima definizione completa di “sviluppo sostenibile” è contenuta nel rapporto Our Common Future
del 1987, elaborato dalla World Commission on Environment and Development, in cui si definisce
sostenibile quello sviluppo che:
“soddisfi i bisogni delle generazioni attuali senza compromettere la possibilità che le
generazioni future possano anch’esse soddisfare i propri”.
La definizione pone l’accento sul concetto di bisogno e sulla responsabilità nei confronti dei posteri,
riconoscendo implicitamente la necessità di una tutela delle risorse, di un miglioramento della qualità
della vita e di un’equità a livello di accesso alle risorse, sia intergenerazionale che
intragenerazionale.
Traspare dunque l’aspetto multidisciplinare della sostenibilità, dove lo sviluppo può essere definito
sostenibile se riesce a generare situazioni di sostanziale equilibrio tra gli ambiti sociale, ambientale
ed economico o, in altre parole, se è in grado di mantenere un equilibrio tra le tre E: Ecologia, Equità,
Economia.
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Figura 1. I tre aspetti della sostenibilità
La necessità di operare a livello globale sulla questione della sostenibilità e che questa venisse
riconosciuta come principio di diritto internazionale venne discussa nel 1992 a Rio De Janeiro
durante la Conferenza delle Nazioni Unite su Ambiente e Sviluppo (UNCEP, United Nations
Conference on Environment and Development),in cui i paesi aderenti riconobbero l’urgenza di
definire strategie internazionali di cooperazione tra paesi del Nord e del Sud del mondo.
Di notevole importanza è la sottoscrizione della Dichiarazione di Rio, un elenco di 27 principi
regolanti diritti e responsabilità delle nazioni verso uno sviluppo sostenibile, e l’Agenda 21, un
programma d’azione nel quale vengono stabiliti criteri operativi, obiettivi e strategie di riferimento per
promuovere la collaborazione al perseguimento di uno sviluppo sostenibile autentico.
Tra gli eventi che si susseguirono nel corso degli anni ’90, la Conferenza di Kyoto del 1997 e
l’omonimo Protocollo furono di grande importanza per il tema del riscaldamento climatico.
Con l’avvento del nuovo millennio si tennero varie conferenze per esaminare i risultati ottenuti dagli
atti sostenibili sottoscritti negli anni precedenti e per concordare una comune linea d’azione, durante
la quale vennero redatti molteplici documenti riguardanti la gestione delle risorse naturali, la
legislazione ambientale e il cambiamento climatico.
Nel 2012, a vent’anni di distanza dalla conferenza di Rio del 1992, si tenne a Rio De Janeiro la
Conferenza delle Nazioni Unite sullo Sviluppo Sostenibile (UNCSD), detta anche Rio+20. Obiettivo
della conferenza fu quello di verificare e rinnovare gli impegni assunti negli ultimi due decenni e di
cercare di convogliare gli sforzi di governi e società civile verso obiettivi comuni e verso le sfide
future. Dopo difficili negoziati, la conferenza si concluse con il documento The Future We Want,
cruciale nel dare il via a numerosi processi internazionali e nazionali, primo su tutti quello di
definizione dei nuovi Obiettivi globali per lo Sviluppo Sostenibile (SDGs).
Nel 2015 a New York si è svolto il Summit sullo Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite, durante il
quale è stata approvata l’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, un documento che individua gli
impegni che dovranno essere realizzati entro il 2030, individuando 17 obiettivi globali (SDGs) e 169
target. Gli obiettivi hanno carattere universale e si fondano sull’integrazione fra le tre dimensioni
dello sviluppo sostenibile (economica, sociale ed ambientale), quale presupposto per sradicare la
povertà in tutte le sue forme.
L’Agenda riconosce il legame stretto tra benessere umano e salute dell’ambiente, e l’esistenza di
sfide comuni a tutti i paesi.
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1.2 Sostenibilità forte e sostenibilità debole
Il concetto di sviluppo sostenibile si configura in modo diverso in base al modo in cui il capitale viene
concepito ed utilizzato. A questo proposito è bene chiarire che il capitale totale delle risorse si
suddivide in naturale, comprendente tutte le risorse naturali, e artificiale, corrispondente a tutto ciò
che è prodotto dall’uomo.
La valutazione della sostenibilità dello sviluppo può essere espressa attraverso due formulazioni:
• Sostenibilità forte, più prudente, non ammette una sostituibilità tra capitale naturale e
artificiale, andando così a definire sviluppo economico sostenibile quello sviluppo in grado di
unire ad una crescita di patrimonio artificiale il mantenimento del capitale naturale almeno
non inferiore a quello ereditato.
• Sostenibilità debole, più rischiosa, ha come fine il mantenimento del capitale totale, per
questo ammette la perfetta sostituibilità tra i due capitali, permettendo così una diminuzione
del capitale naturale a patto che vi sia l’equivalente artificiale in grado di sostituirlo; pone
quindi fiducia nelle capacità delle generazioni future di superare le conseguenze ambientali
dovute alle nostre azioni.
Le due accezioni hanno obiettivi differenti: una politica di sostenibilità forte è propensa a conservare
l’attuale patrimonio naturale, investendo su nuove tecnologie che siano in grado di contrastare la
velocità dei processi di degrado ambientale; una sostenibilità debole, al contrario, è più propensa ad
accelerare lo sviluppo economico a discapito di un più rapido cambiamento planetario, anteponendo
ai problemi ambientali i problemi sociali e i paesi in via di sviluppo.
Sebbene le due posizioni possano essere alternative sul breve periodo, sul lungo periodo la
sostenibilità forte sembra l’unica strada percorribile, essendo la sola capace di assicurare il
mantenimento del capitale naturale e il perseguimento delle attività umane ed economiche.
Se in passato l’economia ha dato più importanza al capitale artificiale e alla crescita, ritenendo
erroneamente che il capitale naturale fosse abbondante, con lo sviluppo sostenibile viene introdotto
un modello di sviluppo che implica l’impegno di ogni Stato nel salvaguardare e gestire razionalmente
le risorse naturali, conciliando l’esigenza di sviluppo socio-economico con il rispetto dell’ecosistema
e delle condizioni di vita per le generazioni future.
1.3 Sostenibilità e consumi: la nascita del consumatore etico
La società d’oggi viene spesso definita come società del consumo, in quanto forma i propri membri
ad essere consumatori, individui che devono sapere e volere comprare, e fonda le proprie basi
sull’idea che la crescita economica e il benessere materiale siano gli obiettivi di vita che portano alla
felicità.
Una volta soddisfatti i bisogni primari ciò che conta è soddisfare quelli secondari. Il consumo risulta
guidato da scopi meramente dimostrativi, con l’obiettivo di certificare lo status economico e sociale.
Risulta chiaro che il consumo non possa essere classificato solo come un fenomeno economico,
perché la sua natura è anche culturale, cosa che appare ancora più evidente se si prende in
considerazione il consumo responsabile, in quanto le ragioni insite nella transizione verso una
maggiore sostenibilità dei consumi sono da ricercare nella figura del consumatore e nelle motivazioni
alla base del consumo.
La presa di coscienza della limitatezza delle risorse e della necessità di salvaguardare l’ambiente
impongono sempre più al consumatore di rivedere il proprio stile di vita e le scelte di consumo.
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Si delinea così un nuovo profilo di consumatore, più etico e responsabile, in grado di porsi sullo
stesso piano di importanza di governi, istituzioni e imprese nella possibilità di spostare gli equilibri di
mercato orientandoli verso scelte di tipo ambientale e sociale, contribuendo al benessere collettivo.
Consumare in modo sostenibile corrisponde ad utilizzare beni e servizi che conducano ad un
miglioramento della qualità della vita e consentano al tempo stesso di ridurre al minimo i costi
ambientali, in modo da non pregiudicare i bisogni delle generazioni future.
Questo modello non implica necessariamente il consumare meno, ma l’essere in grado di
consumare in maniera più efficiente migliorando la qualità della vita collettiva, con la convinzione
che vivere meglio, facendo cioè scelte eco e socio–compatibili, possa corrispondere anche ad un
benessere di tipo edonistico.
In una società dei consumi le scelte di acquisto sono di fondamentale importanza per la sostenibilità,
sia a livello ambientale che a livello sociale, in quanto i cittadini con i loro comportamenti quotidiani
di consumo e gestione delle risorse possono influenzare e contribuire al miglioramento delle
condizioni dell’ambiente.
Nonostante la crescente sensibilizzazione ai temi della sostenibilità, spesso i consumatori non
traducono questa attenzione in effettivi comportamenti d’acquisto per varie motivazioni che vanno
dal costo più elevato dei prodotti, alla mancanza di fiducia fino alla semplice disinformazione circa
la reperibilità di prodotti sostenibili.
A tal proposito risulta importante accrescere una consapevolezza critica nel consumatore per
renderlo cosciente del proprio ruolo chiave nell’implementazione di un modello di consumo
sostenibile, attraverso strumenti volti a influenzare direttamente il consumo di beni e servizi
sostenibili quali informazione e comunicazione, regolamenti, incentivi.
Sul piano internazionale, all’interno dei Sustainable Development Goals (SDG), l’obiettivo numero
12 è dedicato proprio a “Garantire modelli sostenibili di produzione e di consumo”, in particolar modo
viene posto come obiettivo per il 2030 che “tutte le persone, in ogni parte del mondo, abbiano le
informazioni rilevanti e la giusta consapevolezza dello sviluppo sostenibile e di uno stile di vita in
armonia con la natura”.
I consumatori sono sempre più parte attiva nella creazione di un’economia sostenibile, in quanto
richiedono più trasparenza circa l’origine e la composizione dei beni e servizi che acquistano e
perché sono sempre più consapevoli delle sfide che il pianeta si trova ad affrontare.
1.4 Imprese ecosostenibili: l’impegno verso la sostenibilità
La situazione ambientale critica, caratterizzata dall’inesorabile esaurimento delle risorse e da un
sempre maggiore livello di inquinamento ha portato negli ultimi anni ad uno scontro tra le imprese
(di qualunque genere) e la collettività, in quanto quest’ultima si interroga circa l’operato delle prime
in termini di possibile inappropriatezza e pericolosità nei confronti dell’ambiente e della società in
generale.
La nascita di gruppi di consumatori attenti all’ambiente, in grado di influenzare imprese e di
trasformare i mercati conducendoli verso uno sviluppo sostenibile, ha portato ad un aumento della
consapevolezza e della partecipazione attiva da parte dei consumatori, nei quali cresce il desiderio
di cambiamento del mercato in senso etico e sostenibile, e ha inoltre condizionato in maniera
tangibile l’attività delle imprese.
Questo processo di cambiamento di mercato può essere definito come un cambiamento generato
da ideologie culturali, in quanto le motivazioni che spingono i consumatori sono di natura ideologica.
Le imprese possono sfruttare a loro vantaggio questo cambio di rotta introducendo pratiche di
business improntate sulla sostenibilità.
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Un’azienda oggi non può più quindi basarsi sull’idea di sviluppo classico legato alla sola ricerca di
profitto, ma deve aggiungere al valore economico quello sociale e quello ambientale, che devono
andare di pari passo in un’ottica multidimensionale.
Utilizzare strategie di tipo sostenibile diventa sempre più importante non solo per il mercato e le
vendite, ma anche in termini di immagine e reputazione d’impresa, migliorandone la competitività.
Il sistema impresa assume un ruolo centrale grazie alla crescente importanza della responsabilità
sociale di impresa, la quale però deve corrispondere alla realtà effettiva dei comportamenti aziendali,
pena la perdita di credibilità agli occhi dei consumatori. Grazie alla tecnologia infatti, la sostenibilità
appare chiara, comprensibile e facilmente verificabile, e per questo motivo risulta difficile nascondere
le proprie attività all’opinione pubblica.
Le aziende devono dunque mostrare un reale e volontario impegno nell’attuazione di strategie e
pratiche sostenibili, per giungere non solo alla creazione di valore economico ma anche alla tutela
del capitale ambientale e sociale.
Adottare un modello di sviluppo sostenibile nella strategia d’impresa non porta solamente benefici
in termini di reputazione e immagine, ma favorisce anche la possibilità di sviluppare un rapporto
stabile con i consumatori e di rafforzare quindi la brand value. È importante che le aziende
comprendano che la sostenibilità è redditizia perché crea un vantaggio competitivo.
La comunicazione ambientale e sociale assume quindi un ruolo centrale per le imprese, poiché
comunicare il raggiungimento o la persecuzione di obiettivi ambientali permette di attrarre nuovi
clienti, fidelizzare gli esistenti, aumentare fiducia e motivazione interni all’azienda e garantire una
maggiore efficienza dei propri prodotti e servizi.
CAPITOLO 2: GREEN MARKETING
2.1 Green economy: quando la produttività rispetta l’ambiente
La green economy è un sistema economico che presenta come fattore principale di sviluppo la
riduzione dell’impatto ambientale e prende in considerazione tutti i potenziali danni ambientali in cui
un’ azienda incorre durante il ciclo di vita dei suoi prodotti di business. Spesso la green economy
viene confusa con lo sviluppo sostenibile, portando all’utilizzo in maniera impropria o addirittura
all’errata sinonimia tra i due termini. Secondo la definizione stabilita dalla Commissione Europea,
green economy è:
“un’economia che genera crescita, crea lavoro e sradica la povertà investendo e salvaguardando le
risorse del capitale naturale da cui dipende la sopravvivenza del nostro pianeta” (CE, 2011).
Lo sviluppo sostenibile invece può essere definito come un principio economico che si fonda su
uno sviluppo industriale e produttivo rispettoso dell’ambiente. Un’azienda che adotta il modello della
green economy è molto attenta al fattore ambientale durante tutte le fasi del ciclo di trasformazione
delle materie prime, partendo dalla loro estrazione, passando per il trasporto e la trasformazione
dell’energia fino ad arrivare ai prodotti finiti ed al loro smaltimento. Ad oggi, il tema della sostenibilità
può essere sviluppato come un elemento di comunicazione a forte impatto mediatico, noto anche
come green marketing.
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2.2 Marketing ambientale: una nuova leva strategica per le imprese
Il green marketing, o marketing ambientale, assicura una leva strategica fondamentale per
le imprese che, grazie alla realizzazione di strategie di comunicazione ambientale, riescono ad
ottenere nuove forme di vantaggio competitivo. Tutto ciò è reso possibile grazie alla crescente
sensibilità da parte degli utenti e consumatori nei confronti del tema dell’ecosostenibilità. Ѐ
fondamentale che il green marketing venga applicato, oltre che nella fase produttiva, anche nelle
altre fasi di sviluppo del prodotto, ad esempio attraverso l’uso di nuovi materiali nel packaging, per
arrivare alla creazione di nuovi modelli di comunicazione grazie ai quali l’azienda possa essere
percepita come sostenibile nella sua totalità.
Negli anni sono aumentate notevolmente le aziende che si prefiggono come obiettivo quello di
presentarsi come sostenitrici dell’ambiente utilizzando messaggi positivi dal punto di vista
ecologico. L’inserimento del tema ambientale va dalle proprie campagne pubblicitarie alla
sponsorizzazione di associazioni ambientaliste, fino ad iniziative a difesa della natura per dare una
connotazione ecologista ai propri prodotti. La necessità delle aziende di andare incontro a questo
nuovo trend nasce dal notevole aumento dei consumatori responsabili. Dal confronto dei dati del
2002 e del 2018 infatti, si evidenzia una importante crescita nella quota dei cittadini più green,
passando dal 28,5% del 2002 al 63,4% del 2018.
2.3 Strategie e applicazioni del green marketing
La strategia del green marketing si sviluppa in quattro passaggi: segmentazione, targeting,
posizionamento e differenziazione.
Attraverso la segmentazione l’impresa identifica il gruppo o i gruppi di consumatori a cui rivolgersi,
secondo due approcci: il primo basato sulle caratteristiche dei consumatori e il secondo sui loro
acquisti. Utilizzare una tradizionale segmentazione del mercato non risulterebbe appropriata per il
green marketing, poiché i criteri psicografici sono risultati più efficaci rispetto a quelli demografici. La
segmentazione inoltre può essere eseguita anche in relazione ai bisogni dei consumatori. Esiste un
numero riguardevole di metodi per la segmentazione, proporzionale alla grande eterogeneità dei
consumatori. Prendendo come riferimento un consumatore razionale, si può osservare che di fronte
a due possibili alternative identiche, egli sceglierà l’opzione con le performance ambientali migliori.
In linea generale si possono distinguere quattro tipi di consumatori, suddivisi sulla base della
differente percezione dei prodotti green:
• Consumatore convenzionale: non riesce a cogliere i benefici che derivano dall’acquisto di
prodotti green e per questo motivo adotta un approccio non consapevole.
• Consumatore verde emergente: è in grado di riconoscere i benefici che derivano dai prodotti
a marchio green, ma nonostante questo talvolta non si dimostra abbastanza motivato da
acquistarli.
• Consumatore verde sensibile al prezzo: tiene conto delle etichette ambientali presenti sui
prodotti che vuole acquistare, ma di fronte ad un prezzo più alto preferisce comprare prodotti
tradizionali.
• Consumatore verde: è sensibile alle tematiche ambientali ed è propenso all’acquisto di
prodotti green per quanto gli risulta possibile.
Le aziende però, oltre che sviluppare e rendere i propri prodotti più verdi, devono dimostrarsi
sostenibili nella loro totalità. I consumatori infatti tendono ad acquistare con maggiore fiducia prodotti
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che provengono da imprese totalmente green, ponendo molta attenzione all’impegno che le aziende
riversano nel sociale. Le attività sostenibili che vengono svolte dalle aziende infatti producono effetti
positivi sia sull’immagine del brand che sulla fidelizzazione dei clienti.
Andando ad analizzare il posizionamento, la scelta della strategia più idonea da attuare può avvenire
prendendo in considerazione due caratteristiche diverse del prodotto, ovvero le caratteristiche
funzionali ed emozionali.
La strategia di posizionamento basata sulle caratteristiche funzionali del prodotto si basa su benefici
ambientali derivanti dal miglioramento dei processi di produzione o utilizzo del prodotto. L’efficacia
di questo posizionamento però è limitata dal fatto che migliori performance ambientali del prodotto
non garantiscono al consumatore benefici individuali. Questo tipo di strategia può inoltre avere
ulteriori svantaggi:
• la strategia è facilmente imitabile;
• presuppone che il consumatore agisca in modo razionale;
• porta ad una riduzione della flessibilità e differenziazione del brand.
Il posizionamento emozionale invece si basa su tre differenti sensazioni che il consumatore può
provare:
• sensazione di benessere, spesso associata all’aver agito in modo altruistico;
• possibilità di espressione del proprio status symbol attraverso il consumo di brand verdi;
• benefici derivanti da sensazioni e sentimenti vissuti attraverso il contatto con la natura.
Entrambe le strategie di posizionamento hanno effetti positivi sull’atteggiamento dei consumatori nei
confronti del brand, ma è la combinazione tra le due che garantisce una strategia decisamente più
efficace.
Affinché un’iniziativa di marketing raggiunga un certo grado di successo nel medio-lungo termine, è
necessario che la strategia pianificata segua cinque direttive fondamentali, dette le 5 “i” del green
marketing, che sono:
• Intuizione: riuscire a rendere intuibili ed accessibili i prodotti green, facendo sì che diventi
usuale per il consumatore acquistarli.
• Integrazione: non si intende solo migliorare le performance ambientali di uno specifico
prodotto ma dell’intero processo produttivo, integrando l’aspetto sostenibile con quello
economico, tecnologico e sociale.
• Innovazione: ideare nuovi prodotti e dare la possibilità al consumatore di scegliere nuovi stili
di vita.
• Interesse: garantire al cliente prestazioni funzionali superiori rispetto alle alternative
tradizionali presenti nel mercato.
• Informazione: oltre ad incentivare comportamenti virtuosi all’interno del mercato è necessario
informare il mercato stesso, cercando di agevolare il consumatore ad una maggiore presa di
coscienza sull’impatto ambientale delle proprie scelte d’acquisto.
Nei primi anni ‘60 Jerome McCarthy teorizza il concetto di marketing mix, definendolo come l’insieme
delle attività operative che caratterizzano un piano di marketing. Il marketing mix è rappresentato
dalle 4 “P”, modello in seguito ampiamente ripreso e diffuso da Philip Kotler.
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Nel caso specifico avremo:
• Product: deve essere ecologico ed ecosostenibile; deve essere costituito da materiali
naturali o almeno rispettosi dell’ambiente. Si contribuisce non solo a proteggere la natura,
ma anche a mitigare i danni ambientali attualmente esistenti.
• Price: è accettabile un prezzo leggermente più alto rispetto ai concorrenti. Il consumatore
sensibile alla tematica ambientale è disposto a pagare un prezzo maggiorato per avere un
prodotto ecologico, a patto però che venga comunicato in modo trasparente e plausibile.
• Place: la logistica, il packaging, la commercializzazione di prodotti locali e stagionali, sono
altri elementi green fondamentali. Le vie di trasporto utilizzate nel ciclo produttivo e nella
distribuzione sono determinanti per l’ecological footprint di un prodotto, per questo
dovrebbero essere organizzate in modo da agire nel rispetto dell’ambiente e con il massimo
risparmio di risorse, ad esempio utilizzando materie prime regionali.
• Promotion: la comunicazione deve fare leva sulle iniziative sostenibili dell’azienda ma anche
sul possesso o meno di certificazioni, sull’aver effettuato investimenti in favore dell’ambiente
e su tutto ciò che può contribuire a migliorare l’immagine aziendale. Ѐ necessario inoltre
rendere i canali pubblicitari il più possibile rispettosi dell’ambiente, ad esempio eliminando i
volantini e favorendo l’uso dei canali mediatici per attuare la propria strategia di marketing.
A questi quattro fondamentali elementi se ne possono aggiungerne altri due ugualmente importanti:
• Partnership: molte questioni riguardanti i cambiamenti sociali, come le iniziative green, non
vanno sostenute dall’azienda in maniera isolata. Creare partnership tra gruppi, società e
associazioni rende l’operazione più efficiente.
• Policy: le politiche aziendali ed il codice etico sono elementi fondamentali che l’azienda deve
adottare per dare un segnale tangibile del proprio impegno.
Per permettere alle imprese di individuare ed analizzare le diverse strategie possibili e attuabili
durante l’approccio alla sostenibilità, John Grant ha ideato una matrice detta “la matrice del green
marketing” (Figura 2), argomentata nel suo libro “Green Marketing – Il Manifesto”.
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Figura 2: La matrice del green marketing
Ogni azienda, per sfruttare le capacità della matrice, dovrà scegliere la propria collocazione
all'interno della griglia non solo prendendo in considerazione i prodotti che presenta sul mercato, ma
anche in base alla tipologia dell'azienda stessa.
Attraverso questa matrice si possono individuare gli obiettivi del marketing e le strategie per fissare
politica e obiettivi green.
Come si può notare dalla Figura 2, la matrice del green marketing è composta da tre colonne
principali:
• Verde, in cui si vogliono stabilire nuovi standard per i prodotti, le politiche ed i processi di
responsabilità. La parola chiave per questa strategia è: comunicare.
• Più verde, si tratta di condividere la responsabilità con i clienti, arrivando alla fidelizzazione
di questi ultimi. L’obiettivo è sia commericale che ambientale, puntando alla riduzione delle
barriere con i consumatori e al cambiamento del loro comportamento d’acquisto. La parola
chiave per questa seconda strategia è: collaborare.
• Verdissimo: sostenere l'innovazione con nuove abitudini, nuovi servizi, nuovi business
model. Gli obiettivi in questo caso sono sia ambientali, sia commerciali che culturali. La
parola chiave per quest’ultima strategia è: rimodellare la cultura.
Osservando invece le righe della matrice, esse contengono i livelli in cui la società opera:
• Aziende e Mercati: è il consumatore stesso, osservando valori, scelte politiche e attendibilità
dell’azienda che decide se affidarsi o meno ad essa, avendo oggi più conoscenza del
prodotto e del processo di produzione.
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• Social Brand e Identità: il brand assume valore non più dalla pubblicità, bensì dal valore e
dai principi che esso stesso ha e che vuole trasmettere alla società.
• Prodotti e abitudini personali: l’acquisto oggi è guidato dal bisogno, dai gusti personali e dalle
abitudini quotidiane.
Analizzando nel dettaglio le diverse caselle che possiamo osservare verticalmente nella Figura 2,
possiamo notare:
• A1 dare l'esempio: l’azienda si può servire di due modi per far vedere come si proietta verso
nuovi standard: può sia spiegare in generale ciò che sta facendo, sia presentare alcuni dei
prodotti di ultima generazione sviluppati.
• A2 avere partner credibili: gli elementi più efficaci da associare alla propria azienda sono le
certificazioni di qualità ambientale e la partnership con un ente benefico o ONG.
• A3 sottolineare i vantaggi collaterali: la sostenibilità punta al bene comune. Esistono imprese
che considerano più efficace la promozione dei propri prodotti facendo leva sulla
progettazione sostenibile.
• B1 sviluppare il mercato: le aziende con una elevata reputazione possono ottenere
giovamento tentando di indirizzare l'azione pubblica e la domanda verso una determinata
direzione.
• B2 creare brand tribali: esistono marchi nati grazie all’unione con particolari tipi di utilizzatori
(tribù) che ne diventano l’icona rappresentativa. Questi marchi vengono definiti tribali e
possono essere collegati all’esclusività, basandosi sull’empatia o sul seguito popolare.
• B3 cambiare le abitudini d'uso: le aziende possono intervenire sulla propria ecological
footprint quando c’è collaborazione con i clienti e quando indirizzano i loro comportamenti
verso i principi della sostenibilità, identificati nel ridurre, riutilizzare, e riciclare. I due stili usati
in questo campo sono: l'aggiustamento, dove il comportamento usuale cambia in minima
parte, ed il taglio, che si può riassumere in un cambio di abitudini.
• C1 creare nuovi business concept: al posto di creare un mercato totalmente nuovo, è
possibile migliorarlo rendendolo più efficiente, con un minor impatto ambientale e con un
modello di business e di strategie alternativi. L’interazione tra i prosumer (fusione tra i termini
inglesi producer e consumer che sta ad indicare un consumatore che è anche produttore,
perché consuma e allo stesso tempo contribuisce alla produzione) e gli investitori
commerciali risulta essere molto importante.
• C2 ideare “cavalli di troia”: fanno parte di questo modello strategico tutti quei casi dove le
innovazioni derivano da una sorta di rivestimento culturale. Le idee condivise sono quelle
legate alla cultura familiare e tradizionale, che vengono rinnovate. Le altre idee invece, sono
connesse all’ambito della moda che si riflette spesso nel “quello che fanno/hanno tutti”.
• C3 agire sugli stili di consumo: il green marketing è tenuto a fornire diverse opzioni di
consumo che si possano mettere in pratica facilmente e che siano più stimolanti rispetto ai
modelli attuali non sostenibili. Il passaggio più importante è quello di persuadere le persone
a dare valore a tutto ciò che è materiale, in modo tale che si preferisca utilizzare ogni cosa il
più a lungo possibile piuttosto che rimpiazzarla. Un’altra strategia è quella di possedere
meno, condividendo e noleggiando di più.
Attuare un piano di marketing non è un processo semplice come si potrebbe credere, ma se viene
pensato nel lungo periodo può generare grandi vantaggi competitivi all’azienda. Esistono però dei
limiti associati al green marketing che non vanno sottovalutati:
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• Costi di conversione: quando un’azienda vuole iniziare un percorso che porta alla modifica
dei suoi prodotti verso una dimensione green, riducendo quindi l’impatto ambientale, essa si
troverà ad affrontare dei costi iniziali, derivati dal processo di conversione, non indifferenti.
Questi costi iniziali verranno poi compensati nel lungo periodo.
• Prodotti costosi: i prodotti green presentano dei costi superiori rispetto alle alternative non
green, in quanto le spese derivate dal processo produttivo risultano essere maggiori. Il
prezzo per il cliente aumenta di conseguenza ma non tutti i consumatori sono disposti a
sostenere questo rincaro dei prezzi, pur trattandosi di prodotti più innovativi, maggiormente
performanti e a ridotto impatto ambientale.
• “NO carta”: non basta non utilizzare la carta per essere considerati un’azienda green ed eco-
friendly che tutela l’ambiente, bisogna attuare altri interventi che coinvolgano tutti gli aspetti
aziendali per ridurre l’impatto ecologico.
• Sostenibili all’apparenza: è il caso del greenwashing.
2.4 Greenwashing: Il lato oscuro del green marketing
Con l’avvento di una maggiore sensibilità nei confronti dell’ambiente è nato non solo il green
marketing ma anche il suo “alter ego cattivo”: il greenwashing.
Il termine è composto dalle parole “green” (verde) e “wash” (lavare), deriva dalla parola inglese
“whitewash” (riverniciare) e significa "verniciare di verde". Attraverso questo neologismo si va a
definire la strategia attraverso cui compagnie, aziende o enti si dipingono metaforicamente di
verde, affermando di essere green anche quando, in realtà, non lo sono. Cercano così di creare
un’immagine aziendale che rispecchi i valori che tutelano l’ambiente, sia attraverso le attività svolte
che attraverso i prodotti proposti.
Come può un consumatore capire se è davanti ad un’azienda che svolge attività di green marketing
o greenwashing?
Un primo accorgimento può essere quello di fare più attenzione alla confezione del prodotto che si
vuole acquistare: non basta che sopra di essa ci siano scritte parole come “naturale”, “ecologico” o
“bio”, perché queste non garantiscono la natura green del prodotto. Ѐ chiaro che c’è ancora molta
confusione e ambiguità nei confronti dei prodotti che vengono definiti verdi, a causa di una mancanza
di informazioni chiare, precise e dimostrabili. Di frequente ci si scontra con pubblicità e dichiarazioni
che enfatizzano le caratteristiche dei prodotti o dei servizi forniti, arrivando persino al vero e proprio
inganno. Attraverso l’utilizzo di immagini, grafici o parole strategiche si induce il consumatore a
pensare di stare acquistando un prodotto green, nonostante esso non lo sia davvero.
2.4.1 Il caso H&M
Durante il mese di Giugno del 2019, in Norvegia, il colosso mondiale del fast fashion H&M è stato
accusato dalla Consumer Authority norvegese di greenwashing. Questa accusa è stata formulata
per la “Conscious Collection” che, seppur identificata dal brand come green, non presentava
informazioni sufficienti a stabilire la reale sostenibilità dei prodotti, non fornendo ad esempio un
certificato industriale che indicasse la sostenibilità di ogni singolo capo rispetto ai prodotti delle altre
linee dell’azienda. Secondo le affermazioni di H&M, l’intera collezione è stata realizzata utilizzando
materiali quali cotone organico e poliestere riciclato; in realtà non viene evidenziata né la percentuale
esatta di materiale riciclato utilizzato, né la differenza tra i capi appartenenti alla “Conscious
Collection” e le altre collezioni.
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Nello spiegare la loro volontà ed il loro impegno verso una produzione più sostenibile, l’azienda si è
limitata a scrivere poche righe sul sito web, in cui afferma di utilizzare, durante il processo produttivo,
fino al 50% di materiale riciclato, mentre per i prodotti in cotone utilizzano cotone riciclato solo fino
al 20%. Istintivamente si potrebbe pensare che il cotone sia un materiale sostenibile, invece non è
così; rappresenta la coltura non alimentare più diffusa al mondo, generando un reddito a più di 250
milioni di persone e dando lavoro a quasi il 7% di tutta la manodopera dei paesi in via di sviluppo. Il
cotone perciò rappresenta un materiale fondamentale per il sistema dell’industria tessile ma i metodi
di produzione non risultano essere affatto sostenibili.
Cercare di migliorare questi processi produttivi è molto complesso e il WWF insieme ad una
coalizione di partner globali sta provando a promuovere la produzione e lo sviluppo sostenibile del
cotone in svariati modi.
Per rendersi conto della reale gravità del problema basta pensare che per produrre 1 Kg di cotone,
che è la quantità equivalente utilizzata per la produzione di una sola maglietta e di un paio di jeans,
sono necessari 20.000 litri d’acqua. H&M, assieme agli altri marchi considerati produttori di fast
fashion, ha causato tra il 1992 ed il 2002 una riduzione nel tempo di conservazione e di utilizzo dei
capi di abbigliamento del 50%. L'industria della moda produce una quantità di capi di abbigliamento
superiore ad 1 miliardo e ciò causa la produzione di 1,2 miliardi di tonnellate di CO2, equivalente al
5% dei gas serra globali.
Il cammino verso la trasformazione in un’azienda green è ancora molto lontano per H&M che, oltre
a questa collezione, ha ideato un’altra strategia apparentemente sostenibile che riguarda il riciclo di
abiti che il cliente non utilizza più. Questa iniziativa, incentivata dall’azienda, fornisce un piccolo
buono sconto per l’acquisto successivo in uno dei loro negozi, contribuendo di fatto ad incrementare
il fast fashion piuttosto che perseguire l’obiettivo della sostenibilità.
2.5 Certificazioni ambientali: una garanzia di autenticità
Difficilmente oggi una grande azienda si presenterebbe ai clienti senza credenziali verdi. Esistono
diversi tipi di certificazioni, che solitamente vengono suddivise all’interno di due macrocategorie:
certificazioni di processo e certificazioni di prodotto.
Le certificazioni di processo certificano la realizzazione di azioni positive e di miglioramento
ambientale continuo nel processo di gestione di aziende o enti (ad esempio ISO 140001 ed EMAS)
e consentono di ottenere alcuni vantaggi, fra cui una migliore immagine sul mercato e
l’ottimizzazione dell’uso dell’energia e delle risorse dell’organizzazione.
• ISO 140001: è una norma internazionale ad adesione volontaria, applicabile a qualsiasi
tipologia di organizzazione pubblica o privata, che specifica i requisiti di un sistema di
gestione ambientale.
• EMAS: Il Sistema Comunitario di Ecogestione e Audit (EMAS = Eco-Management and Audit
Scheme) è un sistema a cui possono aderire volontariamente le imprese e le organizzazioni,
sia pubbliche che private, aventi sede nel territorio della Comunità Europea o al di fuori di
esso, che desiderano impegnarsi nel valutare e migliorare la propria efficienza ambientale.
Le certificazioni di prodotto certificano invece le caratteristiche di un prodotto o di un servizio e si
distinguono in:
• etichette ambientali: possono essere sia europee che internazionali e si basano su un
insieme di criteri ecologici ritenuti rilevanti, certificati da un organismo indipendente. Sono
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rilasciate solo ai prodotti che superano certi requisiti, ad esempio: Ecolabel,
FSC, PEFC, oeko-tex, marchio europeo dell'agricoltura biologica;
• autodichiarazioni ambientali: riportano alcune informazioni ambientali del prodotto e
prevedono dei vincoli da rispettare sui contenuti dell'informazione, come il fatto che le
caratteristiche dichiarate debbano poter essere verificabili. Ne sono esempio i famosi Mobius
Loop e Punto Verde, ossia i simboli rappresentati rispettivamente da tre e da due frecce in
circolo che indicano che un materiale è riciclabile;
• dichiarazioni ambientali di prodotto: forniscono dati quantitativi sul profilo ambientale di un
prodotto, utilizzando la Valutazione del Ciclo di Vita o LCA-Life Cycle Assessment del
prodotto stesso. Le informazioni devono basarsi su una metodologia scientifica e strumenti
che siano riconosciuti, accettati e portino a risultati accurati e riproducibili. È necessaria la
verifica di un organismo indipendente, ma non è richiesto il superamento di una soglia di
requisiti minimi, bensì il rispetto di un formato standard nella comunicazione dei dati per
facilitare il confronto tra prodotti diversi.
Mobius Loop Punto Verde
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CAPITOLO 3: CASE STUDIES
3.1 Patagonia: quando un’azienda nasce green
L’identità Patagonia
“ho una definizione del male leggermente diversa dalla maggior parte delle persone. Quando hai
l’opportunità e la capacità di fare del bene e non fai niente, è male. Il male non deve sempre essere
un atto palese. Può essere semplicemente l’assenza di bene”
Yvon Chouinard, I prossimi 100 anni.
Il marchio Patagonia nasce nel 1970 quando lo scalatore statunitense Yvon Chouinard, non
soddisfatto dei prodotti da arrampicata allora presenti sul mercato, decide di creare una linea di
indumenti che incontri quelle che secondo lui sono le caratteristiche utili per l’arrampicata: inizia così
a produrre maglie traspiranti ma allo stesso tempo rinforzate, dotate di un colletto per non sentire il
fastidio dell’imbragatura sul collo.
Il brand riscuote subito successo nella cerchia degli scalatori e concentra la sua strategia di
produzione principalmente sul campo dell’innovazione. Lo scopo di Chouinard è offrire sempre al
consumatore il prodotto più innovativo, creando così negli anni ’80 capi caratterizzati da nuovi tessuti
e nuove tecnologie come ad esempio Sychilla, un tessuto double face altamente traspirante, e la
biancheria in poliprene, un tessuto antibatterico e inodore che può essere indossato per più giorni
di fila.
Alle innovazioni tecnologiche Patagonia affianca colorazioni audaci, all’epoca inusuali, rendendosi
così facilmente riconoscibile al consumatore rispetto alla concorrenza.
La rivoluzione di Patagonia non avviene solo a livello stilistico e di prodotto, ma anche a livello
ideologico. Chouinard è infatti fermamente convinto che la natura, teatro delle sue uscite e di quelle
del target Patagonia, vada preservata e per raggiungere questo obiettivo si impegna concretamente
nei confronti dell’ambiente e della sostenibilità devolvendo, dal 1986, il 10% dei profitti pre tasse e
l’1% delle vendite a piccoli gruppi che si adoperano per la salvaguardia dell’ambiente “per risarcire
il pianeta dei danni che compiamo” (Chouinard, Let my people go surfing)
Grazie a queste iniziative Patagonia rafforza la sua reputazione, inquadrandosi nel mercato come
un brand affidabile e autentico. All’inizio degli anni ’90 Patagonia inizia ad utilizzare cotone biologico,
ottenendo un successo tale da spingere i suoi stessi acquirenti ad istruire anche altri marchi, come
Nike e Gap, ad effettuare il medesimo passaggio.
Grazie alle politiche anti-consumistiche e ambientaliste su cui Patagonia basa la sua strategia di
comunicazione, l’azienda vanta a fine 2015 un giro di affari di circa 750 milioni di dollari e nel 2019
viene premiata dalle Nazioni Unite con lo UN’s champions of the earth award, attribuitole per aver
dato priorità alla sostenibilità e aver modellato su di essa il proprio business plan.
Le politiche green
Negli ultimi anni Patagonia si è resa protagonista di diverse iniziative ambientaliste atte a rendere
l’azienda quanto più sostenibile possibile e evidenziare l’importanza di un consumo consapevole.
Le iniziative e le politiche più significative operate da Patagonia sono Worn Wear, Patagonia’s black
friday, 1% for the planet e Patagonia action works, che verranno affrontate di seguito in modo più
dettagliato.
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Worn wear
“Riparare è un atto radicale”
-Rose Marcario, CEO Patagonia
L’iniziativa Worn wear nasce nel 2015 quando un camper rivestito in legno, brandizzato
Patagonia e alimentato a biodiesel, fa il giro degli Stati Uniti riparando gratuitamente capi logorati di
qualunque marchio e rivendendo prodotti Patagonia usati. Lo scopo dell’iniziativa è muovere i
consumatori verso un consumo etico lontano dal concetto di fast fashion. Worn wear evidenzia come
un capo rovinato non sia per forza da buttare ma possa essere riparato spendendo meno di quanto
servirebbe per sostituirlo, riuscendo così ad essere più ecosostenibili.
Worn wear riscuote un grande successo e viene riproposto negli anni successivi oltre che negli Stati
Uniti anche in Europa con il Worn wear tour. Nel 2017 i capi riparati sono 50'295, con un risparmio
da parte dei consumatori di quasi 3 milioni di dollari.
Patagonia’s black friday
“Ci è costato un sacco di soldi perché si trattava di entrate totali. Ma il 60% dei clienti erano nuovi
compratori. Il sessanta per cento. È stato uno dei migliori affari che abbiamo mai fatto.”
-Yvon Chouinard
Nel 2016 Patagonia decide di devolvere i profitti totali del Black Friday a centinaia di organizzazioni
ambientaliste locali. Questa iniziativa viene presa contro l’amministrazione Trump, colpevole
secondo l’azienda di aver tagliato i fondi destinati all’ambiente. Riscuote grande successo, ricavando
in una sola giornata 10 milioni di dollari, 7.5 milioni di dollari in più rispetto al 2015.
1% for the planet
Attiva dal 1986, questa iniziativa è oggi adottata anche da altre aziende quali Caudalie e Sunski e
consiste nel donare a organizzazioni no profit che si occupano dell’ambiente l’1% delle proprie
vendite annuali.
Dal 1986 a oggi Patagonia ha donato oltre 200 milioni di dollari ad organizzazioni che operano sul
territorio.
Patagonia action works
“We take a stand on issues that are important to us, and that can cross over into what may be
perceived to be politics. This may alienate some customers who don’t agree with our position or feel
that Patagonia should stick to selling clothes and keep our opinions to ourselves. Activism and
advocacy are critical to achieving our mission. We’ll always act, even if we lose some business along
the way.”
Patagonia annual benefit corporation report 2017
Nel 2018 Patagonia lancia in Nord America Patagonia action works, una piattaforma digitale che
permette alle comunità di entrare in contatto con le organizzazioni ambientaliste locali. La
piattaforma permette a chiunque di registrarsi e scoprire quali realtà esistono nelle vicinanze,
affinchè si possa prendere parte alle iniziative delle organizzazioni, finanziarle o diventarne membro.
La piattaforma non è utile solo ai singoli, ma aiuta anche le organizzazioni locali stesse a
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pubblicizzare i propri eventi e workshop o a coordinarsi con dei loro alter ego che operano in altre
parti del territorio.
Attraverso la piattaforma Patagonia organizza e supporta anche manifestazioni pacifiche, ne è un
esempio il Friday for Future del 20 settembre 2019 promosso dalla giovane attivista svedese Greta
Thunberg che l’azienda non ha solo pubblicizzato ma a cui ha anche partecipato attivamente
chiudendo tutti i suoi negozi fisici.
Ad oggi Patagonia ha un fatturato di un miliardo di dollari ed è leader nel suo campo; l’azienda oltre
a essere green verso l’esterno è sostenibile anche verso i propri dipendenti, a cui assicura l’intera
copertura dell’assistenza sanitaria e l’uguaglianza salariale tra uomo e donna.
Ogni anno, nel benefit corporation report, l’azienda comunica quanta energia ha impiegato e quanta
di questa era prodotta da fonti rinnovabili, quali realtà ha finanziato e verso quali obiettivi si muoverà
nell’anno successivo. Ad oggi i focus principali dell’azienda sono incentrati sulla depurazione degli
oceani dalla plastica (progetto Blue heart) e sulla creazione di fattorie al 100% ecosostenibili,
biologiche e alimentate da fonti di energie rinnovabili.
3.2 Toyota: quando un’azienda diventa green
Cenni storici
La casa automobilistica giapponese Toyota nasce agli inizi del 1933 quando la Toyoda Automatic
Loom, azienda fondata nel 1890 e dedita alla produzione di telai per il tessile, apre una filiale rivolta
al settore automobilistico grazie allo spirito imprenditoriale di Kiichiro Toyoda, figlio del proprietario
dell’azienda. Le forti convinzioni di Toyoda consentono a questo piccolo reparto di crescere
velocemente, fino ad arrivare al distaccamento dalla casa madre Toyoda Enterprise e alla nascita
nel 1937 della Toyota Motor Company. Nello stesso anno, l’azienda diventa un marchio
indipendente.
Negli anni ’70 Toyota diventa un marchio globale e si posiziona al primo posto come marchio di
importazione negli States. Nel 1987 Toyota e Volkswagen siglano un accordo per la produzione del
pick-up Hilux, creando il brand di lusso Lexus. Alla fine degli anni ’90 Toyota rivoluziona il mercato
del settore automobilistico introducendo per la prima volta le auto spinte da un motore ibrido
(benzina/elettrico), in sostituzione di quello tradizionale a combustibile fossile. Il 1997 è invece l'anno
della svolta ibrida con la Prius, auto dotata di un propulsore a benzina abbinato ad un'unità elettrica
che nel 1999 si aggiudica il prestigioso riconoscimento di "Miglior motore dell'anno".
La strada verso l’ibrido
Toyota oggi è leader nel settore delle auto ibride, da quando nel 1997 lancia a livello mondiale la
prima Prius con motore ibrido. In realtà, la casa giapponese aveva studiato già 40 anni prima la
fattibilità dell’impiego di turbine a gas per alimentare un sistema di propulsione elettrica per
un’automobile, dimostrazione che da sempre lavora al servizio della collettività, ponendo l'uomo e
l'ambiente al centro di ogni strategia.
Toyota è un vero e proprio generatore di innovazione e pone alla base del suo modello di business
la “Smart Innovation”, l'innovazione dedicata a portare un continuo miglioramento nella vita delle
persone e volta a massimizzare la soddisfazione del cliente nel pieno rispetto dell'ambiente. Questi
valori sono testimoniati dalla continua attenzione dell’azienda nei confronti della mobilità sostenibile.
La più grande manifestazione di questa promessa è la tecnologia Hybrid, alla quale Toyota ha
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dedicato il suo lavoro, per cercare di avvicinarsi il più possibile al raggiungimento dell'obiettivo di
“emissioni zero”.
In termini di eco-sostenibilità, Toyota guarda sempre al futuro e per questo motivo si prefigge spesso
nuove sfide, con le quali intende cambiare non solo il settore dell'automotive ma l'intero pianeta.
L'impegno costante e gli investimenti di Toyota nell'ambito della Ricerca & Sviluppo hanno permesso
nel corso degli anni di produrre vetture progettate per rispondere alle esigenze di mobilità sostenibile,
con un focus particolare su tecnologia, innovazione, design e sicurezza.
La tecnologia Hybrid rappresenta oggi una soluzione concreta ed una piattaforma evolutiva
sviluppata con l'obiettivo di raggiungere nel più breve tempo possibile l'obiettivo “emissioni zero”.
Sistema di produzione: Toyotismo
Toyota è da sempre attenta al tema del lavoro all’interno dei propri stabilimenti di produzione con
l’intento di ottenere una qualità produttiva e una soddisfazione del lavoratore molto alte. A questo
proposito sono stati creati dei circoli di qualità, in cui i partecipanti vengono formati e motivati per la
risoluzione di problemi relativi al lavoro e per presentare progetti di miglioramento che saranno
anche premiati in sede aziendale, con l’intento di ottenere un maggiore coinvolgimento delle risorse
umane. Ciascun operaio ha la possibilità in questa sede di dare dei suggerimenti: il coinvolgimento
diretto consente di raggiungere dei miglioramenti sia nel controllo della quantità che della qualità,
ma anche nel rispetto dell’uomo reso in tal modo partecipe del processo produttivo.
Toyota è inoltre famosa per aver utilizzato l’approccio TPS (Toyota Production System), detto anche
Toyotismo. Tale metodologia, in contrapposizione con quella di Henry Ford, si basa sull’idea di fare
di più con meno: utilizzare le risorse disponibili nel modo più produttivo possibile, per incrementare
al massimo la produttività della fabbrica. Ciò è reso possibile attraverso l’eliminazione di ogni tipo di
spreco e l’apporto di miglioramenti continui e sistematici.
I concetti alla base del successo di Toyota non sono invenzioni degli ingegneri giapponesi: la filosofia
del miglioramento continuo e dell’ottimizzazione delle strutture organizzative e produttive è nata con
l’era industriale.
L’azienda ha introdotto il concetto di “vivere la fabbrica come una famiglia”, capovolgendo la
dicotomia dirigenza-maestranze: in casa Toyota ognuno, dal singolo operaio al direttore di
stabilimento, ha il diritto e il dovere di dire la sua per migliorare, attraverso le proprie competenze e
capacità, anche il procedimento più elementare. La valorizzazione delle risorse umane, delle
competenze e delle capacità è oggi comunemente ritenuto uno dei fattori cruciali per la buona
riuscita di un’attività industriale.
Green Month Campaign e altre iniziative
A giugno 2019 si è svolta per il sedicesimo anno consecutivo l’iniziativa Green month Campaign di
Toyota. L’evento, che come suggerisce il nome ha la durata di un mese, punta a sensibilizzare le
persone attraverso un’ampia serie di eventi, iniziative e workshop. L’iniziativa in Italia è appoggiata
dal FAI (Fondo Ambientale Italiano) con lo scopo di educare i cittadini non solo alla sostenibilità
ambientale ma anche a quella artistica.
Tra le numerose attività organizzate nell’arco del mese spicca il progetto Green Kids 2050,
fondamentale per educare al rispetto ambientale anche i più piccoli. Il progetto nasce grazie a una
partnership tra Toyota e Explora, il museo dei bambini di Roma, e consiste nel coinvolgere i figli dei
dipendenti Toyota in una giornata ricca di attività e giochi legati al tema dell’ambiente.
Nell’appuntamento che si è tenuto il 25 giugno scorso si è discusso di emissioni, degli effetti dei gas
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serra sull’inquinamento atmosferico e di come Toyota stia lavorando per ridurli. Lo scorso ottobre,
proprio all’interno di Explora, è stato inaugurato lo spazio “Economiamo”, un percorso di giochi
sull’educazione economica a cui Toyota ha collaborato creando l’Officina, una postazione dotata di
un’auto ibrida per far comprendere il valore della mobilità sostenibile sin da piccoli.
Oltre alla Green month Campaign Toyota è molto attiva sul territorio anche con altre iniziative.
Nell’ottobre 2018 viene inagurato il Toyota bunker wheel park, un parco che consente l’accesso a
tutti, incluse le persone su sedia a rotelle. Qui atleti normodotati e con disabilità potranno allenarsi o
divertirsi in un parco che si estende per oltre 1000 metri quadrati ed è dotato di rampe di ogni genere
e difficoltà.
Infine Toyota, in collaborazione con Treedom sta contribuendo alla forestazione di un territorio
bisognoso in Kenya con il duplice scopo di aiutare i contadini locali e di ridurre le emissioni di CO2.
Sfide messe in campo per il 2050
Nel 2015 Toyota annuncia un nuovo piano di obiettivi ambientali che tenterà di raggiungere entro il
2050, composto da sfide che coprono ogni aspetto delle loro attività, passando dalla creazione dei
prodotti al ruolo che l’azienda stessa può avere nel favorire la presa di coscienza dei consumatori
nei confronti dell’ambiente.
Le sei sfide possono essere così riassunte:
1. Auto a emissioni zero: ridurre entro il 2050 le emissioni di CO2 del 90% rispetto ai livelli del
2010. Per raggiungere questo traguardo si adotteranno automobili con emissioni inferiori o
pari a zero, tra cui auto ibride, ibride plug-in, veicoli elettrici, a celle e a combustione. Perché
questi risultati vengano raggiunti è importante aumentare il numero degli utenti green. Questo
si può fare favorendo l’implementazione delle infrastrutture necessarie alla ricarica, affinchè
le persone siano invogliate a passare a un’automobile ibrida o elettrica.
2. Ciclo di vita a emissioni zero: eliminare le emissioni di carbonio dal processo di fabbricazione
dei materiali, dalle attività di logistica e dalle metodologie di smaltimento e di riciclo impiegate
al termine del ciclo di vita di un’automobile. Per raggiungere quest’obiettivo si ricorrerà
all’utilizzo di biomateriali provenienti da fonti rinnovabili, rendendo più facile lo
smantellamento e il riciclo dei veicoli.
3. Produzione a emissioni zero: attuare una strategia che punta ad eliminare le emissioni di
carbonio degli impianti produttivi mediante il miglioramento delle tecnologie utilizzate e il
passaggio a fonti energetiche alternative come il sole e il vento.
4. Minimizzazione e ottimizzazione dell’uso dell’acqua: raccogliere l’acqua piovana negli
impianti produttivi per ridurre la quantità prelevata dalla terra e sviluppare sistemi di
purificazione che permettano di riutilizzare l’acqua o reimmetterla senza problemi nella rete
idrica.
5. Realizzazione di sistemi e società fondati sul riciclo: Toyota contribuisce a costruire una
società ideale basata sul riciclo delle risorse, agendo su quattro aree fondamentali:
aumentare l’utilizzo di materiali eco-compatibili, progettare componenti utilizzabili più a lungo,
sviluppare tecnologie per il riciclo più efficaci e più accurate, fabbricare nuovi veicoli
riutilizzando maggiormente i materiali ricavati dallo smantellamento dei veicoli fuori uso.
6. Realizzazione di una società futura in armonia con la natura: attuazione di molti piccoli e
grandi progetti, in tutto il mondo e a tutti i livelli dell’organizzazione, allo scopo di arricchire la
vita delle comunità, organizzare la riforestazione, la piantumazione di alberi e l’attuazione di
piani urbanistici green, oltre ad altre iniziative ambientali dentro e fuori i siti produttivi.
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Le informazioni ricavate in questi processi verranno condivise per favorire la sensibilizzazione e
l’educazione ambientale, con l’obiettivo di contribuire a creare una società in cui l’uomo viva in
armonia con la natura.
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CONCLUSIONI
Al giorno d’oggi la sostenibilità ha un ruolo di importanza globale. I movimenti ambientalisti degli
ultimi cinquant’anni hanno segnato in maniera indelebile il pensiero comune, trasformando quello
che era un argomento di poco peso in un movimento che, complici anche le spinte di personalità di
spicco quali Greta Thunberg con i suoi Friday for future o Leonardo Di Caprio con il suo
documentario Before the flood, oggi sta ridefinendo il nostro modo di vivere.
Come sottolineato nel nostro elaborato, non ci si può più basare su un sistema di sostenibilità debole
sperando che le generazioni future si occupino poi di risolvere i problemi da noi arrecati all’ambiente,
ma diventa importante indirizzare le politiche aziendali verso una produzione sempre più sostenibile
che faccia passare attraverso strategie di green marketing dei valori che educhino le persone ad
uno stile di vita meno consumista e più etico e consapevole. I valori di un’azienda che devono
trasparire non sono più solo quelli che stanno a cuore al consumatore moderno, ma sono anche
quelli che possono trasformare in positivo l’immagine che l’azienda stessa vuole far percepire di sé.
Al giorno d’oggi l’identità di un’azienda conta più del prodotto che questa commercializza e se questa
si contraddistingue per un profilo green, avrà sicuramente una marcia in più sul mercato.
Al tempo stesso le persone devono muoversi verso uno stile di vita più consapevole: è importante
realizzare che le risorse non sono infinite ma limitate e per questo motivo è anche importante
adattare il nostro stile di vita riducendo i consumi inutili e prestando maggiore attenzione a ciò che
acquistiamo.
Nel progetto abbiamo parlato di certificazioni: va sottolineato che, seppur queste siano una garanzia
e una fonte d’informazione per il cliente, ad oggi non sono obbligatorie ma volontarie, e non c’è
nessun incentivo per le aziende ad attivarsi per ridurre i propri consumi o per rendere le proprie
pratiche più sostenibili. Se per alcune aziende infatti la sostenibilità è una prerogativa, per altre
invece non è un’esigenza primaria, perciò una regolazione più restrittiva sui metodi di produzione e
sulle politiche aziendali potrebbe essere opportuna.
Se in passato le aziende si trovavano davanti ad un bivio, oggi sappiamo che una delle due strade
porta a un vicolo cieco. È opportuno quindi darci da fare per salvaguardare il nostro Pianeta:
non possiamo più permetterci di perdere tempo.
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BIBLIOGRAFIA
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Tesi di Laurea Magistrale, Università Ca’Foscari Venezia, 2015/2016, Relatore Perri Alessandra
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SITOGRAFIA
www.aics.gov.it
www.businessinsider.it
www.minambiente.it
www.patagonia.com
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  • 2. Sostenibilità e consumo etico Master in Marketing Management 2019-2020 1 INDICE Introduzione ...…………………………………………………………………………………………...2 Capitolo 1: La Sostenibilità ...…………………………………………………………………………4 1.1 Origine, significato e sviluppo del termine ...………………………………………………………4 1.2 Sostenibilità forte e sostenibilità debole ...…………………………………………………………6 1.3 Sostenibilità e consumi: la nascita del consumatore etico ...…………………………………….6 1.4 Imprese ecosostenibili: l’impegno verso la sostenibilità ...……………………………………….7 Capitolo 2: Green Marketing ………………………………....………………………...……………..8 2.1 Green Economy: quando la produttività rispetta l’ambiente ...…...……………….……………..8 2.2 Marketing ambientale: una nuova leva strategica per le imprese ..…………….……………….9 2.3 Strategie e applicazioni del green marketing .……………………………………………………..9 2.4 Greenwashing: il lato oscuro del green marketing .…...…………………………………………14 2.4.1 Il caso H&M …………………...…………………………………………………..….……….14 2.5 Certificazioni ambientali: una garanzia di autenticità ……..…...…………….………………….15 Capitolo 3: Case studies …...…………………………………………………………………………17 3.1 Patagonia: quando un’azienda nasce green …...………………………………………………..17 3.2 Toyota: quando un’azienda diventa green …...…………………………………………………..19 Conclusioni …...…………………………………………………………………………………………23 Bibliografia …...………………………………………………………………………………………….24 Sitografia …...……………………………………………………………………...…………………….25
  • 3. Sostenibilità e consumo etico Master in Marketing Management 2019-2020 2 INTRODUZIONE Davanti alle sfide ambientali, economiche e sociali sempre più insistenti, la questione della sostenibilità risulta essere quanto mai attuale. Nel presente elaborato vengono esaminati i temi della sostenibilità e del consumo etico, con l’obiettivo di metterne in luce l’evoluzione, le caratteristiche e tutte le opportunità e strategie che un’azienda può adottare per far fronte a questo trend in forte crescita. Molte imprese si muovono verso la via della sostenibilità in virtù di un consumatore che acquisisce sempre più senso etico e responsabilità. Lo sviluppo di questo nuovo tipo di consumatore è il risultato della maggiore consapevolezza riguardo l’esauribilità delle risorse del pianeta e la necessità di tutelare il nostro patrimonio naturale. L’accesso alle informazioni sempre più facile e veloce rende il consumatore più connesso, più consapevole e più informato. Soprattutto grazie al web, i consumatori possono discutere tra loro su scala mondiale, scegliendo e premiando i comportamenti virtuosi e di attenzione al sociale che le varie aziende adottano. Alla luce di questi cambiamenti, gli interrogativi sono molti: Che ripercussioni ha una certa azienda sull’ambiente? Quando un’azienda si definisce sostenibile, lo è davvero? Una certificazione ambientale sul packaging di un prodotto è sinonimo di garanzia? Questi interrogativi, un tempo confinati nel dibattito ambientalista, permettono oggi di avere un quadro più ampio e di comprendere le motivazioni insite alla nascita di questo nuovo trend, per arrivare all’idea di quale sia il profilo del consumatore responsabile e di come questo condizioni le aziende che vogliono definirsi sostenibili. In particolare, si pone l’attenzione sulla differenza che emerge tra aziende che nascono come sostenibili, riportando l’esempio di Patagonia, e aziende che invece, seguendo la moderna scia di rispetto dell’ambiente, si sono spostate gradualmente verso la sostenibilità, come Toyota. Partendo da queste premesse abbiamo deciso di approfondire il tema assegnatoci, di per sé molto ampio, dal punto di vista del marketing, nostra principale materia di studio. Ci siamo quindi focalizzati sulla realtà del green marketing e sul suo possibile risvolto negativo, il greenwashing, da cui le imprese devono difendersi per non deteriorare l’immagine del proprio brand. Si vedrà infatti che non sempre le operazioni di green marketing equivalgono ad un impegno sincero in una filiera sostenibile o al rispetto dell’ambiente nelle attività produttive, ma che spesso rappresentano solamente una strategia di facciata adottata dalle aziende col fine di acquisire una reputazione ecologica, senza lavorare però seriamente sulla sostenibilità ambientale. Del resto nel mondo contemporaneo le imprese non possono più agire senza tenere conto delle conseguenze sociali delle loro azioni, per cui vi è l’effettivo bisogno di una nuova tipologia di marketing genuino che si prefigga di lavorare in modo etico sui valori ecologici senza spacciarsi per eco-friendly. La sfida delle aziende non è soltanto quella di adottare strategie sostenibili, ma è soprattutto quella di comunicare nel modo più efficace possibile in cosa si concretizza l’impegno sociale delle stesse. Solo attraverso delle politiche di sostenibilità forti e concrete, la strategia di marketing potrà essere definita veramente green e non cadere nella trappola del greenwashing.
  • 4. Sostenibilità e consumo etico Master in Marketing Management 2019-2020 3 Il tema della sostenibilità rappresenta un’opportunità che se sfruttata al meglio può dare luogo alla creazione di un’immagine solida e credibile, una costruzione di un business sano nel lungo periodo, una riduzione dei costi e una gestione più responsabile dei rischi. Il connubio ecologia e marketing si presenta quindi come un’ottima opportunità per coinvolgere le persone nel condurre uno stile di vita più sostenibile. L’obiettivo del green marketing è quindi quello di trasferire alle generazioni future un atteggiamento di maggiore responsabilità in termini etici, ambientali e sociali, valorizzando al contempo l’immagine del brand.
  • 5. Sostenibilità e consumo etico Master in Marketing Management 2019-2020 4 CAPITOLO 1: LA SOSTENIBILITÀ 1.1 Origine, significato e sviluppo del termine Il concetto di sviluppo sostenibile e in linea generale i temi della sostenibilità sono stati oggetto nel corso degli ultimi anni di un sempre maggiore interesse pubblico, tanto da essere divenuti al giorno d’oggi fattori imprescindibili nelle scelte decisionali a qualsiasi livello della società, si tratti di uno Stato, di un’impresa o più semplicemente del singolo individuo. Il dibattito ambientalista nasce attorno agli anni Settanta, momento in cui entra in crisi il modello di sviluppo classico basato esclusivamente sulla crescita economica e ci si inizia ad interrogare circa l’esauribilità delle risorse del pianeta, andando di conseguenza alla ricerca di modelli di sviluppo socio-economico volti sia al progresso, sia alla preservazione del patrimonio naturale. Il modello di produzione e consumo capitalistico, nonostante abbia da un lato innegabilmente portato a risultati eccezionali come l’aumento dell’efficienza e della produttività, alla crescita della popolazione e al miglioramento generale della qualità della vita, dall’altro lato ha comportato dei costi rilevanti, soprattutto nel lungo periodo, in termini di utilizzo e consumo delle risorse ambientali, inquinamento e surriscaldamento globale. La crescita economica di per sé non basta, lo sviluppo è reale solo se migliora la qualità della vita in modo duraturo, ed è proprio da questa presa di coscienza che nasce l’esigenza di conciliare la crescita economica e l’equa distribuzione delle risorse all’interno di un nuovo modello di sviluppo. Volendo definire in ordine cronologico i punti salienti circa l’affermazione del tema della sostenibilità, il primo evento importante a livello internazionale è sicuramente la Conferenza delle Nazioni Unite sull’Ambiente Umano (United Nations Conference on the Human Environment) svoltasi a Stoccolma nel 1972, dove per la prima volta vennero trattati i problemi ambientali, il tema dello sviluppo sostenibile e venne compiuto un grande passo avanti verso lo sviluppo delle politiche ambientali internazionali, con la redazione di un primo documento attestante le responsabilità dell’uomo nei riguardi dell’ambiente e con la fondazione dell’UNEP (United Nations Environmental Programme), il programma delle Nazioni Unite per l’ambiente. La prima definizione completa di “sviluppo sostenibile” è contenuta nel rapporto Our Common Future del 1987, elaborato dalla World Commission on Environment and Development, in cui si definisce sostenibile quello sviluppo che: “soddisfi i bisogni delle generazioni attuali senza compromettere la possibilità che le generazioni future possano anch’esse soddisfare i propri”. La definizione pone l’accento sul concetto di bisogno e sulla responsabilità nei confronti dei posteri, riconoscendo implicitamente la necessità di una tutela delle risorse, di un miglioramento della qualità della vita e di un’equità a livello di accesso alle risorse, sia intergenerazionale che intragenerazionale. Traspare dunque l’aspetto multidisciplinare della sostenibilità, dove lo sviluppo può essere definito sostenibile se riesce a generare situazioni di sostanziale equilibrio tra gli ambiti sociale, ambientale ed economico o, in altre parole, se è in grado di mantenere un equilibrio tra le tre E: Ecologia, Equità, Economia.
  • 6. Sostenibilità e consumo etico Master in Marketing Management 2019-2020 5 Figura 1. I tre aspetti della sostenibilità La necessità di operare a livello globale sulla questione della sostenibilità e che questa venisse riconosciuta come principio di diritto internazionale venne discussa nel 1992 a Rio De Janeiro durante la Conferenza delle Nazioni Unite su Ambiente e Sviluppo (UNCEP, United Nations Conference on Environment and Development),in cui i paesi aderenti riconobbero l’urgenza di definire strategie internazionali di cooperazione tra paesi del Nord e del Sud del mondo. Di notevole importanza è la sottoscrizione della Dichiarazione di Rio, un elenco di 27 principi regolanti diritti e responsabilità delle nazioni verso uno sviluppo sostenibile, e l’Agenda 21, un programma d’azione nel quale vengono stabiliti criteri operativi, obiettivi e strategie di riferimento per promuovere la collaborazione al perseguimento di uno sviluppo sostenibile autentico. Tra gli eventi che si susseguirono nel corso degli anni ’90, la Conferenza di Kyoto del 1997 e l’omonimo Protocollo furono di grande importanza per il tema del riscaldamento climatico. Con l’avvento del nuovo millennio si tennero varie conferenze per esaminare i risultati ottenuti dagli atti sostenibili sottoscritti negli anni precedenti e per concordare una comune linea d’azione, durante la quale vennero redatti molteplici documenti riguardanti la gestione delle risorse naturali, la legislazione ambientale e il cambiamento climatico. Nel 2012, a vent’anni di distanza dalla conferenza di Rio del 1992, si tenne a Rio De Janeiro la Conferenza delle Nazioni Unite sullo Sviluppo Sostenibile (UNCSD), detta anche Rio+20. Obiettivo della conferenza fu quello di verificare e rinnovare gli impegni assunti negli ultimi due decenni e di cercare di convogliare gli sforzi di governi e società civile verso obiettivi comuni e verso le sfide future. Dopo difficili negoziati, la conferenza si concluse con il documento The Future We Want, cruciale nel dare il via a numerosi processi internazionali e nazionali, primo su tutti quello di definizione dei nuovi Obiettivi globali per lo Sviluppo Sostenibile (SDGs). Nel 2015 a New York si è svolto il Summit sullo Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite, durante il quale è stata approvata l’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, un documento che individua gli impegni che dovranno essere realizzati entro il 2030, individuando 17 obiettivi globali (SDGs) e 169 target. Gli obiettivi hanno carattere universale e si fondano sull’integrazione fra le tre dimensioni dello sviluppo sostenibile (economica, sociale ed ambientale), quale presupposto per sradicare la povertà in tutte le sue forme. L’Agenda riconosce il legame stretto tra benessere umano e salute dell’ambiente, e l’esistenza di sfide comuni a tutti i paesi.
  • 7. Sostenibilità e consumo etico Master in Marketing Management 2019-2020 6 1.2 Sostenibilità forte e sostenibilità debole Il concetto di sviluppo sostenibile si configura in modo diverso in base al modo in cui il capitale viene concepito ed utilizzato. A questo proposito è bene chiarire che il capitale totale delle risorse si suddivide in naturale, comprendente tutte le risorse naturali, e artificiale, corrispondente a tutto ciò che è prodotto dall’uomo. La valutazione della sostenibilità dello sviluppo può essere espressa attraverso due formulazioni: • Sostenibilità forte, più prudente, non ammette una sostituibilità tra capitale naturale e artificiale, andando così a definire sviluppo economico sostenibile quello sviluppo in grado di unire ad una crescita di patrimonio artificiale il mantenimento del capitale naturale almeno non inferiore a quello ereditato. • Sostenibilità debole, più rischiosa, ha come fine il mantenimento del capitale totale, per questo ammette la perfetta sostituibilità tra i due capitali, permettendo così una diminuzione del capitale naturale a patto che vi sia l’equivalente artificiale in grado di sostituirlo; pone quindi fiducia nelle capacità delle generazioni future di superare le conseguenze ambientali dovute alle nostre azioni. Le due accezioni hanno obiettivi differenti: una politica di sostenibilità forte è propensa a conservare l’attuale patrimonio naturale, investendo su nuove tecnologie che siano in grado di contrastare la velocità dei processi di degrado ambientale; una sostenibilità debole, al contrario, è più propensa ad accelerare lo sviluppo economico a discapito di un più rapido cambiamento planetario, anteponendo ai problemi ambientali i problemi sociali e i paesi in via di sviluppo. Sebbene le due posizioni possano essere alternative sul breve periodo, sul lungo periodo la sostenibilità forte sembra l’unica strada percorribile, essendo la sola capace di assicurare il mantenimento del capitale naturale e il perseguimento delle attività umane ed economiche. Se in passato l’economia ha dato più importanza al capitale artificiale e alla crescita, ritenendo erroneamente che il capitale naturale fosse abbondante, con lo sviluppo sostenibile viene introdotto un modello di sviluppo che implica l’impegno di ogni Stato nel salvaguardare e gestire razionalmente le risorse naturali, conciliando l’esigenza di sviluppo socio-economico con il rispetto dell’ecosistema e delle condizioni di vita per le generazioni future. 1.3 Sostenibilità e consumi: la nascita del consumatore etico La società d’oggi viene spesso definita come società del consumo, in quanto forma i propri membri ad essere consumatori, individui che devono sapere e volere comprare, e fonda le proprie basi sull’idea che la crescita economica e il benessere materiale siano gli obiettivi di vita che portano alla felicità. Una volta soddisfatti i bisogni primari ciò che conta è soddisfare quelli secondari. Il consumo risulta guidato da scopi meramente dimostrativi, con l’obiettivo di certificare lo status economico e sociale. Risulta chiaro che il consumo non possa essere classificato solo come un fenomeno economico, perché la sua natura è anche culturale, cosa che appare ancora più evidente se si prende in considerazione il consumo responsabile, in quanto le ragioni insite nella transizione verso una maggiore sostenibilità dei consumi sono da ricercare nella figura del consumatore e nelle motivazioni alla base del consumo. La presa di coscienza della limitatezza delle risorse e della necessità di salvaguardare l’ambiente impongono sempre più al consumatore di rivedere il proprio stile di vita e le scelte di consumo.
  • 8. Sostenibilità e consumo etico Master in Marketing Management 2019-2020 7 Si delinea così un nuovo profilo di consumatore, più etico e responsabile, in grado di porsi sullo stesso piano di importanza di governi, istituzioni e imprese nella possibilità di spostare gli equilibri di mercato orientandoli verso scelte di tipo ambientale e sociale, contribuendo al benessere collettivo. Consumare in modo sostenibile corrisponde ad utilizzare beni e servizi che conducano ad un miglioramento della qualità della vita e consentano al tempo stesso di ridurre al minimo i costi ambientali, in modo da non pregiudicare i bisogni delle generazioni future. Questo modello non implica necessariamente il consumare meno, ma l’essere in grado di consumare in maniera più efficiente migliorando la qualità della vita collettiva, con la convinzione che vivere meglio, facendo cioè scelte eco e socio–compatibili, possa corrispondere anche ad un benessere di tipo edonistico. In una società dei consumi le scelte di acquisto sono di fondamentale importanza per la sostenibilità, sia a livello ambientale che a livello sociale, in quanto i cittadini con i loro comportamenti quotidiani di consumo e gestione delle risorse possono influenzare e contribuire al miglioramento delle condizioni dell’ambiente. Nonostante la crescente sensibilizzazione ai temi della sostenibilità, spesso i consumatori non traducono questa attenzione in effettivi comportamenti d’acquisto per varie motivazioni che vanno dal costo più elevato dei prodotti, alla mancanza di fiducia fino alla semplice disinformazione circa la reperibilità di prodotti sostenibili. A tal proposito risulta importante accrescere una consapevolezza critica nel consumatore per renderlo cosciente del proprio ruolo chiave nell’implementazione di un modello di consumo sostenibile, attraverso strumenti volti a influenzare direttamente il consumo di beni e servizi sostenibili quali informazione e comunicazione, regolamenti, incentivi. Sul piano internazionale, all’interno dei Sustainable Development Goals (SDG), l’obiettivo numero 12 è dedicato proprio a “Garantire modelli sostenibili di produzione e di consumo”, in particolar modo viene posto come obiettivo per il 2030 che “tutte le persone, in ogni parte del mondo, abbiano le informazioni rilevanti e la giusta consapevolezza dello sviluppo sostenibile e di uno stile di vita in armonia con la natura”. I consumatori sono sempre più parte attiva nella creazione di un’economia sostenibile, in quanto richiedono più trasparenza circa l’origine e la composizione dei beni e servizi che acquistano e perché sono sempre più consapevoli delle sfide che il pianeta si trova ad affrontare. 1.4 Imprese ecosostenibili: l’impegno verso la sostenibilità La situazione ambientale critica, caratterizzata dall’inesorabile esaurimento delle risorse e da un sempre maggiore livello di inquinamento ha portato negli ultimi anni ad uno scontro tra le imprese (di qualunque genere) e la collettività, in quanto quest’ultima si interroga circa l’operato delle prime in termini di possibile inappropriatezza e pericolosità nei confronti dell’ambiente e della società in generale. La nascita di gruppi di consumatori attenti all’ambiente, in grado di influenzare imprese e di trasformare i mercati conducendoli verso uno sviluppo sostenibile, ha portato ad un aumento della consapevolezza e della partecipazione attiva da parte dei consumatori, nei quali cresce il desiderio di cambiamento del mercato in senso etico e sostenibile, e ha inoltre condizionato in maniera tangibile l’attività delle imprese. Questo processo di cambiamento di mercato può essere definito come un cambiamento generato da ideologie culturali, in quanto le motivazioni che spingono i consumatori sono di natura ideologica. Le imprese possono sfruttare a loro vantaggio questo cambio di rotta introducendo pratiche di business improntate sulla sostenibilità.
  • 9. Sostenibilità e consumo etico Master in Marketing Management 2019-2020 8 Un’azienda oggi non può più quindi basarsi sull’idea di sviluppo classico legato alla sola ricerca di profitto, ma deve aggiungere al valore economico quello sociale e quello ambientale, che devono andare di pari passo in un’ottica multidimensionale. Utilizzare strategie di tipo sostenibile diventa sempre più importante non solo per il mercato e le vendite, ma anche in termini di immagine e reputazione d’impresa, migliorandone la competitività. Il sistema impresa assume un ruolo centrale grazie alla crescente importanza della responsabilità sociale di impresa, la quale però deve corrispondere alla realtà effettiva dei comportamenti aziendali, pena la perdita di credibilità agli occhi dei consumatori. Grazie alla tecnologia infatti, la sostenibilità appare chiara, comprensibile e facilmente verificabile, e per questo motivo risulta difficile nascondere le proprie attività all’opinione pubblica. Le aziende devono dunque mostrare un reale e volontario impegno nell’attuazione di strategie e pratiche sostenibili, per giungere non solo alla creazione di valore economico ma anche alla tutela del capitale ambientale e sociale. Adottare un modello di sviluppo sostenibile nella strategia d’impresa non porta solamente benefici in termini di reputazione e immagine, ma favorisce anche la possibilità di sviluppare un rapporto stabile con i consumatori e di rafforzare quindi la brand value. È importante che le aziende comprendano che la sostenibilità è redditizia perché crea un vantaggio competitivo. La comunicazione ambientale e sociale assume quindi un ruolo centrale per le imprese, poiché comunicare il raggiungimento o la persecuzione di obiettivi ambientali permette di attrarre nuovi clienti, fidelizzare gli esistenti, aumentare fiducia e motivazione interni all’azienda e garantire una maggiore efficienza dei propri prodotti e servizi. CAPITOLO 2: GREEN MARKETING 2.1 Green economy: quando la produttività rispetta l’ambiente La green economy è un sistema economico che presenta come fattore principale di sviluppo la riduzione dell’impatto ambientale e prende in considerazione tutti i potenziali danni ambientali in cui un’ azienda incorre durante il ciclo di vita dei suoi prodotti di business. Spesso la green economy viene confusa con lo sviluppo sostenibile, portando all’utilizzo in maniera impropria o addirittura all’errata sinonimia tra i due termini. Secondo la definizione stabilita dalla Commissione Europea, green economy è: “un’economia che genera crescita, crea lavoro e sradica la povertà investendo e salvaguardando le risorse del capitale naturale da cui dipende la sopravvivenza del nostro pianeta” (CE, 2011). Lo sviluppo sostenibile invece può essere definito come un principio economico che si fonda su uno sviluppo industriale e produttivo rispettoso dell’ambiente. Un’azienda che adotta il modello della green economy è molto attenta al fattore ambientale durante tutte le fasi del ciclo di trasformazione delle materie prime, partendo dalla loro estrazione, passando per il trasporto e la trasformazione dell’energia fino ad arrivare ai prodotti finiti ed al loro smaltimento. Ad oggi, il tema della sostenibilità può essere sviluppato come un elemento di comunicazione a forte impatto mediatico, noto anche come green marketing.
  • 10. Sostenibilità e consumo etico Master in Marketing Management 2019-2020 9 2.2 Marketing ambientale: una nuova leva strategica per le imprese Il green marketing, o marketing ambientale, assicura una leva strategica fondamentale per le imprese che, grazie alla realizzazione di strategie di comunicazione ambientale, riescono ad ottenere nuove forme di vantaggio competitivo. Tutto ciò è reso possibile grazie alla crescente sensibilità da parte degli utenti e consumatori nei confronti del tema dell’ecosostenibilità. Ѐ fondamentale che il green marketing venga applicato, oltre che nella fase produttiva, anche nelle altre fasi di sviluppo del prodotto, ad esempio attraverso l’uso di nuovi materiali nel packaging, per arrivare alla creazione di nuovi modelli di comunicazione grazie ai quali l’azienda possa essere percepita come sostenibile nella sua totalità. Negli anni sono aumentate notevolmente le aziende che si prefiggono come obiettivo quello di presentarsi come sostenitrici dell’ambiente utilizzando messaggi positivi dal punto di vista ecologico. L’inserimento del tema ambientale va dalle proprie campagne pubblicitarie alla sponsorizzazione di associazioni ambientaliste, fino ad iniziative a difesa della natura per dare una connotazione ecologista ai propri prodotti. La necessità delle aziende di andare incontro a questo nuovo trend nasce dal notevole aumento dei consumatori responsabili. Dal confronto dei dati del 2002 e del 2018 infatti, si evidenzia una importante crescita nella quota dei cittadini più green, passando dal 28,5% del 2002 al 63,4% del 2018. 2.3 Strategie e applicazioni del green marketing La strategia del green marketing si sviluppa in quattro passaggi: segmentazione, targeting, posizionamento e differenziazione. Attraverso la segmentazione l’impresa identifica il gruppo o i gruppi di consumatori a cui rivolgersi, secondo due approcci: il primo basato sulle caratteristiche dei consumatori e il secondo sui loro acquisti. Utilizzare una tradizionale segmentazione del mercato non risulterebbe appropriata per il green marketing, poiché i criteri psicografici sono risultati più efficaci rispetto a quelli demografici. La segmentazione inoltre può essere eseguita anche in relazione ai bisogni dei consumatori. Esiste un numero riguardevole di metodi per la segmentazione, proporzionale alla grande eterogeneità dei consumatori. Prendendo come riferimento un consumatore razionale, si può osservare che di fronte a due possibili alternative identiche, egli sceglierà l’opzione con le performance ambientali migliori. In linea generale si possono distinguere quattro tipi di consumatori, suddivisi sulla base della differente percezione dei prodotti green: • Consumatore convenzionale: non riesce a cogliere i benefici che derivano dall’acquisto di prodotti green e per questo motivo adotta un approccio non consapevole. • Consumatore verde emergente: è in grado di riconoscere i benefici che derivano dai prodotti a marchio green, ma nonostante questo talvolta non si dimostra abbastanza motivato da acquistarli. • Consumatore verde sensibile al prezzo: tiene conto delle etichette ambientali presenti sui prodotti che vuole acquistare, ma di fronte ad un prezzo più alto preferisce comprare prodotti tradizionali. • Consumatore verde: è sensibile alle tematiche ambientali ed è propenso all’acquisto di prodotti green per quanto gli risulta possibile. Le aziende però, oltre che sviluppare e rendere i propri prodotti più verdi, devono dimostrarsi sostenibili nella loro totalità. I consumatori infatti tendono ad acquistare con maggiore fiducia prodotti
  • 11. Sostenibilità e consumo etico Master in Marketing Management 2019-2020 10 che provengono da imprese totalmente green, ponendo molta attenzione all’impegno che le aziende riversano nel sociale. Le attività sostenibili che vengono svolte dalle aziende infatti producono effetti positivi sia sull’immagine del brand che sulla fidelizzazione dei clienti. Andando ad analizzare il posizionamento, la scelta della strategia più idonea da attuare può avvenire prendendo in considerazione due caratteristiche diverse del prodotto, ovvero le caratteristiche funzionali ed emozionali. La strategia di posizionamento basata sulle caratteristiche funzionali del prodotto si basa su benefici ambientali derivanti dal miglioramento dei processi di produzione o utilizzo del prodotto. L’efficacia di questo posizionamento però è limitata dal fatto che migliori performance ambientali del prodotto non garantiscono al consumatore benefici individuali. Questo tipo di strategia può inoltre avere ulteriori svantaggi: • la strategia è facilmente imitabile; • presuppone che il consumatore agisca in modo razionale; • porta ad una riduzione della flessibilità e differenziazione del brand. Il posizionamento emozionale invece si basa su tre differenti sensazioni che il consumatore può provare: • sensazione di benessere, spesso associata all’aver agito in modo altruistico; • possibilità di espressione del proprio status symbol attraverso il consumo di brand verdi; • benefici derivanti da sensazioni e sentimenti vissuti attraverso il contatto con la natura. Entrambe le strategie di posizionamento hanno effetti positivi sull’atteggiamento dei consumatori nei confronti del brand, ma è la combinazione tra le due che garantisce una strategia decisamente più efficace. Affinché un’iniziativa di marketing raggiunga un certo grado di successo nel medio-lungo termine, è necessario che la strategia pianificata segua cinque direttive fondamentali, dette le 5 “i” del green marketing, che sono: • Intuizione: riuscire a rendere intuibili ed accessibili i prodotti green, facendo sì che diventi usuale per il consumatore acquistarli. • Integrazione: non si intende solo migliorare le performance ambientali di uno specifico prodotto ma dell’intero processo produttivo, integrando l’aspetto sostenibile con quello economico, tecnologico e sociale. • Innovazione: ideare nuovi prodotti e dare la possibilità al consumatore di scegliere nuovi stili di vita. • Interesse: garantire al cliente prestazioni funzionali superiori rispetto alle alternative tradizionali presenti nel mercato. • Informazione: oltre ad incentivare comportamenti virtuosi all’interno del mercato è necessario informare il mercato stesso, cercando di agevolare il consumatore ad una maggiore presa di coscienza sull’impatto ambientale delle proprie scelte d’acquisto. Nei primi anni ‘60 Jerome McCarthy teorizza il concetto di marketing mix, definendolo come l’insieme delle attività operative che caratterizzano un piano di marketing. Il marketing mix è rappresentato dalle 4 “P”, modello in seguito ampiamente ripreso e diffuso da Philip Kotler.
  • 12. Sostenibilità e consumo etico Master in Marketing Management 2019-2020 11 Nel caso specifico avremo: • Product: deve essere ecologico ed ecosostenibile; deve essere costituito da materiali naturali o almeno rispettosi dell’ambiente. Si contribuisce non solo a proteggere la natura, ma anche a mitigare i danni ambientali attualmente esistenti. • Price: è accettabile un prezzo leggermente più alto rispetto ai concorrenti. Il consumatore sensibile alla tematica ambientale è disposto a pagare un prezzo maggiorato per avere un prodotto ecologico, a patto però che venga comunicato in modo trasparente e plausibile. • Place: la logistica, il packaging, la commercializzazione di prodotti locali e stagionali, sono altri elementi green fondamentali. Le vie di trasporto utilizzate nel ciclo produttivo e nella distribuzione sono determinanti per l’ecological footprint di un prodotto, per questo dovrebbero essere organizzate in modo da agire nel rispetto dell’ambiente e con il massimo risparmio di risorse, ad esempio utilizzando materie prime regionali. • Promotion: la comunicazione deve fare leva sulle iniziative sostenibili dell’azienda ma anche sul possesso o meno di certificazioni, sull’aver effettuato investimenti in favore dell’ambiente e su tutto ciò che può contribuire a migliorare l’immagine aziendale. Ѐ necessario inoltre rendere i canali pubblicitari il più possibile rispettosi dell’ambiente, ad esempio eliminando i volantini e favorendo l’uso dei canali mediatici per attuare la propria strategia di marketing. A questi quattro fondamentali elementi se ne possono aggiungerne altri due ugualmente importanti: • Partnership: molte questioni riguardanti i cambiamenti sociali, come le iniziative green, non vanno sostenute dall’azienda in maniera isolata. Creare partnership tra gruppi, società e associazioni rende l’operazione più efficiente. • Policy: le politiche aziendali ed il codice etico sono elementi fondamentali che l’azienda deve adottare per dare un segnale tangibile del proprio impegno. Per permettere alle imprese di individuare ed analizzare le diverse strategie possibili e attuabili durante l’approccio alla sostenibilità, John Grant ha ideato una matrice detta “la matrice del green marketing” (Figura 2), argomentata nel suo libro “Green Marketing – Il Manifesto”.
  • 13. Sostenibilità e consumo etico Master in Marketing Management 2019-2020 12 Figura 2: La matrice del green marketing Ogni azienda, per sfruttare le capacità della matrice, dovrà scegliere la propria collocazione all'interno della griglia non solo prendendo in considerazione i prodotti che presenta sul mercato, ma anche in base alla tipologia dell'azienda stessa. Attraverso questa matrice si possono individuare gli obiettivi del marketing e le strategie per fissare politica e obiettivi green. Come si può notare dalla Figura 2, la matrice del green marketing è composta da tre colonne principali: • Verde, in cui si vogliono stabilire nuovi standard per i prodotti, le politiche ed i processi di responsabilità. La parola chiave per questa strategia è: comunicare. • Più verde, si tratta di condividere la responsabilità con i clienti, arrivando alla fidelizzazione di questi ultimi. L’obiettivo è sia commericale che ambientale, puntando alla riduzione delle barriere con i consumatori e al cambiamento del loro comportamento d’acquisto. La parola chiave per questa seconda strategia è: collaborare. • Verdissimo: sostenere l'innovazione con nuove abitudini, nuovi servizi, nuovi business model. Gli obiettivi in questo caso sono sia ambientali, sia commerciali che culturali. La parola chiave per quest’ultima strategia è: rimodellare la cultura. Osservando invece le righe della matrice, esse contengono i livelli in cui la società opera: • Aziende e Mercati: è il consumatore stesso, osservando valori, scelte politiche e attendibilità dell’azienda che decide se affidarsi o meno ad essa, avendo oggi più conoscenza del prodotto e del processo di produzione.
  • 14. Sostenibilità e consumo etico Master in Marketing Management 2019-2020 13 • Social Brand e Identità: il brand assume valore non più dalla pubblicità, bensì dal valore e dai principi che esso stesso ha e che vuole trasmettere alla società. • Prodotti e abitudini personali: l’acquisto oggi è guidato dal bisogno, dai gusti personali e dalle abitudini quotidiane. Analizzando nel dettaglio le diverse caselle che possiamo osservare verticalmente nella Figura 2, possiamo notare: • A1 dare l'esempio: l’azienda si può servire di due modi per far vedere come si proietta verso nuovi standard: può sia spiegare in generale ciò che sta facendo, sia presentare alcuni dei prodotti di ultima generazione sviluppati. • A2 avere partner credibili: gli elementi più efficaci da associare alla propria azienda sono le certificazioni di qualità ambientale e la partnership con un ente benefico o ONG. • A3 sottolineare i vantaggi collaterali: la sostenibilità punta al bene comune. Esistono imprese che considerano più efficace la promozione dei propri prodotti facendo leva sulla progettazione sostenibile. • B1 sviluppare il mercato: le aziende con una elevata reputazione possono ottenere giovamento tentando di indirizzare l'azione pubblica e la domanda verso una determinata direzione. • B2 creare brand tribali: esistono marchi nati grazie all’unione con particolari tipi di utilizzatori (tribù) che ne diventano l’icona rappresentativa. Questi marchi vengono definiti tribali e possono essere collegati all’esclusività, basandosi sull’empatia o sul seguito popolare. • B3 cambiare le abitudini d'uso: le aziende possono intervenire sulla propria ecological footprint quando c’è collaborazione con i clienti e quando indirizzano i loro comportamenti verso i principi della sostenibilità, identificati nel ridurre, riutilizzare, e riciclare. I due stili usati in questo campo sono: l'aggiustamento, dove il comportamento usuale cambia in minima parte, ed il taglio, che si può riassumere in un cambio di abitudini. • C1 creare nuovi business concept: al posto di creare un mercato totalmente nuovo, è possibile migliorarlo rendendolo più efficiente, con un minor impatto ambientale e con un modello di business e di strategie alternativi. L’interazione tra i prosumer (fusione tra i termini inglesi producer e consumer che sta ad indicare un consumatore che è anche produttore, perché consuma e allo stesso tempo contribuisce alla produzione) e gli investitori commerciali risulta essere molto importante. • C2 ideare “cavalli di troia”: fanno parte di questo modello strategico tutti quei casi dove le innovazioni derivano da una sorta di rivestimento culturale. Le idee condivise sono quelle legate alla cultura familiare e tradizionale, che vengono rinnovate. Le altre idee invece, sono connesse all’ambito della moda che si riflette spesso nel “quello che fanno/hanno tutti”. • C3 agire sugli stili di consumo: il green marketing è tenuto a fornire diverse opzioni di consumo che si possano mettere in pratica facilmente e che siano più stimolanti rispetto ai modelli attuali non sostenibili. Il passaggio più importante è quello di persuadere le persone a dare valore a tutto ciò che è materiale, in modo tale che si preferisca utilizzare ogni cosa il più a lungo possibile piuttosto che rimpiazzarla. Un’altra strategia è quella di possedere meno, condividendo e noleggiando di più. Attuare un piano di marketing non è un processo semplice come si potrebbe credere, ma se viene pensato nel lungo periodo può generare grandi vantaggi competitivi all’azienda. Esistono però dei limiti associati al green marketing che non vanno sottovalutati:
  • 15. Sostenibilità e consumo etico Master in Marketing Management 2019-2020 14 • Costi di conversione: quando un’azienda vuole iniziare un percorso che porta alla modifica dei suoi prodotti verso una dimensione green, riducendo quindi l’impatto ambientale, essa si troverà ad affrontare dei costi iniziali, derivati dal processo di conversione, non indifferenti. Questi costi iniziali verranno poi compensati nel lungo periodo. • Prodotti costosi: i prodotti green presentano dei costi superiori rispetto alle alternative non green, in quanto le spese derivate dal processo produttivo risultano essere maggiori. Il prezzo per il cliente aumenta di conseguenza ma non tutti i consumatori sono disposti a sostenere questo rincaro dei prezzi, pur trattandosi di prodotti più innovativi, maggiormente performanti e a ridotto impatto ambientale. • “NO carta”: non basta non utilizzare la carta per essere considerati un’azienda green ed eco- friendly che tutela l’ambiente, bisogna attuare altri interventi che coinvolgano tutti gli aspetti aziendali per ridurre l’impatto ecologico. • Sostenibili all’apparenza: è il caso del greenwashing. 2.4 Greenwashing: Il lato oscuro del green marketing Con l’avvento di una maggiore sensibilità nei confronti dell’ambiente è nato non solo il green marketing ma anche il suo “alter ego cattivo”: il greenwashing. Il termine è composto dalle parole “green” (verde) e “wash” (lavare), deriva dalla parola inglese “whitewash” (riverniciare) e significa "verniciare di verde". Attraverso questo neologismo si va a definire la strategia attraverso cui compagnie, aziende o enti si dipingono metaforicamente di verde, affermando di essere green anche quando, in realtà, non lo sono. Cercano così di creare un’immagine aziendale che rispecchi i valori che tutelano l’ambiente, sia attraverso le attività svolte che attraverso i prodotti proposti. Come può un consumatore capire se è davanti ad un’azienda che svolge attività di green marketing o greenwashing? Un primo accorgimento può essere quello di fare più attenzione alla confezione del prodotto che si vuole acquistare: non basta che sopra di essa ci siano scritte parole come “naturale”, “ecologico” o “bio”, perché queste non garantiscono la natura green del prodotto. Ѐ chiaro che c’è ancora molta confusione e ambiguità nei confronti dei prodotti che vengono definiti verdi, a causa di una mancanza di informazioni chiare, precise e dimostrabili. Di frequente ci si scontra con pubblicità e dichiarazioni che enfatizzano le caratteristiche dei prodotti o dei servizi forniti, arrivando persino al vero e proprio inganno. Attraverso l’utilizzo di immagini, grafici o parole strategiche si induce il consumatore a pensare di stare acquistando un prodotto green, nonostante esso non lo sia davvero. 2.4.1 Il caso H&M Durante il mese di Giugno del 2019, in Norvegia, il colosso mondiale del fast fashion H&M è stato accusato dalla Consumer Authority norvegese di greenwashing. Questa accusa è stata formulata per la “Conscious Collection” che, seppur identificata dal brand come green, non presentava informazioni sufficienti a stabilire la reale sostenibilità dei prodotti, non fornendo ad esempio un certificato industriale che indicasse la sostenibilità di ogni singolo capo rispetto ai prodotti delle altre linee dell’azienda. Secondo le affermazioni di H&M, l’intera collezione è stata realizzata utilizzando materiali quali cotone organico e poliestere riciclato; in realtà non viene evidenziata né la percentuale esatta di materiale riciclato utilizzato, né la differenza tra i capi appartenenti alla “Conscious Collection” e le altre collezioni.
  • 16. Sostenibilità e consumo etico Master in Marketing Management 2019-2020 15 Nello spiegare la loro volontà ed il loro impegno verso una produzione più sostenibile, l’azienda si è limitata a scrivere poche righe sul sito web, in cui afferma di utilizzare, durante il processo produttivo, fino al 50% di materiale riciclato, mentre per i prodotti in cotone utilizzano cotone riciclato solo fino al 20%. Istintivamente si potrebbe pensare che il cotone sia un materiale sostenibile, invece non è così; rappresenta la coltura non alimentare più diffusa al mondo, generando un reddito a più di 250 milioni di persone e dando lavoro a quasi il 7% di tutta la manodopera dei paesi in via di sviluppo. Il cotone perciò rappresenta un materiale fondamentale per il sistema dell’industria tessile ma i metodi di produzione non risultano essere affatto sostenibili. Cercare di migliorare questi processi produttivi è molto complesso e il WWF insieme ad una coalizione di partner globali sta provando a promuovere la produzione e lo sviluppo sostenibile del cotone in svariati modi. Per rendersi conto della reale gravità del problema basta pensare che per produrre 1 Kg di cotone, che è la quantità equivalente utilizzata per la produzione di una sola maglietta e di un paio di jeans, sono necessari 20.000 litri d’acqua. H&M, assieme agli altri marchi considerati produttori di fast fashion, ha causato tra il 1992 ed il 2002 una riduzione nel tempo di conservazione e di utilizzo dei capi di abbigliamento del 50%. L'industria della moda produce una quantità di capi di abbigliamento superiore ad 1 miliardo e ciò causa la produzione di 1,2 miliardi di tonnellate di CO2, equivalente al 5% dei gas serra globali. Il cammino verso la trasformazione in un’azienda green è ancora molto lontano per H&M che, oltre a questa collezione, ha ideato un’altra strategia apparentemente sostenibile che riguarda il riciclo di abiti che il cliente non utilizza più. Questa iniziativa, incentivata dall’azienda, fornisce un piccolo buono sconto per l’acquisto successivo in uno dei loro negozi, contribuendo di fatto ad incrementare il fast fashion piuttosto che perseguire l’obiettivo della sostenibilità. 2.5 Certificazioni ambientali: una garanzia di autenticità Difficilmente oggi una grande azienda si presenterebbe ai clienti senza credenziali verdi. Esistono diversi tipi di certificazioni, che solitamente vengono suddivise all’interno di due macrocategorie: certificazioni di processo e certificazioni di prodotto. Le certificazioni di processo certificano la realizzazione di azioni positive e di miglioramento ambientale continuo nel processo di gestione di aziende o enti (ad esempio ISO 140001 ed EMAS) e consentono di ottenere alcuni vantaggi, fra cui una migliore immagine sul mercato e l’ottimizzazione dell’uso dell’energia e delle risorse dell’organizzazione. • ISO 140001: è una norma internazionale ad adesione volontaria, applicabile a qualsiasi tipologia di organizzazione pubblica o privata, che specifica i requisiti di un sistema di gestione ambientale. • EMAS: Il Sistema Comunitario di Ecogestione e Audit (EMAS = Eco-Management and Audit Scheme) è un sistema a cui possono aderire volontariamente le imprese e le organizzazioni, sia pubbliche che private, aventi sede nel territorio della Comunità Europea o al di fuori di esso, che desiderano impegnarsi nel valutare e migliorare la propria efficienza ambientale. Le certificazioni di prodotto certificano invece le caratteristiche di un prodotto o di un servizio e si distinguono in: • etichette ambientali: possono essere sia europee che internazionali e si basano su un insieme di criteri ecologici ritenuti rilevanti, certificati da un organismo indipendente. Sono
  • 17. Sostenibilità e consumo etico Master in Marketing Management 2019-2020 16 rilasciate solo ai prodotti che superano certi requisiti, ad esempio: Ecolabel, FSC, PEFC, oeko-tex, marchio europeo dell'agricoltura biologica; • autodichiarazioni ambientali: riportano alcune informazioni ambientali del prodotto e prevedono dei vincoli da rispettare sui contenuti dell'informazione, come il fatto che le caratteristiche dichiarate debbano poter essere verificabili. Ne sono esempio i famosi Mobius Loop e Punto Verde, ossia i simboli rappresentati rispettivamente da tre e da due frecce in circolo che indicano che un materiale è riciclabile; • dichiarazioni ambientali di prodotto: forniscono dati quantitativi sul profilo ambientale di un prodotto, utilizzando la Valutazione del Ciclo di Vita o LCA-Life Cycle Assessment del prodotto stesso. Le informazioni devono basarsi su una metodologia scientifica e strumenti che siano riconosciuti, accettati e portino a risultati accurati e riproducibili. È necessaria la verifica di un organismo indipendente, ma non è richiesto il superamento di una soglia di requisiti minimi, bensì il rispetto di un formato standard nella comunicazione dei dati per facilitare il confronto tra prodotti diversi. Mobius Loop Punto Verde
  • 18. Sostenibilità e consumo etico Master in Marketing Management 2019-2020 17 CAPITOLO 3: CASE STUDIES 3.1 Patagonia: quando un’azienda nasce green L’identità Patagonia “ho una definizione del male leggermente diversa dalla maggior parte delle persone. Quando hai l’opportunità e la capacità di fare del bene e non fai niente, è male. Il male non deve sempre essere un atto palese. Può essere semplicemente l’assenza di bene” Yvon Chouinard, I prossimi 100 anni. Il marchio Patagonia nasce nel 1970 quando lo scalatore statunitense Yvon Chouinard, non soddisfatto dei prodotti da arrampicata allora presenti sul mercato, decide di creare una linea di indumenti che incontri quelle che secondo lui sono le caratteristiche utili per l’arrampicata: inizia così a produrre maglie traspiranti ma allo stesso tempo rinforzate, dotate di un colletto per non sentire il fastidio dell’imbragatura sul collo. Il brand riscuote subito successo nella cerchia degli scalatori e concentra la sua strategia di produzione principalmente sul campo dell’innovazione. Lo scopo di Chouinard è offrire sempre al consumatore il prodotto più innovativo, creando così negli anni ’80 capi caratterizzati da nuovi tessuti e nuove tecnologie come ad esempio Sychilla, un tessuto double face altamente traspirante, e la biancheria in poliprene, un tessuto antibatterico e inodore che può essere indossato per più giorni di fila. Alle innovazioni tecnologiche Patagonia affianca colorazioni audaci, all’epoca inusuali, rendendosi così facilmente riconoscibile al consumatore rispetto alla concorrenza. La rivoluzione di Patagonia non avviene solo a livello stilistico e di prodotto, ma anche a livello ideologico. Chouinard è infatti fermamente convinto che la natura, teatro delle sue uscite e di quelle del target Patagonia, vada preservata e per raggiungere questo obiettivo si impegna concretamente nei confronti dell’ambiente e della sostenibilità devolvendo, dal 1986, il 10% dei profitti pre tasse e l’1% delle vendite a piccoli gruppi che si adoperano per la salvaguardia dell’ambiente “per risarcire il pianeta dei danni che compiamo” (Chouinard, Let my people go surfing) Grazie a queste iniziative Patagonia rafforza la sua reputazione, inquadrandosi nel mercato come un brand affidabile e autentico. All’inizio degli anni ’90 Patagonia inizia ad utilizzare cotone biologico, ottenendo un successo tale da spingere i suoi stessi acquirenti ad istruire anche altri marchi, come Nike e Gap, ad effettuare il medesimo passaggio. Grazie alle politiche anti-consumistiche e ambientaliste su cui Patagonia basa la sua strategia di comunicazione, l’azienda vanta a fine 2015 un giro di affari di circa 750 milioni di dollari e nel 2019 viene premiata dalle Nazioni Unite con lo UN’s champions of the earth award, attribuitole per aver dato priorità alla sostenibilità e aver modellato su di essa il proprio business plan. Le politiche green Negli ultimi anni Patagonia si è resa protagonista di diverse iniziative ambientaliste atte a rendere l’azienda quanto più sostenibile possibile e evidenziare l’importanza di un consumo consapevole. Le iniziative e le politiche più significative operate da Patagonia sono Worn Wear, Patagonia’s black friday, 1% for the planet e Patagonia action works, che verranno affrontate di seguito in modo più dettagliato.
  • 19. Sostenibilità e consumo etico Master in Marketing Management 2019-2020 18 Worn wear “Riparare è un atto radicale” -Rose Marcario, CEO Patagonia L’iniziativa Worn wear nasce nel 2015 quando un camper rivestito in legno, brandizzato Patagonia e alimentato a biodiesel, fa il giro degli Stati Uniti riparando gratuitamente capi logorati di qualunque marchio e rivendendo prodotti Patagonia usati. Lo scopo dell’iniziativa è muovere i consumatori verso un consumo etico lontano dal concetto di fast fashion. Worn wear evidenzia come un capo rovinato non sia per forza da buttare ma possa essere riparato spendendo meno di quanto servirebbe per sostituirlo, riuscendo così ad essere più ecosostenibili. Worn wear riscuote un grande successo e viene riproposto negli anni successivi oltre che negli Stati Uniti anche in Europa con il Worn wear tour. Nel 2017 i capi riparati sono 50'295, con un risparmio da parte dei consumatori di quasi 3 milioni di dollari. Patagonia’s black friday “Ci è costato un sacco di soldi perché si trattava di entrate totali. Ma il 60% dei clienti erano nuovi compratori. Il sessanta per cento. È stato uno dei migliori affari che abbiamo mai fatto.” -Yvon Chouinard Nel 2016 Patagonia decide di devolvere i profitti totali del Black Friday a centinaia di organizzazioni ambientaliste locali. Questa iniziativa viene presa contro l’amministrazione Trump, colpevole secondo l’azienda di aver tagliato i fondi destinati all’ambiente. Riscuote grande successo, ricavando in una sola giornata 10 milioni di dollari, 7.5 milioni di dollari in più rispetto al 2015. 1% for the planet Attiva dal 1986, questa iniziativa è oggi adottata anche da altre aziende quali Caudalie e Sunski e consiste nel donare a organizzazioni no profit che si occupano dell’ambiente l’1% delle proprie vendite annuali. Dal 1986 a oggi Patagonia ha donato oltre 200 milioni di dollari ad organizzazioni che operano sul territorio. Patagonia action works “We take a stand on issues that are important to us, and that can cross over into what may be perceived to be politics. This may alienate some customers who don’t agree with our position or feel that Patagonia should stick to selling clothes and keep our opinions to ourselves. Activism and advocacy are critical to achieving our mission. We’ll always act, even if we lose some business along the way.” Patagonia annual benefit corporation report 2017 Nel 2018 Patagonia lancia in Nord America Patagonia action works, una piattaforma digitale che permette alle comunità di entrare in contatto con le organizzazioni ambientaliste locali. La piattaforma permette a chiunque di registrarsi e scoprire quali realtà esistono nelle vicinanze, affinchè si possa prendere parte alle iniziative delle organizzazioni, finanziarle o diventarne membro. La piattaforma non è utile solo ai singoli, ma aiuta anche le organizzazioni locali stesse a
  • 20. Sostenibilità e consumo etico Master in Marketing Management 2019-2020 19 pubblicizzare i propri eventi e workshop o a coordinarsi con dei loro alter ego che operano in altre parti del territorio. Attraverso la piattaforma Patagonia organizza e supporta anche manifestazioni pacifiche, ne è un esempio il Friday for Future del 20 settembre 2019 promosso dalla giovane attivista svedese Greta Thunberg che l’azienda non ha solo pubblicizzato ma a cui ha anche partecipato attivamente chiudendo tutti i suoi negozi fisici. Ad oggi Patagonia ha un fatturato di un miliardo di dollari ed è leader nel suo campo; l’azienda oltre a essere green verso l’esterno è sostenibile anche verso i propri dipendenti, a cui assicura l’intera copertura dell’assistenza sanitaria e l’uguaglianza salariale tra uomo e donna. Ogni anno, nel benefit corporation report, l’azienda comunica quanta energia ha impiegato e quanta di questa era prodotta da fonti rinnovabili, quali realtà ha finanziato e verso quali obiettivi si muoverà nell’anno successivo. Ad oggi i focus principali dell’azienda sono incentrati sulla depurazione degli oceani dalla plastica (progetto Blue heart) e sulla creazione di fattorie al 100% ecosostenibili, biologiche e alimentate da fonti di energie rinnovabili. 3.2 Toyota: quando un’azienda diventa green Cenni storici La casa automobilistica giapponese Toyota nasce agli inizi del 1933 quando la Toyoda Automatic Loom, azienda fondata nel 1890 e dedita alla produzione di telai per il tessile, apre una filiale rivolta al settore automobilistico grazie allo spirito imprenditoriale di Kiichiro Toyoda, figlio del proprietario dell’azienda. Le forti convinzioni di Toyoda consentono a questo piccolo reparto di crescere velocemente, fino ad arrivare al distaccamento dalla casa madre Toyoda Enterprise e alla nascita nel 1937 della Toyota Motor Company. Nello stesso anno, l’azienda diventa un marchio indipendente. Negli anni ’70 Toyota diventa un marchio globale e si posiziona al primo posto come marchio di importazione negli States. Nel 1987 Toyota e Volkswagen siglano un accordo per la produzione del pick-up Hilux, creando il brand di lusso Lexus. Alla fine degli anni ’90 Toyota rivoluziona il mercato del settore automobilistico introducendo per la prima volta le auto spinte da un motore ibrido (benzina/elettrico), in sostituzione di quello tradizionale a combustibile fossile. Il 1997 è invece l'anno della svolta ibrida con la Prius, auto dotata di un propulsore a benzina abbinato ad un'unità elettrica che nel 1999 si aggiudica il prestigioso riconoscimento di "Miglior motore dell'anno". La strada verso l’ibrido Toyota oggi è leader nel settore delle auto ibride, da quando nel 1997 lancia a livello mondiale la prima Prius con motore ibrido. In realtà, la casa giapponese aveva studiato già 40 anni prima la fattibilità dell’impiego di turbine a gas per alimentare un sistema di propulsione elettrica per un’automobile, dimostrazione che da sempre lavora al servizio della collettività, ponendo l'uomo e l'ambiente al centro di ogni strategia. Toyota è un vero e proprio generatore di innovazione e pone alla base del suo modello di business la “Smart Innovation”, l'innovazione dedicata a portare un continuo miglioramento nella vita delle persone e volta a massimizzare la soddisfazione del cliente nel pieno rispetto dell'ambiente. Questi valori sono testimoniati dalla continua attenzione dell’azienda nei confronti della mobilità sostenibile. La più grande manifestazione di questa promessa è la tecnologia Hybrid, alla quale Toyota ha
  • 21. Sostenibilità e consumo etico Master in Marketing Management 2019-2020 20 dedicato il suo lavoro, per cercare di avvicinarsi il più possibile al raggiungimento dell'obiettivo di “emissioni zero”. In termini di eco-sostenibilità, Toyota guarda sempre al futuro e per questo motivo si prefigge spesso nuove sfide, con le quali intende cambiare non solo il settore dell'automotive ma l'intero pianeta. L'impegno costante e gli investimenti di Toyota nell'ambito della Ricerca & Sviluppo hanno permesso nel corso degli anni di produrre vetture progettate per rispondere alle esigenze di mobilità sostenibile, con un focus particolare su tecnologia, innovazione, design e sicurezza. La tecnologia Hybrid rappresenta oggi una soluzione concreta ed una piattaforma evolutiva sviluppata con l'obiettivo di raggiungere nel più breve tempo possibile l'obiettivo “emissioni zero”. Sistema di produzione: Toyotismo Toyota è da sempre attenta al tema del lavoro all’interno dei propri stabilimenti di produzione con l’intento di ottenere una qualità produttiva e una soddisfazione del lavoratore molto alte. A questo proposito sono stati creati dei circoli di qualità, in cui i partecipanti vengono formati e motivati per la risoluzione di problemi relativi al lavoro e per presentare progetti di miglioramento che saranno anche premiati in sede aziendale, con l’intento di ottenere un maggiore coinvolgimento delle risorse umane. Ciascun operaio ha la possibilità in questa sede di dare dei suggerimenti: il coinvolgimento diretto consente di raggiungere dei miglioramenti sia nel controllo della quantità che della qualità, ma anche nel rispetto dell’uomo reso in tal modo partecipe del processo produttivo. Toyota è inoltre famosa per aver utilizzato l’approccio TPS (Toyota Production System), detto anche Toyotismo. Tale metodologia, in contrapposizione con quella di Henry Ford, si basa sull’idea di fare di più con meno: utilizzare le risorse disponibili nel modo più produttivo possibile, per incrementare al massimo la produttività della fabbrica. Ciò è reso possibile attraverso l’eliminazione di ogni tipo di spreco e l’apporto di miglioramenti continui e sistematici. I concetti alla base del successo di Toyota non sono invenzioni degli ingegneri giapponesi: la filosofia del miglioramento continuo e dell’ottimizzazione delle strutture organizzative e produttive è nata con l’era industriale. L’azienda ha introdotto il concetto di “vivere la fabbrica come una famiglia”, capovolgendo la dicotomia dirigenza-maestranze: in casa Toyota ognuno, dal singolo operaio al direttore di stabilimento, ha il diritto e il dovere di dire la sua per migliorare, attraverso le proprie competenze e capacità, anche il procedimento più elementare. La valorizzazione delle risorse umane, delle competenze e delle capacità è oggi comunemente ritenuto uno dei fattori cruciali per la buona riuscita di un’attività industriale. Green Month Campaign e altre iniziative A giugno 2019 si è svolta per il sedicesimo anno consecutivo l’iniziativa Green month Campaign di Toyota. L’evento, che come suggerisce il nome ha la durata di un mese, punta a sensibilizzare le persone attraverso un’ampia serie di eventi, iniziative e workshop. L’iniziativa in Italia è appoggiata dal FAI (Fondo Ambientale Italiano) con lo scopo di educare i cittadini non solo alla sostenibilità ambientale ma anche a quella artistica. Tra le numerose attività organizzate nell’arco del mese spicca il progetto Green Kids 2050, fondamentale per educare al rispetto ambientale anche i più piccoli. Il progetto nasce grazie a una partnership tra Toyota e Explora, il museo dei bambini di Roma, e consiste nel coinvolgere i figli dei dipendenti Toyota in una giornata ricca di attività e giochi legati al tema dell’ambiente. Nell’appuntamento che si è tenuto il 25 giugno scorso si è discusso di emissioni, degli effetti dei gas
  • 22. Sostenibilità e consumo etico Master in Marketing Management 2019-2020 21 serra sull’inquinamento atmosferico e di come Toyota stia lavorando per ridurli. Lo scorso ottobre, proprio all’interno di Explora, è stato inaugurato lo spazio “Economiamo”, un percorso di giochi sull’educazione economica a cui Toyota ha collaborato creando l’Officina, una postazione dotata di un’auto ibrida per far comprendere il valore della mobilità sostenibile sin da piccoli. Oltre alla Green month Campaign Toyota è molto attiva sul territorio anche con altre iniziative. Nell’ottobre 2018 viene inagurato il Toyota bunker wheel park, un parco che consente l’accesso a tutti, incluse le persone su sedia a rotelle. Qui atleti normodotati e con disabilità potranno allenarsi o divertirsi in un parco che si estende per oltre 1000 metri quadrati ed è dotato di rampe di ogni genere e difficoltà. Infine Toyota, in collaborazione con Treedom sta contribuendo alla forestazione di un territorio bisognoso in Kenya con il duplice scopo di aiutare i contadini locali e di ridurre le emissioni di CO2. Sfide messe in campo per il 2050 Nel 2015 Toyota annuncia un nuovo piano di obiettivi ambientali che tenterà di raggiungere entro il 2050, composto da sfide che coprono ogni aspetto delle loro attività, passando dalla creazione dei prodotti al ruolo che l’azienda stessa può avere nel favorire la presa di coscienza dei consumatori nei confronti dell’ambiente. Le sei sfide possono essere così riassunte: 1. Auto a emissioni zero: ridurre entro il 2050 le emissioni di CO2 del 90% rispetto ai livelli del 2010. Per raggiungere questo traguardo si adotteranno automobili con emissioni inferiori o pari a zero, tra cui auto ibride, ibride plug-in, veicoli elettrici, a celle e a combustione. Perché questi risultati vengano raggiunti è importante aumentare il numero degli utenti green. Questo si può fare favorendo l’implementazione delle infrastrutture necessarie alla ricarica, affinchè le persone siano invogliate a passare a un’automobile ibrida o elettrica. 2. Ciclo di vita a emissioni zero: eliminare le emissioni di carbonio dal processo di fabbricazione dei materiali, dalle attività di logistica e dalle metodologie di smaltimento e di riciclo impiegate al termine del ciclo di vita di un’automobile. Per raggiungere quest’obiettivo si ricorrerà all’utilizzo di biomateriali provenienti da fonti rinnovabili, rendendo più facile lo smantellamento e il riciclo dei veicoli. 3. Produzione a emissioni zero: attuare una strategia che punta ad eliminare le emissioni di carbonio degli impianti produttivi mediante il miglioramento delle tecnologie utilizzate e il passaggio a fonti energetiche alternative come il sole e il vento. 4. Minimizzazione e ottimizzazione dell’uso dell’acqua: raccogliere l’acqua piovana negli impianti produttivi per ridurre la quantità prelevata dalla terra e sviluppare sistemi di purificazione che permettano di riutilizzare l’acqua o reimmetterla senza problemi nella rete idrica. 5. Realizzazione di sistemi e società fondati sul riciclo: Toyota contribuisce a costruire una società ideale basata sul riciclo delle risorse, agendo su quattro aree fondamentali: aumentare l’utilizzo di materiali eco-compatibili, progettare componenti utilizzabili più a lungo, sviluppare tecnologie per il riciclo più efficaci e più accurate, fabbricare nuovi veicoli riutilizzando maggiormente i materiali ricavati dallo smantellamento dei veicoli fuori uso. 6. Realizzazione di una società futura in armonia con la natura: attuazione di molti piccoli e grandi progetti, in tutto il mondo e a tutti i livelli dell’organizzazione, allo scopo di arricchire la vita delle comunità, organizzare la riforestazione, la piantumazione di alberi e l’attuazione di piani urbanistici green, oltre ad altre iniziative ambientali dentro e fuori i siti produttivi.
  • 23. Sostenibilità e consumo etico Master in Marketing Management 2019-2020 22 Le informazioni ricavate in questi processi verranno condivise per favorire la sensibilizzazione e l’educazione ambientale, con l’obiettivo di contribuire a creare una società in cui l’uomo viva in armonia con la natura.
  • 24. Sostenibilità e consumo etico Master in Marketing Management 2019-2020 23 CONCLUSIONI Al giorno d’oggi la sostenibilità ha un ruolo di importanza globale. I movimenti ambientalisti degli ultimi cinquant’anni hanno segnato in maniera indelebile il pensiero comune, trasformando quello che era un argomento di poco peso in un movimento che, complici anche le spinte di personalità di spicco quali Greta Thunberg con i suoi Friday for future o Leonardo Di Caprio con il suo documentario Before the flood, oggi sta ridefinendo il nostro modo di vivere. Come sottolineato nel nostro elaborato, non ci si può più basare su un sistema di sostenibilità debole sperando che le generazioni future si occupino poi di risolvere i problemi da noi arrecati all’ambiente, ma diventa importante indirizzare le politiche aziendali verso una produzione sempre più sostenibile che faccia passare attraverso strategie di green marketing dei valori che educhino le persone ad uno stile di vita meno consumista e più etico e consapevole. I valori di un’azienda che devono trasparire non sono più solo quelli che stanno a cuore al consumatore moderno, ma sono anche quelli che possono trasformare in positivo l’immagine che l’azienda stessa vuole far percepire di sé. Al giorno d’oggi l’identità di un’azienda conta più del prodotto che questa commercializza e se questa si contraddistingue per un profilo green, avrà sicuramente una marcia in più sul mercato. Al tempo stesso le persone devono muoversi verso uno stile di vita più consapevole: è importante realizzare che le risorse non sono infinite ma limitate e per questo motivo è anche importante adattare il nostro stile di vita riducendo i consumi inutili e prestando maggiore attenzione a ciò che acquistiamo. Nel progetto abbiamo parlato di certificazioni: va sottolineato che, seppur queste siano una garanzia e una fonte d’informazione per il cliente, ad oggi non sono obbligatorie ma volontarie, e non c’è nessun incentivo per le aziende ad attivarsi per ridurre i propri consumi o per rendere le proprie pratiche più sostenibili. Se per alcune aziende infatti la sostenibilità è una prerogativa, per altre invece non è un’esigenza primaria, perciò una regolazione più restrittiva sui metodi di produzione e sulle politiche aziendali potrebbe essere opportuna. Se in passato le aziende si trovavano davanti ad un bivio, oggi sappiamo che una delle due strade porta a un vicolo cieco. È opportuno quindi darci da fare per salvaguardare il nostro Pianeta: non possiamo più permetterci di perdere tempo.
  • 25. Sostenibilità e consumo etico Master in Marketing Management 2019-2020 24 BIBLIOGRAFIA Chouinard, Yvon. Let My People Go Surfing: the Education of a Reclutant Businessman. New York, Penguin Books, 2016 Grant, John P. Green Marketing: Il Manifesto. Brioschi, 2009 Kotler, Philip. Ripensare il Capitalismo: Soluzioni per un’Economia Sostenibile e che funzioni meglio per tutti. Hoepli, 2016. Schiavo, Anna. La Sostenibilità nel settore cosmetico: la bioecocosmesi in Cina e il caso Erbolario. Tesi di Laurea Magistrale, Università Ca’Foscari Venezia, 2015/2016, Relatore Perri Alessandra Tenuta, Paolo. Indici e Modelli di Sostenibilità. Milano, Angeli, 2009.
  • 26. Sostenibilità e consumo etico Master in Marketing Management 2019-2020 25 SITOGRAFIA www.aics.gov.it www.businessinsider.it www.minambiente.it www.patagonia.com www.toyota.it www.unenvironment.org www.worldwildlife.org https://www.francescaditonno.com/it/blog/133-green-marketing-ecologia-aziende.html https://www.exportiamo.it/aree-tematiche/13849/consumatori-eco-responsabili-aziende-sostenibili- e-green-marketing-tre-concetti-essenziali-per-la-green-economy/ https://www.lastampa.it/tuttogreen/2018/08/28/news/green-marketing-vs-greenwashing-l-eterna- lotta-fra-il-green-e-il-finto-green-1.34041418 https://www.francescodenobili.it/green-marketing-mix-strategie-azienda/ https://www.ionos.it/startupguide/gestione/cosa-e-il-green-marketing/ https://adsnetwork.it/green-marketing https://hypebeast.com/2019/8/h-m-conscious-collection-greenwashing-sustainability-norwegian- consumer-authority https://medium.com/@tabitha.whiting/sustainable-style-the-truth-behind-the-marketing-of-h-ms- conscious-collection-805eb7432002 https://st.ilsole24ore.com/art/motori/2013-09-17/toyota-75-anni-storia-dedicati-automobile- 110544.shtml?uuid=AC6yQusB https://www.lifegate.it/persone/stile-di-vita/la-lunga-storia-dellauto-ibrida-targata-toyota https://newsroom.toyota.it/toyota-mission-e-valori/ https://www.pmi.it/economia/lavoro/articolo/2298/il-senso-dellinnovazione-il-caso-toyota.html