2. Nome
Nominare la realtà è un’operazione conoscitiva complessa (non solo comunicativa) propria e
caratteristica del genere umano.
La lingua non è mai una semplice “nomenclatura” perché tra parole e cose non c’è una diretta
corrispondenza naturale.
• Quando una lingua “nomina” qualcosa stabilisce dei segni convenzionali e arbitrari per
riferirsi alla realtà.
• Il valore di ciascun segno si può individuare solo in rapporto con gli altri termini del sistema
che permettono la sua identificazione per opposizione.
/’peʃe/
3. Triangolo semiotico
Ogni segno linguistico è un'entità costituita dall’unione arbitraria di un concetto (il significato) e
della sua immagine acustica (il significante); l'associazione tra significato e significante non è
legata ad alcuna legge naturale. La realtà a cui il significato fa riferimento è il referente.
4. Nomi propri e comuni
Il significato del nome comune restringe una categoria all'interno della quale
il referente è uno dei possibili individui, mentre il significato del nome
proprio identifica il referente in modo più preciso e individuale. Il nome
proprio si scrive con la lettera maiuscola.
• I nomi comuni possono diventare propri per rappresentare
personificazioni di animali o cose (il Grillo Parlante, la Rosa disse al
Tulipano), entità astratte superiori (Dio, le virtù Fede, Speranza e Carità) o
individui considerati ai vertici della loro categoria (il Poeta per Dante, il
Filosofo per Aristotele, il Libro per la Bibbia).
• I nomi propri possono diventare comuni quando appartengono a
personaggi che diventano stereotipi (è un mecenate, sei un giuda, sono un
vero adone) e in particolari prodotti o invenzioni umane (biro
dall'ungherese Làszlò Birò, pullman dall'inventore statunitense George
Pullman, gorgonzola dal nome della città lombarda).
5. Nomi collettivi, individuali,
di massa e numerabili
I nomi collettivi sono un particolare gruppo di nomi comuni (che si distingue
da tutti gli altri detti "individuali") il cui referente è concepito come una
pluralità, un insieme.
• Esempi di nomi collettivi sono folla, mandria, sciame, orchestra…
I nomi di massa sono un particolare gruppo di nomi comuni (che si distingue
da tutti gli altri detti "numerabili") il cui referente non è un individuo o un
gruppo di individui, ma una particolare sostanza o materia amorfa non
delimitabile. I nomi di massa non hanno la flessione plurale del numero.
• Solitamente i nomi di massa comprendono fluidi (acqua, olio, sangue),
materiali (ferro, legno, vetro), paste (colla, dentifricio), prodotti alimentari
(brodo, grano, carne), nomi di colori (del rosso, il bianco)...
6. Nomi astratti e concreti
Tradizionalmente si definiscono nomi concreti quelli i cui referenti sono
fisicamente percepibili con i cinque sensi e nomi astratti quelli i cui referenti
sono sentimenti (amore, odio, rabbia) e concetti (guerra, amicizia, giustizia)
concepiti dalla mente.
Tale distinzione, tuttavia, non è sempre netta e ben delineata e non ha
alcuna incidenza sul sistema morfologico. Alcuni grammatici la rifiutano.
Si consideri infatti che…
• tutte le parole sono segni, dunque il loro significato è sempre “astratto”
rispetto al referente.
• anche i concetti più astratti hanno un qualche contatto con la realtà
concreta e sensibile: anche il significato di un nome astratto - spesso la
sua stessa etimologia - rimanda a particolari qualità o modi di essere o
agire di uno o più referenti concreti.
7. Nomi maschili
Nella lingua italiana la distinzione tra i due generi maschile e femminile (in
latino esisteva anche il genere neutro) è perlopiù una distinzione linguistica.
In italiano sono in prevalenza maschili i nomi…
• propri di persone e animali di sesso maschile (Giovanni, Andrea, Lassie).
• terminanti in -o (il capo, il tavolo, il prato).
• terminanti in consonante (il computer, il caos, il tram).
• di metalli e di elementi chimici (l’oro, l’argento, l’ossigeno, l’idrogeno).
• di lingue e dialetti (l’italiano, l’inglese, il romagnolo).
• dei punti cardinali (il nord, il levante, il sud-est).
• di monti, vulcani, laghi, fiumi e mari (il Monte Bianco, l’Etna, il Garda, il Po,
l’Adriatico).
• di alberi (il melo, il pero, il pèsco).
• di mesi e giorni della settimana (il caldo agosto, il febbraio in cui…, il lunedì).
• di preghiere (il Padrenostro, l’Avemaria, il Gloria)
8. Nomi femminili
In italiano sono in prevalenza femminili i nomi…
• propri di persone e animali di sesso femminile (Laura, Valentina, Pimpa).
• terminanti in -a (la testa, la tavola, l’erba).
• terminanti in -i (la tesi, la crisi, l’oasi).
• terminanti in -tà e -tù (la felicità, la verità, la virtù).
• di frutti (la mela, la pera, la pèsca).
• delle lettere dell’alfabeto (la a, la b, la c).
• delle scienze, discipline e concetti astratti (la grammatica, la fisica, la pace).
• di città, isole, continenti, stati e regioni (la mia Rimini, la Sardegna, l’Europa,
l’Italia, l’Emilia Romagna).
Possono essere sia al maschili che al femminile i nomi…
• terminanti in -e (il dente, il pesce, la mente, la nave).
• terminanti in vocale accentata (il caffè, il tè, la bontà, la carità).
9. Flessione di genere
In italiano solo per i nomi propri e comuni che indicano persone o animali la
flessione di genere è legata al sesso del referente. Tra i nomi comuni si
possono distinguere…
• Nomi mobili → hanno una forma maschile e una femminile che
condividono lo stesso monema lessicale (lessema), ma si diversificano nel
monema grammaticale (morfema) per la flessione di genere (amico/a,
poeta/essa, signore/a, professore/essa, attore/attrice, dottore/essa).
• Nomi indipendenti → hanno due forme completamente diverse per il
genere maschile e per quello femminile (padre/madre, maschio/femmina,
uomo/donna, fratello/sorella, marito/moglie).
• Nomi di genere comune → hanno due forme identiche per il genere
maschile e per quello femminile (il/la custode, il/la cantante, il/la collega,
un/un’artista).
• Nomi di genere promiscuo → alcuni nomi di animali che hanno un’unica
forma per indicare sia il genere maschile che quello femminile (la tigre, la
pantera, il serpente).
10. Flessione di numero
In italiano la distinzione tra singolare e plurale è legata al numero dei
referenti, ma non avviene allo stesso modo per tutti i nomi.
Rispetto alla flessione del numero possiamo classificare i nomi in…
• Nomi di numero variabile → hanno una forma singolare e una plurale che
condividono lo stesso monema lessicale (lessema), ma si diversificano nel
monema grammaticale (morfema) per la flessione di numero.
• Nomi di numero invariabile → hanno un’unica forma per indicare sia il
numero singolare che quello plurale.
• Nomi sovrabbondanti → rispetto ad un’unica forma singolare hanno più
forme che indicano il numero plurale (ma con significati diversi).
• Nomi difettivi → hanno solo una forma che indica il numero singolare
oppure quello plurale.
11. Plurale dei nomi in -a
Singolare Plurale Esempi Eccezioni
-a -i (masch.)
-e (femm.)
artista/artisti
pineta/pinete
ala/ali
arma/armi
-ca [ka]
-ga [ga]
-chi, -ghi (masch.)
-che, -ghe (femm.)
duca/duchi, collega/colleghi
banca/banche, biga/bighe
belga/belgi/belghe
-cìa [tʃia]
-gìa [dʒia]
-cìe [tʃie]
-gìe [dʒie]
farmacia/farmacie
antologia/antologie
-cia [tʃa]
-gia [dʒa]
-cie*/-ce [tʃe]
-gie*/-ge [dʒe]
camicia/camicie, lancia/lance
ciliegia/ciliegie, scheggia/schegge
*In questi casi i fonemi [tʃ] e [dʒ] se preceduti da vocale vengono scritti come
digrammi (CI, GI).
Il segno grafico i non è sovrabbondante, ma è un tratto che distingue parole
plurali come camicie da parole singolari altrimenti omografe come camice o i
nomi plurali audacie e ferocie dagli aggettivi singolari audace e feroce.
12. Plurale dei nomi in -o
Singolare Plurale Esempi Eccezioni
-o -i quaderno/quaderni
mano/mani
-co [ko]
-go [go]
-chi [ki], -ci* [tʃi]
-ghi [gi], -gi* [dʒi]
parco/parchi, portico/portici
lago/laghi, asparago/asparagi
amico/amici,
portico/portici,
carico/carichi…
-logo -logi (persone)
-loghi (cose)
psicologo/psicologi
dialogo/dialoghi
-ìo [io]
-io [jo]
-ìi
-i
pendio/pendii
figlio/figli
*In parola piana singolare i nessi finali [ko] e [go] al plurale tendono a
diventare [ki] e [gi], mentre in parola sdrucciola tendono a diventare [tʃi] e
[dʒi].
13. Plurale dei nomi in -e
Singolare Plurale Esempi Eccezioni
-e -i serpente/serpenti
-ie [je] -ie* la serie/le serie, la specie/le specie
*Non terminano in -ie le parole nelle quali al singolare la i di “-ie” è solo
segno grafico (moglie/mogli [moʎe/i], superficie/superfici [superfitʃe/i],
effigie/effigi [ef:idʒe]…).
14. Nomi di numero invariabile
In italiano i nomi che hanno un’unica forma per il singolare e
per il plurale sono normalmente nomi…
• propri (In aula ci sono tre Andrea e due Frisoni).
• monosillabi terminanti in vocale (il/i re, la/le gru, lo/gli sci).
• terminanti in -i (la/le analisi, la/le metropoli).
• maschili terminanti in -a (il/i boia, il/i gorilla, il/i vaglia).
• terminanti in consonante (il/i caos, il/i bar, lo/gli sport).
• femminili terminanti in -o (l’/le auto, la/le radio, la/le foto).
• femminili terminanti in -ie (la/le serie, la/le specie).
• terminanti in vocale accentata (il/i caffè, la/le schiavitù).
15. Nomi difettivi
In italiano i nomi che hanno solo la forma singolare sono normalmente
nomi…
• astratti (la pazienza, la sapienza, la fama).
• collettivi (la prole, la flora, la fauna).
• di minerali o elementi chimici (il mercurio, il rame, l’ossigeno).
• di prodotti alimentari (il latte, il pepe, il sale, il riso).
• di malattie (il morbillo, la rosolia, il vaiolo).
• di mesi e di festività (gennaio, Pasqua, Carnevale).
• di individui unici (l’equatore, il cosmo, la fame, l’aria).
Ad avere solo la forma plurale sono invece nomi…
• che indicano cose formate da più parti uguali (gli occhiali, le forbici, i
pantaloni).
• che indicano una pluralità di cose (le congratulazioni, le nozze, le ferie)
16. Nomi
sovrabbondanti
In italiano alcuni nomi
singolari maschili
terminanti in -o possono
avere due forme di plurale,
una in -i sempre maschile e
una in -a femminile,
ciascuna con un significato
proprio.
il muro
i muri
le mura
di casa
di una città o fortezza
il braccio
i bracci
le braccia
di un fiume, di una poltrona
del corpo umano
il cervello
i cervelli
le cervella
le menti, le intelligenze
materia celebrale
il ciglio
i cigli
le ciglia
di una strada, di un fosso
degli occhi
il corno
i corni
le corna
strumenti musicali
degli animali
il filo
i fili
le fila
dell’erba, della luce
di un discorso, di una congiura
il fondamento
i fondamenti
le fondamenta
di una scienza
di una casa
il gesto
i gesti
le gesta
movimenti
imprese
il labbro
i labbri
le labbra
di una ferita, di un vaso
della bocca
il membro
i membri
le membra
della famiglia, della giuria
del corpo umano
l’osso
gli ossi
le ossa
per lo più di animali macellati
del corpo umano
l’urlo
gli urli
le urla
degli animali
solo dell’uomo
17. Derivazione
Oltre alla flessione, che produce forme diverse della stessa
parola, ogni lingua utilizza anche processi di derivazione per
moltiplicare il suo lessico.
La derivazione consiste nella formazione di una parola nuova
tramite l’aggiunta di uno o più affissi, a un elemento lessicale già
presente nella lingua (una radice o un’intera parola) detto base
(o termine primitivo).
L’italiano conta circa ottanta prefissi derivativi, mentre i suffissi
(compresi gli alterativi) sono più del doppio.
18. Prefissazione
Una parola derivata può avere origine per prefissazione.
Essa appartiene alla stessa parte del discorso della sua base ed
esprime…
• una determinazione spaziale e temporale (sovrap-porre, pre-
bellico)
• una negazione (a-morale, anti-eroe, in-utile)
• una quantificazione (multi-disciplinare, pluri-secolare)
• una ripetizione (ri-fare)
I prefissi ad-, in-, s- possono contribuire alla formazione di verbi
derivati da nomi e aggettivi (al-lattare, in-asprire, s-viare).
19. Suffissazione
Circa un terzo del vocabolario di base è composto da parole
derivate che hanno origine per suffissazione.
La maggior parte delle parole derivate italiane ha un solo
suffisso, ma alcune parole - soprattutto tecniche e in forma
scritta- possono arrivare ad averne anche quattro (costitu-zion-
al-izza-bile, istitu-zion-al-izza-zione).
All’interno della parola i suffissi derivazionali occupano una
posizione più vicina alla radice rispetto ai morfemi grammaticali
(part-igian-o).
La maggior parte dei suffissi derivazionali delle parole italiane
proviene dalle parole latine.
20. Suffissazione
Una delle funzioni principali dei
suffissi è quella di modificare la
parte del discorso del termine
base.
La suffissazione può anche
determinare un cambiamento nel
significato, per esempio il nome
di un essere animato può
derivare da qualcosa che non lo è
(art-ista da arte) o viceversa (can-
ile da cane).
NOME
sole
→ AGGETTIVO
sol-are
NOME
scandalo
→ VERBO
scandal-izzare
AGGETTIVO
bello
→ NOME
bell-ezza
AGGETTIVO
vivace
→ VERBO
vivac-izzare
VERBO
cosrtuire
→ NOME
costru-zione
VERBO
amare
→ AGGETTIVO
ama-bile
AGGETTIVO
veloce
→ AVVERBIO
veloce-mente
21.
22. Alterazione
Un’altra funzione della
suffissazione è quella di
alterare (senza
stravolgere) il significato
delle parole, soprattutto
nomi, ma anche aggettivi
(piccol-etto, furb-astro),
verbi (cant-icchiare, parl-
ottare) e avverbi (mal-
ino, ben-one).
In qualche raro caso
l'alterazione può avvenire
anche per prefissazione
(mini-appartamento,
super-mercato).
Alterazione Suffissi Esempi
ACCRESCITIVI
più grandi della base
-one
-ona
-accione
ragazz-one
ragazz-ona
om-accione
DIMINUTIVI
più piccoli della base
-ino
-etto
-ello
-icello
-erello
-icciolo
-ic(c)ino
ragazz-ino
lup-etto
alber-ello
vent-icello
fuoch-erello
port-icciolo
cuor-icino, libr-iccino
VEZZEGGIATIVI
suscitano più simpatia,
affetto, tenerezza della base
-uccio
-olo
-acchiotto
re-uccio
figli-olo
lup-acchiotto
DISPREGIATIVI
suscitano più antipatia,
disprezzo, avversione della base
-accio
-astro
-ucolo
-uncolo
-onzolo
-ercolo
-iciattolo
ragazz-accio
nipot-astro
avvocat-ucolo
ladr-uncolo
medic-onzolo
lib-ercolo
verm-iciattolo
23. Composizione
Un ultimo tipo di derivazione è dato dalle parole composte.
I nomi composti si possono formare dall’unione di…
Componenti Esempi Regola per il plurale
nome + nome
arco-baleno
pesce-spada
se i nomi hanno lo stesso genere si volge
al plur. solo il secondo altrimenti il primo
aggettivo + nome alto-piano si volge al plur. solo il nome
nome + aggettivo campo-santo si volgono al plur. sia aggettivo che nome
aggettivo + aggettivo piano-forte si volge al plur. il secondo aggettivo
verbo + nome
passa-porto
apri-bottiglie
se il nome è maschile si volge al plur.
quest’ultimo altrimenti restano invariati
verbo + verbo fuggi-fuggi restano invariati
preposizione impropria + nome
oltre-tomba
sopra-mmobile
se il nome è maschile si volge al plur.
quest’ultimo altrimenti restano invariati
avverbio + verbo al part. pres. ben(e)-pensante restano invariati
avverbio + aggettivo sempre-verde si volge al plurale l’aggettivo
24. Composizione
Possono derivare per composizione da altre parole anche gli
aggettivi (mal(e)-educato, dolce-amaro), i verbi (mano-mettere,
sotto-stimare) e gli avverbi (mal(e)-volentieri, ben(e)volentieri).
Nel tempo, alcuni parole usate tipicamente come prefissi sono
diventati parole autonome, in funzione di nomi (auto, euro, foto,
moto, tele) e a volte anche di aggettivi (un motore turbo, un
contributo video, un prodotto bio).
Notes de l'éditeur
Il segno linguistico è un'entità costituita da una unione "arbitraria" di un concetto ("significato") e della sua immagine acustica ("significante"); l'associazione tra significato e significante non è legata ad alcuna legge naturale. La realtà di cui si vuole parlare è detta “referente”.
La distinzione tra significante e significato si deve al grande linguista svizzero Ferdinand de Saussure. Il modello del triangolo semiotico è stato sviluppato dal semiologo statunitense Charles Peirce e da molti dopo di lui.
In alcuni contesti possiamo trovare nomi di massa al plurale, ma si tratta di plurali apparenti: per es. Questo è un negozio di vini. I referenti sono le marche o le bottiglie di vino. Al bar ho ordinato due acque. Si intendono bottiglie d'acqua.)
I nomi che indicano azioni, per esempio, (il dialogo, la scrittura, la corsa) sono considerati astratti da alcuni linguisti e concreti da altri.
In alcuni casi i nomi possono essere astratti o concreti a seconda del contesto (Il quadro di Leonardo. Il quadro della situazione.)
Eccezioni: Terminanti in -o: la mano, la radio, la moto.
Terminanti in consonante: la miss, la hostess, la star.
Monti: non sono comprese né le vette (la Cima o la Punta…) né alcune catene (le Alpi, la Marmolada).
Alberi: quercia, palma, betulla.
Giorni della settimana: la domenica.
Eccezioni: Terminanti in -a: il poeta, il problema, il dramma, l’asma (spesso di origine greca e di uso tecnico o scientifico),
Terminanti in -i: il brindisi, il bisturi, il safari.
Frutti: il limone, il fico, il mandarino, il kiwi.
Città, stati e regioni: il Cairo, il Belgio, il Molise.
Non si devono confondere i nomi mobili con i falsi cambiamenti di genere (il baleno/la balena, il colpo/la colpa, il porto/la porta, il torto/la torta).
Alcune professioni e cariche non hanno la forma femminile perché sono state per secoli riservate agli uomini (ministro, senatore, giudice, soldato, da poco si è diffuso soldatessa).
Alcune parole che ricordano nelle loro parti finali i suffissi dell’alterazione, ma in realtà sono nomi primitivi (bottino non è diminutivo di botte; rapina non è il diminutivo di rapa, limone non è l’accrescitivo di lima).
Le regole per la formazione del plurale ammettono numerose eccezioni: nome+nome (ferrovia-ferrovie), nome+aggettivo (il palcoscenico, i palcoscenici), aggettivo+nome (la mezzanotte-le mezzenotti o il purosangue-i purosangue).