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Nuove questioni della lingua
L’italiano nell’Unione Europea
e nel mondo globalizzato
Negli ultimi decenni si sono rafforzate e diversificate le varietà
diamesiche, tra i due poli dello scritto e del parlato. Di particolare
rilievo le varietà di italiano trasmesso (radio, cinema, televisione) e
le nuove varietà di scrittura attraverso i media elettronici (SMS,
chat, e-mail, mailing list), specie dei giovani.
Il linguaggio giovanile, che è varietà soprattutto parlatca
ratterizzata da un registro marcatamente informale, utilizzando le
nuove modalità di scrittura vi travasa massicciamente elementi
tipici dell’oralità. Si crea così un “iperparlato-scritto” caratterizzato
da fenomeni grafici e iconici, zeppo di abbreviazioni, tachigrafie,
onomatopee e prelievi dai fumetti.
Scritto e Parlato
Nell’ultimo decennio si è manifestata l’esigenza, a livello teorico e pratico, di un
“ritorno alla scrittura”: il problema è anzitutto di chiarezza comunicativa, e
interessa le istituzioni, il linguaggio burocratico e amministrativo.
Hanno aperto la strada in questa direzione il Codice di stile delle comunicazioni
scritte ad uso delle amministrazioni pubbliche (Cassese, 1993) e il Manuale di
stile (Fiorino, 1997), fino all’incontro tra ricerca scientifica e applicazioni pratiche
in Dante, il gendarme e la bolletta (De Mauro e Vedovelli, 1999).
A livello di educazione linguistica, il problema coinvolge tutto il curricolo
Scritto e Parlato
scolastico, e ha trovato negli ultimi anni
terreno di studio e di sperimentazione
anche nell’insegnamento della scrittura
professionale agli studenti universitari.
Anche la prestigiosa Accademia della Crusca, custode della norma
linguistica attraverso il suo Vocabolario (arrivato alla quinta
edizione, l’ultima, uscita dal 1863 al 1923, interrotta all’XI volume
alla voce ozono), ha assunto un ruolo profondamente rinnovato,
sotto la presidenza di Giovanni Nencioni, di Francesco Sabatini, di
L’Accademia della Crusca
Nicoletta Maraschio e, dal 2014,
di Claudio Marazzini.
Oltre a riviste specialistiche (gli Scudi di filologia italiana, gli Studi di grammatica
italiana, gli Studi di lessicografia italiana), l’Accademia pubblica infatti da alcuni
anni una rivista, La Crusca per voi rivolta «alle scuole e agli amatori della lingua»,
attraverso la quale vuole essere un osservatorio e un punto di riferimento per i
fenomeni evolutivi dell’italiano.
Inoltre ha aperto un portale (www.accademiadellacrusca.it), articolato in varie
sezioni, con la finalità di sollecitare la riflessione e il dibattito sull’evoluzione
degli usi.
L’Accademia della Crusca
L’Accademia è intervenuta, con l’allora presidente Francesco Sabatini, a sostegno
di un plurilinguismo effettivo sulla questione delle “lingue di lavoro” negli
organismi dell’Unione Europea, dove di fatto l’italiano è in posizione
svantaggiata rispetto all’inglese, al francese e al tedesco, che «sono stati
promossi a lingue di primo livello».
Ha segnalato anche dei punti critici nella traduzione multilingue della
legislazione europea: «non solo la legislazione europea deve essere pubblicata
in tutte le lingue ufficiali degli stati membri prima di avere forza di legge, ma
ogni versione linguistica diventa vincolante di per sé, indipendentemente dal
suo rapporto con l’originale».
Nel 2007 l’accademia ha fatto nascere il Progetto Firenze, Piazza delle Lingue
d’Europa, con il quale Firenze si propone, in virtù della sua storia linguistica,
come piazza ideale per il dibattito sul futuro linguistico del continente europeo.
L’Accademia della Crusca
Abbiamo visto che in passato nel la nostra storia linguistica l’apporto maggiore di
elementi stranieri è venuto dalla Francia e dal mondo iberico.
Il francese, almeno fino alla seconda guerra mondiale, continua a essere la
lingua straniera più conosciuta e usata dalle persone colte e la principale fonte
dei prestiti (dall’economia al commercio, alla politica, alla letteratura, ai vari
ambiti della vita pratica - come la gastronomia - , alla scienza, alle nuove
tecnologie, allo sport).
Anche prima dell’inizio delle campagne del regime contro i forestierismi sono
frequenti gli interventi di stampo puristico, come la Caccia alle parole promossa
nel 1912 sul giornale del Touring Club italiano a proposito del linguaggio
dell’automobilismo: «Per diversi rami dello sport si usa la parola panne in
corsivo, a far ben comprendere che è vocabolo straniero di cui si servono in
mancanza di meglio. Ora, invece, panna è parola italianissima».
L’apporto del francese
Per i primi decenni del Novecento il più ricco osservatorio del lessico e del
costume è certamente il Dizionario moderno di Alfredo Panzini, con le sue otto
edizioni, dal 1905 al1942, dove si può cogliere l’andamento del francesismo,
sempre maggioritario anche se eroso dall’incipiente ingresso di anglicismi.
I giornali e i romanzi degli anni venti-trenta (anche quelli dello stesso Panzini)
riflettono il perdurare del prestigio del francese, legato all’evocazione degli
ambienti della jeunesse doré, dei boulevards, dei gigolos.
L’apporto del francese
Più tardi anche francesismi gergali della malavita parigina
si diffondono grazie al cinema, che fa circolare termini
come sputare (i soldi) (fr. crache), pizzicare ‘arrestare’ (fr.
pincer), pollastra (fr. poule) .
La campagna di autarchia linguistica del regime fascista trova
espressione dal 1926 su periodici e quotidiani.
La peculiarità della battaglia di questi primi anni consiste nella
continua richiesta di un intervento diretto dello Stato per
reprimere il pullulare di stranierismi che insidiano non solo il
concetto di lingua nazionale, ma l’idea stessa di nazione.
Così, ad esempio, si depreca l’uso del verbo cappottare,
considerato inutile francesismo da capote e si propone addirittura
che l’inventore del cappottamento sia condotto dinanzi a un
tribunale speciale che giudichi i reati contro la nazione.
La repressione linguistica fascista
La campagna di repressione linguistica raggiunge il culmine con l’intervento della
Reale Accademia di Italia (istituzione culturale fondata da Mussolini con il
compito di promuovere e coordinare in direzione nazionalista il movimento
intellettuale italiano) che nel 1940 promulgò il divieto di impiegare parole
straniere e pubblicò gli elenchi di sostituzioni: furono sottoposti a epurazione i
settori maggiormente influenzati dal francese (il turismo, la moda, lo sport).
La repressione linguistica fascista
ln qualche caso la sostituzione attecchì nell’uso,
come parabrise ‘parabrezza’, chaffeur ‘autista’,
régisseur ‘regista’ (queste ultime due
sostituzioni proposte dal linguista Bruno
Migliorini), amateur ‘dilettante’, in altri non
ebbe successo (choc ‘squasso’, parquet
‘tassellato’).
Nel secondo dopoguerra l’afflusso di francesismi diminuisce
drasticamente, per il nuovo assetto storico-politico e la sostituzione del
modello francese, che per più di otto secoli della nostra storia linguistica
aveva avuto un prestigio indiscusso, con il modello angloamericano,
portatore di nuovi valori economici e sociali: per le generazioni nate nel
dopoguerra il francese non è più la lingua straniera più conosciuta e
insegnata.
Il calo di prestigio dei francesismi è attestato anche dalla concorrenza che
subisce da parte di prestiti angloamericani: nécessaire tende a essere
avvertito come fuori moda e soppiantato dall’inglese beauty case, come
maquillage da make up, affiche da poster.
Il calo dei francesismi
Negli ultimi decenni, tuttavia, molte importanti voci del lessico politico
ed economico sono ricalcate sul francese: gruppuscolo e gruppuscolare,
terziario ‘settore che produce servizi’ e terziarizzazione, pluralismo,
pluralista, strategia bipolare, bipolarismo, terzo mondo, e altre locuzioni
internazionali come crescita zero, qualità della vita, nate nell’ambito
politico ed economico europeo.
Inoltre il francese ha mantenuto il suo ruolo tradizionale di mediazione
linguistica e culturale: sia dall’’inglese (ad esempio l’uso di approccio
‘modo di considerare un problema, un argomento’ che prima i francesi
hanno accolto dall’inglese approach), sia da altre lingue (ad esempio
autogestione, che è calco dal russo).
Il calo dei francesismi
L’influsso dello spagnolo è stato piuttosto marginale già a partire
dal secondo Seicento: del Settecento sono rimaste stabilmente in
italiano solo una trentina di voci (tra cui cioccolato, eldorado,
embargo, sigaro, puntiglioso), dell’Ottocento una novantina
L’apporto dello spagnolo
appartenenti a vari campi semantici
(come caramella, cioccolatino,
corrida, matador, torero, bolero,
gitano, pampa, gaucho,
imbarcadero).
L’apporto iberico e soprattutto iberoamericano si rafforza nuovamente in vari
settori nel Novecento, con l’intensificarsi dei rapporti politici, economici e
culturali:
• termini politici come caudillo, falange, falangista e derivati, franchismo,
castrismo, desaparecido, golpe, golpismo, peronismo
• parole legate alla vita sociale come macho e derivati, movida, aficionado
• termini alla danza tra cui tango, cha cha cha, rumba, samba, merengue, salsa,
bachata
• termini sportivi goleador, mundial, ola, rodeo
• nomi di cibi, come paella, tapas, tortilla e bevande come sangrìa, cuba libre,
tequila
Numerosi anche i termini che riguardano il mondo della droga, diffusi attraverso
i media, soprattutto i prefissati con narco- e coca- (narcotraffico, narcomercato,
cocadollari).
L’apporto dello spagnolo
L’influsso massiccio dell’inglese è un fenomeno recente e si può datare dagli
anni settanta del Novecento.
Nel corso dell’Ottocento un manipolo di anglicismi era già cominciato a entrare
nell’ambito della lingua degli usi comuni attraverso generi popolari di lettura
come il romanzo storico e la stampa periodica. Da questi, voci che sono
attecchite nell’italiano sono agitare, fashion, festival, meeting, radicale, tunnel,
yacht.
Negli anni trenta del Novecento, prima dell’acuirsi della campagna di autarchia
linguistica del regime, appaiono ormai stabilizzate alcune centinaia di anglicismi,
attinenti soprattutto agli sport e alla vita sociale e mondana (tra i più ricorrenti
jazz, tennis, cocktail, flirt, dancing, hall e film, ancora usato prevalentemente al
femminile: la film).
L’apporto inglese e americano
Contro di essi agirà, con scarso successo, l’intervento governativo, proponendo
sostituzioni come ‘lavanda dei capelli’ per shampoo, ‘mossiere’ per starter.
Polemiche accese, a cui parteciparono tra l’altro letterati e linguisti dalle colonne
di giornali e riviste, riguardarono la parola bar, le cui sostituzioni dovevano
essere bettolino, quisibeve, taberna, potoria, barro, bara, mescita e altri.
Con la fine della seconda guerra mondiale e l’imporsi del modello americano
inizia un più consistente apporto linguistico, anche se un primo censimento
relativo agli anni sessanta registrava poco più di 700 anglicismi di uso frequente
e non settoriale (come baby, bikini, cow-boy, detective, hobby, hostess, juke-box,
manager).
L’apporto inglese e americano
Negli ultimi 40 anni è cambiato il peso dell’angloamericano, in concomitanza
con il suo prestigio globalizzato e con la sua prevalenza come lingua di studio.
L’anglicismo recente desta preoccupazioni anche per l’impatto sulle strutture
della nostra lingua, che sarebbe affetta, secondo alcuni linguisti come Castellani,
da un vero e proprio Morbus anglicus (presenza di finali in consonante, di foni
estranei al nostro sistema ecc.).
L’influenza dell’americano
Il fenomeno è abbastanza appariscente, ma ancora
non sembra giustificare gli allarmismi che si sono
concretati dagli anni novanta del secolo scorso per
«arginare il pericolo di un’assimilazione
sconsiderata e inerziale dell’inglese».
L’infiltrazione dell’inglese riguarda soprattutto le varierà diafasiche (in
particolare le lingue speciali, come quelle dell’economia, dell’informatica, dello
sport, della medicina) più che la lingua d’uso.
Il rischio però, come è accaduto e accade in molti casi, è che dall’ambito
specialistico gli anglicismi slittino nell’uso comune grazie alla potenza divulgativa
e alla funzione di cassa di risonanza svolta dai mass media.
Un esempio realistico di un messaggio (in ambito giovanile e contesto informale)
con massiccia ingerenza anglofona potrebbe essere il seguente:
Questo weekend ho un meeting importante e non riesco ad aiutarti nello shopping. Comunque ho
fatto qualche selfie con lo smartphone così puoi copiarmi il look (un po’ casual) e la t-shirt (che per
me è molto cool). Non riesco a girarti né il sito web né la mail del negozio, perché ce li avevo su un
file, ma il mouse del mio computer è out e senza quello i software per aprirlo non sono molto easy da
utilizzare. Bye Bye!
L’influenza dell’americano
Per via del mercato globale e della cultura globalizzata, i media e i giornali
tendono a dare un’immagine enfatizzata, non oggettiva, della presenza effettiva
delle voci di provenienza angloamericana.
Gli anglicismi integrali (cioè non adattati al sistema fonomorfologico
dell’italiano, come accadeva più frequentemente in passato: il tipo bistecca, da
beefsteak) sono oggi meno del 2% dell’intero lessico italiano documentato nei
principali dizionari dell’uso, anche se c’è un incremento significativo dagli anni
novanta in poi.
A partire da questa data cresce anche notevolmente la formazione di parole
“miste”, cioè di derivati e composti con formanti inglesi, come chattare, linkare,
web-sondaggio, spazio-nursery, baby bandito.
L’influenza dell’americano
La frequenza degli anglicismi nella lingua della comunicazione
quotidiana risulta ancora modesta: nel Lessico di frequenza
dell’italiano parlato a cura di Tullio De Mauro (1993), la parola più
comune (okay) è posizionata solo al 417° posto nella lista delle
parole più frequentemente usate nel parlata dagli italiani; nel
Grande dizionario italiano dell’uso (GRADIT, 1999) solo una
trentina di prestiti inglesi appartengono al vocabolario di base,
mentre poco più di 3.000 appartengono ai lessici specialistici.
L’influenza dell’americano
Uno dei settori più esposti al fenomeno, ad esempio, è il linguaggio
economico-finanziario: il comportamento dell’italiano di fronte a
tecnicismi borsistici di importazione anglomericana sia
decisamente più passivo rispetto al francese e allo spagnolo, e
accolga in misura molto più rilevante solo l’anglicismo, dove
francese e spagnolo usano solo il termine indigeno (ad esempio
Italiano dell’economia
cost of carry, commodity futures
contro i francesi cout de portage,
operations a livrer, e gli spagnoli coste
de mantenimiento, operaciones de
mercancias a plazo).
L’italiano informatico e di Internet comprende tre diversi livelli di anglicismi.
1. Lessico comune o di base: nonostante l’alta percentuale di anglicismi
integrali, non adattati (43%), si nota anche un importante orientamento
della lingua italiana a un’interazione con i forestierismi, soprattutto per la
produttività di molte basi inglesi che hanno dato suffissati italiani
(bypassare, scannerizzare, chattata ecc.), e molti calchi che hanno sostituito
Italiano dell’informatica
gli anglicismi entrati in precedenza in
italiano: cartella per directory, finestra
per window, formato per format;
2. Linguaggio elettronico e delle chat: il lessico specialistico
informatico si arricchisce continuamente di nuovi anglicismi,
che restano però nella maggior patte circoscritti al settore. Gli
anglicismi del gergo elettronico e delle chat, tra cui molti
derivati (scannerizzare, download, formattare, resettare,
zippare, attachment, nickname), risultano avere un’alta
diffusione tra i giovani (un campione di studenti universitari).
Ma il dato più significativo è che molti degli anglicismi di
Internet e dell’informatica hanno subito metaforizzazioni e
slittamenti semantici vari, specie nel linguaggio giovanile:
zipparsi ’stringersi’, un bit ’un attimo’, hardware ’aspetto fisico’;
Italiano dell’informatica
3. Linguaggio tecnico e hacker: l’abbondanza di sigle (DSN,
Domain Name Server; ICT, Iniformation Communication
Technology), acronimi (BIOS, Basic Input Output System; DOS,
Disc Operating System; IRC, Internet Relay Chat, che ha
prodotto vari derivati e composti: ircare, ircatori, irc-amici),
parole macedonia (emoticon, luser da loser user ’utente
perdente’), abbreviazioni (chan per channel ’canale di chat’, op
per operator ’operatore di sistema’, nick per nickname
’pseudonimo’) caratterizza i nuovi anglicismi e sta influenzando
lo stile di scrittura sul Web in italiano.
Italiano dell’informatica
Altri aspetti che caratterizzano l’anglicismo in italiano sono il frequente
uso di ibridi (sintagmi formati da un elemento italiano e uno inglese,
come alga killer, baby pensionato, box auto, caldo record, industria
leader, presidente manager) e l’accorciamento dei composti inglesi (night
per night-club, soap per soap-opera).
Recentemente si sono formati anche gli pseudoanglicismi: si tratta di
parole che in inglese non esistono o, se esistono, non vengono usate con
quel significato: tra le più diffuse ricordiamo antidoping (anti-dope test),
autogrill (motorway snack bar) , autostop (hitch- hiking), box (garage),
footing (jogging), mister (coach, trainer),pressing (forcing), recordman
(recorder holder), slip (pants), slow food (modellato su fast food), smoking
(tuxedo, evening suit), tight (morning jacket), toast (sandwich).
Anglicismi ibridi e pseudoanglicismi
La fortuna all’estero della lingua italiana è sempre stata collegata, dal
Rinascimento in poi, soprattutto alla forza espansiva della sua tradizione
culturale, letteraria, artistica, musicale. I prestiti italiani nel lessico di altre lingue
(italianismi) sono stati molto consistenti in questi settori (è noto che soprattutto
nel Settecento sono italiani i termini della musica e dell’opera).
Oggi l’italiano è ancora dotato di una grande forza di attrazione, e il suo studio è
in espansione in tutti i paesi, anzi risulta al quarto o quinto posto in molte
nazioni: dagli USA ai paesi dell’America Latina, al Regno Unito, dal Giappone ai
paesi della fascia mediterranea e a quelli dell’Europa dell’Est. Come sintetizza
Tullio De Mauro, «lo studio dell’italiano come L2 contende ormai le prime
posizioni allo studio di lingue come il francese, lo spagnolo e il tedesco, e supera
lo studio come L2 di altre grandi lingue pure diffuse, dal giapponese al russo,
all’arabo o al portoghese».
L’italiano all’estero
Dalla prima indagine condotta vent’anni fa dall’Istituto dell’Enciclopedia Italiana
emergeva ancora il ruolo di grande lingua di cultura dell’italiano.
La più recente indagine Italiano 2000 sull’italiano all’estero, promossa dal
ministero degli Affari esteri (MAE) sotto la direzione scientifica di Tullio De
Mauro, ha fatto emergere, accanto a quelli culturali tradizionali, altri fattori di
attrattività della lingua italiana, in particolare il sistema produttivo italiano, che
ha rapporti economici e culturali con l’estero soprattutto in relazione ai settori
della moda e del design, del cinema, della canzone e dell’enogastronomia, che
fungono da polo di attrazione.
Sono analoghi anche i risultati dell’indagine condotta dalla Società Dante
Alighieri in collaborazione con il Consiglio nazionale dell’Economia e del Lavoro
(CNEL), diffusi nel 2003 nel rapporto Vivere italiano. Il futuro della Lingua.
Fattori di attrattiva dell’italiano
Anche dalla ricerca GFK EURISKO (Società Dante Alighieri, 2006) sulla rete delle
istituzioni scolastiche italiane all’estero (126 sedi) emerge che i settori di
maggiore interesse sono la gastronomia, la moda, la musica, il design.
L’immagine dell’Italia che i mezzi di comunicazione di massa hanno diffuso è
infatti quella di un paese non solo ricco di attrattive naturali o artistiche, ma nel
quale si è affermato e generalizzato uno stile di vita particolarmente attraente
(il cosiddetto “vivere all’italiana”).
Fattori di attrattiva dell’italiano
Scrivono Bertini Malgarini e Vignuzzi (2007):
Uno degli elementi fondamemali di questo stile di vita è senz’altro la cucina
italiana che, con la sua varietà e ricchezza di proposte, ha ormai conquistato una
posizione di primissimo piano in tutto il mondo: non a caso pizza ma anche
cappuccino sono italianismi gastronomici diffusi ovunque [...].
Fattori di attrattiva dell’italiano
Nel 2007 la più antica e prestigiosa
rivista di cucina in Italia, La cucina
italiana, ha pubblicato, accanto alla
versione americana della rivista, un
magazine intitolato Italian Cooking and
Living.
L’intero modo di vivere italiano riesce a imporsi, proponendo l’immagine di una
società moderna e articolata che però è riuscita a salvaguardare le sue
tradizioni e le sue specificità. Questa diffusione dell’italiano fuori dai confini
nazionali va anche collegata alla rivoluzione linguistica del Novecento, che ha
visto l’affermazione dell’italofonia di massa.
Anche il sociolinguista Hermann Haller (2005) scrive:
Chi osserva il destino dell’italiano all’estero, e in particolare nel mondo urbano
degli Stati Uniti nel corso degli anni recenti, non può non essere colpito dalla sua
forte visibilità, soprattutto nel mondo degli affari e della cultura, evidenziata
dalle insegne in italiano che riguardano la gastronomia, il cinema, il design, la
moda e l’arte.
Fattori di attrattiva dell’italiano
La promozione e la diffusione della lingua e della cultura italiana all’estero
rientrano nei compiti istituzionali del ministero degli Affari esteri (MAE), delle
università per stranieri e di altri enti, come e la Società Dante Alighieri e
l’Unione Latina.
Negli ultimi anni sono diventati sempre più numerosi i siti che, sia
istituzionalmente, sia per iniziativa di enti privati e studiosi, promuovono e
diffondono la conoscenza e l’uso della lingua italiana attraverso la rete.
Sempre Benini Malgarini e Vignuzzi (2007):
Si tratta di uno strumento [...] dalle potenzialità, come ciascuno di noi oggi può facilmente
comprendere, enormi e ancora largamente inesplorate. Poichè è proprio nel poter avvicinare chi
è fisicamente lontano che le nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione
esprimono la loro più grande utilità, anche la diffusione e la conoscenza della lingua e della
cultura italiana fuori dai confini nazionali potranno attraverso la rete estendersi e rafforzarsi.
Promozione dell’italiano

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032 Nuove questioni della lingua

  • 1. Nuove questioni della lingua L’italiano nell’Unione Europea e nel mondo globalizzato
  • 2. Negli ultimi decenni si sono rafforzate e diversificate le varietà diamesiche, tra i due poli dello scritto e del parlato. Di particolare rilievo le varietà di italiano trasmesso (radio, cinema, televisione) e le nuove varietà di scrittura attraverso i media elettronici (SMS, chat, e-mail, mailing list), specie dei giovani. Il linguaggio giovanile, che è varietà soprattutto parlatca ratterizzata da un registro marcatamente informale, utilizzando le nuove modalità di scrittura vi travasa massicciamente elementi tipici dell’oralità. Si crea così un “iperparlato-scritto” caratterizzato da fenomeni grafici e iconici, zeppo di abbreviazioni, tachigrafie, onomatopee e prelievi dai fumetti. Scritto e Parlato
  • 3. Nell’ultimo decennio si è manifestata l’esigenza, a livello teorico e pratico, di un “ritorno alla scrittura”: il problema è anzitutto di chiarezza comunicativa, e interessa le istituzioni, il linguaggio burocratico e amministrativo. Hanno aperto la strada in questa direzione il Codice di stile delle comunicazioni scritte ad uso delle amministrazioni pubbliche (Cassese, 1993) e il Manuale di stile (Fiorino, 1997), fino all’incontro tra ricerca scientifica e applicazioni pratiche in Dante, il gendarme e la bolletta (De Mauro e Vedovelli, 1999). A livello di educazione linguistica, il problema coinvolge tutto il curricolo Scritto e Parlato scolastico, e ha trovato negli ultimi anni terreno di studio e di sperimentazione anche nell’insegnamento della scrittura professionale agli studenti universitari.
  • 4. Anche la prestigiosa Accademia della Crusca, custode della norma linguistica attraverso il suo Vocabolario (arrivato alla quinta edizione, l’ultima, uscita dal 1863 al 1923, interrotta all’XI volume alla voce ozono), ha assunto un ruolo profondamente rinnovato, sotto la presidenza di Giovanni Nencioni, di Francesco Sabatini, di L’Accademia della Crusca Nicoletta Maraschio e, dal 2014, di Claudio Marazzini.
  • 5. Oltre a riviste specialistiche (gli Scudi di filologia italiana, gli Studi di grammatica italiana, gli Studi di lessicografia italiana), l’Accademia pubblica infatti da alcuni anni una rivista, La Crusca per voi rivolta «alle scuole e agli amatori della lingua», attraverso la quale vuole essere un osservatorio e un punto di riferimento per i fenomeni evolutivi dell’italiano. Inoltre ha aperto un portale (www.accademiadellacrusca.it), articolato in varie sezioni, con la finalità di sollecitare la riflessione e il dibattito sull’evoluzione degli usi. L’Accademia della Crusca
  • 6. L’Accademia è intervenuta, con l’allora presidente Francesco Sabatini, a sostegno di un plurilinguismo effettivo sulla questione delle “lingue di lavoro” negli organismi dell’Unione Europea, dove di fatto l’italiano è in posizione svantaggiata rispetto all’inglese, al francese e al tedesco, che «sono stati promossi a lingue di primo livello». Ha segnalato anche dei punti critici nella traduzione multilingue della legislazione europea: «non solo la legislazione europea deve essere pubblicata in tutte le lingue ufficiali degli stati membri prima di avere forza di legge, ma ogni versione linguistica diventa vincolante di per sé, indipendentemente dal suo rapporto con l’originale». Nel 2007 l’accademia ha fatto nascere il Progetto Firenze, Piazza delle Lingue d’Europa, con il quale Firenze si propone, in virtù della sua storia linguistica, come piazza ideale per il dibattito sul futuro linguistico del continente europeo. L’Accademia della Crusca
  • 7. Abbiamo visto che in passato nel la nostra storia linguistica l’apporto maggiore di elementi stranieri è venuto dalla Francia e dal mondo iberico. Il francese, almeno fino alla seconda guerra mondiale, continua a essere la lingua straniera più conosciuta e usata dalle persone colte e la principale fonte dei prestiti (dall’economia al commercio, alla politica, alla letteratura, ai vari ambiti della vita pratica - come la gastronomia - , alla scienza, alle nuove tecnologie, allo sport). Anche prima dell’inizio delle campagne del regime contro i forestierismi sono frequenti gli interventi di stampo puristico, come la Caccia alle parole promossa nel 1912 sul giornale del Touring Club italiano a proposito del linguaggio dell’automobilismo: «Per diversi rami dello sport si usa la parola panne in corsivo, a far ben comprendere che è vocabolo straniero di cui si servono in mancanza di meglio. Ora, invece, panna è parola italianissima». L’apporto del francese
  • 8. Per i primi decenni del Novecento il più ricco osservatorio del lessico e del costume è certamente il Dizionario moderno di Alfredo Panzini, con le sue otto edizioni, dal 1905 al1942, dove si può cogliere l’andamento del francesismo, sempre maggioritario anche se eroso dall’incipiente ingresso di anglicismi. I giornali e i romanzi degli anni venti-trenta (anche quelli dello stesso Panzini) riflettono il perdurare del prestigio del francese, legato all’evocazione degli ambienti della jeunesse doré, dei boulevards, dei gigolos. L’apporto del francese Più tardi anche francesismi gergali della malavita parigina si diffondono grazie al cinema, che fa circolare termini come sputare (i soldi) (fr. crache), pizzicare ‘arrestare’ (fr. pincer), pollastra (fr. poule) .
  • 9. La campagna di autarchia linguistica del regime fascista trova espressione dal 1926 su periodici e quotidiani. La peculiarità della battaglia di questi primi anni consiste nella continua richiesta di un intervento diretto dello Stato per reprimere il pullulare di stranierismi che insidiano non solo il concetto di lingua nazionale, ma l’idea stessa di nazione. Così, ad esempio, si depreca l’uso del verbo cappottare, considerato inutile francesismo da capote e si propone addirittura che l’inventore del cappottamento sia condotto dinanzi a un tribunale speciale che giudichi i reati contro la nazione. La repressione linguistica fascista
  • 10. La campagna di repressione linguistica raggiunge il culmine con l’intervento della Reale Accademia di Italia (istituzione culturale fondata da Mussolini con il compito di promuovere e coordinare in direzione nazionalista il movimento intellettuale italiano) che nel 1940 promulgò il divieto di impiegare parole straniere e pubblicò gli elenchi di sostituzioni: furono sottoposti a epurazione i settori maggiormente influenzati dal francese (il turismo, la moda, lo sport). La repressione linguistica fascista ln qualche caso la sostituzione attecchì nell’uso, come parabrise ‘parabrezza’, chaffeur ‘autista’, régisseur ‘regista’ (queste ultime due sostituzioni proposte dal linguista Bruno Migliorini), amateur ‘dilettante’, in altri non ebbe successo (choc ‘squasso’, parquet ‘tassellato’).
  • 11. Nel secondo dopoguerra l’afflusso di francesismi diminuisce drasticamente, per il nuovo assetto storico-politico e la sostituzione del modello francese, che per più di otto secoli della nostra storia linguistica aveva avuto un prestigio indiscusso, con il modello angloamericano, portatore di nuovi valori economici e sociali: per le generazioni nate nel dopoguerra il francese non è più la lingua straniera più conosciuta e insegnata. Il calo di prestigio dei francesismi è attestato anche dalla concorrenza che subisce da parte di prestiti angloamericani: nécessaire tende a essere avvertito come fuori moda e soppiantato dall’inglese beauty case, come maquillage da make up, affiche da poster. Il calo dei francesismi
  • 12. Negli ultimi decenni, tuttavia, molte importanti voci del lessico politico ed economico sono ricalcate sul francese: gruppuscolo e gruppuscolare, terziario ‘settore che produce servizi’ e terziarizzazione, pluralismo, pluralista, strategia bipolare, bipolarismo, terzo mondo, e altre locuzioni internazionali come crescita zero, qualità della vita, nate nell’ambito politico ed economico europeo. Inoltre il francese ha mantenuto il suo ruolo tradizionale di mediazione linguistica e culturale: sia dall’’inglese (ad esempio l’uso di approccio ‘modo di considerare un problema, un argomento’ che prima i francesi hanno accolto dall’inglese approach), sia da altre lingue (ad esempio autogestione, che è calco dal russo). Il calo dei francesismi
  • 13. L’influsso dello spagnolo è stato piuttosto marginale già a partire dal secondo Seicento: del Settecento sono rimaste stabilmente in italiano solo una trentina di voci (tra cui cioccolato, eldorado, embargo, sigaro, puntiglioso), dell’Ottocento una novantina L’apporto dello spagnolo appartenenti a vari campi semantici (come caramella, cioccolatino, corrida, matador, torero, bolero, gitano, pampa, gaucho, imbarcadero).
  • 14. L’apporto iberico e soprattutto iberoamericano si rafforza nuovamente in vari settori nel Novecento, con l’intensificarsi dei rapporti politici, economici e culturali: • termini politici come caudillo, falange, falangista e derivati, franchismo, castrismo, desaparecido, golpe, golpismo, peronismo • parole legate alla vita sociale come macho e derivati, movida, aficionado • termini alla danza tra cui tango, cha cha cha, rumba, samba, merengue, salsa, bachata • termini sportivi goleador, mundial, ola, rodeo • nomi di cibi, come paella, tapas, tortilla e bevande come sangrìa, cuba libre, tequila Numerosi anche i termini che riguardano il mondo della droga, diffusi attraverso i media, soprattutto i prefissati con narco- e coca- (narcotraffico, narcomercato, cocadollari). L’apporto dello spagnolo
  • 15. L’influsso massiccio dell’inglese è un fenomeno recente e si può datare dagli anni settanta del Novecento. Nel corso dell’Ottocento un manipolo di anglicismi era già cominciato a entrare nell’ambito della lingua degli usi comuni attraverso generi popolari di lettura come il romanzo storico e la stampa periodica. Da questi, voci che sono attecchite nell’italiano sono agitare, fashion, festival, meeting, radicale, tunnel, yacht. Negli anni trenta del Novecento, prima dell’acuirsi della campagna di autarchia linguistica del regime, appaiono ormai stabilizzate alcune centinaia di anglicismi, attinenti soprattutto agli sport e alla vita sociale e mondana (tra i più ricorrenti jazz, tennis, cocktail, flirt, dancing, hall e film, ancora usato prevalentemente al femminile: la film). L’apporto inglese e americano
  • 16. Contro di essi agirà, con scarso successo, l’intervento governativo, proponendo sostituzioni come ‘lavanda dei capelli’ per shampoo, ‘mossiere’ per starter. Polemiche accese, a cui parteciparono tra l’altro letterati e linguisti dalle colonne di giornali e riviste, riguardarono la parola bar, le cui sostituzioni dovevano essere bettolino, quisibeve, taberna, potoria, barro, bara, mescita e altri. Con la fine della seconda guerra mondiale e l’imporsi del modello americano inizia un più consistente apporto linguistico, anche se un primo censimento relativo agli anni sessanta registrava poco più di 700 anglicismi di uso frequente e non settoriale (come baby, bikini, cow-boy, detective, hobby, hostess, juke-box, manager). L’apporto inglese e americano
  • 17. Negli ultimi 40 anni è cambiato il peso dell’angloamericano, in concomitanza con il suo prestigio globalizzato e con la sua prevalenza come lingua di studio. L’anglicismo recente desta preoccupazioni anche per l’impatto sulle strutture della nostra lingua, che sarebbe affetta, secondo alcuni linguisti come Castellani, da un vero e proprio Morbus anglicus (presenza di finali in consonante, di foni estranei al nostro sistema ecc.). L’influenza dell’americano Il fenomeno è abbastanza appariscente, ma ancora non sembra giustificare gli allarmismi che si sono concretati dagli anni novanta del secolo scorso per «arginare il pericolo di un’assimilazione sconsiderata e inerziale dell’inglese».
  • 18. L’infiltrazione dell’inglese riguarda soprattutto le varierà diafasiche (in particolare le lingue speciali, come quelle dell’economia, dell’informatica, dello sport, della medicina) più che la lingua d’uso. Il rischio però, come è accaduto e accade in molti casi, è che dall’ambito specialistico gli anglicismi slittino nell’uso comune grazie alla potenza divulgativa e alla funzione di cassa di risonanza svolta dai mass media. Un esempio realistico di un messaggio (in ambito giovanile e contesto informale) con massiccia ingerenza anglofona potrebbe essere il seguente: Questo weekend ho un meeting importante e non riesco ad aiutarti nello shopping. Comunque ho fatto qualche selfie con lo smartphone così puoi copiarmi il look (un po’ casual) e la t-shirt (che per me è molto cool). Non riesco a girarti né il sito web né la mail del negozio, perché ce li avevo su un file, ma il mouse del mio computer è out e senza quello i software per aprirlo non sono molto easy da utilizzare. Bye Bye! L’influenza dell’americano
  • 19. Per via del mercato globale e della cultura globalizzata, i media e i giornali tendono a dare un’immagine enfatizzata, non oggettiva, della presenza effettiva delle voci di provenienza angloamericana. Gli anglicismi integrali (cioè non adattati al sistema fonomorfologico dell’italiano, come accadeva più frequentemente in passato: il tipo bistecca, da beefsteak) sono oggi meno del 2% dell’intero lessico italiano documentato nei principali dizionari dell’uso, anche se c’è un incremento significativo dagli anni novanta in poi. A partire da questa data cresce anche notevolmente la formazione di parole “miste”, cioè di derivati e composti con formanti inglesi, come chattare, linkare, web-sondaggio, spazio-nursery, baby bandito. L’influenza dell’americano
  • 20. La frequenza degli anglicismi nella lingua della comunicazione quotidiana risulta ancora modesta: nel Lessico di frequenza dell’italiano parlato a cura di Tullio De Mauro (1993), la parola più comune (okay) è posizionata solo al 417° posto nella lista delle parole più frequentemente usate nel parlata dagli italiani; nel Grande dizionario italiano dell’uso (GRADIT, 1999) solo una trentina di prestiti inglesi appartengono al vocabolario di base, mentre poco più di 3.000 appartengono ai lessici specialistici. L’influenza dell’americano
  • 21. Uno dei settori più esposti al fenomeno, ad esempio, è il linguaggio economico-finanziario: il comportamento dell’italiano di fronte a tecnicismi borsistici di importazione anglomericana sia decisamente più passivo rispetto al francese e allo spagnolo, e accolga in misura molto più rilevante solo l’anglicismo, dove francese e spagnolo usano solo il termine indigeno (ad esempio Italiano dell’economia cost of carry, commodity futures contro i francesi cout de portage, operations a livrer, e gli spagnoli coste de mantenimiento, operaciones de mercancias a plazo).
  • 22. L’italiano informatico e di Internet comprende tre diversi livelli di anglicismi. 1. Lessico comune o di base: nonostante l’alta percentuale di anglicismi integrali, non adattati (43%), si nota anche un importante orientamento della lingua italiana a un’interazione con i forestierismi, soprattutto per la produttività di molte basi inglesi che hanno dato suffissati italiani (bypassare, scannerizzare, chattata ecc.), e molti calchi che hanno sostituito Italiano dell’informatica gli anglicismi entrati in precedenza in italiano: cartella per directory, finestra per window, formato per format;
  • 23. 2. Linguaggio elettronico e delle chat: il lessico specialistico informatico si arricchisce continuamente di nuovi anglicismi, che restano però nella maggior patte circoscritti al settore. Gli anglicismi del gergo elettronico e delle chat, tra cui molti derivati (scannerizzare, download, formattare, resettare, zippare, attachment, nickname), risultano avere un’alta diffusione tra i giovani (un campione di studenti universitari). Ma il dato più significativo è che molti degli anglicismi di Internet e dell’informatica hanno subito metaforizzazioni e slittamenti semantici vari, specie nel linguaggio giovanile: zipparsi ’stringersi’, un bit ’un attimo’, hardware ’aspetto fisico’; Italiano dell’informatica
  • 24. 3. Linguaggio tecnico e hacker: l’abbondanza di sigle (DSN, Domain Name Server; ICT, Iniformation Communication Technology), acronimi (BIOS, Basic Input Output System; DOS, Disc Operating System; IRC, Internet Relay Chat, che ha prodotto vari derivati e composti: ircare, ircatori, irc-amici), parole macedonia (emoticon, luser da loser user ’utente perdente’), abbreviazioni (chan per channel ’canale di chat’, op per operator ’operatore di sistema’, nick per nickname ’pseudonimo’) caratterizza i nuovi anglicismi e sta influenzando lo stile di scrittura sul Web in italiano. Italiano dell’informatica
  • 25. Altri aspetti che caratterizzano l’anglicismo in italiano sono il frequente uso di ibridi (sintagmi formati da un elemento italiano e uno inglese, come alga killer, baby pensionato, box auto, caldo record, industria leader, presidente manager) e l’accorciamento dei composti inglesi (night per night-club, soap per soap-opera). Recentemente si sono formati anche gli pseudoanglicismi: si tratta di parole che in inglese non esistono o, se esistono, non vengono usate con quel significato: tra le più diffuse ricordiamo antidoping (anti-dope test), autogrill (motorway snack bar) , autostop (hitch- hiking), box (garage), footing (jogging), mister (coach, trainer),pressing (forcing), recordman (recorder holder), slip (pants), slow food (modellato su fast food), smoking (tuxedo, evening suit), tight (morning jacket), toast (sandwich). Anglicismi ibridi e pseudoanglicismi
  • 26. La fortuna all’estero della lingua italiana è sempre stata collegata, dal Rinascimento in poi, soprattutto alla forza espansiva della sua tradizione culturale, letteraria, artistica, musicale. I prestiti italiani nel lessico di altre lingue (italianismi) sono stati molto consistenti in questi settori (è noto che soprattutto nel Settecento sono italiani i termini della musica e dell’opera). Oggi l’italiano è ancora dotato di una grande forza di attrazione, e il suo studio è in espansione in tutti i paesi, anzi risulta al quarto o quinto posto in molte nazioni: dagli USA ai paesi dell’America Latina, al Regno Unito, dal Giappone ai paesi della fascia mediterranea e a quelli dell’Europa dell’Est. Come sintetizza Tullio De Mauro, «lo studio dell’italiano come L2 contende ormai le prime posizioni allo studio di lingue come il francese, lo spagnolo e il tedesco, e supera lo studio come L2 di altre grandi lingue pure diffuse, dal giapponese al russo, all’arabo o al portoghese». L’italiano all’estero
  • 27. Dalla prima indagine condotta vent’anni fa dall’Istituto dell’Enciclopedia Italiana emergeva ancora il ruolo di grande lingua di cultura dell’italiano. La più recente indagine Italiano 2000 sull’italiano all’estero, promossa dal ministero degli Affari esteri (MAE) sotto la direzione scientifica di Tullio De Mauro, ha fatto emergere, accanto a quelli culturali tradizionali, altri fattori di attrattività della lingua italiana, in particolare il sistema produttivo italiano, che ha rapporti economici e culturali con l’estero soprattutto in relazione ai settori della moda e del design, del cinema, della canzone e dell’enogastronomia, che fungono da polo di attrazione. Sono analoghi anche i risultati dell’indagine condotta dalla Società Dante Alighieri in collaborazione con il Consiglio nazionale dell’Economia e del Lavoro (CNEL), diffusi nel 2003 nel rapporto Vivere italiano. Il futuro della Lingua. Fattori di attrattiva dell’italiano
  • 28. Anche dalla ricerca GFK EURISKO (Società Dante Alighieri, 2006) sulla rete delle istituzioni scolastiche italiane all’estero (126 sedi) emerge che i settori di maggiore interesse sono la gastronomia, la moda, la musica, il design. L’immagine dell’Italia che i mezzi di comunicazione di massa hanno diffuso è infatti quella di un paese non solo ricco di attrattive naturali o artistiche, ma nel quale si è affermato e generalizzato uno stile di vita particolarmente attraente (il cosiddetto “vivere all’italiana”). Fattori di attrattiva dell’italiano
  • 29. Scrivono Bertini Malgarini e Vignuzzi (2007): Uno degli elementi fondamemali di questo stile di vita è senz’altro la cucina italiana che, con la sua varietà e ricchezza di proposte, ha ormai conquistato una posizione di primissimo piano in tutto il mondo: non a caso pizza ma anche cappuccino sono italianismi gastronomici diffusi ovunque [...]. Fattori di attrattiva dell’italiano Nel 2007 la più antica e prestigiosa rivista di cucina in Italia, La cucina italiana, ha pubblicato, accanto alla versione americana della rivista, un magazine intitolato Italian Cooking and Living.
  • 30. L’intero modo di vivere italiano riesce a imporsi, proponendo l’immagine di una società moderna e articolata che però è riuscita a salvaguardare le sue tradizioni e le sue specificità. Questa diffusione dell’italiano fuori dai confini nazionali va anche collegata alla rivoluzione linguistica del Novecento, che ha visto l’affermazione dell’italofonia di massa. Anche il sociolinguista Hermann Haller (2005) scrive: Chi osserva il destino dell’italiano all’estero, e in particolare nel mondo urbano degli Stati Uniti nel corso degli anni recenti, non può non essere colpito dalla sua forte visibilità, soprattutto nel mondo degli affari e della cultura, evidenziata dalle insegne in italiano che riguardano la gastronomia, il cinema, il design, la moda e l’arte. Fattori di attrattiva dell’italiano
  • 31. La promozione e la diffusione della lingua e della cultura italiana all’estero rientrano nei compiti istituzionali del ministero degli Affari esteri (MAE), delle università per stranieri e di altri enti, come e la Società Dante Alighieri e l’Unione Latina. Negli ultimi anni sono diventati sempre più numerosi i siti che, sia istituzionalmente, sia per iniziativa di enti privati e studiosi, promuovono e diffondono la conoscenza e l’uso della lingua italiana attraverso la rete. Sempre Benini Malgarini e Vignuzzi (2007): Si tratta di uno strumento [...] dalle potenzialità, come ciascuno di noi oggi può facilmente comprendere, enormi e ancora largamente inesplorate. Poichè è proprio nel poter avvicinare chi è fisicamente lontano che le nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione esprimono la loro più grande utilità, anche la diffusione e la conoscenza della lingua e della cultura italiana fuori dai confini nazionali potranno attraverso la rete estendersi e rafforzarsi. Promozione dell’italiano

Notes de l'éditeur

  1. Tachigrafia è sinonimo di stenografia, ovvero segni abbreviati per scrivere più veloce.
  2. E cosi di seguito a proposito di chassis per ‘telaio’, garage per ‘rimessa’, alesare per ‘levigare’ ecc.
  3. Jeunesse dorée (Giovani dorati) In Francia, nell’ultimo periodo della Convenzione e durante il Direttorio, furono così designati i giovani sostenitori della monarchia che imponevano alla borghesia elegante il gusto di una moda stravagante. La copertina di Fino all’ultimo respiro film poliziesco del 1960 di Jean-Luc Godard.
  4. La Reale Accademia d'Italia è stata un'istituzione culturale operante tra il 1929 e il 1944/1945 conservare puro il carattere nazionale, secondo il genio e le tradizioni della stirpe e di favorirne l'espansione e l'influsso oltre i confini dello Stato. Ha avuto presidenti del calibro di Guglielmo Marconi, Gabriele D’Annunzio e Giovanni Gentile.
  5. Secondo alcuni linguisti gli pseudoanglicismi sono sintomo di una ancora scarsa familiarità degli italiani con la lingua americana, ma, secondo altri, anche della vitalità e produttività della nostra lingua