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Tesi di Laurea Magistrale in
GEOGRAFIA E PROCESSI TERRITORIALI
Tecniche di acquisizione dati
mediante UAV (Unmanned Aerial Vehicle)
per il monitoraggio del dissesto idrogeologico:
il caso di studio della frana di Capriglio (PR)
Relatore: Prof. Carla Giovannini
Correlatore: Prof. Marco Dubbini
Presentata da: Giacomo Uguccioni
PRESENTAZIONE Il presente studio di tesi propone la sperimentazione di una nuova metodologia di
acquisizione di dati fotogrammetrici e topografici per lo studio di aree interessate da fenomeni franosi. Il
rilievo fotogrammetrico e topografico è condotto con strumentazione fotogrammetrica installata su UAV,
acronimo per Unmanned Aerial Vehicle, con cui si identifica un mezzo aereo pilotato da remoto in grado di
sorvolare aree ad elevata criticità. La fase di processamento e di restituzione del dato si serve di software
che utilizzano algoritmi Structure from Motion per elaborare prodotti bidimensionali e tridimensionali ad
altissima risoluzione, opportunamente georeferenziati tramite l’acquisizione di punti fotogrammetrici di
appoggio e rigorosi dal punto di vista dell’analisi quantitativa di un fenomeno territoriale.
RIASSUNTO DELLO STUDIO PRELIMINARE Un approccio multidisciplinare alla fenomenologia
del dissesto in Appennino ha consentito di analizzare le connessioni causali che legano da una parte la
meteorologia e dall’altra il grado di urbanizzazione al dissesto idrogeologico e al rischio, enunciato nella sua
teoria formulare, con diverse conclusioni e riflessioni, che, nel dettaglio, vertono sulla casistica della
riattivazione parossistica e sul superamento della
suddivisione delle frane secondo lo stato di attività. In
breve, la propensione al dissesto dell’Appennino
Emiliano-romagnolo dipende fortemente dalla sua
conformazione geologica: nell’ambito di una complessità
strutturale in generale caotica, e disorganica nel rapporto
con la tettonica, l’area è caratterizzata dalla presenza
abbondante di rocce a base argillosa, costituite in gran
parte da argille azzurre plio-pleistoceniche e da argille
varicolori scagliose, che, se portate ad instabilità chimico-
fisica, presentano proprietà geomeccaniche molto deboli. Queste caratteristiche rendono il territorio
dell’Appennino Emiliano-Romagnolo l’area montana con il maggior numero di dissesti idrogeologici
ascrivibili a frane nel territorio nazionale, e in particolare il medio Appennino Emiliano presenta gli indici di
franosità più alti proprio per la netta prevalenza di litologie argillose che favoriscono lo sviluppo di
smottamenti. Nel presente studio di tesi si è messo a
confronto l’indice di franosità provinciale, l’indice di
franosità comunale e la provenienza geografica delle
segnalazioni di dissesto registrate nella primavera 2013: è
ampiamente dimostrato che nel territorio regionale si
verificano riattivazioni di accumuli di frana preesistenti,
ovvero c’è diffusa prevalenza di riattivazioni rispetto a
nuove attivazioni di versante. La fase parossistica della
riattivazione si presenta repentinamente, cioè con le
caratteristiche proprie di una calamità ambientale difficile
da gestire, risolvere e soprattutto prevedere, se non con
una stima degli effetti al suolo conseguenti a eventi meteorologici previsti, sulla base di una suddivisione in
zone di allertamento e un’individuazione di scenari possibili per ogni zona, formulando infine previsioni di
criticità ordinarie, moderate o elevate. Inoltre, l’evidenza dei dati raccolti dal Servizio Geologico, Sismico e
dei Suoli e dall’Università di Bologna dimostra che in fase di quiescenza geomorfologica le frane presentano
spostamenti importanti, diffusi e costanti: è infondata e improduttiva la distinzione tra frane attive e frane
quiescenti per quanto concerne la velocità degli spostamenti, giacché le rilevazioni di accelerazioni dei
movimenti di versante presentano una diffusa e generale
variabilità. La distinzione visiva in base allo stato di attività è
dunque valida solo per quanto riguarda la morfologia floristica,
pedologica ed idrografica di dettaglio, eppure il vano tentativo
in cui ci si ingegna tanto forzosamente è quello di voler far
corrispondere a due distinte categorie, che per via definitoria
descrivono l’una situazioni contrarie all’altra, una estesa
complessità fenomenica che invece non riconosce distinzioni, se
non quelle appunto a cui deve assoggettarsi per poter essere
classificata nelle suddette predeterminate categorie.
Quandanche la distinzione tra deposito di frana attiva e
deposito di frana quiescente abbia una rispettata tradizione nella letteratura specialistica e nonostante sia
comunemente accettata nella differenziazione cromatica e simbolica della cartografia delle coperture, la
distinzione dicotomica non corrisponde a nessuna reale differenziazione riscontrabile in merito alle
dinamiche in atto all’interno del versante.
FOCUS SULL’AREA DEL CASO DI STUDIO Tutti coloro che a diverso titolo e competenza
hanno avuto modo di percorrere le strade della Val Parma e della Val d’Enza nei primi mesi del 2013, così
come durante l’inverno del 2014, non possono non restare colpiti dal numero di episodi di dissesto
idrogeologico che si incontrano: non c’è strada comunale o provinciale che non presenti tratti più o meno
lunghi interrotti o interessati da dissesti, talora di ridotta dimensione o che danneggiano il solo sottofondo
stradale ma molto spesso coinvolgenti parti rilevanti
nella scarpata stradale di monte o di valle, essendo
perlopiù strade che corrono a mezzocosta lungo i
versanti. Si richiamano le tabelle statistiche
pubblicate dalla Provincia di Parma nell’ambito del
proprio Piano Territoriale di Coordinamento
Provinciale (variante generale 2007 di
aggiornamento del dissesto), dalle quali traspare che
una gran parte del Parmense è interessato da
dissesto idrogeologico: l’indice di franosità arriva a
superare il 40% in alcuni Comuni della fascia medio-
montana, tra i quali Tizzano Val Parma, e per la
maggior parte si mantiene al di sopra del 35%. Questo significa che un terzo del territorio appenninico è in
dissesto, e che la tutela dell’assetto del territorio deve essere necessariamente intesa come progetto ad
ampio respiro e a lunghissimo termine: i proclami rischiano
seriamente di prendere in giro una popolazione in perenne
rischio. Gli episodi di dissesto idrogeologico che hanno
colpito la vallata del torrente Bardea, affluente di sinistra del
fiume Enza, devono essere valutati prendendo in
considerazione prima l’assetto geologico e poi come la
stabilità strutturale di questo sia stata influenzata dalla
straordinaria piovosità. L’assetto geologico della medio-alta
Val Bardea, dove sono avvenuti gli episodi di Capriglio e
Pianestolla, è caratterizzato dall’affioramento della grande
placca del Flysch di Monte Caio, con stratificazione
prevalentemente immergente verso sud-est e con blandi
angoli di immersione compresi tra 10° e 30°. L’elevato grado di fratturazione e di conseguenza la
predisposizione al franamento sono dovute alle complesse vicissitudini geostrutturali della litostratigrafia di
questa formazione geologica, che nella propria storia millenaria ha subito stress tettonici molto importanti.
Costituita nello specifico da alternanze calcareo-marnose e intercalazioni argillotiche, è considerata anche
“roccia serbatoio”, quindi facilmente saturabile da infiltrazioni meteoriche. La fratturazione della compagine
rocciosa porta nel tempo alla formazione di falde detritiche gravitative, eluvio-colluviali, alluvionali o eluvio-
glaciali. Inoltre, con riguardo agli angoli di immersione, la giacitura degli strati del Flysch di Monte Caio
comporta che l’intera sponda sinistra della valle del Bardea risulti blandamente a franapoggio, fattore che
favorisce l’instabilità complessiva dei versanti. L’estrema piovosità registrata in inverno e primavera 2013 è
stata accompagnata da temperature in generale miti rispetto alla norma, le quali hanno contribuito ad un
accelerazione nello scioglimento delle nevi tardive in marzo, che comunque si sono presentate copiose.
Questo ha comportato non solo la profonda imbibizione e saturazione dei terreni e delle coltri detritiche
superficiali, ma soprattutto un’infiltrazione in profondità delle acque meteoriche e di superficie, che spesso
coinvolgono il sottostante substrato roccioso più o meno fratturato, riattivando i fenomeni gravitativi
quiescenti. L’effetto combinato dei fattori geologici, geomorfologici e pluviometrici ha portato alla rottura
dell’equilibrio di stabilità dei versanti della Val Bardea, con la generazione di importanti fenomeni gravitativi
afferenti alla categoria di frana complessa, ma generalmente consistenti in scivolamenti roto-traslativi con
piani di scorrimento multipli e talora sovrapposti; il materiale detritico e roccioso staccatosi e traslato a
monte, una volta raggiunto il Bardea, ha acquistato velocità fino a formare un enorme colamento che ha
occluso l’alveo del torrente. A Capriglio, la nicchia di distacco si trova a poche decine di metri dalla strada
comunale che lambisce l’abitato, mentre a Pianestolla lo scalzamento al piede del versante operato per
compressione dal copioso e ingente colamento lungo il torrente Bardea ha provocato il collasso dell’intero
versante, così che la strada di collegamento tra i due abitati venisse interrotta e i caseggiati di Caneto Bocchi
venissero distrutti. E’ la rete infrastrutturale ad essere fortemente messa sotto pressione da tali episodi di
dissesto idrogeologico, con un rischio molto importante per l’economia locale, basata sulla produzione di
altissima qualità dei prosciutti afferenti al marchio del Consorzio del Prosciutto di Parma, oltre che sulla
produzione di formaggi di alta qualità e sull’afflusso turistico nella località sciistica di Schia.
LA METODOLOGIA PROPOSTA Il rilievo fotogrammetrico e topografico sull’area della nicchia di
distacco di Capriglio è stato condotto in collaborazione con il Servizio Tecnico di Bacino degli affluenti del
Po - Regione Emilia-Romagna, e deve dimostrare di poter essere utile e funzionale all’attività di previsione e
gestione del rischio che l’ente conduce nelle aree dove si sono verificati gli episodi di criticità idrogeologica.
Le aspettative del Servizio Tecnico riguardano la
possibilità di ottenere dati e strumenti
fotogrammetrici e topografici il più possibile
efficaci e, dal punto di vista di un calcolo che
tenga conto della rapidità, del costo e dei
benefici, che siano il più possibile efficienti.
Lo studio di tesi si propone di ottenere nel più
breve tempo possibile un modello
tridimensionale del terreno di tutta la zona
interessata dal fenomeno e da questo modello
poter ricavare tutti i prodotti necessari ai tecnici
per la valutazione immediata dell'evento e la
gestione dei piani di recupero e di messa in
sicurezza. Le immagini fotogrammetriche sono
state ottenute tramite fotocamera Canon EOS 550D calibrata e installata su un esacottero UAV ESAFLY
A2500 prodotto da SAL Engineering S.R.L., la ditta con sede a Modena con cui appunto è stata condotta la
pianificazione di volo e l'acquisizione dei dati; tale ditta si occupa della produzione di mezzi aerei pilotati da
remoto, del loro pilotaggio e di tutta la gamma di servizi correlati, dalla fornitura di vari prodotti per l'analisi
e la promozione territoriale fino all'organizzazione di corsi di formazione con procedura autorizzata
dall’Ente Nazionale di Aviazione Civile (ENAC).
Un RPAS (Remotely Piloted Aircraft System) è un sistema
caratterizzato principalmente da un aeromobile che non
necessita di controllo umano a bordo, poiché il suo volo è
controllato dal computer installato sul velivolo stesso,
sotto il controllo remoto di un equipaggio sul terreno. Il
tipo di mezzo aereo in questione permette di compiere
rilievi in aree inaccessibili perché intricate e irraggiungibili,
oppure perché pericolose e impervie; ma soprattutto,
permette di avvicinare il raggio d’azione della sensoristica
di altissima risoluzione alle aree e alle superfici sulle quali
deve essere effettuato il rilievo, così da restituire prodotti
ad altissima risoluzione. Come risulta provato dal presente studio di tesi, con l'avvento delle camere digitali
di ridotte dimensioni (compatte o reflex), ma che possono garantire un elevato standard qualitativo, la
tecnica fotogrammetrica può essere accostata ai sistemi RPAS per la creazione di modelli digitali
tridimensionali del terreno e per la produzione di ortofoto georeferenziate.
Nell'episodio di Capriglio è stato utilizzato il modello di esacottero denominato ESAFLY A2500, che è
composto da una struttura a sei bracci in carbonio ad alta resistenza sui quali sono impostati dei motori
brushless che azionano il movimento delle eliche. E' un mezzo di limitata dimensione, considerando che
presenta un diametro di 100 cm per un'altezza da terra della piattaforma di 30 cm, e denota un'ottima
maneggevolezza e possibilità di impostazione della sensoristica a terra, visto che il peso massimo con blocco
di batterie installato è di 3,300 kg. Aggiungendo il peso del payload, il peso massimo al decollo è di 5,800 kg.
Questo parametro è importante per determinare l'autonomia di volo, che dipende ovviamente anche dalla
tipologia delle batterie installate, e che va da 12 a 20 minuti; anche se la tendenza è quella di mantenere la
durata del volo entro limiti di sicurezza molto stretti, il drone possiede un sistema di ritorno automatico in
caso di perdita di segnale radio o in caso di limitata carica della batteria.
La Ground Control Station è un sistema integrato di controllo,
supervisione e pianificazione del volo compatto e richiudibile in valigia
stagna, con la possibilità di utilizzare un software di mission planning
per la pianificazione su mappa tramite il raggiungimento di waypoint di
rotta e per la visualizzazione in tempo reale di tutti i dati di telemetria,
ovvero il mantenimento della rotta, l'inclinazione degli assi di assetto
del velivolo, la quota di volo e la carica delle batterie entro un raggio di
5 km. Il sistema a terra si compone infine di un modem UHF e di un
sistema di radiocontrollo professionale a 8 canali. Il pilotaggio
automatico è invece permesso grazie all'interazione con la Ground
Control Station: l'esacottero è munito di sistema GPS e di un sistema
inerziale accelerometrico e magnetometrico che mantiene il controllo
d'assetto, grazie ai quali è possibile eseguire un volo stabilizzato lungo
la rotta impostata sulla cartografia caricata nel software in dotazione; è
quindi possibile impostare, durante il volo e direttamente sul
radiocontroller, il pilotaggio automatico, e comunque in ogni momento
riprendere il pilotaggio manuale. In regime di pilota automatico, la quota di volo viene mantenuta costante
da un altimetro barometrico posto a bordo del drone, il cui principio di funzionamento sfrutta il fatto che
all'aumentare dell'altitudine diminuisce progressivamente la pressione atmosferica: è dunque possibile
sfruttare questo fenomeno fisico per misurare la quota a cui ci si trova, avendo stabilito e misurato con
precisione la differenza di pressione ambientale del momento, rispetto a quella di riferimento. Una volta
completate le operazioni di volo, lo UAV è in grado di fornire una serie di dati che contengono informazioni
dettagliate riguardo agli assetti di volo, e soprattutto è in grado di registrare e restituire all'utente gli
schemi GPS eXchange Format (file di estensione .gpx), che sono schemi XML progettati per il trasferimento
di dati GPS che contengono le informazioni di localizzazione assoluta e quindi della rotta, dell’elevazione e
soprattutto del timing GPS, con intervalli di frequenza molto elevata, di modo che si possa associare alla
sequenza di immagini digitali acquisite. E’ necessario poter operare un’associazione tra le coordinate di
localizzazione del drone durante le operazioni di volo, presenti nel file Log disponibile subito dopo il volo, e
il timing di ogni singolo scatto fotogrammetrico, identificandone in questo modo le coordinate del centro di
presa. Basterà individuare lo shift tra il timing preciso fornito dalla registrazione GPX e il timing preciso di
scatto fotografico di ogni fotogramma, a cui dunque verrà associata una posizione.
E’ infatti fondamentale, per un corretto rilievo fotogrammetrico, poter disporre di un sensore calibrato, in
modo tale da conoscere tutti i parametri geometrici di orientamento interno ed esterno del sensore. La
macchina fotografica utilizzata, una Canon EOS 550D, calibrata appositamente in laboratorio, ha un sensore
di 22,3 mm x 14,9 mm, la lunghezza della focale è di 26,82 mm; il fotogramma ha una geometria di 5190
pixel x 3468 pixel, con dimensione del pixel di 0,004296724 mm. La strumentazione è stata impostata al di
sotto della struttura centrale del drone, dove si trova la piattaforma hardware e la batteria installata,
nell'ambito di un sistema Gimbal professionale di ultima generazione, che mantiene costante l'inquadratura
zenitale della fotocamera stessa. Questo insieme di tre sospensioni basculanti di ammortizzazione
cardianica meccanica ed elettronica ad alta velocità, una insistente sull'altra con assi di articolazione
ortogonali, permette alla fotocamera di mantenere costante una posizione impostata precedentemente a
seconda degli scopi, ovvero di rimanere indipendente dalle rotazioni e dalle vibrazioni del suo sostegno,
garantendo una ripresa perfetta ed immobile.
I valori delle coordinate dei punti fotogrammetrici di appoggio, su cui avverrà la secondaria e molto più
accurata georeferenziazione del modello, sono stati rilevati tramite strumentazione GPS geodetica con
tipologia di acquisizione rapidostatico; il posizionamento di ogni punto fotogrammetrico è relativo rispetto
ad una stazione detta Master, posizionata sul vertice GPS PR077 della Rete di Raffittimento Primario della
Rete Geodetica Fondamentale Nazionale IGM95. Nella fase di restituzione è necessario disporre di almeno
tre punti fotogrammetrici d’appoggio per ogni modello, ovvero per ogni volo e gruppo di fotogrammi,
affinché si possa ottenere una corretta georeferenziazione del modello. Quindi, dopo aver posizionato dei
target di cartoncino in posizioni strategiche (in modo che venissero di sicuro inquadrati dalle riprese
fotogrammetriche) per un bilanciato “ancoraggio” all’ellissoide di riferimento, è stata utilizzata la
strumentazione GPS per rilevarne il posizionamento relativo: i ricevitori GPS utilizzati (marca TOPCON) sono
di tipo geodetico a doppia frequenza (L1/L2), l’antenna è il modello TPSPG_A1 e anch’essa è a doppia
frequenza. La stazione Master si trovava ad una distanza di circa 400 m dal luogo del rilievo, per cui sono
stati necessari circa 4 minuti di registrazione del passaggio dei satelliti per ogni punto fotogrammetrico.
L’elaborazione del posizionamento relativo dei punti fotogrammetrici d’appoggio è avvenuta in laboratorio,
inserendo le registrazioni dei ricevitori nel software Pinnacle, distribuito da TOPCON insieme alla
strumentazione GPS. Il software restituisce il network del posizionamento in formato .tps e fornisce il file in
formato .rep con le coordinate espresse secondo diversi sistemi di riferimento. Poiché è stato possibile
inserire i valori del punto di coordinate note (punto PR077 del Raffittimento IGM95), il software ha
calcolato precisamente la distanza tra il master e ogni singola stazione di ricevimento (baseline) e ha così
definito la posizione di ogni punto fotogrammetrico d’appoggio prendendo in riferimento le effemeridi dei
satelliti in passaggio sul punto. La rotta del piano di
volo viene tracciata, come si è detto, direttamente sulla
cartografia della zona, tramite il software in dotazione,
che comunica alla piattaforma di controllo posta a
bordo del drone le coordinate dei waypoint, che
identificano i vertici da raggiungere nel corso della
spezzata che rappresenta la rotta di volo. Viene
impostato solitamente che il raggiungimento del
waypoint è considerato valido all'interno di un range di
5 m intorno al punto, giacché la sovrapposizione
risulterebbe tendenzialmente assicurata e si
eviterebbero le perdite di tempo dovute ad eventuali
ritorni del drone in rotta di waypoint; in ogni caso, la
strumentazione GPS a bordo permette il rigoroso
mantenimento della rotta in regime di pilota
automatico, e raramente le deviazioni sono dovute a
problemi di ricezione o di sfasamento rispetto al dato caricato, bensì è il vento o la presenza di correnti a
causare eventuali deviazioni nel percorso prestabilito. Sull'area di frana insistente l'abitato di Capriglio sono
state predisposte strisciate in direzione SO – NE per una lunghezza di circa 150 m sulla nicchia di distacco, e
l'ultima strisciata di ogni volo si è deciso di farla sovrapporre alla prima strisciata del volo successivo;
all'interno della rotta di uno stesso volo, tra le strisciate è stata impostata una distanza costante di circa 25
m: quest'ultima impostazione assicura una elevata capacità di sovrapposizione in sidelap. Quindi, nel
pomeriggio del giorno 8/03/2014, in condizioni atmosferiche di cielo sereno, sono stati effettuati quattro
voli della durata media di 5 minuti l'uno: l'acquisizione delle immagini digitali e dei dati di localizzazione
assoluta è avvenuta ad una quota di volo mantenuta costante a 50 m rispetto al suolo; la frequenza media
di acquisizione è circa 2 Hz, ovvero sono state acquisite due immagini al secondo; la velocità media di volo è
prossima ai 4 m al secondo.
Ora, con i parametri inseriti nella pianificazione di volo, è importante poter conoscere precisamente a
quanto corrisponde, in termini di lunghezza del lato, la dimensione di un pixel a terra, ovvero sulla
superficie ripresa in aerofotogrammetria, poiché è sulla dimensione di questa grandezza che valuteremo la
risoluzione del modello geometrico tridimensionale. Consideriamo che la fotocamera Canon EOS 550D a 18
megapixel produce fotogrammi con pixel di dimensione pari a 0.004296724 mm per lato e presenta una
lunghezza focale di 26.82 mm; dividendo la prima grandezza per la seconda, e moltiplicando il risultato
ottenuto per la quota di volo, che sappiamo essere stata mantenuta costante a 50 m di altitudine,
otterremo la dimensione del pixel a terra, che corrisponde, in questo caso, a 0.008 metri. Questo significa
che la risoluzione geometrica dei prodotti che potranno essere ottenuti sarà subcentimetrica.
I gruppi di fotogrammi acquisiti
possono essere caricati e
processati in un software per la
costruzione del modello
tridimensionale georeferenziato:
per il presente studio di tesi, è
stato utilizzato il software Agisoft
Photoscan, il cui workflow
procedurale guida l’utente dal
matching delle immagini fino
all’esportazione di prodotti
tridimensionali: il software è in
grado di utilizzare gli algoritmi di tipo Structure From Motion per una ricostruzione tridimensionale di tipo
fotogrammetrico. Tali algoritmi informatici, che derivano dalla Computer Vision e che vengono oggi in aiuto
alla fotogrammetria di precisione, regolano strutture informatiche che mirano alla ricostruzione di modelli
tridimensionali di terreni, oggetti e superfici direttamente da una serie di immagini digitali bidimensionali
con centro di presa posto in sequenza, ed eventualmente associate ad un moto di presa locale.
E’ possibile esportare
direttamente dal software
tutta una serie di prodotti
cartografici bidimensionali e
di modellizzazione
tridimensionale di altissima
risoluzione e qualità, che
possono subito essere messi
a disposizione dei tecnici.
Utilizzando foto satellitari,
tutto il lavoro di acquisizione
e restituzione sarebbe stato
estremamente più costoso e avrebbe richiesto sicuramente più tempo e maggiore difficoltà di acquisizione,
oltre al fatto che la risoluzione e l’accuratezza, così come la possibilità di controllo dei dati, caratterizzano la
prima qualità della metodologia proposta.
E’ stato possibile ottenere una ortofoto dell’area della nicchia di distacco di Capriglio con una risoluzione di
20 cm per agevolarne l’utilizzo e il passaggio tramite i vari software di gestione e visualizzazione. E’
fondamentale infatti poter integrare nei Sistemi informativi territoriali i prodotti e i risultati di varie
metodologie e varie tecniche in riferimento ad uno stesso episodio di criticità idrogeologica, per predisporre
al meglio i piani di indagine e monitoraggio. La risoluzione geometrica dell’ortofoto avrebbe potuto essere
di gran lunga maggiore, considerando che la dimensione del pixel a terra è pari a 0.08 m, ma anche il
numero di megabyte e il tempo di processamento sarebbero stati di gran lunga maggiori. Dal modello
geometrico tridimensionale è stato possibile ottenere il Digital Elevation Model dell’area dove è avvenuto il
rilievo fotogrammetrico; anche questo prodotto è stato esportato ad una risoluzione di 0.2 m e, da questo,
sono state estratte le curve di livello, che sono prima state plottate ad un’equidistanza di 1 m, e in seguito
ad un equidistanza di 0.5 m. Tutti i prodotti ottenuti possono essere ovviamente gestiti e visualizzati in
combinazione, a seconda delle analisi spaziali, geometriche e geomorfologiche che risultano necessarie,
giacché sono rigorosamente georeferenziati rispetto allo stesso sistema di riferimento geografico (WGS84),
e presentati nella stessa proiezione cartografica (UTM 32N).
CONCLUSIONI L’obiettivo di una metodologia di monitoraggio intensivo per l’indagine e l’analisi di
un fenomeno di dissesto è quello di poter misurare nel tempo le variazioni minime delle grandezze fisiche
che lo caratterizzano. Il contributo di qualsiasi tecnologia ad un piano di indagine e monitoraggio deve
inoltre essere funzionale, utile, complementare ed interfacciabile, oltre che efficiente da un punto di vista di
costi e tempistiche di restituzione del dato. La metodologia descritta nel presente studio di tesi utilizza un
procedimento fotogrammetrico altamente specializzato e standardizzato che può adeguarsi alle diverse
esigenze di studio del fenomeno, adeguandosi in termini di qualità e tempistiche di restituzione. I prodotti
cartografici e di nuvole di puti ottenibili presentano un’altissima risoluzione geometrica, che li rende
strumenti essenziali ad un’analisi di tipo quantitativo del fenomeno territoriale. La modellistica ottenuta è
accessibile, possiede un’ottima capacità di visualizzazione ed è facilmente interrogabile e fruibile
soprattutto perché rigorosamente georeferenziata. Infine, l’implementazione si rivolge soprattutto alla
possibilità offerta da questi modelli tridimensionali ad altissima risoluzione di integrarsi con la modellistica
necessaria alle più diverse valutazioni in ambito geologico e soprattutto nello studio dei fenomeni di
dissesto idrogeologico.
BIBLIOGRAFIA
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in conseguenza delle eccezionali avversità atmosferiche verificatesi nei mesi di marzo, aprile e maggio 2013 nei Comuni
del territorio della Regione Emilia-Romagna.
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XXXVII. Beijing 2008
- Bertacchini, Eleonora; Castagnetti, Cristina; Capra, Alessandro; Dubbini, Marco; Boni, Emanuele. (2010) Monitoraggio
“near real time” di rischio frane: un GIS per la gestione dell’emergenza.
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in data 22 gennaio 2014.
- Dubbini, Marco. (2013) L’utilizzo di mezzi UAS (Unmanned Aircraft System) nella Geomatica. Presentazione presso
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- Farinelli, Franco. (1992) I segni del mondo. Immagine cartografica e discorso geografico in età moderna. Firenze. La
Nuova Italia
- Gisotti, Giuseppe. (2012) Il dissesto idrogeologico: previsione, prevenzione e mitigazione del rischio. Dario Flaccovio
Editore

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Riassunto Tesi Magistrale Geografia - Giacomo Uguccioni

  • 1. Tesi di Laurea Magistrale in GEOGRAFIA E PROCESSI TERRITORIALI Tecniche di acquisizione dati mediante UAV (Unmanned Aerial Vehicle) per il monitoraggio del dissesto idrogeologico: il caso di studio della frana di Capriglio (PR) Relatore: Prof. Carla Giovannini Correlatore: Prof. Marco Dubbini Presentata da: Giacomo Uguccioni PRESENTAZIONE Il presente studio di tesi propone la sperimentazione di una nuova metodologia di acquisizione di dati fotogrammetrici e topografici per lo studio di aree interessate da fenomeni franosi. Il rilievo fotogrammetrico e topografico è condotto con strumentazione fotogrammetrica installata su UAV, acronimo per Unmanned Aerial Vehicle, con cui si identifica un mezzo aereo pilotato da remoto in grado di sorvolare aree ad elevata criticità. La fase di processamento e di restituzione del dato si serve di software che utilizzano algoritmi Structure from Motion per elaborare prodotti bidimensionali e tridimensionali ad altissima risoluzione, opportunamente georeferenziati tramite l’acquisizione di punti fotogrammetrici di appoggio e rigorosi dal punto di vista dell’analisi quantitativa di un fenomeno territoriale. RIASSUNTO DELLO STUDIO PRELIMINARE Un approccio multidisciplinare alla fenomenologia del dissesto in Appennino ha consentito di analizzare le connessioni causali che legano da una parte la meteorologia e dall’altra il grado di urbanizzazione al dissesto idrogeologico e al rischio, enunciato nella sua teoria formulare, con diverse conclusioni e riflessioni, che, nel dettaglio, vertono sulla casistica della riattivazione parossistica e sul superamento della suddivisione delle frane secondo lo stato di attività. In breve, la propensione al dissesto dell’Appennino Emiliano-romagnolo dipende fortemente dalla sua conformazione geologica: nell’ambito di una complessità strutturale in generale caotica, e disorganica nel rapporto con la tettonica, l’area è caratterizzata dalla presenza abbondante di rocce a base argillosa, costituite in gran parte da argille azzurre plio-pleistoceniche e da argille varicolori scagliose, che, se portate ad instabilità chimico- fisica, presentano proprietà geomeccaniche molto deboli. Queste caratteristiche rendono il territorio dell’Appennino Emiliano-Romagnolo l’area montana con il maggior numero di dissesti idrogeologici ascrivibili a frane nel territorio nazionale, e in particolare il medio Appennino Emiliano presenta gli indici di franosità più alti proprio per la netta prevalenza di litologie argillose che favoriscono lo sviluppo di smottamenti. Nel presente studio di tesi si è messo a confronto l’indice di franosità provinciale, l’indice di franosità comunale e la provenienza geografica delle segnalazioni di dissesto registrate nella primavera 2013: è ampiamente dimostrato che nel territorio regionale si verificano riattivazioni di accumuli di frana preesistenti, ovvero c’è diffusa prevalenza di riattivazioni rispetto a nuove attivazioni di versante. La fase parossistica della riattivazione si presenta repentinamente, cioè con le caratteristiche proprie di una calamità ambientale difficile da gestire, risolvere e soprattutto prevedere, se non con
  • 2. una stima degli effetti al suolo conseguenti a eventi meteorologici previsti, sulla base di una suddivisione in zone di allertamento e un’individuazione di scenari possibili per ogni zona, formulando infine previsioni di criticità ordinarie, moderate o elevate. Inoltre, l’evidenza dei dati raccolti dal Servizio Geologico, Sismico e dei Suoli e dall’Università di Bologna dimostra che in fase di quiescenza geomorfologica le frane presentano spostamenti importanti, diffusi e costanti: è infondata e improduttiva la distinzione tra frane attive e frane quiescenti per quanto concerne la velocità degli spostamenti, giacché le rilevazioni di accelerazioni dei movimenti di versante presentano una diffusa e generale variabilità. La distinzione visiva in base allo stato di attività è dunque valida solo per quanto riguarda la morfologia floristica, pedologica ed idrografica di dettaglio, eppure il vano tentativo in cui ci si ingegna tanto forzosamente è quello di voler far corrispondere a due distinte categorie, che per via definitoria descrivono l’una situazioni contrarie all’altra, una estesa complessità fenomenica che invece non riconosce distinzioni, se non quelle appunto a cui deve assoggettarsi per poter essere classificata nelle suddette predeterminate categorie. Quandanche la distinzione tra deposito di frana attiva e deposito di frana quiescente abbia una rispettata tradizione nella letteratura specialistica e nonostante sia comunemente accettata nella differenziazione cromatica e simbolica della cartografia delle coperture, la distinzione dicotomica non corrisponde a nessuna reale differenziazione riscontrabile in merito alle dinamiche in atto all’interno del versante. FOCUS SULL’AREA DEL CASO DI STUDIO Tutti coloro che a diverso titolo e competenza hanno avuto modo di percorrere le strade della Val Parma e della Val d’Enza nei primi mesi del 2013, così come durante l’inverno del 2014, non possono non restare colpiti dal numero di episodi di dissesto idrogeologico che si incontrano: non c’è strada comunale o provinciale che non presenti tratti più o meno lunghi interrotti o interessati da dissesti, talora di ridotta dimensione o che danneggiano il solo sottofondo stradale ma molto spesso coinvolgenti parti rilevanti nella scarpata stradale di monte o di valle, essendo perlopiù strade che corrono a mezzocosta lungo i versanti. Si richiamano le tabelle statistiche pubblicate dalla Provincia di Parma nell’ambito del proprio Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (variante generale 2007 di aggiornamento del dissesto), dalle quali traspare che una gran parte del Parmense è interessato da dissesto idrogeologico: l’indice di franosità arriva a superare il 40% in alcuni Comuni della fascia medio- montana, tra i quali Tizzano Val Parma, e per la maggior parte si mantiene al di sopra del 35%. Questo significa che un terzo del territorio appenninico è in dissesto, e che la tutela dell’assetto del territorio deve essere necessariamente intesa come progetto ad ampio respiro e a lunghissimo termine: i proclami rischiano seriamente di prendere in giro una popolazione in perenne rischio. Gli episodi di dissesto idrogeologico che hanno colpito la vallata del torrente Bardea, affluente di sinistra del fiume Enza, devono essere valutati prendendo in considerazione prima l’assetto geologico e poi come la stabilità strutturale di questo sia stata influenzata dalla straordinaria piovosità. L’assetto geologico della medio-alta Val Bardea, dove sono avvenuti gli episodi di Capriglio e Pianestolla, è caratterizzato dall’affioramento della grande placca del Flysch di Monte Caio, con stratificazione prevalentemente immergente verso sud-est e con blandi
  • 3. angoli di immersione compresi tra 10° e 30°. L’elevato grado di fratturazione e di conseguenza la predisposizione al franamento sono dovute alle complesse vicissitudini geostrutturali della litostratigrafia di questa formazione geologica, che nella propria storia millenaria ha subito stress tettonici molto importanti. Costituita nello specifico da alternanze calcareo-marnose e intercalazioni argillotiche, è considerata anche “roccia serbatoio”, quindi facilmente saturabile da infiltrazioni meteoriche. La fratturazione della compagine rocciosa porta nel tempo alla formazione di falde detritiche gravitative, eluvio-colluviali, alluvionali o eluvio- glaciali. Inoltre, con riguardo agli angoli di immersione, la giacitura degli strati del Flysch di Monte Caio comporta che l’intera sponda sinistra della valle del Bardea risulti blandamente a franapoggio, fattore che favorisce l’instabilità complessiva dei versanti. L’estrema piovosità registrata in inverno e primavera 2013 è stata accompagnata da temperature in generale miti rispetto alla norma, le quali hanno contribuito ad un accelerazione nello scioglimento delle nevi tardive in marzo, che comunque si sono presentate copiose. Questo ha comportato non solo la profonda imbibizione e saturazione dei terreni e delle coltri detritiche superficiali, ma soprattutto un’infiltrazione in profondità delle acque meteoriche e di superficie, che spesso coinvolgono il sottostante substrato roccioso più o meno fratturato, riattivando i fenomeni gravitativi quiescenti. L’effetto combinato dei fattori geologici, geomorfologici e pluviometrici ha portato alla rottura dell’equilibrio di stabilità dei versanti della Val Bardea, con la generazione di importanti fenomeni gravitativi afferenti alla categoria di frana complessa, ma generalmente consistenti in scivolamenti roto-traslativi con piani di scorrimento multipli e talora sovrapposti; il materiale detritico e roccioso staccatosi e traslato a monte, una volta raggiunto il Bardea, ha acquistato velocità fino a formare un enorme colamento che ha occluso l’alveo del torrente. A Capriglio, la nicchia di distacco si trova a poche decine di metri dalla strada comunale che lambisce l’abitato, mentre a Pianestolla lo scalzamento al piede del versante operato per compressione dal copioso e ingente colamento lungo il torrente Bardea ha provocato il collasso dell’intero versante, così che la strada di collegamento tra i due abitati venisse interrotta e i caseggiati di Caneto Bocchi venissero distrutti. E’ la rete infrastrutturale ad essere fortemente messa sotto pressione da tali episodi di dissesto idrogeologico, con un rischio molto importante per l’economia locale, basata sulla produzione di altissima qualità dei prosciutti afferenti al marchio del Consorzio del Prosciutto di Parma, oltre che sulla produzione di formaggi di alta qualità e sull’afflusso turistico nella località sciistica di Schia. LA METODOLOGIA PROPOSTA Il rilievo fotogrammetrico e topografico sull’area della nicchia di distacco di Capriglio è stato condotto in collaborazione con il Servizio Tecnico di Bacino degli affluenti del Po - Regione Emilia-Romagna, e deve dimostrare di poter essere utile e funzionale all’attività di previsione e gestione del rischio che l’ente conduce nelle aree dove si sono verificati gli episodi di criticità idrogeologica. Le aspettative del Servizio Tecnico riguardano la possibilità di ottenere dati e strumenti fotogrammetrici e topografici il più possibile efficaci e, dal punto di vista di un calcolo che tenga conto della rapidità, del costo e dei benefici, che siano il più possibile efficienti. Lo studio di tesi si propone di ottenere nel più breve tempo possibile un modello tridimensionale del terreno di tutta la zona interessata dal fenomeno e da questo modello poter ricavare tutti i prodotti necessari ai tecnici per la valutazione immediata dell'evento e la gestione dei piani di recupero e di messa in sicurezza. Le immagini fotogrammetriche sono state ottenute tramite fotocamera Canon EOS 550D calibrata e installata su un esacottero UAV ESAFLY A2500 prodotto da SAL Engineering S.R.L., la ditta con sede a Modena con cui appunto è stata condotta la pianificazione di volo e l'acquisizione dei dati; tale ditta si occupa della produzione di mezzi aerei pilotati da remoto, del loro pilotaggio e di tutta la gamma di servizi correlati, dalla fornitura di vari prodotti per l'analisi e la promozione territoriale fino all'organizzazione di corsi di formazione con procedura autorizzata dall’Ente Nazionale di Aviazione Civile (ENAC).
  • 4. Un RPAS (Remotely Piloted Aircraft System) è un sistema caratterizzato principalmente da un aeromobile che non necessita di controllo umano a bordo, poiché il suo volo è controllato dal computer installato sul velivolo stesso, sotto il controllo remoto di un equipaggio sul terreno. Il tipo di mezzo aereo in questione permette di compiere rilievi in aree inaccessibili perché intricate e irraggiungibili, oppure perché pericolose e impervie; ma soprattutto, permette di avvicinare il raggio d’azione della sensoristica di altissima risoluzione alle aree e alle superfici sulle quali deve essere effettuato il rilievo, così da restituire prodotti ad altissima risoluzione. Come risulta provato dal presente studio di tesi, con l'avvento delle camere digitali di ridotte dimensioni (compatte o reflex), ma che possono garantire un elevato standard qualitativo, la tecnica fotogrammetrica può essere accostata ai sistemi RPAS per la creazione di modelli digitali tridimensionali del terreno e per la produzione di ortofoto georeferenziate. Nell'episodio di Capriglio è stato utilizzato il modello di esacottero denominato ESAFLY A2500, che è composto da una struttura a sei bracci in carbonio ad alta resistenza sui quali sono impostati dei motori brushless che azionano il movimento delle eliche. E' un mezzo di limitata dimensione, considerando che presenta un diametro di 100 cm per un'altezza da terra della piattaforma di 30 cm, e denota un'ottima maneggevolezza e possibilità di impostazione della sensoristica a terra, visto che il peso massimo con blocco di batterie installato è di 3,300 kg. Aggiungendo il peso del payload, il peso massimo al decollo è di 5,800 kg. Questo parametro è importante per determinare l'autonomia di volo, che dipende ovviamente anche dalla tipologia delle batterie installate, e che va da 12 a 20 minuti; anche se la tendenza è quella di mantenere la durata del volo entro limiti di sicurezza molto stretti, il drone possiede un sistema di ritorno automatico in caso di perdita di segnale radio o in caso di limitata carica della batteria. La Ground Control Station è un sistema integrato di controllo, supervisione e pianificazione del volo compatto e richiudibile in valigia stagna, con la possibilità di utilizzare un software di mission planning per la pianificazione su mappa tramite il raggiungimento di waypoint di rotta e per la visualizzazione in tempo reale di tutti i dati di telemetria, ovvero il mantenimento della rotta, l'inclinazione degli assi di assetto del velivolo, la quota di volo e la carica delle batterie entro un raggio di 5 km. Il sistema a terra si compone infine di un modem UHF e di un sistema di radiocontrollo professionale a 8 canali. Il pilotaggio automatico è invece permesso grazie all'interazione con la Ground Control Station: l'esacottero è munito di sistema GPS e di un sistema inerziale accelerometrico e magnetometrico che mantiene il controllo d'assetto, grazie ai quali è possibile eseguire un volo stabilizzato lungo la rotta impostata sulla cartografia caricata nel software in dotazione; è quindi possibile impostare, durante il volo e direttamente sul radiocontroller, il pilotaggio automatico, e comunque in ogni momento riprendere il pilotaggio manuale. In regime di pilota automatico, la quota di volo viene mantenuta costante da un altimetro barometrico posto a bordo del drone, il cui principio di funzionamento sfrutta il fatto che all'aumentare dell'altitudine diminuisce progressivamente la pressione atmosferica: è dunque possibile sfruttare questo fenomeno fisico per misurare la quota a cui ci si trova, avendo stabilito e misurato con precisione la differenza di pressione ambientale del momento, rispetto a quella di riferimento. Una volta completate le operazioni di volo, lo UAV è in grado di fornire una serie di dati che contengono informazioni dettagliate riguardo agli assetti di volo, e soprattutto è in grado di registrare e restituire all'utente gli schemi GPS eXchange Format (file di estensione .gpx), che sono schemi XML progettati per il trasferimento di dati GPS che contengono le informazioni di localizzazione assoluta e quindi della rotta, dell’elevazione e soprattutto del timing GPS, con intervalli di frequenza molto elevata, di modo che si possa associare alla sequenza di immagini digitali acquisite. E’ necessario poter operare un’associazione tra le coordinate di localizzazione del drone durante le operazioni di volo, presenti nel file Log disponibile subito dopo il volo, e
  • 5. il timing di ogni singolo scatto fotogrammetrico, identificandone in questo modo le coordinate del centro di presa. Basterà individuare lo shift tra il timing preciso fornito dalla registrazione GPX e il timing preciso di scatto fotografico di ogni fotogramma, a cui dunque verrà associata una posizione. E’ infatti fondamentale, per un corretto rilievo fotogrammetrico, poter disporre di un sensore calibrato, in modo tale da conoscere tutti i parametri geometrici di orientamento interno ed esterno del sensore. La macchina fotografica utilizzata, una Canon EOS 550D, calibrata appositamente in laboratorio, ha un sensore di 22,3 mm x 14,9 mm, la lunghezza della focale è di 26,82 mm; il fotogramma ha una geometria di 5190 pixel x 3468 pixel, con dimensione del pixel di 0,004296724 mm. La strumentazione è stata impostata al di sotto della struttura centrale del drone, dove si trova la piattaforma hardware e la batteria installata, nell'ambito di un sistema Gimbal professionale di ultima generazione, che mantiene costante l'inquadratura zenitale della fotocamera stessa. Questo insieme di tre sospensioni basculanti di ammortizzazione cardianica meccanica ed elettronica ad alta velocità, una insistente sull'altra con assi di articolazione ortogonali, permette alla fotocamera di mantenere costante una posizione impostata precedentemente a seconda degli scopi, ovvero di rimanere indipendente dalle rotazioni e dalle vibrazioni del suo sostegno, garantendo una ripresa perfetta ed immobile. I valori delle coordinate dei punti fotogrammetrici di appoggio, su cui avverrà la secondaria e molto più accurata georeferenziazione del modello, sono stati rilevati tramite strumentazione GPS geodetica con tipologia di acquisizione rapidostatico; il posizionamento di ogni punto fotogrammetrico è relativo rispetto ad una stazione detta Master, posizionata sul vertice GPS PR077 della Rete di Raffittimento Primario della Rete Geodetica Fondamentale Nazionale IGM95. Nella fase di restituzione è necessario disporre di almeno tre punti fotogrammetrici d’appoggio per ogni modello, ovvero per ogni volo e gruppo di fotogrammi, affinché si possa ottenere una corretta georeferenziazione del modello. Quindi, dopo aver posizionato dei target di cartoncino in posizioni strategiche (in modo che venissero di sicuro inquadrati dalle riprese fotogrammetriche) per un bilanciato “ancoraggio” all’ellissoide di riferimento, è stata utilizzata la strumentazione GPS per rilevarne il posizionamento relativo: i ricevitori GPS utilizzati (marca TOPCON) sono di tipo geodetico a doppia frequenza (L1/L2), l’antenna è il modello TPSPG_A1 e anch’essa è a doppia frequenza. La stazione Master si trovava ad una distanza di circa 400 m dal luogo del rilievo, per cui sono stati necessari circa 4 minuti di registrazione del passaggio dei satelliti per ogni punto fotogrammetrico. L’elaborazione del posizionamento relativo dei punti fotogrammetrici d’appoggio è avvenuta in laboratorio, inserendo le registrazioni dei ricevitori nel software Pinnacle, distribuito da TOPCON insieme alla strumentazione GPS. Il software restituisce il network del posizionamento in formato .tps e fornisce il file in formato .rep con le coordinate espresse secondo diversi sistemi di riferimento. Poiché è stato possibile inserire i valori del punto di coordinate note (punto PR077 del Raffittimento IGM95), il software ha calcolato precisamente la distanza tra il master e ogni singola stazione di ricevimento (baseline) e ha così definito la posizione di ogni punto fotogrammetrico d’appoggio prendendo in riferimento le effemeridi dei satelliti in passaggio sul punto. La rotta del piano di volo viene tracciata, come si è detto, direttamente sulla cartografia della zona, tramite il software in dotazione, che comunica alla piattaforma di controllo posta a bordo del drone le coordinate dei waypoint, che identificano i vertici da raggiungere nel corso della spezzata che rappresenta la rotta di volo. Viene impostato solitamente che il raggiungimento del waypoint è considerato valido all'interno di un range di 5 m intorno al punto, giacché la sovrapposizione risulterebbe tendenzialmente assicurata e si eviterebbero le perdite di tempo dovute ad eventuali ritorni del drone in rotta di waypoint; in ogni caso, la strumentazione GPS a bordo permette il rigoroso mantenimento della rotta in regime di pilota automatico, e raramente le deviazioni sono dovute a problemi di ricezione o di sfasamento rispetto al dato caricato, bensì è il vento o la presenza di correnti a causare eventuali deviazioni nel percorso prestabilito. Sull'area di frana insistente l'abitato di Capriglio sono
  • 6. state predisposte strisciate in direzione SO – NE per una lunghezza di circa 150 m sulla nicchia di distacco, e l'ultima strisciata di ogni volo si è deciso di farla sovrapporre alla prima strisciata del volo successivo; all'interno della rotta di uno stesso volo, tra le strisciate è stata impostata una distanza costante di circa 25 m: quest'ultima impostazione assicura una elevata capacità di sovrapposizione in sidelap. Quindi, nel pomeriggio del giorno 8/03/2014, in condizioni atmosferiche di cielo sereno, sono stati effettuati quattro voli della durata media di 5 minuti l'uno: l'acquisizione delle immagini digitali e dei dati di localizzazione assoluta è avvenuta ad una quota di volo mantenuta costante a 50 m rispetto al suolo; la frequenza media di acquisizione è circa 2 Hz, ovvero sono state acquisite due immagini al secondo; la velocità media di volo è prossima ai 4 m al secondo. Ora, con i parametri inseriti nella pianificazione di volo, è importante poter conoscere precisamente a quanto corrisponde, in termini di lunghezza del lato, la dimensione di un pixel a terra, ovvero sulla superficie ripresa in aerofotogrammetria, poiché è sulla dimensione di questa grandezza che valuteremo la risoluzione del modello geometrico tridimensionale. Consideriamo che la fotocamera Canon EOS 550D a 18 megapixel produce fotogrammi con pixel di dimensione pari a 0.004296724 mm per lato e presenta una lunghezza focale di 26.82 mm; dividendo la prima grandezza per la seconda, e moltiplicando il risultato ottenuto per la quota di volo, che sappiamo essere stata mantenuta costante a 50 m di altitudine, otterremo la dimensione del pixel a terra, che corrisponde, in questo caso, a 0.008 metri. Questo significa che la risoluzione geometrica dei prodotti che potranno essere ottenuti sarà subcentimetrica. I gruppi di fotogrammi acquisiti possono essere caricati e processati in un software per la costruzione del modello tridimensionale georeferenziato: per il presente studio di tesi, è stato utilizzato il software Agisoft Photoscan, il cui workflow procedurale guida l’utente dal matching delle immagini fino all’esportazione di prodotti tridimensionali: il software è in grado di utilizzare gli algoritmi di tipo Structure From Motion per una ricostruzione tridimensionale di tipo fotogrammetrico. Tali algoritmi informatici, che derivano dalla Computer Vision e che vengono oggi in aiuto alla fotogrammetria di precisione, regolano strutture informatiche che mirano alla ricostruzione di modelli tridimensionali di terreni, oggetti e superfici direttamente da una serie di immagini digitali bidimensionali con centro di presa posto in sequenza, ed eventualmente associate ad un moto di presa locale. E’ possibile esportare direttamente dal software tutta una serie di prodotti cartografici bidimensionali e di modellizzazione tridimensionale di altissima risoluzione e qualità, che possono subito essere messi a disposizione dei tecnici. Utilizzando foto satellitari, tutto il lavoro di acquisizione e restituzione sarebbe stato estremamente più costoso e avrebbe richiesto sicuramente più tempo e maggiore difficoltà di acquisizione, oltre al fatto che la risoluzione e l’accuratezza, così come la possibilità di controllo dei dati, caratterizzano la prima qualità della metodologia proposta. E’ stato possibile ottenere una ortofoto dell’area della nicchia di distacco di Capriglio con una risoluzione di 20 cm per agevolarne l’utilizzo e il passaggio tramite i vari software di gestione e visualizzazione. E’ fondamentale infatti poter integrare nei Sistemi informativi territoriali i prodotti e i risultati di varie
  • 7. metodologie e varie tecniche in riferimento ad uno stesso episodio di criticità idrogeologica, per predisporre al meglio i piani di indagine e monitoraggio. La risoluzione geometrica dell’ortofoto avrebbe potuto essere di gran lunga maggiore, considerando che la dimensione del pixel a terra è pari a 0.08 m, ma anche il numero di megabyte e il tempo di processamento sarebbero stati di gran lunga maggiori. Dal modello geometrico tridimensionale è stato possibile ottenere il Digital Elevation Model dell’area dove è avvenuto il rilievo fotogrammetrico; anche questo prodotto è stato esportato ad una risoluzione di 0.2 m e, da questo, sono state estratte le curve di livello, che sono prima state plottate ad un’equidistanza di 1 m, e in seguito ad un equidistanza di 0.5 m. Tutti i prodotti ottenuti possono essere ovviamente gestiti e visualizzati in combinazione, a seconda delle analisi spaziali, geometriche e geomorfologiche che risultano necessarie, giacché sono rigorosamente georeferenziati rispetto allo stesso sistema di riferimento geografico (WGS84), e presentati nella stessa proiezione cartografica (UTM 32N). CONCLUSIONI L’obiettivo di una metodologia di monitoraggio intensivo per l’indagine e l’analisi di un fenomeno di dissesto è quello di poter misurare nel tempo le variazioni minime delle grandezze fisiche che lo caratterizzano. Il contributo di qualsiasi tecnologia ad un piano di indagine e monitoraggio deve inoltre essere funzionale, utile, complementare ed interfacciabile, oltre che efficiente da un punto di vista di costi e tempistiche di restituzione del dato. La metodologia descritta nel presente studio di tesi utilizza un procedimento fotogrammetrico altamente specializzato e standardizzato che può adeguarsi alle diverse esigenze di studio del fenomeno, adeguandosi in termini di qualità e tempistiche di restituzione. I prodotti cartografici e di nuvole di puti ottenibili presentano un’altissima risoluzione geometrica, che li rende strumenti essenziali ad un’analisi di tipo quantitativo del fenomeno territoriale. La modellistica ottenuta è accessibile, possiede un’ottima capacità di visualizzazione ed è facilmente interrogabile e fruibile soprattutto perché rigorosamente georeferenziata. Infine, l’implementazione si rivolge soprattutto alla possibilità offerta da questi modelli tridimensionali ad altissima risoluzione di integrarsi con la modellistica necessaria alle più diverse valutazioni in ambito geologico e soprattutto nello studio dei fenomeni di dissesto idrogeologico. BIBLIOGRAFIA - Agenzia Regionale di Protezione Civile - Regione Emilia-Romagna. Piano dei primi interventi urgenti di Protezione Civile in conseguenza delle eccezionali avversità atmosferiche verificatesi nei mesi di marzo, aprile e maggio 2013 nei Comuni del territorio della Regione Emilia-Romagna. - Autori vari. (2012) in Nawrat, Aleksander; Kus, Zygmunt Editors. Vision Based Systems for UAV Applications. - Bendea, H.; Boccardo, P.; Dequal, S.; Tonolo, F. Giulio; Marenchino, D.; Piras, M. (2008) Low cost UAV for post-disaster assessment in The International Archives of the Photogrammetry, Remote Sensing and Spatial Information Sciences. Vol. XXXVII. Beijing 2008 - Bertacchini, Eleonora; Castagnetti, Cristina; Capra, Alessandro; Dubbini, Marco; Boni, Emanuele. (2010) Monitoraggio “near real time” di rischio frane: un GIS per la gestione dell’emergenza. - Cruden D.M. & Varnes D.J. (1996). Landslides Types and Processes. In: Turner A.K. & Schuster R.L. (Eds.) Landslides: Investigation and Mitigation. Transportation Research Board Special Report 247. National Academy Press, WA - Del Maschio, Gozza, Monni, Pignone, Pizziolo. (2005) La previsione delle frane nel Centro Funzionale dell’Emilia- Romagna. - Mancini, F.; Dubbini, M.; Gattelli, M.; Stecchi, F.; Fabbri, S.; Gabbianelli, G. Using Unmanned Aerial Vehicles (UAV) for High-Resolution Reconstruction of Topography: The Structure from Motion Approach on Coastal Environments. Remote Sens. 2013, 5, 6880-6898. - Dubbini, Marco (2014). Relazione Belluno Sorapiss: Analisi di dati 3D acquisiti mediante UAV (Unmanned Aerial Vehicle) in ambito di dissesto idrogeologico: la frana del Monte Sorapiss (BL). Presentazione presso Prefettura di Belluno in data 22 gennaio 2014. - Dubbini, Marco. (2013) L’utilizzo di mezzi UAS (Unmanned Aircraft System) nella Geomatica. Presentazione presso Università di Palermo. - Farinelli, Franco. (1992) I segni del mondo. Immagine cartografica e discorso geografico in età moderna. Firenze. La Nuova Italia - Gisotti, Giuseppe. (2012) Il dissesto idrogeologico: previsione, prevenzione e mitigazione del rischio. Dario Flaccovio Editore