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Alma Mater Studiorum 
Università di Bologna 
FACOLTA’ di ECONOMIA – Sede di Forlì 
Corso di Laurea in 
Economia e commercio 
Curriculum Economia e gestione aziendale: 
Finanza e Mercati Finanziari 
ELABORATO FINALE 
L’euro: un’idea che nasce da lontano 
CANDIDATO: DOCENTE REFERENTE: 
Gian Marco Melandri Prof. Mauro Carboni 
N° matricola: 440775 
Anno Accademico 2011/2012
2 
SOMMARIO 
- SOMMARIO 2 
- PREFAZIONE 3 
- INTRODUZIONE 5 
- 1° DALLA RIVOLUZIONE COMMERCIALE 
ALLA MITTELEUROPA 7 
- 2° DALLA SECONDA GUERRA MONDIALE 
AL TRATTATO DI MAASTRICHT 11 
- 3° IL TRATTATO DI MAASTRICHT 
E LA BANCA CENTRALE EUROPEA 22 
- 4° L’UNIONE ECONOMICO-MONETARIA EUROPEA 35 
- CONCLUSIONI 41 
- CRONOLOGIA 43 
- BIBLIOGRAFIA 45
3 
Prefazione 
Quando nell'autunno del 2011 cominciai a pensare agli argomenti che potevano 
essere oggetto del mio elaborato per la laurea triennale, non avevo in mente un 
argomento preciso. 
In quel periodo, i media erano costantemente pieni di informazioni circa i 
problemi economico-finanziari di Grecia e Italia, degli incontri bilaterali fra 
Sarkozy e la Merkel, della crisi dell'Euro, dell’Unione europea e 
dell'inadeguatezza dei parametri di Maastricht. La parola di moda era 
diventata un vocabolo fino ad allora sconosciuto ai più: SPREAD. 
In questo contesto cominciai a chiedermi quali fossero le mie conoscenze 
sull'Unione europea. 
Mi resi conto che erano piuttosto limitate, anche se riguardavano argomenti 
con cui, molto probabilmente nel tempo avrei dovuto confrontarmi. Pensai che 
questa fosse un' ottima occasione per approfondire la mia cultura 
sull’argomento. 
Ne parlai con il professor Mauro Carboni mio docente di storia economica. Mi 
spiegò che l'argomento era estremamente vasto, e mi suggerì di limitare la 
ricerca ad un ambito più ristretto. 
Accolsi il suggerimento ed iniziai la mia ricerca, concentrandomi sulla nascita 
dell' Euro, e prioritariamente agli aspetti economico-monetari. 
Durante la ricerca mi accorsi di alcune cose. 
Come aveva giustamente sottolineato il professor Carboni la materia era 
estremamente vasta. 
L'approfondimento di certi argomenti, quali le dottrine economiche, era 
oltremodo dispersivo e ognuno di questi sarebbe bastato da solo come oggetto 
di una tesi. Da qui la scelta di limitare il loro approfondimento alla 
comprensione del quadro di riferimento.
4 
Era però necessario, affrontando i vari eventi, inquadrare il contesto da cui gli 
stessi erano scaturiti. Per cui a ritroso il lavoro includeva nuovi periodi storici. 
Ne è conseguito un elaborato lungo un percorso storico necessariamente più 
ampio di quello inizialmente previsto, ma più completo. 
Nota: 
Nell’elaborato sono state inserite delle citazioni. Alcune sono state incluse 
direttamente nel testo, altre sono state inserite come rafforzativi di quanto in 
precedenza esposto. Di tutte sono comunque indicate le fonti.
5 
Introduzione 
Con questo lavoro si vuole illustrare il percorso storico-economico che ha 
portato alla nascita di quello che è stato definito il maggior evento economico 
dell' Europa nel ventesimo secolo: l'EURO. 
“La base legale e istituzionale per l'adozione della moneta unica è costituita da 
un emendamento al Trattato di Roma (1957), che si concordò nel dicembre 
1991 e si firmò a Maastricht nel febbraio 1992. In effetti la moneta unica 
emendava, nel senso di completarla e di correggerla, la costruzione economica 
e istituzionale del Trattato di Roma non solo nella forma, ma anche nella 
sostanza. In breve, si può dire che l'emendamento consisteva nel sostituire al 
Dollaro, la moneta unica "implicita" in Europa negli anni cinquanta, l'Euro 
come nuova moneta unica "esplicita".” 1 
Questa affermazione di uno dei padri dell' Euro, il ministro Tommaso 
Padoa-Schioppa, ci spiega perché si è resa necessaria la realizzazione di una 
moneta unica europea (come vedremo in dettaglio nel secondo capitolo). 
La nascita dell' EURO è il punto d'incontro di due diversi percorsi, uno politico 
e uno economico-monetario. 
In questo elaborato noi seguiremo gli avvenimenti storico economici che hanno 
portato alla nascita dell'Unione economico-monetaria europea, tralasciando 
quelli politici. 
Nella prima parte dell' elaborato sarà trattata in rapida sintesi la genesi storica 
della civiltà economica europea, la rivoluzione commerciale, la lex mercatoria, 
il dolce commercio, Napoleone, l'utopia sansimoniana, il libero scambio e 
l'ideale mitteleuropeo. 
Nella seconda parte ripercorreremo il periodo che va dalla fine della II guerra 
mondiale al trattato di Maastricht, il manifesto di Ventotene, la Comunità 
economica del carbone e dell'acciaio, i trattati di Roma, la fine del sistema di 
1 Padoa-Schioppa (2002) p. 48
6 
Bretton Woods, il serpente monetario, il Sistema monetario europeo, il rapporto 
Delors e l'atto unico europeo. 
Nella terza parte infine parleremo del trattato di Maastricht, della nascita della 
Banca centrale europea, dell'Unione economico-monetaria europea e delle 
motivazioni che sottostanno a queste scelte.
7 
Dalla rivoluzione commerciale alla Mitteleuropa 
I semi di una integrazione economica europea hanno radici lontane nel tempo. 
Qualche volta si allude al medievale impero carolingio per indicare il primo 
riferimento storico all' Unione Europea. Forse è più corretto considerare 
l'impero carolingio "una falsa partenza" e considerare il suo disfacimento, con la 
nascita del feudalesimo e la successiva "rivoluzione commerciale" le basi della 
civiltà e dell’ economia europea. 
Nel medioevo l'Europa era divisa in tanti piccoli stati, contee, marchesati. Il 
commercio per svilupparsi aveva bisogno di regole valide per tutti ovunque, in 
molti casi in contrasto con quelle di questo o quel posto. Di qui la nascita di 
mercati, fiere, porti franchi, codici mercantili, accordi tra chi forniva fondi e chi 
mercanzie. Il tutto avvenne partendo dal basso, ad opera della comunità 
mercantile, che, dove necessario, aggirò le leggi delle varie comunità, creando 
una specie di sovrastato nel variegato mondo delle "unità politiche" dell'epoca. 
Le istituzioni non potevano però rimanerne al di fuori di tutto questo. Assieme 
ai mercanti ed alle loro corporazioni, i governi delle città mercantili, cercarono 
di definire delle regole in ambito commerciale: unità di peso e misura, standard 
di qualità e prezzo delle merci; condanna delle frodi, degli accordi monopolistici 
e della speculazione sui beni di prima necessità; uso degli strumenti di credito, 
tenuta dei libri contabili, procedura fallimentare, struttura delle società e forma 
dei contratti. Queste regole, che presero il nome di "lex mercatoria", superarono 
i confini degli stati, ebbero una diffusione europea e diedero origine ad una 
funzione virtuosa del commercio. 
Questo portò nel 1700, all'esaltazione delle potenzialità virtuose del commercio 
arrivando a definirlo "dolce commercio" nella convinzione che l'aumento degli 
scambi commerciali contribuisse al miglioramento dei rapporti fra i popoli, e 
favorisse la pace. Purtroppo non fu solo così, in molti casi il commercio rimase 
ancora un affare avventuroso, rischioso e violento. 
L' irruzione sulla scena europea del ciclone Napoleone distrusse la grande 
illusione del "dolce commercio" ed introdusse un nuovo soggetto storico, la 
"Grande Nazione" che mirava alla liberazione dei popoli dalle monarchie 
assolutiste e alla modernizzazione degli apparati statali. Le linee di questo 
disegno portarono grandi innovazioni istituzionali, creando fra l'altro le basi di
8 
una più solida organizzazione societaria delle imprese e di un pieno esercizio del 
diritto di proprietà. Dopo il crollo dell'impero napoleonico, queste leggi non 
vennero cancellate, le monarchie restaurate le conservarono, se non nella forma, 
nella sostanza. 
Il secolo che seguì l'epopea napoleonica, fu un periodo sbalorditivo, per la 
nascita di nuove ideologie e grandi innovazioni tecnologiche che produssero in 
Europa un forte mutamento. I fautori delle nascenti ideologie: socialismo e 
democrazia, sognavano, con la crescente solidarietà tra i popoli, la nascita degli 
Stati uniti d'Europa. Avevano però sottovalutato quella che si sarebbe rivelata 
come la più potente forza ideale e politica del secolo: il nazionalismo, che, 
affermatosi con la rivoluzione francese e diffusosi in Europa assieme alle 
baionette di Napoleone, portò all'unificazione dell' Italia, della Germania e alla 
crisi degli imperi multinazionali. 
Se l'ideologia politica aveva portato alla creazione degli stati nazionali, le 
ideologie economiche puntavano al loro superamento. 
Prima attraverso l'utopia sansimoniana, che immaginava un unico parlamento 
fra Francia e Gran Bretagna in cui avrebbero dovuto essere rappresentati i ceti 
produttivi, poi con l' ideologia liberoscambista. Il primo trattato, ispirato a 
questa nuova ideologia, fu firmato nel 1860 tra Francia e Inghilterra; prevedeva 
l'abolizione delle restrizioni e dei dazi doganali che fino ad allora avevano 
ostacolato lo sviluppo delle relazioni commerciali. Fu poi esteso tramite la 
clausola detta "della nazione più favorita" a tutti gli stati europei. Questa 
clausola prevedeva che, qualora uno dei contraenti avesse stipulato un nuovo 
trattato con un altro stato, questa sarebbe stata estesa automaticamente all' altro 
paese. 
All' integrazione commerciale si affiancarono alcuni tentativi di integrazione 
monetaria, ma l'apertura del canale di Suez, combinata con l'introduzione della 
navigazione a vapore e la diffusione delle reti ferroviarie, portarono a riversarsi 
sui mercati europei, ingenti quantitativi di cereali ed altri prodotti agricoli 
provenienti da India, Cina, Russia e America a bassi prezzi, provocando una 
crisi che durò per oltre un ventennio. Fu la fine dell' idillio liberoscambista e il 
protezionismo doganale tornò ad apparire per gli stati europei l'unica ancora di 
salvezza.
9 
Gli effetti negativi del ritorno al protezionismo furono comunque attenuati sul 
finire del secolo dall'adozione di nuovi trattati commerciali, dall' aumento dei 
prezzi, dalla progressiva riduzione dei costi di trasporto e dalla diffusione del 
sistema monetario Gold standard. 
Il Gold standard era il sistema monetario internazionale adottato dal 1870 fino 
alla prima guerra mondiale che prevedeva uno stretto legame tra la quantità di 
moneta in circolazione e le riserve auree detenute dalla banca centrale. 
In tale sistema ogni moneta aveva una parità fissa; il valore della moneta 
corrispondeva, cioè, ad una determinata quantità di oro stabilita dalle autorità 
monetarie. La moneta cartacea in circolazione era convertibile, in qualunque 
momento in oro, per cui si rendeva necessaria la corrispondenza tra la quantità 
di biglietti di banca in circolazione e le riserve di oro possedute dalla banca 
centrale. 
La fine del XIX secolo vide, dopo la sua unificazione, la nascita della potenza 
tecnologica, industriale ed economica tedesca. Alla sua grande potenzialità non 
corrispondeva però un adeguato peso internazionale. 
Negli ambienti economici e finanziari tedeschi cominciò così a farsi strada, per 
superare questo divario, l'idea di un’unione Mitteleuropea a guida tedesca, fra 
l'impero austroungarico e quello tedesco. L'idea non ebbe il tempo di essere 
sviluppata per lo scoppio della prima guerra mondiale. L'inizio del conflitto 
sembrava evolvere velocemente a favore della Germania e degli imperi centrali. 
In un documento preparato per i suoi collaboratori –che avrebbero dovuto 
partecipare alle imminenti trattative di pace- il cancelliere tedesco indicava 
l’obiettivo di creare un'associazione economica Mitteleuropea a guida tedesca. 
Di questa associazione avrebbero dovuto inizialmente far parte: Francia, Belgio, 
Olanda, Danimarca, Polonia, Austria-Ungheria, e successivamente: Italia, 
Svezia, e Norvegia. La guerra ebbe un diverso sviluppo, la Germania ne uscì 
sconfitta e costretta a subire delle pesanti condizioni di pace che la portarono ad 
una grave crisi politica e finanziaria con una situazione di iperinflazione e 
conseguente crollo della moneta. Le aspirazioni dei fautori della Mitteleuropa 
erano definitivamente affossate.
10 
Sul finire degli anni venti un tentativo di distensione della Francia verso la 
Germania con il tentativo di giungere ad una federazione anche con altri stati 
europei non ebbe fortuna. 
Il successo politico del Nazionalsocialismo sembrò portare nuova linfa alla 
causa della Mitteleuropa auspicata dagli imprenditori e dai finanzieri tedeschi. 
Ma la visione dell' Europa prefigurata dai nazionalsocialisti era altra cosa, e la 
conquista dello "spazio vitale" doveva avvenire, secondo i loro ideali, a spese 
delle razze inferiori e trascendeva dalle sole esigenze economiche e commerciali 
degli imprenditori e dei finanzieri, con le funeste conseguenze che tutti 
conosciamo.
11 
Dalla II guerra mondiale al trattato di Maastricht 
L'idea di un'istituzione sovranazionale europea moderna prese corpo dopo la 
seconda guerra mondiale guidata dalla volontà di evitare nuovi futuri conflitti 
fra le sue nazioni. 
Il documento "Per un Europa libera e unita. Progetto d'un manifesto" scritto da 
Ernesto Rossi e Altiero Spinelli, più conosciuto come "Manifesto di Ventotene", 
dal nome della località dove i due antifascisti erano stati confinati dopo il 1940, 
è uno dei testi più importanti sul federalismo europeo. In esso gli stati nazionali 
apparivano come organismi ormai inadeguati a garantire la sicurezza dei 
cittadini e a promuovere lo sviluppo economico. Ne scaturiva quindi la proposta 
di costituire una federazione europea in cui avrebbero dovuto confluire i vecchi 
organismi statali. 
I tempi non erano ancora maturi. Era necessaria una via più graduale che 
mirasse ad una maggiore collaborazione tra gli stati, mantenendone inalterata la 
sovranità. 
Le parole pronunciate il 9 maggio 1950 dal ministro degli esteri francese, che 
passeranno alla storia come "Dichiarazione Schuman": "Signori non è più 
questione di parole vane, ma di un atto, un atto di coraggio, un atto 
costruttivo....l'Europa non si costituirà di un colpo, né si costruirà tutta insieme: 
si farà con realizzazioni concrete..... la coesione delle Nazioni europee esige che 
l'opposizione secolare della Francia e della Germania sia eliminata..." daranno 
il via al processo di integrazione europea. 
La strategia scelta sarà definita "funzionalista" mirante ad affrontare problemi 
particolari mediante la creazione di organismi sovranazionali dotati di 
autonomia nell'esercizio delle loro funzioni. 
Il primo atto concreto fu di riunire e gestire congiuntamente le due risorse 
strategiche, il carbone e l'acciaio, per il controllo delle quali erano state 
combattute in Europa diverse guerre.
12 
Nacque così la Comunità Economica del Carbone e dell' Acciaio,(CECA) 
istituita con il "Trattato di Parigi" nell' Aprile del 1951; era formata da sei paesi: 
Belgio, Francia, Germania, Italia, Lussemburgo e Paesi Bassi. 
Fu una decisione rivoluzionaria, che trasferiva per la prima volta a un'istituzione 
comune la sovranità in un campo decisivo, sebbene limitato. 
Il secondo passo della strategia funzionalista applicato al campo fondamentale 
della difesa fu però un fallimento. 
Poteva essere per la nascente comunità europea un colpo fatale. 
La determinazione dei leader politici, unita allo shock derivato dalla chiusura 
del canale di Suez, ridiede nuovo slancio al processo d'integrazione economica 
europea con i "Trattati di Roma" del marzo 1957 e con l'istituzione della 
Comunità Europea dell' energia atomica (EURATOM) e della Comunità 
Economica Europea (CEE). -L'Euratom aveva lo scopo di coordinare i 
programmi di ricerca relativi all' energia nucleare e di assicurarne un uso 
pacifico. -La CEE aveva come obiettivo economico prioritario il superamento 
delle barriere doganali attraverso la creazione di un mercato comune europeo 
(MEC) fra i sei stati aderenti che avrebbe portato, mediante una progressiva 
riduzione delle tariffe doganali, alla libera circolazione di: merci, servizi, 
capitali e persone; le cosiddette quattro libertà. In estrema sintesi lo spirito dei 
"Trattati di Roma" con la creazione della CEE, era quello di costruire un 
mercato europeo effettivamente libero con l'impegno a rimuovere i vincoli 
esistenti alla libera circolazione delle merci, e l'abolizione delle forme di 
protezionismo nazionale. Se pensiamo che in alcuni paesi, fra i quali l' Italia, era 
ancora necessario pagare un dazio per trasportare i beni da una città all' altra 
entro le frontiere nazionali, la realizzazione delle quattro libertà era un atto 
ancora più rivoluzionario della costituzione della CECA.
13 
Il processo di liberalizzazione trovò vasta applicazione sopratutto nel mercato 
dei manufatti, ci furono problemi invece per quello dei prodotti agricoli, dei 
servizi e del lavoro. Il successo comunque arrise alle economie della CEE, tutti 
gli indicatori economici delle sei nazioni volsero per diverso tempo al bello. 
Questo fatto, riaccreditò la visione, del "dolce commercio" e rafforzò i fautori 
del liberoscambismo, fino ad ipotizzare l'eliminazione delle frontiere nazionali. 
I Trattati di Roma non contenevano però che sporadici accenni alla moneta. 
Questa potrebbe sembrare una contraddizione, in quanto, base essenziale per un 
mercato comune è la moneta di riferimento. 
"Si tratta, però di un'impressione sbagliata, dovuta al fatto che un sistema 
monetario ben definito, a quell'epoca esisteva già, ed era coerente con il
14 
programma del mercato unico: era il regime di cambi fissi stabilito a Bretton 
Woods nel 1944, regime che, di fatto, non permetteva svalutazioni competitive 
delle valute. Il mercato unico, ancora da creare, dunque, implicitamente aveva 
già una moneta unica, il Dollaro. Se nel Trattato di Roma non fu definito 
esplicitamente un sistema monetario è perché i vigenti accordi di Bretton 
Woods erano considerati un dato permanente dell'ordine economico 
internazionale. Invece, l'edificio dei cambi fissi non ebbe la durata eterna che si 
pensava, e non appena manifestò i primi scricchiolii, alla fine degli anni 
sessanta, iniziò una discussione su quale ordinamento monetario europeo 
potesse sostituirlo per completare il mercato comune." 2 
"Sul piano della stabilità economica internazionale fondamentale rilievo ebbero 
gli accordi stipulati nel luglio del 1944 nella cittadina di Bretton Woods nel 
New Jersey. Alla conferenza, cui parteciparono esperti economici di 44 paesi, fu 
stabilito il ripristino della convertibilità in oro del dollaro, per restituire 
stabilità al sistema monetario internazionale e l'istituzione di un sistema di 
cambi fissi o quasi fissi tra le varie monete, che potevano oscillare entro una 
banda prefissata dell'1%. Le parità furono fissate in parte in termini aurei e in 
altra parte in rapporto a valute convertibili in oro, prevedendo aggiustamenti in 
presenza di particolari condizioni di squilibrio della bilancia dei pagamenti. Lo 
schema originario di Bretton Woods si modificò alla fine degli anni Cinquanta 
in un sistema di valute chiave dominate dalla centralità del dollaro: difatti si 
creò un gold-dollar standard destinato a regolare le relazioni monetarie fino al 
1971. Il dollaro divenne la valuta degli scambi internazionali e la valuta di 
riserva per eccellenza, mentre tutte le altre valute ruotavano attorno ad esso. 
Alla conferenza di Bretton Woods si prospettò anche la necessità di creare tre 
nuove istituzioni internazionali: l'International Monetary Found (IMF), col 
compito di concedere prestiti a breve termine per sanare deficit della bilancia 
dei pagamenti di paesi in difficoltà; la International Bank for Reconstruction 
and Development (IBRD), in seguito ribattezzata World Bank, per la 
concessione di prestiti a lungo termine, in primo luogo per la ricostruzione dei 
paesi danneggiati dalla guerra e successivamente per lo sviluppo dei paesi 
arretrati; e l' International Trade Organization (ITO), con funzioni di 
2 Padoa-Schioppa (2002) p. 49
15 
promozione e controllo degli scambi internazionali. L' ITO ebbe tuttavia vita 
breve e fu sostituito nel 1948 dal General Agreement on Tariffs and Trade 
(GATT), finalizzato a promuovere il commercio internazionale attraverso la 
liberalizzazione degli scambi." 3 
La nascita e il successo di una comunità di libero scambio, composta da paesi 
economicamente forti, creò qualche mal di pancia fra i paesi europei che non ne 
erano entrati a far parte: Regno Unito, Austria, Danimarca, Norvegia, 
Portogallo, Svezia e Svizzera. Così con una convenzione firmata a Stoccolma il 
4 Gennaio 1960, questi paesi diedero vita alla Associazione Europea di Libero 
Scambio (AELS) meglio conosciuta come EFTA (European Free Trade 
Association). Alcuni di questi stati poi però ne uscirono ed entrarono a far parte 
della CEE. Oggi sono rimasti a far parte dell' EFTA, Islanda, Lichtenstain, 
Norvegia e Svizzera. 
Dalla seconda metà degli anni sessanta il cammino verso l'attuazione delle 
quattro libertà subì una battuta d'arresto, principalmente dovuta alla Francia di 
De Gaulle. Questa: si opponeva all' ingresso della Gran Bretagna, faceva 
introdurre nelle votazioni la regola dell'unanimità, che di fatto introduceva il 
diritto di veto, e voleva introdurre politiche agricole a lei molto favorevoli. Vi 
era inoltre ancora un forte desiderio di mettere in atto politiche economiche 
nazionali indipendenti, che mal si conciliavano con la liberalizzazione dei 
mercati. 
In questo contesto "Nell'agosto 1971 il presidente statunitense Richard Nixon 
(1913-1994) - sotto i colpi della speculazione e della crisi della bilancia dei 
pagamenti – decise la sospensione della convertibilità del dollaro in oro, 
portando il sistema monetario internazionale a un regime di cambi fluttuanti 
con evidenti problemi di governo dei pagamenti esteri. Nel 1973 il sistema di 
Bretton Woods fu definitivamente e ufficialmente abbandonato. Nello stesso 
anno la crisi petrolifera mise fine al lungo periodo di prosperità che aveva fatto 
dei quasi trent'anni successivi alla fine della seconda guerra mondiale il 
periodo più stabile della storia del capitalismo. La fine dei cambi fissi 
determinò una situazione di instabilità che danneggiò il commercio 
3 Carboni (2008) p. 162
16 
internazionale, ma fu soprattutto lo shock petrolifero, con l'improvviso aumento 
del prezzo del petrolio a minacciare i Paesi industrializzati." 4 
"Ciò provocò una protratta inflazione nella maggior parte dei Paesi 
industrializzati. La Germania fu la principale eccezione, forse perchè la 
drammatica esperienza dell' iperinflazione aveva sradicato dalla mente delle 
persone l'illusione che più creazione di moneta portasse più felicità." 5 
La sospensione della convertibilità del dollaro in oro, facendo venir meno 
quello che fino ad allora aveva funzionato come sistema monetario 
internazionale, rischiava di portare il caos nell'economia mondiale. I dieci paesi 
rappresentanti le più forti economie mondiali, decisero allora di adottare delle 
contromisure. Si riunirono allo Smithsonian Institute di Washington, dove 
nacque lo Smithsonian Agreement, con il quale si decise una svalutazione del 
dollaro. Non fu tuttavia ripristinato l'obbligo per gli Stati Uniti di scambiare 
dollari con oro. Furono anche modificati i tassi di cambio tra le altre monete e si 
stabilì una banda di oscillazione del 2,25% in più o meno, rispetto al dollaro. Si 
era così passati da un sistema di cambi fissi ad un sistema di cambi flessibili. 
Per la Comunità economica europea fu un brutto colpo, la stabilità dei cambi 
rappresentava una condizione essenziale per favorire lo sviluppo degli scambi 
commerciali. 
“la creazione del Mercato comune europeo si accompagna alla più vivace 
stagione di crescita economica mai sperimentata sul continente. Per rinsaldare 
quei risultati e quasi con spirito utopistico, nel mezzo del disordine monetario 
internazionale, si progetta una moneta unica.” 6 
La necessità di creare un' area ove regnasse la stabilità monetaria aveva già 
indotto gli Stati membri ad avviare fin dal 1970, quindi prima dell'abbandono 
dei cambi fissi, ed a seguito della crisi del Franco francese del 1968-69, una 
serie di studi finalizzati alla creazione di una cooperazione monetaria. L'incarico 
fu affidato ad un comitato di esperti presieduto dal ministro delle finanze 
lussemburghese Werner. Fu in questa occasione che si manifestò per la prima 
4 Carboni (2008) p. 173 
5 Padoa-Schioppa (2002) p. 56 
6 Degli Espositi (2011) p. 172
17 
volta il dualismo tra economisti e monetaristi. I primi, tra i quali si 
distinguevano Germania e Paesi Bassi, ritenevano che il coordinamento delle 
politiche economiche costituisse il fondamento indispensabile all'integrazione 
monetaria; i secondi, tra cui Francia, Italia, e Lussemburgo, erano convinti che 
l'unione monetaria dovesse precedere l'armonizzazione delle politiche 
economiche fra gli Stati membri. 
Il documento che ne uscì prese il nome di Piano Werner e fu presentato il 9 
Maggio 1970. Naturalmente presentava una soluzione di compromesso fra le 
due posizioni, prevedeva un percorso in tre tappe da realizzarsi nell'arco di dieci 
anni in cui lo sviluppo dei settori economico e monetario sarebbe dovuto 
avvenire in parallelo. 
Questo documento non ebbe un seguito, ma gli Stati membri della comunità 
decisero di adottare dei meccanismi per evitare fluttuazioni tra le monete 
europee. Per questo la banda di oscillazione adottata a Washington fu ritenuta 
eccessiva dai paesi della CEE, i quali decisero nell' Aprile del 1972 con 
l'accordo di Basilea di ridurre all' 1,25%, in più o in meno il limite di 
oscillazione fra le rispettive monete. 
All' iniziativa, oltre ai paesi membri della CEE, si unirono anche Regno Unito, 
Irlanda, Danimarca, Norvegia. 
Il sistema che prese vita da questo accordo è conosciuto con il nome di Serpente 
monetario, perchè la sua rappresentazione grafica assomigliava ad un serpente 
che si muove dentro un tunnel. Ebbe una vita molto travagliata. La possibilità di 
rispettare i margini di fluttuazione programmata fu messa a dura prova fin dai 
primi mesi, e fu travolta dalla spinta inflazionistica derivante dal forte aumento 
dei prezzi dovuto alla crisi petrolifera del 1973 e dal disaccordo sulla politica 
economica da perseguire per limitarne gli effetti. Il franco francese, la sterlina 
inglese, e quella irlandese uscirono dai parametri per poi rientrarvi, la lira 
italiana ne uscì senza riuscire a rientrarvi, solo il marco tedesco, il fiorino 
olandese, il franco belga, e la corona danese restarono vincolati agli accordi fino 
alla loro scadenza.
18 
Nel frattempo, nel gennaio del 1973, Regno Unito, Irlanda e Danimarca, 
entrarono a far parte della CEE. 
Nel 1975 venne creata l'Unità di conto europea (UCE) comunemente definita 
paniere, perchè era strutturata come un paniere composto da quantità fisse delle 
valute dei (nove) paesi della CEE. 
L'esperienza del serpente monetario ebbe termine nel 1978 senza portare i 
risultati desiderati. 
Nonostante le avverse condizioni economiche e valutarie incontrate, 
l’esperimento del Serpente monetario va valutato positivamente, in quanto 
segnò l'inizio delle attività di coordinamento delle politiche economiche 
nazionali degli stati della CEE ed aprì la strada ai successivi sviluppi: il Sistema 
monetario europeo (SME). 
Il Sistema monetario europeo fu uno dei passaggi fondamentali per arrivare alla 
completa unione economica e monetaria, e quindi all'adozione di una moneta 
unica. Attraverso l’attuazione di politiche in materia di cambi, si poneva come 
obiettivi: una disciplina comune in politica economica, la riduzione 
dell'inflazione e la creazione d’una zona di stabilità monetaria in Europa per 
evitare che il disordine monetario ostacolasse il processo d'integrazione a livello 
comunitario. Entrò in funzione nel 1979 e vi parteciparono Belgio, Danimarca, 
Francia, Germania, Irlanda, Paesi Bassi, e Italia. 
L'elemento centrale dello SME fu l'ECU (Unità di conto europea), un valuta-paniere, 
il cui valore era dato dal valore delle monete di tutti i paesi della CEE, 
ponderato in base al peso che ciascun paese aveva all'interno della Comunità. 
L'ECU è considerata la prima valuta (virtuale) dell'Unione europea. 
Lo SME era un sistema a cambi fissi con una banda di oscillazione. Le valute 
fluttuavano attorno a una parità centrale entro una banda del più o meno 2,25% 
(ad eccezione della lira italiana per la quale la fascia di oscillazione fu del più o 
meno 6% fino al 1990 quando anche l'Italia decise di usare la banda di 
fluttuazione ristretta), ma prevedeva che, in caso di superamento, le banche
19 
centrali dei paesi interessati potessero intervenire con acquisti o vendite di 
valuta ricorrendo a un Fondo monetario europeo. 
Riallineamenti nel Sistema Monetario Europeo 
· 1979 Il marco tedesco rivaluta del 2% e la corona danese svaluta del 2,9%. 
· 1979 La corona danese svaluta del 4,9%. 
· 1981 La lira italiana svaluta del 6%. 
· 1981 IL marco e il fiorino rivalutano del 5,5% mentre il franco francese e la lira 
svalutano del 3%. 
· 1982 La corona danese svaluta del 3%, il franco belga e il franco lussemburghese 
dell' 8,5%. Il Marco e il fiorino rivalutano del 4,25% mentre la lira svaluta del 
2,75% e il franco francese svaluta del 5,75%. 
· 1983 Il marco rivaluta del 5,5%, il fiorino del 3,5%, la corona danese del 2,5%, il 
franco belga, lussemburghese dell' 1,5%. La sterlina irlandese svaluta del 3,5%, la 
lira e il franco francese del 2,5%. 
· 1985 La lira svaluta del 6%, le altre monete rivalutano del 2%. 
· 1986 Il marco e il fiorino rivalutano del 3%,il franco belga, lussemburghese e la 
corona danese dell' 1%. Il franco francese svaluta del 3%. La sterlina irlandese 
svaluta dell' 8%. 
· 1987 Il marco e il fiorino rivalutano del 3% e il franco belga, lussemburghese del 
2%. 
· 1990 La lira rivaluta del 4% ed entra nella "banda stretta" di fluttuazione. 
· 1992 La lira svaluta del 3,5% e tutte le altre monete rivalutano del 3,5%. 
La peseta spagnola e lo scudo portoghese svalutano del 6%. 
L’Italia esce dallo SME. 
· 1993 La sterlina irlandese svaluta del 10%. La peseta spagnola svaluta dell’ 8% e 
lo scudo portoghese del 6,5%. 
· 1996 L’Italia rientra nello SME. 
· 1998 IME dichiara che gli 11 stati membri dell’UE sono idonei a partecipare alla 
terza fase dell’UEM.
20 
Di fatto la moneta “reale”, non “virtuale” su cui si fondò lo SME fu il marco 
tedesco. 
La Germania era la nazione leader di questa unione, nonostante fosse uscita 
devastata dalla II guerra mondiale era riuscita a rialzarsi, e presentava il maggior 
grado di sviluppo economico, il grado di inflazione più basso e la moneta più 
stabile. 
“Il percorso economico che dal Trattato di Roma del 1957 porta a quello di 
Maastricht del 1992, ha condotto l'Europa da una moneta di riferimento 
esterna, il dollaro, a una moneta propria. Tra questi due regimi, per circa 15 
anni la moneta di riferimento è stata la più forte e la più stabile tra quelle di 
tutti i Paesi europei, il marco tedesco. Il regime del marco è cominciato con la 
fine del sistema basato sul dollaro (1973) e inizialmente ha preso la forma di un 
accordo, chiamato “Serpente”, nel quale le monete dei Paesi partecipanti 
dovevano muoversi insieme…....nel 1979 al Serpente si sostituì lo SME.... IL 
regime del marco, fornì, dunque, una base alla stabilità delle valute europee 
nella fase storica in cui il sistema monetario internazionale adottava i cambi 
fluttuanti. Lo SME contribuì grandemente sia alla lotta all'inflazione sia al 
mantenimento di relazioni commerciali regolari all'interno della Ue.” 7 
Le regole introdotte dallo SME, unite alla stabilizzazione del prezzo del 
petrolio, pur con qualche eccezione, contribuirono fortemente alla lotta 
all'inflazione e resero possibile negli anni '80 una relativa stabilità monetaria 
con il miglioramento delle relazioni commerciali all'interno della CEE. In quel 
momento all'interno dell'Unione europea si poteva considerare attuata solo, e 
neppure del tutto, la libera circolazione dei beni e molto rimaneva da fare per i 
servizi, i capitali, e le persone. Da qui la necessità di rivedere i programmi e gli 
obiettivi della CEE. 
Fu perciò convocata una conferenza ”per far progredire concretamente l'unione 
europea” che si concluse all'Aia il 28 febbraio 1986. Il documento che ne scaturì 
prese il nome di Atto unico europeo. Entrò in vigore il 1° luglio 1987 e costituì 
la prima modifica sostanziale del Trattato di Roma. L' importanza dell'atto unico 
7 Padoa-Schioppa (2002) p. 49
21 
non stava tanto o solo nell'obiettivo che si prefiggeva, ovvero il rilancio del 
processo di costruzione europea al fine di portare a termine la realizzazione del 
mercato comune, ma nell'introduzione di novità nel metodo per raggiungerlo. La 
prima fu di fissare un termine temporale al raggiungimento dell'obiettivo, entro 
il 31 dicembre 1992 doveva essere realizzato: ”uno spazio senza frontiere 
interne nel quale è assicurata la libera circolazione delle merci, delle persone, 
dei servizi e dei capitali, secondo le regole del presente trattato”; la seconda fu 
di abbandonare la regola paralizzante delle decisioni all'unanimità; la terza 
novità fu l'introduzione di una radicale semplificazione del processo decisionale: 
adottando il principio del riconoscimento reciproco e abbandonando la strada 
dell'armonizzazione completa delle norme in materia economica. Mentre nel 
mondo si rafforzavano le tendenze protezionistiche nel tentativo di superare la 
crisi, l'Europa, sulla scia del successo monetario dello SME e nonostante la 
disoccupazione, riusciva a tenere e a darsi un obiettivo di più completa 
integrazione. 
Su questa base, il consiglio europeo che si tenne ad Hannover nel 1989 diede 
incarico, ad un comitato composto dai governatori delle banche centrali, di 
preparare un rapporto per lo studio dell'Unione monetaria europea alla cui guida 
vi era il presidente di turno della comunità europea, il francese Jacques Delors. 
Nasce così il rapporto Delors, che riprendeva le ipotesi di integrazione 
economica e monetaria tracciate nel Rapporto Werner del 1970 ed in particolare 
la scansione temporale articolata in tre fasi. Nella prima fase era prevista la 
completa liberalizzazione dei movimenti di capitale, che sarebbe scattata il 1° 
luglio 1990. Nella seconda fase si sarebbe proceduto ad una più stretta 
integrazione delle politiche economiche degli Stati membri, fissando regole 
vincolanti per evitare disavanzi pubblici eccessivi. Infine la terza fase prevedeva 
il definitivo passaggio agli organismi comunitari della politica economica e 
monetaria degli Stati membri attraverso la creazione della Banca centrale 
europea e della moneta unica. Per la realizzazione della Seconda e della Terza 
fase era necessario modificare il Trattato che istituiva la Comunità economica 
europea. Al fine di creare la necessaria infrastruttura istituzionale, fu convocata 
un'apposita conferenza intergovernativa che si concluse con la firma del Trattato 
di Maastricht.
22 
Il trattato di Maastricht e la Banca centrale europea 
Il Trattato fu firmato dai dodici paesi membri della Comunità Europea (CEE) il 
7 febbraio 1992, a Maastricht, una cittadina olandese sulla Mosa fino ad allora 
sconosciuta. La denominazione originale era “Trattato sull'Unione Europea” 
(TCE) perché da qui la Comunità economica europea (CEE) diventerà Unione 
europea (UE), e vi confluiranno anche CECA ed EURATOM. 
Si tratterà della seconda modifica ai Trattati di Roma dopo quella dell'Atto unico 
europeo ed entrerà in vigore solo il 1° novembre 1993 per lungaggini dovute a 
problemi inerenti i processi di ratifica dei vari paesi. Pur non limitandosi alle 
sole questioni monetarie, è conosciuto principalmente per aver posto le basi 
dell'Unione economica e monetaria (UEM) 
Le trattative furono lunghe e laboriose, tanto da far temere più volte l'abbandono 
del progetto. Le questioni in genere erano più politiche che economiche. Si 
rianimò la mai sopita contrapposizione tra economisti, e monetaristi. La Francia, 
il cui presidente Mitterand temeva la ricostruzione di una Germania forte e 
militarizzata dopo la caduta del muro di Berlino, rimase in bilico fino al risultato 
del referendum del 20 settembre 1992. La Gran Bretagna chiese di non aderire 
alla moneta unica, per evitare il fermo generale fu introdotta la clausola di 
opting-out attraverso la quale uno stato membro avrebbe potuto rimanere nella 
Unione europea pur non partecipando ad uno specifico settore della 
cooperazione. Paradossalmente, fu la caduta del muro di Berlino e la ferma 
volontà del cancelliere tedesco Helmut Kohl a determinare l'accelerazione finale 
verso la firma del trattato di Maastricht, opponendosi, contro il parere dei suoi 
consiglieri, a qualsiasi rinvio. 
“Nel momento cruciale, quando un piano tecnico relativo all'UEM redatto da 
un comitato di composizione essenzialmente tecnica -il comitato Delors- si 
trovava al bivio tra essere destinato alle biblioteche universitarie, dove i 
progetti non realizzati di questo tipo diventavano oggetti di tesi di dottorato e 
avviarsi a realizzazione, cadde il muro di Berlino. La riunificazione della 
Germania divenne possibile; tornarono in vita sia le speranza di rimarginare 
l'ultima ferita della seconda guerra mondiale sia le paure riguardanti la
23 
rinascita di una egemonia tedesca sul continente. Fu questa nuova situazione a 
dare un impulso nuovo e decisivo al realizzarsi della moneta unica. 
Confermando il suo sostegno alla moneta unica, il governo tedesco diede un 
chiaro segnale che per la Germania federale la riunificazione e un ulteriore 
integrazione europea erano due aspetti inseparabili della stessa politica.”8 
Le basi teoriche che sottostavano alla scelta della UME e che portarono alla 
nascita dell'Euro erano sostanzialmente due: la tesi del quartetto inconciliabile 
formulata dall'economista italiano Tommaso Padoa-Schioppa nel 1982 e la 
teoria delle aree monetarie ottimali elaborata da Robert Mundell nel 1961. 
La tesi del quartetto inconciliabile di Padoa-Schioppa indicava che non si 
potevano perseguire contemporaneamente: 
-la libertà degli scambi commerciali, 
-la mobilità dei capitali, 
-i tassi di cambio fissi, 
-l'autonomia delle politiche monetarie. 
I primi due erano contemplati nei Trattati di Roma, i cambi fissi abbiamo visto 
che erano un caposaldo implicito dei Trattati, ne conseguiva che i singoli Stati 
avrebbero dovuto rinunciare alla politica monetaria per delegarla ad un ente 
sovranazionale che avrebbe così avuto il governo della moneta (unica), 
altrimenti la quadratura del cerchio sarebbe stata impossibile. 
Il secondo modello di riferimento, la teoria delle aree monetarie ottimali di 
Mundell in estrema sintesi diceva che per area valutaria si doveva intendere, un 
gruppo di paesi che pur mantenendo monete diverse (oppure adottando una 
moneta unica), avevano tassi di cambio fissi; un’area valutaria era invece da 
considerasi ottima se oltre la stabilità dei prezzi era possibile ottenere al suo 
interno l’equilibrio della bilancia dei pagamenti e la piena occupazione. La 
teoria del quartetto inconciliabile necessitava di una moneta unica, mentre la 
teoria delle aree monetarie ottimali, la prevedeva in alternativa ad una politica di 
tassi fissi. 
8 Padoa-Schioppa (2002) p. 54
24 
“Sono stati due i paradigmi economici che hanno influenzato il passaggio 
dell'Europa dal dollaro all'euro. Il primo è la teoria delle aree monetarie 
ottimali formulata originariamente da Robert Mundell e sviluppata poi 
attraverso un ampio dibattito accademico. Si trattava di una teoria 
profondamente innovativa che metteva in discussione la corrispondenza 
biunivoca tra monete e Stati sovrani e identificava le condizioni perché a una 
determinata area geografica convenisse adottare una moneta unica a 
prescindere dal fatto che i sui confini coincidessero o meno con quelli di uno 
Stato. Queste condizioni di natura economica erano quasi coincidenti con 
quelle necessarie per l'effettiva realizzazione delle quattro libertà previste dal 
Trattato di Roma. Il secondo paradigma è la tesi del “quartetto inconciliabile” 
secondo cui libero scambio mobilità dei capitali, tassi di cambio fissi e 
indipendenza delle politiche monetarie sono reciprocamente incompatibili 
sicché un accordo internazionale che cerchi di soddisfare contemporaneamente 
tutte e quattro queste condizioni è minato da contraddizioni che portano 
inevitabilmente a instabilità e crisi. Il paradigma del quartetto inconciliabile 
indicava la necessità di una moneta unica, quello delle aree monetarie ottimali 
una possibilità, nonché le condizioni per la sua realizzazione.” 9 
Nonostante le esperienze del serpente monetario e dello SME, le politiche 
finanziare dei vari paesi, risultavano alquanto disomogenee. 
Per poter conseguire l'obiettivo finale dell’unione fu allora adottata una strategia 
che agiva su due criteri: la gradualità e il rigore finanziario. Con il primo la 
transizione verso l'UEM fu programmata nell'arco di diversi anni, seppur con 
tappe definite nei tempi. Questo per avere un periodo di transizione graduale e 
tempi di realizzazione certi. Con il secondo l'ingresso nell'unione era 
subordinato al soddisfacimento di severi parametri di convergenza economica, 
al fine di avere paesi con i fondamentali di economia non troppo diversi ed 
evitare alla nuova moneta una condizione di instabilità e vulnerabilità. 
9 Padoa-Schioppa (2002) p. 50
25 
Un paese poteva entrare a far parte dell'UEM soltanto se: 
-il tasso d'inflazione non superava di oltre l'1,5% quello dei tre Stati membri che 
avevano conseguito i migliori risultati in materia di stabilità dei prezzi; 
-i tassi di interesse a lungo termine non superavano di più del 2 % quelli dei tre 
Stati membri, che avevano conseguito i migliori risultati in termini di stabilità 
dei prezzi; 
-il rapporto tra il disavanzo di bilancio pubblico annuale (deficit) e il prodotto 
interno lordo (PIL) non superava il 3 %, in caso contrario, tale rapporto doveva 
diminuire in modo sostanziale e costante, o, in alternativa, il superamento 
doveva rimanere solo eccezionale e temporaneo; 
-il rapporto tra il debito pubblico e il PIL non superava il 60 %, in caso 
contrario, tale rapporto si doveva ridurre in misura sufficiente e si doveva 
avvicinare al valore di riferimento con ritmo adeguato. 
-non aveva svalutato la moneta nazionale di propria iniziativa nel corso dei due 
anni precedenti l'entrata nell'unione; 
Con l’introduzione di questi vincoli e della data obiettivo entro cui dovevano 
essere raggiunti, le politiche finanziarie dei vari paesi subirono un’accelerazione 
verso la loro armonizzazione, come ben si evidenzia dalle tabelle e dai grafici 
seguenti.
26 
Tabella e grafico valori del tasso d’inflazione dal 1972 al 2002 paesi Cee 
Fonte: OCSE
27 
Tabella e grafico valori del tassi d’interesse a lungo termine dal 1972 al 2002 paesi Cee 
Fonte: OCSE
28 
Tabella e grafico del rapporto tra il disavanzo di bilancio pubblico annuale e il Pil dal 1972 al 2002 paesi Cee 
Fonte: OCSE
29 
Tabella e grafico del rapporto tra il debito pubblico e il Pil dal 1972 al 2002 paesi Cee 
Fonte: OCSE
30 
PROTOCOLLO (n. 12) 
SULLA PROCEDURA PER I DISAVANZI ECCESSIVI 
LE ALTE PARTI CONTRAENTI, 
DESIDERANDO precisare le modalità della procedura per i disavanzi eccessivi di 
cui all'articolo 126 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea, 
HANNO CONVENUTO le disposizioni seguenti, che sono allegate al trattato 
sull'Unione europea e al trattato sul funzionamento dell'Unione europea: 
Articolo 1 
I valori di riferimento di cui all'articolo 126, paragrafo 2, del trattato sul 
funzionamento dell'Unione europea sono: 
— il 3% per il rapporto fra il disavanzo pubblico, previsto o effettivo, e il 
prodotto interno lordo ai prezzi di mercato, 
— il 60% per il rapporto fra il debito pubblico e il prodotto interno lordo ai 
prezzi di mercato. 
Articolo 2 
Nell'articolo 126 di detto trattato e nel presente protocollo: per pubblico, si 
intende la pubblica amministrazione, vale a dire l'amministrazione statale, 
regionale o locale e i fondi di previdenza sociale, ad esclusione delle operazioni 
commerciali, quali definiti nel Sistema europeo di conti economici integrati, — 
per disavanzo, si intende l'indebitamento netto quale definito nel Sistema 
europeo di conti economici integrati, — per investimento, si intende la 
formazione lorda di capitale fisso, quale definita nel Sistema europeo di conti 
economici integrati, — per debito, si intende il debito lordo al valore nominale 
in essere alla fine dell'esercizio e consolidato tra e nei settori della pubblica 
amministrazione quale definita nel primo trattino. 
Articolo 3 
Al fine di garantire l'efficacia della procedura per i disavanzi eccessivi, i governi 
degli Stati membri, ai sensi della stessa, sono responsabili dei disavanzi della 
pubblica amministrazione come definito all'articolo 2, primo trattino, del 
presente protocollo. Gli Stati membri assicurano che le procedure nazionali in 
materia di bilancio consentano loro di rispettare gli obblighi derivanti dai trattati 
in questo settore. Gli Stati membri riferiscono alla Commissione, 
tempestivamente e regolarmente, in merito al loro disavanzo, previsto ed 
effettivo, nonché al livello del loro debito. 
Articolo 4 
I dati statistici da usare per l'applicazione del presente protocollo sono forniti 
dalla Commissione. 10 
10 Gazzetta ufficiale dell’Unione europea (2010)
31 
Il trattato istituiva inoltre la Banca Centrale Europea (BCE), con sede a 
Francoforte, che aveva come obiettivo prioritario quello di preservare il potere 
di acquisto della moneta unica e quindi il mantenimento della stabilità dei 
prezzi, e come caratteristica fondante la totale indipendenza dal potere politico. 
La Banca centrale europea venne istituita il 1°giugno 1998, e il 1° gennaio 1999 
rilevò i poteri decisionali, in materia monetaria delle banche centrali nazionali 
(BCN). 
Assieme alle banche centrali nazionali costituirono il Sistema europeo di banche 
centrali (SEBC). Il SEBC non aveva personalità giuridica, l'avevano invece sia 
le singole BCN che la BCE. 
La BCE può essere considerata l'elemento centrale dell'Unione monetaria 
europea. 
Con la creazione della BCE e del SEBC i singoli paesi persero parte della loro 
sovranità, cedendo alla BCE quella in tema di politica monetaria. 
Fu un fatto epocale: lo stampare moneta era sempre stato una prerogativa dello 
Stato sovrano. 
Erano due i pilastri su cui veniva fondata la BCE, il primo la sua completa 
indipendenza dal potere politico, formulata in maniera estremamente forte con 
l'articolo 107 del TCE (oggi art.130): 
"Nell'esercizio dei poteri e nell'assolvimento dei compiti e dei doveri loro 
attribuiti dai trattati e dallo statuto del SEBC e della BCE, né la Banca centrale 
europea né una banca centrale nazionale né un membro dei rispettivi organi 
decisionali possono sollecitare o accettare istruzioni dalle istituzioni, dagli 
organi o dagli organismi dell'Unione, dai governi degli Stati membri né da 
qualsiasi altro organismo. Le istituzioni, gli organi e gli organismi dell'Unione 
nonché i governi degli Stati membri si impegnano a rispettare questo principio e 
a non cercare di influenzare i membri degli organi decisionali della Banca 
centrale europea o delle banche centrali nazionali nell'assolvimento dei loro 
compiti."
32 
Il secondo pilastro era l'obiettivo irrinunciabile della stabilità dei prezzi, a cui 
tutti gli altri compiti della BCE, compresa la politica monetaria, venivano in 
subordine, come previsto dall' articolo 105 del TCE (oggi art.127): 
"1)L'obiettivo principale del Sistema europeo di banche centrali, in appresso 
denominato «SEBC», è il mantenimento della stabilità dei prezzi. Fatto salvo 
l'obiettivo della stabilità dei prezzi, il SEBC sostiene le politiche economiche 
generali nell'Unione al fine di contribuire alla realizzazione degli obiettivi 
dell'Unione definiti nell'articolo 3 del trattato sull'Unione europea. Il SEBC 
agisce in conformità del principio di un'economia di mercato aperta e in libera 
concorrenza, favorendo una efficace allocazione delle risorse e rispettando i 
principi di cui all'articolo 119. 
2)i compiti fondamentali da assolvere tramite il SEBC sono i seguenti: 
--definire e attuare la politica monetaria dell'Unione, 
--svolgere le operazioni sui cambi in linea con le disposizioni dell'articolo 219, 
--detenere e gestire le riserve ufficiali in valuta estera degli Stati membri, 
--promuovere il regolare funzionamento dei sistemi di pagamento." 
I motivi di questa scelta vanno ricercati nel modello di riferimento scelto per la 
BCE, la banca centrale tedesca, Bundesbank. 
Dal dopoguerra erano due i modelli di banca centrale che si erano imposti in 
Europa occidentale, uno anglo-francese, a cui si ispiravano la maggior parte 
delle banche centrali compresa quella italiana, l'altro quello tedesco. 
Nel modello anglo-francese gli obiettivi da perseguire erano diversi: la stabilità 
dei prezzi, la stabilizzazione del ciclo economico, il mantenimento di un elevato 
tasso di occupazione, la stabilità finanziaria e le decisioni di politica monetaria 
erano soggette all'approvazione del governo, in genere del ministro delle 
Finanze. Viceversa, in quello tedesco, la stabilità dei prezzi era considerata 
l'obiettivo primario, il perseguimento di eventuali altri obiettivi era subordinato 
a questo, e le decisioni in materia di tassi d'interesse erano prese senza alcuna 
interferenza da parte delle autorità politiche.
33 
Perché allora fu scelto il modello tedesco se il modello anglo-francese vigeva 
nella maggior parte degli Stati dell'unione? 
Per questa scelta si possono individuare due ragioni principali: 
1) Il momento economico che si stava vivendo in quegli anni e che vedeva il 
cambiamento delle teorie economiche di riferimento. 
Gli anni cinquanta e sessanta del XX secolo avevano visto il trionfo del pensiero 
keynesiano. Le autorità politiche ed economiche avevano sostenuto, con 
politiche monetarie basate sulla espansione della spesa pubblica, l'elevata 
crescita economica e il conseguente basso livello di disoccupazione. 
"La nuova politica finanziaria, ispirata alla lezione keynesiana e ammaestrata 
dall'esperienza tra le due guerre, diede notevoli risultati. Fra il 1945 e il 1973 
l'economia dei paesi industrializzati ha registrato una delle fasi di più 
prolungato ed elevato sviluppo. Il tasso di crescita è risultato più accentuato 
che in passato, con incrementi compresi fra il 4 e il 7% annuo. Durante la 
cosiddetta "età dell'oro" (1959-1973) il tasso di crescita annuo dei Paesi 
dell'Europa occidentale fu del 4,8% e il tasso di crescita procapite fu del 
3,6%"11 
Gli anni settanta segnarono un punto di svolta. 
La crisi innescata dalla "shock petrolifero" fu caratterizzata da una miscela 
d'inflazione e stagnazione dell'occupazione che le politiche espansive non 
riuscivano a controllare, anzi per certi aspetti acuivano. In questa situazione si 
fece strada una nuova visione dello sviluppo economico. 
"La lunga espansione economica del secondo dopoguerra si arrestò 
bruscamente all'inizio degli anni Settanta. Due eventi segnarono in modo 
preciso quel passaggio: l'abbandono del sistema di Bretton Woods e la crisi 
petrolifera del 1973… 
…In questo nuovo contesto le politiche di intervento keynesiane si rivelarono in 
parte inefficaci, perchè la dilatazione della spesa pubblica e i conseguenti 
11 Carboni (2008) p. 171
34 
disavanzo statali, richiedendo un massiccio ricorso alle immissioni di carta 
moneta, alimentarono la spirale inflazionistica senza riuscire a contenere la 
disoccupazione.” 12 
Si cercò allora, attraverso il conseguimento di due obiettivi prioritari: la 
completa liberalizzazione del mercato e la stabilità monetaria, di spostare lo 
sviluppo economico da una politica non più attuabile -il mantenimento di un 
elevato livello di occupazione attraverso la spesa pubblica- verso una espansione 
sovranazionale del mercato. 
"A differenza di Keynes, che vedeva nelle politiche statali di sostegno alla 
domanda l'arma per superare i rallentamenti del ciclo economico, Friedman e 
gli esponenti della scuola monetarista incoraggiavano interventi di politica 
economica sul versante dell'offerta. Per i monetaristi il primo passo per avviare 
un riordino finanziario era proprio costituito dalla introduzione di norme 
monetarie e fiscali per controllare l'offerta di moneta, in modo da riportare 
sotto controllo l'inflazione." 13 
2) La seconda ragione che spinse l'adozione della Bundesbank a modello per la 
BCE fu data dalla particolare posizione strategica della Germania. Le autorità 
monetarie tedesche nutrivano ancora dubbi sulla opportunità della UEM. Come 
condizione per l'accettazione chiesero, per evitare il rischio di importare nel loro 
paese una inflazione maggiore della loro, una BCE che assegnasse alla stabilità 
monetaria un peso se possibile ancora maggiore di quello che era solita 
assegnare la Bundesbank. Dalla seconda metà degli anni ottanta, gli stati europei 
avevano ormai ammesso e accettato, la leadership economico monetaria della 
Germania e i banchieri centrali erano ormai diventati dei ferventi sostenitori 
della teoria monetarista. In queste condizioni, al di là delle schermaglie di rito, 
la scelta divenne quasi obbligata. 
12 Carboni (2008) p. 173-174 
13 Carboni (2008) p. 175
35 
L' Unione economico-monetaria europea 
Sebbene i germi dell'Unione economico-monetaria fossero ben vivi da diverso 
tempo, non v'è dubbio però che l'accelerazione decisiva per la sua realizzazione 
si ebbe nel triennio che va dal Rapporto Delors (aprile 1989) al Trattato di 
Maastricht (febbraio 1992). 
Nel fare questa valutazione, non è possibile non tener conto degli epocali 
avvenimenti che nello stesso periodo sconvolsero l'Europa orientale. 
Il repentino crollo dell'Unione Sovietica -con la nascita di nuovi Stati 
indipendenti- e l'implosione del blocco delle economie a guida social-comunista, 
determinarono la fine degli equilibri scaturiti dalla II guerra mondiale creando 
nello scenario europeo un nuovo contesto, non previsto, con cui bisognava 
confrontarsi. I nuovi stati volevano integrarsi il più velocemente possibile con 
gli stati dell'Unione europea. Questo per diverse ragioni: la volontà di avvicinasi 
ad economie di libero mercato per abbandonare il più velocemente possibile 
l'esperienza basata sul modello sovietico che le aveva portate al fallimento, la 
necessità di approvvigionarsi facilmente di merci e materie prime che il 
disfacimento della Unione Sovietica non era più in grado di soddisfare e il 
desiderio per alcuni di loro, di riunirsi ai paesi dell'Europa centrale a cui si 
sentivano storicamente di appartenere. 
L'allargamento dell'Unione europea, anche se auspicabile, non sarebbe però 
stato semplice da realizzare. Non era pensabile arrestare il processo di 
unificazione monetaria in attesa di verificare le condizioni alle quali sarebbero 
eventualmente potuti entrare i nuovi paesi. 
Si ebbe così un'accelerazione del processo di realizzazione dell'Unione 
monetaria europea, e si scelse un programma di gradualità per l'ingresso dei 
nuovi stati nell'area di libero scambio dell'UE. Discorso a parte per quanto 
riguardava la Germania est. La Germania ovest si sarebbe fatta carico degli 
enormi costi derivanti dalla riunificazione fra le due Germanie est ed ovest e il 
nuovo grande stato tedesco che sarebbe nato da questa unione, avrebbe fatto 
parte fin da subito della nascente Unione monetaria europea.
36 
-La prima fase dell'UEM ebbe inizio il 1 luglio 1990, con l'abolizione delle 
restrizioni alla libera circolazione dei capitali, e, successivamente, la firma del 
trattato di Maastricht rese irreversibile il cammino verso la moneta unica. 
Nell'estate del 1992 i diversi orientamenti delle politiche economiche della 
Germania e degli Stati Uniti, e le incertezze nella ratifica del Trattato di 
Maastricht, scatenarono una crisi valutaria che colpì molte monete. Tra queste la 
lira, che perse circa il venti per cento. La crisi italiana fu aggravata da due cause 
concomitanti che portarono all'implosione del sistema politico: la pesante 
situazione economica preesistente accumulatasi nel corso degli anni e la 
contestuale crisi politica esplosa a fronte dell'intervento della Magistratura nei 
confronti della maggior parte dei partiti politici per il grave livello di corruzione 
a cui erano arrivati. 
“La crisi del 1992-93 è “endogena”: si tratta del redde rationem di oltre due 
decenni di politiche economiche figlie della temperie sociale e politica iniziata 
alla fine degli anni Sessanta e proseguita per tutto il decennio Settanta. 
Politiche volte a sedare l’inquietudine della società del tempo con la morfina 
dell’inflazione e con denari sottratti alle generazioni future. Dal momento in cui 
il debito pubblico che ne risulta inizia ad essere collocato presso investitori 
stranieri, verso la metà degli anni Ottanta, parte un conto alla rovescia che si 
conclude, nel settembre del 1992, con il ritiro della fiducia da parte di questi 
ultimi, che dà la stura a facili scommesse speculative sul cambio della lira e a 
una traumatica svalutazione di questa. Il sistema politico detto della Prima 
Repubblica, ormai corroso dall’interno implode rovinosamente pochi mesi 
dopo.” 14 
Nessun governo avrebbe però voluto assumersi la responsabilità di far fallire 
l'intesa. Aumentò così l'attenzione dei politici verso i valori di convergenza 
macroeconomica necessari per entrare nella UEM. In Italia fu così avviato il 
risanamento della finanza pubblica, per mezzo di consistenti tagli alle spese e 
soprattutto di incrementi delle entrate. 
14 Rossi (2010) p. 2
37 
-La seconda fase iniziò il 1 gennaio 1994 con la costituzione dell'Istituto 
Monetario Europeo (IME). I suoi compiti erano il rafforzamento della 
cooperazione tra le banche centrali, il coordinamento delle politiche monetarie, 
lo svolgere i preparativi necessari per la costituzione della Banca Centrale 
Europea (BCE) e del Sistema europeo di banche centrali (SEBC) per la 
conduzione della politica monetaria unica e per l’introduzione di una moneta 
comune. 
La crisi non aveva ancora allentato la sua morsa, specialmente in Italia. 
Nell’estate del 1994 fu così necessario attuare una stretta creditizia che inaugurò 
un periodo di grande rigore monetario. Nel 1995, anno in cui si produsse una 
nuova crisi valutaria, solo per la fermezza dell’azione della Banca d'Italia si 
riuscirono a produrre significativi risultati nella lotta all'inflazione. 
-Nel dicembre 1995 il Consiglio europeo decise di denominare “euro” l’unità 
monetaria europea che sarebbe stata introdotta con l’avvio della Terza fase 
dell’UEM. 
Frenata la crescita dei prezzi, nel 1996 iniziò un allentamento delle condizioni 
monetarie. La ritrovata fiducia, interna e internazionale, consentì 
finalmente,anche in Italia, la riduzione dei tassi. 
-Nel giugno 1997 al fine di integrare e precisare le disposizioni del Trattato, il 
Consiglio europeo adottò il Patto di stabilità e crescita, che era volto a garantire 
la disciplina di bilancio nell’ambito dell’UEM prevedendo anche misure 
sanzionatorie nei confronti degli Stati non in linea con i parametri. 
-Nel maggio 1998 venne verificato che 11 Stati membri dell’UE - Belgio, 
Germania, Spagna, Francia, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Austria, 
Portogallo e Finlandia - soddisfacevano le condizioni necessarie per la 
partecipazione alla Terza fase dell’UEM e per l’adozione della moneta unica. 
-Il 1°giugno 1998 nacque la BCE ed esaurì il suo mandato l'IME. 
-Il 1°gennaio 1999 venne introdotto l'Euro come valuta degli stati membri. Si 
diede quindi avvio la terza e ultima fase dell'UEM, che comportò la fissazione 
irrevocabile dei tassi di cambio delle valute dei primi 11 Stati partecipanti
38 
all’unione monetaria (come da tabella) e la conduzione di una politica monetaria 
unica sotto la responsabilità della BCE. 
Tassi di conversione in euro 
Paese Valuta Valore Euro 
Austria Scellini austriaci 13,7603 1 
Belgio Franchi belgi 40,3399 1 
Finlandia Marchi finlandesi 5,94573 1 
Francia Franchi francesi 6,55957 1 
Germania Marchi tedeschi 1,95583 1 
Grecia Dracme greche 340,750 1 
Irlanda Sterline irlandesi 0,787564 1 
Italia Lire italiane 1936,27 1 
Lussemburgo Franchi lussemburghesi 40,3399 1 
Olanda Fiorini olandesi 2,20371 1 
Portogallo Escudos portoghesi 200,482 1 
Spagna Pesetas spagnole 166,386 1 
Fonte: Sito ufficiale BCE
39 
-Il 1°gennaio 2002, come previsto, iniziarono a circolare anche le banconote e le 
monete in Euro. 
La nascita dell'Unione economico monetaria europea fu definita come il 
maggior evento economico, politico e istituzionale dell'Europa occidentale nella 
storia del XX secolo. Caratteristica fondamentale del nuovo contesto che si 
venne a creare era la presenza di un'unica politica monetaria di competenza della 
BCE, con l'adozione di un'unica moneta, e la conseguente perdita da parte dei 
singoli stati di un importante strumento di politica economica. 
“A nessuno sfuggiva che attribuire all'Unione europea il potere di emettere la 
moneta rappresentava un notevole passo verso una sorta di stato.” 15 
La fase di avvicinamento e lo stesso inizio dell'Euro furono alquanto tormentati 
sui mercati finanziari. 
“Il percorso dallo Sme all’euro ha conosciuto momenti di estrema difficoltà, 
taluni drammatici, tuttavia sempre approntati con l’animo di chi sapeva che 
indietro non si tornava; con lo sguardo puntato ad un traguardo più 
ambizioso.” 16 
Era perciò naturale che, alle tante voci entusiaste per la nascita dell'UEM, si 
contrapponessero anche alcune voci critiche. I dubbi nascevano principalmente 
dalla diversità (asimmetricità) delle economie coinvolte in questo “esperimento” 
sulla base della “teoria delle aree monetarie ottimali” espressa dall'economista 
Robert Mundell. A questi dubbi si era data una risposta con i rigorosi parametri 
di convergenza inseriti nel trattato di Maastricht e con il successivo patto di 
stabilità, ma non da tutti erano ritenuti sufficienti. 
“Non solo il trattato non si è dimostrato una guida appropriata nella fase di 
avvicinamento all'UEM. Quel che più preoccupa in prospettiva è che esso non 
fornisce prescrizioni adatte per garantire la coesistenza monetaria di economie 
strutturalmente diverse.” 17 
15 Padoa-Schioppa (2002) p. 54 
16 Degli Esposti - Righi (2011) p. 185 
17 Tamborini (1997) p. 368
40 
Altre critiche venivano dalla “indeterminatezza” del sistema di comando e dalla 
mancanza di una “sovranità certa” sull'Euro. 
“Non è un caso che l'accusa maggiore rivolta all'euro sia venuta da oltre 
oceano e sia soprattutto legata al fatto che dietro la moneta unica europea non 
vi è né un bilancio federale né un governo federale. In caso di crisi finanziaria, 
si argomenta negli Stati Uniti, chi è in grado di prendere quelle decisioni che 
sono necessarie per raddrizzare eventi imprevisti?” 18 
“Di conseguenza, siccome la storia conta e lascia tracce, se il vascello 
dell'euro alla fine salperà, dovrà navigare con carte malfatte, una bussola 
incerta, un comando confuso e un equipaggio rissoso. “ 19 
La fiducia però non venne mai meno, specialmente da parte dei padri dell’euro, 
che, nel sottolineare la novità e la particolarità dell’importante sfida, non 
escludevano la possibilità di necessari aggiustamenti. 
“Non si deve però dimenticare che questo sistema non ha precedenti e che 
rappresenta perciò una sfida. Esso potrebbe richiedere un'ulteriore evoluzione. 
In effetti l'entrata in scena dell'euro accresce enormemente il grado di 
dipendenza tra i paesi partecipanti e tra le loro politiche. Per gestire con 
successo tale interdipendenza cioè per evitare che una sana concorrenza 
degeneri in insani conflitti occorre un'attribuzione ottimale delle responsabilità 
tra i vari policy-maker in senso sia verticale sia orizzontale, e -se necessario- lo 
sviluppo di efficienti meccanismi di consultazione, coordinamento e decisione a 
più livelli.” 20 
18 Letta (2001) p. 817 
19 Tamborini (1997) p.373 
20 Padoa-Schioppa (2000) p. 1112
41 
Conclusioni 
Con la ricostruzione del percorso che dal Medioevo porta alla nascita della 
Comunità economica europea non si vuole teorizzare che le radici della Unione 
europea vanno ricondotte a questo periodo. 
Si vuole invece sottolineare che l'integrazione europea, sotto l'aspetto 
economico commerciale, è un sentire che muove da lontano attraverso un 
percorso accidentato, che qualche volta nasce dal basso e qualche volta muove 
dall'alto. Per cui non crediamo di errare se affermiamo che l'Europa occidentale 
è, per la sua conformazione geografica, per il suo divenire e la sua cultura, una 
comunità omogenea, anche se divisa sul piano politico. 
L'Unione europea e l'Unione economico-monetaria europea sono quindi la 
naturale evoluzione di questo processo. 
La loro nascita, dovuta a scelte politiche fatte per superare le conflittualità 
esistenti, migliorare i rapporti economici e assicurare la crescita dei suoi Stati, 
oggi li dobbiamo considerare dati di fatto non più discutibili, ma eventualmente 
migliorabili. 
Le teorie economiche non possono essere considerate sacre ed immutabili, ma in 
continuo divenire. Una teoria che oggi porta crescita economica e successo, può 
non esserlo domani per il mutare del contesto dovuto a fatti imprevisti e/o 
imprevedibili. 
Sul palcoscenico dell'economia mondiale, hanno fatto irruzione nuove potenze 
quali Brasile, Russia, India e Cina, che, con il loro prepotente gigantismo, la 
ricchezza di materie prime e il lavoro a basso costo, tendono ad intaccare e 
spezzare equilibri economici fino ad ora indiscussi, aprendo nuovi scenari. 
È da queste premesse, che dobbiamo partire quando pensiamo al futuro 
dell’Unione europea. 
L'UEM, non sarà più una condizione sufficiente per la crescita economica, ma 
sarà una condizione necessaria.
42 
Da qui la necessità che le attuali incomprensioni fra i vari Stati vengano 
superate e riparta un forte processo di integrazione. 
Sui nuovi scenari mondiali, la comunità europea dovrà presentarsi più che mai 
unita. 
Se si presentasse distonica, o peggio divisa, sarebbe come giocare una partita a 
pallacanestro fra nani europei e giganti mondiali, anche le migliori doti di agilità 
e intelligenza, sarebbero inutili di fronte alla schiacciante superiorità dei giganti 
avversari.
43 
CRONOLOGIA 
· 1950 Dichiarazione Schuman 
· 1951 Trattato di Parigi, nasce la Comunità europea del carbone e dell’acciaio 
(CECA). 
· 1957 Trattati di Roma, nascono la Comunità economica europea (CEE) e la 
Comunità europea dell’energia atomica (EURATOM). 
· 1970 Esce il rapporto Werner, fallirà all’inizio degli anni settanta. 
· 1973 La Danimarca, l’Irlanda e il Regno Unito aderiscono alla Comunità 
economica europea, portando a nove il numero di Stati membri. 
· 1979 Nasce il Sistema monetario europeo (SME). 
· 1981 La Grecia entra a far parte della Comunità economica europea. 
· 1986 La Spagna e il Portogallo aderiscono alla Comunità economica europea. 
· 1986 L’Atto unico europeo (AUE) rilancia il progetto di un’unione 
economica e monetaria. 
· 1988 Il Rapporto Delors conferma l’obiettivo della realizzazione dell’Unione 
economica e monetaria (UEM). 
· 1989 Si aprono i negoziati relativi al Trattato sull’Unione europea, 
comunemente noto come Trattato di Maastricht. 
· 1992 Viene siglato il Trattato di Maastricht. 
· 1993 Il 1° novembre entra in vigore il Trattato di Maastricht, previa ratifica 
dei 12 Stati membri. 
· 1995 L’Austria, la Finlandia e la Svezia entrano a far parte dell’Unione 
europea. 
· 1990-1999 L’Unione economica e monetaria viene realizzata in tre fasi. 
· 2002 Sono immesse in circolazione le banconote e le monete in euro.
44 
Paesi facenti parte dell’UNIONE EUROPEA (UE) 
Fonte: Ratio Centro Studi Castelli
45 
Bibliografia 
Carboni Mauro, “Stato e finanza pubblica in Europa dal Medioevo a oggi: un 
profilo storico”, Torino, G. Giappichelli, 2008 
De Grauwe Paul,“Economia dell’unione monetaria”, Bologna, Il mulino, 2010 
Degli Esposti Giacomin Righi, “Conversazione con Romani Prodi e Jacques 
Delors. Dieci anni con l’euro in tasca”, Roma, Alberti editore, 2011 
Farolfi Bernardino,“L’integrazione economica europea in una prospettiva 
storica”, Torino, G. Giappichelli, 2006 
Letta Enrico,”L’allargamento a due tempi”, Rivista Il Mulino fascicolo 5 del 
2001 
Padoa-Schioppa Tommaso,“La lunga via per l’Euro”, Bologna, Il mulino, 2004 
Padoa-Schioppa Tommaso e Michael Emerson,“Efficienza, stabilità ed equità: 
una strategia per l’evoluzione del sistema economico della Comunità europea”, 
Bologna, Il mulino, 1987 
Padoa-Schioppa Tommaso,“L’Europa verso l’unione monetaria Dallo Sme al 
trattato di Maastricht”, Torino, Giulio Einaudi editore, 1992 
Padoa-Schioppa Tommaso,“L’Euro in prospettiva storica”, Rivista Il Mulino 
fascicolo 1 del 2002 
Padoa-Schioppa Tommaso,”Euro e Politica”, Rivista Il Mulino fascicolo 6 del 
2000 
Pecorari Paolo, “L’Italia Economica. Tempi e fenomeni del cambiamento 
(1861-2000) “, Milano, Cedam, 2005 
Rossi Salvatore, “Aspetti della politica economica italiana dalla crisi del 1992- 
93 a quella del 2008-09”, Roma, Marzo 2010 
Tamborini Roberto,“Economia Politica Dal Rapporto Delors al trattato di 
Maastricht e oltre”, Il mulino, a XIV, n.3, dicembre 1997 
Webgrafia 
http://www.bancaditalia.it Sito ufficiale della Banca d’Italia 
http://europa.eu Sito ufficiale dell’UE 
http://www.ecb.int Sito ufficiale della BCE 
http://www.oecd.org/statistics/ Sito ufficiale dell’OCSE 
http://it.wikipedia.org Wikipedia 
http://www.simone.it Edizioni giuridiche Simone dizionari online 
http://www.ratio.it/ Ratio Centro Studi Castelli

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L'euro un'idea che nasce da lontano

  • 1. 1 Alma Mater Studiorum Università di Bologna FACOLTA’ di ECONOMIA – Sede di Forlì Corso di Laurea in Economia e commercio Curriculum Economia e gestione aziendale: Finanza e Mercati Finanziari ELABORATO FINALE L’euro: un’idea che nasce da lontano CANDIDATO: DOCENTE REFERENTE: Gian Marco Melandri Prof. Mauro Carboni N° matricola: 440775 Anno Accademico 2011/2012
  • 2. 2 SOMMARIO - SOMMARIO 2 - PREFAZIONE 3 - INTRODUZIONE 5 - 1° DALLA RIVOLUZIONE COMMERCIALE ALLA MITTELEUROPA 7 - 2° DALLA SECONDA GUERRA MONDIALE AL TRATTATO DI MAASTRICHT 11 - 3° IL TRATTATO DI MAASTRICHT E LA BANCA CENTRALE EUROPEA 22 - 4° L’UNIONE ECONOMICO-MONETARIA EUROPEA 35 - CONCLUSIONI 41 - CRONOLOGIA 43 - BIBLIOGRAFIA 45
  • 3. 3 Prefazione Quando nell'autunno del 2011 cominciai a pensare agli argomenti che potevano essere oggetto del mio elaborato per la laurea triennale, non avevo in mente un argomento preciso. In quel periodo, i media erano costantemente pieni di informazioni circa i problemi economico-finanziari di Grecia e Italia, degli incontri bilaterali fra Sarkozy e la Merkel, della crisi dell'Euro, dell’Unione europea e dell'inadeguatezza dei parametri di Maastricht. La parola di moda era diventata un vocabolo fino ad allora sconosciuto ai più: SPREAD. In questo contesto cominciai a chiedermi quali fossero le mie conoscenze sull'Unione europea. Mi resi conto che erano piuttosto limitate, anche se riguardavano argomenti con cui, molto probabilmente nel tempo avrei dovuto confrontarmi. Pensai che questa fosse un' ottima occasione per approfondire la mia cultura sull’argomento. Ne parlai con il professor Mauro Carboni mio docente di storia economica. Mi spiegò che l'argomento era estremamente vasto, e mi suggerì di limitare la ricerca ad un ambito più ristretto. Accolsi il suggerimento ed iniziai la mia ricerca, concentrandomi sulla nascita dell' Euro, e prioritariamente agli aspetti economico-monetari. Durante la ricerca mi accorsi di alcune cose. Come aveva giustamente sottolineato il professor Carboni la materia era estremamente vasta. L'approfondimento di certi argomenti, quali le dottrine economiche, era oltremodo dispersivo e ognuno di questi sarebbe bastato da solo come oggetto di una tesi. Da qui la scelta di limitare il loro approfondimento alla comprensione del quadro di riferimento.
  • 4. 4 Era però necessario, affrontando i vari eventi, inquadrare il contesto da cui gli stessi erano scaturiti. Per cui a ritroso il lavoro includeva nuovi periodi storici. Ne è conseguito un elaborato lungo un percorso storico necessariamente più ampio di quello inizialmente previsto, ma più completo. Nota: Nell’elaborato sono state inserite delle citazioni. Alcune sono state incluse direttamente nel testo, altre sono state inserite come rafforzativi di quanto in precedenza esposto. Di tutte sono comunque indicate le fonti.
  • 5. 5 Introduzione Con questo lavoro si vuole illustrare il percorso storico-economico che ha portato alla nascita di quello che è stato definito il maggior evento economico dell' Europa nel ventesimo secolo: l'EURO. “La base legale e istituzionale per l'adozione della moneta unica è costituita da un emendamento al Trattato di Roma (1957), che si concordò nel dicembre 1991 e si firmò a Maastricht nel febbraio 1992. In effetti la moneta unica emendava, nel senso di completarla e di correggerla, la costruzione economica e istituzionale del Trattato di Roma non solo nella forma, ma anche nella sostanza. In breve, si può dire che l'emendamento consisteva nel sostituire al Dollaro, la moneta unica "implicita" in Europa negli anni cinquanta, l'Euro come nuova moneta unica "esplicita".” 1 Questa affermazione di uno dei padri dell' Euro, il ministro Tommaso Padoa-Schioppa, ci spiega perché si è resa necessaria la realizzazione di una moneta unica europea (come vedremo in dettaglio nel secondo capitolo). La nascita dell' EURO è il punto d'incontro di due diversi percorsi, uno politico e uno economico-monetario. In questo elaborato noi seguiremo gli avvenimenti storico economici che hanno portato alla nascita dell'Unione economico-monetaria europea, tralasciando quelli politici. Nella prima parte dell' elaborato sarà trattata in rapida sintesi la genesi storica della civiltà economica europea, la rivoluzione commerciale, la lex mercatoria, il dolce commercio, Napoleone, l'utopia sansimoniana, il libero scambio e l'ideale mitteleuropeo. Nella seconda parte ripercorreremo il periodo che va dalla fine della II guerra mondiale al trattato di Maastricht, il manifesto di Ventotene, la Comunità economica del carbone e dell'acciaio, i trattati di Roma, la fine del sistema di 1 Padoa-Schioppa (2002) p. 48
  • 6. 6 Bretton Woods, il serpente monetario, il Sistema monetario europeo, il rapporto Delors e l'atto unico europeo. Nella terza parte infine parleremo del trattato di Maastricht, della nascita della Banca centrale europea, dell'Unione economico-monetaria europea e delle motivazioni che sottostanno a queste scelte.
  • 7. 7 Dalla rivoluzione commerciale alla Mitteleuropa I semi di una integrazione economica europea hanno radici lontane nel tempo. Qualche volta si allude al medievale impero carolingio per indicare il primo riferimento storico all' Unione Europea. Forse è più corretto considerare l'impero carolingio "una falsa partenza" e considerare il suo disfacimento, con la nascita del feudalesimo e la successiva "rivoluzione commerciale" le basi della civiltà e dell’ economia europea. Nel medioevo l'Europa era divisa in tanti piccoli stati, contee, marchesati. Il commercio per svilupparsi aveva bisogno di regole valide per tutti ovunque, in molti casi in contrasto con quelle di questo o quel posto. Di qui la nascita di mercati, fiere, porti franchi, codici mercantili, accordi tra chi forniva fondi e chi mercanzie. Il tutto avvenne partendo dal basso, ad opera della comunità mercantile, che, dove necessario, aggirò le leggi delle varie comunità, creando una specie di sovrastato nel variegato mondo delle "unità politiche" dell'epoca. Le istituzioni non potevano però rimanerne al di fuori di tutto questo. Assieme ai mercanti ed alle loro corporazioni, i governi delle città mercantili, cercarono di definire delle regole in ambito commerciale: unità di peso e misura, standard di qualità e prezzo delle merci; condanna delle frodi, degli accordi monopolistici e della speculazione sui beni di prima necessità; uso degli strumenti di credito, tenuta dei libri contabili, procedura fallimentare, struttura delle società e forma dei contratti. Queste regole, che presero il nome di "lex mercatoria", superarono i confini degli stati, ebbero una diffusione europea e diedero origine ad una funzione virtuosa del commercio. Questo portò nel 1700, all'esaltazione delle potenzialità virtuose del commercio arrivando a definirlo "dolce commercio" nella convinzione che l'aumento degli scambi commerciali contribuisse al miglioramento dei rapporti fra i popoli, e favorisse la pace. Purtroppo non fu solo così, in molti casi il commercio rimase ancora un affare avventuroso, rischioso e violento. L' irruzione sulla scena europea del ciclone Napoleone distrusse la grande illusione del "dolce commercio" ed introdusse un nuovo soggetto storico, la "Grande Nazione" che mirava alla liberazione dei popoli dalle monarchie assolutiste e alla modernizzazione degli apparati statali. Le linee di questo disegno portarono grandi innovazioni istituzionali, creando fra l'altro le basi di
  • 8. 8 una più solida organizzazione societaria delle imprese e di un pieno esercizio del diritto di proprietà. Dopo il crollo dell'impero napoleonico, queste leggi non vennero cancellate, le monarchie restaurate le conservarono, se non nella forma, nella sostanza. Il secolo che seguì l'epopea napoleonica, fu un periodo sbalorditivo, per la nascita di nuove ideologie e grandi innovazioni tecnologiche che produssero in Europa un forte mutamento. I fautori delle nascenti ideologie: socialismo e democrazia, sognavano, con la crescente solidarietà tra i popoli, la nascita degli Stati uniti d'Europa. Avevano però sottovalutato quella che si sarebbe rivelata come la più potente forza ideale e politica del secolo: il nazionalismo, che, affermatosi con la rivoluzione francese e diffusosi in Europa assieme alle baionette di Napoleone, portò all'unificazione dell' Italia, della Germania e alla crisi degli imperi multinazionali. Se l'ideologia politica aveva portato alla creazione degli stati nazionali, le ideologie economiche puntavano al loro superamento. Prima attraverso l'utopia sansimoniana, che immaginava un unico parlamento fra Francia e Gran Bretagna in cui avrebbero dovuto essere rappresentati i ceti produttivi, poi con l' ideologia liberoscambista. Il primo trattato, ispirato a questa nuova ideologia, fu firmato nel 1860 tra Francia e Inghilterra; prevedeva l'abolizione delle restrizioni e dei dazi doganali che fino ad allora avevano ostacolato lo sviluppo delle relazioni commerciali. Fu poi esteso tramite la clausola detta "della nazione più favorita" a tutti gli stati europei. Questa clausola prevedeva che, qualora uno dei contraenti avesse stipulato un nuovo trattato con un altro stato, questa sarebbe stata estesa automaticamente all' altro paese. All' integrazione commerciale si affiancarono alcuni tentativi di integrazione monetaria, ma l'apertura del canale di Suez, combinata con l'introduzione della navigazione a vapore e la diffusione delle reti ferroviarie, portarono a riversarsi sui mercati europei, ingenti quantitativi di cereali ed altri prodotti agricoli provenienti da India, Cina, Russia e America a bassi prezzi, provocando una crisi che durò per oltre un ventennio. Fu la fine dell' idillio liberoscambista e il protezionismo doganale tornò ad apparire per gli stati europei l'unica ancora di salvezza.
  • 9. 9 Gli effetti negativi del ritorno al protezionismo furono comunque attenuati sul finire del secolo dall'adozione di nuovi trattati commerciali, dall' aumento dei prezzi, dalla progressiva riduzione dei costi di trasporto e dalla diffusione del sistema monetario Gold standard. Il Gold standard era il sistema monetario internazionale adottato dal 1870 fino alla prima guerra mondiale che prevedeva uno stretto legame tra la quantità di moneta in circolazione e le riserve auree detenute dalla banca centrale. In tale sistema ogni moneta aveva una parità fissa; il valore della moneta corrispondeva, cioè, ad una determinata quantità di oro stabilita dalle autorità monetarie. La moneta cartacea in circolazione era convertibile, in qualunque momento in oro, per cui si rendeva necessaria la corrispondenza tra la quantità di biglietti di banca in circolazione e le riserve di oro possedute dalla banca centrale. La fine del XIX secolo vide, dopo la sua unificazione, la nascita della potenza tecnologica, industriale ed economica tedesca. Alla sua grande potenzialità non corrispondeva però un adeguato peso internazionale. Negli ambienti economici e finanziari tedeschi cominciò così a farsi strada, per superare questo divario, l'idea di un’unione Mitteleuropea a guida tedesca, fra l'impero austroungarico e quello tedesco. L'idea non ebbe il tempo di essere sviluppata per lo scoppio della prima guerra mondiale. L'inizio del conflitto sembrava evolvere velocemente a favore della Germania e degli imperi centrali. In un documento preparato per i suoi collaboratori –che avrebbero dovuto partecipare alle imminenti trattative di pace- il cancelliere tedesco indicava l’obiettivo di creare un'associazione economica Mitteleuropea a guida tedesca. Di questa associazione avrebbero dovuto inizialmente far parte: Francia, Belgio, Olanda, Danimarca, Polonia, Austria-Ungheria, e successivamente: Italia, Svezia, e Norvegia. La guerra ebbe un diverso sviluppo, la Germania ne uscì sconfitta e costretta a subire delle pesanti condizioni di pace che la portarono ad una grave crisi politica e finanziaria con una situazione di iperinflazione e conseguente crollo della moneta. Le aspirazioni dei fautori della Mitteleuropa erano definitivamente affossate.
  • 10. 10 Sul finire degli anni venti un tentativo di distensione della Francia verso la Germania con il tentativo di giungere ad una federazione anche con altri stati europei non ebbe fortuna. Il successo politico del Nazionalsocialismo sembrò portare nuova linfa alla causa della Mitteleuropa auspicata dagli imprenditori e dai finanzieri tedeschi. Ma la visione dell' Europa prefigurata dai nazionalsocialisti era altra cosa, e la conquista dello "spazio vitale" doveva avvenire, secondo i loro ideali, a spese delle razze inferiori e trascendeva dalle sole esigenze economiche e commerciali degli imprenditori e dei finanzieri, con le funeste conseguenze che tutti conosciamo.
  • 11. 11 Dalla II guerra mondiale al trattato di Maastricht L'idea di un'istituzione sovranazionale europea moderna prese corpo dopo la seconda guerra mondiale guidata dalla volontà di evitare nuovi futuri conflitti fra le sue nazioni. Il documento "Per un Europa libera e unita. Progetto d'un manifesto" scritto da Ernesto Rossi e Altiero Spinelli, più conosciuto come "Manifesto di Ventotene", dal nome della località dove i due antifascisti erano stati confinati dopo il 1940, è uno dei testi più importanti sul federalismo europeo. In esso gli stati nazionali apparivano come organismi ormai inadeguati a garantire la sicurezza dei cittadini e a promuovere lo sviluppo economico. Ne scaturiva quindi la proposta di costituire una federazione europea in cui avrebbero dovuto confluire i vecchi organismi statali. I tempi non erano ancora maturi. Era necessaria una via più graduale che mirasse ad una maggiore collaborazione tra gli stati, mantenendone inalterata la sovranità. Le parole pronunciate il 9 maggio 1950 dal ministro degli esteri francese, che passeranno alla storia come "Dichiarazione Schuman": "Signori non è più questione di parole vane, ma di un atto, un atto di coraggio, un atto costruttivo....l'Europa non si costituirà di un colpo, né si costruirà tutta insieme: si farà con realizzazioni concrete..... la coesione delle Nazioni europee esige che l'opposizione secolare della Francia e della Germania sia eliminata..." daranno il via al processo di integrazione europea. La strategia scelta sarà definita "funzionalista" mirante ad affrontare problemi particolari mediante la creazione di organismi sovranazionali dotati di autonomia nell'esercizio delle loro funzioni. Il primo atto concreto fu di riunire e gestire congiuntamente le due risorse strategiche, il carbone e l'acciaio, per il controllo delle quali erano state combattute in Europa diverse guerre.
  • 12. 12 Nacque così la Comunità Economica del Carbone e dell' Acciaio,(CECA) istituita con il "Trattato di Parigi" nell' Aprile del 1951; era formata da sei paesi: Belgio, Francia, Germania, Italia, Lussemburgo e Paesi Bassi. Fu una decisione rivoluzionaria, che trasferiva per la prima volta a un'istituzione comune la sovranità in un campo decisivo, sebbene limitato. Il secondo passo della strategia funzionalista applicato al campo fondamentale della difesa fu però un fallimento. Poteva essere per la nascente comunità europea un colpo fatale. La determinazione dei leader politici, unita allo shock derivato dalla chiusura del canale di Suez, ridiede nuovo slancio al processo d'integrazione economica europea con i "Trattati di Roma" del marzo 1957 e con l'istituzione della Comunità Europea dell' energia atomica (EURATOM) e della Comunità Economica Europea (CEE). -L'Euratom aveva lo scopo di coordinare i programmi di ricerca relativi all' energia nucleare e di assicurarne un uso pacifico. -La CEE aveva come obiettivo economico prioritario il superamento delle barriere doganali attraverso la creazione di un mercato comune europeo (MEC) fra i sei stati aderenti che avrebbe portato, mediante una progressiva riduzione delle tariffe doganali, alla libera circolazione di: merci, servizi, capitali e persone; le cosiddette quattro libertà. In estrema sintesi lo spirito dei "Trattati di Roma" con la creazione della CEE, era quello di costruire un mercato europeo effettivamente libero con l'impegno a rimuovere i vincoli esistenti alla libera circolazione delle merci, e l'abolizione delle forme di protezionismo nazionale. Se pensiamo che in alcuni paesi, fra i quali l' Italia, era ancora necessario pagare un dazio per trasportare i beni da una città all' altra entro le frontiere nazionali, la realizzazione delle quattro libertà era un atto ancora più rivoluzionario della costituzione della CECA.
  • 13. 13 Il processo di liberalizzazione trovò vasta applicazione sopratutto nel mercato dei manufatti, ci furono problemi invece per quello dei prodotti agricoli, dei servizi e del lavoro. Il successo comunque arrise alle economie della CEE, tutti gli indicatori economici delle sei nazioni volsero per diverso tempo al bello. Questo fatto, riaccreditò la visione, del "dolce commercio" e rafforzò i fautori del liberoscambismo, fino ad ipotizzare l'eliminazione delle frontiere nazionali. I Trattati di Roma non contenevano però che sporadici accenni alla moneta. Questa potrebbe sembrare una contraddizione, in quanto, base essenziale per un mercato comune è la moneta di riferimento. "Si tratta, però di un'impressione sbagliata, dovuta al fatto che un sistema monetario ben definito, a quell'epoca esisteva già, ed era coerente con il
  • 14. 14 programma del mercato unico: era il regime di cambi fissi stabilito a Bretton Woods nel 1944, regime che, di fatto, non permetteva svalutazioni competitive delle valute. Il mercato unico, ancora da creare, dunque, implicitamente aveva già una moneta unica, il Dollaro. Se nel Trattato di Roma non fu definito esplicitamente un sistema monetario è perché i vigenti accordi di Bretton Woods erano considerati un dato permanente dell'ordine economico internazionale. Invece, l'edificio dei cambi fissi non ebbe la durata eterna che si pensava, e non appena manifestò i primi scricchiolii, alla fine degli anni sessanta, iniziò una discussione su quale ordinamento monetario europeo potesse sostituirlo per completare il mercato comune." 2 "Sul piano della stabilità economica internazionale fondamentale rilievo ebbero gli accordi stipulati nel luglio del 1944 nella cittadina di Bretton Woods nel New Jersey. Alla conferenza, cui parteciparono esperti economici di 44 paesi, fu stabilito il ripristino della convertibilità in oro del dollaro, per restituire stabilità al sistema monetario internazionale e l'istituzione di un sistema di cambi fissi o quasi fissi tra le varie monete, che potevano oscillare entro una banda prefissata dell'1%. Le parità furono fissate in parte in termini aurei e in altra parte in rapporto a valute convertibili in oro, prevedendo aggiustamenti in presenza di particolari condizioni di squilibrio della bilancia dei pagamenti. Lo schema originario di Bretton Woods si modificò alla fine degli anni Cinquanta in un sistema di valute chiave dominate dalla centralità del dollaro: difatti si creò un gold-dollar standard destinato a regolare le relazioni monetarie fino al 1971. Il dollaro divenne la valuta degli scambi internazionali e la valuta di riserva per eccellenza, mentre tutte le altre valute ruotavano attorno ad esso. Alla conferenza di Bretton Woods si prospettò anche la necessità di creare tre nuove istituzioni internazionali: l'International Monetary Found (IMF), col compito di concedere prestiti a breve termine per sanare deficit della bilancia dei pagamenti di paesi in difficoltà; la International Bank for Reconstruction and Development (IBRD), in seguito ribattezzata World Bank, per la concessione di prestiti a lungo termine, in primo luogo per la ricostruzione dei paesi danneggiati dalla guerra e successivamente per lo sviluppo dei paesi arretrati; e l' International Trade Organization (ITO), con funzioni di 2 Padoa-Schioppa (2002) p. 49
  • 15. 15 promozione e controllo degli scambi internazionali. L' ITO ebbe tuttavia vita breve e fu sostituito nel 1948 dal General Agreement on Tariffs and Trade (GATT), finalizzato a promuovere il commercio internazionale attraverso la liberalizzazione degli scambi." 3 La nascita e il successo di una comunità di libero scambio, composta da paesi economicamente forti, creò qualche mal di pancia fra i paesi europei che non ne erano entrati a far parte: Regno Unito, Austria, Danimarca, Norvegia, Portogallo, Svezia e Svizzera. Così con una convenzione firmata a Stoccolma il 4 Gennaio 1960, questi paesi diedero vita alla Associazione Europea di Libero Scambio (AELS) meglio conosciuta come EFTA (European Free Trade Association). Alcuni di questi stati poi però ne uscirono ed entrarono a far parte della CEE. Oggi sono rimasti a far parte dell' EFTA, Islanda, Lichtenstain, Norvegia e Svizzera. Dalla seconda metà degli anni sessanta il cammino verso l'attuazione delle quattro libertà subì una battuta d'arresto, principalmente dovuta alla Francia di De Gaulle. Questa: si opponeva all' ingresso della Gran Bretagna, faceva introdurre nelle votazioni la regola dell'unanimità, che di fatto introduceva il diritto di veto, e voleva introdurre politiche agricole a lei molto favorevoli. Vi era inoltre ancora un forte desiderio di mettere in atto politiche economiche nazionali indipendenti, che mal si conciliavano con la liberalizzazione dei mercati. In questo contesto "Nell'agosto 1971 il presidente statunitense Richard Nixon (1913-1994) - sotto i colpi della speculazione e della crisi della bilancia dei pagamenti – decise la sospensione della convertibilità del dollaro in oro, portando il sistema monetario internazionale a un regime di cambi fluttuanti con evidenti problemi di governo dei pagamenti esteri. Nel 1973 il sistema di Bretton Woods fu definitivamente e ufficialmente abbandonato. Nello stesso anno la crisi petrolifera mise fine al lungo periodo di prosperità che aveva fatto dei quasi trent'anni successivi alla fine della seconda guerra mondiale il periodo più stabile della storia del capitalismo. La fine dei cambi fissi determinò una situazione di instabilità che danneggiò il commercio 3 Carboni (2008) p. 162
  • 16. 16 internazionale, ma fu soprattutto lo shock petrolifero, con l'improvviso aumento del prezzo del petrolio a minacciare i Paesi industrializzati." 4 "Ciò provocò una protratta inflazione nella maggior parte dei Paesi industrializzati. La Germania fu la principale eccezione, forse perchè la drammatica esperienza dell' iperinflazione aveva sradicato dalla mente delle persone l'illusione che più creazione di moneta portasse più felicità." 5 La sospensione della convertibilità del dollaro in oro, facendo venir meno quello che fino ad allora aveva funzionato come sistema monetario internazionale, rischiava di portare il caos nell'economia mondiale. I dieci paesi rappresentanti le più forti economie mondiali, decisero allora di adottare delle contromisure. Si riunirono allo Smithsonian Institute di Washington, dove nacque lo Smithsonian Agreement, con il quale si decise una svalutazione del dollaro. Non fu tuttavia ripristinato l'obbligo per gli Stati Uniti di scambiare dollari con oro. Furono anche modificati i tassi di cambio tra le altre monete e si stabilì una banda di oscillazione del 2,25% in più o meno, rispetto al dollaro. Si era così passati da un sistema di cambi fissi ad un sistema di cambi flessibili. Per la Comunità economica europea fu un brutto colpo, la stabilità dei cambi rappresentava una condizione essenziale per favorire lo sviluppo degli scambi commerciali. “la creazione del Mercato comune europeo si accompagna alla più vivace stagione di crescita economica mai sperimentata sul continente. Per rinsaldare quei risultati e quasi con spirito utopistico, nel mezzo del disordine monetario internazionale, si progetta una moneta unica.” 6 La necessità di creare un' area ove regnasse la stabilità monetaria aveva già indotto gli Stati membri ad avviare fin dal 1970, quindi prima dell'abbandono dei cambi fissi, ed a seguito della crisi del Franco francese del 1968-69, una serie di studi finalizzati alla creazione di una cooperazione monetaria. L'incarico fu affidato ad un comitato di esperti presieduto dal ministro delle finanze lussemburghese Werner. Fu in questa occasione che si manifestò per la prima 4 Carboni (2008) p. 173 5 Padoa-Schioppa (2002) p. 56 6 Degli Espositi (2011) p. 172
  • 17. 17 volta il dualismo tra economisti e monetaristi. I primi, tra i quali si distinguevano Germania e Paesi Bassi, ritenevano che il coordinamento delle politiche economiche costituisse il fondamento indispensabile all'integrazione monetaria; i secondi, tra cui Francia, Italia, e Lussemburgo, erano convinti che l'unione monetaria dovesse precedere l'armonizzazione delle politiche economiche fra gli Stati membri. Il documento che ne uscì prese il nome di Piano Werner e fu presentato il 9 Maggio 1970. Naturalmente presentava una soluzione di compromesso fra le due posizioni, prevedeva un percorso in tre tappe da realizzarsi nell'arco di dieci anni in cui lo sviluppo dei settori economico e monetario sarebbe dovuto avvenire in parallelo. Questo documento non ebbe un seguito, ma gli Stati membri della comunità decisero di adottare dei meccanismi per evitare fluttuazioni tra le monete europee. Per questo la banda di oscillazione adottata a Washington fu ritenuta eccessiva dai paesi della CEE, i quali decisero nell' Aprile del 1972 con l'accordo di Basilea di ridurre all' 1,25%, in più o in meno il limite di oscillazione fra le rispettive monete. All' iniziativa, oltre ai paesi membri della CEE, si unirono anche Regno Unito, Irlanda, Danimarca, Norvegia. Il sistema che prese vita da questo accordo è conosciuto con il nome di Serpente monetario, perchè la sua rappresentazione grafica assomigliava ad un serpente che si muove dentro un tunnel. Ebbe una vita molto travagliata. La possibilità di rispettare i margini di fluttuazione programmata fu messa a dura prova fin dai primi mesi, e fu travolta dalla spinta inflazionistica derivante dal forte aumento dei prezzi dovuto alla crisi petrolifera del 1973 e dal disaccordo sulla politica economica da perseguire per limitarne gli effetti. Il franco francese, la sterlina inglese, e quella irlandese uscirono dai parametri per poi rientrarvi, la lira italiana ne uscì senza riuscire a rientrarvi, solo il marco tedesco, il fiorino olandese, il franco belga, e la corona danese restarono vincolati agli accordi fino alla loro scadenza.
  • 18. 18 Nel frattempo, nel gennaio del 1973, Regno Unito, Irlanda e Danimarca, entrarono a far parte della CEE. Nel 1975 venne creata l'Unità di conto europea (UCE) comunemente definita paniere, perchè era strutturata come un paniere composto da quantità fisse delle valute dei (nove) paesi della CEE. L'esperienza del serpente monetario ebbe termine nel 1978 senza portare i risultati desiderati. Nonostante le avverse condizioni economiche e valutarie incontrate, l’esperimento del Serpente monetario va valutato positivamente, in quanto segnò l'inizio delle attività di coordinamento delle politiche economiche nazionali degli stati della CEE ed aprì la strada ai successivi sviluppi: il Sistema monetario europeo (SME). Il Sistema monetario europeo fu uno dei passaggi fondamentali per arrivare alla completa unione economica e monetaria, e quindi all'adozione di una moneta unica. Attraverso l’attuazione di politiche in materia di cambi, si poneva come obiettivi: una disciplina comune in politica economica, la riduzione dell'inflazione e la creazione d’una zona di stabilità monetaria in Europa per evitare che il disordine monetario ostacolasse il processo d'integrazione a livello comunitario. Entrò in funzione nel 1979 e vi parteciparono Belgio, Danimarca, Francia, Germania, Irlanda, Paesi Bassi, e Italia. L'elemento centrale dello SME fu l'ECU (Unità di conto europea), un valuta-paniere, il cui valore era dato dal valore delle monete di tutti i paesi della CEE, ponderato in base al peso che ciascun paese aveva all'interno della Comunità. L'ECU è considerata la prima valuta (virtuale) dell'Unione europea. Lo SME era un sistema a cambi fissi con una banda di oscillazione. Le valute fluttuavano attorno a una parità centrale entro una banda del più o meno 2,25% (ad eccezione della lira italiana per la quale la fascia di oscillazione fu del più o meno 6% fino al 1990 quando anche l'Italia decise di usare la banda di fluttuazione ristretta), ma prevedeva che, in caso di superamento, le banche
  • 19. 19 centrali dei paesi interessati potessero intervenire con acquisti o vendite di valuta ricorrendo a un Fondo monetario europeo. Riallineamenti nel Sistema Monetario Europeo · 1979 Il marco tedesco rivaluta del 2% e la corona danese svaluta del 2,9%. · 1979 La corona danese svaluta del 4,9%. · 1981 La lira italiana svaluta del 6%. · 1981 IL marco e il fiorino rivalutano del 5,5% mentre il franco francese e la lira svalutano del 3%. · 1982 La corona danese svaluta del 3%, il franco belga e il franco lussemburghese dell' 8,5%. Il Marco e il fiorino rivalutano del 4,25% mentre la lira svaluta del 2,75% e il franco francese svaluta del 5,75%. · 1983 Il marco rivaluta del 5,5%, il fiorino del 3,5%, la corona danese del 2,5%, il franco belga, lussemburghese dell' 1,5%. La sterlina irlandese svaluta del 3,5%, la lira e il franco francese del 2,5%. · 1985 La lira svaluta del 6%, le altre monete rivalutano del 2%. · 1986 Il marco e il fiorino rivalutano del 3%,il franco belga, lussemburghese e la corona danese dell' 1%. Il franco francese svaluta del 3%. La sterlina irlandese svaluta dell' 8%. · 1987 Il marco e il fiorino rivalutano del 3% e il franco belga, lussemburghese del 2%. · 1990 La lira rivaluta del 4% ed entra nella "banda stretta" di fluttuazione. · 1992 La lira svaluta del 3,5% e tutte le altre monete rivalutano del 3,5%. La peseta spagnola e lo scudo portoghese svalutano del 6%. L’Italia esce dallo SME. · 1993 La sterlina irlandese svaluta del 10%. La peseta spagnola svaluta dell’ 8% e lo scudo portoghese del 6,5%. · 1996 L’Italia rientra nello SME. · 1998 IME dichiara che gli 11 stati membri dell’UE sono idonei a partecipare alla terza fase dell’UEM.
  • 20. 20 Di fatto la moneta “reale”, non “virtuale” su cui si fondò lo SME fu il marco tedesco. La Germania era la nazione leader di questa unione, nonostante fosse uscita devastata dalla II guerra mondiale era riuscita a rialzarsi, e presentava il maggior grado di sviluppo economico, il grado di inflazione più basso e la moneta più stabile. “Il percorso economico che dal Trattato di Roma del 1957 porta a quello di Maastricht del 1992, ha condotto l'Europa da una moneta di riferimento esterna, il dollaro, a una moneta propria. Tra questi due regimi, per circa 15 anni la moneta di riferimento è stata la più forte e la più stabile tra quelle di tutti i Paesi europei, il marco tedesco. Il regime del marco è cominciato con la fine del sistema basato sul dollaro (1973) e inizialmente ha preso la forma di un accordo, chiamato “Serpente”, nel quale le monete dei Paesi partecipanti dovevano muoversi insieme…....nel 1979 al Serpente si sostituì lo SME.... IL regime del marco, fornì, dunque, una base alla stabilità delle valute europee nella fase storica in cui il sistema monetario internazionale adottava i cambi fluttuanti. Lo SME contribuì grandemente sia alla lotta all'inflazione sia al mantenimento di relazioni commerciali regolari all'interno della Ue.” 7 Le regole introdotte dallo SME, unite alla stabilizzazione del prezzo del petrolio, pur con qualche eccezione, contribuirono fortemente alla lotta all'inflazione e resero possibile negli anni '80 una relativa stabilità monetaria con il miglioramento delle relazioni commerciali all'interno della CEE. In quel momento all'interno dell'Unione europea si poteva considerare attuata solo, e neppure del tutto, la libera circolazione dei beni e molto rimaneva da fare per i servizi, i capitali, e le persone. Da qui la necessità di rivedere i programmi e gli obiettivi della CEE. Fu perciò convocata una conferenza ”per far progredire concretamente l'unione europea” che si concluse all'Aia il 28 febbraio 1986. Il documento che ne scaturì prese il nome di Atto unico europeo. Entrò in vigore il 1° luglio 1987 e costituì la prima modifica sostanziale del Trattato di Roma. L' importanza dell'atto unico 7 Padoa-Schioppa (2002) p. 49
  • 21. 21 non stava tanto o solo nell'obiettivo che si prefiggeva, ovvero il rilancio del processo di costruzione europea al fine di portare a termine la realizzazione del mercato comune, ma nell'introduzione di novità nel metodo per raggiungerlo. La prima fu di fissare un termine temporale al raggiungimento dell'obiettivo, entro il 31 dicembre 1992 doveva essere realizzato: ”uno spazio senza frontiere interne nel quale è assicurata la libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali, secondo le regole del presente trattato”; la seconda fu di abbandonare la regola paralizzante delle decisioni all'unanimità; la terza novità fu l'introduzione di una radicale semplificazione del processo decisionale: adottando il principio del riconoscimento reciproco e abbandonando la strada dell'armonizzazione completa delle norme in materia economica. Mentre nel mondo si rafforzavano le tendenze protezionistiche nel tentativo di superare la crisi, l'Europa, sulla scia del successo monetario dello SME e nonostante la disoccupazione, riusciva a tenere e a darsi un obiettivo di più completa integrazione. Su questa base, il consiglio europeo che si tenne ad Hannover nel 1989 diede incarico, ad un comitato composto dai governatori delle banche centrali, di preparare un rapporto per lo studio dell'Unione monetaria europea alla cui guida vi era il presidente di turno della comunità europea, il francese Jacques Delors. Nasce così il rapporto Delors, che riprendeva le ipotesi di integrazione economica e monetaria tracciate nel Rapporto Werner del 1970 ed in particolare la scansione temporale articolata in tre fasi. Nella prima fase era prevista la completa liberalizzazione dei movimenti di capitale, che sarebbe scattata il 1° luglio 1990. Nella seconda fase si sarebbe proceduto ad una più stretta integrazione delle politiche economiche degli Stati membri, fissando regole vincolanti per evitare disavanzi pubblici eccessivi. Infine la terza fase prevedeva il definitivo passaggio agli organismi comunitari della politica economica e monetaria degli Stati membri attraverso la creazione della Banca centrale europea e della moneta unica. Per la realizzazione della Seconda e della Terza fase era necessario modificare il Trattato che istituiva la Comunità economica europea. Al fine di creare la necessaria infrastruttura istituzionale, fu convocata un'apposita conferenza intergovernativa che si concluse con la firma del Trattato di Maastricht.
  • 22. 22 Il trattato di Maastricht e la Banca centrale europea Il Trattato fu firmato dai dodici paesi membri della Comunità Europea (CEE) il 7 febbraio 1992, a Maastricht, una cittadina olandese sulla Mosa fino ad allora sconosciuta. La denominazione originale era “Trattato sull'Unione Europea” (TCE) perché da qui la Comunità economica europea (CEE) diventerà Unione europea (UE), e vi confluiranno anche CECA ed EURATOM. Si tratterà della seconda modifica ai Trattati di Roma dopo quella dell'Atto unico europeo ed entrerà in vigore solo il 1° novembre 1993 per lungaggini dovute a problemi inerenti i processi di ratifica dei vari paesi. Pur non limitandosi alle sole questioni monetarie, è conosciuto principalmente per aver posto le basi dell'Unione economica e monetaria (UEM) Le trattative furono lunghe e laboriose, tanto da far temere più volte l'abbandono del progetto. Le questioni in genere erano più politiche che economiche. Si rianimò la mai sopita contrapposizione tra economisti, e monetaristi. La Francia, il cui presidente Mitterand temeva la ricostruzione di una Germania forte e militarizzata dopo la caduta del muro di Berlino, rimase in bilico fino al risultato del referendum del 20 settembre 1992. La Gran Bretagna chiese di non aderire alla moneta unica, per evitare il fermo generale fu introdotta la clausola di opting-out attraverso la quale uno stato membro avrebbe potuto rimanere nella Unione europea pur non partecipando ad uno specifico settore della cooperazione. Paradossalmente, fu la caduta del muro di Berlino e la ferma volontà del cancelliere tedesco Helmut Kohl a determinare l'accelerazione finale verso la firma del trattato di Maastricht, opponendosi, contro il parere dei suoi consiglieri, a qualsiasi rinvio. “Nel momento cruciale, quando un piano tecnico relativo all'UEM redatto da un comitato di composizione essenzialmente tecnica -il comitato Delors- si trovava al bivio tra essere destinato alle biblioteche universitarie, dove i progetti non realizzati di questo tipo diventavano oggetti di tesi di dottorato e avviarsi a realizzazione, cadde il muro di Berlino. La riunificazione della Germania divenne possibile; tornarono in vita sia le speranza di rimarginare l'ultima ferita della seconda guerra mondiale sia le paure riguardanti la
  • 23. 23 rinascita di una egemonia tedesca sul continente. Fu questa nuova situazione a dare un impulso nuovo e decisivo al realizzarsi della moneta unica. Confermando il suo sostegno alla moneta unica, il governo tedesco diede un chiaro segnale che per la Germania federale la riunificazione e un ulteriore integrazione europea erano due aspetti inseparabili della stessa politica.”8 Le basi teoriche che sottostavano alla scelta della UME e che portarono alla nascita dell'Euro erano sostanzialmente due: la tesi del quartetto inconciliabile formulata dall'economista italiano Tommaso Padoa-Schioppa nel 1982 e la teoria delle aree monetarie ottimali elaborata da Robert Mundell nel 1961. La tesi del quartetto inconciliabile di Padoa-Schioppa indicava che non si potevano perseguire contemporaneamente: -la libertà degli scambi commerciali, -la mobilità dei capitali, -i tassi di cambio fissi, -l'autonomia delle politiche monetarie. I primi due erano contemplati nei Trattati di Roma, i cambi fissi abbiamo visto che erano un caposaldo implicito dei Trattati, ne conseguiva che i singoli Stati avrebbero dovuto rinunciare alla politica monetaria per delegarla ad un ente sovranazionale che avrebbe così avuto il governo della moneta (unica), altrimenti la quadratura del cerchio sarebbe stata impossibile. Il secondo modello di riferimento, la teoria delle aree monetarie ottimali di Mundell in estrema sintesi diceva che per area valutaria si doveva intendere, un gruppo di paesi che pur mantenendo monete diverse (oppure adottando una moneta unica), avevano tassi di cambio fissi; un’area valutaria era invece da considerasi ottima se oltre la stabilità dei prezzi era possibile ottenere al suo interno l’equilibrio della bilancia dei pagamenti e la piena occupazione. La teoria del quartetto inconciliabile necessitava di una moneta unica, mentre la teoria delle aree monetarie ottimali, la prevedeva in alternativa ad una politica di tassi fissi. 8 Padoa-Schioppa (2002) p. 54
  • 24. 24 “Sono stati due i paradigmi economici che hanno influenzato il passaggio dell'Europa dal dollaro all'euro. Il primo è la teoria delle aree monetarie ottimali formulata originariamente da Robert Mundell e sviluppata poi attraverso un ampio dibattito accademico. Si trattava di una teoria profondamente innovativa che metteva in discussione la corrispondenza biunivoca tra monete e Stati sovrani e identificava le condizioni perché a una determinata area geografica convenisse adottare una moneta unica a prescindere dal fatto che i sui confini coincidessero o meno con quelli di uno Stato. Queste condizioni di natura economica erano quasi coincidenti con quelle necessarie per l'effettiva realizzazione delle quattro libertà previste dal Trattato di Roma. Il secondo paradigma è la tesi del “quartetto inconciliabile” secondo cui libero scambio mobilità dei capitali, tassi di cambio fissi e indipendenza delle politiche monetarie sono reciprocamente incompatibili sicché un accordo internazionale che cerchi di soddisfare contemporaneamente tutte e quattro queste condizioni è minato da contraddizioni che portano inevitabilmente a instabilità e crisi. Il paradigma del quartetto inconciliabile indicava la necessità di una moneta unica, quello delle aree monetarie ottimali una possibilità, nonché le condizioni per la sua realizzazione.” 9 Nonostante le esperienze del serpente monetario e dello SME, le politiche finanziare dei vari paesi, risultavano alquanto disomogenee. Per poter conseguire l'obiettivo finale dell’unione fu allora adottata una strategia che agiva su due criteri: la gradualità e il rigore finanziario. Con il primo la transizione verso l'UEM fu programmata nell'arco di diversi anni, seppur con tappe definite nei tempi. Questo per avere un periodo di transizione graduale e tempi di realizzazione certi. Con il secondo l'ingresso nell'unione era subordinato al soddisfacimento di severi parametri di convergenza economica, al fine di avere paesi con i fondamentali di economia non troppo diversi ed evitare alla nuova moneta una condizione di instabilità e vulnerabilità. 9 Padoa-Schioppa (2002) p. 50
  • 25. 25 Un paese poteva entrare a far parte dell'UEM soltanto se: -il tasso d'inflazione non superava di oltre l'1,5% quello dei tre Stati membri che avevano conseguito i migliori risultati in materia di stabilità dei prezzi; -i tassi di interesse a lungo termine non superavano di più del 2 % quelli dei tre Stati membri, che avevano conseguito i migliori risultati in termini di stabilità dei prezzi; -il rapporto tra il disavanzo di bilancio pubblico annuale (deficit) e il prodotto interno lordo (PIL) non superava il 3 %, in caso contrario, tale rapporto doveva diminuire in modo sostanziale e costante, o, in alternativa, il superamento doveva rimanere solo eccezionale e temporaneo; -il rapporto tra il debito pubblico e il PIL non superava il 60 %, in caso contrario, tale rapporto si doveva ridurre in misura sufficiente e si doveva avvicinare al valore di riferimento con ritmo adeguato. -non aveva svalutato la moneta nazionale di propria iniziativa nel corso dei due anni precedenti l'entrata nell'unione; Con l’introduzione di questi vincoli e della data obiettivo entro cui dovevano essere raggiunti, le politiche finanziarie dei vari paesi subirono un’accelerazione verso la loro armonizzazione, come ben si evidenzia dalle tabelle e dai grafici seguenti.
  • 26. 26 Tabella e grafico valori del tasso d’inflazione dal 1972 al 2002 paesi Cee Fonte: OCSE
  • 27. 27 Tabella e grafico valori del tassi d’interesse a lungo termine dal 1972 al 2002 paesi Cee Fonte: OCSE
  • 28. 28 Tabella e grafico del rapporto tra il disavanzo di bilancio pubblico annuale e il Pil dal 1972 al 2002 paesi Cee Fonte: OCSE
  • 29. 29 Tabella e grafico del rapporto tra il debito pubblico e il Pil dal 1972 al 2002 paesi Cee Fonte: OCSE
  • 30. 30 PROTOCOLLO (n. 12) SULLA PROCEDURA PER I DISAVANZI ECCESSIVI LE ALTE PARTI CONTRAENTI, DESIDERANDO precisare le modalità della procedura per i disavanzi eccessivi di cui all'articolo 126 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea, HANNO CONVENUTO le disposizioni seguenti, che sono allegate al trattato sull'Unione europea e al trattato sul funzionamento dell'Unione europea: Articolo 1 I valori di riferimento di cui all'articolo 126, paragrafo 2, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea sono: — il 3% per il rapporto fra il disavanzo pubblico, previsto o effettivo, e il prodotto interno lordo ai prezzi di mercato, — il 60% per il rapporto fra il debito pubblico e il prodotto interno lordo ai prezzi di mercato. Articolo 2 Nell'articolo 126 di detto trattato e nel presente protocollo: per pubblico, si intende la pubblica amministrazione, vale a dire l'amministrazione statale, regionale o locale e i fondi di previdenza sociale, ad esclusione delle operazioni commerciali, quali definiti nel Sistema europeo di conti economici integrati, — per disavanzo, si intende l'indebitamento netto quale definito nel Sistema europeo di conti economici integrati, — per investimento, si intende la formazione lorda di capitale fisso, quale definita nel Sistema europeo di conti economici integrati, — per debito, si intende il debito lordo al valore nominale in essere alla fine dell'esercizio e consolidato tra e nei settori della pubblica amministrazione quale definita nel primo trattino. Articolo 3 Al fine di garantire l'efficacia della procedura per i disavanzi eccessivi, i governi degli Stati membri, ai sensi della stessa, sono responsabili dei disavanzi della pubblica amministrazione come definito all'articolo 2, primo trattino, del presente protocollo. Gli Stati membri assicurano che le procedure nazionali in materia di bilancio consentano loro di rispettare gli obblighi derivanti dai trattati in questo settore. Gli Stati membri riferiscono alla Commissione, tempestivamente e regolarmente, in merito al loro disavanzo, previsto ed effettivo, nonché al livello del loro debito. Articolo 4 I dati statistici da usare per l'applicazione del presente protocollo sono forniti dalla Commissione. 10 10 Gazzetta ufficiale dell’Unione europea (2010)
  • 31. 31 Il trattato istituiva inoltre la Banca Centrale Europea (BCE), con sede a Francoforte, che aveva come obiettivo prioritario quello di preservare il potere di acquisto della moneta unica e quindi il mantenimento della stabilità dei prezzi, e come caratteristica fondante la totale indipendenza dal potere politico. La Banca centrale europea venne istituita il 1°giugno 1998, e il 1° gennaio 1999 rilevò i poteri decisionali, in materia monetaria delle banche centrali nazionali (BCN). Assieme alle banche centrali nazionali costituirono il Sistema europeo di banche centrali (SEBC). Il SEBC non aveva personalità giuridica, l'avevano invece sia le singole BCN che la BCE. La BCE può essere considerata l'elemento centrale dell'Unione monetaria europea. Con la creazione della BCE e del SEBC i singoli paesi persero parte della loro sovranità, cedendo alla BCE quella in tema di politica monetaria. Fu un fatto epocale: lo stampare moneta era sempre stato una prerogativa dello Stato sovrano. Erano due i pilastri su cui veniva fondata la BCE, il primo la sua completa indipendenza dal potere politico, formulata in maniera estremamente forte con l'articolo 107 del TCE (oggi art.130): "Nell'esercizio dei poteri e nell'assolvimento dei compiti e dei doveri loro attribuiti dai trattati e dallo statuto del SEBC e della BCE, né la Banca centrale europea né una banca centrale nazionale né un membro dei rispettivi organi decisionali possono sollecitare o accettare istruzioni dalle istituzioni, dagli organi o dagli organismi dell'Unione, dai governi degli Stati membri né da qualsiasi altro organismo. Le istituzioni, gli organi e gli organismi dell'Unione nonché i governi degli Stati membri si impegnano a rispettare questo principio e a non cercare di influenzare i membri degli organi decisionali della Banca centrale europea o delle banche centrali nazionali nell'assolvimento dei loro compiti."
  • 32. 32 Il secondo pilastro era l'obiettivo irrinunciabile della stabilità dei prezzi, a cui tutti gli altri compiti della BCE, compresa la politica monetaria, venivano in subordine, come previsto dall' articolo 105 del TCE (oggi art.127): "1)L'obiettivo principale del Sistema europeo di banche centrali, in appresso denominato «SEBC», è il mantenimento della stabilità dei prezzi. Fatto salvo l'obiettivo della stabilità dei prezzi, il SEBC sostiene le politiche economiche generali nell'Unione al fine di contribuire alla realizzazione degli obiettivi dell'Unione definiti nell'articolo 3 del trattato sull'Unione europea. Il SEBC agisce in conformità del principio di un'economia di mercato aperta e in libera concorrenza, favorendo una efficace allocazione delle risorse e rispettando i principi di cui all'articolo 119. 2)i compiti fondamentali da assolvere tramite il SEBC sono i seguenti: --definire e attuare la politica monetaria dell'Unione, --svolgere le operazioni sui cambi in linea con le disposizioni dell'articolo 219, --detenere e gestire le riserve ufficiali in valuta estera degli Stati membri, --promuovere il regolare funzionamento dei sistemi di pagamento." I motivi di questa scelta vanno ricercati nel modello di riferimento scelto per la BCE, la banca centrale tedesca, Bundesbank. Dal dopoguerra erano due i modelli di banca centrale che si erano imposti in Europa occidentale, uno anglo-francese, a cui si ispiravano la maggior parte delle banche centrali compresa quella italiana, l'altro quello tedesco. Nel modello anglo-francese gli obiettivi da perseguire erano diversi: la stabilità dei prezzi, la stabilizzazione del ciclo economico, il mantenimento di un elevato tasso di occupazione, la stabilità finanziaria e le decisioni di politica monetaria erano soggette all'approvazione del governo, in genere del ministro delle Finanze. Viceversa, in quello tedesco, la stabilità dei prezzi era considerata l'obiettivo primario, il perseguimento di eventuali altri obiettivi era subordinato a questo, e le decisioni in materia di tassi d'interesse erano prese senza alcuna interferenza da parte delle autorità politiche.
  • 33. 33 Perché allora fu scelto il modello tedesco se il modello anglo-francese vigeva nella maggior parte degli Stati dell'unione? Per questa scelta si possono individuare due ragioni principali: 1) Il momento economico che si stava vivendo in quegli anni e che vedeva il cambiamento delle teorie economiche di riferimento. Gli anni cinquanta e sessanta del XX secolo avevano visto il trionfo del pensiero keynesiano. Le autorità politiche ed economiche avevano sostenuto, con politiche monetarie basate sulla espansione della spesa pubblica, l'elevata crescita economica e il conseguente basso livello di disoccupazione. "La nuova politica finanziaria, ispirata alla lezione keynesiana e ammaestrata dall'esperienza tra le due guerre, diede notevoli risultati. Fra il 1945 e il 1973 l'economia dei paesi industrializzati ha registrato una delle fasi di più prolungato ed elevato sviluppo. Il tasso di crescita è risultato più accentuato che in passato, con incrementi compresi fra il 4 e il 7% annuo. Durante la cosiddetta "età dell'oro" (1959-1973) il tasso di crescita annuo dei Paesi dell'Europa occidentale fu del 4,8% e il tasso di crescita procapite fu del 3,6%"11 Gli anni settanta segnarono un punto di svolta. La crisi innescata dalla "shock petrolifero" fu caratterizzata da una miscela d'inflazione e stagnazione dell'occupazione che le politiche espansive non riuscivano a controllare, anzi per certi aspetti acuivano. In questa situazione si fece strada una nuova visione dello sviluppo economico. "La lunga espansione economica del secondo dopoguerra si arrestò bruscamente all'inizio degli anni Settanta. Due eventi segnarono in modo preciso quel passaggio: l'abbandono del sistema di Bretton Woods e la crisi petrolifera del 1973… …In questo nuovo contesto le politiche di intervento keynesiane si rivelarono in parte inefficaci, perchè la dilatazione della spesa pubblica e i conseguenti 11 Carboni (2008) p. 171
  • 34. 34 disavanzo statali, richiedendo un massiccio ricorso alle immissioni di carta moneta, alimentarono la spirale inflazionistica senza riuscire a contenere la disoccupazione.” 12 Si cercò allora, attraverso il conseguimento di due obiettivi prioritari: la completa liberalizzazione del mercato e la stabilità monetaria, di spostare lo sviluppo economico da una politica non più attuabile -il mantenimento di un elevato livello di occupazione attraverso la spesa pubblica- verso una espansione sovranazionale del mercato. "A differenza di Keynes, che vedeva nelle politiche statali di sostegno alla domanda l'arma per superare i rallentamenti del ciclo economico, Friedman e gli esponenti della scuola monetarista incoraggiavano interventi di politica economica sul versante dell'offerta. Per i monetaristi il primo passo per avviare un riordino finanziario era proprio costituito dalla introduzione di norme monetarie e fiscali per controllare l'offerta di moneta, in modo da riportare sotto controllo l'inflazione." 13 2) La seconda ragione che spinse l'adozione della Bundesbank a modello per la BCE fu data dalla particolare posizione strategica della Germania. Le autorità monetarie tedesche nutrivano ancora dubbi sulla opportunità della UEM. Come condizione per l'accettazione chiesero, per evitare il rischio di importare nel loro paese una inflazione maggiore della loro, una BCE che assegnasse alla stabilità monetaria un peso se possibile ancora maggiore di quello che era solita assegnare la Bundesbank. Dalla seconda metà degli anni ottanta, gli stati europei avevano ormai ammesso e accettato, la leadership economico monetaria della Germania e i banchieri centrali erano ormai diventati dei ferventi sostenitori della teoria monetarista. In queste condizioni, al di là delle schermaglie di rito, la scelta divenne quasi obbligata. 12 Carboni (2008) p. 173-174 13 Carboni (2008) p. 175
  • 35. 35 L' Unione economico-monetaria europea Sebbene i germi dell'Unione economico-monetaria fossero ben vivi da diverso tempo, non v'è dubbio però che l'accelerazione decisiva per la sua realizzazione si ebbe nel triennio che va dal Rapporto Delors (aprile 1989) al Trattato di Maastricht (febbraio 1992). Nel fare questa valutazione, non è possibile non tener conto degli epocali avvenimenti che nello stesso periodo sconvolsero l'Europa orientale. Il repentino crollo dell'Unione Sovietica -con la nascita di nuovi Stati indipendenti- e l'implosione del blocco delle economie a guida social-comunista, determinarono la fine degli equilibri scaturiti dalla II guerra mondiale creando nello scenario europeo un nuovo contesto, non previsto, con cui bisognava confrontarsi. I nuovi stati volevano integrarsi il più velocemente possibile con gli stati dell'Unione europea. Questo per diverse ragioni: la volontà di avvicinasi ad economie di libero mercato per abbandonare il più velocemente possibile l'esperienza basata sul modello sovietico che le aveva portate al fallimento, la necessità di approvvigionarsi facilmente di merci e materie prime che il disfacimento della Unione Sovietica non era più in grado di soddisfare e il desiderio per alcuni di loro, di riunirsi ai paesi dell'Europa centrale a cui si sentivano storicamente di appartenere. L'allargamento dell'Unione europea, anche se auspicabile, non sarebbe però stato semplice da realizzare. Non era pensabile arrestare il processo di unificazione monetaria in attesa di verificare le condizioni alle quali sarebbero eventualmente potuti entrare i nuovi paesi. Si ebbe così un'accelerazione del processo di realizzazione dell'Unione monetaria europea, e si scelse un programma di gradualità per l'ingresso dei nuovi stati nell'area di libero scambio dell'UE. Discorso a parte per quanto riguardava la Germania est. La Germania ovest si sarebbe fatta carico degli enormi costi derivanti dalla riunificazione fra le due Germanie est ed ovest e il nuovo grande stato tedesco che sarebbe nato da questa unione, avrebbe fatto parte fin da subito della nascente Unione monetaria europea.
  • 36. 36 -La prima fase dell'UEM ebbe inizio il 1 luglio 1990, con l'abolizione delle restrizioni alla libera circolazione dei capitali, e, successivamente, la firma del trattato di Maastricht rese irreversibile il cammino verso la moneta unica. Nell'estate del 1992 i diversi orientamenti delle politiche economiche della Germania e degli Stati Uniti, e le incertezze nella ratifica del Trattato di Maastricht, scatenarono una crisi valutaria che colpì molte monete. Tra queste la lira, che perse circa il venti per cento. La crisi italiana fu aggravata da due cause concomitanti che portarono all'implosione del sistema politico: la pesante situazione economica preesistente accumulatasi nel corso degli anni e la contestuale crisi politica esplosa a fronte dell'intervento della Magistratura nei confronti della maggior parte dei partiti politici per il grave livello di corruzione a cui erano arrivati. “La crisi del 1992-93 è “endogena”: si tratta del redde rationem di oltre due decenni di politiche economiche figlie della temperie sociale e politica iniziata alla fine degli anni Sessanta e proseguita per tutto il decennio Settanta. Politiche volte a sedare l’inquietudine della società del tempo con la morfina dell’inflazione e con denari sottratti alle generazioni future. Dal momento in cui il debito pubblico che ne risulta inizia ad essere collocato presso investitori stranieri, verso la metà degli anni Ottanta, parte un conto alla rovescia che si conclude, nel settembre del 1992, con il ritiro della fiducia da parte di questi ultimi, che dà la stura a facili scommesse speculative sul cambio della lira e a una traumatica svalutazione di questa. Il sistema politico detto della Prima Repubblica, ormai corroso dall’interno implode rovinosamente pochi mesi dopo.” 14 Nessun governo avrebbe però voluto assumersi la responsabilità di far fallire l'intesa. Aumentò così l'attenzione dei politici verso i valori di convergenza macroeconomica necessari per entrare nella UEM. In Italia fu così avviato il risanamento della finanza pubblica, per mezzo di consistenti tagli alle spese e soprattutto di incrementi delle entrate. 14 Rossi (2010) p. 2
  • 37. 37 -La seconda fase iniziò il 1 gennaio 1994 con la costituzione dell'Istituto Monetario Europeo (IME). I suoi compiti erano il rafforzamento della cooperazione tra le banche centrali, il coordinamento delle politiche monetarie, lo svolgere i preparativi necessari per la costituzione della Banca Centrale Europea (BCE) e del Sistema europeo di banche centrali (SEBC) per la conduzione della politica monetaria unica e per l’introduzione di una moneta comune. La crisi non aveva ancora allentato la sua morsa, specialmente in Italia. Nell’estate del 1994 fu così necessario attuare una stretta creditizia che inaugurò un periodo di grande rigore monetario. Nel 1995, anno in cui si produsse una nuova crisi valutaria, solo per la fermezza dell’azione della Banca d'Italia si riuscirono a produrre significativi risultati nella lotta all'inflazione. -Nel dicembre 1995 il Consiglio europeo decise di denominare “euro” l’unità monetaria europea che sarebbe stata introdotta con l’avvio della Terza fase dell’UEM. Frenata la crescita dei prezzi, nel 1996 iniziò un allentamento delle condizioni monetarie. La ritrovata fiducia, interna e internazionale, consentì finalmente,anche in Italia, la riduzione dei tassi. -Nel giugno 1997 al fine di integrare e precisare le disposizioni del Trattato, il Consiglio europeo adottò il Patto di stabilità e crescita, che era volto a garantire la disciplina di bilancio nell’ambito dell’UEM prevedendo anche misure sanzionatorie nei confronti degli Stati non in linea con i parametri. -Nel maggio 1998 venne verificato che 11 Stati membri dell’UE - Belgio, Germania, Spagna, Francia, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Austria, Portogallo e Finlandia - soddisfacevano le condizioni necessarie per la partecipazione alla Terza fase dell’UEM e per l’adozione della moneta unica. -Il 1°giugno 1998 nacque la BCE ed esaurì il suo mandato l'IME. -Il 1°gennaio 1999 venne introdotto l'Euro come valuta degli stati membri. Si diede quindi avvio la terza e ultima fase dell'UEM, che comportò la fissazione irrevocabile dei tassi di cambio delle valute dei primi 11 Stati partecipanti
  • 38. 38 all’unione monetaria (come da tabella) e la conduzione di una politica monetaria unica sotto la responsabilità della BCE. Tassi di conversione in euro Paese Valuta Valore Euro Austria Scellini austriaci 13,7603 1 Belgio Franchi belgi 40,3399 1 Finlandia Marchi finlandesi 5,94573 1 Francia Franchi francesi 6,55957 1 Germania Marchi tedeschi 1,95583 1 Grecia Dracme greche 340,750 1 Irlanda Sterline irlandesi 0,787564 1 Italia Lire italiane 1936,27 1 Lussemburgo Franchi lussemburghesi 40,3399 1 Olanda Fiorini olandesi 2,20371 1 Portogallo Escudos portoghesi 200,482 1 Spagna Pesetas spagnole 166,386 1 Fonte: Sito ufficiale BCE
  • 39. 39 -Il 1°gennaio 2002, come previsto, iniziarono a circolare anche le banconote e le monete in Euro. La nascita dell'Unione economico monetaria europea fu definita come il maggior evento economico, politico e istituzionale dell'Europa occidentale nella storia del XX secolo. Caratteristica fondamentale del nuovo contesto che si venne a creare era la presenza di un'unica politica monetaria di competenza della BCE, con l'adozione di un'unica moneta, e la conseguente perdita da parte dei singoli stati di un importante strumento di politica economica. “A nessuno sfuggiva che attribuire all'Unione europea il potere di emettere la moneta rappresentava un notevole passo verso una sorta di stato.” 15 La fase di avvicinamento e lo stesso inizio dell'Euro furono alquanto tormentati sui mercati finanziari. “Il percorso dallo Sme all’euro ha conosciuto momenti di estrema difficoltà, taluni drammatici, tuttavia sempre approntati con l’animo di chi sapeva che indietro non si tornava; con lo sguardo puntato ad un traguardo più ambizioso.” 16 Era perciò naturale che, alle tante voci entusiaste per la nascita dell'UEM, si contrapponessero anche alcune voci critiche. I dubbi nascevano principalmente dalla diversità (asimmetricità) delle economie coinvolte in questo “esperimento” sulla base della “teoria delle aree monetarie ottimali” espressa dall'economista Robert Mundell. A questi dubbi si era data una risposta con i rigorosi parametri di convergenza inseriti nel trattato di Maastricht e con il successivo patto di stabilità, ma non da tutti erano ritenuti sufficienti. “Non solo il trattato non si è dimostrato una guida appropriata nella fase di avvicinamento all'UEM. Quel che più preoccupa in prospettiva è che esso non fornisce prescrizioni adatte per garantire la coesistenza monetaria di economie strutturalmente diverse.” 17 15 Padoa-Schioppa (2002) p. 54 16 Degli Esposti - Righi (2011) p. 185 17 Tamborini (1997) p. 368
  • 40. 40 Altre critiche venivano dalla “indeterminatezza” del sistema di comando e dalla mancanza di una “sovranità certa” sull'Euro. “Non è un caso che l'accusa maggiore rivolta all'euro sia venuta da oltre oceano e sia soprattutto legata al fatto che dietro la moneta unica europea non vi è né un bilancio federale né un governo federale. In caso di crisi finanziaria, si argomenta negli Stati Uniti, chi è in grado di prendere quelle decisioni che sono necessarie per raddrizzare eventi imprevisti?” 18 “Di conseguenza, siccome la storia conta e lascia tracce, se il vascello dell'euro alla fine salperà, dovrà navigare con carte malfatte, una bussola incerta, un comando confuso e un equipaggio rissoso. “ 19 La fiducia però non venne mai meno, specialmente da parte dei padri dell’euro, che, nel sottolineare la novità e la particolarità dell’importante sfida, non escludevano la possibilità di necessari aggiustamenti. “Non si deve però dimenticare che questo sistema non ha precedenti e che rappresenta perciò una sfida. Esso potrebbe richiedere un'ulteriore evoluzione. In effetti l'entrata in scena dell'euro accresce enormemente il grado di dipendenza tra i paesi partecipanti e tra le loro politiche. Per gestire con successo tale interdipendenza cioè per evitare che una sana concorrenza degeneri in insani conflitti occorre un'attribuzione ottimale delle responsabilità tra i vari policy-maker in senso sia verticale sia orizzontale, e -se necessario- lo sviluppo di efficienti meccanismi di consultazione, coordinamento e decisione a più livelli.” 20 18 Letta (2001) p. 817 19 Tamborini (1997) p.373 20 Padoa-Schioppa (2000) p. 1112
  • 41. 41 Conclusioni Con la ricostruzione del percorso che dal Medioevo porta alla nascita della Comunità economica europea non si vuole teorizzare che le radici della Unione europea vanno ricondotte a questo periodo. Si vuole invece sottolineare che l'integrazione europea, sotto l'aspetto economico commerciale, è un sentire che muove da lontano attraverso un percorso accidentato, che qualche volta nasce dal basso e qualche volta muove dall'alto. Per cui non crediamo di errare se affermiamo che l'Europa occidentale è, per la sua conformazione geografica, per il suo divenire e la sua cultura, una comunità omogenea, anche se divisa sul piano politico. L'Unione europea e l'Unione economico-monetaria europea sono quindi la naturale evoluzione di questo processo. La loro nascita, dovuta a scelte politiche fatte per superare le conflittualità esistenti, migliorare i rapporti economici e assicurare la crescita dei suoi Stati, oggi li dobbiamo considerare dati di fatto non più discutibili, ma eventualmente migliorabili. Le teorie economiche non possono essere considerate sacre ed immutabili, ma in continuo divenire. Una teoria che oggi porta crescita economica e successo, può non esserlo domani per il mutare del contesto dovuto a fatti imprevisti e/o imprevedibili. Sul palcoscenico dell'economia mondiale, hanno fatto irruzione nuove potenze quali Brasile, Russia, India e Cina, che, con il loro prepotente gigantismo, la ricchezza di materie prime e il lavoro a basso costo, tendono ad intaccare e spezzare equilibri economici fino ad ora indiscussi, aprendo nuovi scenari. È da queste premesse, che dobbiamo partire quando pensiamo al futuro dell’Unione europea. L'UEM, non sarà più una condizione sufficiente per la crescita economica, ma sarà una condizione necessaria.
  • 42. 42 Da qui la necessità che le attuali incomprensioni fra i vari Stati vengano superate e riparta un forte processo di integrazione. Sui nuovi scenari mondiali, la comunità europea dovrà presentarsi più che mai unita. Se si presentasse distonica, o peggio divisa, sarebbe come giocare una partita a pallacanestro fra nani europei e giganti mondiali, anche le migliori doti di agilità e intelligenza, sarebbero inutili di fronte alla schiacciante superiorità dei giganti avversari.
  • 43. 43 CRONOLOGIA · 1950 Dichiarazione Schuman · 1951 Trattato di Parigi, nasce la Comunità europea del carbone e dell’acciaio (CECA). · 1957 Trattati di Roma, nascono la Comunità economica europea (CEE) e la Comunità europea dell’energia atomica (EURATOM). · 1970 Esce il rapporto Werner, fallirà all’inizio degli anni settanta. · 1973 La Danimarca, l’Irlanda e il Regno Unito aderiscono alla Comunità economica europea, portando a nove il numero di Stati membri. · 1979 Nasce il Sistema monetario europeo (SME). · 1981 La Grecia entra a far parte della Comunità economica europea. · 1986 La Spagna e il Portogallo aderiscono alla Comunità economica europea. · 1986 L’Atto unico europeo (AUE) rilancia il progetto di un’unione economica e monetaria. · 1988 Il Rapporto Delors conferma l’obiettivo della realizzazione dell’Unione economica e monetaria (UEM). · 1989 Si aprono i negoziati relativi al Trattato sull’Unione europea, comunemente noto come Trattato di Maastricht. · 1992 Viene siglato il Trattato di Maastricht. · 1993 Il 1° novembre entra in vigore il Trattato di Maastricht, previa ratifica dei 12 Stati membri. · 1995 L’Austria, la Finlandia e la Svezia entrano a far parte dell’Unione europea. · 1990-1999 L’Unione economica e monetaria viene realizzata in tre fasi. · 2002 Sono immesse in circolazione le banconote e le monete in euro.
  • 44. 44 Paesi facenti parte dell’UNIONE EUROPEA (UE) Fonte: Ratio Centro Studi Castelli
  • 45. 45 Bibliografia Carboni Mauro, “Stato e finanza pubblica in Europa dal Medioevo a oggi: un profilo storico”, Torino, G. Giappichelli, 2008 De Grauwe Paul,“Economia dell’unione monetaria”, Bologna, Il mulino, 2010 Degli Esposti Giacomin Righi, “Conversazione con Romani Prodi e Jacques Delors. Dieci anni con l’euro in tasca”, Roma, Alberti editore, 2011 Farolfi Bernardino,“L’integrazione economica europea in una prospettiva storica”, Torino, G. Giappichelli, 2006 Letta Enrico,”L’allargamento a due tempi”, Rivista Il Mulino fascicolo 5 del 2001 Padoa-Schioppa Tommaso,“La lunga via per l’Euro”, Bologna, Il mulino, 2004 Padoa-Schioppa Tommaso e Michael Emerson,“Efficienza, stabilità ed equità: una strategia per l’evoluzione del sistema economico della Comunità europea”, Bologna, Il mulino, 1987 Padoa-Schioppa Tommaso,“L’Europa verso l’unione monetaria Dallo Sme al trattato di Maastricht”, Torino, Giulio Einaudi editore, 1992 Padoa-Schioppa Tommaso,“L’Euro in prospettiva storica”, Rivista Il Mulino fascicolo 1 del 2002 Padoa-Schioppa Tommaso,”Euro e Politica”, Rivista Il Mulino fascicolo 6 del 2000 Pecorari Paolo, “L’Italia Economica. Tempi e fenomeni del cambiamento (1861-2000) “, Milano, Cedam, 2005 Rossi Salvatore, “Aspetti della politica economica italiana dalla crisi del 1992- 93 a quella del 2008-09”, Roma, Marzo 2010 Tamborini Roberto,“Economia Politica Dal Rapporto Delors al trattato di Maastricht e oltre”, Il mulino, a XIV, n.3, dicembre 1997 Webgrafia http://www.bancaditalia.it Sito ufficiale della Banca d’Italia http://europa.eu Sito ufficiale dell’UE http://www.ecb.int Sito ufficiale della BCE http://www.oecd.org/statistics/ Sito ufficiale dell’OCSE http://it.wikipedia.org Wikipedia http://www.simone.it Edizioni giuridiche Simone dizionari online http://www.ratio.it/ Ratio Centro Studi Castelli