With this work I want to illustrate the historical-economic's journey that has led to the emergence of what has been called the greatest economic event of Europe in the twentieth century: the EURO.
The birth of 'EURO is the meeting point of two different routes, one political and one economic-monetary.
In this paper we will follow the historic and economic events that led to the birth of the economic and monetary union, leaving political ones
Perché l'EXPO è un grande errore di Roberto Perotti
L'euro un'idea che nasce da lontano
1. 1
Alma Mater Studiorum
Università di Bologna
FACOLTA’ di ECONOMIA – Sede di Forlì
Corso di Laurea in
Economia e commercio
Curriculum Economia e gestione aziendale:
Finanza e Mercati Finanziari
ELABORATO FINALE
L’euro: un’idea che nasce da lontano
CANDIDATO: DOCENTE REFERENTE:
Gian Marco Melandri Prof. Mauro Carboni
N° matricola: 440775
Anno Accademico 2011/2012
2. 2
SOMMARIO
- SOMMARIO 2
- PREFAZIONE 3
- INTRODUZIONE 5
- 1° DALLA RIVOLUZIONE COMMERCIALE
ALLA MITTELEUROPA 7
- 2° DALLA SECONDA GUERRA MONDIALE
AL TRATTATO DI MAASTRICHT 11
- 3° IL TRATTATO DI MAASTRICHT
E LA BANCA CENTRALE EUROPEA 22
- 4° L’UNIONE ECONOMICO-MONETARIA EUROPEA 35
- CONCLUSIONI 41
- CRONOLOGIA 43
- BIBLIOGRAFIA 45
3. 3
Prefazione
Quando nell'autunno del 2011 cominciai a pensare agli argomenti che potevano
essere oggetto del mio elaborato per la laurea triennale, non avevo in mente un
argomento preciso.
In quel periodo, i media erano costantemente pieni di informazioni circa i
problemi economico-finanziari di Grecia e Italia, degli incontri bilaterali fra
Sarkozy e la Merkel, della crisi dell'Euro, dell’Unione europea e
dell'inadeguatezza dei parametri di Maastricht. La parola di moda era
diventata un vocabolo fino ad allora sconosciuto ai più: SPREAD.
In questo contesto cominciai a chiedermi quali fossero le mie conoscenze
sull'Unione europea.
Mi resi conto che erano piuttosto limitate, anche se riguardavano argomenti
con cui, molto probabilmente nel tempo avrei dovuto confrontarmi. Pensai che
questa fosse un' ottima occasione per approfondire la mia cultura
sull’argomento.
Ne parlai con il professor Mauro Carboni mio docente di storia economica. Mi
spiegò che l'argomento era estremamente vasto, e mi suggerì di limitare la
ricerca ad un ambito più ristretto.
Accolsi il suggerimento ed iniziai la mia ricerca, concentrandomi sulla nascita
dell' Euro, e prioritariamente agli aspetti economico-monetari.
Durante la ricerca mi accorsi di alcune cose.
Come aveva giustamente sottolineato il professor Carboni la materia era
estremamente vasta.
L'approfondimento di certi argomenti, quali le dottrine economiche, era
oltremodo dispersivo e ognuno di questi sarebbe bastato da solo come oggetto
di una tesi. Da qui la scelta di limitare il loro approfondimento alla
comprensione del quadro di riferimento.
4. 4
Era però necessario, affrontando i vari eventi, inquadrare il contesto da cui gli
stessi erano scaturiti. Per cui a ritroso il lavoro includeva nuovi periodi storici.
Ne è conseguito un elaborato lungo un percorso storico necessariamente più
ampio di quello inizialmente previsto, ma più completo.
Nota:
Nell’elaborato sono state inserite delle citazioni. Alcune sono state incluse
direttamente nel testo, altre sono state inserite come rafforzativi di quanto in
precedenza esposto. Di tutte sono comunque indicate le fonti.
5. 5
Introduzione
Con questo lavoro si vuole illustrare il percorso storico-economico che ha
portato alla nascita di quello che è stato definito il maggior evento economico
dell' Europa nel ventesimo secolo: l'EURO.
“La base legale e istituzionale per l'adozione della moneta unica è costituita da
un emendamento al Trattato di Roma (1957), che si concordò nel dicembre
1991 e si firmò a Maastricht nel febbraio 1992. In effetti la moneta unica
emendava, nel senso di completarla e di correggerla, la costruzione economica
e istituzionale del Trattato di Roma non solo nella forma, ma anche nella
sostanza. In breve, si può dire che l'emendamento consisteva nel sostituire al
Dollaro, la moneta unica "implicita" in Europa negli anni cinquanta, l'Euro
come nuova moneta unica "esplicita".” 1
Questa affermazione di uno dei padri dell' Euro, il ministro Tommaso
Padoa-Schioppa, ci spiega perché si è resa necessaria la realizzazione di una
moneta unica europea (come vedremo in dettaglio nel secondo capitolo).
La nascita dell' EURO è il punto d'incontro di due diversi percorsi, uno politico
e uno economico-monetario.
In questo elaborato noi seguiremo gli avvenimenti storico economici che hanno
portato alla nascita dell'Unione economico-monetaria europea, tralasciando
quelli politici.
Nella prima parte dell' elaborato sarà trattata in rapida sintesi la genesi storica
della civiltà economica europea, la rivoluzione commerciale, la lex mercatoria,
il dolce commercio, Napoleone, l'utopia sansimoniana, il libero scambio e
l'ideale mitteleuropeo.
Nella seconda parte ripercorreremo il periodo che va dalla fine della II guerra
mondiale al trattato di Maastricht, il manifesto di Ventotene, la Comunità
economica del carbone e dell'acciaio, i trattati di Roma, la fine del sistema di
1 Padoa-Schioppa (2002) p. 48
6. 6
Bretton Woods, il serpente monetario, il Sistema monetario europeo, il rapporto
Delors e l'atto unico europeo.
Nella terza parte infine parleremo del trattato di Maastricht, della nascita della
Banca centrale europea, dell'Unione economico-monetaria europea e delle
motivazioni che sottostanno a queste scelte.
7. 7
Dalla rivoluzione commerciale alla Mitteleuropa
I semi di una integrazione economica europea hanno radici lontane nel tempo.
Qualche volta si allude al medievale impero carolingio per indicare il primo
riferimento storico all' Unione Europea. Forse è più corretto considerare
l'impero carolingio "una falsa partenza" e considerare il suo disfacimento, con la
nascita del feudalesimo e la successiva "rivoluzione commerciale" le basi della
civiltà e dell’ economia europea.
Nel medioevo l'Europa era divisa in tanti piccoli stati, contee, marchesati. Il
commercio per svilupparsi aveva bisogno di regole valide per tutti ovunque, in
molti casi in contrasto con quelle di questo o quel posto. Di qui la nascita di
mercati, fiere, porti franchi, codici mercantili, accordi tra chi forniva fondi e chi
mercanzie. Il tutto avvenne partendo dal basso, ad opera della comunità
mercantile, che, dove necessario, aggirò le leggi delle varie comunità, creando
una specie di sovrastato nel variegato mondo delle "unità politiche" dell'epoca.
Le istituzioni non potevano però rimanerne al di fuori di tutto questo. Assieme
ai mercanti ed alle loro corporazioni, i governi delle città mercantili, cercarono
di definire delle regole in ambito commerciale: unità di peso e misura, standard
di qualità e prezzo delle merci; condanna delle frodi, degli accordi monopolistici
e della speculazione sui beni di prima necessità; uso degli strumenti di credito,
tenuta dei libri contabili, procedura fallimentare, struttura delle società e forma
dei contratti. Queste regole, che presero il nome di "lex mercatoria", superarono
i confini degli stati, ebbero una diffusione europea e diedero origine ad una
funzione virtuosa del commercio.
Questo portò nel 1700, all'esaltazione delle potenzialità virtuose del commercio
arrivando a definirlo "dolce commercio" nella convinzione che l'aumento degli
scambi commerciali contribuisse al miglioramento dei rapporti fra i popoli, e
favorisse la pace. Purtroppo non fu solo così, in molti casi il commercio rimase
ancora un affare avventuroso, rischioso e violento.
L' irruzione sulla scena europea del ciclone Napoleone distrusse la grande
illusione del "dolce commercio" ed introdusse un nuovo soggetto storico, la
"Grande Nazione" che mirava alla liberazione dei popoli dalle monarchie
assolutiste e alla modernizzazione degli apparati statali. Le linee di questo
disegno portarono grandi innovazioni istituzionali, creando fra l'altro le basi di
8. 8
una più solida organizzazione societaria delle imprese e di un pieno esercizio del
diritto di proprietà. Dopo il crollo dell'impero napoleonico, queste leggi non
vennero cancellate, le monarchie restaurate le conservarono, se non nella forma,
nella sostanza.
Il secolo che seguì l'epopea napoleonica, fu un periodo sbalorditivo, per la
nascita di nuove ideologie e grandi innovazioni tecnologiche che produssero in
Europa un forte mutamento. I fautori delle nascenti ideologie: socialismo e
democrazia, sognavano, con la crescente solidarietà tra i popoli, la nascita degli
Stati uniti d'Europa. Avevano però sottovalutato quella che si sarebbe rivelata
come la più potente forza ideale e politica del secolo: il nazionalismo, che,
affermatosi con la rivoluzione francese e diffusosi in Europa assieme alle
baionette di Napoleone, portò all'unificazione dell' Italia, della Germania e alla
crisi degli imperi multinazionali.
Se l'ideologia politica aveva portato alla creazione degli stati nazionali, le
ideologie economiche puntavano al loro superamento.
Prima attraverso l'utopia sansimoniana, che immaginava un unico parlamento
fra Francia e Gran Bretagna in cui avrebbero dovuto essere rappresentati i ceti
produttivi, poi con l' ideologia liberoscambista. Il primo trattato, ispirato a
questa nuova ideologia, fu firmato nel 1860 tra Francia e Inghilterra; prevedeva
l'abolizione delle restrizioni e dei dazi doganali che fino ad allora avevano
ostacolato lo sviluppo delle relazioni commerciali. Fu poi esteso tramite la
clausola detta "della nazione più favorita" a tutti gli stati europei. Questa
clausola prevedeva che, qualora uno dei contraenti avesse stipulato un nuovo
trattato con un altro stato, questa sarebbe stata estesa automaticamente all' altro
paese.
All' integrazione commerciale si affiancarono alcuni tentativi di integrazione
monetaria, ma l'apertura del canale di Suez, combinata con l'introduzione della
navigazione a vapore e la diffusione delle reti ferroviarie, portarono a riversarsi
sui mercati europei, ingenti quantitativi di cereali ed altri prodotti agricoli
provenienti da India, Cina, Russia e America a bassi prezzi, provocando una
crisi che durò per oltre un ventennio. Fu la fine dell' idillio liberoscambista e il
protezionismo doganale tornò ad apparire per gli stati europei l'unica ancora di
salvezza.
9. 9
Gli effetti negativi del ritorno al protezionismo furono comunque attenuati sul
finire del secolo dall'adozione di nuovi trattati commerciali, dall' aumento dei
prezzi, dalla progressiva riduzione dei costi di trasporto e dalla diffusione del
sistema monetario Gold standard.
Il Gold standard era il sistema monetario internazionale adottato dal 1870 fino
alla prima guerra mondiale che prevedeva uno stretto legame tra la quantità di
moneta in circolazione e le riserve auree detenute dalla banca centrale.
In tale sistema ogni moneta aveva una parità fissa; il valore della moneta
corrispondeva, cioè, ad una determinata quantità di oro stabilita dalle autorità
monetarie. La moneta cartacea in circolazione era convertibile, in qualunque
momento in oro, per cui si rendeva necessaria la corrispondenza tra la quantità
di biglietti di banca in circolazione e le riserve di oro possedute dalla banca
centrale.
La fine del XIX secolo vide, dopo la sua unificazione, la nascita della potenza
tecnologica, industriale ed economica tedesca. Alla sua grande potenzialità non
corrispondeva però un adeguato peso internazionale.
Negli ambienti economici e finanziari tedeschi cominciò così a farsi strada, per
superare questo divario, l'idea di un’unione Mitteleuropea a guida tedesca, fra
l'impero austroungarico e quello tedesco. L'idea non ebbe il tempo di essere
sviluppata per lo scoppio della prima guerra mondiale. L'inizio del conflitto
sembrava evolvere velocemente a favore della Germania e degli imperi centrali.
In un documento preparato per i suoi collaboratori –che avrebbero dovuto
partecipare alle imminenti trattative di pace- il cancelliere tedesco indicava
l’obiettivo di creare un'associazione economica Mitteleuropea a guida tedesca.
Di questa associazione avrebbero dovuto inizialmente far parte: Francia, Belgio,
Olanda, Danimarca, Polonia, Austria-Ungheria, e successivamente: Italia,
Svezia, e Norvegia. La guerra ebbe un diverso sviluppo, la Germania ne uscì
sconfitta e costretta a subire delle pesanti condizioni di pace che la portarono ad
una grave crisi politica e finanziaria con una situazione di iperinflazione e
conseguente crollo della moneta. Le aspirazioni dei fautori della Mitteleuropa
erano definitivamente affossate.
10. 10
Sul finire degli anni venti un tentativo di distensione della Francia verso la
Germania con il tentativo di giungere ad una federazione anche con altri stati
europei non ebbe fortuna.
Il successo politico del Nazionalsocialismo sembrò portare nuova linfa alla
causa della Mitteleuropa auspicata dagli imprenditori e dai finanzieri tedeschi.
Ma la visione dell' Europa prefigurata dai nazionalsocialisti era altra cosa, e la
conquista dello "spazio vitale" doveva avvenire, secondo i loro ideali, a spese
delle razze inferiori e trascendeva dalle sole esigenze economiche e commerciali
degli imprenditori e dei finanzieri, con le funeste conseguenze che tutti
conosciamo.
11. 11
Dalla II guerra mondiale al trattato di Maastricht
L'idea di un'istituzione sovranazionale europea moderna prese corpo dopo la
seconda guerra mondiale guidata dalla volontà di evitare nuovi futuri conflitti
fra le sue nazioni.
Il documento "Per un Europa libera e unita. Progetto d'un manifesto" scritto da
Ernesto Rossi e Altiero Spinelli, più conosciuto come "Manifesto di Ventotene",
dal nome della località dove i due antifascisti erano stati confinati dopo il 1940,
è uno dei testi più importanti sul federalismo europeo. In esso gli stati nazionali
apparivano come organismi ormai inadeguati a garantire la sicurezza dei
cittadini e a promuovere lo sviluppo economico. Ne scaturiva quindi la proposta
di costituire una federazione europea in cui avrebbero dovuto confluire i vecchi
organismi statali.
I tempi non erano ancora maturi. Era necessaria una via più graduale che
mirasse ad una maggiore collaborazione tra gli stati, mantenendone inalterata la
sovranità.
Le parole pronunciate il 9 maggio 1950 dal ministro degli esteri francese, che
passeranno alla storia come "Dichiarazione Schuman": "Signori non è più
questione di parole vane, ma di un atto, un atto di coraggio, un atto
costruttivo....l'Europa non si costituirà di un colpo, né si costruirà tutta insieme:
si farà con realizzazioni concrete..... la coesione delle Nazioni europee esige che
l'opposizione secolare della Francia e della Germania sia eliminata..." daranno
il via al processo di integrazione europea.
La strategia scelta sarà definita "funzionalista" mirante ad affrontare problemi
particolari mediante la creazione di organismi sovranazionali dotati di
autonomia nell'esercizio delle loro funzioni.
Il primo atto concreto fu di riunire e gestire congiuntamente le due risorse
strategiche, il carbone e l'acciaio, per il controllo delle quali erano state
combattute in Europa diverse guerre.
12. 12
Nacque così la Comunità Economica del Carbone e dell' Acciaio,(CECA)
istituita con il "Trattato di Parigi" nell' Aprile del 1951; era formata da sei paesi:
Belgio, Francia, Germania, Italia, Lussemburgo e Paesi Bassi.
Fu una decisione rivoluzionaria, che trasferiva per la prima volta a un'istituzione
comune la sovranità in un campo decisivo, sebbene limitato.
Il secondo passo della strategia funzionalista applicato al campo fondamentale
della difesa fu però un fallimento.
Poteva essere per la nascente comunità europea un colpo fatale.
La determinazione dei leader politici, unita allo shock derivato dalla chiusura
del canale di Suez, ridiede nuovo slancio al processo d'integrazione economica
europea con i "Trattati di Roma" del marzo 1957 e con l'istituzione della
Comunità Europea dell' energia atomica (EURATOM) e della Comunità
Economica Europea (CEE). -L'Euratom aveva lo scopo di coordinare i
programmi di ricerca relativi all' energia nucleare e di assicurarne un uso
pacifico. -La CEE aveva come obiettivo economico prioritario il superamento
delle barriere doganali attraverso la creazione di un mercato comune europeo
(MEC) fra i sei stati aderenti che avrebbe portato, mediante una progressiva
riduzione delle tariffe doganali, alla libera circolazione di: merci, servizi,
capitali e persone; le cosiddette quattro libertà. In estrema sintesi lo spirito dei
"Trattati di Roma" con la creazione della CEE, era quello di costruire un
mercato europeo effettivamente libero con l'impegno a rimuovere i vincoli
esistenti alla libera circolazione delle merci, e l'abolizione delle forme di
protezionismo nazionale. Se pensiamo che in alcuni paesi, fra i quali l' Italia, era
ancora necessario pagare un dazio per trasportare i beni da una città all' altra
entro le frontiere nazionali, la realizzazione delle quattro libertà era un atto
ancora più rivoluzionario della costituzione della CECA.
13. 13
Il processo di liberalizzazione trovò vasta applicazione sopratutto nel mercato
dei manufatti, ci furono problemi invece per quello dei prodotti agricoli, dei
servizi e del lavoro. Il successo comunque arrise alle economie della CEE, tutti
gli indicatori economici delle sei nazioni volsero per diverso tempo al bello.
Questo fatto, riaccreditò la visione, del "dolce commercio" e rafforzò i fautori
del liberoscambismo, fino ad ipotizzare l'eliminazione delle frontiere nazionali.
I Trattati di Roma non contenevano però che sporadici accenni alla moneta.
Questa potrebbe sembrare una contraddizione, in quanto, base essenziale per un
mercato comune è la moneta di riferimento.
"Si tratta, però di un'impressione sbagliata, dovuta al fatto che un sistema
monetario ben definito, a quell'epoca esisteva già, ed era coerente con il
14. 14
programma del mercato unico: era il regime di cambi fissi stabilito a Bretton
Woods nel 1944, regime che, di fatto, non permetteva svalutazioni competitive
delle valute. Il mercato unico, ancora da creare, dunque, implicitamente aveva
già una moneta unica, il Dollaro. Se nel Trattato di Roma non fu definito
esplicitamente un sistema monetario è perché i vigenti accordi di Bretton
Woods erano considerati un dato permanente dell'ordine economico
internazionale. Invece, l'edificio dei cambi fissi non ebbe la durata eterna che si
pensava, e non appena manifestò i primi scricchiolii, alla fine degli anni
sessanta, iniziò una discussione su quale ordinamento monetario europeo
potesse sostituirlo per completare il mercato comune." 2
"Sul piano della stabilità economica internazionale fondamentale rilievo ebbero
gli accordi stipulati nel luglio del 1944 nella cittadina di Bretton Woods nel
New Jersey. Alla conferenza, cui parteciparono esperti economici di 44 paesi, fu
stabilito il ripristino della convertibilità in oro del dollaro, per restituire
stabilità al sistema monetario internazionale e l'istituzione di un sistema di
cambi fissi o quasi fissi tra le varie monete, che potevano oscillare entro una
banda prefissata dell'1%. Le parità furono fissate in parte in termini aurei e in
altra parte in rapporto a valute convertibili in oro, prevedendo aggiustamenti in
presenza di particolari condizioni di squilibrio della bilancia dei pagamenti. Lo
schema originario di Bretton Woods si modificò alla fine degli anni Cinquanta
in un sistema di valute chiave dominate dalla centralità del dollaro: difatti si
creò un gold-dollar standard destinato a regolare le relazioni monetarie fino al
1971. Il dollaro divenne la valuta degli scambi internazionali e la valuta di
riserva per eccellenza, mentre tutte le altre valute ruotavano attorno ad esso.
Alla conferenza di Bretton Woods si prospettò anche la necessità di creare tre
nuove istituzioni internazionali: l'International Monetary Found (IMF), col
compito di concedere prestiti a breve termine per sanare deficit della bilancia
dei pagamenti di paesi in difficoltà; la International Bank for Reconstruction
and Development (IBRD), in seguito ribattezzata World Bank, per la
concessione di prestiti a lungo termine, in primo luogo per la ricostruzione dei
paesi danneggiati dalla guerra e successivamente per lo sviluppo dei paesi
arretrati; e l' International Trade Organization (ITO), con funzioni di
2 Padoa-Schioppa (2002) p. 49
15. 15
promozione e controllo degli scambi internazionali. L' ITO ebbe tuttavia vita
breve e fu sostituito nel 1948 dal General Agreement on Tariffs and Trade
(GATT), finalizzato a promuovere il commercio internazionale attraverso la
liberalizzazione degli scambi." 3
La nascita e il successo di una comunità di libero scambio, composta da paesi
economicamente forti, creò qualche mal di pancia fra i paesi europei che non ne
erano entrati a far parte: Regno Unito, Austria, Danimarca, Norvegia,
Portogallo, Svezia e Svizzera. Così con una convenzione firmata a Stoccolma il
4 Gennaio 1960, questi paesi diedero vita alla Associazione Europea di Libero
Scambio (AELS) meglio conosciuta come EFTA (European Free Trade
Association). Alcuni di questi stati poi però ne uscirono ed entrarono a far parte
della CEE. Oggi sono rimasti a far parte dell' EFTA, Islanda, Lichtenstain,
Norvegia e Svizzera.
Dalla seconda metà degli anni sessanta il cammino verso l'attuazione delle
quattro libertà subì una battuta d'arresto, principalmente dovuta alla Francia di
De Gaulle. Questa: si opponeva all' ingresso della Gran Bretagna, faceva
introdurre nelle votazioni la regola dell'unanimità, che di fatto introduceva il
diritto di veto, e voleva introdurre politiche agricole a lei molto favorevoli. Vi
era inoltre ancora un forte desiderio di mettere in atto politiche economiche
nazionali indipendenti, che mal si conciliavano con la liberalizzazione dei
mercati.
In questo contesto "Nell'agosto 1971 il presidente statunitense Richard Nixon
(1913-1994) - sotto i colpi della speculazione e della crisi della bilancia dei
pagamenti – decise la sospensione della convertibilità del dollaro in oro,
portando il sistema monetario internazionale a un regime di cambi fluttuanti
con evidenti problemi di governo dei pagamenti esteri. Nel 1973 il sistema di
Bretton Woods fu definitivamente e ufficialmente abbandonato. Nello stesso
anno la crisi petrolifera mise fine al lungo periodo di prosperità che aveva fatto
dei quasi trent'anni successivi alla fine della seconda guerra mondiale il
periodo più stabile della storia del capitalismo. La fine dei cambi fissi
determinò una situazione di instabilità che danneggiò il commercio
3 Carboni (2008) p. 162
16. 16
internazionale, ma fu soprattutto lo shock petrolifero, con l'improvviso aumento
del prezzo del petrolio a minacciare i Paesi industrializzati." 4
"Ciò provocò una protratta inflazione nella maggior parte dei Paesi
industrializzati. La Germania fu la principale eccezione, forse perchè la
drammatica esperienza dell' iperinflazione aveva sradicato dalla mente delle
persone l'illusione che più creazione di moneta portasse più felicità." 5
La sospensione della convertibilità del dollaro in oro, facendo venir meno
quello che fino ad allora aveva funzionato come sistema monetario
internazionale, rischiava di portare il caos nell'economia mondiale. I dieci paesi
rappresentanti le più forti economie mondiali, decisero allora di adottare delle
contromisure. Si riunirono allo Smithsonian Institute di Washington, dove
nacque lo Smithsonian Agreement, con il quale si decise una svalutazione del
dollaro. Non fu tuttavia ripristinato l'obbligo per gli Stati Uniti di scambiare
dollari con oro. Furono anche modificati i tassi di cambio tra le altre monete e si
stabilì una banda di oscillazione del 2,25% in più o meno, rispetto al dollaro. Si
era così passati da un sistema di cambi fissi ad un sistema di cambi flessibili.
Per la Comunità economica europea fu un brutto colpo, la stabilità dei cambi
rappresentava una condizione essenziale per favorire lo sviluppo degli scambi
commerciali.
“la creazione del Mercato comune europeo si accompagna alla più vivace
stagione di crescita economica mai sperimentata sul continente. Per rinsaldare
quei risultati e quasi con spirito utopistico, nel mezzo del disordine monetario
internazionale, si progetta una moneta unica.” 6
La necessità di creare un' area ove regnasse la stabilità monetaria aveva già
indotto gli Stati membri ad avviare fin dal 1970, quindi prima dell'abbandono
dei cambi fissi, ed a seguito della crisi del Franco francese del 1968-69, una
serie di studi finalizzati alla creazione di una cooperazione monetaria. L'incarico
fu affidato ad un comitato di esperti presieduto dal ministro delle finanze
lussemburghese Werner. Fu in questa occasione che si manifestò per la prima
4 Carboni (2008) p. 173
5 Padoa-Schioppa (2002) p. 56
6 Degli Espositi (2011) p. 172
17. 17
volta il dualismo tra economisti e monetaristi. I primi, tra i quali si
distinguevano Germania e Paesi Bassi, ritenevano che il coordinamento delle
politiche economiche costituisse il fondamento indispensabile all'integrazione
monetaria; i secondi, tra cui Francia, Italia, e Lussemburgo, erano convinti che
l'unione monetaria dovesse precedere l'armonizzazione delle politiche
economiche fra gli Stati membri.
Il documento che ne uscì prese il nome di Piano Werner e fu presentato il 9
Maggio 1970. Naturalmente presentava una soluzione di compromesso fra le
due posizioni, prevedeva un percorso in tre tappe da realizzarsi nell'arco di dieci
anni in cui lo sviluppo dei settori economico e monetario sarebbe dovuto
avvenire in parallelo.
Questo documento non ebbe un seguito, ma gli Stati membri della comunità
decisero di adottare dei meccanismi per evitare fluttuazioni tra le monete
europee. Per questo la banda di oscillazione adottata a Washington fu ritenuta
eccessiva dai paesi della CEE, i quali decisero nell' Aprile del 1972 con
l'accordo di Basilea di ridurre all' 1,25%, in più o in meno il limite di
oscillazione fra le rispettive monete.
All' iniziativa, oltre ai paesi membri della CEE, si unirono anche Regno Unito,
Irlanda, Danimarca, Norvegia.
Il sistema che prese vita da questo accordo è conosciuto con il nome di Serpente
monetario, perchè la sua rappresentazione grafica assomigliava ad un serpente
che si muove dentro un tunnel. Ebbe una vita molto travagliata. La possibilità di
rispettare i margini di fluttuazione programmata fu messa a dura prova fin dai
primi mesi, e fu travolta dalla spinta inflazionistica derivante dal forte aumento
dei prezzi dovuto alla crisi petrolifera del 1973 e dal disaccordo sulla politica
economica da perseguire per limitarne gli effetti. Il franco francese, la sterlina
inglese, e quella irlandese uscirono dai parametri per poi rientrarvi, la lira
italiana ne uscì senza riuscire a rientrarvi, solo il marco tedesco, il fiorino
olandese, il franco belga, e la corona danese restarono vincolati agli accordi fino
alla loro scadenza.
18. 18
Nel frattempo, nel gennaio del 1973, Regno Unito, Irlanda e Danimarca,
entrarono a far parte della CEE.
Nel 1975 venne creata l'Unità di conto europea (UCE) comunemente definita
paniere, perchè era strutturata come un paniere composto da quantità fisse delle
valute dei (nove) paesi della CEE.
L'esperienza del serpente monetario ebbe termine nel 1978 senza portare i
risultati desiderati.
Nonostante le avverse condizioni economiche e valutarie incontrate,
l’esperimento del Serpente monetario va valutato positivamente, in quanto
segnò l'inizio delle attività di coordinamento delle politiche economiche
nazionali degli stati della CEE ed aprì la strada ai successivi sviluppi: il Sistema
monetario europeo (SME).
Il Sistema monetario europeo fu uno dei passaggi fondamentali per arrivare alla
completa unione economica e monetaria, e quindi all'adozione di una moneta
unica. Attraverso l’attuazione di politiche in materia di cambi, si poneva come
obiettivi: una disciplina comune in politica economica, la riduzione
dell'inflazione e la creazione d’una zona di stabilità monetaria in Europa per
evitare che il disordine monetario ostacolasse il processo d'integrazione a livello
comunitario. Entrò in funzione nel 1979 e vi parteciparono Belgio, Danimarca,
Francia, Germania, Irlanda, Paesi Bassi, e Italia.
L'elemento centrale dello SME fu l'ECU (Unità di conto europea), un valuta-paniere,
il cui valore era dato dal valore delle monete di tutti i paesi della CEE,
ponderato in base al peso che ciascun paese aveva all'interno della Comunità.
L'ECU è considerata la prima valuta (virtuale) dell'Unione europea.
Lo SME era un sistema a cambi fissi con una banda di oscillazione. Le valute
fluttuavano attorno a una parità centrale entro una banda del più o meno 2,25%
(ad eccezione della lira italiana per la quale la fascia di oscillazione fu del più o
meno 6% fino al 1990 quando anche l'Italia decise di usare la banda di
fluttuazione ristretta), ma prevedeva che, in caso di superamento, le banche
19. 19
centrali dei paesi interessati potessero intervenire con acquisti o vendite di
valuta ricorrendo a un Fondo monetario europeo.
Riallineamenti nel Sistema Monetario Europeo
· 1979 Il marco tedesco rivaluta del 2% e la corona danese svaluta del 2,9%.
· 1979 La corona danese svaluta del 4,9%.
· 1981 La lira italiana svaluta del 6%.
· 1981 IL marco e il fiorino rivalutano del 5,5% mentre il franco francese e la lira
svalutano del 3%.
· 1982 La corona danese svaluta del 3%, il franco belga e il franco lussemburghese
dell' 8,5%. Il Marco e il fiorino rivalutano del 4,25% mentre la lira svaluta del
2,75% e il franco francese svaluta del 5,75%.
· 1983 Il marco rivaluta del 5,5%, il fiorino del 3,5%, la corona danese del 2,5%, il
franco belga, lussemburghese dell' 1,5%. La sterlina irlandese svaluta del 3,5%, la
lira e il franco francese del 2,5%.
· 1985 La lira svaluta del 6%, le altre monete rivalutano del 2%.
· 1986 Il marco e il fiorino rivalutano del 3%,il franco belga, lussemburghese e la
corona danese dell' 1%. Il franco francese svaluta del 3%. La sterlina irlandese
svaluta dell' 8%.
· 1987 Il marco e il fiorino rivalutano del 3% e il franco belga, lussemburghese del
2%.
· 1990 La lira rivaluta del 4% ed entra nella "banda stretta" di fluttuazione.
· 1992 La lira svaluta del 3,5% e tutte le altre monete rivalutano del 3,5%.
La peseta spagnola e lo scudo portoghese svalutano del 6%.
L’Italia esce dallo SME.
· 1993 La sterlina irlandese svaluta del 10%. La peseta spagnola svaluta dell’ 8% e
lo scudo portoghese del 6,5%.
· 1996 L’Italia rientra nello SME.
· 1998 IME dichiara che gli 11 stati membri dell’UE sono idonei a partecipare alla
terza fase dell’UEM.
20. 20
Di fatto la moneta “reale”, non “virtuale” su cui si fondò lo SME fu il marco
tedesco.
La Germania era la nazione leader di questa unione, nonostante fosse uscita
devastata dalla II guerra mondiale era riuscita a rialzarsi, e presentava il maggior
grado di sviluppo economico, il grado di inflazione più basso e la moneta più
stabile.
“Il percorso economico che dal Trattato di Roma del 1957 porta a quello di
Maastricht del 1992, ha condotto l'Europa da una moneta di riferimento
esterna, il dollaro, a una moneta propria. Tra questi due regimi, per circa 15
anni la moneta di riferimento è stata la più forte e la più stabile tra quelle di
tutti i Paesi europei, il marco tedesco. Il regime del marco è cominciato con la
fine del sistema basato sul dollaro (1973) e inizialmente ha preso la forma di un
accordo, chiamato “Serpente”, nel quale le monete dei Paesi partecipanti
dovevano muoversi insieme…....nel 1979 al Serpente si sostituì lo SME.... IL
regime del marco, fornì, dunque, una base alla stabilità delle valute europee
nella fase storica in cui il sistema monetario internazionale adottava i cambi
fluttuanti. Lo SME contribuì grandemente sia alla lotta all'inflazione sia al
mantenimento di relazioni commerciali regolari all'interno della Ue.” 7
Le regole introdotte dallo SME, unite alla stabilizzazione del prezzo del
petrolio, pur con qualche eccezione, contribuirono fortemente alla lotta
all'inflazione e resero possibile negli anni '80 una relativa stabilità monetaria
con il miglioramento delle relazioni commerciali all'interno della CEE. In quel
momento all'interno dell'Unione europea si poteva considerare attuata solo, e
neppure del tutto, la libera circolazione dei beni e molto rimaneva da fare per i
servizi, i capitali, e le persone. Da qui la necessità di rivedere i programmi e gli
obiettivi della CEE.
Fu perciò convocata una conferenza ”per far progredire concretamente l'unione
europea” che si concluse all'Aia il 28 febbraio 1986. Il documento che ne scaturì
prese il nome di Atto unico europeo. Entrò in vigore il 1° luglio 1987 e costituì
la prima modifica sostanziale del Trattato di Roma. L' importanza dell'atto unico
7 Padoa-Schioppa (2002) p. 49
21. 21
non stava tanto o solo nell'obiettivo che si prefiggeva, ovvero il rilancio del
processo di costruzione europea al fine di portare a termine la realizzazione del
mercato comune, ma nell'introduzione di novità nel metodo per raggiungerlo. La
prima fu di fissare un termine temporale al raggiungimento dell'obiettivo, entro
il 31 dicembre 1992 doveva essere realizzato: ”uno spazio senza frontiere
interne nel quale è assicurata la libera circolazione delle merci, delle persone,
dei servizi e dei capitali, secondo le regole del presente trattato”; la seconda fu
di abbandonare la regola paralizzante delle decisioni all'unanimità; la terza
novità fu l'introduzione di una radicale semplificazione del processo decisionale:
adottando il principio del riconoscimento reciproco e abbandonando la strada
dell'armonizzazione completa delle norme in materia economica. Mentre nel
mondo si rafforzavano le tendenze protezionistiche nel tentativo di superare la
crisi, l'Europa, sulla scia del successo monetario dello SME e nonostante la
disoccupazione, riusciva a tenere e a darsi un obiettivo di più completa
integrazione.
Su questa base, il consiglio europeo che si tenne ad Hannover nel 1989 diede
incarico, ad un comitato composto dai governatori delle banche centrali, di
preparare un rapporto per lo studio dell'Unione monetaria europea alla cui guida
vi era il presidente di turno della comunità europea, il francese Jacques Delors.
Nasce così il rapporto Delors, che riprendeva le ipotesi di integrazione
economica e monetaria tracciate nel Rapporto Werner del 1970 ed in particolare
la scansione temporale articolata in tre fasi. Nella prima fase era prevista la
completa liberalizzazione dei movimenti di capitale, che sarebbe scattata il 1°
luglio 1990. Nella seconda fase si sarebbe proceduto ad una più stretta
integrazione delle politiche economiche degli Stati membri, fissando regole
vincolanti per evitare disavanzi pubblici eccessivi. Infine la terza fase prevedeva
il definitivo passaggio agli organismi comunitari della politica economica e
monetaria degli Stati membri attraverso la creazione della Banca centrale
europea e della moneta unica. Per la realizzazione della Seconda e della Terza
fase era necessario modificare il Trattato che istituiva la Comunità economica
europea. Al fine di creare la necessaria infrastruttura istituzionale, fu convocata
un'apposita conferenza intergovernativa che si concluse con la firma del Trattato
di Maastricht.
22. 22
Il trattato di Maastricht e la Banca centrale europea
Il Trattato fu firmato dai dodici paesi membri della Comunità Europea (CEE) il
7 febbraio 1992, a Maastricht, una cittadina olandese sulla Mosa fino ad allora
sconosciuta. La denominazione originale era “Trattato sull'Unione Europea”
(TCE) perché da qui la Comunità economica europea (CEE) diventerà Unione
europea (UE), e vi confluiranno anche CECA ed EURATOM.
Si tratterà della seconda modifica ai Trattati di Roma dopo quella dell'Atto unico
europeo ed entrerà in vigore solo il 1° novembre 1993 per lungaggini dovute a
problemi inerenti i processi di ratifica dei vari paesi. Pur non limitandosi alle
sole questioni monetarie, è conosciuto principalmente per aver posto le basi
dell'Unione economica e monetaria (UEM)
Le trattative furono lunghe e laboriose, tanto da far temere più volte l'abbandono
del progetto. Le questioni in genere erano più politiche che economiche. Si
rianimò la mai sopita contrapposizione tra economisti, e monetaristi. La Francia,
il cui presidente Mitterand temeva la ricostruzione di una Germania forte e
militarizzata dopo la caduta del muro di Berlino, rimase in bilico fino al risultato
del referendum del 20 settembre 1992. La Gran Bretagna chiese di non aderire
alla moneta unica, per evitare il fermo generale fu introdotta la clausola di
opting-out attraverso la quale uno stato membro avrebbe potuto rimanere nella
Unione europea pur non partecipando ad uno specifico settore della
cooperazione. Paradossalmente, fu la caduta del muro di Berlino e la ferma
volontà del cancelliere tedesco Helmut Kohl a determinare l'accelerazione finale
verso la firma del trattato di Maastricht, opponendosi, contro il parere dei suoi
consiglieri, a qualsiasi rinvio.
“Nel momento cruciale, quando un piano tecnico relativo all'UEM redatto da
un comitato di composizione essenzialmente tecnica -il comitato Delors- si
trovava al bivio tra essere destinato alle biblioteche universitarie, dove i
progetti non realizzati di questo tipo diventavano oggetti di tesi di dottorato e
avviarsi a realizzazione, cadde il muro di Berlino. La riunificazione della
Germania divenne possibile; tornarono in vita sia le speranza di rimarginare
l'ultima ferita della seconda guerra mondiale sia le paure riguardanti la
23. 23
rinascita di una egemonia tedesca sul continente. Fu questa nuova situazione a
dare un impulso nuovo e decisivo al realizzarsi della moneta unica.
Confermando il suo sostegno alla moneta unica, il governo tedesco diede un
chiaro segnale che per la Germania federale la riunificazione e un ulteriore
integrazione europea erano due aspetti inseparabili della stessa politica.”8
Le basi teoriche che sottostavano alla scelta della UME e che portarono alla
nascita dell'Euro erano sostanzialmente due: la tesi del quartetto inconciliabile
formulata dall'economista italiano Tommaso Padoa-Schioppa nel 1982 e la
teoria delle aree monetarie ottimali elaborata da Robert Mundell nel 1961.
La tesi del quartetto inconciliabile di Padoa-Schioppa indicava che non si
potevano perseguire contemporaneamente:
-la libertà degli scambi commerciali,
-la mobilità dei capitali,
-i tassi di cambio fissi,
-l'autonomia delle politiche monetarie.
I primi due erano contemplati nei Trattati di Roma, i cambi fissi abbiamo visto
che erano un caposaldo implicito dei Trattati, ne conseguiva che i singoli Stati
avrebbero dovuto rinunciare alla politica monetaria per delegarla ad un ente
sovranazionale che avrebbe così avuto il governo della moneta (unica),
altrimenti la quadratura del cerchio sarebbe stata impossibile.
Il secondo modello di riferimento, la teoria delle aree monetarie ottimali di
Mundell in estrema sintesi diceva che per area valutaria si doveva intendere, un
gruppo di paesi che pur mantenendo monete diverse (oppure adottando una
moneta unica), avevano tassi di cambio fissi; un’area valutaria era invece da
considerasi ottima se oltre la stabilità dei prezzi era possibile ottenere al suo
interno l’equilibrio della bilancia dei pagamenti e la piena occupazione. La
teoria del quartetto inconciliabile necessitava di una moneta unica, mentre la
teoria delle aree monetarie ottimali, la prevedeva in alternativa ad una politica di
tassi fissi.
8 Padoa-Schioppa (2002) p. 54
24. 24
“Sono stati due i paradigmi economici che hanno influenzato il passaggio
dell'Europa dal dollaro all'euro. Il primo è la teoria delle aree monetarie
ottimali formulata originariamente da Robert Mundell e sviluppata poi
attraverso un ampio dibattito accademico. Si trattava di una teoria
profondamente innovativa che metteva in discussione la corrispondenza
biunivoca tra monete e Stati sovrani e identificava le condizioni perché a una
determinata area geografica convenisse adottare una moneta unica a
prescindere dal fatto che i sui confini coincidessero o meno con quelli di uno
Stato. Queste condizioni di natura economica erano quasi coincidenti con
quelle necessarie per l'effettiva realizzazione delle quattro libertà previste dal
Trattato di Roma. Il secondo paradigma è la tesi del “quartetto inconciliabile”
secondo cui libero scambio mobilità dei capitali, tassi di cambio fissi e
indipendenza delle politiche monetarie sono reciprocamente incompatibili
sicché un accordo internazionale che cerchi di soddisfare contemporaneamente
tutte e quattro queste condizioni è minato da contraddizioni che portano
inevitabilmente a instabilità e crisi. Il paradigma del quartetto inconciliabile
indicava la necessità di una moneta unica, quello delle aree monetarie ottimali
una possibilità, nonché le condizioni per la sua realizzazione.” 9
Nonostante le esperienze del serpente monetario e dello SME, le politiche
finanziare dei vari paesi, risultavano alquanto disomogenee.
Per poter conseguire l'obiettivo finale dell’unione fu allora adottata una strategia
che agiva su due criteri: la gradualità e il rigore finanziario. Con il primo la
transizione verso l'UEM fu programmata nell'arco di diversi anni, seppur con
tappe definite nei tempi. Questo per avere un periodo di transizione graduale e
tempi di realizzazione certi. Con il secondo l'ingresso nell'unione era
subordinato al soddisfacimento di severi parametri di convergenza economica,
al fine di avere paesi con i fondamentali di economia non troppo diversi ed
evitare alla nuova moneta una condizione di instabilità e vulnerabilità.
9 Padoa-Schioppa (2002) p. 50
25. 25
Un paese poteva entrare a far parte dell'UEM soltanto se:
-il tasso d'inflazione non superava di oltre l'1,5% quello dei tre Stati membri che
avevano conseguito i migliori risultati in materia di stabilità dei prezzi;
-i tassi di interesse a lungo termine non superavano di più del 2 % quelli dei tre
Stati membri, che avevano conseguito i migliori risultati in termini di stabilità
dei prezzi;
-il rapporto tra il disavanzo di bilancio pubblico annuale (deficit) e il prodotto
interno lordo (PIL) non superava il 3 %, in caso contrario, tale rapporto doveva
diminuire in modo sostanziale e costante, o, in alternativa, il superamento
doveva rimanere solo eccezionale e temporaneo;
-il rapporto tra il debito pubblico e il PIL non superava il 60 %, in caso
contrario, tale rapporto si doveva ridurre in misura sufficiente e si doveva
avvicinare al valore di riferimento con ritmo adeguato.
-non aveva svalutato la moneta nazionale di propria iniziativa nel corso dei due
anni precedenti l'entrata nell'unione;
Con l’introduzione di questi vincoli e della data obiettivo entro cui dovevano
essere raggiunti, le politiche finanziarie dei vari paesi subirono un’accelerazione
verso la loro armonizzazione, come ben si evidenzia dalle tabelle e dai grafici
seguenti.
26. 26
Tabella e grafico valori del tasso d’inflazione dal 1972 al 2002 paesi Cee
Fonte: OCSE
27. 27
Tabella e grafico valori del tassi d’interesse a lungo termine dal 1972 al 2002 paesi Cee
Fonte: OCSE
28. 28
Tabella e grafico del rapporto tra il disavanzo di bilancio pubblico annuale e il Pil dal 1972 al 2002 paesi Cee
Fonte: OCSE
29. 29
Tabella e grafico del rapporto tra il debito pubblico e il Pil dal 1972 al 2002 paesi Cee
Fonte: OCSE
30. 30
PROTOCOLLO (n. 12)
SULLA PROCEDURA PER I DISAVANZI ECCESSIVI
LE ALTE PARTI CONTRAENTI,
DESIDERANDO precisare le modalità della procedura per i disavanzi eccessivi di
cui all'articolo 126 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea,
HANNO CONVENUTO le disposizioni seguenti, che sono allegate al trattato
sull'Unione europea e al trattato sul funzionamento dell'Unione europea:
Articolo 1
I valori di riferimento di cui all'articolo 126, paragrafo 2, del trattato sul
funzionamento dell'Unione europea sono:
— il 3% per il rapporto fra il disavanzo pubblico, previsto o effettivo, e il
prodotto interno lordo ai prezzi di mercato,
— il 60% per il rapporto fra il debito pubblico e il prodotto interno lordo ai
prezzi di mercato.
Articolo 2
Nell'articolo 126 di detto trattato e nel presente protocollo: per pubblico, si
intende la pubblica amministrazione, vale a dire l'amministrazione statale,
regionale o locale e i fondi di previdenza sociale, ad esclusione delle operazioni
commerciali, quali definiti nel Sistema europeo di conti economici integrati, —
per disavanzo, si intende l'indebitamento netto quale definito nel Sistema
europeo di conti economici integrati, — per investimento, si intende la
formazione lorda di capitale fisso, quale definita nel Sistema europeo di conti
economici integrati, — per debito, si intende il debito lordo al valore nominale
in essere alla fine dell'esercizio e consolidato tra e nei settori della pubblica
amministrazione quale definita nel primo trattino.
Articolo 3
Al fine di garantire l'efficacia della procedura per i disavanzi eccessivi, i governi
degli Stati membri, ai sensi della stessa, sono responsabili dei disavanzi della
pubblica amministrazione come definito all'articolo 2, primo trattino, del
presente protocollo. Gli Stati membri assicurano che le procedure nazionali in
materia di bilancio consentano loro di rispettare gli obblighi derivanti dai trattati
in questo settore. Gli Stati membri riferiscono alla Commissione,
tempestivamente e regolarmente, in merito al loro disavanzo, previsto ed
effettivo, nonché al livello del loro debito.
Articolo 4
I dati statistici da usare per l'applicazione del presente protocollo sono forniti
dalla Commissione. 10
10 Gazzetta ufficiale dell’Unione europea (2010)
31. 31
Il trattato istituiva inoltre la Banca Centrale Europea (BCE), con sede a
Francoforte, che aveva come obiettivo prioritario quello di preservare il potere
di acquisto della moneta unica e quindi il mantenimento della stabilità dei
prezzi, e come caratteristica fondante la totale indipendenza dal potere politico.
La Banca centrale europea venne istituita il 1°giugno 1998, e il 1° gennaio 1999
rilevò i poteri decisionali, in materia monetaria delle banche centrali nazionali
(BCN).
Assieme alle banche centrali nazionali costituirono il Sistema europeo di banche
centrali (SEBC). Il SEBC non aveva personalità giuridica, l'avevano invece sia
le singole BCN che la BCE.
La BCE può essere considerata l'elemento centrale dell'Unione monetaria
europea.
Con la creazione della BCE e del SEBC i singoli paesi persero parte della loro
sovranità, cedendo alla BCE quella in tema di politica monetaria.
Fu un fatto epocale: lo stampare moneta era sempre stato una prerogativa dello
Stato sovrano.
Erano due i pilastri su cui veniva fondata la BCE, il primo la sua completa
indipendenza dal potere politico, formulata in maniera estremamente forte con
l'articolo 107 del TCE (oggi art.130):
"Nell'esercizio dei poteri e nell'assolvimento dei compiti e dei doveri loro
attribuiti dai trattati e dallo statuto del SEBC e della BCE, né la Banca centrale
europea né una banca centrale nazionale né un membro dei rispettivi organi
decisionali possono sollecitare o accettare istruzioni dalle istituzioni, dagli
organi o dagli organismi dell'Unione, dai governi degli Stati membri né da
qualsiasi altro organismo. Le istituzioni, gli organi e gli organismi dell'Unione
nonché i governi degli Stati membri si impegnano a rispettare questo principio e
a non cercare di influenzare i membri degli organi decisionali della Banca
centrale europea o delle banche centrali nazionali nell'assolvimento dei loro
compiti."
32. 32
Il secondo pilastro era l'obiettivo irrinunciabile della stabilità dei prezzi, a cui
tutti gli altri compiti della BCE, compresa la politica monetaria, venivano in
subordine, come previsto dall' articolo 105 del TCE (oggi art.127):
"1)L'obiettivo principale del Sistema europeo di banche centrali, in appresso
denominato «SEBC», è il mantenimento della stabilità dei prezzi. Fatto salvo
l'obiettivo della stabilità dei prezzi, il SEBC sostiene le politiche economiche
generali nell'Unione al fine di contribuire alla realizzazione degli obiettivi
dell'Unione definiti nell'articolo 3 del trattato sull'Unione europea. Il SEBC
agisce in conformità del principio di un'economia di mercato aperta e in libera
concorrenza, favorendo una efficace allocazione delle risorse e rispettando i
principi di cui all'articolo 119.
2)i compiti fondamentali da assolvere tramite il SEBC sono i seguenti:
--definire e attuare la politica monetaria dell'Unione,
--svolgere le operazioni sui cambi in linea con le disposizioni dell'articolo 219,
--detenere e gestire le riserve ufficiali in valuta estera degli Stati membri,
--promuovere il regolare funzionamento dei sistemi di pagamento."
I motivi di questa scelta vanno ricercati nel modello di riferimento scelto per la
BCE, la banca centrale tedesca, Bundesbank.
Dal dopoguerra erano due i modelli di banca centrale che si erano imposti in
Europa occidentale, uno anglo-francese, a cui si ispiravano la maggior parte
delle banche centrali compresa quella italiana, l'altro quello tedesco.
Nel modello anglo-francese gli obiettivi da perseguire erano diversi: la stabilità
dei prezzi, la stabilizzazione del ciclo economico, il mantenimento di un elevato
tasso di occupazione, la stabilità finanziaria e le decisioni di politica monetaria
erano soggette all'approvazione del governo, in genere del ministro delle
Finanze. Viceversa, in quello tedesco, la stabilità dei prezzi era considerata
l'obiettivo primario, il perseguimento di eventuali altri obiettivi era subordinato
a questo, e le decisioni in materia di tassi d'interesse erano prese senza alcuna
interferenza da parte delle autorità politiche.
33. 33
Perché allora fu scelto il modello tedesco se il modello anglo-francese vigeva
nella maggior parte degli Stati dell'unione?
Per questa scelta si possono individuare due ragioni principali:
1) Il momento economico che si stava vivendo in quegli anni e che vedeva il
cambiamento delle teorie economiche di riferimento.
Gli anni cinquanta e sessanta del XX secolo avevano visto il trionfo del pensiero
keynesiano. Le autorità politiche ed economiche avevano sostenuto, con
politiche monetarie basate sulla espansione della spesa pubblica, l'elevata
crescita economica e il conseguente basso livello di disoccupazione.
"La nuova politica finanziaria, ispirata alla lezione keynesiana e ammaestrata
dall'esperienza tra le due guerre, diede notevoli risultati. Fra il 1945 e il 1973
l'economia dei paesi industrializzati ha registrato una delle fasi di più
prolungato ed elevato sviluppo. Il tasso di crescita è risultato più accentuato
che in passato, con incrementi compresi fra il 4 e il 7% annuo. Durante la
cosiddetta "età dell'oro" (1959-1973) il tasso di crescita annuo dei Paesi
dell'Europa occidentale fu del 4,8% e il tasso di crescita procapite fu del
3,6%"11
Gli anni settanta segnarono un punto di svolta.
La crisi innescata dalla "shock petrolifero" fu caratterizzata da una miscela
d'inflazione e stagnazione dell'occupazione che le politiche espansive non
riuscivano a controllare, anzi per certi aspetti acuivano. In questa situazione si
fece strada una nuova visione dello sviluppo economico.
"La lunga espansione economica del secondo dopoguerra si arrestò
bruscamente all'inizio degli anni Settanta. Due eventi segnarono in modo
preciso quel passaggio: l'abbandono del sistema di Bretton Woods e la crisi
petrolifera del 1973…
…In questo nuovo contesto le politiche di intervento keynesiane si rivelarono in
parte inefficaci, perchè la dilatazione della spesa pubblica e i conseguenti
11 Carboni (2008) p. 171
34. 34
disavanzo statali, richiedendo un massiccio ricorso alle immissioni di carta
moneta, alimentarono la spirale inflazionistica senza riuscire a contenere la
disoccupazione.” 12
Si cercò allora, attraverso il conseguimento di due obiettivi prioritari: la
completa liberalizzazione del mercato e la stabilità monetaria, di spostare lo
sviluppo economico da una politica non più attuabile -il mantenimento di un
elevato livello di occupazione attraverso la spesa pubblica- verso una espansione
sovranazionale del mercato.
"A differenza di Keynes, che vedeva nelle politiche statali di sostegno alla
domanda l'arma per superare i rallentamenti del ciclo economico, Friedman e
gli esponenti della scuola monetarista incoraggiavano interventi di politica
economica sul versante dell'offerta. Per i monetaristi il primo passo per avviare
un riordino finanziario era proprio costituito dalla introduzione di norme
monetarie e fiscali per controllare l'offerta di moneta, in modo da riportare
sotto controllo l'inflazione." 13
2) La seconda ragione che spinse l'adozione della Bundesbank a modello per la
BCE fu data dalla particolare posizione strategica della Germania. Le autorità
monetarie tedesche nutrivano ancora dubbi sulla opportunità della UEM. Come
condizione per l'accettazione chiesero, per evitare il rischio di importare nel loro
paese una inflazione maggiore della loro, una BCE che assegnasse alla stabilità
monetaria un peso se possibile ancora maggiore di quello che era solita
assegnare la Bundesbank. Dalla seconda metà degli anni ottanta, gli stati europei
avevano ormai ammesso e accettato, la leadership economico monetaria della
Germania e i banchieri centrali erano ormai diventati dei ferventi sostenitori
della teoria monetarista. In queste condizioni, al di là delle schermaglie di rito,
la scelta divenne quasi obbligata.
12 Carboni (2008) p. 173-174
13 Carboni (2008) p. 175
35. 35
L' Unione economico-monetaria europea
Sebbene i germi dell'Unione economico-monetaria fossero ben vivi da diverso
tempo, non v'è dubbio però che l'accelerazione decisiva per la sua realizzazione
si ebbe nel triennio che va dal Rapporto Delors (aprile 1989) al Trattato di
Maastricht (febbraio 1992).
Nel fare questa valutazione, non è possibile non tener conto degli epocali
avvenimenti che nello stesso periodo sconvolsero l'Europa orientale.
Il repentino crollo dell'Unione Sovietica -con la nascita di nuovi Stati
indipendenti- e l'implosione del blocco delle economie a guida social-comunista,
determinarono la fine degli equilibri scaturiti dalla II guerra mondiale creando
nello scenario europeo un nuovo contesto, non previsto, con cui bisognava
confrontarsi. I nuovi stati volevano integrarsi il più velocemente possibile con
gli stati dell'Unione europea. Questo per diverse ragioni: la volontà di avvicinasi
ad economie di libero mercato per abbandonare il più velocemente possibile
l'esperienza basata sul modello sovietico che le aveva portate al fallimento, la
necessità di approvvigionarsi facilmente di merci e materie prime che il
disfacimento della Unione Sovietica non era più in grado di soddisfare e il
desiderio per alcuni di loro, di riunirsi ai paesi dell'Europa centrale a cui si
sentivano storicamente di appartenere.
L'allargamento dell'Unione europea, anche se auspicabile, non sarebbe però
stato semplice da realizzare. Non era pensabile arrestare il processo di
unificazione monetaria in attesa di verificare le condizioni alle quali sarebbero
eventualmente potuti entrare i nuovi paesi.
Si ebbe così un'accelerazione del processo di realizzazione dell'Unione
monetaria europea, e si scelse un programma di gradualità per l'ingresso dei
nuovi stati nell'area di libero scambio dell'UE. Discorso a parte per quanto
riguardava la Germania est. La Germania ovest si sarebbe fatta carico degli
enormi costi derivanti dalla riunificazione fra le due Germanie est ed ovest e il
nuovo grande stato tedesco che sarebbe nato da questa unione, avrebbe fatto
parte fin da subito della nascente Unione monetaria europea.
36. 36
-La prima fase dell'UEM ebbe inizio il 1 luglio 1990, con l'abolizione delle
restrizioni alla libera circolazione dei capitali, e, successivamente, la firma del
trattato di Maastricht rese irreversibile il cammino verso la moneta unica.
Nell'estate del 1992 i diversi orientamenti delle politiche economiche della
Germania e degli Stati Uniti, e le incertezze nella ratifica del Trattato di
Maastricht, scatenarono una crisi valutaria che colpì molte monete. Tra queste la
lira, che perse circa il venti per cento. La crisi italiana fu aggravata da due cause
concomitanti che portarono all'implosione del sistema politico: la pesante
situazione economica preesistente accumulatasi nel corso degli anni e la
contestuale crisi politica esplosa a fronte dell'intervento della Magistratura nei
confronti della maggior parte dei partiti politici per il grave livello di corruzione
a cui erano arrivati.
“La crisi del 1992-93 è “endogena”: si tratta del redde rationem di oltre due
decenni di politiche economiche figlie della temperie sociale e politica iniziata
alla fine degli anni Sessanta e proseguita per tutto il decennio Settanta.
Politiche volte a sedare l’inquietudine della società del tempo con la morfina
dell’inflazione e con denari sottratti alle generazioni future. Dal momento in cui
il debito pubblico che ne risulta inizia ad essere collocato presso investitori
stranieri, verso la metà degli anni Ottanta, parte un conto alla rovescia che si
conclude, nel settembre del 1992, con il ritiro della fiducia da parte di questi
ultimi, che dà la stura a facili scommesse speculative sul cambio della lira e a
una traumatica svalutazione di questa. Il sistema politico detto della Prima
Repubblica, ormai corroso dall’interno implode rovinosamente pochi mesi
dopo.” 14
Nessun governo avrebbe però voluto assumersi la responsabilità di far fallire
l'intesa. Aumentò così l'attenzione dei politici verso i valori di convergenza
macroeconomica necessari per entrare nella UEM. In Italia fu così avviato il
risanamento della finanza pubblica, per mezzo di consistenti tagli alle spese e
soprattutto di incrementi delle entrate.
14 Rossi (2010) p. 2
37. 37
-La seconda fase iniziò il 1 gennaio 1994 con la costituzione dell'Istituto
Monetario Europeo (IME). I suoi compiti erano il rafforzamento della
cooperazione tra le banche centrali, il coordinamento delle politiche monetarie,
lo svolgere i preparativi necessari per la costituzione della Banca Centrale
Europea (BCE) e del Sistema europeo di banche centrali (SEBC) per la
conduzione della politica monetaria unica e per l’introduzione di una moneta
comune.
La crisi non aveva ancora allentato la sua morsa, specialmente in Italia.
Nell’estate del 1994 fu così necessario attuare una stretta creditizia che inaugurò
un periodo di grande rigore monetario. Nel 1995, anno in cui si produsse una
nuova crisi valutaria, solo per la fermezza dell’azione della Banca d'Italia si
riuscirono a produrre significativi risultati nella lotta all'inflazione.
-Nel dicembre 1995 il Consiglio europeo decise di denominare “euro” l’unità
monetaria europea che sarebbe stata introdotta con l’avvio della Terza fase
dell’UEM.
Frenata la crescita dei prezzi, nel 1996 iniziò un allentamento delle condizioni
monetarie. La ritrovata fiducia, interna e internazionale, consentì
finalmente,anche in Italia, la riduzione dei tassi.
-Nel giugno 1997 al fine di integrare e precisare le disposizioni del Trattato, il
Consiglio europeo adottò il Patto di stabilità e crescita, che era volto a garantire
la disciplina di bilancio nell’ambito dell’UEM prevedendo anche misure
sanzionatorie nei confronti degli Stati non in linea con i parametri.
-Nel maggio 1998 venne verificato che 11 Stati membri dell’UE - Belgio,
Germania, Spagna, Francia, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Austria,
Portogallo e Finlandia - soddisfacevano le condizioni necessarie per la
partecipazione alla Terza fase dell’UEM e per l’adozione della moneta unica.
-Il 1°giugno 1998 nacque la BCE ed esaurì il suo mandato l'IME.
-Il 1°gennaio 1999 venne introdotto l'Euro come valuta degli stati membri. Si
diede quindi avvio la terza e ultima fase dell'UEM, che comportò la fissazione
irrevocabile dei tassi di cambio delle valute dei primi 11 Stati partecipanti
38. 38
all’unione monetaria (come da tabella) e la conduzione di una politica monetaria
unica sotto la responsabilità della BCE.
Tassi di conversione in euro
Paese Valuta Valore Euro
Austria Scellini austriaci 13,7603 1
Belgio Franchi belgi 40,3399 1
Finlandia Marchi finlandesi 5,94573 1
Francia Franchi francesi 6,55957 1
Germania Marchi tedeschi 1,95583 1
Grecia Dracme greche 340,750 1
Irlanda Sterline irlandesi 0,787564 1
Italia Lire italiane 1936,27 1
Lussemburgo Franchi lussemburghesi 40,3399 1
Olanda Fiorini olandesi 2,20371 1
Portogallo Escudos portoghesi 200,482 1
Spagna Pesetas spagnole 166,386 1
Fonte: Sito ufficiale BCE
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-Il 1°gennaio 2002, come previsto, iniziarono a circolare anche le banconote e le
monete in Euro.
La nascita dell'Unione economico monetaria europea fu definita come il
maggior evento economico, politico e istituzionale dell'Europa occidentale nella
storia del XX secolo. Caratteristica fondamentale del nuovo contesto che si
venne a creare era la presenza di un'unica politica monetaria di competenza della
BCE, con l'adozione di un'unica moneta, e la conseguente perdita da parte dei
singoli stati di un importante strumento di politica economica.
“A nessuno sfuggiva che attribuire all'Unione europea il potere di emettere la
moneta rappresentava un notevole passo verso una sorta di stato.” 15
La fase di avvicinamento e lo stesso inizio dell'Euro furono alquanto tormentati
sui mercati finanziari.
“Il percorso dallo Sme all’euro ha conosciuto momenti di estrema difficoltà,
taluni drammatici, tuttavia sempre approntati con l’animo di chi sapeva che
indietro non si tornava; con lo sguardo puntato ad un traguardo più
ambizioso.” 16
Era perciò naturale che, alle tante voci entusiaste per la nascita dell'UEM, si
contrapponessero anche alcune voci critiche. I dubbi nascevano principalmente
dalla diversità (asimmetricità) delle economie coinvolte in questo “esperimento”
sulla base della “teoria delle aree monetarie ottimali” espressa dall'economista
Robert Mundell. A questi dubbi si era data una risposta con i rigorosi parametri
di convergenza inseriti nel trattato di Maastricht e con il successivo patto di
stabilità, ma non da tutti erano ritenuti sufficienti.
“Non solo il trattato non si è dimostrato una guida appropriata nella fase di
avvicinamento all'UEM. Quel che più preoccupa in prospettiva è che esso non
fornisce prescrizioni adatte per garantire la coesistenza monetaria di economie
strutturalmente diverse.” 17
15 Padoa-Schioppa (2002) p. 54
16 Degli Esposti - Righi (2011) p. 185
17 Tamborini (1997) p. 368
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Altre critiche venivano dalla “indeterminatezza” del sistema di comando e dalla
mancanza di una “sovranità certa” sull'Euro.
“Non è un caso che l'accusa maggiore rivolta all'euro sia venuta da oltre
oceano e sia soprattutto legata al fatto che dietro la moneta unica europea non
vi è né un bilancio federale né un governo federale. In caso di crisi finanziaria,
si argomenta negli Stati Uniti, chi è in grado di prendere quelle decisioni che
sono necessarie per raddrizzare eventi imprevisti?” 18
“Di conseguenza, siccome la storia conta e lascia tracce, se il vascello
dell'euro alla fine salperà, dovrà navigare con carte malfatte, una bussola
incerta, un comando confuso e un equipaggio rissoso. “ 19
La fiducia però non venne mai meno, specialmente da parte dei padri dell’euro,
che, nel sottolineare la novità e la particolarità dell’importante sfida, non
escludevano la possibilità di necessari aggiustamenti.
“Non si deve però dimenticare che questo sistema non ha precedenti e che
rappresenta perciò una sfida. Esso potrebbe richiedere un'ulteriore evoluzione.
In effetti l'entrata in scena dell'euro accresce enormemente il grado di
dipendenza tra i paesi partecipanti e tra le loro politiche. Per gestire con
successo tale interdipendenza cioè per evitare che una sana concorrenza
degeneri in insani conflitti occorre un'attribuzione ottimale delle responsabilità
tra i vari policy-maker in senso sia verticale sia orizzontale, e -se necessario- lo
sviluppo di efficienti meccanismi di consultazione, coordinamento e decisione a
più livelli.” 20
18 Letta (2001) p. 817
19 Tamborini (1997) p.373
20 Padoa-Schioppa (2000) p. 1112
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Conclusioni
Con la ricostruzione del percorso che dal Medioevo porta alla nascita della
Comunità economica europea non si vuole teorizzare che le radici della Unione
europea vanno ricondotte a questo periodo.
Si vuole invece sottolineare che l'integrazione europea, sotto l'aspetto
economico commerciale, è un sentire che muove da lontano attraverso un
percorso accidentato, che qualche volta nasce dal basso e qualche volta muove
dall'alto. Per cui non crediamo di errare se affermiamo che l'Europa occidentale
è, per la sua conformazione geografica, per il suo divenire e la sua cultura, una
comunità omogenea, anche se divisa sul piano politico.
L'Unione europea e l'Unione economico-monetaria europea sono quindi la
naturale evoluzione di questo processo.
La loro nascita, dovuta a scelte politiche fatte per superare le conflittualità
esistenti, migliorare i rapporti economici e assicurare la crescita dei suoi Stati,
oggi li dobbiamo considerare dati di fatto non più discutibili, ma eventualmente
migliorabili.
Le teorie economiche non possono essere considerate sacre ed immutabili, ma in
continuo divenire. Una teoria che oggi porta crescita economica e successo, può
non esserlo domani per il mutare del contesto dovuto a fatti imprevisti e/o
imprevedibili.
Sul palcoscenico dell'economia mondiale, hanno fatto irruzione nuove potenze
quali Brasile, Russia, India e Cina, che, con il loro prepotente gigantismo, la
ricchezza di materie prime e il lavoro a basso costo, tendono ad intaccare e
spezzare equilibri economici fino ad ora indiscussi, aprendo nuovi scenari.
È da queste premesse, che dobbiamo partire quando pensiamo al futuro
dell’Unione europea.
L'UEM, non sarà più una condizione sufficiente per la crescita economica, ma
sarà una condizione necessaria.
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Da qui la necessità che le attuali incomprensioni fra i vari Stati vengano
superate e riparta un forte processo di integrazione.
Sui nuovi scenari mondiali, la comunità europea dovrà presentarsi più che mai
unita.
Se si presentasse distonica, o peggio divisa, sarebbe come giocare una partita a
pallacanestro fra nani europei e giganti mondiali, anche le migliori doti di agilità
e intelligenza, sarebbero inutili di fronte alla schiacciante superiorità dei giganti
avversari.
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CRONOLOGIA
· 1950 Dichiarazione Schuman
· 1951 Trattato di Parigi, nasce la Comunità europea del carbone e dell’acciaio
(CECA).
· 1957 Trattati di Roma, nascono la Comunità economica europea (CEE) e la
Comunità europea dell’energia atomica (EURATOM).
· 1970 Esce il rapporto Werner, fallirà all’inizio degli anni settanta.
· 1973 La Danimarca, l’Irlanda e il Regno Unito aderiscono alla Comunità
economica europea, portando a nove il numero di Stati membri.
· 1979 Nasce il Sistema monetario europeo (SME).
· 1981 La Grecia entra a far parte della Comunità economica europea.
· 1986 La Spagna e il Portogallo aderiscono alla Comunità economica europea.
· 1986 L’Atto unico europeo (AUE) rilancia il progetto di un’unione
economica e monetaria.
· 1988 Il Rapporto Delors conferma l’obiettivo della realizzazione dell’Unione
economica e monetaria (UEM).
· 1989 Si aprono i negoziati relativi al Trattato sull’Unione europea,
comunemente noto come Trattato di Maastricht.
· 1992 Viene siglato il Trattato di Maastricht.
· 1993 Il 1° novembre entra in vigore il Trattato di Maastricht, previa ratifica
dei 12 Stati membri.
· 1995 L’Austria, la Finlandia e la Svezia entrano a far parte dell’Unione
europea.
· 1990-1999 L’Unione economica e monetaria viene realizzata in tre fasi.
· 2002 Sono immesse in circolazione le banconote e le monete in euro.
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Paesi facenti parte dell’UNIONE EUROPEA (UE)
Fonte: Ratio Centro Studi Castelli
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http://www.ratio.it/ Ratio Centro Studi Castelli