1. Finanza Computazionale
Richiami di Probabilità e Statistica dei
Mercati Finanziari
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2. Introduzione ai Processi Stocastici
Probabilità
Variabili Aleatorie
Momenti
Distribuzioni
Generazione di Numeri Pseudo-Casuali
Dipendenza e Correlazione
Processi Stocastici
Dinamica del Prezzo di un’Azione
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3. Probabilità
Ogni tentativo di dare una definizione rigorosa dei concetti
probabilistici più elementari si trova di fronte ad un problema;
infatti, non solo esistono differenti formalizzazioni e
assiomatizzazioni della probabilità ma a queste corrispondono,
in generale, molteplici nozioni intuitive di probabilità spesso
assai diverse fra loro.
Al di la delle differenze di carattere formale un elemento
comune posseduto da tutte le forme di probabilità riguarda il
suo significato intuitivo di valutazione della possibilità che un
dato evento possa accadere o meno.
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4. Probabilità
Sia nelle scienze naturali sia in quelle economiche si è soliti
assumere che un certo evento sia il risultato di un ipotetico
esperimento intendendo con questo termine l’insieme di tutte “le
azioni e le condizioni ambientali che conducono al determinarsi
di un fatto”.
E’ un esperimento la misura di una grandezza fisica, il lancio di
un dado o di una moneta, il verificarsi o meno di un particolare
stato di natura (es. l’indice MIB30 supera il livello 50.000).
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5. Probabilità
Indicheremo con
e con
1.
2.
3.
ω un particolare stato di natura esito di un dato esperimento
Ω l’insieme di tutti gli stati possibili (spazio campione).
Il concetto di evento é associato al verificarsi di uno o più
stati di natura, esso verrà pertanto rappresentato come
sottoinsieme di Ω. Lo spazio degli eventi, A, è quindi una
famiglia di sottoinsiemi di Ω caratterizzata dalle seguenti
proprietà:
Ω ∈ A;
se l’evento ω ∈ A allora anche il suo complemento Ω - ω ∈
A;
se ωn ∈ A, allora ωn ∈ A
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6. Probabilità
Esempio – consideriamo l’esperimento aleatorio per antonomasia: il lancio di
un dado. In questo caso lo spazio campione è formato dall’insieme dei sei
numeri che possono risultare dal lancio stesso
Ω = { 1,,2, 3, 4, 5, 6 }
Ω = 1 2, 3, 4, 5, 6
Vediamo il significato di alcuni elementi di A.
Ad esempio l’elemento
ω1 = { 1,2}
corrisponde all’evento “il numero risultante dal lancio è minore o uguale a 2”.
Altri elementi sono
ω 2 = { 1,3,5}
vale a dire “il numero risultante è dispari”, e
ω 3 = { 2,4,6}
cioè “il numero uscente è pari”.
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7. Probabilità
Definiamo funzione di probabilità una funzione P a valori reali
che soddisfa le seguenti proprietà:
P (ω) ≥ 0,
∀ω ∈ A
P (Ω) = 1
∞
∞
P ωn = ∑P (ωn )
n =1 n =1
se gli ωn sono a due a due disgiunti.
Osserviamo che una funzione di probabilità così definita è
anche una misura. La terna (Ω, A , P) viene detta spazio di
probabilità.
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8. Probabilità
L’interpretazione geometrica
P (Ω ) = 1
L’area complessiva è uguale a 1
ω1
Ω
P (ω) ≥ 0,
∀ω ∈ A
ω3
∞
∞
P ω n = ∑ P ( ω n )
n =1 n =1
L’area di un insieme di superfici che non si
sovrappongono è la somma delle aree delle singole
superfici
L’area di ogni sottoinsieme è
sicuramente positiva
ω4
ω2
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9. Introduzione ai Processi Stocastici
Probabilità
Variabili Aleatorie
Momenti
Distribuzioni
Generazione di Numeri Pseudo-Casuali
Dipendenza e Correlazione
Processi Stocastici
Dinamica del Prezzo di un’Azione
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10. Variabili Aleatorie
Dato uno spazio di probabilità, una variabile aleatoria o casuale
viene definita come una funzione
X :Ω→ℜ
Può esservi una certa confusione fra il concetto di variabile
stocastica e quello di evento. Se in un determinato “esperimento” si
è interessati unicamente al valore che una determinata grandezza
può assumere allora effettivamente il valore di questa grandezza
descrive compiutamente l’evento.
In questo caso il valore assunto dalla variabile aleatoria, x, si
chiama “campione” della variabile aleatoria X e può essere pensato
come una sorta di “etichetta” dell’evento e(x) definito dalla relazione
e( x) = { ω ∈ Ω : X ( ω ) = x}
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11. Variabili Aleatorie
Potremmo poi pensare di definire la funzione distribuzione di probabilità della
variabile aleatoria X come la probabilità corrispondente all’evento caratterizzato
da un ben definito valore di X
FX ( x ) = P ( X = x ) = P( { ω ∈ Ω : X ( ω ) = x} )
Se la funzione X può assumere solo valori discreti, la definizione appena data
è legittima, tuttavia se X è una funzione a valori continui, la probabilità di
ottenere come risultato un qualunque valore prefissato è nulla.
L’evento a cui, in ogni caso, possiamo assegnare probabilità non nulla è
l’evento corrispondente al caso in cui la variabile aleatoria X non supera un
livello prefissato
{ ω ∈ Ω : X (ω ) ≤ r} ∈ A
Abbiamo pertanto la seguente definizione di variabile aleatoria …
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12. Variabili aleatorie
Dato uno spazio di probabilità, una variabile aleatoria o
casuale viene definita come una funzione
X :Ω→ℜ
tale che per ogni numero reale r si abbia
{ ω ∈ Ω : X ( ω ) ≤ r} ∈ A
La funzione
FX ( x ) = P ( X ≤ x ) = P( { ω ∈ Ω : X (ω ) ≤ x} )
definita sull’insieme dei numeri reali, viene detta funzione di
distribuzione cumulata o, più semplicemente, funzione di
distribuzione.
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13. Variabili Aleatorie
Una variabile aleatoria è detta discreta se l’insieme dei valori che può
assumere è numerabile. Sia (Ω, A , P) uno spazio di probabilità e X una
variabile aleatoria discreta. Definiamo la funzione di probabilità come
P( X = x ) : se x = xi , per qualche i = 1,2,....
f X ( x) =
: altrimenti
0
La funzione di probabilità e la funzione di distribuzione sono legate dalla
relazione:
FX ( x) =
∑ f X ( xi )
xi ≤ x
Il lancio di un dado rappresenta una
tipica variabile aleatoria discreta
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14. Variabili Aleatorie
Una variabile aleatoria X è detta continua se esiste una
funzione reale fX tale che per ogni x reale sia soddisfatta la
relazione
x
FX ( x) =
∫ f X ( y )dy
−∞
Nei punti in cui la funzione di distribuzione è derivabile vale
anche la relazione inversa
dFX ( x)
f X ( x) =
dx
La funzione f(x) in questo caso viene detta funzione densità di
probabilità (o semplicemente funzione densità).
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15. Introduzione ai Processi Stocastici
Probabilità
Variabili Aleatorie
Momenti
Distribuzioni
Generazione di Numeri Pseudo-Casuali
Dipendenza e Correlazione
Processi Stocastici
Dinamica del Prezzo di un’Azione
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16. Momenti
Il valor medio o valore di aspettazione di X, che indicheremo con , è
definito come
µ X = E [ X ] = ∑ xi f X ( xi )
i
In generale si definisce momento dall’origine (o momento grezzo) di
ordine r, e si indica, la media della variabile aleatoria Xr.
La definizione è naturalmente applicabile solo nel caso in cui tale
media sia finita.
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17. Momenti
In pratica vengono comunemente utilizzati
i primi quattro momenti:
media
varianza
skewness (o asimmetria)
curtosi
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18. Momenti
La varianza di X, indicata con , è la media degli scarti quadratici
rispetto alla media e rappresenta una misura di dispersione di X.
La sua radice quadrata è detta deviazione standard.
La varianza è definita da
2
σ X = ∑ ( xi − µ X ) 2 f X ( xi )
i
Da cui è immediato ricavare
[ ]
2
σ X = E X 2 − ( E[ X ] ) 2
Uno stimatore della varianza è dato da
n∑ x i − ∑ xi
i =1
i =1
s=
n(n − 1)
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n
2
n
2
19. Il significato della deviazione standard
Due serie storiche di cui la seconda ha standard deviation doppia
dell’altra...
2
1.5
1
0.5
0
-0.5
-1
-1.5
-2
2
1.5
1
0.5
0
-0.5
-1
-1.5
-2
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20. Il significato della deviazione standard
... e le rispettive distribuzioni di probabilità!
160
160
140
140
120
120
100
100
80
80
60
60
40
40
20
20
0
-2.00
-1.18
-0.37
0.45
1.27
0
-2.00
-1.18
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-0.37
0.45
1.27
21. Momenti
Il momento centrale di ordine 3 ci dà informazioni sul grado di asimmetria di
una distribuzione attorno alla sua media ed è comunemente indicato col
termine skewness.
L'asimmetria positiva indica una distribuzione con una coda asimmetrica
che si estende verso i valori più positivi.
L'asimmetria negativa indica una distribuzione con una coda asimmetrica
che si estende verso i valori più negativi.
Uno stimatore di questa grandezza è dato da
n
n
xi − x
∑ s
( n − 1)(n − 2) i =1
3
in cui s è lo stimatore della standard deviation e è il valor medio.
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22. Momenti
La relazione tra
momento del terzo
ordine e coefficiente di
asimmetria, solitamente
indicato con β1/2, è data
da
β1 =
µ3
σ3
Valori positivi
dell’asimmetria indicano
che la distribuzione è
asimmetrica per valori
crescenti della variabile
x (a destra) mentre
un’asimmetria negativa
sta ad indicare una
distribuzione
asimmetrica a sinistra.
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23. Momenti
Vediamo infine la curtosi, indicata con β2, di un insieme di dati.
Essa è legata al momento centrale di ordine 4 dalla relazione
β2 =
µ4
σ4
ed è caratteristica delle cosiddette “code grasse”.
Gli stimatori comunemente utilizzati riportano in realtà la cosiddetta
“curtosi in eccesso” ovvero la differenza fra e 3.
Questo è dovuto al fatto che la distribuzione normale o gaussiana
ha curtosi pari a 3 e questo indicatore viene spesso utilizzato come
indice per comprendere quando la distribuzione di un insieme di dati
si allontani dalla normalità.
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24. Momenti
La formula utilizzata per
lo stimatore è riportata
sotto;
s è lo stimatore della
standard deviation e è
il valor medio.
n x − x 4
n(n + 1)
3( n − 1) 2
i
∑ s − (n − 2)(n − 3)
( n − 1)(n − 2)(n − 3) i =1
Nell’immagine
un
esempio di distribuzione
empirica dei rendimenti
di un titolo in cui si
evidenzia il fenomeno
della “leptocurtosi” (code
grasse)
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25. Momenti
Si possono facilmente generalizzare al caso continuo i risultati
per le distribuzioni discrete.
Il valore di aspettazione sarà pertanto definito come
E[ X ] =
∫x f
X
( x) dx
D( x)
In cui l’integrazione è estesa al dominio di definizione della
variabile che può variare a seconda del tipo di distribuzione.
In maniera analoga si generalizzano le definizioni di varianza
e degli altri momenti.
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26. Cenni di Statistica dei Mercati Finanziari
Come vedremo più avanti la grandezza di cui siamo
interessati a stimare le caratteristiche statistiche non è il
prezzo di un titolo ma la sua variazione percentuale
(rendimento);
In prima approssimazione possiamo ipotizzare che il
rendimento di un titolo azionario sia distribuito in maniera
normale;
In realtà quest’assunzione è fortemente criticabile anche se di
impiego quasi universale in pratica;
La distribuzione effettiva dei rendimenti tende ad essere
leptocurtotica
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27. Dalla serie storica dei prezzi a quella dei rendimenti
Il primo calcolo che dobbiamo fare è quindi quello di
trasformare la serie storica dei prezzi in serie storica dei
rendimenti del titolo o della generica attività finanziaria:
sia
n il numero di osservazioni;
Si il prezzo dell’azione alla fine dell’i-esimo intervallo (i = 0,1,..,n);
τ la lunghezza dell’intervallo in anni
Indichiamo con ui il tasso di rendimento composto continuamente
non annualizzato relativo all’intervallo considerato
Si ∆S
ui = ln
S ≈ S
i −1
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28. La Stima della Volatilità
Una stima della deviazione standard è data da
1
1
1
2
2
s=
∑ ( ui − u ) = n − 1 ∑ ui − n(n − 1) ∑ ui
n − 1 i =1
i =1
i =1
n
n
n
2
Questa è una stima della volatilità giornaliera, per ottenere una stima della
volatilità annualizzata occorre moltiplicare per la radice quadrata del numero
di giorni lavorativi in un anno.
Scegliere un valore per n non è facile, in generale più dati si usano e
maggiore è l’accuratezza. Tuttavia σ cambia nel tempo e i dati troppo vecchi
possono non essere rilevanti per prevedere il futuro.
Un compromesso che sembra funzionare abbastanza bene è quello di
utilizzare i prezzi di chiusura giornalieri degli ultimi 90-180 giorni.
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29. Stima della volatilità
Si noti che la volatilità così stimata è una volatilità che si
riferisce al periodo della serie storica
Es. se abbiamo una serie di rendimenti giornalieri, la volatilità
sarà la volatilità giornaliera del rendimento;
Occorre riportare ad un’unità di misura comune;
Es. per ricondurre tutto a volatilità annuali, sotto opportune
ipotesi statistiche, occore moltiplicare per la radice del numero di
giorni lavorativi
σ y = σ d 250
Volatilità annuale
Volatilità giornaliera
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Nr. Giorni
Lavorativi in
un Anno
31. Introduzione ai Processi Stocastici
Probabilità
Variabili Aleatorie
Momenti
Distribuzioni
Generazione di Numeri Pseudo-Casuali
Dipendenza e Correlazione
Processi Stocastici
Dinamica del Prezzo di un’Azione
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32. Distribuzioni Discrete
Distribuzione Uniforme
Sia X una variabile aleatoria che assume valori nel dominio
dei numeri naturali 1, 2, ... , n. Diremo che tale variabile ha
una distribuzione uniforme se risulta
1 n : x = 1,2,, n
f X ( x ) = f X ( x, n ) =
: altrimenti
0
Valor medio e varianza sono dati da:
1 n
(n + 1)n n + 1
E[ X ] = ∑ i =
=
n i =1
2n
2
2
σX
= E[ X ] − ( E[ X ])
2
2
1 n 2 (n + 1) 2 n(n + 1)(2n + 1) (n + 1) 2 n 2 − 1
= ∑i −
=
−
=
n i =1
4
6
4
12
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33. Distribuzioni Discrete
Distribuzione Binomiale
Dati n eventi indipendenti, tutti con
uguale probabilità p, sia X la
variabile casuale che conta il
numero totale di eventi che si
verificano fra quelli possibili.
X ha una distribuzione binomiale
con parametri n e p. La funzione di
probabilità è
f X (i ) =
n!
p i (1 − p ) n −i
i!( n − i )!
per i = 0, 1, 2, ..., n
valor medio e varianza sono dati da
E [ X ] = np
2
σX
= np (1 − p )
Funzione
di
Probabilità
e
Distribuzione Cumulata Binomiale
per il caso n = 6 e p = 0.5
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34. Distribuzioni Discrete
Distribuzione di Poisson
Esistono numerosi eventi che accadono nel tempo con cadenza del tutto
irregolare.
Il numero di telefonate in arrivo ad un centralino, il numero di clienti che si
presentano allo sportello di un ufficio, il numero di auto che giungono ad un
casello autostradale sono tutti chiari esempi di questo tipo di processi.
Indichiamo con µ il numero medio di occorrenze nell’unità di tempo e supponiamo
che siano soddisfatte le seguenti proprietà:
La probabilità di avere esattamente un’occorrenza in un intervallo di tempo dt di
ampiezza trascurabile è µ dt a meno di infinitesimi di ordine superiore mentre la
probabilità di avere più di un’occorrenza è trascurabile;
I numeri di occorrenze in intervalli temporali disgiunti sono indipendenti.
Consideriamo la variabile aleatoria X che rappresenta il numero di occorrenze in
un dato intervallo . Dividiamo l’intervallo in n sotto-intervalli di ampiezza t / n. La
probabilità di avere esattamente una occorrenza all’interno di uno di questi sottointervalli è per le ipotesi fatte pari a µ t / n; per la proprietà dell’indipendenza, e
ricordando la definizione della distribuzione binomiale, otteniamo che la probabilità
di k occorrenze è data da (a meno di infinitesimi di ordine superiore)
n µt
P ( X = k ) =
k n
k
µt
1 −
n
n −k
=
n( n − 1)( n − k + 1)
k!n k
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µt
( µt ) 1 −
n
k
n
µt
1 −
n
−k
35. Distribuzioni Discrete
Supponiamo ora che n tenda
all’infinito, per le ipotesi fatte la
probabilità
di
occorrenza
all’interno di un intervallo µ dt
tende a zero ma il prodotto nµ dt
è pari ad una costante λ = µ t,
otteniamo così la cosiddetta
distribuzione di Poisson
e −λx λx
f X ( x) = f X ( x; λ ) =
x!
con x = 0, 1, 2, ...
La media e la varianza di una
distribuzione
di
Poisson
coincidono e sono entrambe pari
al parametro λ.
Funzione
di
Probabilità
e
Distribuzione Cumulata di Poisson per
λ=9
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36. Distribuzioni Continue
Distribuzione Uniforme
Diremo che una variabile
nell’intervallo reale [a, b] se
data da
0
x−a
FX ( x) =
b − a
1
aleatoria X è uniformemente distribuita
la sua funzione di distribuzione cumulata è
se x < a
se a ≤ x ≤ b
se x > b
a cui corrisponde una funzione densità di probabilità data da
0
1
f X ( x) =
b − a
0
se x < a
se a ≤ x ≤ b
se x > b
La distribuzione uniforme gioca un ruolo particolarmente importante nei metodi di
simulazione in quando per generare le diverse distribuzioni si parte usualmente da generatori
di variabili casuali uniformi.
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37. Distribuzioni Continue
Distribuzione Normale
Una delle funzioni più importanti, sia nella teoria sia nella pratica, è la
distribuzione normale o gaussiana la cui funzione densità è data da:
f X ( x) = f X ( x; µ ,σ ) =
1
σ 2π
e
( x−µ ) 2
−
2σ 2
dove i parametri µ e σ sono rispettivamente la media e la deviazione
standard.
Una variabile aleatoria viene detta distribuita secondo una normale
standard se la media è 0 e la standard deviation è 1.
Durante il corso utilizzeremo anche una notazione abbastanza diffusa
tramite la quale si indica che una generica variabile aleatoria X è
distribuita come una normale con media µ e varianza σ2: X ~N(µ , σ).
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39. Rapporto fra distribuzioni e istogramma
Non dimenticate che la
densità di probabilità
rappresenta la frazione
di valori che cadono
all’interno di un certo
intervallo
della
variabile aleatoria:
80
70
60
50
40
N
= f ( x)∆x
N tot
N = f ( x)∆x ⋅ N tot
30
20
10
0
-0.031 -0.025 -0.019 -0.014 -0.008 -0.002 0.003 0.009 0.015 0.02
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40. Distribuzioni Continue
Distribuzione LogNormale
Sia X una variabile aleatoria con distribuzione normale, allora la variabile z = eX
definisce una variabile aleatoria con distribuita in maniera log-normale.
Se la variabile X ha media µ e standard deviation σ, allora la funzione densità di
probabilità di z è data da
fZ ( z) =
1
zσ 2π
−
1
e 2σ
( ln z − µ ) 2
2
con z > 0. La media e la varianza della variabile Z possono essere espresse in
funzione dei corrispondenti momenti di X tramite le relazioni
E[ Z ] =
1
µ+ σ 2
e 2
2
σZ
=e
2 µ +σ 2 σ 2
avendo posto .
ω = exp(σ 2 ) ≥ 1
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e
− 1 = e 2 µω (ω − 1)
41. Distribuzioni Continue
I fattori di asimmetria e curtosi
sono dati rispettivamente da
β1 = (ω − 1)1 / 2 (ω + 2)
β 2 = ω 4 + 2ω 3 + 3ω 2 − 3
Notate che per valori di σ non
nulli, sia l’asimmetria è sempre
maggiore di zero e la curtosi è
sempre maggiore di 3. Questo
vuol dire che la distribuzione
log-normale
è
sempre
asimmetrica
a
destra
e
leptocurtica.
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42. Introduzione ai Processi Stocastici
Probabilità
Variabili Aleatorie
Momenti
Distribuzioni
Generazione di Numeri Pseudo-Casuali
Dipendenza e Correlazione
Processi Stocastici
Dinamica del Prezzo di un’Azione
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43. Esistono numeri casuali ?
Come può un elaboratore, macchina totalmente
deterministica, generare numeri casuali e quindi per loro
natura non deterministici?
La risposta è molto semplice: non può!
I numeri sono generati per mezzo di qualche algoritmo per
cui non si può parlare di casualità essendo la sequenza
predeterminata;
In compenso con un computer si possono generare
sequenze di numeri che sembrino aleatorie
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44. Generatori di Numeri Pseudocasuali
Virtualmente tutti i generatori di numeri pseudo casuali impiegati in
pratica sono basati sul generatore lineare congruente
J i = ( aJ i −1 + c ) mod m
I parametri a, c ed m determinano la qualità del generatore. a viene
detto moltiplicatore, c incremento ed m è il cosiddetto modulo.
Il generatore appena visto genera numeri interi compresi fra 0 ed m.
Usualmente si utilizzano generatori di numeri casuali
uniformemente distribuiti fra 0 ed 1, per questo è sufficiente
scegliere
Ui = Ji / m
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45. Generatore Lineare Congruente
La sequenza di numeri casuali si ripeterà dopo un
ciclo che, al più, potrà essere di lunghezza m.
Il massimo intero rappresentabile su un computer la
cui lunghezza di parola è di L bit è 2L .
Usualmente si sceglie
m=2
L −1
−1
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46. Generatore Lineare Congruente
Vantaggi
E’ molto veloce richiedendo pochissime operazioni per chiamata,
questo lo rende di uso universale;
Svantaggi
Il più grosso svantaggio è rappresentato dalla presenza di
correlazione sequenziale;
Può produrre risultati inaspettati quando viene usato per la
generazione di distribuzioni non uniformi.
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47. Generatore Lineare Congruente
Se si generano n coppie di numeri casuali e si
associano ad esse n punti in un piano, i punti non
si distribuiscono uniformemente ma tendono ad
allinearsi lungo segmenti di retta.
1
0.9
0.8
0.7
0.6
0.5
0.4
0.3
0.2
0.1
0
0
0.2
0.4
0.6
0.8
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1
48. Generatore Lineare Congruente
La correlazione sequenziale può essere
facilmente
rimossa
con
tecniche
di
mescolamento (“shuffling”);
Il numero prodotto allo step j non costituisce
l’output j-esimo ma viene utilizzato per
l’output ad uno step successivo scelto in
maniera casuale;
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49. Generazione di distribuzioni Uniformi
Microsoft Excel
La funzione Rnd() restituisce un valore numerico di tipo Single che contiene un
numero casuale.
La sintassi è la seguente:
Rnd[(num)]
L'argomento facoltativo num può essere un valore Single o una qualsiasi
espressione numerica valida.
I valori restituiti dalla funzione dipendono dal valore passato come argomento.
Per ogni base iniziale specificata, viene generata la stessa sequenza di numeri, in quanto
ogni successiva chiamata alla funzione Rnd() utilizza il numero casuale precedente come
base per il numero successivo nella sequenza. In particolare
se il parametro num è minore di zero Rnd() genera sempre lo stesso numero, utilizzando num come
base;
se num è maggiore di zero viene restituito il successivo numero casuale nella sequenza;
se num è uguale a zero viene restituito il numero generato per ultimo;
infine se il parametro in input viene omesso, Rnd() restituirà il successivo numero casuale nella
sequenza.
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50. Generazione di distribuzioni Uniformi
Microsoft Excel
Prima di richiamare Rnd(), è consigliabile utilizzare l'istruzione Randomize senza
argomento per inizializzare il generatore di numeri casuali con una base connessa al timer
del sistema con la seguente sintassi
Randomize[(numero)]
Randomize utilizza il parametro numero per inizializzare il generatore di numeri casuali
della funzione Rnd() assegnandogli un nuovo valore base. Se numero viene omesso, il
valore restituito dal timer di sistema verrà utilizzato come nuova base.
Ricordate che la funzione Rnd() restituisce un valore minore di 1 ma maggiore o uguale a
zero. Per generare interi casuali in un dato intervallo, utilizzare la seguente formula:
Int((limitesup - limiteinf + 1) * Rnd + limiteinf)
dove limitesup indica il numero maggiore presente nell'intervallo, mentre limiteinf
indica il numero minore.
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52. Metodo della trasformazione inversa
Da un generatore di numeri
distribuiti
uniformemente
si
possono
ricavare
numeri
distribuiti secondo una densità di
probabilità prefissata.
SCOPO: generare un campione di
numeri Z distribuiti in accordo ad una
funzione di distribuzione assegnata
F(z).
INPUT:
OUTPUT: Z.
METODO: Generare
deve essere possibile
valutare la funzione inversa di F(z).
un set di
numeri casuali U uniformemente
distribuiti fra 0 ed 1 e per ciascuno di
questi calcolare Z = F-1(U)
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Z
53. Transformation Method
Sia x una variabile aleatoria distribuita uniformemente fra 0 e 1,
supponiamo di voler generare una variabile aleatoria con densità di
probabilità g(y) essendo y=y(x).
Dovremo avere
dx
g ( y )dy = dx ⇒ g ( y ) =
dy
La soluzione di questa equazione differenziale è
y
x = F ( y) =
∫ f ( z )dz ⇒
−∞
−1
⇒ y = F ( x)
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54. Variabili Normali Univariate
Microsoft Excel
INV.NORM(). Restituisce l'inversa della distribuzione normale cumulativa per la
media e la deviazione standard specificate. La sintassi é
INV.NORM(probabilità;media;dev_standard)
dove
probabilità è la probabilità corrispondente alla distribuzione normale, media è
la media aritmetica della distribuzione,
dev_standard è la deviazione standard della distribuzione.
INV.NORM utilizza una tecnica iterativa per il calcolo della funzione. Dato un
valore di probabilità, INV.NORM applica il metodo delle iterazioni fino a quando
la precisione del risultato non rientra in ± 3x10^-7. Se il risultato di INV.NORM
non converge dopo 100 iterazioni, la funzione restituirà il valore di errore #N/D.
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55. Introduzione ai Processi Stocastici
Probabilità
Variabili Aleatorie
Momenti
Distribuzioni
Generazione di Numeri Pseudo-Casuali
Dipendenza e Correlazione
Processi Stocastici
Dinamica del Prezzo di un’Azione
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56. Misure di co-dipendenza
Distribuzioni Marginali
Data la distribuzione congiunta di due variabili x ed y la funzione di densità
marginale di x è definita come
ψ x ( x) =
∫ψ ( x, y)dy
D( y)
E, analogamente,
ψ y ( y) =
∫ψ ( x, y)dx
D( x)
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57. Misure di co-dipendenza
Indipendenza
Due variabili x ed y si dicono indipendenti se la loro
funzione densità congiunta si fattorizza nel prodotto
delle densità marginali
x, y
indipendenti ⇒ ψ ( x, y ) = ψ x ( x)ψ y ( y )
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58. Misure di co-dipendenza
Correlazione Lineare
ρ x, y
Ricordiamo la definizione di correlazione lineare tra
due variabili x ed y
cov( x, y )
=
=
σ ( x)σ ( y )
=
∫ xyψ ( x, y)dxdy − ∫ xψ ( x)dx ∫ yψ ( y)dy
( x)dx − [ ∫ xψ ( x)dx ] ∫ y ψ ( y )dy − [ ∫ yψ
x
∫xψ
2
2
x
x
y
2
y
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y
( y )dy
]
2
59. Covarianza
Date due variabili aleatorie X ed Y con varianza finita, si definisce
covarianza la quantità definita da
σ XY = Cov( X , Y ) = E[ XY ] − E[ X ]E[Y ]
Se la covarianza è nulla le due variabili si dicono non correlate. Solitamente
viene introdotto un coefficiente di correlazione definito come
ρ XY
σ XY
=
σ XσY
I cui valori massimi e minimi dipendono dal tipo di distribuzione considerata.
uno stimatore della covarianza è dato da
1 n
∑ ( xi − µ X )( yi − µY )
n i =1
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62. Variabili Normali Multivariate
Cholescky Decomposition
Indichiamo con X un vettore di variabili aleatorie indipendenti ciascuna delle
quali distribuita secondo una normale standard, la matrice di varianzacovarianza di X sarà pertanto data dalla matrice unità di dimensione n × n.
Supponiamo di voler derivare da questo insieme di variabili un secondo set di
variabili, che indicheremo con Y, non più indipendenti bensì dotato di matrice di
varianza-covarianza assegnata Σ.
Il nuovo insieme di variabili aleatorie può essere ricercato come combinazione
lineare delle variabili indipendenti , cioè si pone
Y = AX
Il problema si riconduce così alla determinazione di una matrice A di dimensione
n× n tale che
AAt = Σ
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63. Variabili Normali Multivariate
N
N
j =1
j =1
yi = ∑aij x j ⇒ yi = ∑aij x j = 0
Y = AX
σ ( yi ) = y
2
=
2
i
N
− yi
2
2
= ∑aij x j
j =1
N
= yi
2
a ij x j + x ∑aij aik x)j = k =
2 = σ (x j x1
∑
j =1
2
2
2
j
2
j ≠k
N
N
2
2
= ∑aij x 2 + 2∑aij aik x j xk =∑a ij
j
j =1
j ≠k
x j xk = cov( x j , xk ) = 0
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j =1
=
64. Variabili Normali Multivariate
Cholescky Decomposition
La soluzione della precedente equazione non è unica nel senso che esistono più
matrici A che, moltiplicate per la loro trasposta, danno come risultato Σ. Se la
matrice Σ è definita positiva il metodo più efficiente dal punto di vista
computazionale per risolvere il problema consiste nell’applicazione della
scomposizione di Cholescky.
Il punto chiave di tale metodologia consiste nel ricercare A nella forma di una
matrice triangolare inferiore, ovvero una matrice in cui tutti gli elementi sopra la
diagonale sono nulli,
A11
A21
A=
A
n1
Ann
0
A22
An 2
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0
0
65. Variabili Normali Multivariate
Cholescky Decomposition
Sviluppando il prodotto AAt in componenti è facile verificare che gli elementi di A sono
ricavabili dalle seguenti formule iterative
i −1
2
aii = σ ii − ∑ aik
k =1
i −1
1
a ji = σ ij − ∑ aik a jk
aii
k =1
Ad esempio per il caso semplice di due variabili troviamo
0
σ1
A=
σ ρ σ 1 − ρ 2
2
2
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67. Introduzione ai Processi Stocastici
Probabilità
Variabili Aleatorie
Momenti
Distribuzioni
Generazione di Numeri Pseudo-Casuali
Dipendenza e Correlazione
Processi Stocastici
Dinamica del Prezzo di un’Azione
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68. Processi stocastici
Consideriamo una successione discreta di istanti di tempo
In generale possiamo descrivere il comportamento di un sistema che
evolve nel tempo in maniera imprevedibile tramite una corrispondente
sequenza di variabili aleatorie
t1, t2, … , tn.
X1, X2, ..., Xn.
Parleremo in questo caso di processo stocastico discreto.
Naturalmente possiamo anche definire processi stocastici nel tempo
continuo sia su un dominio finito, come ad esempio [0, 1], sia su un
dominio infinito, ad esempio [0, ∞).
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69. Processi stocastici
Da un punto di vista formale consideriamo uno spazio di probabilità (Ω, A , P) e un
insieme non vuoto, T, i cui elementi sono gli istanti che vengono presi in
considerazione.
Definiamo processo stocastico una funzione di due variabili
X :T ×Ω → R
tale che
X (t ) = X (t , .)
è una variabile aleatoria per ogni t. La funzione
X ( . ,ω ) : T → R
viene chiamata realizzazione o traiettoria del processo stocastico considerato.
Ogni realizzazione in pratica non è altro che un’osservazione dell’evoluzione
temporale della quantità descritta dal processo.
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71. Processi stocastici
Se assumiamo che un processo stocastico soddisfi le tre condizioni
E [Y ( t + h ) − Y ( t ) ]
lim
=µ
h →0
h
VAR[Y ( t + h ) − Y ( t ) ]
lim
=σ2
h →0
h
lim Pr Y ( t + h ) − Y ( t ) > ε = 0
h →0
[
]
esso è definito diffusivo.
I parametri µ e σ, che possono essere costanti o funzioni di Y e t,
sono definiti drift e parametro di diffusione (diffusion) del processo.
La terza condizione esclude la presenza di salti nel processo.
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72. Processi stocastici
Un particolare tipo di processo diffusivo che utilizziamo per costruire i
processi stocastici è il processo di Wiener w(t).
Tale processo è definito dalla seguente proprietà:
l’incremento w(t + h) – w(t), condizionale all’informazione
disponibile in t (ℑt), ha distribuzione di probabilità normale con
media zero e varianza pari ad h.
L’utilità di questo strumento per la costruzione di processi stocastici è
immediata. Un processo con drift e diffusione costanti e con Y(0) = 0
può essere rappresentato come...
t
t
0
0
Y ( t ) = ∫ µdt + ∫ σdw( t )
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73. Processi stocastici
...o, nella notazione equivalente più usuale
dY ( t ) = µdt + σdw( t )
nota come equazione differenziale stocastica.
Quest’ultima notazione è puramente simbolica e
serve ad esprimere la precedente relazione in
maniera più compatta.
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74. Processi stocastici
Dalla definizione del processo di Wiener è
immediato ottenere che al tempo t + h la posizione
di Y sarà descritta da una distribuzione normale con
media pari a Y(t) + µh e varianza pari a σ2h.
Notiamo che questo è dovuto al fatto che il processo
di Wiener è moltiplicato per un parametro di
diffusione costante.
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75. Processi di Wiener
In particolare i modelli di comportamento dei prezzi azionari
sono espressi spesso ricorrendo ai cosiddetti processi di
Wiener;
Il comportamento di una variabile z che segue un processo di
Wiener può essere compreso se si esaminano le sue variazioni
di valore in un piccolo intervallo di tempo dt.
Proprietà 1
dz è legata a dt dalla relazione
dz = ε dt
dove epsilon è una variabile aleatoria N(0,1);
Proprietà 2
I valori di dz in due qualsiasi intervalli di tempo dt diversi fra loro
sono indipendenti
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76. Processi di Wiener Generalizzati
Un processo di Wiener generalizzato per una variabile x può
essere così definito in funzione di dz
dx = adt + bdz
dove a e b sono costanti
Ricordando la prima proprietà dei processi di Wiener
possiamo scrivere
dx = adt + bε dt
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77. L’Integrale di Ito
Nello studio dei flussi d’informazione nei mercati finanziari, i tradizionali
strumenti forniti dall’analisi matematica risultano insufficienti.
In particolare la nozione di integrale di Riemann-Stieltjes risulta inadeguata in
un contesto stocastico.
Supponiamo infatti di voler calcolare
∑ Sτ ( S
N
T
∫ S dS ,
t
t
S0 = 0
Consideriamo la
somma...
i =1
ti
− Sti−1
)
τ i ∈ [ ti , ti −1 ]
0
i
Se la variabile S è una variabile deterministica il risultato dell’integrazione
com’è noto è
T
1 2
∫ St dSt = 2 St
0
Si noti che questo risultato si ottiene facendo tendere N
all’infinito nella somma sopra riportata qualunque sia
la scelta di
τ i ∈ [ ti , ti −1 ]
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78. L’Integrale di Ito
Se invece S è una variabile aleatoria lo stesso procedimento non può essere
utilizzato!
Infatti la quantità
(
Sτ i S ti − S ti−1
)
non è conosciuta al tempo ti-1.
Inoltre non è possibile effettuare un passaggio al limite nel senso classico del
termine sempre per il fatto che abbiamo a che fare con variabili aleatorie per
le quali vanno definiti opportuni criteri di convergenza.
Nella definizione di Integrale di Ito, come vedremo, si usa il criterio della
convergenza in media quadratica e il risultato finale è diverso da quello che
ci aspetteremmo nel caso classico deterministico;
Anche il concetto di differenziale classico risulta inadeguato in campo
stocastico.
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79. L’Integrale di Ito
Infatti, ad esempio, il moto browniano non è differenziabile in alcun
punto e quindi non è derivabile rispetto al tempo;
Il punto cruciale è che nel calcolo differenziale classico gli incrementi
del secondo ordine come (∆S)2 sono trascurabili rispetto a quelli del
primo ordine quando ∆S tende a zero e il differenziale di una
funzione composta, al primo ordine risulta semplicemente dato da
∂
∂
df = F ( S , t )dt +
F ( S , t )dS
∂t
∂S
Possiamo estendere questo semplice risultato al caso stocastico?
NO!
Il motivo è il seguente: se S è una variabile casuale, assumere che in
media (∆S)2 sia trascurabile equivale a supporre che la varianza di S
sia nulla, ovvero a ritenere S una variabile deterministica!
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80. L’Integrale di Ito
Per chiarire meglio questo concetto, supponiamo che St segua un
processo browniano,
dSt = σ dWt
Supponiamo poi di voler analizzare l’andamento nel tempo di una
generica funzione di S e t, anticipando i concetti di convergenza in
media quadratica possiamo dire che simbolicamente
[
]
E ( ∆Wt ) = ∆t ⇒ ( dWt ) ≡ dt
2
2
Pertanto i termini del secondo ordine in S non possono essere
trascurati in un’approssimazione del primo ordine in quanto risultato
essere analoghi a termini al primo ordine nel tempo!
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81. Lemma di Ito
Per valutare l’incremento di una funzione trascurando i termini di
ordine superiore al primo nel tempo dobbiamo pertanto scrivere
∂
∂
1 ∂2
df =
f ( S , t )dS + f ( S , t )dt +
f ( S , t )σ 2 dt
∂S
∂t
2 ∂S 2
Si noti che c’è un termine aggiuntivo in più rispetto al differenziale del
calcolo classico;
Tale termine scompare se σ = 0 ovvero se la variabile non è
aleatoria!
Il calcolo differenziale stocastico nasce con lo scopo di dare
significato alle equazioni differenziali contenenti termini differenziali
stocastici;
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82. Lemma di Ito
...se fosse valido il calcolo differenziale classico
f = f (S , t )
∂f
∂f
df =
dS + dt
∂S
∂t
dS = µ ( S , t )dt + σ ( S , t )dz
∂f
∂f
∂f
df =
µ ( S , t )dt + σ ( S , t )dz + dt =
∂S
∂S
∂t
∂f
∂f ∂f
µ ( S , t ) dt + σ ( S , t )dz
+
∂S
∂t ∂S
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83. Lemma di Ito
Se il valore di S segue un processo di
Ito
dS = µ ( S , t )dt + σ ( S , t )dz
Allora il valore di una generica funzione
di S segue la dinamica descritta da
∂f
∂f 1 2
∂2 f
df = + µ ( S , t ) + σ ( S , t ) 2
∂t
∂S 2
∂S
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∂f
dt + σ ( S , t ) dz
∂S
84. Lemma di Ito
Un caso speciale
dS = µ ( S , t )dt + σ ( S , t )dz
∂f
∂f 1 2
∂2 f
df = + µ ( S , t ) + σ ( S , t ) 2
∂t
∂S 2
∂S
f = ln S
∂f
=0
∂t
∂f
dt + σ ( S , t ) dz
∂S
∂f
1
=
∂S S
∂2 f
1
=− 2
2
∂S
S
1 2
d ( ln S ) = µ − σ dt + σdz
2
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85. Introduzione ai Processi Stocastici
Probabilità
Variabili Aleatorie
Momenti
Distribuzioni
Generazione di Numeri Pseudo-Casuali
Dipendenza e Correlazione
Processi Stocastici
Dinamica del Prezzo di un’Azione
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86. Un processo per i prezzi azionari
Come abbiamo visto i rendimenti di un titolo
possono, in prima approssimazione, essere
considerati normalmente distribuiti;
Da un punto di vista formale questo equivale ad
ipotizzare la seguente relazione
Si − Si −1
Ri =
= m+ s⋅z
Si −1
MEDIA
STANDARD DEVIATION
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VARIABILE
ALEATORIA N(0,1)
87. Un processo per i prezzi azionari
Vediamo quali sono le proprieta di scalabilità temporale della media e della
varianza;
Se la varianza del prezzo fosse sempre nulla detto µ il tasso di rendimento
istantaneo atteso, quello che ci si aspetta è
S = S0eµt
in quanto il possesso del titolo equivale in questo caso ad un deposito
bancario (volatilità nulla = risk free)
Ma questa relazione è soluzione dell’equazione differenziale
dS/S= µdt
Quindi possiamo porre
m = µ∆t
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88. Un processo per i prezzi azionari
s=
1 N
T
2
∑ ( Ri − R ) , N = ∆t ⇒ s ≈ ∆t
N − 1 i =1
Quindi possiamo porre
s = σ ∆t
La volatilità quindi varia come la radice quadrata del tempo,
questo è equivalente ad assumere che la componente
stocastica sia descritta da un processo di Wiener.
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89. Un processo per i prezzi azionari
Riassumendo
S i − S i −1 ∆S
=
=m +s⋅z
S i −1
S
m = µ∆t
s = σ ∆t
∆S = µS∆t + σS ∆t z
dove ∆S è la variazione di prezzo nell’intervallo ∆t e z è un numero casuale
estratto da una distribuzione normale standard.
Un processo descritto da un’equazione del genere è detto MOTO
GEOMETRICO BROWNIANO
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90. Un processo per i prezzi azionari
dS = µSdt + σSdt
Lemma di Ito
Lemma di Ito
σ2
dt + σdz
d ln( S ) = µ −
2
2
S
σ
∆t + σz ∆t
∆ ln( S ) = ln(S ) − ln(S0 ) = ln
= µ −
S0
2
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91. Assunzione di log-normalità
Una
variabile
è
distribuita in modo lognormale se il suo
logaritmo naturale è
distribuito
secondo
una normale
1
0.9
0.8
0.7
0.6
0.5
0.4
0.3
0.2
0.1
0
0.00
1.00
Densità
2.00
3.00
Dist. Cumulata
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4.00
5.00
6.00
92. Un processo per i prezzi azionari
S
σ2
∆t + σz ∆t
ln
= µ −
S0
2
σ2
∆t + σz ∆t
S = S0 exp µ −
2
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<number>
Relazione tra 2 settori azionari dello stesso mercato
<number>
Introduzione del concetto di diversificazione.
Relazione inversa tra mercato azionario e obbligazionario (spiegazione economica).
I punti verdi sono casi anomali ma reali: come imterpretarli e come gestirli?