Il professor Giuseppe Franco Ferrari, docente di diritto presso l'Università Bocconi di Milano è intervenuto al convegno "Partenariato pubblico - privato e patto di stabilità"
Giuseppe Franco Ferrari sul tema della semplificazione amministrativa e la fi...
L'intervento di Giuseppe Franco Ferrari al convegno "partenariato pubblico-privato"
1. Convegno accreditato dall’Ordine degli Avvocati di Monza ai fini della formazione professionale degli
Avvocati, con l’attribuzione di n. 3 crediti formativi. Partecipazione gratuita, iscrizioni:
formazione.civile@gmail.com – per info: 0382/26843-303310
14 giugno 2013 h. 9,30 - 12,30
Sala Convegni Villa Reale, Monza
Partenariato pubblico - privato e patto di stabilità
Rassegna delle forme di partenariato pubblico - privato.
Forme di partenariato pubblico - privato riconducibili all’esterno del patto di stabilità.
Forme di partenariato pubblico - privato ricomprese all’interno del patto di stabilità.
avv. prof. Giuseppe Franco Ferrari
Ordinario nell’Università Luigi Bocconi di Milano
Il capitolato prestazionale a base di gara nel contratto di disponibilità.
Adempimenti dell’Ente Pubblico e dei concorrenti in gara.
arch. Levis Dondi
Architetto - Itastudio Associati
Il contratto di sponsorizzazione
dott. Pietro Paolo Mileti
Segretario Generale del Comune di Pavia
La locazione finanziaria (c.d. leasing in costruendo)
avv. Francesco Giambelluca
Avvocato
Le implicazioni contabili per l’Ente Locale.
dott. Fabrizio Robbiano
Dottore Commercialista - Studio Delfino & Partners. Consulente contabile Enti Locali
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Tavola rotonda
dott. Roberto Scanagatti Sindaco di Monza
avv. Attilio Fontana Sindaco di Varese - Presidente ANCI Lombardia
dott. Filippo Falzone componente presidenza ASSIMPREDIL – ANCE
dott. Giovanni De Nicola Assessore alle infrastrutture della Provincia di Milano
dott. Maria Carmela Rozza (invitata) Assessore ai lavori pubblici del Comune di
Milano
dott. Maurizio Del Tenno (invitato) Assessore alle infrastrutture e mobilità Regione
Lombardia
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Intervento del professor Giuseppe Franco Ferrari:
“Rassegna delle forme di Partenariato Pubblico-Privato”
La complessa situazione delle Amministrazioni soggette al Patto di stabilità interno ha, più o meno
coartatamente, convinto diversi Enti Locali a ricercare percorsi che consentissero la realizzazione
di interventi di vario tipo tramite operazioni che permettessero di evitare lo sforamento del Patto
di stabilità interno. A questo proposito, sono numerose le Amministrazioni che, con l’intento di
ottenere tale obiettivo, hanno fatto ricorso a quelle forme di cooperazione tra le P.A. e il mondo
delle imprese che, solitamente, vengono unificate sotto la categoria di Partenariato Pubblico-
Privato (P.P.P.).
Può essere di un certo interesse ricordare qualche dato statistico sul punto. Secondo l’ultimo
rapporto pubblicato dall’Osservatorio Nazionale del Partenariato Pubblico Privato, risalente
all’aprile 2013, il mercato delle gare di P.P.P. nei primi quattro mesi del 2013 è rappresentato da
un totale di 1.087 interventi, in aumento rispetto ai 961 dello stesso periodo dell’anno
precedente, corrispondenti a circa 1,3 miliardi di euro. Significativo, peraltro, è che, rispetto al
2012, la quota delle gare di P.P.P. rappresenti circa il 22,4% del numero complessivo delle gare per
opere pubbliche (con un aumento del 5% rispetto al 2012). In particolare, i Comuni hanno inciso in
maniera determinante sul mercato complessivo del P.P.P.: l’84% delle operazioni e il 53% del
volume d’affari, infatti, va ricondotto alle Amministrazioni Comunali.
Occorre notare, tuttavia, che, nel tentativo di sfuggire, tramite tali operazioni di collaborazione, ai
rigidi vincoli del Patto di stabilità interno, alcune Amministrazioni potrebbero essere tentate, per
così dire, di abusare degli strumenti offerti dal P.P.P. con finalità, di fatto, elusive del Patto di
stabilità. Proprio al fine di garantire una corretta ed efficace applicazione del Patto, è opportuno
ricordare che il legislatore statale ha predisposto due particolari misure meritevoli di essere citate.
In primo luogo, il comma 30 dell’art. 21 della l. n. 183/2011, in base al quale risultano nulli tutti i
“contratti di servizio e gli altri atti posti in essere dagli enti locali che si configurano elusivi delle
regole del patto di stabilità interno”. In secondo luogo, la successiva previsione del comma 31 in
virtù della quale, tutte le volte in cui le Sezioni giurisdizionali regionali delle Corte dei Conti
dovessero accertare “che il rispetto del patto di stabilità interno è stato artificiosamente
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conseguito mediante una non corretta imputazione delle entrate o delle uscite ai pertinenti capitoli
di bilancio o altre forme elusive”, le stesse Sezioni procederanno a irrogare agli autori di tali
condanne elusive sanzioni non trascurabili: per gli amministratori, “la condanna ad una sanzione
pecuniaria fino ad un massimo di dieci volte l'indennità di carica percepita al momento di
commissione dell'elusione” e, per il responsabile del servizio economico-finanziario, “una sanzione
pecuniaria fino a tre mensilità del trattamento retributivo, al netto degli oneri fiscali e
previdenziali”.
Fatta questa premessa, sul piano operativo, ragionando nei termini del buon andamento della
P.A., prima di procedere all’attivazione di una delle diverse forme di P.P.P., di seguito considerate
con riguardo ai casi più significativi, ciascuna Amministrazione è tenuta ad effettuare una duplice
valutazione. Da un lato, da un punto di vista economico, come è stato giustamente affermato,
“l’opzione per la cooperazione pubblico-privato si giustifica soltanto alla luce di comprovati
vantaggi microeconomici”1
. Dall’altro, occorre valutare se queste operazioni possano o meno
essere considerate come forma di indebitamento per gli Enti Locali, soggetta, di conseguenza, alle
varie discipline vigenti che limitano la possibilità di indebitamento delle Amministrazioni.
A quest’ultimo proposito, di fondamentale importanza sono i criteri contenuti nelle decisioni
Eurostat cui il legislatore italiano, di recente, ha espressamente attribuito un valore decisivo. L’art.
3 comma 15-ter del Codice dei contratti pubblici - a seguito delle modifiche intervenute tramite
l’art. 44 comma 1 lett. b) del d.l. n. 1/2012, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 27/2012 -
stabilisce, infatti, che “alle operazioni di partenariato pubblico e privato si applicano i contenuti
delle decisioni Eurostat”. In particolare, deve essere richiamata la determinazione Eurostat dell’11
febbraio 2004, relativa, appunto, al Treatment of public-private partnerships. Secondo tale
determinazione, che considera il trattamento contabile dei contratti sottoscritti dalla Pubblica
Amministrazione nell’ambito di interventi di P.P.P., affinché una certa operazione di partenariato
con imprese private non sia considerata come forma di indebitamento, occorre che siano posti a
carico del privato il rischio di costruzione e un ulteriore rischio tra quello di domanda e quello di
disponibilità. Brevemente, è possibile così definire tali forme di alea:
1
G. F. CARTEI, Le varie forme di partenariato pubblico-privato. Il quadro generale, in Urbanistica e appalti, n. 8/2011,
p. 888.
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il rischio di costruzione è quello di regola sopportato dall’appaltatore o dal concessionario
in relazione al rispetto dei tempi, dei costi e della qualità pattuiti, compreso il fatto che
l’esecutore risulti pagato a condizione che l’opera sia stata realmente ed effettivamente
realizzata (pertanto, qualora l’Amministrazione corrisponda quanto pattuito a prescindere
dalla verifica dello stato di avanzamento delle opere, o proceda a ripianare qualsiasi costo
aggiuntivo, essa assumerebbe il rischio di costruzione);
il rischio di domanda è il tipico rischio proprio dell’utilizzo dell’opera (o, se del caso, del
servizio connesso) da parte dell’utenza finale;
il rischio di disponibilità è costituito dal fatto che il realizzatore sia tenuto a mettere a
disposizione degli utenti ultimi l’infrastruttura e il committente, correlativamente, debba
corrispondere un canone volto a remunerare sia la disponibilità del servizio sia, anche solo
parzialmente, il costo di realizzazione dell’opera (esemplificando: se venisse applicato un
meccanismo per cui la Pubblica Amministrazione riduce i propri pagamenti in presenza di
scarse prestazioni, magari anche attraverso il ricorso a clausole penali, senza dubbio
potrebbe ritenersi sussistente il trasferimento di tale forma di rischio).
Pertanto, detto in maniera più semplice, la spesa relativa all’operazione di P.P.P. non graverà sul
bilancio dell’Ente qualora il rischio concernente la costruzione ricada sul soggetto realizzatore e su
quest’ultimo gravi anche un ulteriore rischio. Al contrario, nel caso in cui non siano imputati in
capo al partner privato almeno due dei precedenti rischi, o comunque siano tali soltanto
formalmente, se ne deve concludere che l’operazione in esame rientrerà nella disponibilità e nel
rischio dell’Ente Locale. Di conseguenza, in questa ipotesi, si dovrà procedere, da parte della
Pubblica Amministrazione, alla qualificazione dell’operazione quale indebitamento. In assenza dei
requisiti appena ricordati, quindi, l’assunzione dell’obbligo di pagamento di un canone, ad
esempio, andrà considerata, a tutti gli effetti, una forma di indebitamento da valutarsi ai fini del
rispetto del patto di stabilità interno ex art. 31 l. n. 183/2011.
La stessa determinazione Eurostat, per i casi più dubbi, suggerisce di valutare ulteriori criteri, tra i
quali: la previsione di finanziamenti pubblici (anche in natura), la sussistenza di garanzie fornite
dall’Ente sul finanziamento, l’esistenza di clausole di rescissione con pagamento di indennizzi da
parte della Pubblica Amministrazione, l’allocazione degli assets secondo le clausole di fine
contratto.
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Sembra opportuno, pertanto, considerata la difficoltà di rinvenire altri elementi comuni a tutte le
fattispecie di P.P.P., rintracciare proprio nell’allocazione dei rischi tra le parti contraenti l’elemento
selettivo, ai fini di una classificazione condotta sulla base del Patto di stabilità interno, delle varie
forme di P.P.P..
È possibile, a questo punto, procedere a una rassegna delle principali forme di P.P.P. in rapporto al
Patto di stabilità, una volta ricordato che l’art. 3 comma 15-ter del Codice degli appalti offre la
seguente definizione del P.P.P.: “contratti aventi per oggetto una o più prestazioni quali la
progettazione, la costruzione, la gestione o la manutenzione di un’opera pubblica o di pubblica
utilità, oppure la fornitura di un servizio, compreso in ogni caso il finanziamento totale o parziale a
carico di privati, anche in forme diverse, di tali prestazioni, con allocazione dei rischi ai sensi delle
prescrizioni e degli indirizzi comunitari vigenti”.
La figura più recedente di P.P.P., introdotta dall’art. 44 del d.l. n. 1/2012 (cosiddetto decreto
liberalizzazioni), è costituita dal cosiddetto contratto di disponibilità, un innovativo strumento che
permette alle Amministrazioni appaltanti di utilizzare un’opera privata per finalità di interesse
pubblico. Trattasi, secondo quanto prevede l’art. 3 comma 15-bis.1 del Codice dei contratti
pubblici, del “contratto mediante il quale sono affidate, a rischio e a spesa dell’affidatario, la
costruzione e la messa a disposizione a favore dell’amministrazione aggiudicatrice di un’opera di
proprietà privata destinata all’esercizio di un pubblico servizio, a fronte di un corrispettivo”. Merita
di essere sottolineato, per i motivi già esposti, l’inciso “a rischio e a spesa dell’affidatario”. La
definizione, poi, prosegue illustrando che, per messa a disposizione, deve intendersi “l’onere
assunto a proprio rischio dall’affidatario di assicurare all’amministrazione aggiudicatrice la
costante fruibilità dell’opera, nel rispetto dei parametri di funzionalità previsti dal contratto,
garantendo allo scopo la perfetta manutenzione e la risoluzione di tutti gli eventuali vizi, anche
sopravvenuti”. Sulla base dei princìpi dettati dall’Istituto europeo di statistica, cui è soggetto anche
il contratto di disponibilità, espressamente qualificato dal legislatore quale forma di P.P.P.,
sussistono forti elementi che permettono di propendere per un’iscrizione off balance della spesa
relativa alle operazioni realizzate tramite tale strumento, considerato che sia il rischio di
costruzione sia quello di disponibilità gravano sul partner privato. Del resto, a sostegno di questa
conclusione - cui è giunta anche la giurisprudenza contabile (Corte dei Conti, Sezione regionale
controllo Puglia, parere n. 66/2012) - va ricordata anche la disciplina che, di tale fattispecie, dà il
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nuovo art. 160-ter del Codice dei contratti pubblici. Per quanto riguarda il rischio di costruzione,
infatti, il partner privato dovrà: procurarsi i finanziamenti per l’opera, procedere alla redazione dei
progetti, ottenere l’approvazione di questi ultimi da parte di terzi competenti (con eventuali ritardi
e dinieghi; secondo il comma 2, infatti, “i rischi sulla costruzione e gestione tecnica dell'opera
derivanti da mancato o ritardato rilascio di autorizzazioni, pareri, nulla osta e ogni altro atto di
natura amministrativa sono a carico del soggetto aggiudicatore”), eseguire gli espropri del caso
(prescrive, sul punto, il comma 3 che “gli oneri connessi agli eventuali espropri sono considerati nel
quadro economico degli investimenti e finanziati nell'ambito del contratto di disponibilità”), subire
gli aumenti dei costi d’opera, eseguire i lavori imprevisti, prestare garanzia per eventuali ritardi
nella conclusione di lavori (così come previsto dal comma 3, in base al quale “dalla data di inizio
della messa a disposizione da parte dell’affidatario è dovuta una cauzione a garanzia delle penali
relative al mancato o inesatto adempimento di tutti gli obblighi contrattuali relativi alla messa a
disposizione dell’opera”). Con riguardo, invece, al rischio di disponibilità, deve ricordarsi che “il
canone è proporzionalmente ridotto o annullato nei periodi di ridotta o nulla disponibilità della
stessa per manutenzione, vizi o qualsiasi motivo non rientrante tra i rischi a carico
dell'amministrazione aggiudicatrice” (comma 1 lett. a). Inoltre, a favore della conclusione cui si è
giunti, deve anche considerarsi quanto previsto dal comma 1 lett. b), in virtù del quale, qualora sia
previsto un contributo pubblico in corso d’opera, questo non potrà comunque essere “superiore al
cinquanta per cento del costo di costruzione dell'opera, in caso di trasferimento della proprietà
dell'opera all'amministrazione aggiudicatrice”.
Tuttavia, al di là della precedente conclusione, non può nascondersi che, stante la possibilità di
modulare in vario modo lo schema flessibile previsto dal legislatore per il contratto di disponibilità,
occorrerà, ai fini contabili, procedere a un esame caso per caso. Secondo l’avvertimento della
magistratura contabile, infatti, qualora l’operazione accolli all’amministrazione “parte dei citati
rischi”, la stessa “avrebbe il solo nome di contratto di disponibilità, ma non la sostanza, dovendo di
conseguenza essere considerata elusiva”, perché l’Amministrazione “finirebbe per ottenere la
disponibilità di un immobile, mediante un’operazione non rappresentata nelle scritture contabili
come indebitamento, pur in assenza di una decisiva assunzione di rischi da parte dell’affidatario”
(Corte dei Conti, Sezione regionale di controllo per l’Emilia-Romagna, parere n. 432/2012).
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Un’ulteriore figura di sicuro interesse, già presente da diversi anni nell’ordinamento italiano, è
quella dell’affidamento di lavori mediante finanza di progetto o, secondo la locuzione
anglosassone, il project financing. Come noto, tale operazione costituisce una modalità di
finanziamento sul lungo periodo, relativa a un singolo progetto, per la cui successiva gestione il
partner privato ottiene una remunerazione del capitale investito. Attualmente, lo strumento in
questione, configurato espressamente quale “alternativa all’affidamento mediante concessione”
riceve disciplina agli artt. 153 e ss. del Codice degli appalti. Si tratta, fondamentalmente, di un
sistema attraverso cui è possibile realizzare lavori pubblici tramite risorse private alla cui base si
colloca il finanziamento concesso a favore di una società costituita ad hoc per la realizzazione delle
opere. A garanzia di tale finanziamento privato è previsto il cosiddetto diritto di step in, vale a dire
la clausola che permette al finanziatore di assumere la gestione integrale del progetto
ogniqualvolta sopravvengano situazioni pregiudizievoli nel corso della fase esecutiva. Riservato,
logicamente, alle sole opere calde, atte ad autofinanziarsi, l’impegno di spesa pubblica per il
project financing, secondo il condivisibile approdo della giurisprudenza contabile, è suscettibile di
essere ricompreso o meno nel Patto di stabilità a seconda dell’entità dell’apporto pubblico. Infatti,
qualora tale apporto superi il 50% del valore dell’opera in questione, similmente a quanto appena
detta con riguardo al contratto di disponibilità, i relativi accordi avranno “il solo nome del project
financing, ma natura giuridica del tutto diversa” (Corte dei Conti, Sezione regionale di controllo
per l’Emilia-Romagna, parere n. 5/2012). Similmente, in base alle indicazioni Eurostat prima
illustrate, qualora l’Amministrazione provvedesse a garantire il capitale prestato al promotore di
fronte a chi ha finanziato l’opera - come, secondo la prassi prevalente, un istituto bancario - non si
determinerebbe la traslazione in capo al partner del rischio, necessaria perché si configuri un
genuino P.P.P.. Di conseguenza, non essendo possibile formulare una valutazione definitiva,
occorrerà valutare, caso per caso, se la singola operazione di project financing comporti o meno
una forma di indebitamento da parte dell’Ente Locale.
Di rilievo sono pure i profili problematici, dai significativi riflessi anche in ordine all’applicazione
del limite all’indebitamento dei Comuni previsti dall’art. 204 T.U.E.L., relativi alla contabilizzazione
delle operazioni di locazione finanziaria di opere pubbliche o di pubblica utilità, disciplinate, nel
Codice degli appalti, all’art. 160-bis. Come noto, in tale tipo di operazione l’Amministrazione
procede a stipulare, insieme a un privato finanziatore, un contratto di leasing relativo all’immobile
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da costruire. Brevemente, lo schema seguito è il seguente: all’edificazione dell’opera oggetto
dell’operazione provvede la società, cui rimane intestata la proprietà dell’immobile, mentre la
disponibilità è attribuita all’Amministrazione per un arco temporale prestabilito e a fronte del
pagamento di un canone. Lo stesso Ente, alla scadenza pattuita, potrà procedere all’acquisto
dell’immobile a un prezzo opportunamente ridotto. A fronte di un iniziale orientamento che, ai fini
contabili, voleva dare prevalenza agli aspetti relativi alla titolarità del bene, secondo il metodo
patrimoniale, è poi prevalso un diverso indirizzo che attribuisce prevalenza alle ragioni di carattere
economico-finanziario dell’operazione di leasing, secondo il metodo finanziario. A questo
proposito, non si può fare a meno di richiamare l’importante pronuncia, poi seguita anche dalle
Sezioni regionali di controllo, della Corte dei Conti a Sezioni Riunite (Corte dei Conti, Sezioni
Riunite in sede di controllo, deliberazione n. 49/2011). Si trattava di stabilire se l’operazione di
leasing immobiliare rispettasse o meno i già esposti criteri Eurostat, con conseguente inserimento
nelle voci di indebitamento degli Enti Locali in caso di mancato rispetto dei parametri statistici
europei. Richiamando il principio contabile internazionale IAS 17, la Corte dei Conti, dando
preferenza al metodo finanziario, ha distinto tra il valore del bene oggetto del contratto - da
contabilizzarsi nel Titolo V (Entrate da servizi per conto di terzi) -, e la spesa impegnata per il
pagamento dei canoni: da ricondurre, in parte, al Titolo III (spese per rimborso prestiti), in
relazione alla quota di capitale rimborsato e, in relazione alla quota di interessi, al Titolo I (spese
correnti), andando a incidere sul limite di indebitamento stabilito dall’art. 204 T.U.E.L.. Ne
consegue, dunque, che la locazione finanziaria graverà, quale operazione volta alla provvista di
capitale, sui limiti di spesa e su quelli di indebitamento dell’ente.
La preferenza per il metodo finanziario, peraltro, ha assunto anche veste legislativa da quando,
con il d.P.C.M. del 28.12.2011, applicabile inizialmente soltanto per alcune Amministrazioni in via
sperimentale e, mano a mano, per tutti gli Enti Locali, al punto 3.25 dell’allegato 2 del decreto è
disposta la contabilizzazione secondo il metodo finanziario delle operazioni di leasing, da
registrarsi con le medesime scritture utilizzate per gli investimenti finanziati da debito.
Affinché l’operazione di locazione finanziaria non generi indebitamento per l’Amministrazione,
dovrà accertarsi che la spesa relativa alla costruzione di opere pubbliche non gravi sul proprio
bilancio, con relativo rischio in capo al soggetto realizzatore e che l’esecuzione e la gestione
dell’opera risultino a carico del partner privato. In caso contrario, infatti, “la destinazione in via
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continuativa di una parte delle risorse dell’ente, per pagare i canoni di locazione di un leasing in
costruendo, finalizzati all’ottenimento della disponibilità di un’opera pubblica, ha sostanzialmente
la natura di indebitamento” (Corte dei Conti, Sezione regionale del controllo per l’Emilia-Romagna,
parere n. 5/2012).
Infine, qualche cenno merita di essere riservato anche allo strumento della concessione di lavori,
la cui caratteristica principale - che la distingue dall’appalto - è costituita dall’assunzione, da parte
del concessionario, del rischio legato alla gestione dei servizi cui è destinata l’opera realizzata.
Nella maggior parte dei casi, infatti, l’oggetto di tali interventi è costituito da opere capaci di
autofinanziarsi, dal momento che la gestione delle stesse genera un flusso di cassa utile a
remunerare l’investimento realizzato. Trattasi, in sostanza, di contratti aventi ad oggetto sia la
progettazione e l’esecuzione di lavori pubblici o di pubblica utilità sia la loro gestione. Seguendo la
definizione di cui all’art. 3 comma 11 del Codice, è proprio tale forma di corrispettivo a costituire il
dato peculiare di tale strumento, dal momento che “il corrispettivo dei lavori consiste unicamente
nel diritto di gestire l'opera o in tale diritto accompagnato da un prezzo”. Posto che il rischio di
costruzione deve essere comunque a carico del concessionario, qualora l’oggetto dei lavori sia
costituito da opere cosiddette fredde - ad esempio ospedali o carceri - il partner privato dovrà
assumere anche il rischio di disponibilità (come previsto dal comma 9 dell’art. 143 del Codice,
secondo cui l’affidamento di opere destinate all’utilizzo diretto da parte della P.A. è subordinato
alla “condizione che resti a carico del concessionario l’alea economico-finanziaria della gestione
dell’opera”); nel caso in cui, invece, l’oggetto riguardi opere calde - frequente il caso delle
infrastrutture stradali - il privato sarà tenuto ad accollarsi anche il rischio di domanda. Come
precisato dall’Autorità per la Vigilanza sui Lavori Pubblici, qualora l’allocazione del rischio non
dovesse essere composta nei modi appena illustrati, si tratterebbe di “appalto, nel quale vi è
unicamente il rischio imprenditoriale derivante dalla errata valutazione dei costi di costruzione
rispetto al corrispettivo che si percepirà a seguito dell’esecuzione dell’opera” (A.V.C.P.,
determinazione n. 2/2010). Di conseguenza, anche in questo caso, qualora un’opera di P.P.P. sia
realizzata con allocazione del rischio di costruzione e di almeno uno degli altri due rischi in capo al
privato, “non inciderà sui bilanci pubblici”. Al contrario, nel caso in cui, ad esempio, il costo
dell’opera gravi sostanzialmente sull’autorità aggiudicatrice, “le opere realizzate con il PPP
ricadono sui bilanci pubblici con ovvie conseguenze in termini di impatto sul deficit”.
11. Convegno accreditato dall’Ordine degli Avvocati di Monza ai fini della formazione professionale degli
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Per completezza, vanno ancora ricordate ulteriori figure appartenenti alla categoria del P.P.P. che,
in questa sede, possono essere oggetto soltanto di alcune brevi annotazioni.
Il contratto di sponsorizzazione - la cui disciplina è contenuta all’art. 26 del Codice dei contratti
pubblici e nel recente d.m. del 19.12.2012 - sarà esaminato in una successiva trattazione [del dott.
P.P. Mileti, Segretario Generale del Comune di Pavia]. È già possibile anticipare, comunque, che il
contratto di sponsorizzazione costituisce uno strumento sempre più diffuso, ai limiti
dell’ordinarietà, attraverso il quale l’Amministrazione reperisce le risorse necessarie da uno
sponsor privato - interessato a pubblicizzare se stesso o un evento connesso - per garantire un
servizio o completare un’opera pubblica.
L’affidamento a contraente generale - disciplinato ex art. 176 del Codice e costituente una forma
di P.P.P. soltanto ove il corrispettivo per la realizzazione delle opere sia del tutto o parzialmente
posticipato e collegato alla disponibilità per il committente o per gli utenti - costituisce uno
strumento per la realizzazione globale di un opera a carico del cosiddetto general contractor,
soggetto che, a seguito del proprio impegno, risponde in modo globale dell’opera, facendosi carico
del rischio economico e della realizzazione della stessa in tempi prestabiliti. Tuttavia, stante la
normativa vigente, non pare poter essere utilizzato dalle Amministrazioni per sottrarsi dal campo
di applicazione del Patto di stabilità interno, considerato che il legislatore ha espressamente posto
in capo al partner pubblico una significativa parte del rischio di costruzione, prevedendo che
“restano a carico del soggetto aggiudicatore le eventuali varianti indotte da forza maggiore,
sorpresa geologica o sopravvenute prescrizioni di legge o di enti terzi o comunque richieste dal
soggetto aggiudicatore” (art. 176 comma 5 lett. a).
Per quanto riguarda, infine, la forma principale di P.P.P. istituzionalizzato, ovvero quella della
società miste, sembra quasi impraticabile, considerata la diversità di ciascuna operazione
societaria, un’univoca qualificazione ai fini del rispetto del Patto di stabilità. Mentre sono
sicuramente soggette al Patto di stabilità le società in house - secondo quanto previsto dal d.l. n.
138/2011, con finalità antielusive, in particolare relativamente al blocco delle assunzioni - per
quanto riguarda le società miste, stando al giudizio della Corte dei conti lombarda, occorre
verificare se le stesse siano o meno costituite con gara a doppio oggetto o comunque se i soci
privati siano stati selezionati tramite procedura a evidenza pubblica (Corte dei Conti, Sezione
12. Convegno accreditato dall’Ordine degli Avvocati di Monza ai fini della formazione professionale degli
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regionale di controllo per la Lombardia, parere n. 7/2012). In ogni caso, l’assenza di un’espressa
previsione sul punto - contrariamente a quanto avviene per le società in house - pare almeno
suggerire la possibilità di valutare, sempre con le dovute cautele, l’esclusione di tale forma di
P.P.P. dall’operatività del Patto di stabilità interno.
Intervento dell’ Avv. Prof. Giuseppe Franco Ferrari.