discorso generale sulla fisica e le discipline.pptx
La civilizzazione presso i popoli moderni, di Paul Leroi-Beaulieu
1. “La civilizzazione presso i popoli moderni” in
“Trattato teorico-pratico di economia politica”
di Paul Leroi-Beaulieu
Abstract e commento al testo di riferimento
Fausto Intilla, www.oloscience.com
Innanzitutto, occorre considerare il contesto storico-culturale e scientifico, da cui ha tratto origine la
formazione accademica dell’economista in questione. In relazione a tale contesto, è possibile
stabilire la tipologia e i modelli di riferimento economici ai quali si è appoggiato l’autore, nella
stesura del testo in questione. Trattandosi quindi di un economista francese, vissuto
prevalentemente nella seconda metà del diciannovesimo secolo, è ipotizzabile che egli sia stato
influenzato sia dai modelli marxisti dell’economia classica, che da quelli della scuola marginalista
(ossia dell’economia neoclassica). Siamo ben lontani quindi da quelle conoscenze in ambito
economico, che molti anni più tardi, con la rivoluzione keynesiana e le teorie di Friedman,
avrebbero sepolto definitivamente i vecchi modelli neoclassici.
Da questa visione assai limitata e limitante della realtà macro-economica globale di quell’epoca,
Beaulieu, senza mezzi termini, entra subito nel vivo di quella dimensione razziale che caratterizzava
ormai da qualche decennio la formae mentis dell’intero popolo europeo. Uno dei pilastri portanti di
tutto il discorso di Beaulieu, è quindi rappresentato dalla volontà collettiva (di cui egli si fa
portavoce) di una differenziazione razziale (oggi chiamata discriminazione razziale) il cui unico
scopo era quello di preservare il popolo europeo, più o meno omogeneo da un punto di vista
antropologico e culturale, da una stretta e prolungata interazione con altri popoli estranei e neppure
lontanamente accostabili al modello e al livello di civilizzazione raggiunto in Europa nel corso dei
secoli. La paura collettiva di una decadenza sociale, economica e culturale causata da un’eventuale
accettazione e integrazione di popoli extra-europei, rappresentava quasi una sorta di archetipo dal
quale era assai difficile liberarsi. Vi era inoltre la paura che tali razze aliene al territorio europeo,
con la mescolanza riproduttiva (quindi di tipo biologico-genetico) dovuta all’interazione con quella
che veniva definita la “razza pura” europea, avessero portato la nostra civiltà ad un graduale
indebolimento fisico (costitutivo-antropologico) e genetico. Ciò che oggi sappiamo con certezza
quindi (grazie ai notevoli sviluppi,nel corso dei decenni, della biologia genetica ed evoluzionistica),
ossia che la forza-resistenza biologica di una specie, accresce proprio con l’aumentare della sua
variabilità genetica, era a quei tempi ritenuto quasi blasfemo; poiché completamente opposto, tale
paradigma, a quello in auge in quel periodo storico. Ci troviamo quindi ancora nel bel mezzo di
quel darwinismo sociale (nato solo qualche decennio prima, con la pubblicazione e la divulgazione
dell’opera fondamentale di Darwin: “L’origine della specie”,1859) i cui risvolti negativi avevano
già infettato tutti i buoni auspici del positivismo; offrendo così un più ampio spazio d’azione al
nichilismo e a quei movimenti anarchici che qualche anno più tardi, a causa anche degli strascichi
della prima grande crisi economica (Grande Depressione del 1873-1895), avrebbero portato
l’Europa nel bel mezzo della Prima Guerra Mondiale.
Siamo quindi a pochi anni di distanza dalla fine della prima grande crisi economica, e gli
economisti europei ovviamente si sentono ancora legati ai vecchi modelli ideologici di progresso ed
evoluzione economica. Ciò che aveva portato l’economia alla sua prima grande depressione (oltre al
grande aumento demografico causato dalle agevolazioni sociali della seconda rivoluzione
industriale), fu proprio quel modello di politica protezionistica dal quale nasce e prende forma, a
partire dai primi anni del 1870, l’Imperialismo. A partire da questo periodo storico, i paesi
occidentali iniziano quindi a “proteggere” i loro mercati, con delle tasse (dazi doganali) che hanno
l’obiettivo di favorire le esportazioni, a scapito delle importazioni. Il mercantilismo quindi, in
epoche precedenti, era da considerarsi una forma primitiva di protezionismo. Il nuovo concetto di
colonialismo, quello nato parallelamente alla nascita dell’Imperialismo, incentrato sull’idea di un
2. controllo politico ed economico dei paesi ex coloniali (con l’unico fine dichiarato di sfruttare le loro
risorse economiche, senza alcuna contropartita), fa certamente fatica ad insinuarsi e ad imporsi nelle
menti degli economisti di quell’epoca. L’Imperialismo è da considerasi, a tutti gli effetti, la causa
principale del modello eurocentrico. Ma sono anche ben note le cause dell’Imperialismo stesso,
ossia: la ricerca sempre più spasmodica di materie prime per l’industria e la ricerca anch’essa
frenetica e senza sosta di nuovi mercati in grado di “smaltire” le eccedenze industriali. Con
l’Imperialismo, nasce quindi una nuova forma di colonialismo, che ha poco a che vedere con quello
di popolamento dei secoli precedenti. Si tratta quindi di un colonialismo che non tende più agli
insediamenti di massa in terre extra-europee, ma ad insediamenti mirati di persone qualificate in
terre straniere al fine di governare ed istruire le popolazioni indigene, affinché siano in grado di
produrre (grazie alle loro materie prime) dei beni di consumo destinati ai paesi occidentali.
Non credo sia possibile affermare con assoluta certezza ed in termini del tutto oggettivi, che
Beaulieu faccia riferimento, nel suo scritto,solo al colonialismo di popolamento; come neppure
soltanto a quello relativo alla nascita dell’Imperialismo, descritto poc’anzi. Credo in ultima analisi
che l’economista francese si riferisse ad una tipologia di colonialismo posta tra i due modelli
principali, di non facile descrizione ma facilmente intuibile, sotto certi aspetti.
Beaulieu parla inoltre di “diritto a un intervento”, da parte dei paesi occidentali nei confronti dei
popoli da egli considerati inferiori in quanto a livello di cultura e civilizzazione; si sposta quindi
anche nella dimensione politica-giuridica, oltre che in quella economica e sociale.
Con la Conferenza di Berlino del 1884 (chiamata anche Conferenza dell’Africa Occidentale), voluta
dal cancelliere tedesco Bismark e dalla Francia, si ebbe l’occasione per pianificare la corsa al
colonialismo in Africa. A questa conferenza parteciparono le maggiori potenze economiche presenti
in quel frangente storico in Europa. Tra i vari Stati concorrenti alla spartizione del territorio
africano, iniziarono quindi delle vere e proprie dispute; ciò, oltre alla già tesa situazione politico-
economica tra gli Stati europei, portò, qualche decennio più tardi, allo scoppio della prima guerra
mondiale. Il testo di Beaulieu, si situa quindi a poco più di dieci anni di distanza dalla Conferenza di
Berlino. È importante osservare che la Francia, che nel 1870 occupava una misera parte della
superficie del territorio africano, venticinque anni dopo si ritrovava ad essere lo Stato europeo con
la maggiore estensione coloniale su territorio africano (arrivando ad occupare quasi tutta l’Africa
nord-occidentale). Risulta quindi evidente una certa mancanza di imparzialità, da parte della
Francia, legata alle decisioni svoltesi durante la Conferenza di Berlino. Che ciò abbia quindi
inasprito maggiormente la già delicata situazione politica tra la Francia e gli altri Stati europei, è
un’ipotesi, a mio avviso, tutt’altro che azzardata.
È quindi solo attraverso questa prospettiva, di crescita continua e di estensione necessaria al popolo
francese (affinché il popolo non si “ammucchi”, non “soffochi”), che Beaulieu vede il futuro della
sua nazione, della sua patria. Traspare quindi, dalle parole dell’autore, anche un certo sentimento
nazionalista, patriottico. Il modello perfetto, per Beaulieu, era indubbiamente rappresentato
dall’Europa colta ed altamente civilizzata; al di fuori di essa, vi era posto solo per quei popoli il
“cui ordinamento era difettoso”. Siamo quindi di fronte alla classica visione del mondo tipicamente
Newtoniana-Cartesiana, tipica di quel periodo storico. Una visione basata sugli opposti e sul
principio puramente meccanico di causa-effetto (è la visione meccanicistica della realtà). Per
concludere, possiamo identificare due concetti fondamentali che fanno da fulcro a tutto il discorso
di Beaulieu; sono i concetti di forza (intesa come superiorità culturale e biologica, ma anche
bellica,sotto certi aspetti) e di diritto (inteso come la giusta conseguenza, che trae origine da una
perversa interpretazione della teoria evolutiva di Charles Darwin; che oggi ovviamente sappiamo
tale, ma che a quell’epoca era legittima poiché quella era l’interpretazione che il popolo aveva
adottato, sufficiente quindi a giustificarne le “relative conseguenze”). La coerenza di tutto il
discorso dell’autore, risulta quindi chiara ed impeccabile, ma solo ovviamente in rapporto al
contesto storico-culturale in cui tale analisi è presentata. Ci è voluto quindi un secolo di storia e di
grandi conflitti, per modificare questa visione assai povera della realtà; ma ancora oggi comunque,
non siamo riusciti a renderla del tutto olistica ed adeguata al nostro pseudo-altruismo sociale.