2. EUTANASIA
Il termine deriva dal Greco (εύ = bene, buono +
θάνατος = morte), e pertanto significa
“buona morte” o “dolce morte”, cioè morte
senza dolore.
In pratica, eutanasia vuole dire: condotta diretta
a produrre, ad accelerare o a non far nulla per
evitare o ritardare la morte della persona
assistita.
3. Cenni storici
Si pensa che il termine sia stato usato pr la prima
volta, con una connotazione positiva, dallo
scrittore latino Svetonio, per indicare il tipo di
morte che Cesare Augusto si augurava e che poi
colse l’imperatore Antonino Pio “a guisa di
sonno dolce e tranquillo”.
4. Cenni storici
Il termine fu poi ripreso, nel XVII secolo, da
Francesco Bacone che, mantenendosi fedele
all’originaria connotazione positiva, ne definì le
tre caratteristiche essenziali: le condizioni
oggettive della malattia, il rapporto medico-
paziente e l’eventuale “beneficio” della morte
per il malato.
5. Secondo il filosofo inglese, compito del medico non è
soltanto quello di guarire o di procrastinare il più
possibile la morte, ma anche quello di non abbandonare
il malato giunto ad uno stadio terminale e di alleviarne
le sofferenze.
Questo concetto è divenuto uno dei punti fondamentali
dell’etica medica contemporanea, ma ha lasciato in
sospeso l’interrogativo su quali atti concreti del medico
siano leciti nelle decisioni di fine vita “a beneficio” del
malato.
6. CONDIZIONI PER L’EUTANASIA
- Malattia inguaribile;
- Malattia giunta allo stadio terminale e con
prognosi infausta a breve scadenza;
- Malattia caratterizzata da una notevole
sofferenza dolorosa (intrattabile con le comuni
terapie).
7. Eutanasia attiva:
Consiste nell’intervenire attivamente, somministrando al
paziente sostanze letali.
Eutanasia passiva:
Può a sua volta distinguersi in:
- Paraeutanasia (in prossimità della morte si continua solo la
terapia analgesica, ma si sospendono i trattamenti di
mantenimento o curativi;
- Eutanasia larvata: si somministrano analgesici a dosi
massive, appena inferiori a quelle letali, rendendo così il
malato insensibile ma abbreviandone la vita;
- Ortoeutanasia: si interrompe ogni genere di trattamento per
non prolungare la vita.
8. SUICIDIO ASSISTITO
Atto autonomo di porre termine alla
propria vita compiuto da un malato
terminale in presenza o con mezzi
forniti da terzi (in particolare da un
sanitario)
9. CONSEGUENZE GIURIDICHE IN ITALIA
Art. 579 C.P. (Omicidio del consenziente): Chiunque
cagiona la morte di un uomo, col consenso di lui,
è punito con la reclusione da sei e quindici anni
…
Si applicano le disposizioni relative all’omicidio
se il fatto è commesso:
1) Contro una persona minore degli anni 18;
2) Contro una persona inferma di mente, o che si
trova in condizioni di deficienza psichica, per
un’altra infermità o per l’abuso di sostanze
alcoliche o stupefacenti;
3) Contro una persona il cui consenso sia stato dal
colpevole estorto con violenza, minaccia o
suggestione, ovvero carpito con inganno.
10. Art. 580 C.P. (Istigazione o aiuto al suicidio):
Chiunque determina altri al suicidio o rafforza
l’altrui proposito di suicidio, ovvero ne agevola in
qualsiasi modo l’esecuzione, è punito, se il suicidio
avviene, con la reclusione da 5 a 12 anni. Se il
suicidio non avviene è punito con la reclusione da 1
a 5 anni, sempre che dal tentativo di suicidio derivi
una lesione personale grave o gravissima.
Le pene sono aumentate se la persona istigata,
eccitata o aiutata si trova in una delle condizioni
indicate nei numeri 1 e 2 dell’articolo precedente.
Nondimeno, se la persona suddetta è minore degli
anni 14 o comunque è priva della capacità di
intendere e di volere, si applicano le disposizioni
relative all’omicidio.
11. Sentenza Corte Costituzionale Fine Vita (Set 19)
In attesa del deposito della sentenza, l’Ufficio stampa fa sapere che la Corte ha
ritenuto non punibile ai sensi dell’articolo 580 del codice penale, a determinate
condizioni, chi agevola l’esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e
liberamente formatosi, di un paziente tenuto in vita da trattamenti di sostegno
vitale e affetto da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche e
psicologiche che egli reputa intollerabili ma pienamente capace di prendere
decisioni libere e consapevoli.
In attesa di un indispensabile intervento del legislatore, la Corte ha
subordinato la non punibilità al rispetto delle modalità previste dalla normativa
sul consenso informato, sulle cure palliative e sulla sedazione profonda continua
(articoli 1 e 2 della legge 219/2017) e alla verifica sia delle condizioni richieste che
delle modalità di esecuzione da parte di una struttura pubblica del SSN, sentito il
parere del comitato etico territorialmente competente.
12. Accanimento terapeutico
Per accanimento terapeutico si può intendere l’ostinazione al
trattamento messa in atto nel vano tentativo di prolungare il
più possibile il funzionamento dell’organismo del paziente.
I criteri di definizione per l’accanimento terapeutico sono i seguenti:
a) Inutilità o inefficacia terapeutica;
b) Eccezionalità degli interventi, sproporzionati rispetto al
risultato terapeutico.
E’ pertanto necessario astenersi dal ritardare una scadenza prossima,
ineluttabile e dall’imporre costrizioni e sofferenze oramai vane
perché sproporzionate rispetto ai benefici che potrebbero
attendersi per il malato.
13. Accanimento terapeutico
Nella pratica quotidiana non è facile la delimitazione “scientifica”
dei confini tra l’omissione delle cure e l’impiego di trattamenti
medici intensivi, lecitamente appropriati o inappropriati.
In circostanze nelle quali è difficile per il medico ricomporre in
un quadro decisionale unitario le convinzioni morali personali
con quelle dei pazienti e con i riferimenti clinici, egli ha il dovere
di impegnarsi a valutare e rispettare, caso per caso, la visione
della vita e della morte del suo paziente, il suo “vissuto” di
malattia e le prospettive dell’evoluzione biologica dell’infermità e
il contesto familiare dell’uomo di cui è chiamato a prendersi cura.
14. Codice di Deontologia Medica (2014)
Art. 16 (procedure diagnostiche e interventi terapeutici non
proporzionati): Il medico, tenendo conto delle volontà espresse
del paziente o dal suo rappresentate legale e dei principi di
efficacia e di appropriatezza delle cure, non intraprende né insiste
in procedure diagnostiche e interventi terapeutici clinicamente
inappropriati ed eticamente non proporzionati, dai quali non ci
si possa fondatamente attendere un effettivo beneficio per la
salute e/o un miglioramento della qualità della vita. Il controllo
efficace del dolore si configura, in ogni condizione clinica, come
trattamento appropriato e proporzionato. Il medico che si
astiene da trattamenti non proporzionati non pone in essere in
alcun caso un comportamento finalizzato a provocare la morte.
15. Art. 17 codice deontologico 2014
Art. 17 (atti finalizzati a provocare la morte): il
medico, anche su richiesta del paziente, non
deve effettuare né favorire trattamenti finalizzati
a provocare la morte.