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Povertà, consumi e statistiche* 
Non esiste una definizione chiara e univoca del concetto di povertà, ma con questo termine si indica 
un’ampia serie di situazioni anche molto diverse tra loro. “Povero è infatti il senza dimora, colui che, privo di 
mezzi di sostentamento, si affida alla carità del prossimo per sopravvivere; povero è chi con una pensione 
minima non riesce a soddisfare i propri pur limitati bisogni. Povero è anche colui che non riesce ad acquisire 
i beni e servizi normalmente disponibili per gli individui appartenenti al suo contesto di riferimento. Povero, 
infine, è colui che non riesce a soddisfare specifici bisogni legati, ad esempio, alla condizione di disabilità. In 
altre parole, a seconda dei bisogni di volta in volta considerati essenziali, il confine che circoscrive 
l’universo dei poveri si sposta, individuando forme di povertà via via meno estreme, ma non meno degne di 
attenzione” [Istat]. 
Partendo dalla definizione di povertà è possibile quantificare i poveri. L’Istat distingue tra povertà 
assoluta, legata al livello di vita minimo accettabile, indipendente dalle condizioni di vita prevalenti nel resto 
della comunità, e povertà relativa che si basa, invece, sull’assunzione che la condizione di un individuo non 
può essere definita se non a partire dall’ambiente nel quale vive, per cui “persone, famiglie, gruppi di 
popolazione possono essere considerati poveri quando mancano di risorse per raggiungere quei tipi di 
alimentazione, partecipare a quelle attività ed avere quelle condizioni di vita e comodità che sono abituali o 
almeno largamente incoraggiati ed approvati nelle società alle quali appartengono”. 
Secondo quest’ultima definizione in Sardegna ci sono 147 mila famiglie povere, il 20,7% del totale 
delle famiglie residenti nell’Isola (dato al 2012, ultimo disponibile), che si traduce in più di 400 mila sardi 
poveri. Questa percentuale, che misura però solo la diffusione del fenomeno ma non dice nulla su “quanto” 
siano povere le famiglie, è cresciuta rispetto al passato ed è ormai molto più alta rispetto alla media nazionale 
ferma all’12,7%. Nel 2003 (primo anno della serie Istat) infatti la percentuale di famiglie sarde povere era 
simile a quella nazionale: rispettivamente 13,3% in Sardegna e 10,8% la media nazionale, oggi c’è invece un 
divario evidente: 10 punti percentuali. 
30,0 
25,0 
20,0 
15,0 
10,0 
5,0 
0,0 
2003 
2004 
Fonte: Nostre elaborazioni su dati Istat 
Le fonti ufficiali riferiscono però di un miglioramento, nel periodo in esame, della situazione economica 
della Sardegna, in alcuni casi anche superiore al resto del Paese. Citiamo come esempio il reddito a 
disposizione dei sardi: nel 2003 era di 1.080 euro al mese ed è aumentato del 15% arrivando nel 2011 a 
* 
A 
cura 
di 
Lucia 
Schirru, 
Vispo 
Srl. 
2005 
2006 
2007 
2008 
2009 
2010 
2011 
2012 
Indice di povertà regionale (famiglie) 
Popolazione che vive in famiglie al di sotto della soglia di povertà (percentuale) 
Sardegna Italia Mezzogiorno Nord
1.245 euro al mese, mentre nel resto del Paese si partiva da 1.352 euro e grazie all’incremento dell’11% si è 
giunti a 1.498 euro. Quindi, nonostante il cospicuo incremento, non siamo ancora arrivati al livello medio 
nazionale. 
Anche l’occupazione in regione è aumentata in termini relativi più che nel resto d’Italia. Questo dato 
non si riflette però nella capacità di spesa perché i molti cassaintegrati sardi risultano di fatto ancora occupati 
ed è quindi plausibile che anche se il numero dei lavoratori, quindi dei percettori di reddito, sia aumentato, 
l’importo percepito in media si sia abbondantemente ridotto. 
Non c’è stato invece nessun miglioramento nella capacità di spesa dei percettori di reddito da 
pensione sardi, considerato che ogni pensionato percepiva (nel 2003) e continua a percepire (nel 2011) il 
93% di quanto riceve mediamente un pensionato italiano. Se si considerano i redditi dei contribuenti Irpef 
(dichiarazioni dei redditi delle persone fisiche) si nota, nel periodo 2005-2011, una iniziale riduzione della 
distanza tra i redditi degli italiani e quelli dei sardi e poi un nuovo incremento. I redditi medi in regione sono 
nel 2011 il 90% di quelli medi nazionali. 
20.249 
20.979 
Reddito medio 
22.704 22.771 
22.891 
23.241 
23.482 
86,6% 86,5% 
17.532 
18.155 
89,3% 89,4% 
20.285 20.355 
90,2% 
20.638 
90,0% 89,9% 
20.915 
21.107 
92,0% 
91,0% 
90,0% 
89,0% 
88,0% 
87,0% 
86,0% 
85,0% 
24.000 
23.000 
22.000 
21.000 
20.000 
19.000 
18.000 
17.000 
2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 
Italia Sardegna Percentuale su Italia (asse di destra) 
Fonte: Nostre elaborazioni su dati Dipartimento delle Finanze 
Questi dati non sono però sufficienti a giustificare l’incremento della povertà che si è avuto solo nell’Isola e 
non nel resto dell’Italia considerata nel complesso. La vera risposta si trova analizzando i consumi delle 
famiglie, unica variabile che l’Istat utilizza per il “calcolo dei poveri”. 
Tra il 2003 e il 2012 la soglia di povertà relativa, che viene definita solo a livello nazionale per la 
famiglia “tipo” è aumentata del 13% (da 875 a 991 per due componenti) e sono aumentati anche i consumi 
familiari, però solo a livello nazionale (+7,8%) registrando invece nell’Isola un calo del 14% - passando 
quindi da 2.189 euro del 2003 a 1.879 nel 2012. I consumi dei sardi si sono contratti in tutte le voci “non 
indispensabili”, ma anche, seppure in misura minore nei consumi alimentari. Sono invece aumentate le spese 
per l’abitazione, compreso combustibili ed energia. La riduzione di tutte le spese superflue, sintomo di 
“sofferenza economica” ha fatto si che la distanza tra la spesa media familiare dei sardi e la soglia di povertà 
si sia ridotta a tal punto che molte delle famiglie sarde vi ricadono al di sotto, diventando ufficialmente 
famiglie povere.
875 
Soglia di povertà relativa per due componenti 
920 
937 
1100 
1050 
1000 
950 
900 
850 
Fonte: Nostre elaborazioni su dati Istat 
500 
400 
300 
200 
100 
2.500 
2.000 
1.500 
1.000 
500 
Fonte: Nostre elaborazioni su dati Istat 
970 
986 1000 
983 992 
1011 
991 
800 
2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 
465 449 453 457 
434 
480 
426 420 
477 
440 
449 453 456 467 466 475 
461 467 477 468 
0 
2003 
2004 
2005 
2006 
2007 
2008 
2009 
2010 
2011 
2012 
Spese alimentari e bevande 
Sardegna Italia 
1.724 1.725 1.696 1.728 
1.593 1.600 
1.452 1.450 1.444 1.439 
1.858 
1.928 1.941 1.994 2.014 2.009 1.981 1.987 2.011 1.951 
0 
2003 
2004 
2005 
2006 
2007 
2008 
2009 
2010 
2011 
2012 
Spese non alimentari 
Sardegna Italia
Spesa per consumi delle famiglie (importi medi mensili) e variazione tra il 2003 e il 2012 
Gruppo di spesa 2003 2012 Variazione 
totale 2188,97 1878,78 -14% 
alimentari e bevande 465,27 440,18 -5% 
pane e cereali 79,45 79,36 0% 
carne 100,64 92,56 -8% 
pesce 43,33 43,96 1% 
latte, formaggi e uova 57,83 54,5 -6% 
oli e grassi 19,46 15,01 -23% 
patate, frutta e ortaggi 85,78 80,45 -6% 
zucchero, caffè e drogheria 33,89 32,39 -4% 
bevande 44,89 41,95 -7% 
non alimentari 1723,7 1438,59 -17% 
tabacchi 20,25 12,89 -36% 
abbigliamento e calzature 166,56 114,38 -31% 
abitazione (principale e secondaria) 484,55 594,56 23% 
combustibili ed energia 107,35 121,69 13% 
mobili, elettrod. e servizi per la casa 172,26 81,49 -53% 
sanità 65,92 65,07 -1% 
trasporti 330,26 250,54 -24% 
comunicazioni 49,3 40,67 -18% 
istruzione 29,86 13,61 -54% 
tempo libero, cultura e giochi 107,03 51,58 -52% 
altri beni e servizi 190,35 92,12 -52% 
Fonte: Nostre elaborazioni su dati Istat 
Queste evidenze ci portano a pensare che la struttura dei redditi in Sardegna sia fondamentalmente diversa da 
quella media italiana, nel senso che il reddito medio è più basso ma soprattutto vi è meno concentrazione del 
reddito, vi sono cioè meno persone molto ricche, quelle che alzano la media italiana e rendono mediamente 
l’italiano meno povero. Il livello dei consumi medi delle famiglie sarde è di conseguenza costantemente più 
basso rispetto alla media nazionale e, come si vede nella figura che segue, la concentrazione1 dei consumi si 
è molto ridotta rispetto al 2007. In tale anno infatti la concentrazione dei consumi era maggiore che in Italia e 
il livello dell’indice di povertà delle famiglie era più elevato. 
In conclusione la crescita dell’incidenza della povertà relativa nell’Isola si può legare all’incremento della 
soglia di povertà definita a livello nazionale, il contemporaneo ridursi del valore del reddito medio regionale 
rispetto a quello nazionale e la bassa concentrazione dei redditi e dei consumi. 
1 L’indice di Gini (o rapporto di concentrazione di Gini) è la misura sintetica della disuguaglianza più popolare tra gli studiosi di economia. Può 
variare tra 0 e 1: se il reddito è distribuito in modo perfettamente eguale l’indice assume valore 0 (reddito equidistribuito). se, al contrario, tutto il 
reddito è posseduto da una sola famiglia l’indice assume valore 1 (massima concentrazione).
0,324 
Indicatori sulla distribuzione dei consumi 
Omogeneità nella distribuzione dei consumi - indice di Gini 
0,328 0,325 
0,350 
0,330 
0,310 
0,290 
0,270 
Fonte: Nostre elaborazioni su dati Istat 
0,321 
0,325 
0,323 
0,327 
0,324 
0,320 
0,331 
0,338 
0,318 
0,313 
0,291 
0,283 0,288 
0,250 
2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 
Italia Nord-ovest Nord-est Centro Sud Sicilia Sardegna

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Povertà e consumi delle famiglie - Rapporto Caritas 2013

  • 1. Povertà, consumi e statistiche* Non esiste una definizione chiara e univoca del concetto di povertà, ma con questo termine si indica un’ampia serie di situazioni anche molto diverse tra loro. “Povero è infatti il senza dimora, colui che, privo di mezzi di sostentamento, si affida alla carità del prossimo per sopravvivere; povero è chi con una pensione minima non riesce a soddisfare i propri pur limitati bisogni. Povero è anche colui che non riesce ad acquisire i beni e servizi normalmente disponibili per gli individui appartenenti al suo contesto di riferimento. Povero, infine, è colui che non riesce a soddisfare specifici bisogni legati, ad esempio, alla condizione di disabilità. In altre parole, a seconda dei bisogni di volta in volta considerati essenziali, il confine che circoscrive l’universo dei poveri si sposta, individuando forme di povertà via via meno estreme, ma non meno degne di attenzione” [Istat]. Partendo dalla definizione di povertà è possibile quantificare i poveri. L’Istat distingue tra povertà assoluta, legata al livello di vita minimo accettabile, indipendente dalle condizioni di vita prevalenti nel resto della comunità, e povertà relativa che si basa, invece, sull’assunzione che la condizione di un individuo non può essere definita se non a partire dall’ambiente nel quale vive, per cui “persone, famiglie, gruppi di popolazione possono essere considerati poveri quando mancano di risorse per raggiungere quei tipi di alimentazione, partecipare a quelle attività ed avere quelle condizioni di vita e comodità che sono abituali o almeno largamente incoraggiati ed approvati nelle società alle quali appartengono”. Secondo quest’ultima definizione in Sardegna ci sono 147 mila famiglie povere, il 20,7% del totale delle famiglie residenti nell’Isola (dato al 2012, ultimo disponibile), che si traduce in più di 400 mila sardi poveri. Questa percentuale, che misura però solo la diffusione del fenomeno ma non dice nulla su “quanto” siano povere le famiglie, è cresciuta rispetto al passato ed è ormai molto più alta rispetto alla media nazionale ferma all’12,7%. Nel 2003 (primo anno della serie Istat) infatti la percentuale di famiglie sarde povere era simile a quella nazionale: rispettivamente 13,3% in Sardegna e 10,8% la media nazionale, oggi c’è invece un divario evidente: 10 punti percentuali. 30,0 25,0 20,0 15,0 10,0 5,0 0,0 2003 2004 Fonte: Nostre elaborazioni su dati Istat Le fonti ufficiali riferiscono però di un miglioramento, nel periodo in esame, della situazione economica della Sardegna, in alcuni casi anche superiore al resto del Paese. Citiamo come esempio il reddito a disposizione dei sardi: nel 2003 era di 1.080 euro al mese ed è aumentato del 15% arrivando nel 2011 a * A cura di Lucia Schirru, Vispo Srl. 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 Indice di povertà regionale (famiglie) Popolazione che vive in famiglie al di sotto della soglia di povertà (percentuale) Sardegna Italia Mezzogiorno Nord
  • 2. 1.245 euro al mese, mentre nel resto del Paese si partiva da 1.352 euro e grazie all’incremento dell’11% si è giunti a 1.498 euro. Quindi, nonostante il cospicuo incremento, non siamo ancora arrivati al livello medio nazionale. Anche l’occupazione in regione è aumentata in termini relativi più che nel resto d’Italia. Questo dato non si riflette però nella capacità di spesa perché i molti cassaintegrati sardi risultano di fatto ancora occupati ed è quindi plausibile che anche se il numero dei lavoratori, quindi dei percettori di reddito, sia aumentato, l’importo percepito in media si sia abbondantemente ridotto. Non c’è stato invece nessun miglioramento nella capacità di spesa dei percettori di reddito da pensione sardi, considerato che ogni pensionato percepiva (nel 2003) e continua a percepire (nel 2011) il 93% di quanto riceve mediamente un pensionato italiano. Se si considerano i redditi dei contribuenti Irpef (dichiarazioni dei redditi delle persone fisiche) si nota, nel periodo 2005-2011, una iniziale riduzione della distanza tra i redditi degli italiani e quelli dei sardi e poi un nuovo incremento. I redditi medi in regione sono nel 2011 il 90% di quelli medi nazionali. 20.249 20.979 Reddito medio 22.704 22.771 22.891 23.241 23.482 86,6% 86,5% 17.532 18.155 89,3% 89,4% 20.285 20.355 90,2% 20.638 90,0% 89,9% 20.915 21.107 92,0% 91,0% 90,0% 89,0% 88,0% 87,0% 86,0% 85,0% 24.000 23.000 22.000 21.000 20.000 19.000 18.000 17.000 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 Italia Sardegna Percentuale su Italia (asse di destra) Fonte: Nostre elaborazioni su dati Dipartimento delle Finanze Questi dati non sono però sufficienti a giustificare l’incremento della povertà che si è avuto solo nell’Isola e non nel resto dell’Italia considerata nel complesso. La vera risposta si trova analizzando i consumi delle famiglie, unica variabile che l’Istat utilizza per il “calcolo dei poveri”. Tra il 2003 e il 2012 la soglia di povertà relativa, che viene definita solo a livello nazionale per la famiglia “tipo” è aumentata del 13% (da 875 a 991 per due componenti) e sono aumentati anche i consumi familiari, però solo a livello nazionale (+7,8%) registrando invece nell’Isola un calo del 14% - passando quindi da 2.189 euro del 2003 a 1.879 nel 2012. I consumi dei sardi si sono contratti in tutte le voci “non indispensabili”, ma anche, seppure in misura minore nei consumi alimentari. Sono invece aumentate le spese per l’abitazione, compreso combustibili ed energia. La riduzione di tutte le spese superflue, sintomo di “sofferenza economica” ha fatto si che la distanza tra la spesa media familiare dei sardi e la soglia di povertà si sia ridotta a tal punto che molte delle famiglie sarde vi ricadono al di sotto, diventando ufficialmente famiglie povere.
  • 3. 875 Soglia di povertà relativa per due componenti 920 937 1100 1050 1000 950 900 850 Fonte: Nostre elaborazioni su dati Istat 500 400 300 200 100 2.500 2.000 1.500 1.000 500 Fonte: Nostre elaborazioni su dati Istat 970 986 1000 983 992 1011 991 800 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 465 449 453 457 434 480 426 420 477 440 449 453 456 467 466 475 461 467 477 468 0 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 Spese alimentari e bevande Sardegna Italia 1.724 1.725 1.696 1.728 1.593 1.600 1.452 1.450 1.444 1.439 1.858 1.928 1.941 1.994 2.014 2.009 1.981 1.987 2.011 1.951 0 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 Spese non alimentari Sardegna Italia
  • 4. Spesa per consumi delle famiglie (importi medi mensili) e variazione tra il 2003 e il 2012 Gruppo di spesa 2003 2012 Variazione totale 2188,97 1878,78 -14% alimentari e bevande 465,27 440,18 -5% pane e cereali 79,45 79,36 0% carne 100,64 92,56 -8% pesce 43,33 43,96 1% latte, formaggi e uova 57,83 54,5 -6% oli e grassi 19,46 15,01 -23% patate, frutta e ortaggi 85,78 80,45 -6% zucchero, caffè e drogheria 33,89 32,39 -4% bevande 44,89 41,95 -7% non alimentari 1723,7 1438,59 -17% tabacchi 20,25 12,89 -36% abbigliamento e calzature 166,56 114,38 -31% abitazione (principale e secondaria) 484,55 594,56 23% combustibili ed energia 107,35 121,69 13% mobili, elettrod. e servizi per la casa 172,26 81,49 -53% sanità 65,92 65,07 -1% trasporti 330,26 250,54 -24% comunicazioni 49,3 40,67 -18% istruzione 29,86 13,61 -54% tempo libero, cultura e giochi 107,03 51,58 -52% altri beni e servizi 190,35 92,12 -52% Fonte: Nostre elaborazioni su dati Istat Queste evidenze ci portano a pensare che la struttura dei redditi in Sardegna sia fondamentalmente diversa da quella media italiana, nel senso che il reddito medio è più basso ma soprattutto vi è meno concentrazione del reddito, vi sono cioè meno persone molto ricche, quelle che alzano la media italiana e rendono mediamente l’italiano meno povero. Il livello dei consumi medi delle famiglie sarde è di conseguenza costantemente più basso rispetto alla media nazionale e, come si vede nella figura che segue, la concentrazione1 dei consumi si è molto ridotta rispetto al 2007. In tale anno infatti la concentrazione dei consumi era maggiore che in Italia e il livello dell’indice di povertà delle famiglie era più elevato. In conclusione la crescita dell’incidenza della povertà relativa nell’Isola si può legare all’incremento della soglia di povertà definita a livello nazionale, il contemporaneo ridursi del valore del reddito medio regionale rispetto a quello nazionale e la bassa concentrazione dei redditi e dei consumi. 1 L’indice di Gini (o rapporto di concentrazione di Gini) è la misura sintetica della disuguaglianza più popolare tra gli studiosi di economia. Può variare tra 0 e 1: se il reddito è distribuito in modo perfettamente eguale l’indice assume valore 0 (reddito equidistribuito). se, al contrario, tutto il reddito è posseduto da una sola famiglia l’indice assume valore 1 (massima concentrazione).
  • 5. 0,324 Indicatori sulla distribuzione dei consumi Omogeneità nella distribuzione dei consumi - indice di Gini 0,328 0,325 0,350 0,330 0,310 0,290 0,270 Fonte: Nostre elaborazioni su dati Istat 0,321 0,325 0,323 0,327 0,324 0,320 0,331 0,338 0,318 0,313 0,291 0,283 0,288 0,250 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 Italia Nord-ovest Nord-est Centro Sud Sicilia Sardegna