Il Diversity Management oggi è un elemento fondamentale per le aziende. Quali sono i suoi benefici? Come viene valorizzata la diversità nelle aziende italiane? Scoprilo con questo articolo.
Diversity Management: cos'è e qual è la situazione in Italia
1. Diversity Management: cos’è e qual è la situazione
in Italia
Negli ultimi anni si sente spesso parlare di diversità e inclusione sul posto di lavoro,
soprattutto all’interno delle realtà aziendali più innovative e dinamiche, per le quali
costruire un ambiente vario e inclusivo è diventata un’assoluta priorità.
Quando parliamo di Diversity Management parliamo proprio di questo: dell’insieme
delle politiche aziendali volte a gestire la diversità e a promuovere l’inclusività in
relazione a vari elementi, tra cui il genere, l’orientamento sessuale, l’etnia, l’età (le
cosiddette “diversità primarie”) ma anche rispetto al livello di istruzione, allo stile di
vita, alla collocazione geografica (fattori che invece prendono il nome di “diversità
secondarie”).
Perché il Diversity Management è importante per le aziende?
Probabilmente è superfluo precisare che il Diversity Management è un elemento
imprescindibile dal punto di vista della condotta aziendale: un’azienda che esclude
sistematicamente chi non è conforme allo standard è un’azienda che, oltre a precludersi
infinite opportunità, non può definirsi etica.
2. I benefici del Diversity Management, però, non riguardano esclusivamente questo
aspetto: la gestione della diversità, infatti, comporta vantaggi significativi in moltissimi
ambiti aziendali, con ripercussioni molto positive anche dal punto di vista economico.
Ecco alcuni dei principali benefici aziendali del Diversity Management:
1. Incremento della creatività e della produttività
Uno dei vantaggi più evidenti dell’inclusività è che essa comporta necessariamente
un’ampia gamma di prospettive differenti. Una composizione aziendale variegata, che
ha alla base persone con background ed esperienze di vita diverse, si riflette anche sulla
potenziale molteplicità di approcci rispetto all’elaborazione strategica,
all’organizzazione, allo svolgimento delle attività.
Favorendo la condivisione di prospettive differenti, il Diversity Management può essere
considerato un vero e proprio moltiplicatore di idee, il che ha conseguenze tangibili
anche dal punto di vista della produttività.
Secondo uno studio di McKinsey & Company, infatti, le aziende con il più alto indice di
diversità sono anche quelle più performanti. Allo stesso modo, Sandro Castaldo,
3. docente di Marketing presso l’Università Bocconi di Milano, afferma che «le aziende
percepite come inclusive registrano un aumento dei ricavi del 16,7%».
2. Miglioramento della brand reputation e dell’employer branding
Chiaramente, il fatto che un’azienda sia attenta all’inclusione e che abbia un
atteggiamento positivo e aperto nei confronti della diversità non può che avere un
impatto profondamente positivo dal punto di vista della reputazione del brand, che
verrà percepito come più umano, più socialmente responsabile e, essenzialmente, più
buono.
Dal Diversity Brand Summit, evento che si svolge ogni anno a Milano dal 2018, si evince,
infatti, che l’80% dei consumatori preferisce le aziende più inclusive.
La valorizzazione della diversità, inoltre, si riflette positivamente anche sull’employer
branding, vale a dire la reputazione che un’azienda si costruisce in quanto datore di
lavoro. Se il clima aziendale è sereno e accogliente nei confronti di idee, esperienze e
background differenti, infatti, i lavoratori si sentiranno a proprio agio e saranno meno
sottoposti allo stress, il che contribuirà a migliorare la percezione che i dipendenti
hanno del proprio datore di lavoro.
4. 3. Attrazione delle risorse migliori e riduzione del ricambio del personale
Un altro grande vantaggio del Diversity Management è che esso contribuisce a ridurre il
turnover del personale e a selezionare migliori risorse. Il motivo è strettamente
connesso ai punti precedenti: un ambiente lavorativo accogliente, creativo e altamente
performante rappresenta un contesto aziendale ottimale.
Un’azienda con queste caratteristiche, infatti, attrae una più ampia gamma di candidati
(il che consente di selezionare le migliori risorse sul mercato) e aumenta l’engagement
dei dipendenti nei confronti dell’azienda, motivandoli quindi a non “migrare” verso altre
realtà.
Secondo uno studio condotto da Glassdoor, infatti, il 67% delle persone in cerca di
lavoro ritiene l’inclusività un fattore importante nella valutazione delle aziende e
delle offerte lavorative, e il 57% pensa che le aziende dovrebbero impegnarsi più
attivamente nella valorizzazione della diversità.
Da studio condotto da Randstad nel 2020, inoltre, emerge che il 23% dei lavoratori
appartenenti alla Generazione Z ritiene che l’aspetto più importante nella scelta di
un’azienda sia proprio il fatto che questa dia valore alla diversità e all’inclusione.
5. L’evoluzione del Diversity Management in Italia e nel mondo
Negli Stati Uniti si comincia a parlare di gestione della diversità già negli anni ‘80,
quando alcune multinazionali, intuendone le potenzialità, cominciano a mettere in
pratica politiche di inclusione. Nei decenni successivi cresce la consapevolezza in
merito all’importanza delle pratiche aziendali finalizzate alla valorizzazione della
diversità e il modello del Diversity Management comincia a diffondersi
progressivamente anche nel resto del mondo.
In Europa il dibattito sul Diversity Management si fa avanti all’inizio degli anni ‘90, ma le
pratiche connesse alla gestione e valorizzazione della diversità cominciano ad essere
più note e, soprattutto, a essere utilizzate concretamente solo a partire dal decennio
successivo.
Queste pratiche si diffondono rapidamente in gran parte dei paesi dell’Unione Europea:
già nel 2005, infatti, il 48% delle aziende dichiarava di adottare politiche di gestione
della diversità, mentre nel 2019 il 76% affermava di ritenere le politiche di diversità e
inclusione una priorità.
6. Il Diversity Management in Italia
In Italia, però, la situazione era ed è piuttosto diversa: l’indagine del Diversity Lab della
SDA Bocconi del 2014, dal titolo emblematico L’insostenibile ritardo delle imprese
italiane sul fronte della gestione della diversità, rilevava che solo il 21% delle aziende
adottava politiche di gestione della diversità, mentre il 29% delle rimanenti dichiarava
addirittura che non avrebbe mai preso in considerazione la possibilità di adottare
questo tipo di pratiche.
Oggi la situazione è migliorata, ma c’è ancora tantissima strada da fare: ad alcuni dati
positivi - come l’inserimento, nel 2019, di 10 aziende italiane nel Gender-equality Index
stilato da Bloomberg, contro le 4 dell’anno precedente - se ne affiancano altri
decisamente più negativi, come i risultati dell’International Business Report di Grant
Thornton International, che rivelano che solo il 18% delle aziende intervistate ritiene
rilevante avere personale proveniente da Stati diversi e che solo il 30% crede che la
parità di genere sia una questione prioritaria.
Diversità e inclusione: le migliori aziende italiane
Sebbene la situazione italiana dal punto di vista del Diversity Management non sia
ancora ottimale, sarebbe ingiusto non menzionare anche alcuni esempi di aziende
italiane virtuose, che giorno per giorno portano avanti con impegno, passione ed
entusiasmo pratiche e politiche volte a generare un ambiente di lavoro inclusivo,
egualitario e innovativo.
7. Quindi ecco 3 esempi di aziende italiane che brillano per l’ottimo approccio alla
valorizzazione della diversità:
1. TIM
Nel 2019, per il secondo anno consecutivo, è stata riconosciuta dal Diversity & Inclusion
Index elaborato da Refinitiv come l’azienda italiana che attua le migliori politiche dal
punto di vista dell’inclusione, nonché la prima al mondo per quanto riguarda il settore
delle telecomunicazioni.
Sul sito web aziendale, infatti, si legge:
«Abbiamo avviato dal 2009 un percorso per essere un’azienda sempre più inclusiva,
prenderci cura delle nostre persone e incoraggiare il dialogo. Crediamo nella
responsabilità di ognuno e nel contributo di tutti per raggiungere gli obiettivi».
2. Hera
Nello stesso indice, anche Hera si piazza in un’ottima posizione: è la seconda in Italia e
la prima al mondo tra le aziende multiservizio.
Tomaso Tommasi di Vignano, Presidente Esecutivo del Gruppo Hera, commentando
l’ottimo risultato afferma:
“L’impegno per il benessere e lo sviluppo dei nostri dipendenti è uno dei pilastri della
nostra politica aziendale. Per questo, posizionarci ancora una volta tra le migliori
aziende nell’ambito Diversity & Inclusion ci spinge a fare ancora meglio. Continueremo a
impegnarci per mettere questi valori al centro dei percorsi pensati per i nostri
lavoratori e trasversalmente nelle nostre attività, convinti che diffondere una cultura
inclusiva all’interno possa produrre benefici anche per oltre 4 milioni di cittadini che
serviamo ogni giorno.”
3. Salvatore Ferragamo
Anche la celebre casa di moda rientra tra le prime 25 aziende dell’indice stilato da
Refinitiv, piazzandosi proprio alla venticinquesima posizione.
Come si legge nella Inclusion Policy, infatti, l’azienda si impegna a sostenere il
multiculturalismo e la parità di genere in tutti i contesti aziendali, nonché a promuovere
l’uguaglianza, contrastando qualunque tipo di discriminazione basata sull’età, l’origine
etnica, l’orientamento sessuale ecc.
8. Conclusioni
Le aziende italiane impegnate sul fronte dell’inclusione lasciano ben sperare per quanto
riguarda le evoluzioni future del Diversity Management nel nostro paese: il loro esempio
è fondamentale, perché fa da apripista e funge da guida per tutte le altre realtà italiane
che, auspicabilmente, decideranno presto di intraprendere il cammino della difesa e
promozione della diversità; cammino che, come è ormai noto, rappresenta una risorsa
inestimabile che conduce direttamente alla costruzione di un ambiente non solo più
etico, ma anche più creativo, più produttivo e più performante.