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nella stessa cameretta in cui ascoltava le Spice Girls ai tour mondiali con Diplo e Major
Lazer; il fenomeno pop Lukas Graham, dopo l’infanzia di ristrettezze a Christiania, ha
assunto proporzioni tali da diventare un case study per Spotify.
Thomas Rhode, CEO di MXD – Music Export Denmark, racconta come in passato agli
artisti danesi fosse riconosciuta sì una eccellente preparazione tecnica, ma anche una
certa «mancanza di quid»: oggi c’è una nuova generazione di band proiettate verso la
carriera internazionale (il percorso classico vede la Germania come area di test) con una
naturale attitudine alla performance live, che ha fatto la differenza per MØ e Reptyle
Youth ieri, e che sta mettendo in luce oggi Go Go Berlin e Alex Vargas. I new danes
gestiscono la loro carriera a 360 gradi: riflettono, pianificano, migliorano, curano ogni
dettaglio come i costumi e i visual (ricordiamo gli spettacoli di Lucy Love) si evolvono
(Troels Abrahamsen è rinato in Exec, progetto analogico piano e voce dopo una carriera
da producer) cercano un suono personale, come le sperimentazioni sui sample di Den
Sorte Skole. Molto importante è anche l’abitudine alla collaborazione: secondo il
collettivo AV AV AV è proprio per la facilità con cui i vari artisti lavorano insieme che
è entusiasmante far parte della scena danese. Oltre al talento, grazie a cosa emergono
questebanddiragazzi,cresciutinellastessacittadinaoconosciutisitraibanchidiscuola?
I musicisti sono consapevoli dell’importanza dei sussidi statali e dei fondi che possono
richiedere, facilitati dalla dimensione ridotta del loro Paese. «C’è un ottimo sistema di
raccolta delle royalty e le radio hanno una ‘quota danese’ nella loro programmazione: spesso
riesco a non scendere a compromessi con pubblicità e sponsor», spiega Troels Abrahamsen.
I Phlake, duo r&b di Copenaghen, fanno notare che «in Danimarca gli artisti sono
pagati meglio che altrove per i concerti e poi le istituzioni fanno veramente un ottimo lavoro,
Quanti di noi, alla domanda «Cosa sai
del mondo musicale danese?», vedono
materializzarsi solo l’irresistibile e
sguaiato ricordo degli Aqua? Ma oltre
ai successi dell’ondata eurodance di fine
anni Novanta, la patria di Amleto e di
Trentemøller propone molti spunti di
riflessione da cui lasciarsi ispirare.
Da quelle parti giovani e istituzioni non si
trincerano dietro l’assioma «con la cultura
non si mangia»: la musica, infatti, non è
una nicchia di privilegio né un hobby, ma
uninsiemediprofessionirealiequalificate,
un settore in cui investire, una risorsa
per la nazione. In un Paese dove anche
la più piccola cittadina ha il suo festival,
un giovane che dichiara una carriera
nell’industria musicale difficilmente si
sentirà chiedere quale sia il suo altro
lavoro, quello vero. Le ultime generazioni
di artisti danesi sembrano avere percorsi
molto simili verso il successo: MØ, per
esempio, è passata dalle canzoni registrate
SOSTENUTA DALLE ISTITUZIONI, FINANZIATA, CONSIDERATA UNA RISORSA SU CUI INVESTIRE: IN DANIMARCA LA MUSICA È UNA COSA
SERIA, TANTO DA DIVENTARE UN FATTORE PER L’ECONOMIA E L’IDENTITÀ DELLE CITTÀ. ECCO COME FUNZIONA IL SISTEMA DANESE
TESTO E FOTO DI MARTA BACIGALUPO
28.29
LA PENISOLA FELICE DELLA MUSICA
NELLA PAGINA A FIANCO: GLI AV AV AV DURANTE IL LORO LIVE ALL’ULTIMO NORTHSIDE FESTIVAL DELLO SCORSO GIUGNO; SOPRA:
IL PUBBLICO DIVERTITO DURANTE UN’ESIBIZIONE AL NORTHSIDE; SOTTO: IL PALCO DEL GAFFA DURANTE L’ULTIMA EDIZIONE DI SPOT
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30.31
meglio che negli USA, ma c’è comunque moltissima concorrenza». In un quadro generale
di grande fermento e positività, a circa 300 chilometri da Copenaghen c’è in atto una
piccola rivoluzione culturale. Aarhus è una città musicale per tradizione, ma solo oggi
ne sta prendendo coscienza. Jesper Mardahl, una solida carriera nel music business e
fondatore del corso in Music Management alla Royal Accademy of Music, ci racconta
come, attraverso l’associazione Promus e insieme a molte organizzazioni cittadine, si
lavori per istituzionalizzare e valorizzare il posizionamento di questa città. Per Jesper il
recente report di Music Canada e IFPI The Mastering of a Music City è stato una spinta
in più. Le città che crescono più velocemente sono quelle con una scena musicale
attiva, e Aarhus lo è senz’altro. La musica è da sempre un elemento chiave per la capitale
dello Jutland, che ha una lunga tradizione e un forte impatto sulla scena nazionale con
uno specifico sound of Aarhus: circa 2.500 musicisti, più di 40 diversi festival ogni anno
frequentati da oltre 100 mila persone, una enorme varietà di spazi per la musica dal
vivo, dai locali storici come il V58, alle isole musicali di VoxHall e Radar, ai neonati
underground HeadQuarters e Tape, sino alle grandi arene.
Uno dei fattori determinanti, secondo Jesper e secondo gli stessi artisti, è l’istruzione.
Aarhus, una città di 325 mila abitanti, di cui 55 mila studenti, ha una tra le 100
migliori università nel mondo, la Royal Accademy of Music. La sua popolazione è
giovanissima, con un’età media di 37,5 anni. Conseguenza naturale è la creazione di
nuove realtà che, sin dai primi anni Ottanta, grazie a uno spirito DIY cresciuto anche
in contrapposizione alla capitale, hanno portato la seconda città di Danimarca a
imporsi come “music city”. Qui sono nati Gaffa, una incredibile free press che è ancora
oggi il principale magazine musicale nazionale; la Genlyd Records, etichetta fondata
dagli Gnags, una band allora senza contratto; lo SPOT, un festival che, con quasi
200 concerti in tre giorni, è il principale showcase per le band scandinave ma è anche
una piattaforma di networking e conferenze per fare il punto sull’industria musicale;
NorthSide, il festival sostenibile che è cresciuto da evento locale a grande kermesse
in soli sei anni; Sound Harbour, un nuovo aggregatore di studi di registrazione.
Promus lavora insieme a una vasta rete di organizzazioni (come il ROSA, da 30
anni il fondo per il rock danese) e, forte
delle specificità locali, ha iniziato una
mappatura di tutte le realtà che operano
in campo musicale: ne è risultato un
indotto del valore di quasi due miliardi
di corone danesi (circa 270 milioni di
euro). Un patrimonio da valorizzare
strategicamente per fronteggiare i
cambiamenti e le trasformazioni, in un
Paese in cui il consumo musicale è per
quasi il 90% streaming (fonte: IFPI,
dato del 2015). Oggi sono molte le
realtà che nascono cavalcando questa
consapevolezza: come la startup Merch
City, una piattaforma che si occupa del
merchandise delle band, o Know Their
Name, un’agenzia creativa specializzata in
branding e marketing musicale. Ma anche
aziende locali operanti in altri ambiti
sembrano cogliere i segnali della città:
una enorme affissione di una software
company all’ingresso del NorthSide
Festival, recitava: «Goditi il festival, unisciti
a noi lunedì».
È lecito chiedersi perché tutto ciò accada
qui e non altrove. Lo riassume bene lo
slogan dell’ultima edizione di uno dei suoi
festival, lo SPOT: «You could have been
anywhere in the world, but you are here».
INQUESTAPAGINA:ALCUNIPARTECIPANTIALLOSPOTFESTIVALDURANTEUNAPAUSATRAUNEVENTOEL’ALTRODELRICCOCALENDARIO;
NELLA PAGINA A FIANCO: IL DESIGN DANESE SI MOSTRA ANCHE DURANTE I TANTI EVENTI MUSICALI ORGANIZZATI IN TUTTA LA PENISOLA

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WU#70_MUSICA_DANIMARCA (1)

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  • 2. NELLA PAGINA A FIANCO: GLI AV AV AV DURANTE IL LORO LIVE ALL’ULTIMO NORTHSIDE FESTIVAL DELLO SCORSO GIUGNO; SOPRA: IL PUBBLICO DIVERTITO DURANTE UN’ESIBIZIONE AL NORTHSIDE; SOTTO: IL PALCO DEL GAFFA DURANTE L’ULTIMA EDIZIONE DI SPOT
  • 4. meglio che negli USA, ma c’è comunque moltissima concorrenza». In un quadro generale di grande fermento e positività, a circa 300 chilometri da Copenaghen c’è in atto una piccola rivoluzione culturale. Aarhus è una città musicale per tradizione, ma solo oggi ne sta prendendo coscienza. Jesper Mardahl, una solida carriera nel music business e fondatore del corso in Music Management alla Royal Accademy of Music, ci racconta come, attraverso l’associazione Promus e insieme a molte organizzazioni cittadine, si lavori per istituzionalizzare e valorizzare il posizionamento di questa città. Per Jesper il recente report di Music Canada e IFPI The Mastering of a Music City è stato una spinta in più. Le città che crescono più velocemente sono quelle con una scena musicale attiva, e Aarhus lo è senz’altro. La musica è da sempre un elemento chiave per la capitale dello Jutland, che ha una lunga tradizione e un forte impatto sulla scena nazionale con uno specifico sound of Aarhus: circa 2.500 musicisti, più di 40 diversi festival ogni anno frequentati da oltre 100 mila persone, una enorme varietà di spazi per la musica dal vivo, dai locali storici come il V58, alle isole musicali di VoxHall e Radar, ai neonati underground HeadQuarters e Tape, sino alle grandi arene. Uno dei fattori determinanti, secondo Jesper e secondo gli stessi artisti, è l’istruzione. Aarhus, una città di 325 mila abitanti, di cui 55 mila studenti, ha una tra le 100 migliori università nel mondo, la Royal Accademy of Music. La sua popolazione è giovanissima, con un’età media di 37,5 anni. Conseguenza naturale è la creazione di nuove realtà che, sin dai primi anni Ottanta, grazie a uno spirito DIY cresciuto anche in contrapposizione alla capitale, hanno portato la seconda città di Danimarca a imporsi come “music city”. Qui sono nati Gaffa, una incredibile free press che è ancora oggi il principale magazine musicale nazionale; la Genlyd Records, etichetta fondata dagli Gnags, una band allora senza contratto; lo SPOT, un festival che, con quasi 200 concerti in tre giorni, è il principale showcase per le band scandinave ma è anche una piattaforma di networking e conferenze per fare il punto sull’industria musicale; NorthSide, il festival sostenibile che è cresciuto da evento locale a grande kermesse in soli sei anni; Sound Harbour, un nuovo aggregatore di studi di registrazione. Promus lavora insieme a una vasta rete di organizzazioni (come il ROSA, da 30 anni il fondo per il rock danese) e, forte delle specificità locali, ha iniziato una mappatura di tutte le realtà che operano in campo musicale: ne è risultato un indotto del valore di quasi due miliardi di corone danesi (circa 270 milioni di euro). Un patrimonio da valorizzare strategicamente per fronteggiare i cambiamenti e le trasformazioni, in un Paese in cui il consumo musicale è per quasi il 90% streaming (fonte: IFPI, dato del 2015). Oggi sono molte le realtà che nascono cavalcando questa consapevolezza: come la startup Merch City, una piattaforma che si occupa del merchandise delle band, o Know Their Name, un’agenzia creativa specializzata in branding e marketing musicale. Ma anche aziende locali operanti in altri ambiti sembrano cogliere i segnali della città: una enorme affissione di una software company all’ingresso del NorthSide Festival, recitava: «Goditi il festival, unisciti a noi lunedì». È lecito chiedersi perché tutto ciò accada qui e non altrove. Lo riassume bene lo slogan dell’ultima edizione di uno dei suoi festival, lo SPOT: «You could have been anywhere in the world, but you are here». INQUESTAPAGINA:ALCUNIPARTECIPANTIALLOSPOTFESTIVALDURANTEUNAPAUSATRAUNEVENTOEL’ALTRODELRICCOCALENDARIO; NELLA PAGINA A FIANCO: IL DESIGN DANESE SI MOSTRA ANCHE DURANTE I TANTI EVENTI MUSICALI ORGANIZZATI IN TUTTA LA PENISOLA