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Quando il coaching diviene Comunità di Pratiche

di Maura Di Mauro*


       Sempre di più, negli ultimi anni, vengono attivate comunità di pratiche (Wenger,
1998; 2000) come strumenti di formazione riflessiva ed esperienziale1. Di fatto, si tratta
della costituzione di gruppi, i cui membri condividono un reciproco impegno (anche
emotivo), rispetto a cose da fare e a come organizzare le proprie interazioni, in
considerazione di un'impresa condivisa, o di obiettivi, che possono essere costruiti anche
nel tempo, a partire dall'impegno reciprocamente condiviso e dalle interazioni.
       I membri di una comunità di pratiche imparano l'uno dall'altro (l'apprendimento è di
tipo cooperativo), condividendo e generando conoscenza (collettiva), ed una serie di
risorse (o un repertorio condiviso): un lessico, delle regole, delle azioni, delle
“conversazioni” routinarie, degli strumenti, delle interpretazioni,... (Zucchermaglio, 2002).
Attraverso le loro interazioni (face-to-face o virtuali), la condivisione di esperienze
concrete, di racconti o di casi, i partecipanti delle comunità di pratiche riflettono sulle
proprie pratiche professionali: sopratutto su quelle pratiche di tipo complesso, che non
possono essere messe in atto solo in modo prescrittivo, ma che, al fine di diventare
esperti, possono necessitare di maggiore comprensione e/o elaborazione. La
partecipazione ad una comunità di pratiche permette, di conseguenza, una maggiore
comprensione rispetto a come poter migliorare le proprie pratiche professionali, e al tempo
stesso l'agire il proprio ruolo.

       Una delle pratiche della professione formatore, è oggi costituita dal coaching.
       Negli ultimi anni, infatti, anche in Italia, la pratica del coaching si è sviluppata come
uno dei nuovi strumenti e dei paradigmi della formazione; come una metodologia
alternativa alla formazione d'aula - che spesso non riesce ad incidere gran che,
sull'impegno efficace nella quotidianeità lavorativa o extralavorativa delle persone –,
sempre più personalizzata, e che si pone al servizio di persone (coachee), gruppi e
organizzazioni, per aiutarli nella realizzazione del proprio sviluppo e nella riuscita dei
propri progetti.
       Esistono numerose scuole di formazione e decine di associazioni professionali che
ogni anno formano nuovi coach “professionisti”. E sono sempre di più i formatori, e/o i
consulenti, che sono coach, o anche coach; che impiegano tecniche di coaching o
vendono attività di coaching o similari (impropriamente, infatti, le logiche del mercato non
fanno alcuna distinzione, talvolta, tra le attività di coaching, counselling, mentoring e
tutoring, e di conseguenza tra i ruoli di coach, cousellor, mentor e tutor2).
        Per far chiarezza su queste problematiche, anche l'Associazione Italiana Formatori
(parallelamente ad altre associazioni nazionali ed internazionali che si occupano


* Formatrice e consulente freelance, specializzata sui temi della gestione delle differenze e dello
sviluppo delle persone. Master in Practitioner Coaching PNL. Collabora con alcune Università, in
Italia e all'estero, nella gestione di laboratori di comunicazione e management interculturale. E'
consigliera del Direttivo AIF Lombardia e socia fondatrice di SIETAR Italia.

1 Si veda anche l'articolo di Adelaide Sonatore in “Learning News”, n.3 anno IV, marzo 2010 e la Comunità
di Pratiche di autoformazione: confronto degli approcci centrati sulla persona, attivata all'interno del
programma AIF Lazio 2010 (si veda il sito:http://www.aifonline.it/files/delegazioniregionali_programma_9.pdf)
2 Per un approfondimento su tale argomento si veda: E. Crispino, Un confronto costituzionale tra approcci.
In Albano T.,Gulimanoska L. (2006), La Psicologia del Coaching. Un modello efficace per le dipendenze.
Edizioni Kappa, Roma; S.Cuomo e al. (2005), Oltre l’aula: i servizi one-to-one, “Economia&Management”, 6.
esclusivamente di coaching3) ha iniziato ad interessarsi e ad interrogarsi, già da qualche
anno, sulle pratiche del coaching: le metodologie, gli approcci, gli strumenti, le potenzialità
ed i limiti di questa attività formativa, rispetto ad altre metodologie di formazione4.

         Un coach è (o dovrebbe essere) un professionista che si occupa di facilitare, o di
catalizzare, processi di cambiamento che attengono alla sfera personale (life coaching) o
professionale (businness, corporate o executive coaching) delle persone. Il coach si
occupa di persone “sane”, non di disagi psichici (e questo ambito di intervento lo distingue
da altre pratiche, ad esempio dalla psicoterapia); anche se talvolta il confine non è così
definito, quindi un coach deve comprendere qual è il limite del suo intervento.
         Attraverso incontri individuali (one-to-one) o di gruppo, face-to-face, via telefono o
via skype, l'impiego di tecniche specifiche e un approccio maieutico, il coach mette al
servizio la sua professionalità per supportare il proprio cliente nel raggiungimento di elevati
livelli di performance, nell'acquisire maggiore consapevolezza e nel far emergere il meglio
di sé; nell'individuazione di nuove ed efficaci soluzioni alle proprie problematiche, e nel
monitoraggio dell’effettiva realizzazione; nel suo processo di autosviluppo, di
trasformazione di sé, il proprio modo di pensare, di agire, di essere.
         Il coach non fornisce soluzioni; non ha obbiettivi preordinati da proporre al cliente;
non insegna né trasmette nozioni; non manipola la libertà di scelta; non propone un
proprio modello di comportamento, né un proprio stile di vita. Il coach accoglie, ascolta in
modo attivo ed empatico il suo cliente, e lo stimola nell'individuare e nel chiarire i propri
obiettivi; lo sostiene nel redigere e nell'attuare un piano di azione, che gli permetta di
realizzare i propri obiettivi nei tempi che ha stabilito (Crispino, 2007).

        AIF Lombardia, sin dal 2005 ha organizzato diversi workshop (destinati sia a figure
senior che junior) di rilievo nazionale e/o regionale5, che, per l'alto numero di iscritti e la
qualità della partecipazione, avevano permesso di riscontrare un'alta domanda formativa
su questa pratica.
        E' sufficiente una certificazione per essere coach efficaci? Il coach è spesso una
pratica individuale, in cui mancano i momenti di confronto o di supervisione; chi garantisce
la gestione delle dinamiche di transfert e di controtransfert e la correttezza delle pratica
messa in atto? La relazione di coaching (in particolare nell'executive, nel business o nel
corporate coaching)coinvolge spesso attori che contornano la relazione one-to-one, e che
rendono la gestione della relazione più complessa e stressante; come gestire le diverse
pressioni? Come garantire risultati tangibili, alla persona e all'azienda?
Queste e molte altre domande, riguardanti le zone cieche del coach, aspetti metodologici,
di tipo etico o di immagine di questa attività professionale, hanno spinto alla creazione di
una comunità di pratiche di coaching.

         Al fine di creare un'opportunità di crescita professionale e di supervisione per chi,
tra i formatori, si occupa di coaching, all'interno del programma di formazione AIF 2010 (in
3 Ad esempio l’Associazione italian coaching professionisti, l'International Coach Federation (ICF),
l’International Association of Coaching (IAC).
4 AIF considera il coaching una metodologia importante per “fare formazione”, al punto da inserire la
certificazione sul coaching come una delle "pratiche" che si stanno aggiungendo alle certificazioni già ora in
essere.
5 Progettati e organizzati da Sergio Di Giorgi e Renato Bisceglie e condotti da Sheyla Rega e Paola Lunghi.
Ricordiamo i workshop: Coach e Formatori. Un possibile percorso evolutivo (10 marzo 2005; si veda
l’articolo di S.Di Giorgi, P.Lunghi, S.Rega su “FOR”, n. 66, gennaio-marzo 2006); Le zone grigie del
Business Coaching: rischi ed opportunità del coaching nelle organizzazioni (Milano, 10 aprile 2008;
Promuovere il coaching nelle organizzazioni: input efficaci per avere successo (Milano, 16 ottobre 2008). I
resoconti di questi ultimi due workshop, a cura di P.Lunghi e S.Rega sono apparsi su “Learning News”,
rispettivamente nel maggio e nel dicembre 2008. Sul tema si veda anche, R.Bisceglie, Coaching: necessità
o moda? Riflessioni e approfondimenti sul tema, “Learning News”, luglio 2008.
particolare nel programma rivolto alla formazione formatori senior) è presente un percorso
di comunità pratiche sul coaching.

       Il merito dell'attivazione della comunità di pratiche di coaching di AIF si deve a
Sheyla Rega: coach specializzata in Executive e Team coaching, che da anni facilita
percorsi di crescita professionale e personale rivolti a dirigenti, manager, imprenditori; è
esperta in formazione e supervisione coach, e autrice del libro, edito da Franco Angeli,
“Dal business coaching al coaching etico”.
       Sheyla è anche la facilitatrice di questa comunità di pratiche, che si è incontrata per
la prima volta a Milano il 5 marzo 2010, ed è costituita da: Simonetta Bartorelli, Anna
Bortoluzzi, Teresella Consonni, Susanna Coppolecchia, Maura Di Mauro, Cinzia Garetto,
Roberto Gioria, Stefania Giorgi.
       I membri di questa comunità di pratiche provengono da diversi background formativi
(hanno diverse tipologie di certificazioni di scuole di coaching o di counselling, il che
permette la riflessione tra sovrapposizioni e confini professionali) ed esperienze
professionali. Motivazioni e desideri che hanno spinto i membri all'iscrizione e all'impegno
con la comunità di pratiche di coaching sono: la ricerca di un confronto rispetto alla propria
pratica professionale, sui dubbi che possono emergere nella pratica “solitaria” e sulle zone
grige del coaching; l'acquisizione di nuove tecniche e l'ampliamento della propria cassetta
degli attrezzi; la possibilità di contaminazioni, di continuità e di consolidamento delle
pratiche di coaching, all'interno e all'esterno, della community.
       L'eterogeneità della composizione di questa comunità è indubbiamente una
ricchezza: per le esperienze che si possono condividere, e per la molteplicità delle “lenti”
con cui poter osservare ed interpretare casi ed eventi: chi si occupa di businness coaching
potrà trovare una lente in più, per la comprensione del proprio cliente, attraverso uno
sguardo da parte di chi si occupa di life coaching (e viceversa); chi proviene da
un'approccio PNL al coaching, potrà trovare utili e alternativi strumenti nell'analisi
transazionale, nell'approccio rogersiano, gestaltico o nel self-empowerment,...

        La comunità di pratiche di coaching si articolerà in cinque incontri. I prossimi incontri
saranno il 7 aprile, il 25 giugno, il 17 settembre, il 15 novembre 2010. Un prerequisito per
la partecipazione alla community era il reciproco impegno nella partecipazione
continuativa e attiva a tutti gli incontri a calendario.
        Ogni incontro sarà suddiviso in due sessioni: la sessione del mattino e la sessione
del pomeriggio. Una delle due sessioni sarà dedicata al confronto su alcuni aspetti o temi
importanti (che il gruppo ha deciso nella prima giornata di lavoro) attraverso modalità
formative quali:
− Train the coach: autoformazione attraverso lo scambio di metodologie e di strumenti;
− Tavole rotonde o discussione su uno specifico argomento;
− Mentoring: passaggio di esperienza, su richiesta, su attività e/o relazioni di coaching in
    specifici contesti situazionali (le tariffe, la stipulazione di un contratto, la gestione della
    relazione tripartitica,...).
        La seconda sessione giornaliera sarà invece dedicata alla condivisione di
un'esperienza di coaching o di un caso, e alla supervisione da parte del gruppo, attraverso
le modalità formative del:
− Coach the coach: sessioni di supervisione su un caso portato da un membro;
− Confronto attraverso lenti diverse: i diversi sguardi dei possibili attori in gioco, o i
    modelli di osservazione e di interpretazione della relazione delle diverse scuole o
    approcci (ad esempio tramite lo sguardo di vittima, persecutore, salvatore, o di
    genitore, bambino, adulto dell'analisi transazionale; oppure il metamodello della
    PNL,...)
Nella prima giornata di lavoro, oltre alla conoscenza e alla condivisione di un
metodo di lavoro, si è costruita un'ipotesi di calendario in considerazione degli interessi
emersi. Nel secondo incontro, che si terrà il 7 aprile, si inzierà con la sessione dedicata
alla supervisione di un caso, e con una sessione di confronto su “I metodi di gestione della
sessione: quali variabili? Il 25 giugno, invece, la sessione di confronto sarà dedicata al
“ROI del coaching”. Mentre, per gli altri due incontri, gli argomenti di confronto verranno
definiti in itinere.



Riferimenti bibliografici

Crispino, E. (2007), Professione Coach. Una sfida, un’opportunità, in “Psico-Pratika” n. 32.
Rega S. (2006), Dal business coaching al coaching etico, Franco Angeli.
Zucchermaglio, C. (2002), Psicologia dei gruppi, Carocci.
Wenger, E. (2000), Communities of Practice and Social Leaning Systems, in
“Organization”, 7, 2, pp. 246-67.
Wenger, E., (1998), Communities of Practice. Learning, Mening and Identity, Cambridge
University Press.

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Coaching Comunità Di Pratiche Articolo Marzo 2010

  • 1. Quando il coaching diviene Comunità di Pratiche di Maura Di Mauro* Sempre di più, negli ultimi anni, vengono attivate comunità di pratiche (Wenger, 1998; 2000) come strumenti di formazione riflessiva ed esperienziale1. Di fatto, si tratta della costituzione di gruppi, i cui membri condividono un reciproco impegno (anche emotivo), rispetto a cose da fare e a come organizzare le proprie interazioni, in considerazione di un'impresa condivisa, o di obiettivi, che possono essere costruiti anche nel tempo, a partire dall'impegno reciprocamente condiviso e dalle interazioni. I membri di una comunità di pratiche imparano l'uno dall'altro (l'apprendimento è di tipo cooperativo), condividendo e generando conoscenza (collettiva), ed una serie di risorse (o un repertorio condiviso): un lessico, delle regole, delle azioni, delle “conversazioni” routinarie, degli strumenti, delle interpretazioni,... (Zucchermaglio, 2002). Attraverso le loro interazioni (face-to-face o virtuali), la condivisione di esperienze concrete, di racconti o di casi, i partecipanti delle comunità di pratiche riflettono sulle proprie pratiche professionali: sopratutto su quelle pratiche di tipo complesso, che non possono essere messe in atto solo in modo prescrittivo, ma che, al fine di diventare esperti, possono necessitare di maggiore comprensione e/o elaborazione. La partecipazione ad una comunità di pratiche permette, di conseguenza, una maggiore comprensione rispetto a come poter migliorare le proprie pratiche professionali, e al tempo stesso l'agire il proprio ruolo. Una delle pratiche della professione formatore, è oggi costituita dal coaching. Negli ultimi anni, infatti, anche in Italia, la pratica del coaching si è sviluppata come uno dei nuovi strumenti e dei paradigmi della formazione; come una metodologia alternativa alla formazione d'aula - che spesso non riesce ad incidere gran che, sull'impegno efficace nella quotidianeità lavorativa o extralavorativa delle persone –, sempre più personalizzata, e che si pone al servizio di persone (coachee), gruppi e organizzazioni, per aiutarli nella realizzazione del proprio sviluppo e nella riuscita dei propri progetti. Esistono numerose scuole di formazione e decine di associazioni professionali che ogni anno formano nuovi coach “professionisti”. E sono sempre di più i formatori, e/o i consulenti, che sono coach, o anche coach; che impiegano tecniche di coaching o vendono attività di coaching o similari (impropriamente, infatti, le logiche del mercato non fanno alcuna distinzione, talvolta, tra le attività di coaching, counselling, mentoring e tutoring, e di conseguenza tra i ruoli di coach, cousellor, mentor e tutor2). Per far chiarezza su queste problematiche, anche l'Associazione Italiana Formatori (parallelamente ad altre associazioni nazionali ed internazionali che si occupano * Formatrice e consulente freelance, specializzata sui temi della gestione delle differenze e dello sviluppo delle persone. Master in Practitioner Coaching PNL. Collabora con alcune Università, in Italia e all'estero, nella gestione di laboratori di comunicazione e management interculturale. E' consigliera del Direttivo AIF Lombardia e socia fondatrice di SIETAR Italia. 1 Si veda anche l'articolo di Adelaide Sonatore in “Learning News”, n.3 anno IV, marzo 2010 e la Comunità di Pratiche di autoformazione: confronto degli approcci centrati sulla persona, attivata all'interno del programma AIF Lazio 2010 (si veda il sito:http://www.aifonline.it/files/delegazioniregionali_programma_9.pdf) 2 Per un approfondimento su tale argomento si veda: E. Crispino, Un confronto costituzionale tra approcci. In Albano T.,Gulimanoska L. (2006), La Psicologia del Coaching. Un modello efficace per le dipendenze. Edizioni Kappa, Roma; S.Cuomo e al. (2005), Oltre l’aula: i servizi one-to-one, “Economia&Management”, 6.
  • 2. esclusivamente di coaching3) ha iniziato ad interessarsi e ad interrogarsi, già da qualche anno, sulle pratiche del coaching: le metodologie, gli approcci, gli strumenti, le potenzialità ed i limiti di questa attività formativa, rispetto ad altre metodologie di formazione4. Un coach è (o dovrebbe essere) un professionista che si occupa di facilitare, o di catalizzare, processi di cambiamento che attengono alla sfera personale (life coaching) o professionale (businness, corporate o executive coaching) delle persone. Il coach si occupa di persone “sane”, non di disagi psichici (e questo ambito di intervento lo distingue da altre pratiche, ad esempio dalla psicoterapia); anche se talvolta il confine non è così definito, quindi un coach deve comprendere qual è il limite del suo intervento. Attraverso incontri individuali (one-to-one) o di gruppo, face-to-face, via telefono o via skype, l'impiego di tecniche specifiche e un approccio maieutico, il coach mette al servizio la sua professionalità per supportare il proprio cliente nel raggiungimento di elevati livelli di performance, nell'acquisire maggiore consapevolezza e nel far emergere il meglio di sé; nell'individuazione di nuove ed efficaci soluzioni alle proprie problematiche, e nel monitoraggio dell’effettiva realizzazione; nel suo processo di autosviluppo, di trasformazione di sé, il proprio modo di pensare, di agire, di essere. Il coach non fornisce soluzioni; non ha obbiettivi preordinati da proporre al cliente; non insegna né trasmette nozioni; non manipola la libertà di scelta; non propone un proprio modello di comportamento, né un proprio stile di vita. Il coach accoglie, ascolta in modo attivo ed empatico il suo cliente, e lo stimola nell'individuare e nel chiarire i propri obiettivi; lo sostiene nel redigere e nell'attuare un piano di azione, che gli permetta di realizzare i propri obiettivi nei tempi che ha stabilito (Crispino, 2007). AIF Lombardia, sin dal 2005 ha organizzato diversi workshop (destinati sia a figure senior che junior) di rilievo nazionale e/o regionale5, che, per l'alto numero di iscritti e la qualità della partecipazione, avevano permesso di riscontrare un'alta domanda formativa su questa pratica. E' sufficiente una certificazione per essere coach efficaci? Il coach è spesso una pratica individuale, in cui mancano i momenti di confronto o di supervisione; chi garantisce la gestione delle dinamiche di transfert e di controtransfert e la correttezza delle pratica messa in atto? La relazione di coaching (in particolare nell'executive, nel business o nel corporate coaching)coinvolge spesso attori che contornano la relazione one-to-one, e che rendono la gestione della relazione più complessa e stressante; come gestire le diverse pressioni? Come garantire risultati tangibili, alla persona e all'azienda? Queste e molte altre domande, riguardanti le zone cieche del coach, aspetti metodologici, di tipo etico o di immagine di questa attività professionale, hanno spinto alla creazione di una comunità di pratiche di coaching. Al fine di creare un'opportunità di crescita professionale e di supervisione per chi, tra i formatori, si occupa di coaching, all'interno del programma di formazione AIF 2010 (in 3 Ad esempio l’Associazione italian coaching professionisti, l'International Coach Federation (ICF), l’International Association of Coaching (IAC). 4 AIF considera il coaching una metodologia importante per “fare formazione”, al punto da inserire la certificazione sul coaching come una delle "pratiche" che si stanno aggiungendo alle certificazioni già ora in essere. 5 Progettati e organizzati da Sergio Di Giorgi e Renato Bisceglie e condotti da Sheyla Rega e Paola Lunghi. Ricordiamo i workshop: Coach e Formatori. Un possibile percorso evolutivo (10 marzo 2005; si veda l’articolo di S.Di Giorgi, P.Lunghi, S.Rega su “FOR”, n. 66, gennaio-marzo 2006); Le zone grigie del Business Coaching: rischi ed opportunità del coaching nelle organizzazioni (Milano, 10 aprile 2008; Promuovere il coaching nelle organizzazioni: input efficaci per avere successo (Milano, 16 ottobre 2008). I resoconti di questi ultimi due workshop, a cura di P.Lunghi e S.Rega sono apparsi su “Learning News”, rispettivamente nel maggio e nel dicembre 2008. Sul tema si veda anche, R.Bisceglie, Coaching: necessità o moda? Riflessioni e approfondimenti sul tema, “Learning News”, luglio 2008.
  • 3. particolare nel programma rivolto alla formazione formatori senior) è presente un percorso di comunità pratiche sul coaching. Il merito dell'attivazione della comunità di pratiche di coaching di AIF si deve a Sheyla Rega: coach specializzata in Executive e Team coaching, che da anni facilita percorsi di crescita professionale e personale rivolti a dirigenti, manager, imprenditori; è esperta in formazione e supervisione coach, e autrice del libro, edito da Franco Angeli, “Dal business coaching al coaching etico”. Sheyla è anche la facilitatrice di questa comunità di pratiche, che si è incontrata per la prima volta a Milano il 5 marzo 2010, ed è costituita da: Simonetta Bartorelli, Anna Bortoluzzi, Teresella Consonni, Susanna Coppolecchia, Maura Di Mauro, Cinzia Garetto, Roberto Gioria, Stefania Giorgi. I membri di questa comunità di pratiche provengono da diversi background formativi (hanno diverse tipologie di certificazioni di scuole di coaching o di counselling, il che permette la riflessione tra sovrapposizioni e confini professionali) ed esperienze professionali. Motivazioni e desideri che hanno spinto i membri all'iscrizione e all'impegno con la comunità di pratiche di coaching sono: la ricerca di un confronto rispetto alla propria pratica professionale, sui dubbi che possono emergere nella pratica “solitaria” e sulle zone grige del coaching; l'acquisizione di nuove tecniche e l'ampliamento della propria cassetta degli attrezzi; la possibilità di contaminazioni, di continuità e di consolidamento delle pratiche di coaching, all'interno e all'esterno, della community. L'eterogeneità della composizione di questa comunità è indubbiamente una ricchezza: per le esperienze che si possono condividere, e per la molteplicità delle “lenti” con cui poter osservare ed interpretare casi ed eventi: chi si occupa di businness coaching potrà trovare una lente in più, per la comprensione del proprio cliente, attraverso uno sguardo da parte di chi si occupa di life coaching (e viceversa); chi proviene da un'approccio PNL al coaching, potrà trovare utili e alternativi strumenti nell'analisi transazionale, nell'approccio rogersiano, gestaltico o nel self-empowerment,... La comunità di pratiche di coaching si articolerà in cinque incontri. I prossimi incontri saranno il 7 aprile, il 25 giugno, il 17 settembre, il 15 novembre 2010. Un prerequisito per la partecipazione alla community era il reciproco impegno nella partecipazione continuativa e attiva a tutti gli incontri a calendario. Ogni incontro sarà suddiviso in due sessioni: la sessione del mattino e la sessione del pomeriggio. Una delle due sessioni sarà dedicata al confronto su alcuni aspetti o temi importanti (che il gruppo ha deciso nella prima giornata di lavoro) attraverso modalità formative quali: − Train the coach: autoformazione attraverso lo scambio di metodologie e di strumenti; − Tavole rotonde o discussione su uno specifico argomento; − Mentoring: passaggio di esperienza, su richiesta, su attività e/o relazioni di coaching in specifici contesti situazionali (le tariffe, la stipulazione di un contratto, la gestione della relazione tripartitica,...). La seconda sessione giornaliera sarà invece dedicata alla condivisione di un'esperienza di coaching o di un caso, e alla supervisione da parte del gruppo, attraverso le modalità formative del: − Coach the coach: sessioni di supervisione su un caso portato da un membro; − Confronto attraverso lenti diverse: i diversi sguardi dei possibili attori in gioco, o i modelli di osservazione e di interpretazione della relazione delle diverse scuole o approcci (ad esempio tramite lo sguardo di vittima, persecutore, salvatore, o di genitore, bambino, adulto dell'analisi transazionale; oppure il metamodello della PNL,...)
  • 4. Nella prima giornata di lavoro, oltre alla conoscenza e alla condivisione di un metodo di lavoro, si è costruita un'ipotesi di calendario in considerazione degli interessi emersi. Nel secondo incontro, che si terrà il 7 aprile, si inzierà con la sessione dedicata alla supervisione di un caso, e con una sessione di confronto su “I metodi di gestione della sessione: quali variabili? Il 25 giugno, invece, la sessione di confronto sarà dedicata al “ROI del coaching”. Mentre, per gli altri due incontri, gli argomenti di confronto verranno definiti in itinere. Riferimenti bibliografici Crispino, E. (2007), Professione Coach. Una sfida, un’opportunità, in “Psico-Pratika” n. 32. Rega S. (2006), Dal business coaching al coaching etico, Franco Angeli. Zucchermaglio, C. (2002), Psicologia dei gruppi, Carocci. Wenger, E. (2000), Communities of Practice and Social Leaning Systems, in “Organization”, 7, 2, pp. 246-67. Wenger, E., (1998), Communities of Practice. Learning, Mening and Identity, Cambridge University Press.