1. Trattati di libero scambio
bilaterali e Doha Round
Monica Di Sisto,
vicepresidente [Fairwatch]
la fitta agenda europea di
liberalizzazione dei mercati
2. La mano invisibile…
(1750 e oggi)
870 milioni di persone - una su
otto - nel biennio 2010-2012 hanno
sofferto di malnutrizione cronica
48 Paesi della Terra, 33 in Africa,
14 in Asia e nel Pacifico e uno in
America Latina e Caraibi, Haiti, il
13% della popolazione mondiale,
sopravvivono con meno di 1 dollaro
al giorno (LDCs)
Mancano all’appello 200 milioni
di posti di lavoro, ivi compresi i
27 milioni di nuovi disoccupati
dall’inizio della crisi. 74,8
milioni sono giovani.
l’80% dei lavoratori nell’Africa
sub sahariana e dell’Asia
meridionale sono “working
poor”.
3. Trade not aid: davvero?
Trade: il commercio globale cresce nel 2011
del 5.0%, nel 2010 era il 13.8%, ed è cresciuto
del 2% nel 2012. Nel 2013 ci si aspetta di
tornare al 3%
Le esportazioni delle economie sviluppate sono
cresciute del 4,7% e quelle in via di sviluppo
del 5,4%.
In Africa le importazioni sono cresciute del
5.0%
Si prevede per il mondo in via di sviluppo nel
suo complesso che le importazioni crescano del
6.2%
Gli aiuti, bontà nostra, calano: l’Ocse/Dac
registra un crollo globale del 3,3% negli
aiuti ai Paesi piu' poveri da parte dei Paesi
donatori. Taglio che per i Paesi dell'area
euro arriva al 6,4% rispetto al 2010.
4. Le bon élève: a quale prezzo?
FMI e BM hanno imposto dopo gli anni
Ottanta ai Paesi più poveri la cura: meno
Stato, più mercato
i costi sostenuti a seguito della
riduzione o dello smantellamento degli
strumenti pubblici a sostegno del
mercato interno dei Paesi dell'Africa
Sub-Sahariana nel ventennio 1980-
2000 sono stati di 272 miliardi di
dollari
una cifra di circa 70 miliardi di dollari,
superiore all'ammontare complessivo
del debito estero stimato verso
creditori pubblici per i Paesi del
continente.
5. Una bella favola: l’International
Trade Organization
La Banca Mondiale e il Fondo
Monetario Internazionale sono stati
istituiti in un incontro tra i 43
“vincitori” a Bretton Woods, ridente
località balneare del New
Hampshire (USA) nel 1944.
A fianco ad essi venne prevista la
creazione di un’International Trade
Organisation (ITO).
Fu ratificata nel 1948 durante la
Conferenza delle Nazioni Unite
di L’Avana.
Il commercio secondo l’Ito: un
sistema di REGOLE
Il Congresso USA ne esaminò più
volte il documento istitutivo, ma
non lo approvò mai
John Maynard Keynes e
Harry Dexter White alla
Conferenza di Bretton Woods
6. Il sogno delle Nazioni Unite
Il 10 dicembre 1948, l'Assemblea
Generale delle Nazioni Unite ha
approvato e proclamato la
Dichiarazione Universale dei Diritti
Umani.
Tutti gli esseri umani nascono con
uguali e inalienabili diritti e libertà
fondamentali.
Le Nazioni Unite si impegnano a
sostenere, promuovere e proteggere
i diritti umani di ciascun individuo.
Questo impegno deriva dallo Statuto
delle Nazioni Unite, che riafferma la
fede dei popoli del mondo nei diritti
umani fondamentali e nella dignità e
nel valore della persona umana.
7. Arriva il Gatt
6 Dicembre 1950: il presidente Truman annuncia
che non avrebbe più presentato il documento
istitutivo dell’ITO al Congresso.
Al suo posto venne elaborato il General
Agreement on Trade and Tariffs (GATT) che fino
al 1995 ha ridotto del 40% le barriere non
commerciali tra un nucleo iniziale di 23 Paesi
Prima che il GATT compisse 40 anni i suoi
membri decidero che il mondo era
cambiato.
L’ottavo round di negoziati, l’Uruguay
Round, lanciato nel 1986 a Punta del Este,
in Uruguay, raccolse il mandato più
ambizioso di tutti i tempi: far entrare nello
spazio del mercato globale nuovi “prodotti”
(i servizi e la proprietà intellettuale) e
liberalizzare di più i settori del tessile e
dell’agricoltura.
8. E poi la World Trade
Organisation
Cade il muro di Berlino (1989)
Il negoziato doveva chiudersi a fine 1990 ma Stati
Uniti e Europa non si misero d’accordo.
Nel 1991 scoppia la Guerra del Golfo
Nel 1992 con il "the Blair House accord“ firmato
nel 1994, in Marrakesh (Marocco) i think thanks di
Clinton spingono alla creazione della World Trade
Organization, che diventa operativa il 1 gennaio
del 1995
Il sistema in vigore ha sei aree:
- l’accordo ombrello istitutivo della WTO
- L’accordo su beni e investimenti (GATT 1994 e
TRIMS),
- L’accordo sui servizi (GATS),
- Quello sulla proprietà intellettuale and
intellectual property (TRIPS);
- Il dispute settlement body (DSB);
- L’organismo di revisione delle politiche commerciali
dei Governi (TPRM).
9. E poi c’è il canale bilaterale
La principale caratteristica
degli accordi bilaterali è
quella di andare al di là delle
liberalizzazioni del puro
commercio
In genere sono Wto+
Non si occupano solo di
ridurre tariffe, pratiche
doganal e barriere non
tariffarie, ma coprono settori
come le politiche di
competizione, gli appalti
pubblici, la proprietà
intellettuale, gli
investimenti.
11. La crisi non è meteorologica…
sono passati oltre 13 anni da Seattle
Lee Kyung Hae
12. …e oltre 10 anche dal lancio del
Doha round…
La WTO nasce con la missione di portare,
attraverso il multilateralismo
commerciale, «maggiore prosperità,
accrescere i livelli d’impiego, ridurre
l’ineguaglianza e promuovere lo
sviluppo sostenibile a livello globale
attraverso un tasso crescente di
libero mercato»
E dopo le Torri Gemelle…
“La maggioranza dei Paesi membri
del WTO sono Paesi in via di
sviluppo. Poniamo le loro necessità e
i loro interessi al centro del
programma di lavoro adottato in
questa Dichiarazione”.
Paragrafo 2 della Dichiarazione Ministeriale di Doha,
14 novembre 2001
14. La trappola del “trade in task”
Ci sono due grandi domande aperte nel commercio globale
oggi. La prima è sul “dove si accumula il valore
aggiunto”, e l’altra, che ci riguarda di più oggi è “chi
produce che cosa per chi”. Sono al centro di una
profonda revisione in corso dei modelli e della contabilità
del commercio internazionale.
Il modello teorico del commercio internazionale (leggi
globalizzazione) vuole che viaggino i beni come
sostituto degli spostamenti dei mezzi di produzione.
Con la frammentazione della produzione, però, la
parte di valore aggiunto dai fattori di produzione dei
Paesi di origine dei componenti è estremamente
ridotta.
15. Il commercio dei beni intermedi
La percentuale di input importati
sul totale di input usati per
produrre un’unità nell’area Ocse è
cresciuta tra il 1995 e il 2005 dal
24 al 32%.
Circa il 60% del commercio
totale di beni (fatta eccezione
per le materie prime) è
commercio di beni intermedi.
Dato che sale al 70% per i servizi.
Circa il 20% di tutte le merci
esportate dai Paesi in via di
sviluppo fa capo alle Export
processing zones
16. I “vivai” delle funzioni
Gli ambienti più adatti per questo tipo
di produzione sono Export Processing
Zones, (World Bank 2008) che
sarebbero oltre 3mila in 135 Paesi,
darebbero lavoro ad oltre 68
milioni di persone, in gran parte
migranti, per oltre 500 miliardi di
dollari di produzione.
La sola Cina mette al lavoro nella EPZ
40 milioni di addetti, mentre nel resto
del pianeta le presenze sono
raddoppiate tra il 2002 e il 2006
passando da 13 a 26 millioni di
addetti
Le EPZs impiegano circa 1/3 della
forza lavoro globale
17. Il valore aggiunto dove va?
Sfatiamo un mito: anche la Cina si è
fatta incastrare dalla fabbrica globale,
nonostante la sua capacità di
programmazione del mercato interno.
Circa 2/3 del commercio di prodotti
industriali realizzati nelle EPZ è
saldamente nelle mani di imprese di
investitori stranieri. E’ sotto questa
spinta che il Paese è diventato
l’esportatore leader a partire dal 2009 e
patisce la crisi degli ordinativi.
La differenza, poi, tra il valore delle
esportazioni manifatturiere e
industriali e il costo delle
importazioni degli input intermedi
riduce il valore aggiunto al 30-35%
dei prodotti esportati.
18. Al centro le funzioni: e le
persone?
Il lavoro è assolutamente
sparito dai diagrammi. Non
è nemmeno considerato un
fattore di produzione.
Banalmente non c’è perché
è una variabile dipendente
dai task.
Con il lavoro, sparisce il
“chi” lavoratore. Il soggetto
è, a seconda delle
prospettive, il prodotto, il
supplier,
l’investitore/azienda.
19. Che cosa ci dice l’Ilo
Grossman e Rossi-Hansberg (2008)
citati dall’Ilo hanno trovato che con il
“trade in task” nei Paesi dove c’è
una scarsa specializzazione nella
produzione, i redditi degli
operatori meno specializzati sono
cresciuti.
Dove c’è produzione specializzata,
l’ineguaglianza nei redditi è
cresciuta nella manodopera
offshore, fatti salvi i profili più
specializzati ed indispensabili.
Nei Paesi di medie e grandi
dimensioni l’offshoring sta
accelerando le disuguaglianze, e
il welfare è in picchiata in
assenza di condizionalità
commerciali.
20. Il gioco dell’Ipod
Usando l’iPod come esercizio sulla
fabbrica globale, Linden, Dedrick and
Kraemer (2009) hanno stimato che
questo prodotto e le sue componenti
abbiano creato nel solo 2006 circa
41,000 posti di lavoro in tutto il
mondo.
circa 27,000 sono stati creati fuori
dagli Usa, essenzialmente nella
manifattura a basso reddito.
14,000 sono stati generati all’interno
degli Usa (incluse le vendite) di cui circa
6,000 tra ingegneri e manager d’alto
livello, e circa 8,000 di lavoratori
della distribuzione e non
professionali, molti dei quali non
dipendenti dalla filiera transnazionale
21. Un auspicio congiunto
De Gutch-Ashton: “The EU is presently
considering appropriate action, including
through the Generalised System of
Preferences (GSP) – through which
Bangladesh currently receives duty-free
and quota-free access to the EU market
under the ‘Everything But Arms’ scheme
– in order to incentivise responsible
management of supply chains involving
developing countries”.
“The EU is willing and ready to assist the
Bangladeshi authorities in any way it can
to meet the required international
standards. At the same time, we continue
to encourage European and international
companies to promote better health and
safety standards in garment factories in
Bangladesh in line with internationally
recognised Corporate Social
Responsibility (CSR) guidelines”
22. Trade game: perché non
dobbiamo stare a guardare?
Regole vs interessi privati
L’Ocse (Organizzazione per la
Cooperazione Economica e per lo
Sviluppo) nel 2009 stimava che circa
la metà dei lavoratori del mondo —
ovvero circa 1,8 miliardi di persone —
lavorava nell’ambito del «Sistema D»
Cresceranno fino a rappresentare
entro il 2020 circa i due terzi degli
occupati a livello globale.
Autorganizzazione e nuova schiavitù
valgono intorno ai 10mila miliardi di
dollari. Il Pil degli Stati Uniti, la più
grande economia mondiale, arriva a
14mila miliardi.
«Cabina di regia»?
23. Un gioco da grandi
51% I primi 10 paesi leader nel commercio di merci
totalizzano il 51% del mercato globale (2011)
Nei servizi siamo al 48%
Il 50% delle esportazioni globali sono totalizzate da Usa+Ue
24. L’Italia…
Pil – 2,4% rispetto al 2012
Produzione -4,6% rispetto al 2012
Rispetto al 2012 Istat registra una marcata
flessione sia per le esportazioni (-6,0%) sia,
in misura ancora più accentuata, per le
importazioni (-10,6%)
Le esportazioni hanno continuato a crescere
in particolare nel cuoio-calzature, nella
siderurgia e nella meccanica strumentale.
Soltanto gli alimentari e i prodotti
farmaceutici sono riusciti finora a
raggiungere livelli superiori a quelli
precedenti all’inizio della crisi.
Rispetto al 2007, il mancato recupero è
particolarmente evidente per i prodotti
tessili e maglieria, in difficoltà strutturale, e
per i beni per la casa e gli autoveicoli
25. Chi esporta?
Rispetto alla capacità delle imprese italiane di restare
stabilmente sui mercati dopo esservi entrate, oltre il
90%del valore delle esportazioni è costituito da flussi molto
stabili, ma soltanto un terzo dei nuovi flussi
sopravvive per almeno cinque anni
Oltre la metà degli esportatori italiani vende
all’estero soltanto una linea di prodotti.
Il numero totale delle imprese italiane che esportano:
4,2% del totale.
Le 187.000 imprese esportatrici piccole e medie (fino a 250
addetti) realizzavano nel 2010 il 54% delle esportazioni
italiane, pari a 174 miliardi.
Il 46% è prodotto da circa 2.000 grandi imprese. Tuttavia,
la propensione all’esportazione delle medie imprese (da 50
a 249 addetti), misurata in termini di esportazioni per
addetto (88.000 euro) risultava nettamente superiore a
quella delle grandi (72.000 euro).
26. Fine luglio: ultimo benzinaio
prima di Bali
“We have about 40
working days left before
the end of July, which I see
as the last petrol station
before the Bali highway.
We must make substantive
advances in this period if
we are to have any chance
of successfully delivering in
Bali and preparing a post
Bali roadmap.” Pascal
Lamy
27. Lo «spezzatino» della MC9
A Davos è andata in pensione la DDA:
Bali package-Post Bali Agenda
Qualche buona idea, on hold,
(consentire ai Paesi poveri sussidi
alimentari «fuori quota» per la
riduzione della e approvare una serie
di misure specifiche in favore dei Paesi
meno sviluppati)
I benefici di queste iniziative, però,
verrebbero azzerati dall’approvazione
contestuale di un nuovo accordo sulla
facilitazione commerciale (Trade
facilitation).
A rendere più spaventose le nuove
misure, una stretta sulla tecnologia e
la proprietà intellettuale.
28. Il canale bilaterale:
le relazioni UE-ACP
Nel 1957 con la firma del
trattato di Roma, istitutivo
della Cee, alcuni Paesi
(soprattutto africani)
vennero associati alla
Comunità in quanto stati o
territori d'oltremare ancora
dipendenti da alcuni dei
Paesi fondatori della
comunità (le ex madri
patrie).
L’associazione era stata
progettata come un grande
contenitore che prevedeva
accordi commerciali e aiuti allo
sviluppo.
29. Arrivano gli EPAs
Il nuovo accordo di Cotonou,
firmato il 23 giugno 2000 nel
giorno del 25° anniversario
della prima Convenzione di
Lomé, sicuramente in una cosa
appariva innovativo: era
estremamente semplificato
nella sua redazione, essendo
composto di 100 articoli
rispetto ai 369 del precedente.
Suo obiettivo dichiarato rimane
la creazione di un nuovo
sistema di relazioni paritarie
per la crescita istituzionale,
sociale ed economica dei paesi
ACP, attraverso il
rafforzamento dei processi
d'integrazione regionale, così
da favorire il loro inserimento
nel processo di globalizzazione
economica mondiale.
30. Le caratteristiche degli EPAs
partnership, che implica diritti e doveri
reciproci (ovvero se ti offro una facilitazione
commerciale devi ricambiare);
devono essere consistenti con le regole
WTO, anzi risultare più avanzati rispetto a
queste ultime.
ESSENZIALE: Gli Epas segnano il
passaggio da un sistema di preferenze
commerciali unilaterali concesse dalla Ue
ai Paesi ACP ad accordi di libero scambio
sostanzialmente reciproci, vale a dire
che impegnano le parti in maniera
sostanzialmente equivalente, andando
oltre quanto negoziato in ambito
multilaterale (WTO).
Il Parlamento europeo ha emendato di
recente l’accordo sull’accesso al suo mercato
( MAR1528 /2007) stabilendo che i Paesi che
non avranno avviato o ratificato gli EPAs
iniziati entro il 1/10/2014 perderanno
l’accesso preferenziale al nostro mercato.
31. DCFTAs: Accordi «ampi e
approfonditi nel Mediterraneo»
Dicembre 2010: Mohamed Bouazizi si dà fuoco per
protesta nella città tunisina di Sidi Bouzid
Fiumi di retorica scorrono su quanto la loro lotta sia stata
imprevedibilmente efficace contro regimi totalitari che,
anche grazie al sostegno di Paesi come il nostro,
sembravano inamovibili.
Questo si traduce quasi immediatamente nell’avvio di un
nuovo ciclo di negoziati di liberalizzazione commerciale, i
(DCFTAs, Deep and Comprehensive Fair Trade
Agreements), che vengono subito presentati come
un’opportunità imperdibile di ripresa economica e sociale
per Paesi tanto martoriati.
Peccato che, però, molti di quei Paesi (Egitto,
Tunisia, Marocco e Giordania) si fossero sollevati
anche per una crisi economica e sociale gravissima in
atto, alimentata dai vecchi Accordi commerciali di
Associazione (AA), stretti proprio con l’Unione
europea a metà degli anni Novanta
32. Samir Aita: un danno
annunciato
Gli Euro Mediterranean Free Trade Agreements
Sustainability Impact Assessment) condotti dalla
Commissione prevedomoun’ulteriore perdita
occupazionale di circa il 3% per la Giordania e
dell'8% in Egitto, Marocco e Tunisia, con una
pressione al ribasso sui salari e un conseguente
aggravamento della povertà.
L'industria manifatturiera: -29,6% in Giordania, il
69,6% in Egitto, -64,1% in Marocco e -65% in
Tunisia. Il SIA prevede un calo significativo della
produzione di macchinari, legno, mobili, carta e
stampa. In settori importanti come il cibo e le
bevande, il tessile, l’abbigliamento, cuoio e
calzature, il SIA prevede una riduzione di oltre il
90%.
Il poco benessere che si genererà andrà
prevalentemente a beneficio dei consumatori ricchi,
piuttosto che dei segmenti più poveri della società e i
piccoli produttori.
33. La «lezione coreana» (2011)
L’ALS UE-Corea è l’accordo commerciale più ampio
mai negoziato dalla UE.
Si dovrà il 98,7 per cento dei dazi nel giro di cinque
anni
vi sarà un’estesa liberalizzazione dello scambio di
servizi (telecomunicazioni, servizi ambientali,
navigazione, servizi finanziari e legali) che coprirà
tutte le modalità di fornitura.
secondo il Korea Customs Service (KCS) l’export
coreano ha avuto un incremento di 1,5 miliardi USD
(+19%) a fronte di un incremento, nella direzione
opposta, del 16% (1,6 miliardi USD).
Per quanto riguarda il settore automobilistico la
ratifica del trattato ha contribuito all’incremento del
44% di esportazioni registratosi in tutto il 2011
(rispetto all’anno precedente) verso la UE, contro un
+14,6% verso gli USA e +34,5% verso l’Asia.
Aumentato, per contro, di circa il 30% il flusso nella
direzione opposta, con i brands tedeschi a farla da
padrone (Mercedes Benz, Volkswagen e Audi).
34. Il paragrafo sullo sviluppo
sostenibile (13)
E’ stato istituito un
Comitato per il Commercio
e lo Sviluppo sostenibile
E’ prevista la convocazione
di un Forum
http://portal.eesc.europa.e
u/eu-korea-
dag/Pages/default.aspx
La Korea non ha approvato
alcuna delle Convenzioni-
core dell’ILO, e non sono
previste condizionalità
35. Ratifica in arrivo per Peru-
Colombia
Dichiarazione di Santiago dei capi di Stato e di
Governo della Community of Latin American and
Caribbean States (CELAC) e dell’Unione europea:
Paragrafo 10:
“....Reaffirming that trade and investment
promote economic growth, we recognise the
importance of stable and transparent
regulatory frameworks in both regions and
of providing legal certainty for economic
operators. We commit to maintain a supportive
business environment for investors, recognising
nonetheless the right of countries to regulate in
order to meet their national policy objectives in
accordance with their international commitments
and obligations.
Likewise, it is also vital that investors comply
with national and international law, in
particular, inter alia, on taxes, transparency,
protection of the environment, social
security and labour”.
36. L’area di libero scambio UE-USA
“Transatlantic Trade and Investment
Partnership - TTIP”.
Le due aree costituiscono circa il 50% del PIL
mondiale e quasi 1/3 dei flussi commerciali globali.
Lo stock di investimenti bilaterali è pari a 2.394
trilioni di euro ed ogni giorno vengono scambiati
merci e servizi per un valore medio di quasi 2
miliardi di euro1.
Che dice Confindustria «Il profilo tariffario degli
Stati Uniti è piuttosto favorevole all’export italiano.
Delle 350 voci che costituiscono oltre l’80%
dell’export nazionale, 325 sono a dazio zero o a
dazi pari o inferiori al 10%.
Il processo di “ri-manifatturizzazione” in corso
negli US , gli ampi differenziali in termini di
produzione industriale ed il costo dei fattori
produttivi richiedono alla UE un’analisi d’impatto
che vada oltre gli effetti attesi sui flussi
commerciali, consideri il futuro del manifatturiero
europeo e le politiche necessarie a rilanciarlo
37. Accordi pluri-laterali… TISA!
All’inizio del 2012 circa 20 Paesi membri della Wto, tra
cui l’Unione europea “The Really Good Friends of
Services” o Rgf hanno lanciato un negoziato informale e
segreto tra loro
Le norme del Trattato ISA garantirebbero a tutti i
fornitori esteri di servizi condizioni "non meno favorevoli"
degli operatori nazionali, anche pubblici, riducendo la
capacità dei governi di regolamentarne tutti settori
Prossima fermata MC9!