1. L’Economia mondiale oggi, un’analisi critica sui principali aspetti macroeconomici:
- perché guardare al lungo periodo è meglio che concentrarsi sul breve
- gli shock economici intrapresi dalle Banche Centrali, quali conseguenze?
- analisi di contesto macroeconomico, cambiamenti demografici e opportunità di investimento
2. Le nuove esigenze da considerare nella pianificazione finanziaria:
- i Millennials, target più interessato dall’attuale contesto macroeconomico
- la Silver economy
3. Previdenza, tra riforma e consulenza:
- l’importanza di gestire la propria economia personale in base al Life Planning
- il Goal Based Investment, l'approccio corretto agli investimenti
4. Centralità del ruolo del consulente finanziario: come creare valore
- accenni di finanza comportamentale, come gestire il cliente ed evitare i tipici bias comportamentali
2. Indice dei contenuti:
1. L’Economia mondiale oggi, un’analisi critica sui principali aspetti macroeconomici:
- perché guardare al lungo periodo è meglio che concentrarsi sul breve
- gli shock economici intrapresi dalle Banche Centrali, quali conseguenze?
- analisi di contesto macroeconomico, cambiamenti demografici e opportunità di investimento
2. Le nuove esigenze da considerare nella pianificazione finanziaria:
- i Millennials, target più interessato dall’attuale contesto macroeconomico
- la Silver economy
3. Previdenza, tra riforma e consulenza:
- l’importanza di gestire la propria economia personale in base al Life Planning
- il Goal Based Investment, l'approccio corretto agli investimenti
4. Centralità del ruolo del consulente finanziario: come creare valore
- accenni di finanza comportamentale, come gestire il cliente ed evitare i tipici bias comportamentali
4. La situazione economica oggi
Fonte:
https://howmuch.net/articles/timeline-economic-history
Storicamente, una varietà di
cambiamenti nella politica
internazionale, nella tecnologia
e nella politica monetaria
hanno influenzato la traiettoria
dell'economia mondiale.
La storia
dell’economia mondiale
5. L'economia di $86 trilioni di dollari
visualizzata in un grafico
Il PIL mondiale è ancora cresciuto del
6,9% nel 2018, passando da $ 80,2
trilioni nel 2017 a $ 85,8 trilioni.
Quasi la metà di questa crescita
proviene dalle due maggiori economie
del mondo: gli Stati Uniti, a $ 20,5
trilioni (+ 5,4% dal 2017), e la Cina, a $
13,6 trilioni (+ 10%). Tuttavia, cresce la
paura di una recessione globale, in
gran parte legata alla crescente
tensione economica tra le due principali
economie.
La situazione economica oggi
Fonte:
https://howmuch.net/articles/the-world-economy-2018
6. L'economia cinese è cresciuta in modo
significativamente più veloce di ogni
misura nel nostro campo visivo.
È cresciuta di 14,12 volte in termini di
dimensioni dal 1989.
L'area dell'euro e altri paesi ad alto
reddito, compresi gli Stati Uniti, sono
cresciuti molto più lentamente della Cina.
L'economia degli Stati Uniti è solo 2,09
volte più grande di quanto non fosse nel
1989.
Indipendentemente dal clima economico, i
livelli del debito degli Stati Uniti
c o n t i n u a n o a c r e s c e r e , q u a s i
quadruplicando in dollari adeguati
all'inflazione negli ultimi 30 anni.
La situazione economica oggi
Fonte:
https://howmuch.net/articles/chinas-economic-growth-perspective
7. O t t o s o c i e t à h a n n o r a g g i u n t o u n a
capitalizzazione di mercato di oltre $ 1 trilione in
dollari di oggi.
Sei delle 20 maggiori aziende di tutti i tempi sono
state fondate da paesi diversi dagli Stati Uniti.
Le tre più grandi compagnie facevano parte del
settore navale durante la prima età coloniale. Le
successive tre sono legate al petrolio. L'industria
tecnologica completa il resto delle dieci maggiori
aziende di tutti i tempi.
La maggior parte di queste società sono ancora
in attività nel 2019.
Le grandi aziende nel mondo
La situazione economica oggi
Fonte:
https://howmuch.net/articles/the-worlds-biggest-companies-in-history
8. Nel 2018 l'industria rappresentava il
25% del PIL mondiale, in calo rispetto
al 27% nel 2010.
Dal 2014, l'occupazione mondiale nel
settore industriale è scesa dal
23,22% al 22,95%.
L ' i n d u s t r i a r a p p r e s e n t a u n a
percentuale maggiore del PIL nei
paesi in via di sviluppo rispetto ai
paesi sviluppati.
L‘importanza dell’industria
sul PIL mondiale
La situazione economica oggi
Fonte:
https://howmuch.net/articles/role-industry-around-the-world
9. Le più grandi aree metropolitane nel mondo: 2025 e 2050
(fonte: Hoornweg e Pope 2014)
La situazione economica oggi
10. Il rapporto debito / PIL consente di
confrontare i livelli relativi del debito in
molti paesi diversi. Gli Stati Uniti sono in
grado di sostenere un debito molto più
grande in termini complessivi rispetto ai
paesi più piccoli come il Belgio, poiché le
economie hanno dimensioni molto
diverse.
L’Italia è fra i 5 Paesi al mondo con i
problemi di debito più significativi ovvero
uno di quei luoghi che hanno maggiori
probabilità di avere problemi sostanziali in
futuro.
Il Debito pubblico mondiale
La situazione economica oggi
Fonte:
https://howmuch.net/articles/state-of-the-worlds-government-debt
11. La spirale del debito ipotecario americano
accelera ai massimi storici
Dagli anni '40, i prezzi delle case sono saliti a
nuovi livelli. Secondo l'Ufficio censimento degli
Stati Uniti, il valore della casa mediana negli
Stati Uniti era di $ 30.600 nel 1940 (corretto per
l'inflazione). Nel 2017, quel numero era di $
193.500. Non sorprende che, con l'aumentare
dei prezzi delle abitazioni, aumenti anche la
quantità di debito ipotecario che un acquirente
di case deve assumere per potersi permettere
una casa. La nostra nuova visualizzazione
esamina da vicino come il debito ipotecario
negli Stati Uniti è cambiato nel tempo.
L’indebitamento privato
negli USA
La situazione economica oggi
Fonte:
https://howmuch.net/articles/mortgage-debt-outstanding-by-year
12. Le politiche monetarie ultra espansive hanno
fatto “esplodere” i bilanci delle banche centrali:
il totale degli assets di FED, BCE, Banca del
Giappone e Banca del popolo Cinese non
raggiungeva i 4mila miliardi di dollari nel 2004
e, dopo aver sfiorato quota 9mila in seguito alla
Grande recessione, ha iniziato una lunga corsa
e si è portato, tra timori di nuove recessioni e
rischi di deflazione, fin oltre i 20mila miliardi. A
oggi, soltanto la FEDERAL RESERVE ha
annunciato un piano di riduzione molto
graduale degli attivi, ma questo processo non
avrà un grande impatto sulla liquidità globale:
anche se il ritmo è destinato a rallentare, la Bce
e la Banca del Giappone continueranno ad
acquisire titoli ancora per diversi mesi.
Le politiche monetarie delle Banche Centrali
La situazione economica oggi
Fonte:
https://www.infodata.ilsole24ore.com/2018/01/26/bilanci-delle-banche-centrale-un-fiume-liquidita/
13. Conti correnti, la «tassa occulta» da 10 miliardi sui risparmi degli italiani
I risparmiatori italiani continuano a navigare in un mare di liquidità. Gli ultimi dati di Bankitalia evidenziano a fine 2018 uno
stock di quasi 1.400 miliardi di euro tra conti correnti, depositi e biglietti. Dal 2008, data simbolo della grande crisi, la massa
di liquidità è aumentata di circa 300 miliardi. Il trend è stato in costante crescita anche negli ultimi anni nonostante il clima
sui mercati finanziari sia stato sicuramente più accomodante (escluso gli ultimi mesi dello scorso anno). Per esempio
relativamente ai conti bancari e postali solo nel 2018 il flusso di incremento dello stock è stato di ben 20 miliardi dopo i 25
miliardi circa dell’anno precedente.
Liquidità sui conti correnti
La situazione economica oggi
Rendimenti a zero
Il fattore distintivo dell’ultimo decennio è stato il massiccio intervento delle banche centrali con i tassi spinti a zero.
Questo ha determinato rendimenti nulli anche per i conti correnti. Oggi nell’area euro il tasso di riferimento Bce resta
ancorato a zero e per strappare qualche decimale occorre vincolare i propri soldi su un conto deposito. L’assenza di
alternative remunerative a rischio zero spinge i risparmiatori a tenere i soldi sul conto anche se la gestione costa
secondo l’ultima indagine di Banca d’Italia (in media 79 euro annui quelli tradizionali e 15 euro per quelli online).
14. GLI INDICATORI
(Fonte: elaborazione su dati
Banca d'Italia e Istat)
GLI INDICATORI
(Fonte: elaborazione su dati
Banca d'Italia e Istat)
Andamento delle liquidità delle famiglie
La situazione economica oggi
15. La massiccia esposizione alla liquidità espone a rischi
palesi (le regole sul bail in per chi ha oltre 100mila euro
oppure una tassazione patrimoniale) e rischi occulti
come l’inflazione. Il risparmiatore medio snobba
l’impatto del rialzo dei prezzi anche perché negli ultimi
anni l’aumento del costo della vita è decisamente più
contenuto rispetto a 20 o 30 anni fa.
Ma l’inflazione continua a lavorare in silenzio e nel 2018
è stata in media poco sopra l’1%, inferiore alla media
dell’area euro.
Questo non impedisce che, in assenza di rendimenti,
l’inflazione di fatto abbia «bruciato» almeno 10 miliardi
di euro (visto che alcuni depositi sono remunerati).
Un costo implicito che impone comunque di valutare
strategie alternative, almeno per una parte della liquidità
non necessaria, ponderando i rischi. L’obiettivo è quello
di puntare su asset «sicuri» a bassa volatilità che
possano evitare perdite durante la vita dell’investimento,
per poter essere ritirate in qualsiasi momento.
Il peso dell’inflazione
La situazione economica oggi
«Ad esempio – continua Serio – oggi i fondi di liquidità tradizionali non
rendono nulla perché hanno strategie poco diversificate e concentrate
su aree specifiche. Invece, ci sono fondi, ancora poco diffusi in Italia,
che vanno a ottimizzare la gestione della liquidità a livello globale, in
base alle differenti curve dei rendimenti, e i ritorni sono positivi. Oggi
sono appannaggio soprattutto del private banking, ma potrebbero
essere impiegati anche per il retail».
17. Non bisogna dimenticare inoltre anche il basso
livello di educazione finanziaria, dove il nostro
Paese è presente in fondo alle classifiche
internazionali. Questo non agevola a trovare
soluzioni alternative come i piani di accumulo
su asset class con un profilo di rischio/
rendimento più elevato. Spesso è difficile
spingere verso altre soluzioni persone che
sono tradizionalmente legate alla liquidità e
percepiscono le asset class di investimento
solo come rischio.
«Un altro fatto che spinge gli italiani a essere
molto liquidi – conclude Serio – è la scarsa
copertura assicurativa. Siamo un popolo che,
se escludiamo la copertura obbligatoria per
l’auto, ricorre poco frequentemente ad altre
coperture (dal Vita, al rischio invalidità e altro).
Educazione e previdenza
La situazione economica oggi
Si tengono i soldi sul conto per far fronte alle emergenze
ma non è una soluzione efficiente». In Italia si spendono
100 miliardi per il gioco d’azzardo mentre alle polizze
contro i rischi gravi vanno solo 4,8 miliardi
18. Da un'istantanea dell'economia
americana, si può notare come le cose
che sono diventate più convenienti negli
ultimi 20 anni siano i beni di consumo.
E poi ci sono cose che sono esplose nel
prezzo relativo, specialmente rispetto ai
guadagni orari medi. L'assistenza
sanitaria ora costa oltre il 225% in più e
ottenere un'istruzione superiore non è
molto indietro al 183%.
Le variazioni di prezzo
negli ultimi 20 anni
La situazione economica oggi
Fonte:
https://howmuch.net/articles/price-changes-in-usa-in-past-20-years
20. • Perché un paese ha minore disoccupazione di un altro?
• Perché le performance di crescita sono così diverse tra paesi?
• Che cosa causa le recessioni?
Il governo può fare qualcosa?
È buona cosa che lo faccia?
Temi importanti di Macroeconomia
Macroeconomia
21. • Che cos’è il deficit pubblico?
Che effetti ha sull’economia?
• Che cos’è la bilancia commerciale di un paese?
Quali sono le conseguenze di un deficit prolungato?
• Perché molti paesi sono poveri?
Quali sono le politiche migliori per toglierli dalla trappola della povertà?
I temi importanti non mancano…
Macroeconomia
23. • Un approccio statistico suggerirebbe di entrare nei dettagli tecnici relativi agli indicatori
macroeconomici principali.
• Un buon economista però seguirebbe un approccio diverso:
è necessario capire i concetti fondamentali nella materia sottostante, cioè la macroeconomia,
per capire tali indicatori e saperli “maneggiare”.
• E il funzionamento dell’economia –a livello micro e macro- è descritto da modelli stilizzati, di
carattere matematico-teorico, ma che devono essere “verificati” dal punto di vista empirico.
Macroeconomia e indicatori macroeconomici
Macroeconomia
24. …sono versioni semplificate di una realtà molto più complessa
• Prescindono dai dettagli “irrilevanti”
• Si focalizzano sui nessi causali tra variabili economiche “rilevanti”
• Forniscono le basi per la politica economica
• Necessitano di verifiche empiriche
I modelli economici
Macroeconomia
25. • I concetti base:
– PIL
– Inflazione
– Disoccupazione
• Il PIL nel lungo periodo e la crescita economica
• Le fluttuazioni economiche nel breve periodo
• Indicatori leading e lagging del ciclo economico
• Indicatori economici e scelte di portafoglio
I principali indicatori economici
Macroeconomia
26. Due definizioni:
§ Spesa totale per acquistare beni e servizi finali prodotti all’interno
di un dato paese
§ Reddito totale guadagnato dai fattori di produzione collocati
all’interno di un dato paese
Prodotto Interno Lordo (PIL)
Macroeconomia
27. Perché spesa = Reddito
Macroeconomia
In tutti gli scambi, la spesa del compratore
è il reddito del venditore.
Dunque, la somma di tutte le spese
risulta pari alla somma di tutti I redditi.
28. • PIL = valore di tutti i beni finali prodotti = somma dei valori aggiunti
durante tutte le fasi della produzione
• Il valore dei beni finali include già il valore dei beni intermedi,
e dunque includere questi ultimi nel calcolo del PIL porterebbe a contarli due volte...
Beni finali, valore aggiunto e PIL
Macroeconomia
29. • CONSUMO
• INVESTIMENTO
• SPESA PUBBLICA
• ESPORTAZIONI NETTE
Le componenti di spesa del PIL
Macroeconomia
30. ● Beni durevoli,
durano a lungo, ad es. auto, elettrodomestici
● Beni non durevoli,
durano poco, ad es.: cibo, vestiti
● Servizi
● lavoro fatto a vantaggio dei consumatori,
ad es. pulitura a secco, viaggi aerei.
definizione:
il valore di tutti i beni e servizi
acquistati dalle famiglie.
Esso include:
Consumo (C)
Macroeconomia
31. (formazione lorda di capitale)
definizione 1: spesa per il fattore di produzione chiamato “capitale”.
definizione 2: spesa per beni che saranno utili in futuro.
include:
• investimento fisso lordo
• investimento fisso delle imprese
spesa per impianti e macchinari utilizzati dalle imprese per produrre beni e servizi
• investimento fisso residenziale
investimento in abitazioni da parte delle famiglie
• investimento in scorte
la variazione nelle scorte di tu<e le imprese
Investimento (I)
Macroeconomia
32. • Il capitale è uno dei fattori di produzione.
In ciascun istante, l’economia è dotata di un certo stock di capitale.
• L’investimento costituisce la spesa in nuovo capitale.
Investimento contro Capitale
Macroeconomia
33. • G include tutte le spese per consumi finali delle pubbliche amministrazioni
(beni e servizi)
• G include anche la spesa per investimenti delle pubbliche amministrazioni.
• G non include i trasferimenti (ad esempio i sussidi di disoccupazione e le pensioni),
perché non costituiscono una spesa per beni e servizi.
La spesa pubblica (G)
Macroeconomia
34. Esportazioni nette (NX = EX - IM)
Definizione: il valore totale delle esportazioni (EX) meno il valore totale delle importazioni (IM)
10
0
1946 1952 1958 1964 1970 1976 1982 1988 1994 2000
-10
-20
-30
-40
miliardi
dipound
E s p o r t a z i o n i n e t t e n e l R e g n o U n i t o d a l 1 9 4 6
Macroeconomia
36. Abbiamo visto che il PIL misura le seguenti “cose”:
• Reddito totale
• Prodotto totale
• Spesa totale
• La somma dei valori aggiunti durante tutte le fasi della catena produttiva
PIL: un concetto importante e versatile
Macroeconomia
37. • il PIL misura il valore di tutti i beni e servizi finali prodotti.
• il PIL nominale misura questi valori usando i prezzi attuali, correnti.
• il PIL reale misura questi valori utilizzando i prezzi di un anno base.
Nella formulazione più semplice quest’anno base è il medesimo per tutti gli anni presi
in considerazione.
PIL reale vs. PIL nominale
Macroeconomia
38. Cambiamenti nel PIL nominale possono essere dovuti a:
• cambiamenti nei prezzi
• cambiamenti nelle quantità di output prodotto
I cambiamenti nel PIL reale sono unicamente dovuti a cambiamenti nelle quantità,
in quanto il PIL reale è costruito con i prezzi vigenti durante l’anno base, cioè fissi.
Il PIL reale non si fa influenzare dall’inflazione
Macroeconomia
39. TRUCCO UTILE #1 Per ogni variabile X e Y,
la variazione percentuale di (X × Y)
≈ variazione percentuale di X
+ variazione percentuale di Y
Esempio:
se il tuo salario orario aumenta del 5% e tu lavori il 7% di ore in più, allora il tuo salario totale
aumenta del 12%.
Lavorare con le variazioni percentuali
Macroeconomia
40. Esempio:
• se il PIL reale della Cina cresce del 10% annuo, esso raddoppierà in 7 anni (70/10).
• se il PIL reale dell’Italia cresce dell’1% annuo, esso raddoppierà in 70 anni (70/1).
TRUCCO UTILE #2 (regola del “settanta”)
Per calcolare quanti anni impiega a raddoppiare una grandezza
che cresce dell’x per cento annuo:
anni necessari per raddoppiare 70/x
Avere un’idea dei tassi di crescita
Macroeconomia
41. • L’andamento del benessere medio dei cittadini di un paese è ben misurato dalla
crescita del PIL reale pro capite.
• Nel medio-lungo periodo non conta per definizione la crescita del PIL reale pro
capite durante un singolo anno, ma la crescita media del PIL reale pro capite
durante il periodo stesso.
• La crescita economica è influenzata in maniera rilevante dall’accumulazione di
capitale fisico, capitale umano e dal miglioramento tecnologico.
• Attenzione: anche la qualità delle istituzioni complessive (sia politiche che
“sociali”) sembra avere un effetto importante sulla crescita economica.
Che cos’è la crescita economica?
Macroeconomia
42. • Dobbiamo studiare il funzionamento del mercato dei fattori produttivi (capitale e lavoro) e il
livello di equilibrio delle loro remunerazioni.
• Attenzione che conta il salario reale (W/P) perché ci interessa il potere reale d’acquisto.
Idem per il capitale.
• Due teorie possibili su ciò che determina le remunerazioni (e in particolare il salario):
– Conta il potere contrattuale delle parti
– Conta quanto i fattori produttivi siano…produttivi: il salario reale cresce al crescere della
produttività dei lavoratori
E come funziona la distribuzione del reddito?
Macroeconomia
43. • I prezzi dei fattori produttivi sono determinati dalla domanda e dall’offerta sui rispettivi mercati.
• Memento: l’offerta aggregata di ciascun fattore è fissa.
• E che dire della domanda?
Come si determinano i prezzi dei fattori produttivi?
Macroeconomia
44. • Ipotizziamo che i mercati siano perfettamente concorrenziali:
ogni impresa prende il salario W, il prezzo del capitale R e il prezzo del bene prodotto P
come dati.
• Idea base:
un’impresa impiega un lavoratore in più se il suo costo aggiuntivo non è superiore al beneficio
aggiuntivo.
costo = il salario reale pagato
beneficio = il prodotto marginale del lavoro
La domanda di lavoro
Macroeconomia
45. • Quanto più viene utilizzato un fattore produttivo, tanto più il suo prodotto marginale scende
(tenendo costante tutto il resto).
• Intuizione:
Aumentare L tenendo K fisso
⇒ Meno macchine per lavoratore
⇒ Minore produttività
Rendimenti marginali decrescenti
Macroeconomia
46. Ogni impresa impiega lavoro
fino al punto in cui MPL = W/ P
Unità di output
MPL, domanda
di lavoro
Unità di lavoro L
Salario reale
Quantità di lavoro
domandata
MPL e la domanda di lavoro
Macroeconomia
47. • Non è questione di compressione di salari reali (determinati dalla produttività del lavoro e/o dalla
contrattazione).
• Ci sono costi dell’inflazione attesa: suolo delle scarpe, costo dei menu, distorsione nei prezzi
relativi, trattamento fiscale iniquo, incomodi generalizzati nelle transazioni (all’ennesima potenza
in caso di iperinflazione)
• Costo dell’inflazione inattesa: redistribuzione arbitraria del potere d’acquisto, ad esempio tra creditori
e debitori
• Un beneficio dell’inflazione: effetto sui salari reali qualora i salari nominali siano inflessibili
verso il basso.
Perché l’inflazione è un male
Macroeconomia
49. • Differenze tra il breve e il lungo periodo
• Il ruolo della domanda aggregata
• L’offerta aggregata: diversa nel breve e nel lungo periodo
• Il modello di domanda e offerta aggregata permette di analizzare gli effetti di breve e lungo
termine di “shock” economici.
L’economia nel breve periodo
Macroeconomia
50. • Lungo termine:
Prezzi flessibili, che rispondono a variazioni nella domanda o nell’offerta
• Breve termine:
molti prezzi sono “vischiosi”, se non fissi, a qualche livello predeterminato
L’economia si comporta molto diversamente quando i prezzi sono fissi.
Diversi orizzonti temporali
Macroeconomia
51. • La produzione è determinata dal lato dell’offerta.
• Variazioni nella domanda di beni e servizi (C, I, G )hanno effetti sui prezzi, non sulle quantità.
• L’ipotesi cruciale è quella della flessibilità completa dei prezzi, che vale nel lungo periodo.
Nella Teoria Macroeconomica Classica
Macroeconomia
52. …la produzione e l’occupazione dipendono anche dalla domanda per beni e servizi, la quale è
influenzata da
• politica fiscale (G e T )
• politica monetaria (M)
• Altri fattori, come variazioni esogene in C oppure I.
Invece, quando i prezzi sono fissi…
Macroeconomia
53. • Il modello usato dalla maggior parte degli economisti e dei policymaker per ragionare
sulle fluttuazioni economiche e sulle politiche per stabilizzare l’economia.
• Mostra il modo in cui si determinano il livello dei prezzi e la produzione aggregata.
• Mostra le differenze tra breve e lungo termine.
Il modello di domanda e offerta aggregata
Macroeconomia
54. • La curva di domanda aggregata mostra la relazione esistente tra il livello dei prezzi e la quantità
domandata di beni.
• Versione semplificata del modello AD/AS:
ci basiamo su una versione modificata della teoria quantitativa della moneta.
La domanda aggregata
Macroeconomia
55. • Ricordiamoci l’equazione quantitativa
M V = P Y
La funzione di domanda di moneta implica che: (M/P )d = kY
Tra l’altro: è vero che V = 1/k = velocità.
• Per valori dati di M eV, deriviamo una relazione inversa tra P e Y
L’equazione quantitativa come Domanda Aggregata
Macroeconomia
56. Un aumento nel livello dei
prezzi causa una caduta nei
saldi monetari reali (M/P ), la
quale a sua volta causa una
diminuzione nella domanda
di beni e servizi.
P
AD
Y
La curva AD e la sua pendenza negativa
Macroeconomia
57. Un aumento
nell’offerta di moneta
sposta la curva AD
verso destra.
Y
P
AD1
AD2
Spostiamo la curva AD
Macroeconomia
58. Memento: nel lungo periodo la produzione è determinata dall’offerta di fattori
produttivi e dalla tecnologia:
è il livello della produzione (del reddito) di piena occupazione o “naturale”:
il livello al quale le risorse dell’economia sono completamente impiegate.
Il reddito nel lungo periodo non dipende dal livello dei prezzi, dunque la curva di offerta
di lungo periodo (LRAS) è verticale.
L’offerta aggregata nel lungo periodo
Macroeconomia
59. La curva LRAS è verticale
in corrispondenza del reddito
di pieno impiego.
Y
P LRAS
Y
La curva di offerta aggregata nel lungo periodo
Macroeconomia
60. Un aumento di M
sposta la curva AD
verso destra.
Y
P
AD1
AD2
LRAS
Y
P1
P2
Nel lungo termine ciò fa
aumentare il livello dei
prezzi…
…ma lasciata
inalterata la
produzione.
Effetto di lungo termine di un aumento di M
Macroeconomia
61. • Nel mondo reale molti prezzi sono vischiosi.
• Per semplicità ipotizziamo che tutti i prezzi siano fissati nel breve termine a un certo livello
predeterminato…
• …e che le imprese siano disposte a vendere tutto ciò che i loro clienti sono disposti ad
acquistare a quel prezzo.
• Dunque la curva di offerta di breve periodo (SRAS) è orizzontale
L’offerta aggregata nel breve termine
Macroeconomia
62. La curva SRAS è
orizzontale:
Il livello dei prezzi è
predeterminato, e le
imprese vendono tutto ciò
che i loro clienti vogliono
comprare a quel prezzo
Y
P
P
SRAS
La curva di offerta aggregata nel breve periodo
Macroeconomia
63. …un aumento
nella domanda
aggregata…
Y
P
AD1
Nel breve termine quando
i prezzi sono fissi…
…causa un
aumento
nell’output.
P
SRAS
AD2
Y2Y1
Effetti di breve termine di un aumento di M
Macroeconomia
64. Con il tempo i prezzi gradualmente si aggiustano. In che direzione?
Nel breve termine, se Allora gradualmente il
livello dei
prezzi
aumenta
scende
rimane costante
L’economia si sposta verso il suo equilibrio di lungo periodo esattamente
a motivo di questo aggiustamento dei prezzi.
Dal breve a lungo periodo
Macroeconomia
65. Gli effetti di breve e lungo periodo di δM > 0
A = equilibrio iniziale
Y
P
AD1
LRAS
Y
SRAS
AD2
P2
P
Y2
A
B
C
B = nuovo equilibrio di
breve termine dopo
l’aumento di M
C = equilibrio di lungo
termine
Macroeconomia
67. • Shock: variazioni esogene nella domanda o nell’offerta aggregata
• Gli shock spostano temporaneamente l’economia lontana
dall’equilibrio di pieno impiego.
• Esempio di shock di domanda: una diminuzione esogena nella velocità
• Se l’offerta di moneta si mantiene costante, allora una diminuzione di V implica
che le persone utilizzeranno il loro denaro in un un numero minore di transazioni:
meno domanda per beni e servizi.
Gli shock economici
Shock economici
68. LRAS
AD2
P
SRAS
Lo shock sposta la curva AD
verso sinistra: nel breve
periodo output e occupazione
scendono.
Y
P
AD1
Y
P2
Y2
AB
C
Col tempo i prezzi scendono e
l’economia si muove lungo la
curva di domanda fino
all’equilibrio di pieno impiego
di lungo termine.
Gli effetti di uno schock negativo di domanda
Shock economici
69. Uno shock d’offerta modifica i costi di produzione, e dunque influenza i prezzi fissati dalle
imprese (anche chiamati shock di prezzo)
Esempi di shock d’offerta avversi :
• Cattivo tempo riduce le rese dei terreni, aumentando il prezzo del cibo.
• Aumenta il grado di sindacalizzazione dei lavoratori, che ottengono aumenti salariali
(Shock d’offerta favorevoli riducono costi e prezzi)
Gli shock d’offerta
Shock economici
70. • Definizione:
azioni di politica economica finalizzate a ridurre la severità delle fluttuazioni di breve termine.
• Sia la politica fiscale che quella monetaria possono essere utilizzate a tal fine.
• Ad esempio:
gestire uno shock dal lato dell’offerta.
La politica di stabilizzazione
Shock economici
72. 1P
Y
P
AD1
B
2P SRAS2
A
C
Y2
LRAS
Y
AD2
Ma la banca centrale agisce
in maniera accomodante
aumentando l’offerta di
moneta.
Risultati:
P è più elevato in maniera
permanente ma Y rimane al
livello di pieno impiego.
Shock economici
Stabilizzare il reddito con la politica monetaria
73. • Se il PIL reale (totale o pro capite) crescesse sempre allo stesso tasso medio, sarebbe
del tutto superfluo cercare di prevedere una grandezza costante.
• Al contrario, esistono le fluttuazioni economiche, e non hanno carattere di regolarità.
• La fondamentale distinzione è tra predizione e causazione.
• Attenzione: una variabile che è molto utile per predire l’andamento dell’economia
potrebbe non avere alcun rapporto causale con il PIL.
Shock economici
Indicatori leading e lagging del ciclo
74. • Gli indicatori leading sono utili a predire l’andamento dell’economia esattamente in quanto
precedono temporalmente le fluttuazioni nel tasso di crescita del PIL.
• Al contrario gli indicatori lagging si muovono dopo il PIL, e dunque non sono utili per fare
predizioni.
• Si tratta dunque di identificare variabili predittive che anticipino il prima possibile
l’andamento del PIL con il minore errore medio di predizione (aneddoto interessante: le
variabili leading di Greenspan)
• Non necessariamente le migliori variabili leading restano le stesse su orizzonti
temporali molto lunghi.
Shock economici
Indicatori leading e lagging (cont.)
75. • Si tratta di identificare variabili che catturano l’intenzione di accelerare o rallentare le attività
economiche di produzione, investimento e consumo.
• Ad esempio: spese telefoniche, spese per pedaggi autostradali, l’indice PMI (Purchasing
Managers Index) relativo ai responsabili degli acquisti all’interno delle imprese
• Altre variabili non sono economiche per se stesse, ma misurano l’ottimismo o il pessimismo di
cittadini e imprese: indici di fiducia di cittadini e imprese.
• Tema importante per il futuro: le search e gli acquisti su internet potranno essere la base per
migliori indicatori leading?
Shock economici
Alcuni indicatori leading
76. • Per definizione gli indicatori lagging sono “armi spuntate” rispetto al compito di predire
l’andamento dell’economia.
• Tuttavia, ciò non significa che alcune variabili lagging siano irrilevanti dal punto di vista
economico. Anzi!
• L’esempio più eclatante è quello del tasso di disoccupazione e delle sue
variazioni nel tempo: è forse la principale variabile lagging.
• Attenzione però all’interdipendenza tra le variabili (macro)economiche: come reagiscono
le autorità di politica economica a una variabile lagging come la disoccupazione?
Possiamo trarne indicazioni “leading”?
Shock economici
Che dire degli indicatori lagging?
77. • Il messaggio principale: quanto più le scelte di portafoglio possono basarsi su analisi dei
fondamentali, tanto più le variabili macroeconomiche sono in grado di aiutare tali scelte.
• Dunque probabilmente la distinzione cruciale è tra breve e medio/lungo termine, in quanto i
fondamentali contano largamente di più in questo secondo caso.
• Nel breve termine indicatori collegati alle fluttuazioni dei mercati finanziari rilevanti
potrebbero essere più utili (analisi tecnica?)
• Esempio estremo: se c’è ipercomprato sul mercato azionario di un paese emergente sulla
base di indicatori macroeconomici molto buoni, è subottimale acquistare “in ritardo” su quel
mercato sulla base della sola valutazione basata sui fondamentali macroeconomici.
• Se è anche vero che gli indicatori macroeconomici –e in particolare quelli di crescita- sono più
rilevanti per gli investimenti azionari, ciò non toglie che vi sia un ruolo anche nel caso degli
investimenti obbligazionari (inflazione + crescita per i titoli corporate)
Shock economici
Indicatori macroeconomici e scelte di portafoglio
78. • Non è chiaro quale sia il “modello giusto” dell’economia, ma la comprensione del
funzionamento dei meccanismi macroeconomici permette di interpretare meglio gli
andamenti degli indicatori macroeconomici (“perché sta succedendo quel che sta
succedendo?”)
• Importante il ruolo della cosiddetta political economy, cioè lo studio delle interazioni tra
variabili politiche e variabili macroeconomiche.
• [esperimenti vs. studi correlazionali] il vero salto di qualità nell’utilizzo dell’economia nelle
scelte di portafoglio consiste nell’apprendere o capire l’econometria (analisi statistica
multivariata).
Shock economici
Alcuni pensieri aggiuntivi su indicatori e scelte di portafoglio
80. ● Nel lungo termine la prosperità di un paese dipende dalla crescita media del PIL reale.
● Stiamo parlando del valore dei beni e servizi finali, stando attenti a non farsi ingannare
dall’inflazione: se l’anno prossimo produciamo gli stessi beni e servizi di quest’anno ma tutti
i prezzi raddoppiano, il PIL nominale raddoppia, ma il PIL reale –quello che ci interessa -
non cambia.
● Stiamo parlando di PIL totale o di PIL pro capite?
Dipende dall’obiettivo della nostra analisi: potenza di un’economia o benessere medio?
● Nel medio lungo termine la crescita del PIL reale pro capite coincide con la crescita della
produttività.
● Dall’altro, nel medio lungo termine la crescita del PIL reale totale dipende dalla crescita
della produttività E dalla crescita della popolazione: ecco che entra in gioco la
DEMOGRAFIA.
Cambiamenti demografici
La prosperità media e totale
81. ● Se vogliamo cercare di capire come sarà il futuro, dobbiamo ricordarci che gli andamenti della
popolazione (e della sua composizione) così come studiati dalla demografia sono molto più
prevedibili degli andamenti economici: c’è un’inerzia dovuta all’andamento lento dei fenomeni
demografici.
● In assenza di immigrazione ed emigrazione, la popolazione rimane costante se le coppie hanno
in media due figli.
● Uno dei fenomeni più importanti è la cosiddetta transizione demografica.
● Grazie alle innovazioni tecnologiche (in particolare nella sanità) si passa da un regime di
mortalità alta e natalità alta a un regime intermedio di natalità alta e mortalità bassa: le persone
vivono più a lungo, e continuano a fare molti figli.
● Nel regime demografico successivo la natalità comincia scendere velocemente (meno figli con
reddito medio più alto?), talora troppo velocemente: chi produce il reddito per tutta la
popolazione, in particolare quella anziana?
Cambiamenti demografici
Demografia, economia e tecnologia
83. ● Un modo efficace per mostrare gli effetti della transizione demografica consiste nel mostrare la
piramide demografica, cioè un grafico in cui si mostra il numero (o la percentuale) di persone
appartenenti alle diverse classi di età, separatamente per maschi e femmine.
● Uno dei fenomeni più importanti è la cosiddetta transizione demografica.
● Grazie alle innovazioni tecnologiche (in particolare nella sanità) si passa da un regime di
mortalità alta e natalità alta a un regime intermedio di natalità alta e mortalità bassa: le persone
vivono più a lungo, e continuano a fare molti figli.
● Nel regime demografico successivo la natalità comincia scendere velocemente (meno figli con
reddito medio più alto?), talora troppo velocemente: chi produce il reddito per tutta la
popolazione, in particolare quella anziana?
Cambiamenti demografici
La piramide demografica nel tempo
90. ● La sfida/opportunità data dall’aumento della
speranza di vita ha una rilevanza particolare
per il cosiddetto welfare state (assicurazione
sociale rispetto a vecchiaia, malattia, disabilità
e disoccupazione).
● Secondo alcuni il welfare state è la più grande
invenzione sociale del ‘900.
● In particolare, i cambiamenti demografici
pongono problemi di sostenibilità finanziaria e
di equità (tra generazioni) per la spesa
previdenziale e per quella sanitaria.
● Che fare?
Cambiamenti demografici
Quali azioni
di politica economica
devono essere attuate?
91. ● Salvo rarissime eccezioni (il Cile in particolare) il sistema pensionistico è A RIPARTIZIONE
(«senza tesoretto»): le pensioni dei pensionati attuali sono finanziate dai contributi
previdenziali pagati dai lavoratori, e dalla fiscalità generale se i primi sono insufficienti.
● Se (i) le persone vivono più a lungo, (ii) si ritiene ingiusto abbassare le pensioni e (iii) si ritiene
dannoso per la crescita economica alzare i contributi previdenziali, la soluzione corretta per
gestire lo squilibrio demografico è chiara: aumentare l’età pensionabile.
● In Italia questa scelta (Amato, Dini, Maroni, Fornero) è stata affiancata dal passaggio – forse
troppo graduale- a un metodo di calcolo contributivo delle pensioni, invece del metodo
retributivo: si collega in maniera esplicita l’ammontare delle pensioni con l’ammontare dei
contributi pagati durante la vita lavorativa (non accumulati, ma usati per finanziare le pensioni
dei pensionati di allora)
Cambiamenti demografici
La sfida per il welfare state: le pensioni
92. ● Quale spazio può avere il sistema pensionistico a capitalizzazione?
● Idea: i contributi previdenziali obbligatoriamente pagati vanno ad acquistare asset finanziari o
reali: il montante così accumulato viene trasformato in una rendita vitalizia.
● Non nascondiamoci dietro a un dito: la transizione integrale a un sistema a capitalizzazione è
pressoché impossibile, in quanto la generazione dei lavoratori colpita da quella transizione
dovrebbe pagare le pensioni dei pensionati attuali e contemporaneamente accumulare la
propria pensione tramite l’accantonamento di contributi ulteriori.
● Solo un paese con debito pubblico non elevato potrebbe fare qualcosa: l’onere pensionistico
per l’ultima generazione «a ripartizione» verrebbe spalmato sulle generazioni future tramite un
incremento una tantum del debito pubblico stesso.
Cambiamenti demografici
E il sistema pensionistico a capitalizzazione?
93. ● Soluzioni intermedie potrebbero essere sensate.
● [soluzione pubblica] Si può decidere che una (piccola) percentuale dei contributi previdenziali
vada a finanziare un piccolo sistema a capitalizzazione, lasciando alla fiscalità generale il compito
di coprire il conseguente buco nell’ente di previdenza (l’INPS nel caso italiano).
● [soluzione privata] In Italia (ma non solo) lo stato incentiva l’utilizzo di fondi pensioni fornendo
sgravi fiscali, nel nostro caso sotto forma di una deduzione dal reddito complessivo a fini IRPEF
fino a un massimo di 5164 euro annui: perché non alzare tale soglia?
● Ricordiamoci che acquistando quote del capitale (obbligazionario o –meglio- azionario) i cittadini
diventano partecipi con i loro risparmi della crescita economica dei paesi in cui investono.
Cambiamenti demografici
Potenziare le componenti a capitalizzazione
95. Il valore del tempo nella
vita e negli investimenti:
una lezione da Warren
Buffet e Bill Gates
In che modo è possibile trasformare una
decisione in una scelta consapevole e un uomo
troppo impegnato in un uomo in grado di gestire
le sue giornate e la sua agenda? Attraverso il
controllo del tempo.
Millennials
Segue ->
96. Ormai da alcuni anni ho preso l’abitudine di segnare gli appuntamenti sull’agenda digitale del mio smartphone. Per
questo ho avuto un moto di stupore guardando il video che gira su internet, intitolato “Busy is the new stupid”, in
cui Warren Buffet e Bill Gates sono intervistati assieme e l’intervistatore prende in mano l’agenda cartacea di
Warren Buffet. Una piccola agenda da taschino nera, del tutto anonima.
Nel video, Buffet e Gates dimostrano la loro lunga amicizia e confidenza: Bill Gates parla di sé come di un uomo
sempre molto organizzato in ogni momento della giornata e poi indica Buffet che, al contrario, è così “careful about
his time”, cioè è così attento al suo tempo che riesce ad avere giorni vuoti di impegni sull’agenda (“he has days
that there’s nothing on”). E Bill Gates riflette con intelligenza che questo è il modo autentico per stabilire che “you
control your time”, cioè che ciascuno di noi è in grado di controllare il proprio tempo. Un’osservazione sul tempo
che, quanto vale nella vita di tutti i giorni, vale anche nell’ambito della gestione degli investimenti.
Nel momento in cui decidiamo di effettuare un investimento, infatti, non solo decidiamo di disporre delle nostre
risorse, ma anche del tempo che sarà necessario perché quelle risorse diano il necessario risultato (o rendimento).
Come nella vita, così negli investimenti è tutta una questione di tempo e di quanto siamo in grado di averne il
controllo. Perché, e concludo citando Warren Buffet, un uomo (come lui, per esempio) può essere in grado di
comprare qualsiasi cosa, ma non può comprare il tempo.
Millennials
Segue ->
97. Un all-in potenzialmente devastante. I millennial stanno puntando tutti i loro risparmi sulla liquidità, mettendo da
parte soldi per le necessità future. Dunque prendendo la strada con i rendimenti più bassi e più soggetta
all’erosione del patrimonio dall’inflazione. A rivelarlo è un nuovo report pubblicato da Bankrate.com, in cui si
sottolinea come si tratti di una scelta finanziaria che tre ingredienti della vita moderna potrebbero rendere letale:
aspettativa di vita superiore, costi sanitari in aumento e incertezza sul welfare.
In particolare, il 30% dei partecipanti di età compresa tra 18 e 37 anni pensa che gli investimenti liquidi siano il
posto migliore in cui tenere il denaro che non prevedono di usare per almeno dieci anni, mentre per le persone di
38 anni e oltre la percentuale scende al 21%. Molte persone in tutte le fasce d’età (il 32%) pensano che il mercato
azionario sia il posto migliore in cui investire contro il 23% dei millennial. Solo il 2% dei partecipanti opterebbe per
i bitcoin o altre criptovalute.
Poi, incide anche l’educazione finanziaria. Sempre dal report, emerge che circa un terzo degli intervistati non
sappia quali siano i tassi di interesse percepiti dal conto di risparmio. Facendo un’analisi rapida applicata all’Italia
si capisce come puntare sulla liquidità non sia sufficiente. Nel Bel Paese i tassi di interesse per i conti deposito
sono mediamente allo 0,5%. Mentre la media dell’inflazione negli ultimi dieci anni è dell’1,2%. Questo significa
poter stimare a priori un rapporto in perdita. Tutta colpa del fascino della liquidità.
Millennials
98. Le generazioni di oggi dimostrano di essere sempre più attente e previdenti: i Millennials, nello specifico, appaiono molto più interessati alle
polizze assicurative rispetto a chi li ha preceduti
Secondo la ricerca condotta da Friendz, circa 1 Millennial su 6 ha scelto di coprire i propri beni con la stipula di una o più polizze assicurative. Il
tutto con un grado di soddisfazione positivo che ha riguardato il 56% del campione analizzato dalle ricerche; solo il 3% si è detto deluso dai servizi
assicurativi scelti. Tale successo è dovuto anche alla maggiore e migliore presenza delle società assicurative sul web, che consentono ad
esempio di richiedere un preventivo per l’assicurazione direttamente online, semplificando e velocizzando così le procedure necessarie per la
stipula della polizza.
Tra i principali motivi di soddisfazione troviamo la chiarezza in termini espositivi dei prodotti assicurativi e il servizio di customer care, ritenuto
decisivo dal 24% del target. Quali sono le polizze preferite dai più giovani? Da quanto emerso, sono le RC moto e auto, insieme a quelle per la
vita, la casa, la salute, i viaggi e i beni materiali.
Molti gruppi assicurativi hanno quindi scelto di andare incontro alle richieste di un target nuovo come quello dei Millennials. I Millennials si
aspettano infatti dalle compagnie assicurative un certo grado di modernità: un elemento decisivo in termini di apprezzamento è la multicanalità,
indispensabile per andare incontro alle ultime generazioni, nate e cresciute in un contesto digitale.
Di conseguenza è stata osservata una evoluzione notevole del business in questo settore, grazie anche all’accoglienza delle logiche dell’Insurtech
(“Insurance Tecnology”) che, secondo le previsioni degli esperti, rappresenterà un fattore chiave per il successo del 75% delle compagnie. Le
società assicurative stanno quindi sfruttando appieno le soluzioni offerte dall’Industria 4.0, caratterizzata dalle ultime innovazioni digitali come l’IoT
e la blockchain applicata al settore Insurance.
Millennials, in Italia il 15% ha almeno una polizza
Millennials
99. "A fine 2017 in Italia solo il 19% degli under 34 aveva optato per la previdenza complementare, oltre un terzo in meno rispetto
alle fasce più anziane". Lo afferma Giovanni Maggi, presidente di Assofondipensione in occasione dell'assemblea annuale a
Roma. Eppure i risultati per il settore son stati molto positivi. Trenta fondi, tre milioni di lavoratori iscritti (155.000 nuove
adesioni nel corso dell’anno, 5,5%), 51 miliardi di euro di patrimonio. E rendimenti nel lungo periodo superiori alla
rivalutazione del Tfr: 3,1% contro 2,1%.
Dunque i Millennial non sembrano troppo interessati alla pensione integrativa. "In particolare, a causa della precarietà del
lavoro e della mancanza di retribuzioni congrue - aggiunge Maggi - i giovani restano al palo". Forse, aggiungiamo noi, la colpa
è un po' anche del presentismo, uno dei più forti bias comportamentali che porta a procrastinare nel tempo le decisioni chiave
sui propri risparmi. Ve ne avevamo anche parlato ampiamente tempo fa, approfondendo una ricerca di IWBank.
Un'altra criticità emersa nell'incontro è l'assenza nella manovra di «interventi strutturali a favore della previdenza integrativa,
nonostante le richieste delle associazioni di rappresentanza, delle parti sociali e della stessa Autorità di Vigilanza».
Probabilmente servirebbe un cambio di rotta anche dal punto di vista culturale: oggi la pensione è spesso usata dalla politica
come strumento per produrre consenso. Pochi entrano nel merito spiegando vantaggi e svantaggi delle varie forme. Mentre
tra i Millennial, la domanda più gettonata, è se mai la percepiranno.
E i Millennial in Italia?
Solo il 19% sceglie la pensione integrativa
Millennials
100. Contrariamente a quanto si può dire o pensare, sono i giovani quelli più interessati a ricevere consulenza in materia di
investimenti. Il 40% tra gli under 30, tale valore scende al 30% tra chi ha dai 30 ai 49 anni, e si abbassa ulteriormente al 23% dai
50 ai 64 anni, fino ad arrivare 21% tra gli over 65. A riferirlo è la ricerca di Bnp Paribas (Expectations and needs of retail
customers in their banking relationship) svolta su 37mila clienti retail da 10 Paesi diversi (quasi tutti in Europa, tra cui l’Italia).
Dunque i giovani sono sedotti e richiedono il digitale, ma evidentemente non basta. Vogliono anche ricevere consigli da persone
in carne e ossa. E questo non vale solo per loro. La ricerca infatti ha dimostrato come in ben otto Paesi su dieci la gestione della
relazione sia il primo fattore di soddisfazione per i clienti di una banca. Entrando nel dettaglio, la gente dagli istituti si aspetta
principalmente una gestione efficace del suo patrimonio (18%), in secondo luogo c’è l’esigenza di ottenere consigli utili per
vivere una vecchiaia e una pensione serena (15%), al terzo posto la necessità di implementare una pianificazione finanziaria
tale da poter sopperire a dei possibili imprevisti (incidenti, perdita di entrate, ecc.).
Insomma, i clienti vogliono sentirsi supportati dalla propria banca. In tal senso gioca un ruolo fondamentale la capacità di gestire
la relazione e instaurare un rapporto di fiducia con il risparmiatore. Senza tralasciare però la digitalizzazione: in Bnp, il 62% dei
clienti sono digitali. Processo che non porterà alla sparizione del fattore umano. Tutt’altro. Le banche viaggiano verso un
modello phygital (physical + digital). L’unico in grado di soddisfare i clienti attuali e futuri.
Voglia di consulenza: la chiede il 40% degli under 30
Una ricerca di Bnl-Bnp Paribas svela il dato sorprendente sulla clientela retail
Millennials
101. La Silver economy:
le nuove esigenze
da considerare nella
pianificazione finanziaria
102. ● A parte gli interventi sull’età pensionabile, bisogna tenere presente i rischi/opportunità connessi alla
maggior spesa sanitaria per una popolazione in cui la percentuale di anziani tende a crescere
inerzialmente.
● I risparmi ottenuti con riforme pensionistiche prudenti dovranno essere utilizzati in parte per finanziare
una spesa sanitaria crescente rispetto al PIL, nella misura in cui la percentuale di anziani cresce nel
tempo.
● Il maggior rischio dal punto di vista sanitario connesso all’invecchiamento della popolazione: la
demenza senile (sindrome di Alzheimer), la quale colpisce all’incirca il 7% della popolazione sopra i 65
anni. Si prevede che i costi mondiali per gestire la demenza senile raddoppieranno a 2 trilioni di dollari
(tremila miliardi) nel 2030.
● Quanta consapevolezza c’è di questi temi nei diversi paesi? Uno strumento come Google Trends ci
permette di confrontare le scelte di ricerca dei diversi termini in un dato paese nel tempo. Interessante
ad esempio il confronto tra Italia e Gran Bretagna…
Le politiche in ambito sanitario
Silver Economy
105. ● Le economie diventano più prospere grazie all’aumento di produttività (PIL pro capite) e più
grandi grazie alla combinazione dell’aumento di produttività e della crescita della popolazione
(PIL totale).
● «A chi vendiamo tutta questa produzione?» Il sistema economico deve produrre ciò che è
desiderato dai suoi cittadini, ma la composizione di ciò che è desiderato cambia nel tempo.
Certamente cambia nel medio-lungo termine.
● Idea cruciale di CIRCUITO DEL REDDITO: le imprese vendono prodotti e servizi «di
successo» (per cui la disponibilità a pagare è superiore al prezzo) e in questo modo forniscono
reddito a lavoratori, azionisti, obbligazionisti, i quali lo utilizzando per comprare beni e servizi «di
successo».
● Lo studio degli andamenti demografici permette di ottenere predizioni più lungimiranti e accurate
su quali saranno i prodotti e servizi di successo nei diversi paesi.
Le opportunità di investimento
Silver Economy
106. ● In paesi in cui la crescita della popolazione è ben bilanciata (ad esempio negli USA)
l’ampliamento della platea degli anziani si accompagna a generazioni più giovani
comparabilmente ampie: strategia di investimento long (la silver economy non schiaccia la
domanda di beni e servizi delle altre generazioni).
● Attenzione a paesi già sviluppati in cui i bassi tassi di fertilità portano a una piramide
demografica invertita (generazioni di giovani «troppe piccole»): a parte i problemi connessi al
sistema previdenziale, potrebbe essere sensata una strategia di investimento long/short: in
carenza di export sufficiente, i settori che producono beni e servizi per i giovani soffrono
rispetto ai settori della silver economy.
● Ma la divisione percentuale della popolazione nei diversi gruppi di età non deve far dimenticare
il fattore di scala dato dalla crescita della popolazione per paesi che già sono molto popolosi
ora: in particolare Cina e India.
● In generale, va tenuto presente che «i nuovi anziani» dovrebbero conservare gli skill (ad
esempio rispetto all’utilizzo di computer e smart phone) che hanno appreso da giovani.
Paesi ben bilanciati vs paesi di vecchi
Silver Economy
107. ● Dato che i futuri anziani hanno convissuto con le nuove tecnologie durante i decenni precedenti,
le esigenze della terza età potranno essere gestite diversamente, con scelte di consumo non
riducibili a quelle attuali.
Alcuni esempi.
○ Connessioni digitali con amici, parenti, pubblica amministrazione
○ Edilizia «friendly», basata sull’internet delle cose
○ Turismo specializzato
○ Sanità: malattie croniche, residenze protette
● Ecco alcuni dati relativi ai paesi Europei e alla Cina
Silver Economy
108. La spesa per diversi gruppi di età
nell’Unione Europea
(fonte: Stefanik et al. 2013)
Silver Economy
109. La spesa per diversi gruppi di età in Cina
(fonte: Mao e Xu 2012)
Silver Economy
112. Quando si parla di longevity economy, ci si riferisce anche e soprattutto alla previdenza. Il 2018
è stato un anno di grande cambiamento in Italia per il sistema pensioni. Dalla Fornero si è
passati a quota 100, sulla spinta riformista della Lega di Salvini, ma tanti quesiti sono rimasti
irrisolti nel “terzo settore”. Dunque la sanità integrativa, l’assistenza, e tutto ciò che attiene alla
sfera del welfare complementare. Temi molto sentiti per i risparmiatori e di grande rilevanza per
i consulenti, che devono essere aggiornati sulle novità introdotte anche dall’Europa per
consigliare al meglio i propri clienti sulle scelte da compiere al riguardo.
L’anno 2018 verrà ricordato solo in parte per gli interventi in materia di previdenza (nella sua
accezione più generale, di attenzione alla pianificazione dei propri risparmi per rispondere a
rischi e bisogni, non necessariamente in ambito pensionistico): pensioni, sanità e assistenza.
Previdenza, tra riforme e consulenza
Previdenza
Segue ..
Segue ->
113. Dopo le importanti novelle di fine 2017, contenute nella legge di bilancio per il 2018, e destinate
a meglio saldare l’impianto di recente nascita (ma di grande sviluppo) del welfare aziendale
oltre che a incentivare il ricorso a piani o assicurazioni su non autosufficienza e malattia grave
per i lavoratori dipendenti (con una totale defiscalizzazione, senza limiti, ai fini IRPEF, di quanto
versato dal datore a titolo di contributo o premio per tali strumenti), tutta l’attenzione sembra
essersi spostata verso gli interventi destinati a rendere più flessibile la c.d. revisione “Fornero” e
a consentire un’uscita più coerente con le aspettative del mercato del lavoro per coloro che
abbiano carriere di lungo corso (leggasi, quota 100).
Un tentativo in tal senso era già stato svolto dal precedente esecutivo, attraverso il c.d. APE (in
dettaglio, quello social), ma ancora c’era e c’è da fare e da farsi.
Previdenza
Segue ->
114. Il cambio di governo, e il passaggio al modello del “cambiamento”, ha portato così alla
regolamentazione della quota 100, con il nome della misura che fa riferimento alla possibile
combinazione tra età e contributi in misura 62–38, senza penalizzazioni nell’accesso al
trattamento.
Per il resto, il quasi totale silenzio. L’incompiuta riforma del “terzo settore” giace in letargo in
attesa degli ultimi passi di completamento e, allo stato, non risulta applicabile in concreto. Il
mondo del no profit e dell’associazionismo – qui di interesse per le prestazioni sanitarie
integrative e di assistenza – vive in un limbo tra vecchio e nuovo regime, senza troppe
speranze di vedere concluso l’esercizio (o, viceversa, per gli avversatori della riforma, nella
speranza di non conoscerne mai la luce).
Previdenza
Segue ->
115. Previdenza
La sanità integrativa resta ancora priva di una regolamentazione, rimanendo regolata da
disposizioni più a matrice fiscale che di natura civilistico/commerciale, con tutte le criticità –
anche di potenziale futura tutela degli iscritti – che l’assenza di regole può produrre.
Si immagini, tra le tante, che ancora non sussistono paletti minimi in termini di solvibilità dei
singoli fondi sanitari integrativi, con rischi di default tutt’altro che improbabili per alcune delle
realtà esistenti, soprattutto quelle di nuova generazione, cresciute forse troppo velocemente e
senza (probabilmente) troppo considerare i rischi sottesi a tale attività.
Di converso, in assenza di regole, alcune di queste realtà finiscono per essere molto spesso
dei meri “passacarte” verso compagnie di assicurazione, al solo fine di sfruttare le leve fiscali
legate al no profit e alla sanità integrativa (che per definizione dovrebbe svolgersi senza scopo
di lucro); leve altrimenti assenti in caso di collocamento diretto di garanzie assicurative private.
Segue ->
116. Solo l’impulso europeo sembra dare qualche scossone allo stato di torpore della materia. Dai primi di
gennaio 2019 è entrata in vigore la normativa di recepimento della direttiva IORP II in materia di
regolamentazione e governance dei fondi di previdenza a matrice “aziendale”; con obbligo, tra l’altro,
di dotarsi di una serie di funzioni “fondamentali”, quali quelle di audit, di risk management e attuariale
(ove si raccolgano o gestiscano rischi biometrici).
La stessa RITA, in materia di previdenza complementare, tanto caldeggiata da uno dei due scriventi
e redattori di questa nota, considerata fulgente esempio della necessaria diversificazione in termini di
strumenti e opzioni tra primo e secondo pilastro (pena il copia carbone dei difetti, in termini di rigidità
di accesso alle prestazioni della pensione pubblica), non sembra registrare numeri importanti, pur nel
notevole beneficio fiscale riconnesso al suo utilizzo (soprattutto per gli iscritti di lungo corso ante
2007), nel suo effetto utile per coloro che (la maggior parte) vogliano rimanere sotto soglia per
ottenere la prestazione in capitale e non in rendita (nemmeno in parte) e per il più importante e
trascurato degli effetti, quello di garantirsi – ove di interesse – un diritto a lasciare il mondo del lavoro
con anticipo e con un sostegno economico per arrivare all’età di pensione (indipendentemente dalle
logiche dei riscatti, per cui tra l’altro – per la maggior parte dei casi – è richiesta una laurea e un
percorso di studi da valorizzare ai fini dei requisiti previdenziali).
Previdenza
Segue ->
117. L’aggiornamento del professionista della consulenza della materia sembra, quindi, presto fatto.
Si tratterà, allora, di continuare nell’attività di promozione delle adesioni e del ricorso agli strumenti di
welfare complementare, utilizzando anche leve improprie.
La prima è certamente la fiscalità (si pensi al classico esempio del risultato ottenibile, senza far nulla,
attraverso una contribuzione negli ultimi 5 anni di lavoro, attraverso il solo conseguente switch nella
soglia delle risorse deducibili tra aliquota IRPEF e trattenuta “secca” alla fonte del 15%), ma non si
dimentichi l’utilizzo dello strumento a fini di pianificazione successoria (apparentemente più blindato
rispetto alle soluzioni consorelle assicurative; potendosi anche qui utilizzare il “beneficio” come
strumento per superare situazioni di debito che travolgerebbero il passaggio in linea successoria degli
importi presenti nel fondo o per destinare parte delle prestazioni a soggetti diversi dagli eredi legittimi)
oppure – il più controverso tema – del versamento del TFR a fondo pensione per evitare azioni sullo
stesso in caso di vicende divorzili.
Nobile o meno nobile che sia il ragionamento, il fine pare giustificare i mezzi e, se per stimolare il
ricorso al secondo pilastro è necessario qualche colpo “gobbo”, forse tutto questo non va poi così
biasimato.
Previdenza
118. Come cambia la previdenza a livello globale
Viaggio alla scoperta dei vari sistemi pensionistici in vigore a livello internazionale:
un excursus interessante e affascinante sul mondo della previdenza Europa, America, Asia, Africa e
Oceania: il percorso descritto qui non trascura nessun angolo del globo. Perché oltre quota 100, c’è un
modo ricco e variegato da scoprire.
Risulta molto interessante capire come ogni nazione, in base anche alle proprie finanze, abbia regolato
il suo sistema pensionistico.
Riga dopo riga, sono tanti gli spunti utili che vengono fuori e che potrebbero fare al caso della
situazione in Italia. Perché con i cambiamenti demografici in atto, la riduzione della forza lavoro e il
contemporaneo aumento dell’età media, il sistema previdenziale del Bel Paese rischia il crac. E il
problema della sostenibilità, prima o poi dovrà essere risolto.
Previdenza
Segue ->
119. Previdenza
Legge Fornero, quota 100, APE, RITA, riforma Dini, contributivo o retributivo e chi più ne ha
più ne metta: con tutta la buona volontà l’argomento pensioni, da oltre un ventennio, popola i
sogni, o forse è un incubo, di milioni di lavoratori che sono frastornati anche per i continui
cambiamenti che la materia pensionistica subisce.
È doveroso ricordare che l’invecchiamento della popolazione è indubbiamente un fenomeno
comune alla gran parte dei paesi UE e non solo, tant’è che negli ultimi anni i sistemi
pensionistici europei si sono attrezzati per cercare di contenerne le conseguenze innalzando
le età di pensionamento.
Ma se con i 67 anni di età richiesti l’Italia si conferma ai primi posti della classifica europea per
severità dei requisiti, analizzando i dati sull’area OCSE scopriamo che la situazione cambia.
Segue ->
120. Tra il 2012 ed il 2017 le lavoratrici italiane sono andate in pensione ad un’età media effettiva di 61
anni contro una media OCSE di 63 anni e 6 mesi, posizionandosi alle spalle di Paesi come il Regno
Unito (63,9), la Germania (63,4) e la Spagna (61,6).
Il dato è confermato anche tra gli uomini, con un’età pensionabile media effettiva di 62 anni e 4
mesi, a fronte di una media OCSE pari a 65 anni e 3 mesi.
In questo panorama abbiamo ritenuto opportuno fare un giro d’orizzonte al di là dei confini europei.
In Italia, tanto per smentire un luogo comune, l’età effettiva a cui si va in pensione è più bassa
dell’età nominale consentita.
Sulla carta l’età pensionabile si aggira mediamente intorno ai 64 anni: in alcuni paesi come
Giappone, Messico, Corea del Sud, Islanda e Cile molti lavoratori continuano a lavorare per diversi
anni alzando l’età effettiva in cui vanno in pensione, che per i maschi supera i 70 anni (in Islanda
69,7). Solo in Corea del Sud le donne lavorano dopo i 70 anni, anche se mediamente lavorano
all’incirca come gli uomini.
Previdenza
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121. Gli uomini, in particolare, lavorano in media fino a 65 anni in Australia, 66 in Svizzera 69 in
Israele 69. In Corea del Sud un uomo lavora mediamente 72 anni.
Per quanto riguarda le donne i valori sono simili, anche se leggermente più bassi: oltre alla
Corea del Sud, le donne lavorano fino a 67-68 anni in Giappone, Messico, Israele e Turchia. In
Italia le donne smettono mediamente prima di lavorare nonostante sulla carta l’età
pensionabile sia più alta.
L’Italia non è il solo paese in cui la soglia per la pensione è solo nominale: in Slovacchia gli
uomini dovrebbero andare in pensione a 66 anni ma ci vanno in media a 60, in Polonia la
soglia per le donne è 67 anni ma si va in pensione a 60.
Previdenza
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122. Ci sono anche paesi in cui le donne lavorano mediamente più a lungo degli uomini come
Spagna, Francia ed Estonia.
Il Paese che vedrà la maggiore crescita del peso delle pensioni sul proprio bilancio è il Kuwait,
uno dei pochi esempi di Paese contemporaneamente ad alta crescita demografica ed alto
reddito: i kuwaitiani prevedono che, grazie al benessere presente, raggiungeranno un sistema
di assistenza sociale simile a quello occidentale.
A ruota vedremo il Kyrgyzstan, che progetta di spendere il 5,4% in più, e l’Azerbaigian con un
+5,1%.
Anche il Brasile spenderà un 5,1% in più: con Lula e Roussef sono state varate politiche sociali
simili a quelle europee degli ‘60-’70 e nei prossimi decenni sperimenterà il peso di questo sul
pil man mano che l’invecchiamento della popolazione diverrà simile a quello dei paesi europei.
Previdenza
Segue ->
123. Previdenza
Per variazioni della spesa per le pensioni nel mondo troviamo poi l’Uzbekistan, la cui spesa
salirà del 4%, la Bielorussia e la Thailandia e la Moldova con un +3,7%. con un +3,8%.
Anche Algeria e Iran, paesi in crescita a livello di reddito, vedranno una spesa per le pensioni
in crescita e l’adeguamento alle politiche europee e occidentali in tema di pensioni.
In questo contesto è da rimarcare il caso del Portogallo che, grazie ad un accordo bilaterale
con l’Italia del 2009, “attira” pensionati italiani attratti dalla possibilità di non pagare imposte
sulla propria pensione.
Segue ->
124. R U S S I A
Anche in Russia, dove la pensione media ammonta a 14.400 rubli, circa 190 euro, lo zar
Putin ha deciso fosse giunta l’ora di risistemare l’assetto previdenziale.
La riforma approvata dalla Duma in terza lettura il 27 settembre dello scorso anno mette
mano ad un sistema previdenziale creato da Stalin nel 1932: tra il 2019 ed il 2028 l’età
pensionabile salirà gradualmente da 55 a 60 anni per le donne e da 60 a 65 per gli uomini.
Tema estremamente delicato in un paese che ha un’aspettativa di vita di soli 66 anni per gli
uomini e di 77 per le donne: non a caso è stata chiamata “legge sul cambiamento delle
pensioni” e non riforma ed è stata proposta il 14 giugno, giorno di inizio dei mondiali.
Previdenza
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125. S T A T I U N I T I
Prima di illustrare il sistema pensionistico degli States è opprtuna una rivisitazione delle
differenze tra il sistema a ripartizione e quello a capitalizzazione, non senza aver prima
ricordato che negli Stati Uniti, dato 2017, l’aspettativa di vita è i 76 anni per gli uomini e di 78
anni per le donne.
Quello della ripartizione si basa su una regola semplice: chi lavora paga la prestazione di chi
ha smesso di lavorare ed è in pensione: questo sistema si basa essenzialmente sull’equilibrio
tra il numero di persone che lavorano e quelle che sono in pensione ed è utilizzato dalla
maggior parte dei paesi europei tra cui l’Italia.
Si intuisce, pertanto, come il calo degli occupati, cioè di coloro che “producono” contributi,
abbia effetti devastanti sul sistema pensionistico e che la ripresa economica, con
conseguente aumento degli occupati, produrrebbe come effetto collaterale una boccata
d’ossigeno per il sistema pensionistico italiano.
Previdenza
Segue ->
126. Nel sistema pensionistico a capitalizzazione, invece, ogni lavoratore mette via una parte dello
stipendio per la propria pensione futura ed in base a quanto accantonato ed al tasso d’interesse
avrà la sua pensione.
Negli Stati Uniti vige un sistema pensionistico misto, la Social Security, che fornisce un piano
base con il sistema della ripartizione, quello della capitalizzazione viene utilizzato per i fondi
pensione privati: solitamente i lavoratori integrano il piano base della Social Security con i fondi
pensione privati.
Ad introdurlo è stato Franklin Beniamino Roosvelt nel 1953, copre quasi il 96% della
popolazione ed è chiamato OASI “Old Age Survivor Insurance”.
Funziona tramite una tassa, la tax FICA (Federal IncomeContribution Tax Act) che equivale alla
nostra previdenza sociale: viene calcolata sul reddito dei lavoratori dipendenti e dei datori di
lavoro e viene prelevata direttamente dallo stipendio del lavoratore, come in Italia.
Previdenza
Segue ->
127. C I L E
A molti potrà sembrare strano ma uno dei sistemi pensionistici migliori al mondo è quello cileno.
In Cile l’aspettativa di vita, dato 2016, è di 75,7 anni per gli uomini e di 81,9 anni per le donne.
La riforma delle pensioni in Cile, paese più ricco del Sud America ed uno tra i più alti al mondo per sviluppo
umano (HDI), fu messa in atto durante l’inizio degli anni 80 da JosèPinera, giovane e brillante economista
di Harvard, specializzato a Chicago, dove all’epoca si respirava aria di libertà economica grazie al
presidente Reagan ed al contributo del futuro premio nobel, Milton Friedman.
Ogni lavoratore viene dotato di un libretto pensionistico, ora virtuale, in cui è possibile verificare in qualsiasi
momento la propria situazione contributiva: quanto stanno rendendo, quanto ha versato in totale il
lavoratore, quando conviene andare in pensione. Lo Stato, però, non è scomparso del tutto, ma si è
ritagliato due ruoli. Il primo è quello di garante e controllore degli investimenti privati, in gran parte confluiti
su investimenti in azioni e bond a basso rischio, il secondo quello di continuare ad offrire il servizio di
custodia dei contributi a chi preferisse affidare i propri risparmi e contributi ad un ente pubblico. La quasi
totalità dei cileni ha scelto il sistema privato, trasparente e ben disciplinato: i lavoratori possono spostare i
propri contributi tra diversi fondi, “costringendo” questi ultimi ad offrire le migliori condizioni possibili di
investimento. Al netto del tasso di inflazione si stima che in media il conto di ogni lavoratore abbia fruttato
oltre il 12%, permettendo ai pensionati di giungere a ricevere quasi l’80% del reddito medio degli ultimi 10
anni di lavoro.
Previdenza
Segue ->
128. A F R I C A
Con una aspettativa di vita tra le più basse del mondo, intorno ai 50 anni, i paesi Africani hanno
sottovalutato il problema pensionistico.
Fortunatamente, con una vita media che lentamente inizia ad aumentare, il problema pensionistico
inizia a far capolino anche nel continente Africano, che vorrebbe adeguarsi agli standard pensionistici
occidentali (pensione di base statale, pensione obbligatoria legata al lavoro e pensione volontaria per
integrare le prestazioni) ma soffre per la mancanza di occupazione dei suoi abitanti.
Per fare un raffronto l’Italia, paese tra i più anziani al mondo, contribuisce alle pensioni con il 15% del
suo PIL, gli stati Uniti il 7%, dato influenzato dalla preferenza degli americani per la contribuzione
volontaria e dalla mentalità spiccatamente liberista.
L’Europa, mediamente, oscilla intorno all’11%.
Previdenza
129. C I N A
La Cina sta affrontando una crisi demografica fortissima, che risulta addirittura più decisa di quella del
Giappone e che impone dei radicali cambiamenti alle politiche di controllo demografiche sin qui attuate
stante il calo fortissimo della popolazione in età fertile.
L’aspettativa di vita in Cina, dato aggiornato al 2017, è di 75 anni per gli uomini e di 78 anni per le donne
G I A P P O N E
Anche nel civilissimo Giappone il problema pensionistico non è di facile soluzione: paese noto per la
dedizione al lavoro dei suoi cittadini ma con la più alta percentuale al mondo di over 65 con il 25% seguita
da Germania ed Italia con il 21%: come se non bastasse il paese registra uno tra i minori tassi di fertilità al
mondo con 1,5 figli per donna di poco superiore all’Italia con 1,4.
Per semplificare è uno dei paesi al mondo con la maggiore longevità dei suoi cittadini che fanno pochi figli
e sono mediamente molto anziani: una miscela esplosiva per la previdenza.
Sulla carta il sistema previdenziale pubblico nipponico è strutturato per garantire la sostenibilità per i
prossimi 100 anni e le risorse di cui dovrebbe usufruire per effetto della contribuzione minima richiesta a
quanti decidano di aderire ammonterebbero a 2,06 miliardi di miliardi di yen in un secolo.
Previdenza
Segue ->
130. I N D I A
Il sistema di previdenza sociale in India è disciplinato da un cospicuo numero di leggi che regolano
una serie di norme e programmi: nonostante ciò copre soltanto una piccola parte della popolazione.
Il sistema di previdenza sociale in India comprende un pagamento di premi assicurativi nei fondi
governativi (come in Cina) ma anche obblighi forfettari per il datore di lavoro.
Sebbene gran parte della popolazione indiana, facente parte del “settore non organizzato” non ha la
possibilità di essere inserita in un programma previdenziale, i cittadini indiani appartenenti al “settore
organizzato” (che include quelli impiegati da investitori stranieri) ed i loro datori di lavoro sono coperti
dai fondi già menzionati.
I N G H I L T E R R A
Ed in tema di Brexit, non conoscendo al momento le eventuali ricadute che potrebbe avere sul
sistema pensionistico, non può mancare uno sguardo in terra di Albione.
Dal 2016 è stata introdotta in Inghilterra la “New State pension”: per aver diritto alla full state pension il
lavoratore dovrà aver accumulato almeno 35 anni di contributi qualificati.
Previdenza
133. ● La gestione del denaro deve mirare, principalmente al rendimento?
● o all'efficienza rispetto alle proprie necessità ?
● la massimizzazione del rendimento potrebbe non essere necessaria o adatta
Life Planning
135. età patrimonio
disponibile
rendimento
ipotesi 4%
utilizzo annuo
100.000 più 3%
inflazione
ipotizzata
patrimonio
residuo
42 2000000 80000 100000 1980000
43 1980000 79200 103000 1956200
44 1956200 78248 106090 1928358
45 1928358 77134 109273 1896220
46 1896220 75849 112551 1859518
47 1859518 74381 115927 1817971
48 1817971 72719 119405 1771284
49 1771284 70851,4 122987 1719148
50 1719148 68765,9 126677 1661237
51 1661237 66449,5 130477 1597210
52 1597210 63888,4 134392 1526706
53 1526706 61068,3 138423 1449351
54 1449351 57974,0 142576 1364749
55 1364749 54590,0 146853 1272486
56 1272486 50899,4 151259 1172126
57 1172126 46885,0 155797 1063214
58 1063214 42528,6 160471 945272
59 945272 37810,9 165285 817798
60 817798 32711,9 170243 680267
61 680267 27210,7 175351 532127
62 532127 21285,1 180611 372801
63 372801 14912,0 186029 201684
64 201684 8067,35 191610 18140,8
65 18140,8 725,631 197359
-178492
66 -178492 -7139,69 203279 -388911
67 -388911 -15556,5 209378 -613846
68 -613846 -24553,8 215659 -854059
69 -854059 -34162,3 222129 -1110350
70 -1110350 -44414,0 228793 -1383557
Se non si pianificano le entrate e le
uscite economiche e finanziarie
durante il corso della propria vita, il
rischio di ritrovarsi «in rosso» nei
momenE clou è molto elevato.
Cosa può succedere
senza una mappa …
Life Planning
136. Cose strane …..ma vere
Spesso la gente non sa perché risparmia
e, frequentemente, dice che lo fa
“perché non si sa mai”
o per abitudine/educazione
➢ Spesso manca la consapevolezza di quelli
che sono i veri obiettivi/motivi
➢ In realtà, la gente risparmia e/o si indebita
perché ha degli OBIETTIVI oppure perché
ha delle PAURE
Life Planning
137. • concreto
• misurabile
• raggiungibile
• stimolante
Tutte le condizioni devono essere soddisfatte
L’obiettivo deve essere:
Life Planning
138. • Sposarsi, vivere in coppia
• Vivere da single
• Comprare casa
• Integrare la pensione
• Futuro dei Figli
• Donare (…lasciare)
• Iniziare una attività
• Cessare di lavorare
• Viaggiare
• Studiare
Esempi di obiettivi
Life Planning
143. • Divorzio
• Perdita di una Persona cara
• Perdita del lavoro
• Perdita della casa
• Invalidità e malattia
• Fallimento
• Pesante indebitamento
• Condanna
Ci possono essere anche crisi della vita …
Life Planning
145. capitale iniziale 50000€ investito per 30 anni
caso 1 50% azioni/50%
obbligazioni tasso
fisso
70% azioni/30%
obbligazioni tasso
fisso
100% azioni prelievo annuo
50000€
probabilità di finire con >0€ 0 2,8 10,7
probabilità di finire con >5000000€ 0 0,2 5,99
Minimo di anni per esaurire il
portafoglio
7,8 7,4 6,8
valore capitale medio al termine 0,00 € 0,00 € 0,00 €
caso 2 prelievo annuo
35000€
probabilità di finire con >0€ 20,2 31,3 44,8
probabilità di finire con >5000000€ 5,1 15,1 28,6
Minimo di anni per esaurire il
portafoglio
11,2 10,8 9,6
valore capitale medio al termine 0,00 € 0,00 € 0,00 €
caso 3 prelievo annuo
25000€
probabilità di finire con >0€ 65,7 73,0 74,9
probabilità di finire con >5000000€ 27,0 40,1 51,8
Minimo di anni per esaurire il
portafoglio
15,6 15,1 13,4
valore capitale medio al termine 164.488,00 € 328.983,00 € 569.763,00 €
Life Planning
146. obiettivo 1
obiettivo 2
obiettivo 3
……
puoi rinunciare agli obiettivi non prioritari?
QUALE OBIETTIVO NON RAGGIUNTO TI
METTEREBBE IN SERIA DIFFICOLTA’?
Definire le priorità
Life Planning
148. Il Goal Based Investment,
l’approccio corretto agli investimenti:
149. I Goal Based Investment sono un approccio relaEvamente nuovo alla gesEone patrimoniale
che enfaEzza gli invesEmenE con l'obieLvo di raggiungere specifici obieLvi di vita.
I Goal Based Investment coinvolgono un gestore patrimoniale o i clienE dell'impresa di
invesEmento che misurano i loro progressi verso specifici obieLvi di vita, come il risparmio
per l'istruzione dei bambini o la costruzione di un gruzzolo di pensionamento, piu0osto che
concentrarsi sulla generazione del rendimento più elevato possibile del portafoglio o ba0ere il
mercato.
I Goal Based Investment differiscono dagli invesEmenE tradizionali, in quanto il criterio di
successo è la capacità dell'invesEtore di raggiungere i propri obieLvi di vita personale,
piu0osto che il rendimento degli invesEmenE rispe0o alla media del mercato in un
determinato periodo.
Goal Based Investment
Segue ->
151. Il tempo di realizzazione dell’obiettivo è chiaramente un altro fattore dirimente, e strettamente
legato al livello di rischio che si è disposti a correre.
E non si tratta qui di osservare quanto già noto, e cioè che maggiore è il tempo a disposizione,
maggiore è il rischio che si può affrontare (la time diversification su cui, tuttavia, ci sarebbe a
nostro avviso molto, e meglio, da discutere); ma di considerare se la scadenza prescelta in
fase di implementazione del progetto sia tassativa o meno, ricollegandosi quindi al precedente
passaggio inerente al livello di probabilità di successo/fallimento accettabile.
Goal Based Investment
Segue ->
152. Emerge chiaramente che il Goal-based investing non solo deve essere implementato in maniera
oculata, considerando e calibrando attentamente le variabili di cui si è discusso, ma anche che
esso richiede un intenso lavoro di manutenzione costante e rapida nel corso del tempo.
Il consulente finanziario deve infatti analizzare differenti aspetti prima di scegliere come far
investire il cliente, ed essere pronto ad intervenire se le azioni intraprese non avvicinano al
raggiungimento dell’obiettivo.
Si noti, peraltro, che nella logica del Goal-based investing il concetto di rischio deve essere
ripensato; è ovvio, infatti, che si dovrà pur ragionare sull’impatto della volatilità degli investimenti
intrapresi, ma il vero rischio diventa in questo caso il non raggiungimento dell’obiettivo, e non
l’oscillazione dei rendimenti in sé.
Goal Based Investment
Segue ->
153. I vantaggi del Goal Based Investment includono:
Il maggiore impegno dei clienti nei confronti dei loro obiettivi di vita consente loro di osservare
e partecipare a progressi tangibili
Una riduzione delle decisioni impulsive e una reazione eccessiva, basate sulle fluttuazioni del
mercato
Gli investimenti basati sugli obiettivi sono cresciuti in popolarità negli anni successivi alla
Grande recessione del 2008-2009 quando gli investitori hanno capito fino a che punto
l'inseguimento di rendimenti elevati potrebbe avere un impatto negativo sull'accumulo di
ricchezza a lungo termine.
Goal Based Investment
154. I prodotti di riferimento: cosa sono i target funds
I Target Funds si rivolgono a chi vuole far fruttare i propri risparmi per poter conseguire un determinato obiettivo - come
l’acquisto di una casa, l’istruzione superiore dei figli, risparmi supplementari per affrontare l’età pensionistica - entro una
data prestabilita.
I Target Funds operano secondo una strategia di allocazione degli asset che si basa su una data futura prestabilita,
adeguando il modello di allocazione man mano che il fondo si avvicina alla scadenza. L’anno target è identificato nel
nome del fondo. Quindi, ad esempio, se si vuole raggiungere il proprio obiettivo di investimento nel 2040, si sceglie il
Target Fund corrispondente. Diversificazione I Target Funds offrono ai risparmiatori un’esposizione diversificata a livello
globale su una gamma di asset estremamente ampia che comprende azioni, obbligazioni corporate, titoli di stato, settori
e mercati diversi.
I Target Funds sfruttano al massimo le opportunità di crescita dei mercati durante la fase iniziale dell’investimento,
diminuendo il rischio man mano che ci si avvicina alla scadenza, per tutelare capitale ed eventuali rendimenti maturati.
I Target Funds beneficiano dell’esperienza professionale dei gestori attivi, che consente loro di prendere le decisioni più
appropriate, modificando il portafoglio al fine di ottimizzarlo in ogni contesto di mercato.
Goal Based Investment
155. Il vantaggio del Goal Based Investment nella consulenza finanziaria
Quella del Goal Investing è un’impostazione efficace. Infatti, come insegna la finanza
comportamentale, aiuta i risparmiatori a pianificare l’investimento, mantenendosi focalizzati su di
esso facendo leva proprio su una delle principali distorsioni (o bias) comportamentali: di solito le
persone tendono a guardare al loro patrimonio segmentandolo sulla base di obiettivi, i cosiddetti
“conti mentali” (o mental accounts).
Quindi, un punto di debolezza, un bias psicologico ben noto agli esperti di finanza
comportamentale e di psicologia, si trasforma in un punto di forza. Infatti, l’attenzione del
risparmiatore si sposta da parametri freddi e spesso astratti, come la tolleranza al rischio e
l’orizzonte temporale, a bisogni tangibili della vita di tutti noi. Lasciando gli (indispensabili) aspetti
tecnici ai tecnici. Del resto, noi Sapiens siamo creature emotive ed empatiche e le cose concrete
ci motivano molto più dei numeri astratti. Per inciso: con l’investimento ad obiettivi, l’orizzonte
temporale dell’investimento è automaticamente corretto…
Goal Based Investment
156. Il vantaggio del Goal Based Investment nella consulenza finanziaria ConS mentali ed efficienza del portafoglio
Qualcuno potrebbe obie0are che l’eventuale segmentazione del patrimonio in vari portafogli basaE su “conE
mentali” potrebbe rendere inefficiente l’invesEmento. Ma non è così: il padre della moderna teoria di portafoglio
Harry Markowitz, premiato con il Nobel per l’Economia, ha dimostrato in un celebre arEcolo che efficienza di
portafoglio e “conE mentali” vanno perfe0amente d’accordo (cliccate quiper approfondire).
Logica di accumulo vs logica di decumulo
Guardando all’invesEmento per obieLvi da un’altra angolazione, possiamo dividerli in due macro categorie:
- quelli ad accumulo del capitale – ad esempio gli invesEmenE volE a cosEtuire un capitale per i propri figli o per gli
anni della pensione – generalmente legaE alla prima fase della vita di una persona;
- quelli a decumulo – pensaE ad esempio per o0enere un reddito integraEvo da un capitale precedentemente
accumulato – spesso associaE alla seconda fase della vita. Proprio gli invesEmenE volE a fornire un reddito
integraEvo, chiamaE anche invesEmenE Income, sono parEcolarmente importanE, dato che si tra0a di soluzioni
finanziarie finalizzate a mantenere il proprio life-style in un’età in cui le capacità reddituali generalmente si riducono.
In epoca di bassi tassi d’interesse, focalizzare l’a0enzione su questo obieLvo specifico a0raverso il Goal Inves2ng
rende più semplice trovare una soluzione finanziaria adeguata a questo Epo di bisogno.
Goal Based Investment
163. 1) All’inizio degli anni ’80 Reagan ridusse le tasse del 23% in due anni.
L’attesa era un aumento dei consumi.
L’aumento dei consumi non si verificò.
Perché?
Esperimenti naturali
(storia dell’economia)
Finanza comportamentale
164. Simulazioni
Costruzione di scenari ipotetici per osservare gli effetti derivanti dalla modificazione di un
qualche fattore.
Esempio: costruzione di un certo numero di portafogli per vedere quali faranno meglio del
benchmark.
Finanza comportamentale
171. Le prospettive attraverso le quali noi guardiamo il mondo limitano le opzioni della decisione che
possiamo vedere e influenzano come noi possiamo effettivamente comunicare e “passare” quelle
opzioni ad altri.
I frames sono strutture mentali che semplificano e guidano la nostra comprensione di una realtà
complessa e ci costringono a vedere il mondo da una particolare e limitata prospettiva
Finanza comportamentale
Il frame
172. La forza del frame
Finanza comportamentale
Una storia tra il francescano e il gesuita …
I due religiosi sono entrambi forti fumatori e un pò preoccupati per la loro
umana debolezza specialmente quando fumano mentre pregano.
Il francescano si rivolge al suo superiore chiedendo:
“Padre è permesso fumare mentre si prega?” La risposta è no!
Il gesuita si rivolge al suo superiore chiedendo:
“Padre, quando nei momenti di debolezza fumo è permesso
dire una preghiera?” La risposta è no!