1. IL TERRORISMO MEDIATICO
Se un tuo amico ti sta dicendo:
“ Lo sai che se la Grecia dovesse uscire dall’euro sarebbe una catastrofe per tutti noi,
il ritorno della dracma in Grecia costerebbe 11mila euro all'anno per ogni
europeo?”,
AIUTALO! E’ vittima del terrorismo mediatico messo in atto dai giornali.
http://www.repubblica.it/economia/2012/05/15/news/grecia_il_ritorno_della_dracma_costerebbe_11mila_euro_all_anno_per_ogni_europeo-
35060321/
Concedi al tuo amico la possibilità di rendersi conto dello stato di VITTIMA in cui si trova attraverso
una semplice dimostrazione basata su dati e fatti concreti.
Domanda per il tuo amico:
“ Caro amico mio, essendo la popolazione dell’eurozona di circa 332 milioni di abitanti, se li
moltiplichiamo per 11.000 euro, il risultato è 3652 miliardi di euro, cioè... cioè, per capirci, una
volta e mezzo il Pil della Germania! Per di più "all'anno", senza specificare per quanti anni...?
Ehi, amico!? Ma ti rendi conto di cosa stai dicendo? Salvare la Grecia ci costerebbe una volta e
mezzo il Pil della Germania? Ma la Germania è grande più di 10 volte la Grecia, in termini di Pil!
Da dove salta fuori 'sta moltiplicazione per dieci?
Ma la Grecia rimane pur sempre un 3% o giù di lì del Pil dell'eurozona. Ma come può venirti in
mente che la sua uscita provochi uno sconquasso delle proporzioni che tu dici? “
Il giornale che ha riportato la notizia prende come base della sua incredibile asserzione lo studio
dell'UBS . Lo studio è riportato al link e puoi leggerlo http://bruxelles.blogs.liberation.fr/UBS%20fin%20de%20l'euro.pdf.
Cosa dice questo studio? Dice che
"a seceding country would have to expect a cost of EUR9,500 to EUR11,500 per person when
seceding from the Euro area." Cioè:
1) il costo verrebbe sostenuto dal paese che esce (la "seceding country"); e
2) nel primo anno ("when seceding").
Quindi non dice, come riporta Repubblica: "Italiani e spagnoli, ha calcolato Ubs un anno fa,
pagherebbero tra i 9.500 e gli 11.500 euro a testa all'anno per l'addio all'euro di Atene." No.
2. Quello che UBS dice è che italiani e spagnoli pagherebbero (separatamente) questa somma per il
loro eventuale addio all'euro, cioè, rispettivamente per il ritorno alla lira o alla peseta, senza che
questo evento coinvolga (o almeno non per un ammontare simile) tutti i cittadini dell'eurozona!
E ancora, ci sono parecchi dettagli da aggiungere.
Il primo è che lo studio UBS in effetti fornisce una stima in termini di Pil: secondo lo studio, la
perdita sarebbe fra il 40% e il 50% del Pil per il paese che esce. Ci siamo? Siccome il Pil Italiano è
attorno ai 1500 miliardi di euro, e noi siamo circa 60 milioni, a ogni cittadino italiano (non a tutti
gli europei), con questa logica, il ritorno alla lira costerebbe fra i 12.500 e i 10.000 euro nel primo
anno (con altre "rate" intorno ai 3.000 negli anni immediatamente successivi, ma su questo lo
studio non è chiaro).
Poi, c'è un ulteriore dettaglio da aggiungere. Lo studio dichiara che i modelli economici non sono
uno strumento utile per effettuare analisi così radicali, e che secondo lui lo scenario più
appropriato non sarebbe quello della "rottura" dello SME credibile (la svalutazione del 1992-93,
che fu attorno al 20%), ma uno scenario argentino, con svalutazioni attorno al 60%.
BUFALA!
Perché, vedi, la logica sottostante alla svalutazione argentina di fine 2001, o a quella italiana di fine
1992, è esattamente identica: cambiano solo i numeri. In entrambi i casi il cambio nominale si
svalutò di quanto era necessario per recuperare il differenziale di inflazione cumulato rispetto al
paese "core", secondo il modello economico detto della parità relativa del potere d'acquisto, il
quale stabilisce appunto che il cambio nominale tende a "recuperare" quello che il differenziale di
inflazione ha fatto perdere al paese "satellite" rispetto al paese "nucleo".
Ti faccio un esempio.
Nel 1992 l'Italia aveva mantenuto il cambio sostanzialmente fisso rispetto al marco tedesco per i
cinque anni precedenti (il cosiddetto Sme credibile). Nello stesso periodo aveva avuto in media 4
punti di inflazione in più della Germania. Siccome 5x4=20, il cambio nominale dovette svalutarsi
del 20% per rendere i prodotti italiani nuovamente competitivi (cioè: la valuta si deprezzò più o
meno esattamente di quanto si erano complessivamente "apprezzati" i prodotti italiani rispetto a
quelli tedeschi, ovvero di poco superiore al 20%, cioè del 4% all'anno per 5 anni.
Nel 2001 in Argentina la svalutazione fu ben più importante: toccò addirittura il 200%. Ma un
motivo c'era, ed è molto semplice: il differenziale di inflazione cumulato rispetto agli Usa nel
decennio durante il quale il cambio col dollaro era stato fisso (un peso=un dollaro) era molto più
importante.
3. Eh sì, l'Argentina era entrata nella dollarizzazione con una signora inflazione (172%), che non si era
annullata subito, ma dopo cinque anni (trasformandosi in deflazione prima della crisi: vedi, dal
1999 i prezzi stavano diminuendo dell'1% all'anno, il sogno di ogni banchiere centrale...).
Anche qui, a spanna, l'Argentina aveva cumulato 221 punti di inflazione durante la dollarizzazione,
e sottraendo i 31 punti cumulati dagli Usa si arriva a 190 punti. La svalutazione del 2001 fu di
quell'ordine di grandezza:
Ecco, vedi? Il cambio, e, passò da 1 peso a 3.32 pesos per dollaro: una svalutazione del 232% che
però era esagerata rispetto all'assetto dei fondamentali (che implicavano una svalutazione di circa
il 190%), e infatti l'anno successivo (nel 2003) il peso si rivalutò (da 3.32 a 2.91 peso per dollaro),
portandosi in linea coi fondamentali. I quali, se si chiamano fondamentali, un motivo ci sarà. Che ci
possa essere un overshooting nell'aggiustamento del tasso di cambio è cosa nota. Ma alla fine,
placata l'isteria dei mercati, i fondamentali regnano, come la letteratura scientifica più recente ci
insegna. E questo si verifica anche perché sappiamo che i mercati credono a certi modelli e li
4. usano per le loro previsioni. Quindi l'economia va dove i modelli dicono che andrà perché chi ha
il potere di mercato per condizionarla ce la porta, dato che crede a quei modelli. E questo i
professionisti lo sanno e lo dicono. Ripeto: la teoria secondo la quale il cambio nominale tende a
"recuperare" il differenziale di inflazione cumulato si chiama teoria della parità relativa dei
poteri d'acquisto ed è sostanzialmente verificata dai dati. In ogni caso, è ad essa che fanno
riferimento i forecaster ed è su quella formano le loro aspettative, come ci ricordano gli esperti
del Fondo Monetario Internazionale.
Già che ci siamo, osserva un'altra cosa. Tu sai che i nostri amici piddini in questo caso dicono: "ma
la svalutazione avrà generato altrettanta inflazione e quindi non ci saranno stati benefici sul
commercio e sulla bilancia dei pagamenti". Ma noi sappiamo già che questo non è mai vero, e
siccome non lo è mai, non lo è nemmeno nel caso dell'Argentina. A fronte di una svalutazione del
230%, l'inflazione fu del 26% (25.87%), poi scemò rapidamente (13% l'anno successivo, 4% l'anno
ancora dopo), mentre il cambio si stabilizzava attorno a 3 pesos per dollaro. E quindi, siccome i
benefici della svalutazione non furono, come non sono mai, annullati dall'inflazione, il saldo estero
(CA) migliorò di dieci punti, dal -1% al +9%.
Cosa succederebbe a noi se uscissimo? Semplice: quello che è sempre successo perché i mercati
si aspettano che succeda. Dal 1993 al 2010 abbiamo accumulato un differenziale di inflazione di
circa 18 punti rispetto alla Germania. La svalutazione che ci attende sarebbe quindi di circa il
20%. Certo, all'inizio ci sarebbero fluttuazioni enormi, magari in un certo quarto d'ora di un certo
giorno si potrebbe anche arrivare al 100%. Ma i mercati una lira svalutata del 100% se la
comprerebbero subito, perché saprebbero che necessariamente si dovrebbe apprezzare, fino a
tornare in linea con i fondamentali. E infatti, se ci fate caso, molti studi danno per noi una
svalutazione attesa fra il 20% e il 30% in caso di uscita dall'euro.
Sono studi seri, e ora sai da dove esce quel numero.
Dici: ma UBS spara che la svalutazione sarà il doppio, che arriverà al 60%! E io ti rispondo, che gli
studi che queste grandi banche fanno vedere a te sono molto diversi da quelli che si tengono per
loro. E se non credi a me, credi allo studio del Fondo Monetario che ho citato sopra. Ci possono
essere mille e un motivo per i quali una grande banca, in un certo giorno, vuole terrorizzare il
mercato. Del resto, forse questo vale anche per i giornalisti, no?
Quindi, riassumendo:
1) 11.000 euro a testa per cittadino europeo una bella fava: in realtà, se la Grecia uscisse lo
studio UBS dice che i greci (e non gli europei) pagherebbero fra gli 8000 e i 10.000 euro (e questa
la dice lunga su come si fa informazione da noi);
2) che poi forse sarebbero quasi la metà, visto che lo scenario "argentino" del quale favoleggia
UBS non è supportato dalla teoria della parità relativa dei poteri d'acquisto, che è quella che i
mercati usano per fare le previsioni che usano (che non sono quelle che raccontano a voi).
5. A questo punto una domanda dovrebbe nascerti spontanea, ed un’altra te la pongo io, caro amico:
Perché chi fa informazione si comporta con tanta leggerezza (si può dire leggerezza
senza offendere nessuno)?
Come definiresti il modo di riportare le notizie da parte della stampa a maggiore
diffusione nazionale:
CORRETTO O TERRORISTICO?
Liberamente tratto da: http://goofynomics.blogspot.it/2012/05/il-ritorno-del-terrorismo.html