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News 44/SSL/2017
Lunedì, 30 ottobre 2017
La sicurezza nella sanificazione e nella movimentazione di carichi.
La tutela della salute e della sicurezza nei caseifici e i possibili rischi per la sicurezza
in alcuni lavori accessori: le attività di sanificazione e la movimentazione
meccanica dei carichi. La prevenzione nell’uso dei carrelli elevatori.
Bologna, 27 Ott – In ambito agroalimentare sono molte i lavori accessori, le attività
non direttamente correlate alla produzione, che possono nascondere insidie per la
sicurezza degli operatori e che devono essere attentamente analizzate per ridurre
gli eventuali rischi.
Ne parliamo oggi con riferimento ai caseifici e al documento “ Settore
agroalimentare_I caseifici”, correlato al progetto Impresa Sicura, un progetto
multimediale - elaborato da EBER, EBAM, Regione Marche, Regione Emilia-Romagna
e Inail – che è stato validato dalla Commissione Consultiva Permanente come
buona prassi nella seduta del 27 novembre 2013.
In questo documento di Impresa Sicura dopo aver parlato dei rischi correlati agli
ambienti, alle macchine e ad alcune tipologie di lavorazione (ad esempio la
trasformazione di latte pastorizzato in mozzarelle o di latte crudo in Parmigiano
Reggiano) si affrontano anche i rischi di alcuni lavori accessori:
- sanificazione;
- laboratorio di analisi;
- depurazione delle acque di scarico;
- movimentazione meccanica dei carichi.
Ci soffermiamo, ad esempio, sulla sanificazione.
Riguardo a queste attività si indica che “una possibile attività/situazione le cui
condizioni operative possono comportare rischi per la sicurezza è l’uso dell’impianto
di pulizia C.I.P. (Cleaning In Place), un impianto costituito “essenzialmente da una o
più pompe per la circolazione delle soluzioni detergenti, dai serbatoi dove esse sono
contenute, dagli scambiatori termici dove esse vengono riscaldate e dalle linee di
ritorno che vengono fatte seguire ad ogni linea di processo produttivo”.
Veniamo subito ai possibili rischi per la sicurezza:
- utilizzo di attrezzature ad acqua calda o vapore in pressione: “per la pulizia di
contenitori o parti di impianto, è frequente l’utilizzo di idropulitrici manuali a getto di
acqua calda e vapore, con possibilità di bagnarsi e di scottarsi. Si possono verificare
rischi di investimento di schizzi di acqua calda, anche per fuoriuscire accidentali da
rubinetti allentati e mal rimontati dopo la pulizia manuale”. Prevenzione: “durante
l’utilizzo di idropulitrici manuali è necessario che gli addetti si proteggano dagli
schizzi di acqua calda, indossando D.P.I. quali stivali a tenuta con suola antiscivolo,
grembiuli impermeabili lunghi fino sopra gli stivali, guanti. Un particolare accenno
merita il diffuso uso degli stivali di gomma tra gli addetti al caseificio, anche durante
lo svolgimento di mansioni per le quali non sono strettamente necessari; questa
pratica è da sconsigliare non solo per l’impedimento della traspirazione e la
conseguente macerazione con facilitazioni di eventuali infezioni, anche micotiche
(piede del vecchio Casaro). Pertanto è bene limitare l’uso degli stivali in gomma, ai
casi in cui siano strettamente necessari per evitare di bagnarsi, e cambiare
calzature non appena terminata l’operazione. È fondamentale una corretta
organizzazione del lavoro e l’informazione e formazione degli addetti”;
- lavoro in postazioni sopraelevate: “talvolta è necessario smontare e rimontare parti
di macchine ed impianti posti in altezza, per effettuare la loro pulizia, pertanto può
esistere per gli addetti il rischio di cadute dall’alto”. Prevenzione: “per evitare il
rischio di cadute dall’alto, è necessario che gli addetti evitino di arrampicarsi su
macchine e impianti quando sia necessario smontare parti di essi, ma invece
utilizzare scale a palchetto che possono essere facilmente spostate, dotate di
gradini antiscivolo e parapetti/corrimano. È fondamentale l’informazione e la
formazione degli addetti”;
- transito su pavimenti resi scivolosi: “in tutti i reparti del caseificio, specialmente
quelli di produzione, il pavimento tende costantemente a bagnarsi, determinando il
rischio di cadute per scivolamento. A tale rischio contribuisce anche il quotidiano
uso di soluzioni saponate utilizzate per la pulizia dei pavimenti e l’impiego di
idropulitrici a getto d’acqua e vapore in pressione”. Prevenzione: “pavimentazione
realizzata con materiali antiscivolo le cui mattonelle siano montate a fuga larga per
permettere un migliore deflusso del liquido, eventualmente grigliata e/o di
pendenza adeguata con sistemi di raccolta dei liquidi che cadono sul pavimento.
Frequente pulizia del pavimento con prodotti detergenti. Indossare calzature con
suola antiscivolo”.
- installazioni elettriche in locali soggetti a spruzzi d’acqua: “l’utilizzo di idropulitrici a
getto d’acqua e vapore in pressione durante la fase di pulizia delle
apparecchiature, comporta il rischio di cortocircuiti e contatti indiretti con parti in
tensione”. Prevenzione: “le apparecchiature elettriche e gli impianti elettrici devono
essere idonei al luogo nei quali sono installati, in particolare i quadri elettrici e di
comando delle macchine devono essere a tenuta stagna”.
Rimandando alla lettura integrale del documento per i rischi relativi alle attività nel
laboratorio di analisi e per la depurazione delle acque di scarico, ci soffermiamo
brevemente sulla movimentazione meccanica dei carichi, ricordando che le
principali situazioni a rischio riguardano l’utilizzo di carrelli elevatori a forche ad
alimentazione elettrica (“talvolta nei piazzali esterni sono essere utilizzati anche
carrelli elevatori a trazione diesel”) e del carroponte di tipo tradizionale.
Questi i possibili rischi per la sicurezza nella movimentazione meccanica dei carichi:
- lavoro in prossimità di organi meccanici in movimento: “gli organi meccanici
mobili del carrello elevatore possono essere causa di presa, impigliamento,
cesoiamento”. Prevenzione: “le parti pericolose devono essere rese inaccessibili
tramite adeguati ripari fissi”;
- lavoro in prossimità di carichi sospesi: “l’utilizzo di argani, gru e carri-ponte
comporta il rischio di caduta di carichi dall’alto. Inoltre, specie quando alla
manovra partecipa più di un addetto, esiste il rischio di presa delle mani a contrasto
tra le catene, e di investimento da parte del carico dovuto ad oscillazioni che esso
può compiere durante la sua movimentazione”. Prevenzione: “per ridurre il rischio di
investimento e schiacciamento da parte del carico, è necessario che si manovri in
modo da ridurre le oscillazioni. Inoltre, sia chi manovra la gru (gruista), sia chi
provvede alla imbracatura del carico, non si deve mai posizionare tra l’oggetto da
sollevare ed eventuali ostacoli fissi. Il gancio della gru deve essere dotato di chiusura
di sicurezza o conformato in modo da garantire l’impossibilità della caduta
accidentale del carico. In aziende di altri comparti sono accaduti diversi infortuni
mortali proprio per la mancanza di questo semplice dispositivo di sicurezza. Quando
non utilizzato, il gancio non va mai lasciato ad altezza d’uomo, per evitare il rischio
di urti. Il binario sul quale scorre il carro ponte deve essere dotato di apposito
dispositivo di fine corsa. È necessario che l’apparecchio di sollevamento abbia
portata idonea rispetto al peso pezzo da sollevare e venga sottoposto alle verifiche
preventive e periodiche delle apparecchiature nel loro insieme o di loro parti
(esempio funi). Gli esiti degli accertamenti vanno riportati sull’apposito registro
tenuto dall’azienda”. Il documento, che riporta poi indicazioni sulla denuncia e sulle
verifiche periodiche dell’impianto. ricorda, infine, che l’impianto di sollevamento
“deve essere utilizzato solo da personale appositamente formato e che indossi D.P.I.
(scarpe di sicurezza con punta rinforzata, guanti, elmetto”);
- movimentazione meccanica dei carichi con carrelli elevatori: “durante le
operazioni di movimentazione delle merci con l’uso del carrello si possono verificare
numerosi infortuni con pesanti conseguenze agli addetti. Tra i rischi più evidenti
occorre prendere in considerazione il rischio di ribaltamento laterale con
conseguente possibile cesoiamento dell’operatore dovuto alla presenza del
tettuccio di protezione. Questa eventualità può verificarsi per varie ragioni tra le
quali il carico non bene bilanciato e/o per asperità e dislivelli eccessivi del terreno,
raggio di curvatura troppo stretto. Altra evidente causa di infortuni è da ricercare
nell’’investimento di altri lavoratori da parte dei carrelli elevatori o dal materiale
trasportato. In una azienda del comparto è recentemente accaduto un grave
infortunio per investimento da parte di un carrello elevatore condotto in retromarcia.
Quando viene accatastato in modo non corretto, il materiale può cadere ed
investire gli addetti. Nei casi di infortunio accaduti in diversi comparti produttivi (cioè
anche in aziende diverse dai caseifici), le lesioni riportate per infortuni occorsi
durante questa fase lavorativa sono risultate gravi o anche mortali”.
Riguardo alla prevenzione nella movimentazione con carrelli elevatori si ricorda di
“sistemare o attrezzare i carrelli elevatori in modo da limitare i rischi di ribaltamento”.
In questo senso il punto 2.1 dell’allegato IV parte II del D.Lgs. 81/2008 indica che le
attrezzature di lavoro con lavoratore a bordo “devono essere strutturate in modo
tale da ridurre i rischi per il lavoratore durante lo spostamento. Inoltre il punto 2.5
dello stesso allegato, elenca in alternativa una serie di possibili accorgimenti, come
esempi delle possibili soluzioni attuabili, quali:
- cabina per il conducente;
- struttura concepita in modo tale da lasciare, in caso di ribaltamento del carrello
elevatore, uno spazio sufficiente tra il suolo e talune parti del carrello stesso per il
lavoratore o i lavoratori a bordo;
- struttura che trattenga il lavoratore sul sedile del posto di guida per evitare che, in
caso di ribaltamento del carrello elevatore, essi possano essere intrappolati da parti
del carrello stesso;
- dispositivi di trattenuta del conducente al posto di guida dei muletti, per eliminare il
rischio di essere sbalzati fuori, in caso di ribaltamento”.
Infine riportiamo dal documento ulteriori indicazioni per “scongiurare il pericolo di
ribaltamento laterale e di investimento degli addetti” attraverso le seguenti
precauzioni:
- “pavimenti privi di buche, sporgenze o sconnessioni;
- percorsi dei mezzi senza curve troppo strette, senza pendenze eccessive,
preferibilmente a senso unico, oppure ampi a sufficienza per il passaggio di due
carrelli caricati;
- limitazione delle interferenze fra i percorsi dei mezzi e quelli pedonali;
- percorsi pedonali e luoghi di stazionamento dei lavoratori protetti dal pericolo di
investimento da parte di materiali stivati;
- protezione delle uscite da locali o altri punti frequentati dai lavoratori, con appositi
distanziatori o dissuasori fissati a pavimento, quando incrociano i percorsi dei mezzi;
- buona illuminazione dei percorsi e tinteggiatura con colori chiari delle pareti dei
locali di lavoro;
- specchi parabolici ove occorrenti;
- segnalazione e, se necessario, protezione di eventuali ostacoli sul percorso dei
carrelli elevatori;
- individuazione di zone di attraversamento delle linee di trasporto che consentano il
passaggio delle persone senza pericoli di investimento;
- organizzazione spaziale e/o temporale del magazzino in modo da limitare al
minimo le interferenze fra il carico e lo scarico del magazzino stesso;
- i prodotti in entrata devono riportare l’indicazione del loro peso in modo che
l’addetto possa verificare che il carrello ed il sistema di presa sia di adeguata
capacità;
- dispositivi acustici e luminosi di segnalazione di manovra dei mezzi;
- mantenimento della visibilità dal posto di guida dei mezzi anche mediante
opportuno posizionamento del carico trasportato, che comunque deve essere
posizionato più in basso possibile in modo da garantire la stabilità del carrello; in casi
occasionali in cui l’ingombro del carico sia tale da pregiudicare la visuale, il carrello
dovrà essere condotto in retromarcia. Se ciò non fosse possibile per ragioni tecniche
o di percorso il mezzo dovrà essere preceduto o coadiuvato da un altro lavoratore
che aiuti il carrellista nella manovra e segnali agli altri lavoratori eventualmente
presenti nei dintorni, la presenza del trasporto;
- limitazione della velocità dei mezzi in relazione alle caratteristiche del percorso,
anche con eventuali dispositivi regolabili che limitano la velocità;
- protezione degli organi di comando contro l’avviamento accidentale;
- protezione del posto di guida contro il pericolo di investimento di corpi che
possono cadere dall’alto, adeguando allo scopo la protezione del tettuccio di
protezione;
- regolare manutenzione e periodica revisione del mezzo meccanico e delle sue
varie componenti;
- il conducente dovrà guidare con prudenza senza sporgere arti al di fuori
dall’abitacolo del posto di guida, prestare particolare attenzione in retromarcia,
condurre il carrello all’interno dei percorsi segnalati a terra, interrompere il lavoro se
qualcuno si trova nel raggio di azione del mezzo, inserire il freno prima di lasciare il
carrello in sosta;
- disporre il divieto di trasportare persone facendole salire sulle forche di
sollevamento;
- puntuale informazione, formazione, ed addestramento dei lavoratori all’uso
corretto e sicuro dei mezzi nelle diverse condizioni di impiego”.
Concludiamo ricordando che, come sottolineato più volte nel documento, le
attività/situazioni che coinvolgono macchine, attrezzature o impianti in queste fasi
“possono comportare anche rischi per la salute” e che il carrello elevatore
semovente con conducente a bordo è tra le attrezzature di lavoro per le quali l’
Accordo Stato-Regioni inerente le attrezzature di lavoro, pubblicato il 22 febbraio
2012, richiede una specifica abilitazione degli operatori.
-Il sito “ Impresa Sicura”: l’accesso via internet è gratuito e avviene tramite una registrazione al sito.
-Commissione Consultiva Permanente per la salute e sicurezza sul lavoro - Buone Prassi -Documento
approvato nella seduta del 27 novembre 2013 – Impresa Sicura
Fonte: puntosicuro.it
Come fare formazione per la sicurezza e come aggiornarla?
Un riepilogo delle linee applicative degli accordi in materia di formazione per la
sicurezza di lavoratori, dirigenti, preposti e datori di lavoro RSPP.
Brescia, 26 Ott – Per supportare i lettori e gli operatori nell’applicazione della
complicata normativa in materia di formazione alla sicurezza, PuntoSicuro ha
intrapreso un percorso di approfondimento di quanto richiesto dai principali accordi
approvati in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e
le Province autonome di Trento e di Bolzano.
E in relazione ai due Accordi del 21 dicembre 2011 – l’ Accordo Stato-Regioni per la
formazione dei lavoratori (ex articolo 37 del D.Lgs. 81/2008) e l’ Accordo Stato-
Regioni sui corsi di formazione per lo svolgimento diretto, da parte del datore di
lavoro, dei compiti di prevenzione e protezione dai rischi (ex articolo 34 del D.Lgs.
81/2008) - non possiamo non ricordare quanto poi riportato in un successivo e
importante documento chiarificatore.
Stiamo parlando del documento approvato – sempre in sede di Conferenza Stato-
Regioni – il 25 luglio 2012 contenente “ Adeguamento e linee applicative degli
accordi ex articolo 34, comma 2, e 37, comma 2, del decreto legislativo 9 aprile
2008, n. 81, e successive modificazioni e integrazioni”.
Sono stati molti gli articoli dedicati da PuntoSicuro a questo documento, nato per
facilitare l’applicazione e l’interpretazione, anche in sede di vigilanza, di quanto
contenuto negli accordi del 2011.
Con particolare riferimento a quanto contenuto nell’articolo “ Accordi formazione:
chiarimenti per lavorare meglio e bene”, rifacciamo brevemente il punto di alcuni
dei vari contenuti delle linee applicative:
- collaborazione degli Organismi paritetici alla formazione: si ricorda che la legge
“non impone al datore di lavoro di effettuare la formazione necessariamente con gli
organismi paritetici quanto, piuttosto, di mettere i medesimi a conoscenza della
volontà di svolgere una attività formativa; ciò in modo che essi possano, se del
caso, svolgere efficacemente la funzione che il “testo unico” attribuisce loro,
attraverso proprie proposte al riguardo”. Sono poi riportate le condizioni necessarie
affinché questa collaborazione possa funzionare, ad esempio gli Organismi paritetici
devono essere costituiti da associazioni sindacali di datori di lavoro e lavoratori che
siano comparativamente più rappresentative a livello nazionale ed essere presenti
nel territorio e settore;
L' accordo Stato-Regioni del 7 luglio 2016 precisa inoltre, modificando l'Accordo
2011 per la formazione dei lavoratori sostituendo la nota nella premessa:
"Nota: in coerenza con le previsioni di cui all'articolo 37, comma 12, del D.Lgs. n.
81/08, i corsi di formazione per i lavoratori vanno realizzati previa richiesta di
collaborazione agli organismi paritetici, così come definiti all'articolo 2, comma 1,
lettera ee), del D.Lgs. 81/08, ove esistenti sia nel territorio che nel settore nel quale
opera l'azienda. In mancanza, il datore di lavoro procede alla pianificazione e
realizzazione delle attività di formazione".
La nuova nota specifica che "Ove la richiesta riceva riscontro da parte
dell'organismo paritetico, delle relative indicazioni occorre tener conto nella
pianificazione e realizzazione delle attività di formazione, anche ove tale
realizzazione non sia affidata agli organismi paritetici.
Ove la richiesta di cui al precedente periodo non riceva riscontro dall'organismo
paritetico entro quindici giorni dal suo invio, il datore di lavoro procede
autonomamente alla pianificazione e realizzazione delle attività di formazione.
Viene così maggiormente definito il concetto di collaborazione.
L'accordo Stato-Regioni del 7 luglio 2016 indica poi i criteri che tali organismi devono
soddisfare ai fini della rappresentatività, in termini comparativi sul piano nazionale:
- consistenza numerica degli associati delle singole OO.SS.;
- ampiezza e diffusione delle strutture organizzative;
- partecipazione alla formazione e stipulazione dei contratti nazionali collettivi di
lavoro (con esclusione dei casi di sottoscrizione per mera adesione);
- partecipazione alla trattazione delle controversie di lavoro.
La nota in premessa all'Accordo 2011, modificata dall'Accordo 2017, termina infine
specificando che "Si rappresenta, inoltre che devono intendersi soppressi i riferimenti
agli enti Bilaterali contenuti nel paragrafo "Collaborazione degli organismi paritetici
alla formazione" dell'Accordo tra il Governo, le Regioni e le Province autonome di
Trento e di Bolzano, sul documento proposto dal Ministero del lavoro e delle
politiche sociali recante «Adeguamento e linee applicative degli accordi ex articolo
34, comma 2 e 37, comma 2 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 e successive
modificazioni e integrazioni» (Repertorio atti n. 153 /CSR del 25 luglio 2012).
- aggiornamento della formazione: le linee applicative del 2012 sottolineano che
“entrambi gli accordi del 21 dicembre prevedono l’aggiornamento della
formazione, svolto in un arco temporale quinquennale, a partire dal momento in cui
è stato completato il percorso formativo di riferimento”. Inoltre tali linee applicative
forniscono ulteriori indicazioni in ordine alle modalità per mezzo delle quali si possa
ottemperare all’obbligo di aggiornamento.
Tuttavia l'accordo Stato-Regioni del 7 luglio 2016 modifica alcune di queste
indicazioni prevedendo che "l'aggiornamento per lavoratori, preposti, dirigenti,
datori di lavoro che intendono svolgere i compiti propri del servizio di prevenzione e
protezione di cui agli accordi del 21 dicembre 2011 e quello per il rappresentante
dei lavoratori per la sicurezza previsto dall'art. 37, comma 11, del d.lgs. n. 81/2008
può essere ottemperato per mezzo della partecipazione a convegni o seminari nella
misura non superiore al 50% del totale di ore previste", non citando più la previsione
di una verifica finale di apprendimento (così come non è più prevista per i corsi di
aggiornamento per RSPP e ASPP).
Riguardo all’obbligo di aggiornamento quali sono le tempistiche? Come calcolare
l’arco temporale quinquennale?
Sono sempre le linee applicative a dircelo: “al fine di favorire una rapida
individuazione, anche nel caso in cui l’aggiornamento sia svolto in diverse occasioni
nell’arco del quinquennio, dei termini per l’adempimento, si ritiene che i cinque anni
di cui agli accordi decorrano sempre a far data dal giorno della pubblicazione in
Gazzetta Ufficiale degli accordi e, quindi, sempre considerando il quinquennio
successivo all’11 gennaio 2012”. Quindi per i soggetti già formati alla data di
pubblicazione degli accordi la scadenza era l’11 gennaio 2017.
Tuttavia “con riferimento ai soggetti formati successivamente all’11 gennaio 2012, il
termine iniziale per il calcolo del quinquennio per l’aggiornamento non può che
essere, invece, quello della data dell’effettivo completamento del rispettivo
percorso formativo, coerente con i contenuti degli accordi”.
Torniamo alle linee applicative e ci soffermiamo su una parte meno conosciuta, ma
ugualmente importante, come messo in rilievo da Rolando Dubini nell’articolo “
Come interpretare le linee applicative degli accordi sulla formazione”.
Nella parte relativa all’efficacia degli accordi il documento ribadisce l'aspetto
fondamentale di ogni attività formativa.
Si parla della “necessità che la formazione sia comunque progettata e realizzata
tenendo conto delle risultanze della valutazione dei rischi, con la conseguenza che:
‘il percorso formativo e i relativi argomenti possono essere ampliati in base alla
natura e all’entità dei rischi presenti in azienda, aumentando di conseguenza il
numero di ore necessario’”.
Pertanto – continua il documento – “in linea di massima la formazione da erogare al
lavoratore e, per quanto facoltativa nell’articolazione, ai dirigenti e ai preposti, viene
individuata avendo riguardo al ‘percorso’ delineato dall’accordo ex articolo 37 del
d.lgs. n. 81/2008, che costituisce un percorso minimo e, tuttavia, sufficiente rispetto
al dato normativo, salvo che esso non debba essere integrato tenendo conto di
quanto emerso dalla valutazione dei rischi o nei casi previsti dalla legge (si pensi
all’introduzione di nuove procedure di lavoro o nuove attrezzature)”.
Concludiamo con un’altra utile sottolineatura sulla “classificazione” dei lavoratori.
Si indica che “l’accordo ex articolo 37 del “testo unico” di salute e sicurezza sul
lavoro espone, al punto 4, nella parte denominata “Condizioni particolari”, il
principio per il quale: ‘I lavoratori di aziende, a prescindere dal settore di
appartenenza, che non svolgano mansioni che comportino la loro presenza, anche
saltuaria, nei reparti produttivi, possono frequentare i corsi individuati per il rischio
basso”. In tal modo viene esplicitato il principio generale in forza del quale la
‘classificazione’ dei lavoratori, nei soli casi in cui esistano in azienda soggetti non
esposti a medesime condizioni di rischio, può essere fatta anche tenendo conto
delle attività concretamente svolte dai soggetti medesimi, avendo a riferimento
quanto nella valutazione dei rischi; ad esempio, i lavoratori di una azienda
metallurgica che non frequentino reparti produttivi o i lavoratori che svolgano
semplice attività d’ufficio saranno considerati come lavoratori che svolgano una
attività a rischio “basso” e non lavoratori (come gli operai addetti alle attività dei
reparti produttivi) che svolgano una attività che richiederebbe i corsi di formazione
per il rischio “alto” o “medio”. Analogamente, ove la valutazione dei rischi di una
azienda la cui classificazione ATECO prevede l’avvio dei lavoratori a corsi a rischio
“basso” evidenzi l’esistenza di rischi particolari, tale circostanza determina la
necessità di programmare e realizzare corsi adeguati alle effettive condizioni di
rischio (quindi, di contenuto corrispondente al rischio “medio” o “alto”)”.
Tali indicazioni sono ribadite dall' Accordo Stato-Regioni del 7 luglio 2016 in
riferimento alla formazione specifica in modalità e-learning.
L'accordo specifica infatti che "nelle aziende inserite nel rischio basso, così come
riportato nella tabella di cui all'allegato II dell'accordo del 21 dicembre 2011, è
consentito il ricorso alla modalità e-learning, nel rispetto delle disposizioni di cui
all'allegato II (dell'Accordo 2016, ndr) e a condizione che i discenti abbiano
possibilità di accesso alle tecnologie impiegate, familiarità con l'uso del computer e
buona conoscenza della lingua utilizzata, per l'erogazione della formazione
specifica dei lavoratori di cui all'accordo sancito sede di Conferenza permanente
per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e Province autonome di Trento e Bolzano nella
seduta del 21 dicembre 2011 relativo alla individuazione dei contenuti della
formazione dei lavoratori, dei dirigenti e dei preposti. Tale indicazione vale anche
per la formazione specifica dei lavoratori che, a prescindere dal settore di
appartenenza, non svolgono mansioni che comportino la loro presenza, anche
saltuaria, nei reparti produttivi, così come indicato al primo periodo del paragrafo 4
"Condizioni particolari" dell'accordo del 21 dicembre 2011. A tal fine si precisa che la
formazione specifica per lavoratori deve essere riferita, in ogni caso, all'effettiva
mansione svolta dal lavoratore e deve essere pertanto erogata rispetto agli aspetti
specifici scaturiti dalla valutazione dei rischi. Pertanto per le aziende inserite nel
rischio basso non è consentito il ricorso alla modalità e-learning per tutti quei
lavoratori che svolgono mansioni che li espongono ad un rischio medio o alto”.
Per applicare correttamente la normativa in materia di formazione alla sicurezza,
secondo gli accordi del 21 dicembre 2011, è quindi importante conoscere anche l’
Accordo Stato-Regioni del 7 luglio 2016 che non solo individua i requisiti della
formazione dei responsabili e degli addetti del servizio di prevenzione e protezione,
ma che modifica vari aspetti normati dagli accordi del 2011.
Fonte: puntosicuro.it
Ispra Snpa, aggiornato manuale rischio esposizione agenti chimici mutageni.
ROMA – Manuale per la valutazione del rischio da esposizione ad agenti chimici
pericolosi e ad agenti cancerogeni e mutageni. È stata pubblicata da Ispra –
Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente Snpa, la terza revisione del
manuale sulle misure di valutazione e gestione del rischio indirizzate agli operatori
Ispra e delle agenzie ambientali regionali e provinciali. Revisione curata dal Centro
Interagenziale “Igiene e Sicurezza del Lavoro” con la collaborazione di Inail, che
aggiorna i propri riferimenti alla luce dei Regolamenti Reach e Clp e della recente
evoluzione della normativa di settore.
La prima versione del documento appena aggiornato risale al 2006 Linee guida
2006 sul rischio chimico, cancerogeno e mutageno nei laboratori delle AA, poi
evoluito nella versione 2011 Linee guida per la valutazione del rischio da esposizione
ad agenti chimici pericolosi e ad agenti cancerogeni e mutageni che viene quindi
rivisto ora in seguito alla progressiva attuazione di Reach e Clp e in seguito al
documento della Commissione consultiva permanente per la salute e la sicurezza
sul lavoro datato 2012 Criteri e strumenti per la valutazione e la gestione del rischio
chimico negli ambienti di lavoro ai sensi del D.Lgs. n. 81/2008 e smi, (Reg. (CE) n.
1907/2006, Reg.(CE) n. 1272/2008 e Reg. (UE) n. 453/2010).
Gli aggiornamenti hanno interessato gli algoritmi di calcolo degli indici di rischio, i
percorsi di valutazione, gli agenti privi di Valore Limite di Esposizione; numero CER e
codifica rifiuti; buone prassi di laboratorio e procedure di gestione degli agenti
chimici.
Questo l’indice del volume:
 Il rischio connesso all’uso di sostanze pericolose;
 Riferimenti definizioni e terminologia;
 Sostanze e miscele pericolose;
 L’evoluzione normativa in tema di sostanze chimiche;
 Principi generali per operare con agenti chimici pericolosi;
 Il rischio da esposizione a sostanze pericolose;
 Valutazione del rischio da esposizione ad agenti chimici pericolosi;
 Valutazione del rischio da esposizione ad agenti cancerogeni e mutageni;
 Procedura di gestione degli agenti chimici pericolosi;
 Il monitoraggio biologico e ambientale.
(Articolo di Corrado De Paolis)
Info: Snpa Manuale valutazione rischio agenti pericoloso cancerogeni mutageni
Fonte: quotidianosicurezza.it

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  • 1. News 44/SSL/2017 Lunedì, 30 ottobre 2017 La sicurezza nella sanificazione e nella movimentazione di carichi. La tutela della salute e della sicurezza nei caseifici e i possibili rischi per la sicurezza in alcuni lavori accessori: le attività di sanificazione e la movimentazione meccanica dei carichi. La prevenzione nell’uso dei carrelli elevatori. Bologna, 27 Ott – In ambito agroalimentare sono molte i lavori accessori, le attività non direttamente correlate alla produzione, che possono nascondere insidie per la sicurezza degli operatori e che devono essere attentamente analizzate per ridurre gli eventuali rischi. Ne parliamo oggi con riferimento ai caseifici e al documento “ Settore agroalimentare_I caseifici”, correlato al progetto Impresa Sicura, un progetto multimediale - elaborato da EBER, EBAM, Regione Marche, Regione Emilia-Romagna e Inail – che è stato validato dalla Commissione Consultiva Permanente come buona prassi nella seduta del 27 novembre 2013. In questo documento di Impresa Sicura dopo aver parlato dei rischi correlati agli ambienti, alle macchine e ad alcune tipologie di lavorazione (ad esempio la trasformazione di latte pastorizzato in mozzarelle o di latte crudo in Parmigiano Reggiano) si affrontano anche i rischi di alcuni lavori accessori: - sanificazione; - laboratorio di analisi; - depurazione delle acque di scarico; - movimentazione meccanica dei carichi. Ci soffermiamo, ad esempio, sulla sanificazione. Riguardo a queste attività si indica che “una possibile attività/situazione le cui condizioni operative possono comportare rischi per la sicurezza è l’uso dell’impianto di pulizia C.I.P. (Cleaning In Place), un impianto costituito “essenzialmente da una o più pompe per la circolazione delle soluzioni detergenti, dai serbatoi dove esse sono
  • 2. contenute, dagli scambiatori termici dove esse vengono riscaldate e dalle linee di ritorno che vengono fatte seguire ad ogni linea di processo produttivo”. Veniamo subito ai possibili rischi per la sicurezza: - utilizzo di attrezzature ad acqua calda o vapore in pressione: “per la pulizia di contenitori o parti di impianto, è frequente l’utilizzo di idropulitrici manuali a getto di acqua calda e vapore, con possibilità di bagnarsi e di scottarsi. Si possono verificare rischi di investimento di schizzi di acqua calda, anche per fuoriuscire accidentali da rubinetti allentati e mal rimontati dopo la pulizia manuale”. Prevenzione: “durante l’utilizzo di idropulitrici manuali è necessario che gli addetti si proteggano dagli schizzi di acqua calda, indossando D.P.I. quali stivali a tenuta con suola antiscivolo, grembiuli impermeabili lunghi fino sopra gli stivali, guanti. Un particolare accenno merita il diffuso uso degli stivali di gomma tra gli addetti al caseificio, anche durante lo svolgimento di mansioni per le quali non sono strettamente necessari; questa pratica è da sconsigliare non solo per l’impedimento della traspirazione e la conseguente macerazione con facilitazioni di eventuali infezioni, anche micotiche (piede del vecchio Casaro). Pertanto è bene limitare l’uso degli stivali in gomma, ai casi in cui siano strettamente necessari per evitare di bagnarsi, e cambiare calzature non appena terminata l’operazione. È fondamentale una corretta organizzazione del lavoro e l’informazione e formazione degli addetti”; - lavoro in postazioni sopraelevate: “talvolta è necessario smontare e rimontare parti di macchine ed impianti posti in altezza, per effettuare la loro pulizia, pertanto può esistere per gli addetti il rischio di cadute dall’alto”. Prevenzione: “per evitare il rischio di cadute dall’alto, è necessario che gli addetti evitino di arrampicarsi su macchine e impianti quando sia necessario smontare parti di essi, ma invece utilizzare scale a palchetto che possono essere facilmente spostate, dotate di gradini antiscivolo e parapetti/corrimano. È fondamentale l’informazione e la formazione degli addetti”; - transito su pavimenti resi scivolosi: “in tutti i reparti del caseificio, specialmente quelli di produzione, il pavimento tende costantemente a bagnarsi, determinando il rischio di cadute per scivolamento. A tale rischio contribuisce anche il quotidiano uso di soluzioni saponate utilizzate per la pulizia dei pavimenti e l’impiego di idropulitrici a getto d’acqua e vapore in pressione”. Prevenzione: “pavimentazione realizzata con materiali antiscivolo le cui mattonelle siano montate a fuga larga per permettere un migliore deflusso del liquido, eventualmente grigliata e/o di pendenza adeguata con sistemi di raccolta dei liquidi che cadono sul pavimento. Frequente pulizia del pavimento con prodotti detergenti. Indossare calzature con
  • 3. suola antiscivolo”. - installazioni elettriche in locali soggetti a spruzzi d’acqua: “l’utilizzo di idropulitrici a getto d’acqua e vapore in pressione durante la fase di pulizia delle apparecchiature, comporta il rischio di cortocircuiti e contatti indiretti con parti in tensione”. Prevenzione: “le apparecchiature elettriche e gli impianti elettrici devono essere idonei al luogo nei quali sono installati, in particolare i quadri elettrici e di comando delle macchine devono essere a tenuta stagna”. Rimandando alla lettura integrale del documento per i rischi relativi alle attività nel laboratorio di analisi e per la depurazione delle acque di scarico, ci soffermiamo brevemente sulla movimentazione meccanica dei carichi, ricordando che le principali situazioni a rischio riguardano l’utilizzo di carrelli elevatori a forche ad alimentazione elettrica (“talvolta nei piazzali esterni sono essere utilizzati anche carrelli elevatori a trazione diesel”) e del carroponte di tipo tradizionale. Questi i possibili rischi per la sicurezza nella movimentazione meccanica dei carichi: - lavoro in prossimità di organi meccanici in movimento: “gli organi meccanici mobili del carrello elevatore possono essere causa di presa, impigliamento, cesoiamento”. Prevenzione: “le parti pericolose devono essere rese inaccessibili tramite adeguati ripari fissi”; - lavoro in prossimità di carichi sospesi: “l’utilizzo di argani, gru e carri-ponte comporta il rischio di caduta di carichi dall’alto. Inoltre, specie quando alla manovra partecipa più di un addetto, esiste il rischio di presa delle mani a contrasto tra le catene, e di investimento da parte del carico dovuto ad oscillazioni che esso può compiere durante la sua movimentazione”. Prevenzione: “per ridurre il rischio di investimento e schiacciamento da parte del carico, è necessario che si manovri in modo da ridurre le oscillazioni. Inoltre, sia chi manovra la gru (gruista), sia chi provvede alla imbracatura del carico, non si deve mai posizionare tra l’oggetto da sollevare ed eventuali ostacoli fissi. Il gancio della gru deve essere dotato di chiusura di sicurezza o conformato in modo da garantire l’impossibilità della caduta accidentale del carico. In aziende di altri comparti sono accaduti diversi infortuni mortali proprio per la mancanza di questo semplice dispositivo di sicurezza. Quando non utilizzato, il gancio non va mai lasciato ad altezza d’uomo, per evitare il rischio di urti. Il binario sul quale scorre il carro ponte deve essere dotato di apposito dispositivo di fine corsa. È necessario che l’apparecchio di sollevamento abbia portata idonea rispetto al peso pezzo da sollevare e venga sottoposto alle verifiche preventive e periodiche delle apparecchiature nel loro insieme o di loro parti
  • 4. (esempio funi). Gli esiti degli accertamenti vanno riportati sull’apposito registro tenuto dall’azienda”. Il documento, che riporta poi indicazioni sulla denuncia e sulle verifiche periodiche dell’impianto. ricorda, infine, che l’impianto di sollevamento “deve essere utilizzato solo da personale appositamente formato e che indossi D.P.I. (scarpe di sicurezza con punta rinforzata, guanti, elmetto”); - movimentazione meccanica dei carichi con carrelli elevatori: “durante le operazioni di movimentazione delle merci con l’uso del carrello si possono verificare numerosi infortuni con pesanti conseguenze agli addetti. Tra i rischi più evidenti occorre prendere in considerazione il rischio di ribaltamento laterale con conseguente possibile cesoiamento dell’operatore dovuto alla presenza del tettuccio di protezione. Questa eventualità può verificarsi per varie ragioni tra le quali il carico non bene bilanciato e/o per asperità e dislivelli eccessivi del terreno, raggio di curvatura troppo stretto. Altra evidente causa di infortuni è da ricercare nell’’investimento di altri lavoratori da parte dei carrelli elevatori o dal materiale trasportato. In una azienda del comparto è recentemente accaduto un grave infortunio per investimento da parte di un carrello elevatore condotto in retromarcia. Quando viene accatastato in modo non corretto, il materiale può cadere ed investire gli addetti. Nei casi di infortunio accaduti in diversi comparti produttivi (cioè anche in aziende diverse dai caseifici), le lesioni riportate per infortuni occorsi durante questa fase lavorativa sono risultate gravi o anche mortali”. Riguardo alla prevenzione nella movimentazione con carrelli elevatori si ricorda di “sistemare o attrezzare i carrelli elevatori in modo da limitare i rischi di ribaltamento”. In questo senso il punto 2.1 dell’allegato IV parte II del D.Lgs. 81/2008 indica che le attrezzature di lavoro con lavoratore a bordo “devono essere strutturate in modo tale da ridurre i rischi per il lavoratore durante lo spostamento. Inoltre il punto 2.5 dello stesso allegato, elenca in alternativa una serie di possibili accorgimenti, come esempi delle possibili soluzioni attuabili, quali: - cabina per il conducente; - struttura concepita in modo tale da lasciare, in caso di ribaltamento del carrello elevatore, uno spazio sufficiente tra il suolo e talune parti del carrello stesso per il lavoratore o i lavoratori a bordo; - struttura che trattenga il lavoratore sul sedile del posto di guida per evitare che, in caso di ribaltamento del carrello elevatore, essi possano essere intrappolati da parti del carrello stesso; - dispositivi di trattenuta del conducente al posto di guida dei muletti, per eliminare il rischio di essere sbalzati fuori, in caso di ribaltamento”.
  • 5. Infine riportiamo dal documento ulteriori indicazioni per “scongiurare il pericolo di ribaltamento laterale e di investimento degli addetti” attraverso le seguenti precauzioni: - “pavimenti privi di buche, sporgenze o sconnessioni; - percorsi dei mezzi senza curve troppo strette, senza pendenze eccessive, preferibilmente a senso unico, oppure ampi a sufficienza per il passaggio di due carrelli caricati; - limitazione delle interferenze fra i percorsi dei mezzi e quelli pedonali; - percorsi pedonali e luoghi di stazionamento dei lavoratori protetti dal pericolo di investimento da parte di materiali stivati; - protezione delle uscite da locali o altri punti frequentati dai lavoratori, con appositi distanziatori o dissuasori fissati a pavimento, quando incrociano i percorsi dei mezzi; - buona illuminazione dei percorsi e tinteggiatura con colori chiari delle pareti dei locali di lavoro; - specchi parabolici ove occorrenti; - segnalazione e, se necessario, protezione di eventuali ostacoli sul percorso dei carrelli elevatori; - individuazione di zone di attraversamento delle linee di trasporto che consentano il passaggio delle persone senza pericoli di investimento; - organizzazione spaziale e/o temporale del magazzino in modo da limitare al minimo le interferenze fra il carico e lo scarico del magazzino stesso; - i prodotti in entrata devono riportare l’indicazione del loro peso in modo che l’addetto possa verificare che il carrello ed il sistema di presa sia di adeguata capacità; - dispositivi acustici e luminosi di segnalazione di manovra dei mezzi; - mantenimento della visibilità dal posto di guida dei mezzi anche mediante opportuno posizionamento del carico trasportato, che comunque deve essere posizionato più in basso possibile in modo da garantire la stabilità del carrello; in casi occasionali in cui l’ingombro del carico sia tale da pregiudicare la visuale, il carrello dovrà essere condotto in retromarcia. Se ciò non fosse possibile per ragioni tecniche o di percorso il mezzo dovrà essere preceduto o coadiuvato da un altro lavoratore che aiuti il carrellista nella manovra e segnali agli altri lavoratori eventualmente presenti nei dintorni, la presenza del trasporto; - limitazione della velocità dei mezzi in relazione alle caratteristiche del percorso, anche con eventuali dispositivi regolabili che limitano la velocità; - protezione degli organi di comando contro l’avviamento accidentale;
  • 6. - protezione del posto di guida contro il pericolo di investimento di corpi che possono cadere dall’alto, adeguando allo scopo la protezione del tettuccio di protezione; - regolare manutenzione e periodica revisione del mezzo meccanico e delle sue varie componenti; - il conducente dovrà guidare con prudenza senza sporgere arti al di fuori dall’abitacolo del posto di guida, prestare particolare attenzione in retromarcia, condurre il carrello all’interno dei percorsi segnalati a terra, interrompere il lavoro se qualcuno si trova nel raggio di azione del mezzo, inserire il freno prima di lasciare il carrello in sosta; - disporre il divieto di trasportare persone facendole salire sulle forche di sollevamento; - puntuale informazione, formazione, ed addestramento dei lavoratori all’uso corretto e sicuro dei mezzi nelle diverse condizioni di impiego”. Concludiamo ricordando che, come sottolineato più volte nel documento, le attività/situazioni che coinvolgono macchine, attrezzature o impianti in queste fasi “possono comportare anche rischi per la salute” e che il carrello elevatore semovente con conducente a bordo è tra le attrezzature di lavoro per le quali l’ Accordo Stato-Regioni inerente le attrezzature di lavoro, pubblicato il 22 febbraio 2012, richiede una specifica abilitazione degli operatori. -Il sito “ Impresa Sicura”: l’accesso via internet è gratuito e avviene tramite una registrazione al sito. -Commissione Consultiva Permanente per la salute e sicurezza sul lavoro - Buone Prassi -Documento approvato nella seduta del 27 novembre 2013 – Impresa Sicura Fonte: puntosicuro.it Come fare formazione per la sicurezza e come aggiornarla? Un riepilogo delle linee applicative degli accordi in materia di formazione per la sicurezza di lavoratori, dirigenti, preposti e datori di lavoro RSPP. Brescia, 26 Ott – Per supportare i lettori e gli operatori nell’applicazione della complicata normativa in materia di formazione alla sicurezza, PuntoSicuro ha intrapreso un percorso di approfondimento di quanto richiesto dai principali accordi approvati in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e
  • 7. le Province autonome di Trento e di Bolzano. E in relazione ai due Accordi del 21 dicembre 2011 – l’ Accordo Stato-Regioni per la formazione dei lavoratori (ex articolo 37 del D.Lgs. 81/2008) e l’ Accordo Stato- Regioni sui corsi di formazione per lo svolgimento diretto, da parte del datore di lavoro, dei compiti di prevenzione e protezione dai rischi (ex articolo 34 del D.Lgs. 81/2008) - non possiamo non ricordare quanto poi riportato in un successivo e importante documento chiarificatore. Stiamo parlando del documento approvato – sempre in sede di Conferenza Stato- Regioni – il 25 luglio 2012 contenente “ Adeguamento e linee applicative degli accordi ex articolo 34, comma 2, e 37, comma 2, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, e successive modificazioni e integrazioni”. Sono stati molti gli articoli dedicati da PuntoSicuro a questo documento, nato per facilitare l’applicazione e l’interpretazione, anche in sede di vigilanza, di quanto contenuto negli accordi del 2011. Con particolare riferimento a quanto contenuto nell’articolo “ Accordi formazione: chiarimenti per lavorare meglio e bene”, rifacciamo brevemente il punto di alcuni dei vari contenuti delle linee applicative: - collaborazione degli Organismi paritetici alla formazione: si ricorda che la legge “non impone al datore di lavoro di effettuare la formazione necessariamente con gli organismi paritetici quanto, piuttosto, di mettere i medesimi a conoscenza della volontà di svolgere una attività formativa; ciò in modo che essi possano, se del caso, svolgere efficacemente la funzione che il “testo unico” attribuisce loro, attraverso proprie proposte al riguardo”. Sono poi riportate le condizioni necessarie affinché questa collaborazione possa funzionare, ad esempio gli Organismi paritetici devono essere costituiti da associazioni sindacali di datori di lavoro e lavoratori che siano comparativamente più rappresentative a livello nazionale ed essere presenti nel territorio e settore; L' accordo Stato-Regioni del 7 luglio 2016 precisa inoltre, modificando l'Accordo 2011 per la formazione dei lavoratori sostituendo la nota nella premessa: "Nota: in coerenza con le previsioni di cui all'articolo 37, comma 12, del D.Lgs. n. 81/08, i corsi di formazione per i lavoratori vanno realizzati previa richiesta di collaborazione agli organismi paritetici, così come definiti all'articolo 2, comma 1, lettera ee), del D.Lgs. 81/08, ove esistenti sia nel territorio che nel settore nel quale
  • 8. opera l'azienda. In mancanza, il datore di lavoro procede alla pianificazione e realizzazione delle attività di formazione". La nuova nota specifica che "Ove la richiesta riceva riscontro da parte dell'organismo paritetico, delle relative indicazioni occorre tener conto nella pianificazione e realizzazione delle attività di formazione, anche ove tale realizzazione non sia affidata agli organismi paritetici. Ove la richiesta di cui al precedente periodo non riceva riscontro dall'organismo paritetico entro quindici giorni dal suo invio, il datore di lavoro procede autonomamente alla pianificazione e realizzazione delle attività di formazione. Viene così maggiormente definito il concetto di collaborazione. L'accordo Stato-Regioni del 7 luglio 2016 indica poi i criteri che tali organismi devono soddisfare ai fini della rappresentatività, in termini comparativi sul piano nazionale: - consistenza numerica degli associati delle singole OO.SS.; - ampiezza e diffusione delle strutture organizzative; - partecipazione alla formazione e stipulazione dei contratti nazionali collettivi di lavoro (con esclusione dei casi di sottoscrizione per mera adesione); - partecipazione alla trattazione delle controversie di lavoro. La nota in premessa all'Accordo 2011, modificata dall'Accordo 2017, termina infine specificando che "Si rappresenta, inoltre che devono intendersi soppressi i riferimenti agli enti Bilaterali contenuti nel paragrafo "Collaborazione degli organismi paritetici alla formazione" dell'Accordo tra il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, sul documento proposto dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali recante «Adeguamento e linee applicative degli accordi ex articolo 34, comma 2 e 37, comma 2 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 e successive modificazioni e integrazioni» (Repertorio atti n. 153 /CSR del 25 luglio 2012). - aggiornamento della formazione: le linee applicative del 2012 sottolineano che “entrambi gli accordi del 21 dicembre prevedono l’aggiornamento della formazione, svolto in un arco temporale quinquennale, a partire dal momento in cui è stato completato il percorso formativo di riferimento”. Inoltre tali linee applicative forniscono ulteriori indicazioni in ordine alle modalità per mezzo delle quali si possa ottemperare all’obbligo di aggiornamento. Tuttavia l'accordo Stato-Regioni del 7 luglio 2016 modifica alcune di queste indicazioni prevedendo che "l'aggiornamento per lavoratori, preposti, dirigenti, datori di lavoro che intendono svolgere i compiti propri del servizio di prevenzione e
  • 9. protezione di cui agli accordi del 21 dicembre 2011 e quello per il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza previsto dall'art. 37, comma 11, del d.lgs. n. 81/2008 può essere ottemperato per mezzo della partecipazione a convegni o seminari nella misura non superiore al 50% del totale di ore previste", non citando più la previsione di una verifica finale di apprendimento (così come non è più prevista per i corsi di aggiornamento per RSPP e ASPP). Riguardo all’obbligo di aggiornamento quali sono le tempistiche? Come calcolare l’arco temporale quinquennale? Sono sempre le linee applicative a dircelo: “al fine di favorire una rapida individuazione, anche nel caso in cui l’aggiornamento sia svolto in diverse occasioni nell’arco del quinquennio, dei termini per l’adempimento, si ritiene che i cinque anni di cui agli accordi decorrano sempre a far data dal giorno della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale degli accordi e, quindi, sempre considerando il quinquennio successivo all’11 gennaio 2012”. Quindi per i soggetti già formati alla data di pubblicazione degli accordi la scadenza era l’11 gennaio 2017. Tuttavia “con riferimento ai soggetti formati successivamente all’11 gennaio 2012, il termine iniziale per il calcolo del quinquennio per l’aggiornamento non può che essere, invece, quello della data dell’effettivo completamento del rispettivo percorso formativo, coerente con i contenuti degli accordi”. Torniamo alle linee applicative e ci soffermiamo su una parte meno conosciuta, ma ugualmente importante, come messo in rilievo da Rolando Dubini nell’articolo “ Come interpretare le linee applicative degli accordi sulla formazione”. Nella parte relativa all’efficacia degli accordi il documento ribadisce l'aspetto fondamentale di ogni attività formativa. Si parla della “necessità che la formazione sia comunque progettata e realizzata tenendo conto delle risultanze della valutazione dei rischi, con la conseguenza che: ‘il percorso formativo e i relativi argomenti possono essere ampliati in base alla natura e all’entità dei rischi presenti in azienda, aumentando di conseguenza il numero di ore necessario’”. Pertanto – continua il documento – “in linea di massima la formazione da erogare al lavoratore e, per quanto facoltativa nell’articolazione, ai dirigenti e ai preposti, viene individuata avendo riguardo al ‘percorso’ delineato dall’accordo ex articolo 37 del
  • 10. d.lgs. n. 81/2008, che costituisce un percorso minimo e, tuttavia, sufficiente rispetto al dato normativo, salvo che esso non debba essere integrato tenendo conto di quanto emerso dalla valutazione dei rischi o nei casi previsti dalla legge (si pensi all’introduzione di nuove procedure di lavoro o nuove attrezzature)”. Concludiamo con un’altra utile sottolineatura sulla “classificazione” dei lavoratori. Si indica che “l’accordo ex articolo 37 del “testo unico” di salute e sicurezza sul lavoro espone, al punto 4, nella parte denominata “Condizioni particolari”, il principio per il quale: ‘I lavoratori di aziende, a prescindere dal settore di appartenenza, che non svolgano mansioni che comportino la loro presenza, anche saltuaria, nei reparti produttivi, possono frequentare i corsi individuati per il rischio basso”. In tal modo viene esplicitato il principio generale in forza del quale la ‘classificazione’ dei lavoratori, nei soli casi in cui esistano in azienda soggetti non esposti a medesime condizioni di rischio, può essere fatta anche tenendo conto delle attività concretamente svolte dai soggetti medesimi, avendo a riferimento quanto nella valutazione dei rischi; ad esempio, i lavoratori di una azienda metallurgica che non frequentino reparti produttivi o i lavoratori che svolgano semplice attività d’ufficio saranno considerati come lavoratori che svolgano una attività a rischio “basso” e non lavoratori (come gli operai addetti alle attività dei reparti produttivi) che svolgano una attività che richiederebbe i corsi di formazione per il rischio “alto” o “medio”. Analogamente, ove la valutazione dei rischi di una azienda la cui classificazione ATECO prevede l’avvio dei lavoratori a corsi a rischio “basso” evidenzi l’esistenza di rischi particolari, tale circostanza determina la necessità di programmare e realizzare corsi adeguati alle effettive condizioni di rischio (quindi, di contenuto corrispondente al rischio “medio” o “alto”)”. Tali indicazioni sono ribadite dall' Accordo Stato-Regioni del 7 luglio 2016 in riferimento alla formazione specifica in modalità e-learning. L'accordo specifica infatti che "nelle aziende inserite nel rischio basso, così come riportato nella tabella di cui all'allegato II dell'accordo del 21 dicembre 2011, è consentito il ricorso alla modalità e-learning, nel rispetto delle disposizioni di cui all'allegato II (dell'Accordo 2016, ndr) e a condizione che i discenti abbiano possibilità di accesso alle tecnologie impiegate, familiarità con l'uso del computer e buona conoscenza della lingua utilizzata, per l'erogazione della formazione specifica dei lavoratori di cui all'accordo sancito sede di Conferenza permanente
  • 11. per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e Province autonome di Trento e Bolzano nella seduta del 21 dicembre 2011 relativo alla individuazione dei contenuti della formazione dei lavoratori, dei dirigenti e dei preposti. Tale indicazione vale anche per la formazione specifica dei lavoratori che, a prescindere dal settore di appartenenza, non svolgono mansioni che comportino la loro presenza, anche saltuaria, nei reparti produttivi, così come indicato al primo periodo del paragrafo 4 "Condizioni particolari" dell'accordo del 21 dicembre 2011. A tal fine si precisa che la formazione specifica per lavoratori deve essere riferita, in ogni caso, all'effettiva mansione svolta dal lavoratore e deve essere pertanto erogata rispetto agli aspetti specifici scaturiti dalla valutazione dei rischi. Pertanto per le aziende inserite nel rischio basso non è consentito il ricorso alla modalità e-learning per tutti quei lavoratori che svolgono mansioni che li espongono ad un rischio medio o alto”. Per applicare correttamente la normativa in materia di formazione alla sicurezza, secondo gli accordi del 21 dicembre 2011, è quindi importante conoscere anche l’ Accordo Stato-Regioni del 7 luglio 2016 che non solo individua i requisiti della formazione dei responsabili e degli addetti del servizio di prevenzione e protezione, ma che modifica vari aspetti normati dagli accordi del 2011. Fonte: puntosicuro.it Ispra Snpa, aggiornato manuale rischio esposizione agenti chimici mutageni. ROMA – Manuale per la valutazione del rischio da esposizione ad agenti chimici pericolosi e ad agenti cancerogeni e mutageni. È stata pubblicata da Ispra – Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente Snpa, la terza revisione del manuale sulle misure di valutazione e gestione del rischio indirizzate agli operatori Ispra e delle agenzie ambientali regionali e provinciali. Revisione curata dal Centro Interagenziale “Igiene e Sicurezza del Lavoro” con la collaborazione di Inail, che aggiorna i propri riferimenti alla luce dei Regolamenti Reach e Clp e della recente evoluzione della normativa di settore. La prima versione del documento appena aggiornato risale al 2006 Linee guida 2006 sul rischio chimico, cancerogeno e mutageno nei laboratori delle AA, poi evoluito nella versione 2011 Linee guida per la valutazione del rischio da esposizione ad agenti chimici pericolosi e ad agenti cancerogeni e mutageni che viene quindi rivisto ora in seguito alla progressiva attuazione di Reach e Clp e in seguito al documento della Commissione consultiva permanente per la salute e la sicurezza
  • 12. sul lavoro datato 2012 Criteri e strumenti per la valutazione e la gestione del rischio chimico negli ambienti di lavoro ai sensi del D.Lgs. n. 81/2008 e smi, (Reg. (CE) n. 1907/2006, Reg.(CE) n. 1272/2008 e Reg. (UE) n. 453/2010). Gli aggiornamenti hanno interessato gli algoritmi di calcolo degli indici di rischio, i percorsi di valutazione, gli agenti privi di Valore Limite di Esposizione; numero CER e codifica rifiuti; buone prassi di laboratorio e procedure di gestione degli agenti chimici. Questo l’indice del volume:  Il rischio connesso all’uso di sostanze pericolose;  Riferimenti definizioni e terminologia;  Sostanze e miscele pericolose;  L’evoluzione normativa in tema di sostanze chimiche;  Principi generali per operare con agenti chimici pericolosi;  Il rischio da esposizione a sostanze pericolose;  Valutazione del rischio da esposizione ad agenti chimici pericolosi;  Valutazione del rischio da esposizione ad agenti cancerogeni e mutageni;  Procedura di gestione degli agenti chimici pericolosi;  Il monitoraggio biologico e ambientale. (Articolo di Corrado De Paolis) Info: Snpa Manuale valutazione rischio agenti pericoloso cancerogeni mutageni Fonte: quotidianosicurezza.it