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Lunedì, 16 Maggio 2016
SPECIALE MAMÒ
ANAC: Modello organizzativo 231 obbligatorio per enti no profit e coop sociali.
Le Amministrazioni Pubbliche, pur in assenza di una specifica normativa che disciplini
in maniera organica l'affidamento di contratti pubblici ai soggetti operanti nel terzo
settore, ricorrono frequentemente ad enti non profit per l'acquisto o l'affidamento di
servizi. Ora, tuttavia, gli organismi no-profit che intendono acquisire servizi sociali da
amministrazioni pubbliche devono dotarsi di un modello di organizzazione per la
gestione dei rischi in base alle previsioni del decreto legislativo 231/2001.
L’Autorità Nazionale Anticorruzione infatti ha pubblicato, con Delibera n. 32 del 20
gennaio 2016, le Linee guida per l’affidamento di servizi a enti del terzo settore e alle
cooperative sociali. Con tale strumento l’ANAC ha inteso regolamentare le prassi di
affidamento di servizi da parte del settore pubblico ad enti no-profit. Tale scelta
organizzativa, largamente diffusa soprattutto nell’ambito dei servizi alla persona, è
considerata delle amministrazioni pubbliche come un modo per valorizzare un
settore che oggi rappresenta un’importante realtà, sia sotto il profilo sociale – per la
natura dei servizi svolti -, che sotto il profilo occupazionale. L’affidamento di servizi al
terzo settore è infatti uno strumento per promuovere un modello economico
socialmente responsabile in grado di conciliare la crescita economica con il
raggiungimento di specifici obiettivi sociali (quali, ad esempio, l’incremento
occupazionale e l’inclusione ed integrazione sociale).
Le Linee guida hanno lo scopo di fornire indicazioni operative alle amministrazioni
aggiudicatrici e agli operatori del settore, al fine di realizzare i sopra indicati obiettivi
nel rispetto della normativa comunitaria e nazionale in materia di contratti pubblici e
di prevenzione della corruzione e contengono indicazioni operative alle
amministrazioni aggiudicatrici e agli operatori del settore, concepite per valorizzare
la collaborazione tra settore pubblico e terzo settore nel rispetto della normativa
comunitaria e nazionale in materia di contratti pubblici e prevenzione della
corruzione.
Una lettura del documento si rileva che, con riguardo il riferimento alla normativa
che stabilisce la responsabilità amministrativa degli enti, il paragrafo 12.3 rubricato “Il
rispetto delle prescrizioni del d.lgs. 231/2001” prescrive quanto segue:
“Sempre nell’ottica di garantire l’affidabilità del soggetto erogatore e di assicurare
che la prestazione affidata venga svolta nel rispetto della legalità, le stazioni
appaltanti devono verificare l’osservanza, da parte degli organismi no-profit, delle
disposizioni di cui al d.lgs. 231/2001 (Disciplina della responsabilità amministrativa
delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità
giuridica, a norma dell’articolo 11 della l. 29 settembre 2000, n. 300), applicabile agli
stessi in ragione, sia del tenore letterale delle relative previsioni (rivolte agli enti forniti
di personalità giuridica, alle associazioni anche prive di personalità giuridica e alle
società private concessionarie di un pubblico servizio) sia della natura dei servizi
erogati.
Gli enti no-profit devono dotarsi di un modello di organizzazione che preveda:
• l’individuazione delle aree a maggior rischio di compimento di reati;
• la previsione di idonee procedure per la formazione e l’attuazione delle decisioni
dell’ente nelle attività definite a maggior rischio di compimento di reati;
• l’adozione di modalità di gestione delle risorse economiche idonee ad impedire la
commissione dei reati;
• la previsione di un appropriato sistema di trasmissione delle informazioni
all’organismo di vigilanza;
• la previsione di misure di tutela dei dipendenti che denunciano illeciti;
• l’introduzione di sanzioni per l’inosservanza dei modelli adottati.
Inoltre, devono procedere alla nomina di un organismo deputato alla vigilanza sul
funzionamento e sull’osservanza del modello e all’aggiornamento dello stesso (cui
attribuire autonomi poteri di iniziativa e di controllo), oltre a prevedere ed attuare
adeguate forme di controllo sull’operato dell’organismo medesimo.”
Nelle indicazioni fornite con le Linee Guida l’ANAC ha inoltre sottolineato la
necessità che le stazioni appaltanti operino nel rispetto delle norme comunitarie e
nazionali in materia di affidamenti di servizi sociali, al fine di garantire l’osservanza
dei principi di trasparenza, concorrenza, economicità ed efficienza, sia nella fase
della programmazione e co-progettazione che nella fase della scelta dell’erogatore
del servizio; soltanto in tal modo potrà essere infatti assicurata la massima
espressione delle potenzialità degli organismi del terzo settore, la piena
soddisfazione dei bisogni sociali e – contemporaneamente – la valorizzazione di
esperienze di programmazione condivisa e di co-progettazione, nel rispetto della
potestà decisionale dell’amministrazione e del principio di massima partecipazione.
La Delibera n. 32 del 20.01.2016 ha quindi introdotto, di fatto, l’obbligo per gli enti no
profit affidatari di servizi sociali di dotarsi del Modello di organizzazione e gestione
previsto dal d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231 e quindi anche quello di procedere alla
nomina di un organismo deputato alla vigilanza sul funzionamento e sull’osservanza
del modello e all’aggiornamento dello stesso. La Delibera ha introdotto inoltre la
raccomandazione per le stazioni appaltanti di procedere a verificare l’osservanza,
da parte degli organismi no-profit, delle disposizioni di cui al d.lgs. 231/2001.
La Delibera, oltre ad analizzare le diverse procedure di assegnazione dei servizi ai
soggetti no-profit, indica anche una serie di prescrizioni cui questi ultimi devono
uniformarsi al fine di offrire adeguate garanzie alle amministrazioni aggiudicatrici.Per
procedere all'affidamento di servizi sociali, le stazioni appaltanti hanno facoltà di
richiedere requisiti minimi di idoneità al fine di garantire l'affidabilità
dell’aggiudicatario sul piano tecnico ed economico-finanziario.Oltre a tali elementi,
tuttavia, anche per gli affidamenti effettuati in deroga al regime ordinario previsto
dal Codice dei Contratti Pubblici, le stazioni appaltanti devono tener conto delle
garanzie di "moralità" professionale, in relazione alle quali, come parametri di
riferimento, possono essere presi in considerazione i requisiti individuati dall’art. 38
dello stesso.Ulteriore requisito che le imprese del terzo settore devono possedere ai
fini dell’autorizzazione e dell’accreditamento, ai sensi dell’art. 13, L. 328/2000, è
l'adozione di una propria carta dei servizi, che assicuri la qualità delle prestazioni
definendo standard minimi delle prestazioni da erogare, le relative modalità di
attuazione, nonché criteri ed indicatori atti a misurare le performance e la
soddisfazione degli utenti.
Le Linee Guida ANAC, inoltre, prevedono che, “nell’ottica di garantire l’affidabilità
del soggetto erogatore e di assicurare che la prestazione affidata venga svolta nel
rispetto della legalità”, le stazioni appaltanti verifichino l’osservanza, da parte degli
organismi no-profit, delle prescrizioni stabilite dal D.Lgs. 231/2001. Tale norma ha
introdotto nel nostro ordinamento un peculiare meccanismo di imputazione della
responsabilità in capo a soggetti diversi dalle persone fisiche. In base al dettato
normativo (art. 1, comma 2) ed alla Relazione Ministeriale, è possibile sintetizzare i
destinatari della disciplina individuandoli nei seguenti soggetti:a) società di persone,
di capitali, cooperative;b) associazioni non riconosciute;c) enti pubblici economici.A
prescindere dal dato letterale, si ritiene che, ai fini dell’assoggettamento alla norma,
l’elemento dirimente non debba essere ricercato nella tipologia di soggetto bensì
nell’attività da esso in concreto svolta: tale approccio trova conferma nella
constatazione che, in molti casi, gli enti del terzo settore presentano strutture
organizzative complesse, fatturati e patrimoni rilevanti, oltre a svolgere attività
nell’ambito delle quali è possibile che sia commesso uno degli illeciti compresi nel
c.d. "catalogo dei reati", definito agli artt. da 24 al 25-duodecies del Decreto.
L’attrazione dei soggetti appartenenti al mondo del no-profit nel perimetro
applicativo della disciplina - già sancita a più riprese dalla giurisprudenza - è stata
dunque confermata da parte dell’ANAC, la quale stabilisce che le disposizioni del
D.Lgs. 231/2001 trovano applicazione anche nei confronti degli enti in questione, “in
ragione sia del tenore letterale delle relative previsioni che della natura dei servizi
erogati”.
Al fine di adeguarsi alle prescrizioni del Decreto, evitando altresì la comminazione
delle sanzioni (sia di tipo pecuniario che interdittivo) previste nel caso in cui si
configuri una condotta illecita, il dettato normativo (art. 6, comma 1) stabilisce che
l’ente deve:adottare ed attuare un modello organizzativo e di gestione idoneo a
prevenire reati analoghi a quello verificatosi;affidare ad un organismo autonomo il
compito di vigilare sul funzionamento del modello e di curarne l'aggiornamento;
garantire che il succitato organismo di vigilanza espleti le sue funzioni nel modo
corretto.
A tale proposito, sulla scorta di quanto prescritto dall’art. 6, comma 2 del D.Lgs.
231/2001, secondo le Linee Guida ANAC il modello organizzativo deve prevedere:
l’individuazione delle aree “sensibili”, a maggior rischio di compimento di reati;la
costruzione di protocolli e procedure idonee per la formazione e l’attuazione delle
decisioni dell’ente in relazione alle attività ed ai processi maggiormente a rischio di
compimento di reati;l’adozione di sanzioni per l’inosservanza dei modelli adottati;
l’introduzione di modalità di gestione delle risorse finanziarie idonee ad impedire la
commissione dei reati;la previsione di adeguate forme di controllo sull’operato
dell’organismo di vigilanza;l’adozione di un sistema di trasmissione dei flussi
informativi all’organismo di vigilanza;l’introduzione di apposite misure di tutela dei
dipendenti che denunciano eventuali illeciti.Le presenti Linee guida sono state
predisposte avendo a riferimento il quadro normativo attuale e pertanto dovranno
essere integrate a seguito delle modifiche che saranno introdotte con la riforma del
terzo settore e il recepimento della direttiva 2014/24/UE, meglio descritta nella
Relazione AIR, che disciplina i servizi sociali in un apposito capo (Capo I, Titolo III, artt.
da 74 a 77), dettando per l’aggiudicazione dei relativi appalti di importo pari o
superiore alla soglia di 750.000 euro un regime «alleggerito».
da 74 a 77), dettando per l’aggiudicazione dei relativi appalti di importo pari o
superiore alla soglia di 750.000 euro un regime «alleggerito».

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  • 1. Lunedì, 16 Maggio 2016 SPECIALE MAMÒ ANAC: Modello organizzativo 231 obbligatorio per enti no profit e coop sociali. Le Amministrazioni Pubbliche, pur in assenza di una specifica normativa che disciplini in maniera organica l'affidamento di contratti pubblici ai soggetti operanti nel terzo settore, ricorrono frequentemente ad enti non profit per l'acquisto o l'affidamento di servizi. Ora, tuttavia, gli organismi no-profit che intendono acquisire servizi sociali da amministrazioni pubbliche devono dotarsi di un modello di organizzazione per la gestione dei rischi in base alle previsioni del decreto legislativo 231/2001. L’Autorità Nazionale Anticorruzione infatti ha pubblicato, con Delibera n. 32 del 20 gennaio 2016, le Linee guida per l’affidamento di servizi a enti del terzo settore e alle cooperative sociali. Con tale strumento l’ANAC ha inteso regolamentare le prassi di affidamento di servizi da parte del settore pubblico ad enti no-profit. Tale scelta organizzativa, largamente diffusa soprattutto nell’ambito dei servizi alla persona, è considerata delle amministrazioni pubbliche come un modo per valorizzare un settore che oggi rappresenta un’importante realtà, sia sotto il profilo sociale – per la natura dei servizi svolti -, che sotto il profilo occupazionale. L’affidamento di servizi al terzo settore è infatti uno strumento per promuovere un modello economico socialmente responsabile in grado di conciliare la crescita economica con il raggiungimento di specifici obiettivi sociali (quali, ad esempio, l’incremento occupazionale e l’inclusione ed integrazione sociale). Le Linee guida hanno lo scopo di fornire indicazioni operative alle amministrazioni aggiudicatrici e agli operatori del settore, al fine di realizzare i sopra indicati obiettivi nel rispetto della normativa comunitaria e nazionale in materia di contratti pubblici e di prevenzione della corruzione e contengono indicazioni operative alle amministrazioni aggiudicatrici e agli operatori del settore, concepite per valorizzare la collaborazione tra settore pubblico e terzo settore nel rispetto della normativa comunitaria e nazionale in materia di contratti pubblici e prevenzione della corruzione. Una lettura del documento si rileva che, con riguardo il riferimento alla normativa
  • 2. che stabilisce la responsabilità amministrativa degli enti, il paragrafo 12.3 rubricato “Il rispetto delle prescrizioni del d.lgs. 231/2001” prescrive quanto segue: “Sempre nell’ottica di garantire l’affidabilità del soggetto erogatore e di assicurare che la prestazione affidata venga svolta nel rispetto della legalità, le stazioni appaltanti devono verificare l’osservanza, da parte degli organismi no-profit, delle disposizioni di cui al d.lgs. 231/2001 (Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, a norma dell’articolo 11 della l. 29 settembre 2000, n. 300), applicabile agli stessi in ragione, sia del tenore letterale delle relative previsioni (rivolte agli enti forniti di personalità giuridica, alle associazioni anche prive di personalità giuridica e alle società private concessionarie di un pubblico servizio) sia della natura dei servizi erogati. Gli enti no-profit devono dotarsi di un modello di organizzazione che preveda: • l’individuazione delle aree a maggior rischio di compimento di reati; • la previsione di idonee procedure per la formazione e l’attuazione delle decisioni dell’ente nelle attività definite a maggior rischio di compimento di reati; • l’adozione di modalità di gestione delle risorse economiche idonee ad impedire la commissione dei reati; • la previsione di un appropriato sistema di trasmissione delle informazioni all’organismo di vigilanza; • la previsione di misure di tutela dei dipendenti che denunciano illeciti; • l’introduzione di sanzioni per l’inosservanza dei modelli adottati. Inoltre, devono procedere alla nomina di un organismo deputato alla vigilanza sul funzionamento e sull’osservanza del modello e all’aggiornamento dello stesso (cui attribuire autonomi poteri di iniziativa e di controllo), oltre a prevedere ed attuare adeguate forme di controllo sull’operato dell’organismo medesimo.” Nelle indicazioni fornite con le Linee Guida l’ANAC ha inoltre sottolineato la necessità che le stazioni appaltanti operino nel rispetto delle norme comunitarie e nazionali in materia di affidamenti di servizi sociali, al fine di garantire l’osservanza dei principi di trasparenza, concorrenza, economicità ed efficienza, sia nella fase della programmazione e co-progettazione che nella fase della scelta dell’erogatore del servizio; soltanto in tal modo potrà essere infatti assicurata la massima espressione delle potenzialità degli organismi del terzo settore, la piena soddisfazione dei bisogni sociali e – contemporaneamente – la valorizzazione di esperienze di programmazione condivisa e di co-progettazione, nel rispetto della
  • 3. potestà decisionale dell’amministrazione e del principio di massima partecipazione. La Delibera n. 32 del 20.01.2016 ha quindi introdotto, di fatto, l’obbligo per gli enti no profit affidatari di servizi sociali di dotarsi del Modello di organizzazione e gestione previsto dal d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231 e quindi anche quello di procedere alla nomina di un organismo deputato alla vigilanza sul funzionamento e sull’osservanza del modello e all’aggiornamento dello stesso. La Delibera ha introdotto inoltre la raccomandazione per le stazioni appaltanti di procedere a verificare l’osservanza, da parte degli organismi no-profit, delle disposizioni di cui al d.lgs. 231/2001. La Delibera, oltre ad analizzare le diverse procedure di assegnazione dei servizi ai soggetti no-profit, indica anche una serie di prescrizioni cui questi ultimi devono uniformarsi al fine di offrire adeguate garanzie alle amministrazioni aggiudicatrici.Per procedere all'affidamento di servizi sociali, le stazioni appaltanti hanno facoltà di richiedere requisiti minimi di idoneità al fine di garantire l'affidabilità dell’aggiudicatario sul piano tecnico ed economico-finanziario.Oltre a tali elementi, tuttavia, anche per gli affidamenti effettuati in deroga al regime ordinario previsto dal Codice dei Contratti Pubblici, le stazioni appaltanti devono tener conto delle garanzie di "moralità" professionale, in relazione alle quali, come parametri di riferimento, possono essere presi in considerazione i requisiti individuati dall’art. 38 dello stesso.Ulteriore requisito che le imprese del terzo settore devono possedere ai fini dell’autorizzazione e dell’accreditamento, ai sensi dell’art. 13, L. 328/2000, è l'adozione di una propria carta dei servizi, che assicuri la qualità delle prestazioni definendo standard minimi delle prestazioni da erogare, le relative modalità di attuazione, nonché criteri ed indicatori atti a misurare le performance e la soddisfazione degli utenti. Le Linee Guida ANAC, inoltre, prevedono che, “nell’ottica di garantire l’affidabilità del soggetto erogatore e di assicurare che la prestazione affidata venga svolta nel rispetto della legalità”, le stazioni appaltanti verifichino l’osservanza, da parte degli organismi no-profit, delle prescrizioni stabilite dal D.Lgs. 231/2001. Tale norma ha introdotto nel nostro ordinamento un peculiare meccanismo di imputazione della responsabilità in capo a soggetti diversi dalle persone fisiche. In base al dettato normativo (art. 1, comma 2) ed alla Relazione Ministeriale, è possibile sintetizzare i destinatari della disciplina individuandoli nei seguenti soggetti:a) società di persone, di capitali, cooperative;b) associazioni non riconosciute;c) enti pubblici economici.A prescindere dal dato letterale, si ritiene che, ai fini dell’assoggettamento alla norma, l’elemento dirimente non debba essere ricercato nella tipologia di soggetto bensì
  • 4. nell’attività da esso in concreto svolta: tale approccio trova conferma nella constatazione che, in molti casi, gli enti del terzo settore presentano strutture organizzative complesse, fatturati e patrimoni rilevanti, oltre a svolgere attività nell’ambito delle quali è possibile che sia commesso uno degli illeciti compresi nel c.d. "catalogo dei reati", definito agli artt. da 24 al 25-duodecies del Decreto. L’attrazione dei soggetti appartenenti al mondo del no-profit nel perimetro applicativo della disciplina - già sancita a più riprese dalla giurisprudenza - è stata dunque confermata da parte dell’ANAC, la quale stabilisce che le disposizioni del D.Lgs. 231/2001 trovano applicazione anche nei confronti degli enti in questione, “in ragione sia del tenore letterale delle relative previsioni che della natura dei servizi erogati”. Al fine di adeguarsi alle prescrizioni del Decreto, evitando altresì la comminazione delle sanzioni (sia di tipo pecuniario che interdittivo) previste nel caso in cui si configuri una condotta illecita, il dettato normativo (art. 6, comma 1) stabilisce che l’ente deve:adottare ed attuare un modello organizzativo e di gestione idoneo a prevenire reati analoghi a quello verificatosi;affidare ad un organismo autonomo il compito di vigilare sul funzionamento del modello e di curarne l'aggiornamento; garantire che il succitato organismo di vigilanza espleti le sue funzioni nel modo corretto. A tale proposito, sulla scorta di quanto prescritto dall’art. 6, comma 2 del D.Lgs. 231/2001, secondo le Linee Guida ANAC il modello organizzativo deve prevedere: l’individuazione delle aree “sensibili”, a maggior rischio di compimento di reati;la costruzione di protocolli e procedure idonee per la formazione e l’attuazione delle decisioni dell’ente in relazione alle attività ed ai processi maggiormente a rischio di compimento di reati;l’adozione di sanzioni per l’inosservanza dei modelli adottati; l’introduzione di modalità di gestione delle risorse finanziarie idonee ad impedire la commissione dei reati;la previsione di adeguate forme di controllo sull’operato dell’organismo di vigilanza;l’adozione di un sistema di trasmissione dei flussi informativi all’organismo di vigilanza;l’introduzione di apposite misure di tutela dei dipendenti che denunciano eventuali illeciti.Le presenti Linee guida sono state predisposte avendo a riferimento il quadro normativo attuale e pertanto dovranno essere integrate a seguito delle modifiche che saranno introdotte con la riforma del terzo settore e il recepimento della direttiva 2014/24/UE, meglio descritta nella Relazione AIR, che disciplina i servizi sociali in un apposito capo (Capo I, Titolo III, artt.
  • 5. da 74 a 77), dettando per l’aggiudicazione dei relativi appalti di importo pari o superiore alla soglia di 750.000 euro un regime «alleggerito».
  • 6. da 74 a 77), dettando per l’aggiudicazione dei relativi appalti di importo pari o superiore alla soglia di 750.000 euro un regime «alleggerito».