Organizzazione e gestione dei processi produttivi.
5° anno istituto tecnico grafico
Le basi per comprendere l'economia, il marketing, la produzione, il mercato e la distribuzione.
TECNICHE
di
MARKETING
e
DISTRIBUZIONE
BENI LIBERI ED ECONOMICI
In economia, è definito bene qualsiasi oggetto utile a soddisfare una domanda,
ovvero un bisogno.
Per poter essere scambiato, un bene deve essere reperibile e disponibile in
quantità limitata.
I beni si distinguono in due grandi classi:
- i beni liberi sono illimitati, si trovano in natura e non hanno bisogno di essere
prodotti o reperiti dall’uomo (per esempio l’aria o la luce del sole). In quanto
illimitati, questi beni non hanno valore economico e non sono pertanto vendibili.
- i beni economici presentano il requisito della scarsità, cioè possono essere
limitati rispetto al bisogno dei consumatori e hanno, quindi, un valore e un prezzo
di scambio.
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CLASSIFICAZIONE DEI BENI ECONOMICI
I beni si distinguono in due grandi classi:
- i beni liberi sono illimitati, si trovano in natura e non hanno bisogno di essere
prodotti o reperiti dall’uomo (per esempio l’aria o la luce del sole). In quanto
illimitati, questi beni non hanno valore economico e non sono pertanto vendibili.
- i beni economici presentano il requisito della scarsità, cioè possono essere
limitati rispetto al bisogno dei consumatori e hanno, quindi, un valore e un prezzo
di scambio.
I beni economici possono essere classificati in diverse categorie.
In base alla loro modalità d’uso, si distinguono beni complementari e beni
succedanei (o surrogati).
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BENI SUPPLEMENTARI E SURROGATI
I beni complementari hanno tra loro rapporti di reciprocità e per soddisfare il
consumatore devono essere usati unitamente ad altri beni.
Per esempio, il carburante con l’automobile, l’elettricità con gli elettrodomestici,
ecc.
I beni succedanei (o surrogati) hanno tra loro un rapporto di concorrenza e
possono quindi essere richiesti in alternativa ad altri beni.
Un esempio è quello del burro e della margarina: in genere chi consuma il burro
non utilizza la margarina, ma se aumenta il prezzo del burro, i consumatori
possono decidere di acquistare margarina. Quindi, si può verificare un aumento
del consumo della margarina e una diminuzione del consumo del burro.
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BENI DUREVOLI E NON DUREVOLI
I beni non durevoli si esauriscono in un solo
utilizzo (come gli alimenti) e devono quindi
essere ricomprati molte volte.
i beni durevoli possono essere usati e riusati a
lungo (come elettrodomestici mobili, automobili)
e sono acquistati con meno frequenza.
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BENI DUREVOLI E NON DUREVOLI
I beni di consumo (diretti) sono rivolti a soddisfare
direttamente la domanda (per esempio, il pane).
I beni strumentali (indiretti) consentono di produrre
i beni richiesti dal mercato.
Tra i beni strumentali rientrano sia le materie prime
(la farina per produrre il pane), sia le attrezzatture e i
macchinari (per esempio, il forno in cui cuocere il pane).
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I SERVIZI
La definizione di bene non si limita ai beni materiali, ma
include anche i servizi, cioè prestazioni di lavoro (“beni
immateriali”) che permettono il maggior benessere sociale.
Molto importanti sono i servizi pubblici (giustizia, sistema
sanitario, servizio scolastico, ecc.), particolari servizi da enti
pubblici per soddisfare i bisogni collettivi.
Il servizio può anche accompagnarsi a un bene: è il caso della
consegna a domicilio di un prodotto acquistato o dell’attività di
servizio clienti (customer care).
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IL PROCESSO PRODUTTIVO
Tutte le aziende, sia quelle che producono beni sia
quelle che forniscono servizi, devono organizzare il
proprio sistema produttivo.
Il sistema produttivo consiste nei processi di
progettazione, conduzione e controllo di un sistema che
trasforma risorse umane, finanziarie e materiali (input) in
un certo prodotto o servizio (output), capace di
soddisfare i bisogni dei clienti.
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IL PROCESSO PRODUTTIVO
La produzione crea così beni e servizi che possono
essere diretti agli utilizzatori finali (consumatori)
o ad altre imprese che li trasformano includendoli in un
ulteriore processo produttivo.
L’utilizzo diretto di beni e servizi è definito consumo.
- I sistemi produttivi sono molto diversi tra loro,
- sono tutti organizzati in modo da produrre nel modo più
efficiente i beni e i servizi che costituiscono il loro output.
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IL PROCESSO PRODUTTIVO NELL’ABBIGLIAMENTO
Il processo produttivo
dell’abbigliamento comprende:
- il disegno dei bozzetti delle collezioni,
- la realizzazione delle schede tecniche,
- i cartamodelli e capi campione,
- la loro approvazione,
- la produzione (taglio tessuti, confezioni)
- imbusto, imballaggio e distribuzione.
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IL PROCESSO PRODUTTIVO NELLA RISTORAZIONE
Il processo produttivo
di un ristorante prevede:
- la ricezione delle merci,
- lo stoccaggio delle merci,
- il lavaggio dei cibi,
- il taglio dei cibi,
- la preparazione dei piatti,
- il servizio in sala.
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ANALISI DELLE ESIGENZE PRODUTTIVE
1.Quale prodotto offrire? (bene o servizio, restyling o nuovo)
2.In quale quantità? (previsioni di vendita)
3.Quali attività produttive? (fabbisogno di attrezzature e di
forza lavoro, in relazione al volume di produzione stabilito)
4.Quanto spazio necessario? (merci, uffici, magazzino, persone)
5.Quale layout più adatto? La disposizione degli spazi di lavoro
è connessa al tipo d’attività produttiva (merci più o meno
ingombranti, presenza o meno di personale di vendita, ecc.)
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SETTORI DI PRODUZIONE
Si possono distinguere quattro macrosettori.
1) settore primario: aziende attive in ambito agricolo, nella
zootecnica e nella pesca.
2) settore secondario: industrie di ogni tipologia (manifatturiera,
chimica, agroalimentare, energia, ecc.), l’edilizia e l’artigianato.
3) settore terziario: attività economiche relative al commercio, al
trasporto e ai servizi.
4) settore quaternario (o terziario avanzato): comprende imprese
di servizi specializzati nelle nuove tecnologie dell’informazione
(elettronica, telematica, informatica, ecc.).
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MICROAMBIENTE E MACRO AMBIENTE
L’impresa non è un’entità isolata,
è strettamente connessa con il territorio che la circonda.
1) microambiente: di questo ambiente fanno parte manager, dipendenti, soci,
investitori e tutti i soggetti che possono esercitare la propria influenza nei confronti
dell’impresa e dei suoi progetti, come clienti, fornitori, intermediari e concorrenti. Tutti
questi soggetti sono definiti stakeholder.
2) macroambiente: insieme dei fattori socioculturali, economici, politico-legislativi,
sanitari, amministrativi, tecnologici, demografici e ambientali in grado di influire sul
microambiente e, quindi, sullo sviluppo delle imprese, sulle loro strategie e su tutti gli
aspetti produttivi e commerciali.
Tali fattori possono offrire opportunità o vincoli, non sono controllabili dall’impresa.
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IL MERCATO
Nelle economie moderne, l’imprenditore è libero di scegliere
cosa, come, quanto e quando produrre.
L’unica forza in grado di orientarne le scelte produttive
è rappresentata dal mercato.
Nel mercato si incontrano gli imprenditori,
che offrono i loro prodotti e li immettono sul mercato
e i consumatori che richiedono al mercato i beni o i servizi
necessari a soddisfare i loro bisogni.
L’incontro tra l’offerta di beni e la loro domanda
permette di trovare il prezzo d’equilibrio
(ossia il valore monetario di un prodotto al quale entrambi i soggetti sono disposti a operare lo scambio).
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La domanda è la quantità di beni e servizi che i consumatori hanno
intenzione di acquistare a un determinato prezzo (valore monetario).
Tra il prezzo di un bene e la quantità che i consumatori richiedono si instaura
una RELAZIONE INVERSA, per la quale:
se il prezzo scende, la quantità richiesta aumenta;
se il prezzo sale, la quantità richiesta diminuisce.
Quindi un prezzo inferiore invoglia il consumatore all’acquisto,
mentre un prezzo maggiore ne frena le intenzioni.
LA DOMANDA E I CONSUMATORI
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RIASSUNTO TIPOLOGIE DI DOMANDA
La domanda riguarda le scelte dei consumatori. Secondo il comportamento dei consumatori nei
confronti di un bene o servizio, si distinguono diverse tipologie di domanda.
Domanda negativa. Quando il prodotto proposto dall’azienda non è accolto dal mercato.
Domanda latente. Quando esiste da parte dei consumatori il bisogno di un bene o di un servizio che
nessuna impresa produce e offre.
Domanda vacillante. Quando la domanda è in diminuzione ben oltre il livello atteso e mostra una
tendenza negativa anche per il futuro.
Domanda irregolare. Quando la richiesta di un determinato bene non è costante durante l’anno ma
mostra significative variazioni (è il caso di beni a consumo stagionale, come il panettone o la colomba
pasquale).
Domanda satura. Quando il prodotto sul mercato copre completamente le richieste. Questa situazione
può diventare critica per l’impresa, perché può condurre all’immobilismo e alla mancata spinta verso
l’innovazione.
Domanda sovrabbondante. Quando la richiesta è superiore alle produzioni dell’azienda, rendendo
impossibile soddisfare l’intera domanda di quel bene o servizio.
Domanda nociva. Quando si registra una richiesta eccessiva di prodotti contrari all’etica o che possono
causare problematiche sanitarie o ambientali (è il caso dell’aumento del gioco d’azzardo o del fumo in
giovane età).
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L’offerta riguarda le scelte dei produttori.
L’offerta è la quantità di beni e servizi che le imprese sono disposte
a produrre e vendere sul mercato a un determinato prezzo.
Tra il prezzo di un bene e la quantità che le imprese offrono sul mercato si
instaura una RELAZIONE DIRETTA, per la quale: se il prezzo scende, la quantità
offerta diminuisce; se il prezzo sale, la quantità offerta aumenta.
In pratica cosa significa?
Significa che un prezzo superiore invoglia l’imprenditore a produrre e a offrire
una quantità maggiore di beni o servizi sul mercato, così da ottenere ricavi
superiori, mentre un prezzo inferiore spinge l’imprenditore a offrirne una
quantità minore.
L’OFFERTA
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All’interno di uno Stato, possono convivere beni e servizi
sottoposti a differenti regimi di mercato.
Fattori come il numero delle aziende, la varietà dei prodotti
offerti e la capacità delle imprese di determinare o meno i
prezzi, danno luogo ai seguenti regimi di mercato:
REGIMI DI MERCATO
1. libera concorrenza;
2. monopolio;
3. l’oligopolio.
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Il regime di mercato preferibile per i consumatori
è la libera concorrenza.
Le imprese, circondate da concorrenti, devono
battagliare tra loro per conquistarsi i clienti,
arrivando a offrire beni e servizi di qualità
sempre maggiore a prezzi sempre minori.
1. LIBERA CONCORRENZA
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La concorrenza perfetta rappresenta un regime di mercato più teorico che reale,
poiché è molto difficile una sua piena realizzazione.
È caratterizzata da:
- pluralità di produttori e consumatori;
- offerta omogenea di beni e servizi identici nelle caratteristiche, che consente ai
consumatori di acquistare gli stessi prodotti da un produttore o da un altro;
- trasparenza nel mercato, che permette agli acquirenti di conoscere le caratteristiche del
prodotto e il prezzo praticato da qualsiasi venditore;
- assenza di interventi dello Stato sul mercato;
- unicità del prezzo del bene o servizio, uguale per tutti i produttori (le imprese avendo
dimensioni e costi di produzione analoghi non riescono a condizionare il prezzo).
In regime di concorrenza perfetta, il prezzo di un prodotto è determinato esclusivamente
dall’equilibrio tra domanda e offerta.
1A. CONCORRENZA PERFETTA
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La concorrenza imperfetta è il regime di mercato più facilmente realizzabile nella realtà.
È caratterizzata da:
- elevato numero di produttori, un’offerta di beni e servizi differenziata ed eterogenea;
- diversi prezzi applicati al bene o servizio dalle varie imprese produttrici; le varie imprese
possono, inoltre, applicare metodi di pagamento differenti, attuare offerte speciali o più
ampie tecniche di fidelizzazione; differenziazione dei prodotti (ad es. miglioramento del
packaging o un’intensa campagna pubblicitaria che miri a far percepire prodotti molto simili
come profondamente diversi tra loro);
- mancanza di trasparenza, generata dal non conoscere con chiarezza le differenze esistenti
tra i diversi prodotti sul mercato, che spinge a operare le scelte di consumo in base a
preferenze e condizionamenti (per esempio, scegliendo la marca più nota);
- accesso flessibile ai mercati, regolato da normative riguardanti concessioni, licenze, ecc
1B. CONCORRENZA IMPERFETTA
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Ogni impresa si comporta in modo simile a un
monopolista in quanto deve soddisfare una
domanda di mercato dedicata.
Per tali ragioni la concorrenza imperfetta è
detta anche concorrenza monopolistica.
1B. CONCORRENZA IMPERFETTA
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Il monopolio è un regime di mercato non concorrenziale,
nel quale c’è solo un produttore in grado di rispondere alla domanda
di numerosi consumatori.
L’impresa monopolista, detenendo la totalità di quel mercato, può
imporre il prezzo, la quantità e la qualità della produzione.
Il monopolio si può realizzare e mantenere se:
il bene o servizio offerto non sia sostituibile;
il mercato di riferimento non sia accessibile ad altre imprese.
2. MONOPOLIO
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Distinguiamo 3 tipi di monopoli:
- monopoli naturali,
- monopoli di fatto
- monopoli per legge.
I monopoli naturali sono determinati da fattori naturali. È una situazione che si realizza quando
una sola impresa può disporre di una materia prima o di un prodotto che si trova solo in
determinati luoghi (per esempio, sorgenti di acqua con proprietà terapeutiche).
I monopoli di fatto sono il risultato di un precedente regime di libera concorrenza, nel quale
una sola impresa è riuscita a conquistare l’intero mercato. Spesso accade in concomitanza con
importanti innovazioni tec-nologiche.
I monopoli per legge sono istituiti dallo Stato che attribuisce a se stesso o a un’impresa
pubblica il diritto esclusivo di vendere un determinato bene o servizio. È il caso, per esempio, di
valori bollati, tabacchi e lotterie.
2. CLASSIFICAZIONE DEI MONOPOLI
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Oligopolio avviene quando solo poche grandi aziende producono un determinato
bene o servizio e si caratterizza per:
§ numero limitato di produttori, ognuno dei quali detiene una fetta di mercato;
§ difficoltà di accesso al mercato per le nuove imprese, sia per gli alti
investimenti necessari, sia per le misure anticoncorrenziali in atto;
§ coalizione tra le imprese per impedire una libera concorrenza.
Le imprese oligopoliste non possono determinare da sole il prezzo, la quantità e
la qualità del bene o servizio offerto.
Questo non avviene perché le diverse imprese preferiscono accordarsi tra loro
generando coalizioni che mettono fine a ogni azione concorrenziale.
2. OLIGOPOLIO
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Le coalizioni tra imprese oligopoliste sono distinte in trust e cartelli.
Nel caso dei trust, ci si trova di fronte ad accordi di tipo
monopolistico, attraverso i quali le imprese agiscono
collettivamente, concentrando in un’unica direzione strategica la
produzione soggetta a oligopolio.
Nel caso dei cartelli, le aziende, agendo in modo autonomo, siglano
accordi per disciplinare la concorrenza applicando prezzi fissi ai
beni e servizi o attraverso la spartizione delle zone di mercato.
TRUST E CARTELLI
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FORMA DI
MERCATO
NUMERO
DI IMPRESE
BARRIERE
ALL’ENTRATA
NATURA DEL
PRODOTTO
ESEMPI
Concorrenza
Perfetta
Concorrenza
Imperfetta
(o monopolista)
Monopolio
Oligopolio
Infinito
Molte
Una
Poche
Assenti
Assenti
Significative o forti
Significative
Omogenea (beni
indifferenziati)
Beni differenziati
Unico
Beni differenziati
o omogenei
Cavoli, carote
Idraulici, ristoranti
Fornitori locali di
public utilities
(tabacchi, ecc)
Cemento,
automobili,
apparecchiature
elettriche
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La libera concorrenza è un regime di mercato che genera risvolti positivi sull’intera
collettività: incoraggia le imprese all’efficienza, all’innovazione e al progresso tecnologico,
inoltre consente ai consumatori di ottenere prodotti di migliore qualità a prezzi più contenuti.
L’economia di mercato a volte in determinati settori permette la creazione di monopoli e
oligopoli che vanificano i vantaggi apportati dalla concorrenza.
L’autorità pubblica non può impedirne la creazione ma deve vietare le intese
anticoncorrenziali tra imprese (trust e cartelli) e gli abusi di posizione dominante da parte di
monopolisti e oligopolisti, per evitare il verificarsi di speculazioni a danno della collettività.
La legge italiana ha istituito un’apposita autorità (con legge n. 287/1990): l’Autorità Garante
della Concorrenza e del Mercato, meglio nota come Antitrust.
L’autorità italiana ha potere limitato alle imprese di carattere nazionale.
Per le multinazionali queste funzioni di controllo sono esercitate dalla Commissione europea.
Regolare la concorrenza: l’Antitrust
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DISTRIBUZIONE
L’impresa, per mettere il prodotto a disposizione dei clienti,
deve costituire una rete di distribuzione e di vendita in
grado di colmare la distanza tra produttore e
consumatore.
Tra produzione e consumo, avvengono alcuni passaggi del
prodotto. Ciascun passaggio è definito come uno stadio della
distribuzione commerciale.
Ad ogni stadio corrisponde un intermediario commerciale il
cui compito è rendere il prodotto disponibile alla vendita.
LA DISTRIBUZIONE
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1) grossisti: fanno da intermediari tra produttore
(da cui acquistano grandi quantità) e venditori al
dettaglio (a cui rivendono piccole quantità).
GLI INTERMEDIARI COMMERCIALI
2) dettaglianti: acquistano dai produttori o dai
grossisti e vendono al consumatore finale.
3) agenti e i rappresentanti:
non possiedono il prodotto che trattano ma gestiscono
la vendita tra il produttore e il consumatore.
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A seconda del numero di passaggi che il prodotto
compie per raggiungere il consumatore, si possono
avere tre canali distributivi:
I CANALI DISTRIBUTIVI
1) Diretto
2) Indiretto corto
3) Indiretto lungo
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IL CANALE DIRETTO
Il canale diretto (o direct selling) è un canale a zero stadi:
il prodotto arriva al consumatore direttamente dal produttore senza
intermediari.
Abbiamo un unico passaggio di proprietà e assenza di ricarichi intermedi sul
prezzo di vendita. Le forme di canale diretto più utilizzate:
- Vendita con negozi di proprietà (punti vendita monomarca).
- Vendita attraverso agenti dipendenti.
- Vendita attraverso l’e-commerce.
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PUNTI VENDITA MONOMARCA
Flagship store (300-400 m2) e dal design originale.
In genere collocati in centri storici creati per attirare la clientela.
Self standing store, negozi più piccoli (50-200 m2) e collocati in grandi centri
commerciali o aeroporti. La loro gestione può essere affidata anche in
franchising.
Shop-in-shop (corner), sono spazi espositivi più piccoli (30-100 m2)
Trovano collocazione all’interno di punti vendita più grandi, appartenenti a
catene della Grande Distribuzione Organizzata (GDO) o della Grande Distribuzione
Specializzata (GDS).
Punti vendita monomarca: sono caratterizzati dallo stesso marchio e dalla stessa immagine architettonica.
In base alla superficie di vendita a disposizione, possono essere di varie tipologie.
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CANALE INDIRETTO CORTO
- Negozi indipendenti e tradizionali (di piccole dimensioni
e spesso a conduzione familiare)
- negozi di società a catena (uniti per avere un maggior
potere di acquisto nei confronti dei produttori)
- supermercati o ipermercati (GDO)
Il canale indiretto corto è un canale a uno stadio.
Il produttore si avvale di un intermediario (il dettagliante) per far arrivare
il prodotto al consumatore. Abbiamo diverse forme commerciali:
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FRANCHISING: soluzione ibrida
E’ una forma commerciale che prevede una collaborazione fra un’impresa (franchisor) e uno o più
imprenditori affiliati (franchisee), nella quale l’impresa concede agli imprenditori affiliati di sfruttare il
proprio marchio e altri segni distintivi come insegne, arredamento e pubblicità.
Il franchisor è un produttore o un distributore di prodotti o servizi che concede al franchisee il diritto di
commercializzazione dei suoi prodotti, fornendo formazione, consulenza e assistenza tecnica sui metodi di
lavoro.
Il franchisee, dal canto suo, paga al franchisor una quota iniziale per entrare nel network (entrance fee) e
un corrispettivo mensile (royalty) e si impegna a rispettare determinati standard e modelli di gestione,
produzione e utilizzo del marchio. Il risultato è un gruppo di imprese caratterizzate da forte omogeneità.
Si tratta di una soluzione molto utile per espandere la propria rete con negozi monomarca, senza però dover
gestire direttamente tutti i punti vendita.
È una soluzione ibrida, intermedia tra il canale diretto e il canale indiretto corto.
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CANALE INDIRETTO LUNGO
Il canale indiretto lungo è un canale a due o più stadi.
Il prodotto arriva al consumatore attraverso più intermediari, generalmente
grossista e dettagliante.
L’elevato numero di passaggi comporta rilevanti aumenti sul prezzo finale dei
prodotti. Nel canale lungo la figura centrale è quella del grossista,
l’intermediario che tiene i rapporti tra produttore e dettagliante.
Dopo aver acquistato la merce, si preoccupa del trasporto e della sua
conservazione. Inoltre, individua i dettaglianti che sono interessati ad acquistarla.
Si distinguono due tipi di grossista:
il grossista a servizio completo e il grossista a servizio limitato.
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GROSSISTA A SERVIZIO COMPLETO
Assicura tutti i servizi della vendita all’ingrosso:
- acquisto della merce dall’azienda e stoccaggio in magazzino;
- negoziazione con fornitori e dettaglianti;
- evasione degli ordini;
- consegna della merce.
Il grossista paga in anticipo i produttori e accetta dai dettagliati
anche pagamenti dilazionati.
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GROSSISTA A SERVIZIO LIMITATO
Svolge un limitato numero di funzioni e servizi. È possibile distinguerne diversi tipi.
- Cash and Carry o libero servizio all’ingrosso. Si tratta di magazzini aperti solo ai possessori di partita IVA
(dettaglianti, artigiani, liberi professionisti), il cui assortimento è caratterizzato da un numero limitato di
linee di prodotti a rapida vendibilità (alimentari, giocattoli, abbigliamento). La vendita è a libero servizio,
cioè i clienti possono recarsi direttamente presso il grossista e provvedono poi al ritiro e al trasporto della
merce.
- Truck jobber o ingrosso con consegna al punto vendita. Si tratta di una forma di distribuzione all’ingrosso
tipica delle merci deperibili, come latte, pane, carni, pasticceria, ecc. Il truck jobber ha come obiettivo la rapi-
da consegna presso dettaglianti, supermercati e ristoranti. Per svolgere ottimamente questa azione deve
disporre di un adeguato parco mezzi.
- Drop shipper o distributore di ordini. Il grossista si limita a raccogliere gli ordini provenienti dai clienti e a
smistarli ai produttori, al fine di consentire la consegna della merce presso i depositi degli acquirenti nel
minor tempo possibile e secondo le specifiche richieste. Nel percorso dall’ordine alla consegna, il drop
shipper assume la proprietà della merce e i connessi rischi.
- Rack jobber o ingrosso senza deposito. Il grossista offre ai dettaglianti prodotti non food (libri, riviste,
giocattoli, ecc.) in conto deposito, sopportando il rischio dell’eventuale deperimento e provvedendo al
contestuale ritiro della merce.
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CONCEPT STORE, FACTORY OUTLET E TEMPORARY STORE
I concept store sono punti vendita in cui l’attenzione non è posta tanto sul prodotto quanto sul cliente.
Sono negozi che si sviluppano attorno a una precisa idea (concept), la filosofia che distingue e rende l’azienda
riconoscibile. Ne deriva un ambiente studiato in ogni dettaglio (arredamento, design, luci, musica, profumi,
ecc.) per incuriosire il cliente, coinvolgerlo e offrirgli una memorabile esperienza di acquisto
I factory outlet sono negozi, gestiti in genere da brand di fascia alta, che vendono prodotti a prezzi più
accessibili, per smaltire le rimanenze di magazzino, senza sminuire il valore del marchio. In genere sono centri di
grandi dimensioni (> 10.000 m2), che raggruppano anche centinaia di diversi negozi (outlet village), localizzati
in aree extraurbane strategiche, ben servite e con facilità di parcheggio. Molti marchi di abbigliamento ne
fanno ricorso.
I temporary store sono negozi temporanei, che restano aperti per breve tempo (da pochi giorni ad alcuni mesi).
In genere sono di piccole dimensioni e vengono collocati in centri storici o località turistiche di particolare
interesse. Sono utilizzati per lanciare un nuovo prodotto o farsi notare da un target specifico. Sono infatti
caratterizzati da un design originale, che mira a colpire e incuriosire i passanti, e dalla proposta di prodotti
esclusivi, come edizioni limitate o personalizzate non disponibili in altri store.
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SINTESI
I beni e i servizi sono i mezzi che permettono di soddisfare i bisogni.
Per poter avere un valore economico, il bene deve essere reperibile e disponibile in quantità limitata.
I beni economici possono essere classificati per modalità d’uso (complementari, succedanei) e per funzione
(durevoli, non durevoli, di consumo, strumentali). La produzione consiste nel processo di trasformazione di
risorse umane, finanziarie e materiali (input) in beni di utilità maggiore (output).
I sistemi produttivi variano in relazione alla tipologia di impresa e al settore di riferimento (agricoltura,
industria, commercio e servizi, servizi ad alta tecnologia). Le scelte produttive degli imprenditori sono orientate
dal mercato, dove l’offerta di beni si incontra con la domanda da parte dei consumatori, determinando il prezzo
di vendita. Le dinamiche di mercato danno origine a diversi regimi: la libera concorrenza (vantaggi per i
consumatori in termini di prezzi e qualità), il monopolio (una sola impresa in grado di determinare il prezzo dei
beni) e l’oligopolio (poche imprese coalizzate per impedire la concorrenza).
Per mettere in contatto prodotti e consumatori, è necessario costruire un’efficiente rete di distribuzione.
Si distinguono diversi canali distributivi: il canale diretto (zero stadi), attraverso negozi monomarca, e-
commerce o agenti dipendenti; il canale indiretto corto (uno stadio), attraverso dettaglianti come GDO e negozi
in franchising; il canale indiretto lungo (più stadi), attraverso il ruolo attivo dei grossisti.