2. Cos’è la Costituzione?
La costituzione, nel diritto, è l'atto normativo fondamentale che definisce la natura, la
forma, la struttura, l'attività e le regole fondamentali di un'organizzazione ovvero il
vertice della gerarchia delle fonti che definisce l'ordinamento giuridico di uno Stato di
diritto.
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3. L’Articolo 3 della Costituzione
Art. 3. Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla
legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di
opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
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4. Le discriminazioni…
Nell’ambito del comportamento e degli atteggiamenti sociali la discriminazione
consiste nel trattamento, nella considerazione, nella distinzione non paritari attuati
nei confronti di un individuo sulla base di un particolare gruppo sociale, classe
sociale o categoria in cui la persona viene percepita come appartenente, anziché
basandosi sui suoi singoli attributi.
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5. Le discriminazioni razziali
La discriminazione razziale ed etnica differenzia gli individui sulla base delle presunte diversità
razziali ed etniche percepite e porta a varie forme di svantaggi. La discriminazione razziale
nell'ambito dell'assunzione lavorativa ha dimostrato di esistere sia negli Stati Uniti che in Europa in
uno studio degli inizi del XXI secolo che i candidati con nomi da bianchi americani hanno ottenuto
il 50% in più di colloqui rispetto a quelli con nomi da afroamericani.
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6. Legislazione europea
Quando è nata la Comunità economica europea nel 1957, la tutela contro la
discriminazione è stata inizialmente limitata all'ambito lavorativo, in quanto lo
scopo era favorire il buon funzionamento del mercato interno Gli Stati membri
dell'Unione europea aderiscono anche alla Convenzione europea per la salvaguardia
dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali del Consiglio d'Europa.
Legislazione
italiana
Per limitare gli effetti della discriminazione si adottano politiche di discriminazione
positiva: si privilegiano, cioè, quelle categorie che sono state o si ritengono
discriminate, ad esempio riservando agli appartenenti a questi gruppi di persone
posti di lavoro in enti pubblici o università. In Italia esiste dal 1996 un dipartimento
preposto ad eliminare eventuali discriminazioni chiamato "Dipartimento per le pari
opportunità". Esempio Legge Mancino che sanziona e condanna gesti, azioni e
slogan legati all'ideologia nazifascista, e aventi per scopo l'incitazione alla violenza e
alla discriminazione per motivi razziali, etnici, religiosi o nazionali.
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7. Le discriminazioni
religiose
La discriminazione religiosa è proibita dalla legge internazionale sui diritti umani.
Nessun individuo o gruppo può essere soggetto a discriminazioni da parte di qualsiasi
Stato, istituzione, gruppo di persone o singola persona per motivi di religione o altre fedi
religiose. La discriminazione tra esseri umani costituisce un affronto alla dignità umana e
un ripudio dei diritti umani e delle libertà fondamentali proclamati dalla Dichiarazione
dei Diritti delle Nazioni Unite. Esso costituisce anche un ostacolo alle relazioni amichevoli
e pacifiche tra le nazioni. Gli Stati hanno il dovere di prendere misure efficaci per
proteggere tutte le persone all’interno della loro giurisdizione dalla discriminazione;
questo include il compito di annullare una legislazione discriminatoria e applicare una
legislazione che protegge la libertà di religione in tutti i campi civili, economici, politici,
sociali e culturali della vita. Gli Stati dovrebbero inoltre eliminare le politiche e le
pratiche ufficiali che facilitano tale discriminazione. Il diritto alla libertà religiosa prevede
un rigoroso dovere di neutralità da parte dello Stato che si astiene dal partecipare a
dispute religiose o dal favorire determinate religioni o gruppi laici rispetto ad altri.
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8. La discriminazione della
donna
In Italia ancora oggi molte donne continuano ad essere discriminate e uccise. Nel
2012 furono approvate le quote di genere, ma nonostante tutto le donne presenti
nel consiglio di amministrazione rappresentano il 14,5 %del totale.
L’Italia è al 57 posto in classifica mondiale per le donne presenti in Parlamento.
L’Ispettorato del lavoro ha contabilizzato 49.451 dimensioni sul lavoro nel 2018 con un
aumento del 24%,rispetto all'anno precedente . I due terzi sono le donne costrette a lasciare
il lavoro o donne che hanno rinunciato a causa della maternità. Nelle istruzioni dello Stato
solo 2 settori su 83 sono donne, ed inoltre ancora nessuna donna è riuscita a diventare
presidente di un grande ente di ricerca. La Banca d'Italia ha documentato che se la quota
femminile nel lavoro salisse al 60% il nostro pil salirebbe del 7% in più. Quindi con le donne
nel lavoro avremmo grandi progressi, ma molte donne in gravidanza o madri, consegnano
lettere di dimissione.
Le donne nel lavoro
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9. Il
femminicidio
Il termine “femminicidio” identifica l’uccisione di una donna.
Identifica un fenomeno molto più ampio che include una molteplicità di condotte,
quali: maltrattamenti, violenza fisica, psicologica, sessuale, educativa o ancora
economica, agite prevalentemente da uomini, in ambito lavorativo, familiare o
sociale. Nel loro insieme si fa riferimento a comportamenti che minano la libertà,
la dignità e l’integrità di una donna, e che possono culminare nell’omicidio, nel
tentativo di uccisione o in gravi forme di sofferenza. È quindi “femminicidio” tutto
ciò che implica un odio verso l’universo femminile “proprio perché tale”.
Il femminicidio in
Italia
Secondo i dati ISTAT, nel 2015, il 35% delle donne di tutto il mondo ha subito una
violenza. Per quanto riguarda il nostro Paese, invece, 6 milioni e 788 donne
affermano di aver subito nel corso della propria vita almeno una violenza fisica o
sessuale.
I dati Eures e Ansa, infine, sostengono che tra il 2000 e il 2011, si sono verificati
complessivamente 2.061 femminicidi: la metà di questi casi è stata rilevata nel
nord Italia, circa il 30% di casi nel sud ed infine il 19,4% al centro.
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10. La violenza domestica
Una forma particolare di femminicidio è costituita dalla violenza domestica, un fenomeno
molto diffuso ma purtroppo ancora in gran parte sconosciuto e sottovalutato, che riguarda
tutte le classi socio-culturali ed economiche, senza distinzioni di età, credo religioso o razza.
l termine violenza domestica indica quel tipo di violenza praticata dal partner della vittima, il
quale, indipendentemente dal luogo in cui agisce la violenza e dalla forma che essa assume,
mira ad assumere il potere all’interno della relazione maltrattando, umiliando, minacciando e
svalutando la donna fino ad arrivare a volte all’omicidio. La violenza domestica, quindi, alla
stessa stregua di altre forme di violenza, è fortemente correlata al concetto di potere: il suo
vero obiettivo non è esclusivamente quello di provocare dolore o sofferenza fisica alla donna,
quanto piuttosto quello di sottometterla, umiliarla, piegarla ed ingessarla dentro mille forme
diverse di paura; in quest’ottica, la violenza domestica, non si riduce ad una mera violenza
fisica, ma si esplica attraverso forme di violenza psicologiche, sessuali e perfino economiche.
Il baby femminicidio
Un fenomeno ancora più sconcertante di violenza agita dal partner è il cosiddetto “baby femminicidio”.
Alcune ricerche mostrano, infatti, come l’aumento delle ragazze uccise dipenda non più dalla mano di
familiari, ma di fidanzati che già dall’età di 11 anni arrivano ad uccidere la propria partner.
Una donna è più capace di valutare il proprio partner e di riconoscerne la pericolosità, pur scegliendo di
rimanere con lui anche in seguito a dinamiche psicologiche/affettive problematiche e dannose, mentre la
ragazza adolescente, al contrario, non ragiona in termini di pericolosità ma di affettività, spesso spinta
anche dalle dinamiche di ribellione genitoriale che caratterizzano questa delicata fase di sviluppo.
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11. Femminicidio e
impulsività
L’impulsività è uno degli elementi salienti che possiamo ritrovare nell’uccisione di una
donna. Dal punto di vista degli psicoterapeuti, il femminicidio impulsivo è caratterizzato da
alcune peculiarità: la minaccia per la perdita di qualcosa che appartiene, la rabbia esplosiva
e l’impulsività che trasforma la rabbia in comportamenti di attacco e di violenza espressa.
Contro il femminicidio
Dal punto di vista sociale e politico occorre rendere il femminicidio un problema di
cui non si può fare a meno di occuparsi. Sensibilizzare gli uomini e renderli
consapevoli e partecipi.
Dal punto di vista psicologico, per le donne, la prevenzione non è tutto, ma è
moltissimo. Si deve insegnare loro a chiudere i rapporti con uomini che esibiscono
comportamenti violenti di qualsiasi tipo: i segnali devono essere colti prima che si
trasformino in tragedie. Il segnale che è arrivato, cosi che si chiuda una storia che
non può portare ad altro che esiti dolorosi se non tragici.
Il 25 novembre
Nel 1981, nel primo incontro femminista latinoamericano e caraibico svoltosi a
Bogotà, in Colombia, venne deciso di celebrare il 25 novembre come la Giornata
internazionale della violenza contro le donne, in memoria delle sorelle Mirabal.
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12. Luca Bastianelli -> Le discriminazioni razziali
Tommaso Conicella -> Le discriminazioni religiose
Serena Serafini -> Powerpoint + Femminicidio
Xianyao Chen -> Immagini
Alessia Piccioli -> La discriminazione della donna
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