1. TAPPE DELL'UNIFICAZIONE D'ITALIA
Nel corso della rivoluzione
francese, la personalità di
Napoleone acquistava sempre
più fama. Erano le sue concezioni
di rivoluzione nei confronti dei
sovrani assolutisti che resero
Napoleone un idolo per tutti i
popoli sottomessi di gran parte
dell'Europa. il rivoluzionario
raggiunse la maggior gloria
dopo il 1800, quando le
condizioni lo portarono a
diventare addirittura imperatore.
fu poi precluso sull'isola d'Elba
ma, rimpatriato, verrà poi
sconfitto sull'isola di Sant'Elena
(1821).
Durante il suo ultimo esilio, a Vienna si assiste al congresso di Vienna. Tutti i sovrani precedenti
Napoleone decisero di riunirsi per ridefinire i confini dell'organizzazione governativa dell'Europa nel
periodo antecedente alla rivoluzione francese. A pianificare il congresso e a rappresentare l'Austria
vi era il principe di Meternich.
L'Italia a quei tempi era ben lontana dall'essere una nazione. si divideva in numerosi territori alcuni
dei quali erano indirettamente controllati dall'impero austroungarico. "indirettamente” significa di
questi stati vengono poste persone di fiducia al governo austriaco. I regni indipendenti erano quello
di Sardegna, dello Stato Pontificio, e delle due sicilie. Quest'ultimo però era governato dai Borboni,
dinastia legata per via spagnola a quella degli Asburgo. perciò in Italia nella prima metà
dell'ottocento sorsero i primi moti rivoluzionari dell'indipendenza, concentrati soprattutto nella zona
centro settentrionale dell'Italia: il lombardo Veneto.
Il primo moto avvenne nel 21, quando in Sardegna sale al trono CARLO ALBERTO. Questo sovrano
dava l’idea di liberare i popoli che erano sotto la dominazione austroungarica e inserirli nel suo
regno. I patrioti italiani organizzarono degli incontri segreti con il re dai quali stipularono una
strategia di attacco contro l’Austria: nel momento in cui i rivoluzionari si fossero ribellati, Carlo
Alberto avrebbe attraversato il Ticino e affiancato i lombardo veneti. Fatto sta che all’ultimo, dopo
che gli “italiani” avevano sollevato la rivolta, il re di Sardegna si ritirò. Ci fu una strage in quanto
l’inadeguato esercito lombardo veneto non avrebbe mai sconfitto quello dell’impero austroungarico:
molti patrioti furono sterminati e tant’altri furono imprigionati. Tra questi vi era Silvio Pellico, che già
dall’anno 20 aveva cominciato a scrivere ‘le mie prigioni’. Per quanto riguarda ancora la
Letteratura italiana di questo periodo, Manzoni scrisse un ode: ”marzo 1821” in qui descrisse in
poesia l’esercito spagnolo che stava sulla sponda del Ticino.
I moti del 31 non ebbero nessun effetto in virtù dell’obbiettivo preposto. Tuttavia nemmeno il primo
che, anzi, peggiorò la situazione.
2. Fu nel 48 che Carlo decise di intervenire contro l’austria, ma venne sconfitto. Si prese le sue
responsabilità e abdicò, lasciando il trono al figlio: VITTORIO EMANUELE II. In realtà il fatto di
abdicare nasconde in se una strategia di difesa, poiché in questo modo non c’era da preoccuparsi di
improvvise vendette o eccessive vendette da parte del regno d’austria.
Vi erano diverse concezioni in merito a ciò che la condizione di “indipendenza” auspicata stava a
indicare: Cattaneo era sostenitore del federalismo; si pensava un’annessione dell’Italia allo Stato
Pontificio, al tempo vi era Pio IX; Mazzini: era promotore della republica; ognuna di queste teorie
pareva difficile da mettere in pratica. Innanzi tutto Pio IX non era d’accordo con l’annessione dei
territori italiani al suo Stato in quando sarebbe stato il motore primo di una serie di guerre. Il
pensiero di Mazzini al tempo era addirittura impensabile. Non si riusciva ad immaginare la propria
società autonoma, senza un sovrano. L’unica strategia fattibile pareva quella ideata da Cavour.
Nel 1852 Camillo Benso conte di Cavour ottenne la carica di primo ministro. Era del parere che da
solo, l’esercito di cui disponeva il lombardo veneto non era per niente sufficiente per sconfiggere
l’Austria. Bisognava disporre perciò di un potente alleato. per comoda coincidenza in quel periodo
la Francia era all’opera per limitare il potere degli Asburgo. La buona occasione per avere un
buon rapporto con la Francia si presentò nel 55 con la guerra in Crimea. Cavour decise di far
intervenire un esercito di piemontesi, chiamati Zuavi, a fianco della Francia in questa battaglia di cui
l’italia non se ne sarebbe fatta nulla. Era solo un modo astuto per quanto azzardato, per acquistare
la fiducia. Alla fiducia seguì L’ACCORDO DI PLOUMBIER: se il regno di sardegna fosse stato
attaccato dall’impero Austroungarico, Napoleone III, con truppe FRANCESI, sarebbe sceso in campo
a fianco dell’italia. Vi era però un tornaconto: se la guerra fosse andata bene, il Lombardo veneto
sarebbe passato nel regno di Sardegna, PERò Napoleone III vuole in cambio Nizza e la Savoia, che
erano parte della Spagna. A malincuore, poiché terre native dei monachi come vittorio Emanuele e
Garibaldi (nato a Nizza), verranno cedute.
Per far in modo che fosse l’Austria ad attaccare la sardegna e non viceversa, serviva un pretesto.
Cavour ordinò di varcare ripetutamente il confine del nemico. Così l’Austria, com’era stato ben
previsto, dopo un ultimatum, dichiarò guerra e NAPOLEONE SCESE IN CAMPO. Scoppiò così nel 59
la II guerra d’indipendenza.
Successe però un inconveniente. Napoleone III arrivato a Villafranca firmò un’armistizio all’austria. Il
re di francia si sentiva obbligato a prender quella decisione in quanto in Francia erano scoppiate
vere e proprie insurrezioni. Infatti i francesi non vedevano di buon occhio la guerra intrapresa dal
loro Re in quanto non portava alcun beneficio, anzi stavano perdendo molte vittime e soprattutto,
allora molto più importante, molto denaro. Il LOMBARDO VENETO VENNE COSì TRADITO. Cavour di
dimesse; Nizza e Savoia restarono nel regno di spagna in quanto gli accordi, da parte della
Francia, non erano stati rispettati; Infine SOLO la Lombardia passò al regno di Sardegna. Nel
frattempo nell’italia centro settentrionale si sollevavano moti per l’annessione dei propri territori al
regno di Sardegna. Napoleone accettò le loro richieste, ma in cambio di NIZZA E SAVOIA. Fu così
che il regno di sardegna perse per sempre i due territori ad esso tanto cari, e acquistò gran parte
del nord centro-settentrionale dell’Italia.
Nel 1860 l’Italia comincia a costituirsi. Per come, geograficamente, la conosciamo noi oggi devono
ancora essere annessi: il regno delle due Sicilie, lo stato pontificio e il triveneto composto dalla
Venezia tridentina, dalla Venezia Euganea e dalla Venezia Giulia. Tutti questi territori entreranno
gradualmente all’interno dell’Italia.
3. Il 1860 è anche un’importante tappa per la nostra UNIFICAZIONE. è l’anno della SPEDIZIONE DEI
MILLE sotto la guida di Garibaldi che anche lui mirava ad un’Italia unita. Si organizzarono così degli
accordi segreti tra Cavour, Vittorio Emanuele II e Garibaldi. Il piano che ne venne fuori consisteva
nella conquista, da parte di Garibaldi, del R. d. due Sicilie e la conseguente annessione di questi
territori a R. d. Sardegna. (Benso e Vittorio, avrebbero provveduto alle armi).va ricordato che
L’accordo preso da ambedue le parti era di tipo UFFICIOSO e non ufficiale.
La notte fra il 5 e il 6 maggio 1860, 1070 volontari partirono insieme a Garibaldi da Quarto
(presso Genova). Sbarcati in Sicilia cominciano a conquistare i nuovi territori, affiancati dai
contadini, dagli uomini appartenenti alla classe più sfruttata dal Regno dei Borboni. Questa famiglia
aveva impoverito tutta l’italia meridionale. Vi erano aristocratici che erano proprietari di vastissimi
territori concessi dai Borboni in modo da mantenersi la fiducia. Questi uomini dell’alto rango erano
plorassi e assenteisti in quanto: non giovavano alla produttività del territorio e non vivevano quasi
mai nei loro territori, ma si stabilizzavano spesso nei tre centri principali: Napoli, Palermo e Coretto.
La conquista procedeva molto velocemente, finchè Garibaldi non arrivò a Teano, dove fu fermato
da Vittorio Emanuele II e da Cavour. Questa loro scelta era dovuta in primo luogo perché Garibaldi
non si sarebbe fermato, avrebbe proceduto sempre più verso Nord, verso lo stato pontificio. Uno
scontro con l’esercito di Napoleone lasciava poco da sperare a quello di Garibaldi. In secondo
luogo l’accordo, come detto, era ufficioso e non ufficiale. I Re di Sardegna e il primo ministro
temevano che Garibaldi uscisse con l’idea di governare quanto aveva conquistato. In realtà il
repubblicano, filo-mazziniano, era uomo di parola. Lasciò così che il regno delle due Sicilie fosse
annesso al regno di Sardegna.
Nel 1861 Vittorio Emanuele II potè così proclamare il Regno d’Italia. La capitale fu spostata da
Torino a Firenze. Ma questo era solo un passo verso ciò che si aspettava veramente da questa
unificazione. Massimo d’Azelio asserì “fatta l’italia, facciamo gli italiani”. Infatti si trattava di unire
vasti territori non solo dal punto di vista geografico, ma culturale, dell’istruzione, della lingua,
sociale, economico. Sarà questo il tallone d’achille della nuova Italia: L’INCONSAPEVOLEZZA DI
APPARTENERE AD UNA NAZIONE.
Il Nord e il Sud già dal 1861 presentavano le loro
condizioni su due facce opposte di una stessa medaglia.
Il settentrione, avendo avuto alle spalle una
colonizzazione austriaca che ha saputo ben rendere
prolifero il territorio, era più sviluppato, tanto che prese
il nome di Giardino d’Europa. Il meridione, che già sotto
i Borboni non stava passando il periodo migliore della
sua storia, peggiora la sua situazione nel momento in cui
si unifica con l’Italia nordica. Questo essenzialmente per
tre motivi: 1) l’apertura delle barriere doganali aprì le
porte ad una concorrenza sempre più forte tra le
industrie del Nord e quelle del Sud, così che nel
meridione sparirono. 2) lo stato italiano doveva
raggiungere il pareggio del bilancio. Tale parità era
raggiungibile attraverso l’imposizione di tasse. Fu così
che pensarono bene di mettere una tassa sul macinato,
su tutti quegli ingredienti che erano alla base
dell’alimentazione dell’epoca. Era un ulteriore salto
verso il basso per popolazioni che già morivano di fame. 3) lo Stato Italiano necessitava di un
esercito. Ne conseguì la COSTRIZIONE MILITARE OBLIGATORIA. Tutti i ragazzi compresi tra i 18 e
20 anni venivano prelevati con anche con forza dalle loro abitazioni e portati a fare i soldati, a
combattere per un qualcosa che con fatica poteva essere immaginato: la propria nazione. Era un
4. ulteriore colpo al cuore per le famiglie che puntavano sulla forza di questi ragazzi più giovani e
forti nel lavoro.
Questi tre moventi portarono a due plausibili soluzioni: 1) l’emigrazione: verso l’america
settentrionale o verso l’America meridionale (Argentina,Uruguai, nelle Pampas) dove potevano
svolgere la mansione di contadini. Il loro introito lo spedivano poi alla loro famiglia in Italia. 2)
brigantaggio: i ragazzi che si rifiutavano di svolgere servizio militare, si rifugiavano sugli appennini
meridionali, si riunivano in vere e proprie comunità e costruivano vere e proprie barricate contro i
carabinieri. In questi luoghi si trovano le radici di quella che oggi compare spesso in televisione sotto
il nome di Mafia, Camorra o Sacra Corona Riunita.
Allo Stato italiano mancavano ancora il triveneto e lo stato pontificio. Nel frattempo si formava il
primo esercito, composto da numerosi uomini che non si capivano tra loro e paradossalmente
inconsapevoli di essere Italiani, e la scuola elementare, che puntava all’alfabetizzazione.
L’esercito italiano non sarebbe mai stato capace di annettersi quei territori sconfiggendo in guerra il
regno d’Austria. Tuttavia, nel 1866 vi fu un’altra tappa fondamentale a livello internazionale. La
Prussia, un principato tedesco (che per noi corrispondeva all’ex regno di Sardegna), vuole annettere
a sé i territori tedeschi. L’Italia coglie l’occasione e chiede di unirsi a fianco della Prussia, così da
ottenere, in caso di vittoria il TRIVENETO. Quando la Prussia si senti pronta dichiarò guerra, dando
inizio al conflitto Austro-prussiano, chiamata anche guerra delle sei settimane, che per noi passa
sotto il nome di 3° guerra d’indipendenza.
L’esercito italiano fu DISTRUTTO, non era pronto in tutti i sensi ad
intraprendere una guerra. Solo Garibaldi con i cacciatori delle alpi
aveva ottenuto qualche vittoria. La sconfitta più memorabile fu quella
nella battaglia di Lissa in cui l’esercito austroungarico sconfisse
l’esercito italiano nonostante questo contava un numero di uomini che
ammontava ben al doppio dell’altro. Tuttavia i prussiani ne uscirono
vittoriosi. La prussia però non voleva annettere al suo regno anche
l’intero impero austroungarico, così nella battaglia di Sadowa chiese
un’armistizio, a seguito del quale tutti i territori entrarono a far parte
della Prussia, che divenne da allora la GERMANIA. L’Italia nonostante
si ritrovò con un esercito smantellato, seppur per via prussiana, la
battaglia la vinse. Il triveneto entrò così a far parte del regno d’Italia.