3. collezioni: passaggio a 6 collezioni l’anno (dibasee stagionali) più collezioni flash (che andranno a cogliere le ultime tendenze e desideri dei consumatori);
4. comunicazione: coerente e in grado di trasmettere i cambiamenti alla clientiela.Il database iniziale contiene 30 variabili.I punti vendita (clienti intermedi) che trattano il brand sono oltre 1300. Analizzare il portafoglio di clienti intermedi dell’azienda allo scopo di individuare tra i retailer attualmente serviti quelli su cui puntare nell’immediato futuro OBIETTIVO
5. II. Alberi di classificazione Gli alberi di classificazione applicati al caso di specie esaminano il livello di penetrazione del brand presso i diversi retailer allo scopo di individuare una profilazione dei negozi che presentano la più alta penetrazione (e quindi il più alto sell-in) per l’azienda. L’obiettivo finale è la razionalizzazione dei punti vendita allo scopo di migliorare il posizionamento del brand. Implementazione Sono stati implementati i principali modelli di classificazione ad albero (CHAID, C5.0 e C&RTree). Come variabile dipendente (output) è stata impostata la classe di penetrazione (variabile originariamente quantitativa, successivamente organizzata in tre classi equifrequenti); per tale motivo non è stato implementato il modello QUEST che non prevede come variabile di uscita una quantitativa continua o una qualitativa ordinale (le due modalità attraverso cui è presente la variabile penetrazione). Le variabili di input del modello sono state selezionate in base alla significatività statistica rispetto alla variabile dipendente. È stato utilizzato il nodo partizione che divide l’insieme di dati in due parti omogenee (training e test). Proprio per tale motivo i risultati dell’albero attengono a 674 casi (porzione di training).
7. Il grafico a destra mostra la partizione utilizzata. In basso il grafico di valutazione permette di esaminare quale dei tre modelli è il migliore. In tal caso si nota che in entrambe le partizioni (training e test) il modello CHAID presenta valori più alti di lift che decrescono nella parte destra del grafico e si allontanano meno dalla curva idealmente migliore (quella in azzurro). È possibile pertanto affermare che il CHAID sia il modello migliore tra quelli utilizzati.
8. Risultati modello CHAID CLASSI DI PENETRAZIONE RADICE Catena 1° LIV. Metri quadri (classi) Livello 2° LIV. Tipologia di Negozio %Acquisti Uomo Vetrine Marchi di riferimento 3° LIV. Marchi di riferimento Capoluogo/Centro Turistico Zone 4° LIV.
12. Nei retailer di piccole dimensioni, che dedicano fino ai 2/3 del proprio assortimento all’abbigliamento uomo e non presentano marchi di riferimento all’interno del punto vendita, il brand è presente in maniera forte;
13. Il brand è presente in maniera debole nei PdV appartenenti a catene di distribuzione con un discreto posizionamento quanto a marchi trattati (M/MB) e che hanno marchi di riferimento, sebbene il peso di questi segmenti sia molto basso;
14.
15. IV. Implicazioni (1) Dall’analisi condotta emergono tre principali linee di azione che il management dell’azienda può adottare. Un primo ordine di azioni riguarda il CONSOLIDAMENTO della propria presenza nei RETAILER attualmente SERVITI che presentano un’alta penetrazione. È importante infatti che il brand non perda potere competitivo laddove già ricopre una posizione abbastanza forte. Operativamente ciò si traduce nella presenza costante sugli scaffali delle linee base di jeans e delle linee stagionali e flash che l’azienda crea ex novo ogni anno. La presenza di articoli di abbigliamento che raccolgono gli ultimi trend del momento in retailer in cui la presenza del brand è già consolidata potrebbe spingere in alto maggiormente le vendite con ricadute positive sulla percezione della marca tra i consumatori. Analizzare il portafoglio di clienti intermedi dell’azienda allo scopo di individuare tra i retailer attualmente serviti quelli su cui puntare nell’immediato futuro. OBIETTIVO STARE IN EQUILIBRIO
16. IV. Implicazioni (2) Un secondo livello di azioni attiene al RAFFORZAMENTO della propria presenza nei RETAILER attualmente SERVITI che presentano una bassa penetrazione ma non necessariamente pessima. Operativamente ciò si può tradurre in sconti o promozioni ai retailer (per avere garantita la proprio presenza a scaffale) e ai consumatori (per aumentare le vendite) o in comunicazione mirata sul PdV. Inizialmente soltanto con le linee base di jeans e cercando gradatamente di proporre le linee stagionali se vi è risposta positiva dal mercato. Analizzare il portafoglio di clienti intermedi dell’azienda allo scopo di individuare tra i retailer attualmente serviti quelli su cui puntare nell’immediato futuro. OBIETTIVO FARSI SPAZIO TRA I GIGANTI
17. IV. Implicazioni (3) Il terzo e ultimo ordine di azioni consiste nel TRATTENERE rapporti contrattuali con RETAILER STRATEGICI nonostante le performance aziendali siano tutt’altro che buone. Ci si riferisce in tal caso ai retailer appartenenti a catene di distribuzione, la cui penetrazione del brand è tendenzialmente bassa. Data l’importanza che tale canale distributivo ricopre proprio grazie alla presenza su tutto il territorio nazionale e alle sinergie realizzabili a livello di singole catene di distribuzione, è necessario presenziarlo, anche a costo di non ottenere miglioramenti quanto a penetrazione. Piuttosto che proporre le linee base, sarebbe opportuno proporre unicamente le linee stagionali e flash, che presentano costante novità e che è più probabile possano ottenere un riscontro positivo dal mercato. Analizzare il portafoglio di clienti intermedi dell’azienda allo scopo di individuare tra i retailer attualmente serviti quelli su cui puntare nell’immediato futuro. OBIETTIVO NON MOLLARE MAI
18. IV. To sum up STARE IN EQUILIBRIO FARSI SPAZIO TRA I GIGANTI NON MOLLARE MAI