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La programmazione del nuovo ciclo dei fondi
europei 2014-2020
Presentazione della bozza di Accordo di
partenariato

Ministro per la Coesione Territoriale Carlo Trigilia

10 dicembre 2013
PREMESSA
L’Accordo di partenariato è il documento fondamentale richiesto dalla
proposta di regolamento comunitario con cui è definita la strategia – risultati
attesi, priorità, metodi di intervento – di impiego dei fondi strutturali europei
per il periodo 2014-2020. La bozza di Accordo è stata inviata il 9 dicembre
scorso alla Commissione Europea, come concordato tra il Ministro per la
Coesione Territoriale Carlo Trigilia e il Commissario per gli Affari
Regionali Johannes Hahn. Il documento inviato è il frutto di un lungo
percorso di preparazione e di discussione con vari soggetti istituzionali:
Amministrazioni centrali (Ministeri), le Regioni, il Partenariato economico e
sociale (Associazioni e Organizzazioni di categoria).
Sebbene la versione attuale dell’accordo non sia ancora quella finale, perché
necessita di un completamento in alcune sue parti, essa costituisce tuttavia il
nuovo punto di riferimento per le osservazioni e i suggerimenti che verranno
dalla Commissione e dagli altri soggetti istituzionali interessati.
IL PERCORSO DI PREPARAZIONE DELL’ACCORDO
I lavori di preparazione del ciclo di programmazione dei fondi europei 20142020 erano stati avviati con la presentazione al Consiglio dei Ministri del 17
dicembre 2012, da parte del Ministro per la coesione territoriale, d’intesa
con il Ministro del lavoro e il Ministro delle politiche agricole, forestali e
alimentari, del documento “Metodi e obiettivi per un uso efficace dei Fondi
comunitari 2014-2020”.
Questo documento conteneva alcune importanti innovazioni di metodo volte
a definire in modo più preciso i programmi al fine di renderli dei veri e
propri programmi operativi, in termini di specificazione dei risultati da
ottenere, delle azioni da perseguire e della definizione precisa dei tempi di
attuazione. Venivano inoltre individuate tre opzioni strategiche sulle quali
orientare l’impiego dei fondi – Mezzogiorno, Città e Aree interne – ed era
indicato il percorso che il confronto tecnico-istituzionale avrebbe dovuto
seguire per pervenire alla definizione della proposta di Accordo di
Partenariato.
Sulla base del percorso tracciato, sono stati istituiti quattro Tavoli tecnici di
confronto partenariale che, a partire dal febbraio 2013, hanno lavorato alla
definizione dei contenuti dell’Accordo: “Lavoro, competitività dei sistemi
produttivi e innovazione”; “Valorizzazione, gestione e tutela dell’ambiente”;
“Qualità della vita e inclusione sociale”; “Istruzione, formazione e
competenze”. Ai lavori dei Tavoli tecnici hanno preso parte le
Amministrazioni centrali interessate per materia, le Regioni e le
Associazioni rappresentative degli Enti locali, il partenariato economicosociale rilevante rispetto ai temi della programmazione.
Alle attività di livello tecnico si sono affiancati i lavori di un “tavolo politico”
tra il Ministro per la coesione territoriale e i Presidenti delle Regioni, in cui
sono state approfondite singole tematiche e sono state verificate le
convergenze raggiunte.
Sulla base di questo lavoro preparatorio, il 9 aprile 2013 era stata inviata alla
Commissione europea una versione preliminare di alcune sezioni
dell’Accordo di partenariato. Negli incontri tenutisi dal 22 al 24 aprile 2013,
la Commissione, in un contesto di apprezzamento per il lavoro svolto, aveva
segnalato tuttavia la necessità di una maggiore concentrazione degli
interventi previsti attraverso un accorpamento delle azioni e di un
approfondimento del quadro strategico nell’ambito del quale collocare gli
obiettivi tematici.
I CAMBIAMENTI NEL GOVERNO DEI FONDI
Al fine di dare seguito alle osservazioni della Commissione, ma anche in
base a convincimenti maturati autonomamente dopo una ricognizione delle
principali criticità condotta nella fase immediatamente successiva
all'insediamento del nuovo Governo, è stato avviato un percorso di
cambiamento del governo complessivo dei fondi europei al fine di
accrescerne l'efficienza e l'efficacia. E’ evidente che in una situazione di
fragilità organizzativa e amministrativa, quale quella che spesso caratterizza
l'assetto istituzionale del nostro Paese, la concentrazione delle risorse su
pochi obiettivi ben definiti rende più agevole potenziare la capacità
amministrativa e il monitoraggio dell’attuazione dei programmi e permette
di ridurre la frammentazione che limita l'impatto complessivo degli
interventi. Meglio fare poche cose ma farle meglio.
Il rafforzamento delle responsabilità del Governo per fare dei fondi una
risorsa davvero nazionale, capace di incidere sui problemi di coesione
territoriale e di sviluppo, passa allora anzitutto dalla messa a punto di una
strategia sulla quale fondare una scelta degli obiettivi da perseguire
prioritariamente. A questo si è lavorato nei mesi scorsi.
Contemporaneamente, per porre rimedio alle debolezze progettuali,
organizzative e amministrative che hanno connotato i diversi cicli di
programmazione, è stata creata l'Agenzia per la Coesione Territoriale. Il
Parlamento ha recentemente convertito in legge la norma istitutiva (art. 10
d.l. 101/2013) dell'Agenzia, l’organismo che dovrà svolgere in modo
sistematico e organico funzioni di monitoraggio e di controllo dell'impiego
dei fondi da parte delle autorità di gestione, centrali o regionali, e soprattutto
di supporto, accompagnamento e di assistenza alle autorità interessate nella
gestione di procedure complesse. In casi ben delimitati, l'Agenzia potrà
svolgere anche compiti diretti di gestione e potrà assumere poteri sostitutivi
in situazioni di gravi inadempienze o ritardi da parte delle autorità di
gestione. Contrariamente a quanto è stato paventato, l'Agenzia non è
espressione di un neocentralismo ma è lo strumento di un progetto nazionale
basato sulla cooperazione tra istituzioni centrali e regionali. Quest'ultime
saranno difatti coinvolte negli organi di indirizzo dell'Agenzia.
LE RISORSE
In base a quanto stabilito all’esito del negoziato sul Quadro Finanziario
Pluriennale per il 2014-2020, l’Italia beneficerà di un totale di risorse
comunitarie pari a 32.268 milioni di euro (incluse le risorse destinate alla
cooperazione territoriale per 1.137 milioni di euro e al fondo per gli
indigenti per 659 milioni di euro), di cui 7.695 milioni di euro per le regioni
più sviluppate, 1.102 milioni di euro per le regioni in transizione, e 22.334
milioni di euro per le regioni meno sviluppate (prezzi correnti). Alla quota
comunitaria si aggiungerà il cofinanziamento nazionale a carico del Fondo
di rotazione di cui alla legge n. 183 del 1987, preventivato nel d.d.l. per la
formazione del bilancio annuale (Legge di Stabilità per il 2014) nella misura
di 24 miliardi di euro, nonché la quota di cofinanziamento di fonte regionale
da destinare ai POR (quantificabile in una cifra pari al 30 per cento del
cofinanziamento complessivo del programma).
Il cofinanziamento consentirà, in pratica, di raddoppiare il volume di risorse
assegnato dalla Commissione Europea.
Alle risorse sopra accennate si aggiungeranno anche quelle del Fondo
Sviluppo e Coesione, il cui rifinanziamento per il periodo 2014-2020 è
previsto nel disegno di legge di Stabilità per il 2014 per un importo
complessivo nel settennio di programmazione di circa 54 miliardi di euro:
una parte rilevante di queste risorse dovrebbe essere destinata, nella proposta
del Ministro per la Coesione Territoriale, alle Amministrazioni centrali nella
proporzione del 60% (nel ciclo in corso la proporzione è del 50%). Inoltre, il
Fondo opererà per investimenti pubblici destinando l’80% delle risorse alle
regioni del Centro-Sud e il 20% al Centro-Nord.
Nel complesso il volume di risorse per la Coesione Territoriale nel prossimo
ciclo 2014-2020 supererà i 100 miliardi di euro.
LA PROPOSTA STRATEGICA
L’uso più efficiente e più efficace dei fondi del prossimo ciclo deve
contribuire al superamento della crisi più pesante che ha investito il Paese
dal secondo dopoguerra e che ha aggravato i problemi di coesione
territoriale: il tradizionale divario economico e sociale tra Nord e Sud si è
allargato. La particolare gravità di questa crisi discende dal fatto che essa
non è solo il frutto delle tensioni manifestatesi a livello internazionale negli
ultimi anni, ma ha origini in debolezze interne che si sono accumulate nel
tempo, specie nell’ultimo quindicennio.
E’ necessaria una valutazione strategica che deve partire dall’analisi delle
sfide alle quali sono sottoposte le diverse aree del Paese e dalla
considerazione delle risorse su cui è più opportuno puntare.
Nelle aree più sviluppate del Centro-Nord il sistema produttivo ha sofferto
da un lato della maggiore concorrenza internazionale legata alla
globalizzazione e dall’altro del venir meno della leva del cambio con
l’adozione dell’euro. La combinazione tra questi due fenomeni ha aggravato
un quadro già segnato dalla incapacità di affrontare inefficienze di lunga
data nel campo dei servizi pubblici e privati e dalla crescente pressione
fiscale legata all’elevato debito pubblico.
Ciò non ha impedito a segmenti significativi della struttura produttiva –
soprattutto le medie imprese del made in Italy – di reagire alla prolungata
fase recessiva e al calo della domanda interna avviando strategie di
riorganizzazione e di innovazione con una forte propensione alle
esportazioni. Queste strategie vanno dunque rafforzate e ampliate con il
sostegno della politica territoriale, che deve assumersi il compito di
promuovere l’innovazione e l’internazionalizzazione secondo due sentieri
complementari: da un lato, la modernizzazione del made in Italy attraverso
la crescita di innovazione che sposti i vantaggi competitivi sulla qualità più
che sui costi; e dall’altro, la crescita di settori a alta tecnologia legati alle
conoscenze specializzate presenti nelle università e nelle strutture di ricerca,
sostenendo anche in questo caso nuove attività meno esposte alla
concorrenza di costo dei paesi emergenti.
Nelle aree tradizionalmente meno sviluppate del Mezzogiorno l’accrescersi
della competizione internazionale, l’impossibilità di svalutare, l’elevata
pressione fiscale, si sono combinate con un’inefficienza dei servizi e del
contesto istituzionale in genere ben più grave che in altre regioni. Questi
fattori hanno dunque colpito ancor più duramente un’economia già fragile,
segnata dal minore sviluppo di attività aperte al mercato e capaci di
esportare, e in particolare hanno messo in crisi quei settori del made in Italy
tardivamente avviatisi nell’area e ancora più legati a una competizione di
costo che nel Centro-Nord.
Nelle Regioni del Mezzogiorno non si tratta dunque solo di rafforzare
innovazione e internazionalizzazione sostenendo processi già in corso,
occorre far crescere le attività produttive e le imprese capaci di stare sul
mercato per attivare uno sviluppo autonomo e sostenibile. In questa
prospettiva, particolare attenzione va anche dedicata alla possibilità di
cogliere in modo più estensivo vantaggi comparati rilevanti in settori di
lunga specializzazione e spesso trascurati, come l’ agricoltura e
l’agroindustria. Altrettanto impegno merita inoltre il settore dei beni
culturali e ambientali, che ha una dotazione particolarmente ricca anche nel
confronto con le regioni più sviluppate, ma non è riuscito finora esprimere
attività imprenditoriali capaci di accrescere significativamente la fruizione.
Così come maggior cura richiedono le opportunità offerte dalle università
meridionali, pur con le loro debolezze, al fine di rafforzare attività produttive
già esistenti, sia nell’agricoltura che nell’industria, e di promuovere nuove
attività innovative.
Insomma, nelle regioni meno sviluppate del Mezzogiorno la politica di
sviluppo territoriale, oltre a consolidare e sostenere il sistema delle imprese,
deve agire da stimolo all’ampliamento di altri segmenti produttivi più
innovativi, capaci di sfruttare le opportunità che si aprono a livello della
domanda internazionale per produzioni specializzate e di qualità e per il
turismo legato ai beni culturali e ambientali.
E’ dunque alla luce dei fattori sopra richiamati che si devono leggere le
difficoltà serie dell’economia italiana e l’acuirsi negli ultimi anni dei
problemi di coesione territoriale, ma anche le potenzialità su cui agire.
Fattori di crisi, processi di riaggiustamento in corso e potenzialità esistenti
orientano la scelta degli obiettivi su cui concentrare gli sforzi
nell’allocazione dei fondi europei. Da qui discende il bisogno di una forte
concentrazione delle risorse europee che integri l’orientamento antirecessivo,
oggi più che mai necessario per sostenere la domanda e l’occupazione, con
pochi obiettivi strategici di tipo strutturale: internazionalizzazione,
digitalizzazione, innovazione, valorizzazione dei beni culturali e
ambientali, qualità dell’istruzione e del capitale umano, lotta alla
povertà.
Agli interventi cofinanziati con i fondi strutturali si affiancheranno anche
quelli a valere sulle risorse del Fondo Sviluppo e Coesione (FSC). Il FSC,
come noto, è uno strumento nazionale finalizzato a promuovere la coesione
territoriale, attraverso investimenti nelle grandi reti infrastrutturali,
immateriali e immateriali. Questo fondo inoltre, per la sua maggiore
flessibilità nella gestione dei tempi, si presta meglio a sostenere gli
investimenti infrastrutturali considerati prioritari nel prossimo periodo di
programmazione, ma la cui tempistica di progettazione e attuazione
confligge con l’orizzonte temporale dei cicli di programmazione comunitaria
e con le regole dei fondi.
Un’importante innovazione per il nuovo ciclo sarà pertanto costituita dal
ricorso prevalente a questo strumento per la realizzazione di grandi reti
infrastrutturali (ferroviarie, stradali, aeroportuali e portuali), per investimenti
pubblici nel campo della prevenzione dei rischi ambientali e per il
completamento e miglioramento della rete digitale (banda larga e ultra-larga).
Per garantire la funzionalità del Fondo rispetto a queste finalità, il disegno di
Legge di Stabilità per il 2014 attualmente in discussione presso le Camere
prevede la programmazione del Fondo Sviluppo e Coesione in stretto
rapporto con quella dei fondi strutturali europei.
Le Tabelle che seguono riguardano:
 la riepilogazione degli Obiettivi tematici per il nuovo ciclo di
programmazione 2014-2020, come individuati dal Regolamento
comune (Tabella 1);
 l’allocazione dei Fondi strutturali sui diversi obiettivi tematici
(Tabella 2);
 un confronto tra la distribuzione dei fondi per Obiettivo tematico nel
ciclo 2007-2003 e quella relativa al nuovo periodo 2014-2020
(Tabella 3);
 i Programmi operativi nazionali (PON) e regionali (POR) nel
prossimo periodo di programmazione (Tabella 4).
Com’è noto, l’allocazione delle risorse si riferisce a tre categorie di Regioni
previste dai Regolamenti :
o Regioni meno sviluppate: Calabria, Campania, Sicilia, Puglia e
Basilicata.
o Regioni in transizione: Abruzzo, Molise e Sardegna.
o Regioni più sviluppate: Val d’Aosta, Piemonte, Liguria, Lombardia,
Veneto, Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna,
Toscana, Marche, Umbria, Lazio.
Tabella 1
Obiettivi tematici (OT) indicati dalla proposta di Regolamento UE:
1. Rafforzare la ricerca, lo sviluppo tecnologico e l'innovazione
2. Migliorare l'accesso alle tecnologie dell'informazione e della
comunicazione, nonché l'impiego e la qualità delle medesime
3. Promuovere la competitività delle piccole e medie imprese, il settore
agricolo e il settore della pesca e dell’acquacoltura
4. Sostenere la transizione verso un’economia a basse emissioni di
carbonio in tutti i settori
5. Promuovere l’adattamento al cambiamento climatico, la prevenzione e
la gestione dei rischi
6. Tutelare l'ambiente e promuovere l'uso efficiente delle risorse
7. Promuovere sistemi di trasporto sostenibili ed eliminare le strozzature
nelle principali infrastrutture di rete
8. Promuovere l’occupazione sostenibile e di qualità e sostenere la
mobilità dei lavoratori
9. Promuovere l’inclusione sociale, combattere la povertà e ogni forma di
discriminazione
10.Investire nell’istruzione, formazione e formazione professionale, per le
competenze e l’apprendimento permanente
11.Rafforzare la capacità istituzionale e promuovere un’amministrazione
pubblica efficiente.
Tabella 2
Allocazione Fondi strutturali sugli Obiettivi tematici per il 2014-2020
(milioni di euro, prezzi correnti):

Regioni più sviluppate 2014-2020 (mln di euro)
Regioni meno sviluppate 2014-2020 (mln di euro)

Regioni in transizione 2014-2020 (mln di euro)

5.000

4.000

3.658

3.000

2.416

2.488

1.995
2.226

2.175

2.000

2.422

1.000

135

1.413

130

72
926

805

0
OT2

OT3

1.696

OT4

1.458

682
34
132

327
OT1

215

254
143

1.061

186

93
248

OT5

OT6

704

1.309
334

799

43

46

209
OT7

OT8

OT9

OT10

295

OT11

AT
Tabella 3
Allocazione delle risorse sugli Obiettivi tematici: confronto tra il ciclo
2014-2020 e il 2007-2013; percentuale sui Fondi strutturali europei
(Fondo Europeo Sviluppo Regionale + Fondo Sociale Europeo)
Tabella 4

I Programmi Operativi per il ciclo 2014-2020:
a) Programmi Nazionali riguardanti tutte le categorie di regioni nei seguenti ambiti:
•

Istruzione, in attuazione di risultati dell’OT10 e OT11 (FSE e FESR, plurifondo);

•

Occupazione, in attuazione di risultati dell’OT8 e OT11 (FSE e FESR,
plurifondo);

•

Inclusione, in attuazione di risultati dell’OT9 e OT11 (FSE, monofondo);

•

Città metropolitane, programma sperimentale in attuazione dell’agenda urbana
per quanto riguarda le 14 città metropolitane (FESR e FSE, plurifondo);

•

Governance, reti, progetti speciali e assistenza tecnica in attuazione di risultati
dell’OT11 e a supporto di altri risultati di diversi OT (FESR e FSE, plurifondo);

•

Programma YEI (FSE, monofondo);

b) Programmi Nazionali/Multiregionali operanti nelle regioni in transizione e meno
sviluppate nei seguenti ambiti:
•

Ricerca e Innovazione;

•

Imprese e Competitività;

c) Programmi Nazionali/Multiregionali per le sole regioni meno sviluppate nei
seguenti ambiti:
•

Infrastrutture e reti;

•

Beni culturali;

•

Legalità;

d) Programmi Regionali (POR) in tutte le regioni e province autonome a valere sul
FESR e FSE;
e) Programmi di sviluppo rurale (PSR) in tutte le regioni e province autonome a
valere sul FEARS;
f) Un Programma nazionale a valere sul Fondo europeo per l’agricoltura e lo
sviluppo regionale (FEASR);
g) Un previsto un Programma nazionale a valere sul Fondo europeo per gli affari
marittimi e la pesca (FEAMP);

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Sintesi Accordo di Partenariato per nuova programmazione Fondi strutturali 2014-2020

  • 1. La programmazione del nuovo ciclo dei fondi europei 2014-2020 Presentazione della bozza di Accordo di partenariato Ministro per la Coesione Territoriale Carlo Trigilia 10 dicembre 2013
  • 2. PREMESSA L’Accordo di partenariato è il documento fondamentale richiesto dalla proposta di regolamento comunitario con cui è definita la strategia – risultati attesi, priorità, metodi di intervento – di impiego dei fondi strutturali europei per il periodo 2014-2020. La bozza di Accordo è stata inviata il 9 dicembre scorso alla Commissione Europea, come concordato tra il Ministro per la Coesione Territoriale Carlo Trigilia e il Commissario per gli Affari Regionali Johannes Hahn. Il documento inviato è il frutto di un lungo percorso di preparazione e di discussione con vari soggetti istituzionali: Amministrazioni centrali (Ministeri), le Regioni, il Partenariato economico e sociale (Associazioni e Organizzazioni di categoria). Sebbene la versione attuale dell’accordo non sia ancora quella finale, perché necessita di un completamento in alcune sue parti, essa costituisce tuttavia il nuovo punto di riferimento per le osservazioni e i suggerimenti che verranno dalla Commissione e dagli altri soggetti istituzionali interessati. IL PERCORSO DI PREPARAZIONE DELL’ACCORDO I lavori di preparazione del ciclo di programmazione dei fondi europei 20142020 erano stati avviati con la presentazione al Consiglio dei Ministri del 17 dicembre 2012, da parte del Ministro per la coesione territoriale, d’intesa con il Ministro del lavoro e il Ministro delle politiche agricole, forestali e alimentari, del documento “Metodi e obiettivi per un uso efficace dei Fondi comunitari 2014-2020”. Questo documento conteneva alcune importanti innovazioni di metodo volte a definire in modo più preciso i programmi al fine di renderli dei veri e propri programmi operativi, in termini di specificazione dei risultati da ottenere, delle azioni da perseguire e della definizione precisa dei tempi di attuazione. Venivano inoltre individuate tre opzioni strategiche sulle quali orientare l’impiego dei fondi – Mezzogiorno, Città e Aree interne – ed era indicato il percorso che il confronto tecnico-istituzionale avrebbe dovuto seguire per pervenire alla definizione della proposta di Accordo di Partenariato. Sulla base del percorso tracciato, sono stati istituiti quattro Tavoli tecnici di confronto partenariale che, a partire dal febbraio 2013, hanno lavorato alla definizione dei contenuti dell’Accordo: “Lavoro, competitività dei sistemi produttivi e innovazione”; “Valorizzazione, gestione e tutela dell’ambiente”; “Qualità della vita e inclusione sociale”; “Istruzione, formazione e
  • 3. competenze”. Ai lavori dei Tavoli tecnici hanno preso parte le Amministrazioni centrali interessate per materia, le Regioni e le Associazioni rappresentative degli Enti locali, il partenariato economicosociale rilevante rispetto ai temi della programmazione. Alle attività di livello tecnico si sono affiancati i lavori di un “tavolo politico” tra il Ministro per la coesione territoriale e i Presidenti delle Regioni, in cui sono state approfondite singole tematiche e sono state verificate le convergenze raggiunte. Sulla base di questo lavoro preparatorio, il 9 aprile 2013 era stata inviata alla Commissione europea una versione preliminare di alcune sezioni dell’Accordo di partenariato. Negli incontri tenutisi dal 22 al 24 aprile 2013, la Commissione, in un contesto di apprezzamento per il lavoro svolto, aveva segnalato tuttavia la necessità di una maggiore concentrazione degli interventi previsti attraverso un accorpamento delle azioni e di un approfondimento del quadro strategico nell’ambito del quale collocare gli obiettivi tematici. I CAMBIAMENTI NEL GOVERNO DEI FONDI Al fine di dare seguito alle osservazioni della Commissione, ma anche in base a convincimenti maturati autonomamente dopo una ricognizione delle principali criticità condotta nella fase immediatamente successiva all'insediamento del nuovo Governo, è stato avviato un percorso di cambiamento del governo complessivo dei fondi europei al fine di accrescerne l'efficienza e l'efficacia. E’ evidente che in una situazione di fragilità organizzativa e amministrativa, quale quella che spesso caratterizza l'assetto istituzionale del nostro Paese, la concentrazione delle risorse su pochi obiettivi ben definiti rende più agevole potenziare la capacità amministrativa e il monitoraggio dell’attuazione dei programmi e permette di ridurre la frammentazione che limita l'impatto complessivo degli interventi. Meglio fare poche cose ma farle meglio. Il rafforzamento delle responsabilità del Governo per fare dei fondi una risorsa davvero nazionale, capace di incidere sui problemi di coesione territoriale e di sviluppo, passa allora anzitutto dalla messa a punto di una strategia sulla quale fondare una scelta degli obiettivi da perseguire prioritariamente. A questo si è lavorato nei mesi scorsi. Contemporaneamente, per porre rimedio alle debolezze progettuali, organizzative e amministrative che hanno connotato i diversi cicli di
  • 4. programmazione, è stata creata l'Agenzia per la Coesione Territoriale. Il Parlamento ha recentemente convertito in legge la norma istitutiva (art. 10 d.l. 101/2013) dell'Agenzia, l’organismo che dovrà svolgere in modo sistematico e organico funzioni di monitoraggio e di controllo dell'impiego dei fondi da parte delle autorità di gestione, centrali o regionali, e soprattutto di supporto, accompagnamento e di assistenza alle autorità interessate nella gestione di procedure complesse. In casi ben delimitati, l'Agenzia potrà svolgere anche compiti diretti di gestione e potrà assumere poteri sostitutivi in situazioni di gravi inadempienze o ritardi da parte delle autorità di gestione. Contrariamente a quanto è stato paventato, l'Agenzia non è espressione di un neocentralismo ma è lo strumento di un progetto nazionale basato sulla cooperazione tra istituzioni centrali e regionali. Quest'ultime saranno difatti coinvolte negli organi di indirizzo dell'Agenzia. LE RISORSE In base a quanto stabilito all’esito del negoziato sul Quadro Finanziario Pluriennale per il 2014-2020, l’Italia beneficerà di un totale di risorse comunitarie pari a 32.268 milioni di euro (incluse le risorse destinate alla cooperazione territoriale per 1.137 milioni di euro e al fondo per gli indigenti per 659 milioni di euro), di cui 7.695 milioni di euro per le regioni più sviluppate, 1.102 milioni di euro per le regioni in transizione, e 22.334 milioni di euro per le regioni meno sviluppate (prezzi correnti). Alla quota comunitaria si aggiungerà il cofinanziamento nazionale a carico del Fondo di rotazione di cui alla legge n. 183 del 1987, preventivato nel d.d.l. per la formazione del bilancio annuale (Legge di Stabilità per il 2014) nella misura di 24 miliardi di euro, nonché la quota di cofinanziamento di fonte regionale da destinare ai POR (quantificabile in una cifra pari al 30 per cento del cofinanziamento complessivo del programma). Il cofinanziamento consentirà, in pratica, di raddoppiare il volume di risorse assegnato dalla Commissione Europea. Alle risorse sopra accennate si aggiungeranno anche quelle del Fondo Sviluppo e Coesione, il cui rifinanziamento per il periodo 2014-2020 è previsto nel disegno di legge di Stabilità per il 2014 per un importo complessivo nel settennio di programmazione di circa 54 miliardi di euro: una parte rilevante di queste risorse dovrebbe essere destinata, nella proposta del Ministro per la Coesione Territoriale, alle Amministrazioni centrali nella proporzione del 60% (nel ciclo in corso la proporzione è del 50%). Inoltre, il
  • 5. Fondo opererà per investimenti pubblici destinando l’80% delle risorse alle regioni del Centro-Sud e il 20% al Centro-Nord. Nel complesso il volume di risorse per la Coesione Territoriale nel prossimo ciclo 2014-2020 supererà i 100 miliardi di euro. LA PROPOSTA STRATEGICA L’uso più efficiente e più efficace dei fondi del prossimo ciclo deve contribuire al superamento della crisi più pesante che ha investito il Paese dal secondo dopoguerra e che ha aggravato i problemi di coesione territoriale: il tradizionale divario economico e sociale tra Nord e Sud si è allargato. La particolare gravità di questa crisi discende dal fatto che essa non è solo il frutto delle tensioni manifestatesi a livello internazionale negli ultimi anni, ma ha origini in debolezze interne che si sono accumulate nel tempo, specie nell’ultimo quindicennio. E’ necessaria una valutazione strategica che deve partire dall’analisi delle sfide alle quali sono sottoposte le diverse aree del Paese e dalla considerazione delle risorse su cui è più opportuno puntare. Nelle aree più sviluppate del Centro-Nord il sistema produttivo ha sofferto da un lato della maggiore concorrenza internazionale legata alla globalizzazione e dall’altro del venir meno della leva del cambio con l’adozione dell’euro. La combinazione tra questi due fenomeni ha aggravato un quadro già segnato dalla incapacità di affrontare inefficienze di lunga data nel campo dei servizi pubblici e privati e dalla crescente pressione fiscale legata all’elevato debito pubblico. Ciò non ha impedito a segmenti significativi della struttura produttiva – soprattutto le medie imprese del made in Italy – di reagire alla prolungata fase recessiva e al calo della domanda interna avviando strategie di riorganizzazione e di innovazione con una forte propensione alle esportazioni. Queste strategie vanno dunque rafforzate e ampliate con il sostegno della politica territoriale, che deve assumersi il compito di promuovere l’innovazione e l’internazionalizzazione secondo due sentieri complementari: da un lato, la modernizzazione del made in Italy attraverso la crescita di innovazione che sposti i vantaggi competitivi sulla qualità più che sui costi; e dall’altro, la crescita di settori a alta tecnologia legati alle conoscenze specializzate presenti nelle università e nelle strutture di ricerca, sostenendo anche in questo caso nuove attività meno esposte alla concorrenza di costo dei paesi emergenti.
  • 6. Nelle aree tradizionalmente meno sviluppate del Mezzogiorno l’accrescersi della competizione internazionale, l’impossibilità di svalutare, l’elevata pressione fiscale, si sono combinate con un’inefficienza dei servizi e del contesto istituzionale in genere ben più grave che in altre regioni. Questi fattori hanno dunque colpito ancor più duramente un’economia già fragile, segnata dal minore sviluppo di attività aperte al mercato e capaci di esportare, e in particolare hanno messo in crisi quei settori del made in Italy tardivamente avviatisi nell’area e ancora più legati a una competizione di costo che nel Centro-Nord. Nelle Regioni del Mezzogiorno non si tratta dunque solo di rafforzare innovazione e internazionalizzazione sostenendo processi già in corso, occorre far crescere le attività produttive e le imprese capaci di stare sul mercato per attivare uno sviluppo autonomo e sostenibile. In questa prospettiva, particolare attenzione va anche dedicata alla possibilità di cogliere in modo più estensivo vantaggi comparati rilevanti in settori di lunga specializzazione e spesso trascurati, come l’ agricoltura e l’agroindustria. Altrettanto impegno merita inoltre il settore dei beni culturali e ambientali, che ha una dotazione particolarmente ricca anche nel confronto con le regioni più sviluppate, ma non è riuscito finora esprimere attività imprenditoriali capaci di accrescere significativamente la fruizione. Così come maggior cura richiedono le opportunità offerte dalle università meridionali, pur con le loro debolezze, al fine di rafforzare attività produttive già esistenti, sia nell’agricoltura che nell’industria, e di promuovere nuove attività innovative. Insomma, nelle regioni meno sviluppate del Mezzogiorno la politica di sviluppo territoriale, oltre a consolidare e sostenere il sistema delle imprese, deve agire da stimolo all’ampliamento di altri segmenti produttivi più innovativi, capaci di sfruttare le opportunità che si aprono a livello della domanda internazionale per produzioni specializzate e di qualità e per il turismo legato ai beni culturali e ambientali. E’ dunque alla luce dei fattori sopra richiamati che si devono leggere le difficoltà serie dell’economia italiana e l’acuirsi negli ultimi anni dei problemi di coesione territoriale, ma anche le potenzialità su cui agire. Fattori di crisi, processi di riaggiustamento in corso e potenzialità esistenti orientano la scelta degli obiettivi su cui concentrare gli sforzi nell’allocazione dei fondi europei. Da qui discende il bisogno di una forte concentrazione delle risorse europee che integri l’orientamento antirecessivo, oggi più che mai necessario per sostenere la domanda e l’occupazione, con pochi obiettivi strategici di tipo strutturale: internazionalizzazione,
  • 7. digitalizzazione, innovazione, valorizzazione dei beni culturali e ambientali, qualità dell’istruzione e del capitale umano, lotta alla povertà. Agli interventi cofinanziati con i fondi strutturali si affiancheranno anche quelli a valere sulle risorse del Fondo Sviluppo e Coesione (FSC). Il FSC, come noto, è uno strumento nazionale finalizzato a promuovere la coesione territoriale, attraverso investimenti nelle grandi reti infrastrutturali, immateriali e immateriali. Questo fondo inoltre, per la sua maggiore flessibilità nella gestione dei tempi, si presta meglio a sostenere gli investimenti infrastrutturali considerati prioritari nel prossimo periodo di programmazione, ma la cui tempistica di progettazione e attuazione confligge con l’orizzonte temporale dei cicli di programmazione comunitaria e con le regole dei fondi. Un’importante innovazione per il nuovo ciclo sarà pertanto costituita dal ricorso prevalente a questo strumento per la realizzazione di grandi reti infrastrutturali (ferroviarie, stradali, aeroportuali e portuali), per investimenti pubblici nel campo della prevenzione dei rischi ambientali e per il completamento e miglioramento della rete digitale (banda larga e ultra-larga). Per garantire la funzionalità del Fondo rispetto a queste finalità, il disegno di Legge di Stabilità per il 2014 attualmente in discussione presso le Camere prevede la programmazione del Fondo Sviluppo e Coesione in stretto rapporto con quella dei fondi strutturali europei. Le Tabelle che seguono riguardano:  la riepilogazione degli Obiettivi tematici per il nuovo ciclo di programmazione 2014-2020, come individuati dal Regolamento comune (Tabella 1);  l’allocazione dei Fondi strutturali sui diversi obiettivi tematici (Tabella 2);  un confronto tra la distribuzione dei fondi per Obiettivo tematico nel ciclo 2007-2003 e quella relativa al nuovo periodo 2014-2020 (Tabella 3);  i Programmi operativi nazionali (PON) e regionali (POR) nel prossimo periodo di programmazione (Tabella 4). Com’è noto, l’allocazione delle risorse si riferisce a tre categorie di Regioni previste dai Regolamenti :
  • 8. o Regioni meno sviluppate: Calabria, Campania, Sicilia, Puglia e Basilicata. o Regioni in transizione: Abruzzo, Molise e Sardegna. o Regioni più sviluppate: Val d’Aosta, Piemonte, Liguria, Lombardia, Veneto, Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Toscana, Marche, Umbria, Lazio.
  • 9. Tabella 1 Obiettivi tematici (OT) indicati dalla proposta di Regolamento UE: 1. Rafforzare la ricerca, lo sviluppo tecnologico e l'innovazione 2. Migliorare l'accesso alle tecnologie dell'informazione e della comunicazione, nonché l'impiego e la qualità delle medesime 3. Promuovere la competitività delle piccole e medie imprese, il settore agricolo e il settore della pesca e dell’acquacoltura 4. Sostenere la transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio in tutti i settori 5. Promuovere l’adattamento al cambiamento climatico, la prevenzione e la gestione dei rischi 6. Tutelare l'ambiente e promuovere l'uso efficiente delle risorse 7. Promuovere sistemi di trasporto sostenibili ed eliminare le strozzature nelle principali infrastrutture di rete 8. Promuovere l’occupazione sostenibile e di qualità e sostenere la mobilità dei lavoratori 9. Promuovere l’inclusione sociale, combattere la povertà e ogni forma di discriminazione 10.Investire nell’istruzione, formazione e formazione professionale, per le competenze e l’apprendimento permanente 11.Rafforzare la capacità istituzionale e promuovere un’amministrazione pubblica efficiente.
  • 10. Tabella 2 Allocazione Fondi strutturali sugli Obiettivi tematici per il 2014-2020 (milioni di euro, prezzi correnti): Regioni più sviluppate 2014-2020 (mln di euro) Regioni meno sviluppate 2014-2020 (mln di euro) Regioni in transizione 2014-2020 (mln di euro) 5.000 4.000 3.658 3.000 2.416 2.488 1.995 2.226 2.175 2.000 2.422 1.000 135 1.413 130 72 926 805 0 OT2 OT3 1.696 OT4 1.458 682 34 132 327 OT1 215 254 143 1.061 186 93 248 OT5 OT6 704 1.309 334 799 43 46 209 OT7 OT8 OT9 OT10 295 OT11 AT
  • 11. Tabella 3 Allocazione delle risorse sugli Obiettivi tematici: confronto tra il ciclo 2014-2020 e il 2007-2013; percentuale sui Fondi strutturali europei (Fondo Europeo Sviluppo Regionale + Fondo Sociale Europeo)
  • 12. Tabella 4 I Programmi Operativi per il ciclo 2014-2020: a) Programmi Nazionali riguardanti tutte le categorie di regioni nei seguenti ambiti: • Istruzione, in attuazione di risultati dell’OT10 e OT11 (FSE e FESR, plurifondo); • Occupazione, in attuazione di risultati dell’OT8 e OT11 (FSE e FESR, plurifondo); • Inclusione, in attuazione di risultati dell’OT9 e OT11 (FSE, monofondo); • Città metropolitane, programma sperimentale in attuazione dell’agenda urbana per quanto riguarda le 14 città metropolitane (FESR e FSE, plurifondo); • Governance, reti, progetti speciali e assistenza tecnica in attuazione di risultati dell’OT11 e a supporto di altri risultati di diversi OT (FESR e FSE, plurifondo); • Programma YEI (FSE, monofondo); b) Programmi Nazionali/Multiregionali operanti nelle regioni in transizione e meno sviluppate nei seguenti ambiti: • Ricerca e Innovazione; • Imprese e Competitività; c) Programmi Nazionali/Multiregionali per le sole regioni meno sviluppate nei seguenti ambiti: • Infrastrutture e reti; • Beni culturali; • Legalità; d) Programmi Regionali (POR) in tutte le regioni e province autonome a valere sul FESR e FSE; e) Programmi di sviluppo rurale (PSR) in tutte le regioni e province autonome a valere sul FEARS; f) Un Programma nazionale a valere sul Fondo europeo per l’agricoltura e lo sviluppo regionale (FEASR); g) Un previsto un Programma nazionale a valere sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca (FEAMP);