Antonio Corsaro parla del libro del Cortegiano di baldesar Castiglione
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5. Cortegiano, Dedicatoria, III
Altri dicono che, essendo tanto difficile e quasi impossibile trovar un omo
cosí perfetto come io voglio che sia il cortegiano, è stato superfluo il scriverlo
perché vana cosa è insegnare quello che imparare non si po. A questi
rispondo che mi contentarò aver errato con Platone, Senofonte e Marco
Tullio, lassando il disputare del mondo intelligibile e delle idee; tra le quali, sí
come, secondo quella opinione, è la idea della perfetta republica e del
perfetto re e del perfetto oratore, cosí è ancora quella del perfetto
cortegiano; alla imagine della quale s’io non ho potuto approssimarmi col
stile, tanto minor fatica averanno i cortegiani d’approssimarsi con l’opere al
termine e mèta, ch’io col scrivere ho loro proposto; e se con tutto questo
non potran conseguir quella perfezion, qual che ella si sia, ch’io mi son
sforzato d’esprimere, colui che piú se le avvicinarà sarà il piú perfetto, come
di molti arcieri che tirano ad un bersaglio, quando niuno è che dia nella
brocca, quello che piú se le accosta senza dubbio è miglior degli altri.
6. L. Ariosto, Satire III, 89-93
quando il suo Giuliano [Giuliano de’ Medici, fratello di Leone X]
si riparò ne la feltresca corte,
ove col formator del cortigiano,
col Bembo e gli altri sacri al divo Appollo,
facea l’essilio suo men duro e strano […]
7. Cortegiano, Dedicatoria, I
Ritrovandomi adunque in Ispagna ed essendo di Italia avvisato che la signora
Vittoria dalla Colonna, marchesa di Pescara, alla quale io già feci copia del
libro, contra la promessa sua ne avea fatto transcrivere una gran parte, non
potei non sentirne qualche fastidio, dubitandomi di molti inconvenienti, che
in simili casi possono occorrere; nientedimeno mi confidai che l’ingegno e
prudenzia di quella Signora, la virtú della quale io sempre ho tenuto in
venerazione come cosa divina, bastasse a rimediare che pregiudicio alcuno
non mi venisse dall’aver obedito a’ suoi comandamenti. In ultimo seppi che
quella parte del libro si ritrovava in Napoli in mano di molti; e, come sono gli
omini sempre cupidi di novità, parea che quelli tali tentassero di farla
imprimere. Ond’io, spaventato da questo periculo, diterminaimi di riveder
súbito nel libro quel poco che mi comportava il tempo, con intenzione di
publicarlo; estimando men male lasciarlo veder poco castigato per mia mano
che molto lacerato per man d’altri.
10. Cortegiano, I, 26
Ma avendo io già piú volte pensato meco onde nasca questa grazia,
lasciando quelli che dalle stelle l’hanno, trovo una regula universalissima, la
qual mi par valer circa questo in tutte le cose umane che si facciano o dicano
piú che alcuna altra, e ciò è fuggir quanto piú si po, e come un asperissimo e
pericoloso scoglio, la affettazione; e, per dir forse una nova parola, usar in
ogni cosa una certa sprezzatura, che nasconda l’arte e dimostri ciò che si fa e
dice venir fatto senza fatica e quasi senza pensarvi. Da questo credo io che
derivi assai la grazia; perché delle cose rare e ben fatte ognun sa la difficultà,
onde in esse la facilità genera grandissima maraviglia; e per lo contrario il
sforzare e, come si dice, tirar per i capegli dà somma disgrazia e fa estimar
poco ogni cosa, per grande ch’ella si sia. Però si po dir quella esser vera arte
che non pare esser arte; né piú in altro si ha da poner studio, che nel
nasconderla: perché se è scoperta, leva in tutto il credito e fa l’omo poco
estimato.
11. Cortegiano, I, 50-51
Credo io veramente che voi parliate contra quello che avete nell’animo
e ciò tutto fate in grazia del vostro Rafaello, e forse ancor parvi che la
eccellenzia che voi conoscete in lui della pittura sia tanto suprema, che
la marmoraria non possa giungere a quel grado.
***
avvegna che le statue siano tutte tonde come il vivo e la pittura
solamente si veda nella superficie, alle statue mancano molte cose che
non mancano alle pitture, e massimamente i lumi e le ombre; perché
altro lume fa la carne ed altro fa il marmo
12. Michelangelo - Lettera a Benedetto Varchi
[aprile-giugno 1547]
Io dico che la pittura mi par più tenuta buona quante più va verso il rilievo, e
el rilievo più tenuto cattivo, quante più va verso la pittura: però a me soleva
parere che la scultura fussi la lanterna della pittura, e che da l’una a l’altra
fussi quella diferenzia che è dal sole a la luna. […]
Io intendo scultura quella che si fa per forza di levare; quella che si fa per via
di porre è simile a la pittura. […]
Colui che scrisse che la pittura era più nobile della scultura, se gli avessi così
bene intese l’altre cose che gli à scritte, l’arebbe meglio scritte la mie fante.
13. Cortegiano, III, 3
come corte alcuna, per grande che ella sia, non po aver ornamento o
splendore in sé, né allegria senza donne, né cortegiano alcun essere
aggraziato, piacevole o ardito, né far mai opera leggiadra di cavalleria,
se non mosso dalla pratica e dall’amore e piacer di donne, così ancora il
ragionar del cortegiano è sempre imperfettissimo, se le donne,
interponendovisi, non danno loro parte di quella grazia, con la quale
fanno perfetta e adornano la cortegiania.
14. Cortegiano, III, 4
[…] sopra tutto parmi che nei modi, maniere, parole, gesti e portamenti suoi, debba la
donna essere molto dissimile dall’omo; perché come ad esso conviene mostrar una certa
virilità soda e ferma, cosí alla donna sta ben aver una tenerezza molle e delicata, con
maniera in ogni suo movimento di dolcezza feminile, che nell’andar e stare e dir ciò che si
voglia sempre la faccia parer donna, senza similitudine alcuna d’omo. Aggiungendo
adunque questa avvertenzia alle regule che questi signori hanno insegnato al cortegiano,
penso ben che di molte di quelle ella debba potersi servire ed ornarsi d’ottime condizioni,
come dice il signor Gaspar; perché molte virtú dell’animo estimo io che siano alla donna
necessarie cosí come all’omo; medesimamente la nobilità, il fuggire l’affettazione, l’esser
aggraziata da natura in tutte l’operazion sue, l’esser di boni costumi, ingeniosa, prudente,
non superba, non invidiosa, non malèdica, non vana, non contenziosa, non inetta, sapersi
guadagnar e conservar la grazia della sua signora e de tutti gli altri, far bene ed
aggraziatamente gli esercizi che si convengono alle donne. Parmi ben che in lei sia poi piú
necessaria la bellezza che nel cortegiano, perché in vero molto manca a quella donna a cui
manca la bellezza. Deve ancor esser piú circunspetta ed aver piú riguardo di non dar
occasion che di sé si dica male, e far di modo che non solamente non sia macchiata di
colpa, ma né anco di suspizione, perché la donna non ha tante vie da diffendersi dalle false
calunnie, come ha l’omo.
15. H. Haydn
L’uomo e l’artista classico vive nella convinzione che è possibile
accettare, senza contrasti, l’autorità o la disciplina di un ordine e di
una regola fissa, in quanto egli crede ad una essenziale congruenza ed
interrelazione fra ideale e realtà empirica, fra ciò che dovrebbe essere
e ciò che è.
16. A SCUOLA CON RAFFAELLODIDATTICA UNIVERSITARIA APERTA https://mooc.uniurb.it/raffaello/