1. Tesi di Laurea
PROGETTARE UN LIBRO VISIVO
Jean Marie Laclavetine
“Il Rosso e il Bianco”
STUDENTE
ALESSIO VANIN
Laurea di primo livello
Politecnico di Milano
Scuola del Design
Design della Comunicazione
A.A. 2012/2013
RELATORE
Professor MARIO PIAZZA
2. IL ROSSO E IL BIANCO
ANALISI
CONCEPT
RICERCA
PROGETTO
11. “Sì. Ciò che mi ha spinto a scrivere il libro è la presenza di molti
scrittori, anonima o no.”
“L’enorme sforzo richiesto dalla scrittura non è sempre
ricompensata da un editore o da un riconoscimento pubblico.
Quando il risultato è scarso, o almeno considerato tale, è una
grande crudeltà. Perché questo dolore non si consola.”
“Ho bisogno di isolarmi.
La scrittura non può essere concepita senza la solitudine.”
22. imprevedibilità degli eventi
instabilità dei personaggi
indeterminazione dell’oggetto
smarrimento interiore
funzione interpretativa limitata
logica che nasce nel fruitore
assenza di un messaggio
finale aperto
assenza di scopo
23. CARATTERISCHE DEL SISTEMA VISIVO
accidentalità dell’oggetto
logica che nasce nel fruitore
ripetizione come riproduzione di significato
+
ruolo secondario dell’autore
43. IL ROSSO E IL BIANCO
ANALISI
CONCEPT
RICERCA
PROGETTO
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57. IL ROSSO E IL BIANCO
ANALISI
CONCEPT
RICERCA
PROGETTO
58.
59. È tardi, me ne vado volentieri a letto.
Così, poco a poco, si disegnava quella che poteva
essere stata l’infanzia di Benoît, abbandonato alla
meschinità del mondo, senza un padre per proteggerlo. Grazie a quale miracolo ne era uscito indenne?
Quale incredibile guscio aveva dovuto confezionarsi
per cavarsela?
Tuttavia, ancor più di questa sofferenza, di cui era in
parte responsabile, ma di cui non era stato testimone,
e che non aveva neanche immaginato durante la sua
fuga incessante per il mondo, era l’idea di essere stato
in tutti questi anni lo zimbello di Jeanne e Charlette
che si insinuava in lui con maggior violenza per
suppliziarlo.
Soltanto adesso sentiva, dopo quindici anni, la
sproporzione dell’umiliazione - attraverso lo sguardo
di suo figlio.
Il suo sonno ne risentì. A volte si svegliava in piena
notte. Si alzava, dava colpi al muro del corridoio,
ascoltava il rumore del frigo e credeva di sentire le
cicale di Donnafugata.
Una notte, Benoît lo prese per il braccio, lo riaccompagnò nella sua camera e gli rimboccò le coperte.
Al mattino, Antoine non si ricordava di nulla.
Le giornate non gli lasciavano il tempo di pensare.
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Per la felicità di lavorare con suo figlio e di proporre
vini sconosciuti ai clienti - vini nobili di Ungheria o
piccoli crup canaglia di casa nostra - si dava da fare
senza fermarsi fino alla chiusura. Allora, bevuta la
Coppa dell’Oblio, gli toccava ricordare.
Benoît, ogni tanto, andava a trovare la madre.
Al ritorno, il suo viso restava esattamente indecifrabile come al solito. Ma la sera lasciava filtrare
qualche informazione: Jeanne si interessava molto al
bar… Faceva domande su come andava, si meravigliava del successo… Charlette, a quanto pare, non
era da meno… Poco a poco, anche se niente nel tono o
nei discorsi di Benoît avesse potuto lasciar supporre un
qualsiasi complotto da parte delle due donne allo scopo
di rovinare la felicità nascente di Antoine, questi giunse
a provare una paura irragionevole, quasi infantile.
- Ti hanno fatto ancora domande?
- Si interessano ai fornitori. È un po’ il loro ramo, sai.
- Ma ti hanno chiesto informazioni precise?
- Non ti preoccupare, papà. Non gli dico niente.
Pronunciava queste frasi con un tono piatto, come
se niente di ciò che succedeva nel mondo degli adulti
lo riguardasse realmente. Ma questa indifferenza
ostentata, lungi dal rassicurare Antoine, lasciava
campo libero alla sua immaginazione.
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