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IL RINASCIMENTO
L’arte italiana inizia a percorrere una strada
autonoma, sia rispetto all’arte medievale sia
rispetto a quella gotica, nella seconda metà del
XIII secolo
La storiografia pone la fine del Medioevo e l’inizio dell’età moderna al 1492,
anno della scoperta dell’America.
Si tratta ovviamente di una convenzione.
Per l’arte l’era nuova inizia nei primi anni del XV secolo, quasi un secolo prima.
La tendenza è di porre l’inizio del Rinascimento al 1401, anno in cui a Firenze si
svolse il concorso per la seconda porta di bronzo del Battistero
Luogo di nascita
dell’arte rinascimentale
è Firenze;
protagonisti furono tre
tra i più grandi artisti di
tutti i tempi:
Brunelleschi, Donatello
e Masaccio.
Firenze, alla fine del Trecento, era una città ricca che stava lentamente
riprendendosi dalla crisi portata a metà del secolo dalle epidemie di peste.
La ricchezza di Firenze derivava soprattutto dalle famiglie che, nel corso del Trecento
(Medici, Strozzi, Pitti, e molte altre), si erano date all’attività bancaria. Ciò permise
alla città di poter investire in opere d’arte, in maniera molto più estesa rispetto ad
altre città italiane.
Il nuovo stile non ebbe immediato
successo. Nella prima metà del
Quattrocento, ciò che più
impressionava erano le leggi della
prospettiva, non tanto le regole di
razionalità che ne erano alla base.
Dopo l’insegnamento dei tre maestri
Brunelleschi, Masaccio e Donatello, gli
altri artisti preferirono seguire ancora
un percorso di mediazione, che rimase
ancora di formazione tardo gotica,
artisti quali Paolo Uccello, il Beato
Angelico o Filippo Lippi, inserirono la
novità della prospettiva, spesso solo
come nuovo elemento stilistico alla
moda.
Solo dopo la metà del Quattrocento il
nuovo stile rinascimentale trovò
interpreti più attenti alle novità di
fondo di questo stile.
Fu all’inizio del XV
secolo che l’arte
italiana pervenne ad
una condizione di vera
maturazione
proponendo una
visione artistica
pienamente
innovativa, e che
segnò l’inizio della
modernità
l’arte che nasce a
Firenze e si diffonde
prima in Italia e poi in
tutta Europa, non la
definiamo più
«italiana», ma
«rinascimentale», nel
Quattrocento l’arte non
nasce ma «rinasce», in
quanto essa ci ripropone
modelli simili a quelli già
realizzati dagli antichi
greci e dagli antichi
romani.
Questa nuova era non fu certo un
fatto meramente ed esclusivamente
artistico, ma nacque da una
condizione mentale molto più vasta
e profonda: l’idea che l’uomo fosse
al centro del mondo e fosse dotato,
non solo di libero arbitrio, ma anche
di una intelligenza che gli
permetteva di capire e decifrare il
mondo che lo circondava. In pratica
l’uomo andava affrancandosi da
quella
visione mistica medievale,
per cui l’unica conoscenza possibile
era quella trasmessaci dalla parola di
Dio.
l’arte ebbe un ruolo non
secondario, soprattutto agli
albori del Rinascimento,
perché l’arte, in quanto
rappresentazione, è sempre
conoscenza. Ecco che allora,
anche attraverso l’arte,
l’uomo rinascimentale
affina i propri
mezzi di conoscenza
razionalizzare l’immagine
significava capire meglio
come funziona il mondo, e
la nostra relazione
percettiva con esso.
L’arte rinascimentale fu segnata da una scoperta molto precisa:
la prospettiva
È questa la reale differenza: se nell’immagine c’è una
prospettiva corretta è rinascimentale; se non c’è siamo in
presenza di un’opera non rinascimentale.
La prospettiva ebbe un ruolo
storicamente fondamentale, ma
non fu probabilmente l’elemento
determinante.
L’elemento decisivo fu il disegno.
Per quanto possa sembrare
strano, è solo da questo
momento in poi che gli artisti
imparano realmente a disegnare:
imparano cioè a utilizzare il
disegno soprattutto per
rappresentare le proprie idee.
Trasformarono il disegno
nell’arma più potente che si
potesse immaginare: uno
strumento che consentiva di
creare di tutto: immagini, spazi e
oggetti.
Il disegno
era, non più una semplice
tecnica di rappresentazione:
era diventato uno strumento
di pensiero.
Uno strumento che
consentiva di materializzare
le proprie idee e,
ovviamente, consentiva di
pensare meglio.
Quando gli artisti iniziano a
prendere coscienza di cosa
significhi saper disegnare,
assistiamo ad una improvvisa e
straordinaria evoluzione di
questo strumento. Nel giro di un
secolo, se guardiamo ai disegni
di Leonardo, ci rendiamo conto
di come il disegno è ormai lo
strumento principe dell’artista:
grazie ad esso, l’artista
rinascimentale può progettare
opere d’arte, di architettura,
opere militari, di ingegneria
civile, di idraulica, di meccanica,
e di infinite altre cose. Ne deriva
il grande eclettismo degli artisti
rinascimentali.
Fu possibile scindere il momento dell’ideazione da quello dell’esecuzione.
All’artista poteva anche bastare fare il disegno dell’opera da realizzare: la
realizzazione poteva anche affidarla ad altri i quali, grazie ai disegni avuti,
divenivano dei semplici esecutori materiali di quanto ideato dall’artista.
Il naturalismo, in pittura, può essere definito come la riproduzione che più si
avvicina a quella sensoriale del nostro occhio. Vi sono delle leggi ottiche
molto precise, che regolano la nostra vista. L’occhio raccoglie i raggi visivi
dallo spazio, li fa convergere in un punto, e quindi li proietta su un piano
ideale posto all’interno dell’occhio. In pratica, traduce la realtà,
tridimensionale, in immagini, bidimensionali.
Il pittore, in pratica, opera allo stesso modo: percepisce una realtà
tridimensionale, e la traduce in rappresentazioni bidimensionali. Se la
rappresentazione segue le stesse leggi ottiche dell’occhio umano, abbiamo
una pittura naturalistica; diversamente si va nel simbolico o nell’astratto.
Dopo la scoperta del chiaroscuro, che sfruttava la luce per definire attraverso
la differenza di tonalità la tridimensionalità dei volumi,
la scoperta della prospettiva
consentiva di rappresentare la tridimensionalità dello spazio, attraverso l’uso
della geometria proiettiva.
Nel campo più vasto
della cultura umanistica
del tempo,
recupero dell’antico
significò studiare tutti
quegli autori classici
che erano stati un po’
trascurati nel
medioevo; significò un
recupero anche di quei
temi filosofici che
vanno sotto il nome di
neoplatonismo.
Senza entrare nel merito
di questioni squisitamente
filosofiche, il
neoplatonismo fornì
importanti spunti teorici di
pensiero ad un tema che,
con l’arte rinascimentale,
divenne improvvisamente
impellente:
il recupero della bellezza.
Arte e bellezza sembrano, per molti, quasi sinonimi.
In realtà non è affatto vero. Che l’arte avesse per fine la bellezza è stato vero
solo in alcuni periodi della storia. È stato vero per l’arte greca, ma non lo è
stato, invece, per l’arte medievale.
Nel medioevo, una visione
dell’arte, basata
fondamentalmente sulla
religione, escludeva del
tutto la bellezza. L’arte
aveva un fine
essenzialmente didattico:
insegnare le storie della
religione cristiana. La
bellezza non era
importante, anzi, veniva
spesso considerata
apertamente pericolosa.
Perché la bellezza è
qualcosa che parla ai sensi,
e come tale può indurre più
al peccato che non ai buoni
precetti.
Nel Rinascimento assistiamo
invece ad un recupero intenso del
concetto di bellezza. Il perché è
ben comprensibile: la bellezza era
l’espressione stessa della
perfezione, di quella perfezione
che diviene il metro per giudicare
la capacità dell’uomo di creare un
mondo nuovo. In questo il
Rinascimento è molto simile al
mondo greco: in entrambi i casi la
bellezza è sinonimo di perfezione
e si basa su leggi matematiche. La
bellezza è l’armonia dei rapporti
perfetti, che solo i numeri sanno
svelare.
Il neoplatonismo fu
importante per le
riflessioni sulla bellezza.
Secondo questa filosofia,
ciò che è bello è anche
buono, e ciò che è buono
è anche bello. In pratica
non c’era conflitto tra
sfera etica ed estetica.
Tuttavia, grazie a questo
modo di risolvere un
conflitto che nel
medioevo aveva
estraniato il bello
dall’arte, anche il
neoplatonismo contribuì
a riportare, nel corso del
Quattrocento, il tema
della bellezza ad una
nuova attualità.
Il recupero dell’antico si materializzò
in architettura, prima che nelle arti
figurative.
Il Rinascimento fu anche rifiuto
dell’architettura gotica, e delle sue
irregolari geometrie.
Questo rifiuto portò gli architetti del
tempo a recuperare, in alternativa,
tutte quelle forme e regole che
avevano caratterizzato la grande
architettura romana: gli ordini
architettonici, gli archi a tutto sesto,
la regolarità delle forme
geometriche.
In seguito, il ritorno all’antico si
manifestò sempre più nelle arti
figurative, anche grazie ad una nuova
attenzione posta ai temi mitologici
che, con il Rinascimento, tornarono
nuovamente ad essere rappresentati.
L’artista era stato sempre
considerato quale un
artigiano, persona, cioè, la
cui abilità era soprattutto
manuale.
Le arti erano divise in
«liberali» e «meccaniche»:
le prime erano quelle che
si affidavano soprattutto
al pensiero e alla parola, le
secondo implicavano
invece una manipolazione
della materia. Mentre
quindi le prime erano arti
puramente intellettuali, le
seconde comportavano il
possesso di una tecnica e
una precisa abilità
manuale.
Anche il luogo dell’artista
cambia: non è più quello
della bottega, ma quello
della corte. Molti artisti
lavorano direttamente alle
dipendenze dei signori che
governano i piccoli stati.
Nasce la figura del
principe-mecenate, nella
sua corte, l’artista viene a
contatto con i maggiori
rappresentati
dell’intellettualità del
tempo: poeti, scrittori,
filosofi e matematici.
Entra quindi a far parte, a
pieno diritto, nel novero
degli intellettuali del
tempo.
Nel campo dell’architettura
il salto è stato radicale.
Prima la figura
dell’architetto neppure
esisteva, ma a dirigere e
coordinare i lavori di un
cantiere medievale era
quella figura che potremmo
definire di «capomastro»:
un muratore, cioè, che
aveva più esperienza degli
altri. Nel Rinascimento
l’architetto assume
tutt’altra veste: egli è ormai
un professionista, nel senso
moderno del termine, che
conduce la sua attività
attraverso lo studio teorico
e la elaborazione
progettuale.
Il Rinascimento è l’unico
periodo della storia dell’arte,
in cui assistiamo ad un
eclettismo di competenze, per
cui lo stesso artista è
contemporaneamente
architetto, pittore e scultore.
È una parabola che va da
Giotto a Bernini: dopo i ruoli
saranno sempre più distinti, e
la professione di architetto
raramente si sommerà a quella
di artista.
PRESENTAZIONE
a cura di
ANTONIO CURRELI

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Rinascimento

  • 1. IL RINASCIMENTO L’arte italiana inizia a percorrere una strada autonoma, sia rispetto all’arte medievale sia rispetto a quella gotica, nella seconda metà del XIII secolo
  • 2. La storiografia pone la fine del Medioevo e l’inizio dell’età moderna al 1492, anno della scoperta dell’America. Si tratta ovviamente di una convenzione. Per l’arte l’era nuova inizia nei primi anni del XV secolo, quasi un secolo prima. La tendenza è di porre l’inizio del Rinascimento al 1401, anno in cui a Firenze si svolse il concorso per la seconda porta di bronzo del Battistero
  • 3. Luogo di nascita dell’arte rinascimentale è Firenze; protagonisti furono tre tra i più grandi artisti di tutti i tempi: Brunelleschi, Donatello e Masaccio.
  • 4. Firenze, alla fine del Trecento, era una città ricca che stava lentamente riprendendosi dalla crisi portata a metà del secolo dalle epidemie di peste. La ricchezza di Firenze derivava soprattutto dalle famiglie che, nel corso del Trecento (Medici, Strozzi, Pitti, e molte altre), si erano date all’attività bancaria. Ciò permise alla città di poter investire in opere d’arte, in maniera molto più estesa rispetto ad altre città italiane.
  • 5. Il nuovo stile non ebbe immediato successo. Nella prima metà del Quattrocento, ciò che più impressionava erano le leggi della prospettiva, non tanto le regole di razionalità che ne erano alla base. Dopo l’insegnamento dei tre maestri Brunelleschi, Masaccio e Donatello, gli altri artisti preferirono seguire ancora un percorso di mediazione, che rimase ancora di formazione tardo gotica, artisti quali Paolo Uccello, il Beato Angelico o Filippo Lippi, inserirono la novità della prospettiva, spesso solo come nuovo elemento stilistico alla moda. Solo dopo la metà del Quattrocento il nuovo stile rinascimentale trovò interpreti più attenti alle novità di fondo di questo stile.
  • 6. Fu all’inizio del XV secolo che l’arte italiana pervenne ad una condizione di vera maturazione proponendo una visione artistica pienamente innovativa, e che segnò l’inizio della modernità
  • 7. l’arte che nasce a Firenze e si diffonde prima in Italia e poi in tutta Europa, non la definiamo più «italiana», ma «rinascimentale», nel Quattrocento l’arte non nasce ma «rinasce», in quanto essa ci ripropone modelli simili a quelli già realizzati dagli antichi greci e dagli antichi romani.
  • 8. Questa nuova era non fu certo un fatto meramente ed esclusivamente artistico, ma nacque da una condizione mentale molto più vasta e profonda: l’idea che l’uomo fosse al centro del mondo e fosse dotato, non solo di libero arbitrio, ma anche di una intelligenza che gli permetteva di capire e decifrare il mondo che lo circondava. In pratica l’uomo andava affrancandosi da quella visione mistica medievale, per cui l’unica conoscenza possibile era quella trasmessaci dalla parola di Dio.
  • 9. l’arte ebbe un ruolo non secondario, soprattutto agli albori del Rinascimento, perché l’arte, in quanto rappresentazione, è sempre conoscenza. Ecco che allora, anche attraverso l’arte, l’uomo rinascimentale affina i propri mezzi di conoscenza razionalizzare l’immagine significava capire meglio come funziona il mondo, e la nostra relazione percettiva con esso.
  • 10. L’arte rinascimentale fu segnata da una scoperta molto precisa: la prospettiva È questa la reale differenza: se nell’immagine c’è una prospettiva corretta è rinascimentale; se non c’è siamo in presenza di un’opera non rinascimentale.
  • 11. La prospettiva ebbe un ruolo storicamente fondamentale, ma non fu probabilmente l’elemento determinante. L’elemento decisivo fu il disegno. Per quanto possa sembrare strano, è solo da questo momento in poi che gli artisti imparano realmente a disegnare: imparano cioè a utilizzare il disegno soprattutto per rappresentare le proprie idee. Trasformarono il disegno nell’arma più potente che si potesse immaginare: uno strumento che consentiva di creare di tutto: immagini, spazi e oggetti.
  • 12. Il disegno era, non più una semplice tecnica di rappresentazione: era diventato uno strumento di pensiero. Uno strumento che consentiva di materializzare le proprie idee e, ovviamente, consentiva di pensare meglio.
  • 13. Quando gli artisti iniziano a prendere coscienza di cosa significhi saper disegnare, assistiamo ad una improvvisa e straordinaria evoluzione di questo strumento. Nel giro di un secolo, se guardiamo ai disegni di Leonardo, ci rendiamo conto di come il disegno è ormai lo strumento principe dell’artista: grazie ad esso, l’artista rinascimentale può progettare opere d’arte, di architettura, opere militari, di ingegneria civile, di idraulica, di meccanica, e di infinite altre cose. Ne deriva il grande eclettismo degli artisti rinascimentali.
  • 14. Fu possibile scindere il momento dell’ideazione da quello dell’esecuzione. All’artista poteva anche bastare fare il disegno dell’opera da realizzare: la realizzazione poteva anche affidarla ad altri i quali, grazie ai disegni avuti, divenivano dei semplici esecutori materiali di quanto ideato dall’artista.
  • 15. Il naturalismo, in pittura, può essere definito come la riproduzione che più si avvicina a quella sensoriale del nostro occhio. Vi sono delle leggi ottiche molto precise, che regolano la nostra vista. L’occhio raccoglie i raggi visivi dallo spazio, li fa convergere in un punto, e quindi li proietta su un piano ideale posto all’interno dell’occhio. In pratica, traduce la realtà, tridimensionale, in immagini, bidimensionali.
  • 16. Il pittore, in pratica, opera allo stesso modo: percepisce una realtà tridimensionale, e la traduce in rappresentazioni bidimensionali. Se la rappresentazione segue le stesse leggi ottiche dell’occhio umano, abbiamo una pittura naturalistica; diversamente si va nel simbolico o nell’astratto.
  • 17. Dopo la scoperta del chiaroscuro, che sfruttava la luce per definire attraverso la differenza di tonalità la tridimensionalità dei volumi, la scoperta della prospettiva consentiva di rappresentare la tridimensionalità dello spazio, attraverso l’uso della geometria proiettiva.
  • 18. Nel campo più vasto della cultura umanistica del tempo, recupero dell’antico significò studiare tutti quegli autori classici che erano stati un po’ trascurati nel medioevo; significò un recupero anche di quei temi filosofici che vanno sotto il nome di neoplatonismo.
  • 19. Senza entrare nel merito di questioni squisitamente filosofiche, il neoplatonismo fornì importanti spunti teorici di pensiero ad un tema che, con l’arte rinascimentale, divenne improvvisamente impellente: il recupero della bellezza.
  • 20. Arte e bellezza sembrano, per molti, quasi sinonimi. In realtà non è affatto vero. Che l’arte avesse per fine la bellezza è stato vero solo in alcuni periodi della storia. È stato vero per l’arte greca, ma non lo è stato, invece, per l’arte medievale.
  • 21. Nel medioevo, una visione dell’arte, basata fondamentalmente sulla religione, escludeva del tutto la bellezza. L’arte aveva un fine essenzialmente didattico: insegnare le storie della religione cristiana. La bellezza non era importante, anzi, veniva spesso considerata apertamente pericolosa. Perché la bellezza è qualcosa che parla ai sensi, e come tale può indurre più al peccato che non ai buoni precetti.
  • 22. Nel Rinascimento assistiamo invece ad un recupero intenso del concetto di bellezza. Il perché è ben comprensibile: la bellezza era l’espressione stessa della perfezione, di quella perfezione che diviene il metro per giudicare la capacità dell’uomo di creare un mondo nuovo. In questo il Rinascimento è molto simile al mondo greco: in entrambi i casi la bellezza è sinonimo di perfezione e si basa su leggi matematiche. La bellezza è l’armonia dei rapporti perfetti, che solo i numeri sanno svelare.
  • 23. Il neoplatonismo fu importante per le riflessioni sulla bellezza. Secondo questa filosofia, ciò che è bello è anche buono, e ciò che è buono è anche bello. In pratica non c’era conflitto tra sfera etica ed estetica. Tuttavia, grazie a questo modo di risolvere un conflitto che nel medioevo aveva estraniato il bello dall’arte, anche il neoplatonismo contribuì a riportare, nel corso del Quattrocento, il tema della bellezza ad una nuova attualità.
  • 24. Il recupero dell’antico si materializzò in architettura, prima che nelle arti figurative. Il Rinascimento fu anche rifiuto dell’architettura gotica, e delle sue irregolari geometrie. Questo rifiuto portò gli architetti del tempo a recuperare, in alternativa, tutte quelle forme e regole che avevano caratterizzato la grande architettura romana: gli ordini architettonici, gli archi a tutto sesto, la regolarità delle forme geometriche. In seguito, il ritorno all’antico si manifestò sempre più nelle arti figurative, anche grazie ad una nuova attenzione posta ai temi mitologici che, con il Rinascimento, tornarono nuovamente ad essere rappresentati.
  • 25. L’artista era stato sempre considerato quale un artigiano, persona, cioè, la cui abilità era soprattutto manuale. Le arti erano divise in «liberali» e «meccaniche»: le prime erano quelle che si affidavano soprattutto al pensiero e alla parola, le secondo implicavano invece una manipolazione della materia. Mentre quindi le prime erano arti puramente intellettuali, le seconde comportavano il possesso di una tecnica e una precisa abilità manuale.
  • 26. Anche il luogo dell’artista cambia: non è più quello della bottega, ma quello della corte. Molti artisti lavorano direttamente alle dipendenze dei signori che governano i piccoli stati. Nasce la figura del principe-mecenate, nella sua corte, l’artista viene a contatto con i maggiori rappresentati dell’intellettualità del tempo: poeti, scrittori, filosofi e matematici. Entra quindi a far parte, a pieno diritto, nel novero degli intellettuali del tempo.
  • 27. Nel campo dell’architettura il salto è stato radicale. Prima la figura dell’architetto neppure esisteva, ma a dirigere e coordinare i lavori di un cantiere medievale era quella figura che potremmo definire di «capomastro»: un muratore, cioè, che aveva più esperienza degli altri. Nel Rinascimento l’architetto assume tutt’altra veste: egli è ormai un professionista, nel senso moderno del termine, che conduce la sua attività attraverso lo studio teorico e la elaborazione progettuale.
  • 28. Il Rinascimento è l’unico periodo della storia dell’arte, in cui assistiamo ad un eclettismo di competenze, per cui lo stesso artista è contemporaneamente architetto, pittore e scultore. È una parabola che va da Giotto a Bernini: dopo i ruoli saranno sempre più distinti, e la professione di architetto raramente si sommerà a quella di artista.