1. Il governo dell’economia o
l’economia al governo?
Libero mercato e Stato dopo la crisi
ANTONIO MISIANI
Firenze, 4 dicembre 2015
2. Un po’ di storia: l’avvento dell’economia «mista»
• Con la crisi del 1929, in Italia i grandi gruppi privati e le banche
rischiano il collasso.
• Nel 1933 nasce l’IRI. All’inizio come «ospedale da campo», dal
1937 come realtà permanente
• Nella «Età dell’oro» (1950-1973) l’intervento dello Stato in
economia è decisivo per il «catching up» italiano
• Nel modello italiano di “economia mista”:
• buona parte dell’economia e del credito sono sotto il controllo
pubblico
• In assenza di una regolamentazione antitrust, sono diffuse le
posizioni di rendita nel mercato dei beni e dei servizi
• le politiche pubbliche favoriscono esplicitamente o
implicitamente le PMI a controllo familiare
3. Un po’ di storia: i primi segni della crisi
• Negli anni settanta l’economia italiana è scossa da
una serie di shock (1969 autunno caldo, 1971 fine di
Bretton Woods, 1973 prima crisi petrolifera, 1980
seconda crisi petrolifera)
• Negli anni ottanta inizia la corsa della spesa pubblica
e la crisi fiscale dello Stato
• Il modello di economia mista si logora ed entra in crisi
per fattori esterni (crescente concorrenza sui mercati
internazionali) e interni (subordinazione alla politica,
fenomeni degenerativi)
• Ciononostante, alla fine del 1991 erano pubbliche un
terzo delle prime 50 società e le banche pubbliche
rappresentavano il 70% dei depositi e impieghi
4. Un po’ di storia: l’egemonia neoliberista
• Negli anni ottanta il pensiero economico
«neoliberista» diventa egemone. L’enfasi si sposta
dai «fallimenti del mercato» ai «fallimenti dello Stato»
• La vittoria di Margaret Thatcher (1979) e Ronald
Reagan (1980) aprono una stagione politica nuova.
L’obiettivo è ridurre il peso dello Stato privatizzando e
tagliando le tasse («cut taxes and starve the beast»)
• Il crollo dei Paesi comunisti (1989-1991) accelera la
spinta alla riduzione del ruolo pubblico nell’economia
• Il cambio di approccio (dallo «Stato produttore» allo
«Stato regolatore») è indotto anche da profonde
trasformazioni economiche, tecnologiche,
demografiche
5. Un po’ di storia: la stagione delle
privatizzazioni
• In Italia alla fine degli anni ottanta i conti pubblici
sono fuori controllo e il sistema delle
partecipazioni statali in profonda crisi
• Gli anni tra il 1989 (crollo del Muro di Berlino) e il
1992 (Tangentopoli e rischio bancarotta) segnano
una svolta politica ed economica
• Nel 1993-1994 inizia il processo di
privatizzazione delle aziende e delle banche
pubbliche, che porterà entro il 2005 ad
alienazioni per 145 md Euro
6. Un po’ di storia: la dimensione delle
partecipazioni statali in Italia e in Europa
7. Stato e mercato: la spesa pubblica
0,0%
10,0%
20,0%
30,0%
40,0%
50,0%
60,0%
Spesa primaria e interessi (% PIL)
Fonte: E. Felice e FMI
Spesa primaria Interessi
8. Stato e mercato: le entrate pubbliche
0,0%
10,0%
20,0%
30,0%
40,0%
50,0%
60,0%
Entrate (% PIL)
Fonte: E. Felice e FMI
9. Stato e mercato: il deficit pubblico
0,0%
2,0%
4,0%
6,0%
8,0%
10,0%
12,0%
14,0%
Deficit pubblico (% PIL)
Fonte: E. Felice e FMI
10. Stato e mercato: il debito pubblico
0,0%
20,0%
40,0%
60,0%
80,0%
100,0%
120,0%
140,0%
Debito pubblico (% PIL)
Fonte: Banca d’Italia
11. Dalla globalizzazione alla crisi globale
• Gli anni novanta e i primi anni duemila sono caratterizzati da radicali
trasformazioni:
• Globalizzazione
• Finanziarizzazione
• Rivoluzione tecnologica
• Nascita dell’Euro
• L’economia italiana si adatta con difficoltà a questi cambiamenti. Dal
1995 la nostra crescita è sistematicamente inferiore a quella europea
• La crisi globale del 2007-2008 (preceduta da una serie di crisi
«locali») segna un punto di svolta drammatico. L’Italia ne viene colpita
più duramente rispetto alle altre economie avanzate
• La deregolamentazione finanziaria, la mancanza di trasparenza nei
mercati, l’assenza o la debolezza (spesso intenzionale: «benign
neglect») dei sistemi di controllo hanno provocato un disastro
sistemico, portando il sistema finanziario ed economico mondiale
vicino al collasso
12. La reazione alla crisi in USA e in Europa
• La risposta alla crisi globale è stata molto diversa
in USA e in Europa
• Negli USA l’amministrazione Obama ha
promosso politiche fiscali fortemente espansive
(accompagnate dal quantitative easing della
Federal Reserve)
• La zona Euro, condizionata dalla crisi dei debiti
sovrani, dall’assenza di un centro decisionale di
politica fiscale (sostituito da regole rigide e semi-
automatiche) e dalle incertezze della BCE, ha
reagito in modo debole e insufficiente
13. La reazione alla crisi in Italia
• Di fronte alla recessione del 2008-2009 non vi è stata
alcuna manovra di bilancio anti-ciclica
• Il sistema bancario ha retto meglio di altri Paesi, al prezzo
di un severo “credit crunch” (che ha duramente colpito un
sistema produttivo molto dipendente dal credito bancario)
• Nel 2010-2011 la crisi del debito sovrano ha investito in
pieno l’Italia, portandoci vicino all’uscita dall’Euro
• Le politiche di austerità del 2011-2012 hanno provocato
una seconda, pesante recessione (2012-2014)
• Le manovre di bilancio 2015-2016 (in un contesto di
politica monetaria accomodante della BCE) segnano una
prima, parziale discontinuità
14. La reazione alla crisi in Italia:
un risanamento nemico della crescita
100,0
89,6
86,1
83,1
76,8
100,0
104,5
108,2
104,7
107,9
100,0 100,4
102,1
98,7 99,3
2008 2009 2010 2011 2012
Bilancio dello Stato - Spesa primaria (2008=100)
SPESA PRIMARIA PRODUTTIVA ALTRE SPESE PRIMARIE TOTALE
Spesa primaria produttiva:
a) Mobilità, infrastrutture
b) Scuola, università
c) Lavoro
d) Spese in conto capitale
e) Altre spese primarie produttive
15. Le diverse risposte alla crisi
-6
-4
-2
0
2
4
2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015
PIL: variazione %
Italy Euro area United States
0
2
4
6
8
10
12
14
2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015
Tasso di disoccupazione (%)
Italy Euro area United States
-10
-8
-6
-4
-2
0
2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015
Saldo di bilancio strutturale
(% PIL potenziale)
Italy Euro area United States
16. Dopo la crisi: quale rapporto
Stato-Mercato?
• Le radicali trasformazioni (economiche,
tecnologiche, demografiche), il debito pubblico e
le regole UE rendono impraticabile (e inutile) un
ritorno allo “Stato produttore”
• La crisi globale ha però dimostrato:
• I limiti della visione “minimalista” del ruolo dello
Stato e della fiducia nelle capacità di
autoregolazione dei mercati
• la necessità di un “salto di scala”
sovranazionale dell’azione pubblica (economia
globale vs. stati nazionali)
17. Dopo la crisi: tra “ristagno secolare” e la
“seconda età delle macchine”
• Alcuni economisti (Summers, Gordon) ritengono che
l’eredità della crisi conduca i paesi avanzati verso un
“ristagno secolare” (riduzione del debito, bassa
inflazione, produttività stagnante, riduzione della
crescita potenziale)
• Secondo un’altra corrente di pensiero (Brynjolfsson,
McAfee) la rivoluzione digitale non ha pienamente
dispiegato i suoi effetti e sarebbe alle porte una fase
di radicale automazione del lavoro, con il rischio di
disoccupazione tecnologica, aumento delle
diseguaglianze, rallentamento della domanda
18. Dopo la crisi: “ristagno secolare”?
5,6%
2,8%
1,5%
-1,1%
5,5%
2,5%
2,1%
0,1%
3,9%
3,0% 3,0%
1,3%
4,9%
6,4%
9,4%
8,5%
1950-1973 1973-1990 1990-2007 2007-2014
PIL: variazione % media annua
Fonte: Total Economy Database
Italia Zona Euro USA Cina
19. Un nuovo ruolo per lo Stato nel XXI secolo
Indietro non si torna!
Però non solo…
• Regolazione dei mercati
• Politiche “di contesto” (servizi pubblici, legalità, ecc.)
…ma anche:
• Politiche di pre-distribuzione (capitale umano, ecc.)
• Infrastrutture materiali e immateriali
• Investimento nella ricerca di base (Stato innovatore)
• Finanza per la crescita
tenendo conto che tra Stato e Mercato c’è un mondo nuovo
che cresce (terzo settore, “sharing economy”, ecc.)