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S&C
STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno V - Numero 18 / Ottobre-Dicembre 2016 5
S&C(Ita)n.18,Ottobre-Dicembre2016,pp.5-8
Il marchese Luigi Monticelli Obizzi, fondatore e primo
presidente della Federazione Atletica Italiana (da cui
traggono origine la FIJLKAM e la FIPE), è un personag-
gio davvero interessante e merita tutta la nostra at-
tenzione. Ne esamineremo dunque le migliori prestazioni
sportive, i prestigiosi incarichi ricoperti e gli infelici anni
del tramonto.
Nasce a Crema il 6 luglio 1863. Giovanissimo, il marche-
se pratica con successo nuoto, ginnastica, scherma e
canottaggio. Comincia a esercitarsi con i pesi a 20 anni,
mentre compie gli studi navali a Genova (è promosso
capitano di lungo corso), e nel 1885, trasferitosi a Mi-
lano, entra alla S.G.M. Forza e Coraggio. Durante i suoi
frequenti viaggi all’estero si esercita anche nel pugila-
to e nella boxe francese (savate). Nel 1890, con alcuni
pesisti provenienti – come lui – dalla Forza e Coraggio,
fonda il Club Atletico Milanese, con sede in via Madda-
lena (presso piazza Missori). Non esistendo ancora una
Federazione italiana, Monticelli iscrive il CAM a quella
tedesca.
Il 5-6 aprile 1896, «cedendo alle insistenze degli amici»,
il marchese partecipa e si classifica 2° al concorso inter-
nazionale di Amsterdam (organizzato dall’Amsterdam-
sche Athleten Club Hollandia) dietro il tedesco Johannes
Schneider, che pesa 42 chili più di lui. Monticelli distende
100 kg, slancia 110 kg e, nella prova di resistenza, di-
stende 75 kg per 9 volte.
«Le prime competizioni in Italia si devono al suo mece-
natismo e al suo esempio», afferma La Gazzetta dello
Sport. Per iniziativa dell’infaticabile marchese il 2 maggio
1897, presso la Società degli Artisti e Patriottica in via
Giuseppe Verdi 4 (dove il CAM ha trasferito la sede), si
Livio Toschi
LIVIO TOSCHI
architetto,
s’interessa anche
d’impianti sportivi
e di storia dello
sport.
È consulente
storico e artistico
della Federazione
Italiana Judo
Lotta Karate e
Arti Marziali, della
Federazione
Italiana Pesistica,
della Federazione
Sammarinese di
Judo, è direttore
artistico del Museo
degli Sport di
Combattimento
a Ostia Lido.
Membro
dell’Accademia
Olimpica
Nazionale e della
Società Italiana di
Storia dello Sport,
ha scritto 16 libri
e innumerevoli
articoli, e ha
inoltre organizzato
svariate mostre
sullo sport nell’arte.
l marchese
LUIGI MONTICELLI OBIZZI
Ricordiamo il Fondatore a 70 anni
dalla scomparsa
I
Fig. 1 Il marchese Luigi Monticelli
Obizzi (1863-1946)
Anno V - Numero 18 / Ottobre-Dicembre 2016 5
S&C(Ita)n.18,Ottobre-Dicembre2016,pp.5-8
Il marchese Luigi Monticelli
Fig. 2 Medaglia del Club
Atletico Milanese, fon-
dato da Luigi Monticelli
Obizzi nel 1890
S&C
STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno V - Numero 18 / Ottobre-Dicembre 2016 9
S&C(Ita)n.18,Ottobre-Dicembre2016,pp.9-16
1. LE BASI E LA STRUTTURA GENERALE
Il progetto Club Italia Youth (C.I.Y) prende vita
sotto forma embrionale nel 2013 da un proget-
to pilota esposto nella prima riunione della Dire-
zione Tecnica Nazionale (D.T.R.), in cui la Federa-
zione Pesistica dava la possibilità alle regioni che
aderivano al progetto di creare raduni regionali o
interregionali per motivare i giovani più talentuo-
si e combattere la perdita di atleti promettenti,
sfruttando un budget messo a disposizione della
regione esclusivamente per progetti aventi per
obiettivo l’attività giovanile.
La partecipazione delle regioni a questo tipo di
progetti è stata via via più corposa ed ha consen-
tito di mettere in evidenza un numero consisten-
te ed interessante di atleti e ha reso necessario
trovare una formula da applicare al territorio ed
alle diverse realtà, che si è poi evoluta nel proget-
to Nazionale C.I.Y. che esponiamo di seguito.
L’obiettivo principale del nuovo progetto (dedicato
alle fasce di età che vanno dai 13 ai 17 anni) è
essenzialmente quello di qualificare gli atleti più
promettenti del vivaio nazionale, predisponendo
loro un percorso univoco sotto il profilo:
• educativo: considerata la delicata fascia
d’età con cui si lavora, questo aspetto riveste
infatti una notevole rilevanza. Naturalmente,
rientrano qui tutte le istruzioni per una civile
convivenza, ma anche tutte le nozioni del vi-
vere insieme all’interno di un raduno sportivo
che si spera sia per molti di loro lo stile di vita
che li attenderà nel prossimo futuro;
• tecnico: garantendo, cioè, ai ragazzi che ac-
cedono al progetto le basi posturali e tecni-
che su cui costruire le prestazioni future. È
importante far acquisire nozioni teoriche e
pratiche con un linguaggio uniforme in ogni
occasione di incontro e di raduno;
• cultura del lavoro: ovvero, far capire ai ra-
gazzi che solamente attraverso il lavoro co-
stante si possono raggiungere gli obiettivi
prefissati; che non serve scoraggiarsi per
una delusione oppure esaltarsi per un suc-
cesso, ma che occorre sempre impegnarsi a
lavorare per raggiungere l’obiettivo succes-
sivo;
• monitoraggio attento, seguendo i ragazzi nel
loro percorso di crescita e testandoli in ogni
appuntamento. A tal proposito, si è ritenu-
to utile creare uno staff dedicato proprio alla
somministrazione e all’analisi dei test anato-
mo-funzionali e di affidare invece al gruppo de-
gli allenatori la supervisione dei test tecnici.
Questo delicato passaggio, da locale a centraliz-
zato, ha naturalmente impegnato molto la nostra
Federazione sotto il profilo sia amministrativo sia
tecnico–organizzativo.
MARCO
DI MARZIO
Ex atleta azzurro,
11 volte campione
italiano assoluto.
Tecnico FIPE di 4°
Livello europeo,
Docente FIPE,
Coordinatore
Tecnico Nazionale
del Progetto Club
Italia Youth.
CARLO VARALDA
PhD in Scienze
dello Sport,
dell’Esercizio Fisico
e dell’Ergonomia
Coordinatore Area
Formazione FIPE:
Strength Academy
e NSCA
Preparatore Fisico
Esperto in
Valutazione
Funzionale
Certificato CSCS
*D & CPT*D
ROGETTO CLUB ITALIA
YOUTH
P
Marco di Marzio, Carlo Varalda
S&C
STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno V - Numero 18 / Ottobre-Dicembre 2016 17
S&C(Ita)n.18,Ottobre-Dicembre2016,pp.17-22
INTRODUZIONE
La frequenza cardiaca è da sempre una rispo-
sta fisiologica dovuta ad una frequenza di sti-
moli del sistema cardiovascolare durante le fasi
della giornata. La Frequenza cardiaca si misura
in battiti al minuto ed è un indicatore dell’inten-
sità dello sforzo. Nel corso degli anni, l’analisi
delle variazioni della frequenza cardiaca è stata
oggetto di numerosi studi ed ha nella maggior
parte dei casi offerto una ampia base di lette-
ratura scientifica che risulterebbe particolar-
mente utile nello sport.
LA FREQUENZA
O LE FREQUENZE CARDIACHE?
Nel corso del secolo scorso, era prassi comu-
ne identificare per ogni individuo una frequenza
cardiaca massima di riferimento che lo accom-
pagnava durante tutta la sua vita. La formu-
la nota 220-età era infatti una delle più note
pratiche di valutazione della massima frequen-
za cardiaca per ogni individuo e, da questa, si
definivano le varie “zone” di allenamento, nor-
malizzate come percentuale (%) della frequen-
za cardiaca. Seppur ancora utilizzata in campo
medico, con recenti variazioni, e nonostante la
presenza nelle linee guida internazionali per la
prescrizione dell’esercizio fisico, questa mo-
dalità di individuazione della frequenza cardia-
ca massima è, nello sport competitivo, sempre
meno utilizzata (1) (2).
Le variazioni della frequenza cardiaca, infatti,
sono state studiate in maniera intensiva e le
sue variazioni sono fortemente connesse non
solo al sesso o a fattori individuali, come l’umo-
re, lo stress e l’età, ma bensì a fattori esterni
come la temperatura, l’umidità, lo stato di idra-
tazione. Questi fattori non sono peraltro esau-
stivi nello spiegare perché due persone dello
stesso sesso ed età possono avere frequenze
cardiache anche sensibilmente differenti (3).
Considerare, quindi, “la frequenza cardiaca
massima” quale strumento di lavoro per sta-
GIANMARIO
MIGLIACCIO
Dottore di ricerca
in Sport Science,
direttore scientifico
Sport Science Lab
(UK)
Migliaccio Gian Mario (1), Omeri Massimo (2), Marco Cosso (1), Padulo Johnny (3-4)
1: Sp ort Science L ab ( L ondon, U K ) , 2: F IS F ederazione Italiana Sch erma ,
3 : eCamp us U niversity ( Italy) , 4 : F aculty of K inesiolog y , U niversity of Sp lit ( Croatia) .
requenza e Variabilità
cardiaca nello Sport:
quando, come e perché usarle?
F
MASSIMO OMERI
Dottore in Scienze
motorie
Tecnico di IV°
Livello CONI
Maestro di
scherma FisConi
MARCO COSSO
Dottore in Scienze
Motorie e Sportive
Preparatore fisico
JOHNNY PADULO
Dottore di ricerca
in Sport Science,
ricercatore
presso Università
eCampus (Italia)
S&C
STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno V - Numero 18 / Ottobre-Dicembre 2016 23
S&C(Ita)n.18,Ottobre-Dicembre2016,pp.23-29
Gli Autori hanno una considerevole esperienza
nel settore della preparazione fisica e mentale di
pesisti di livello nazionale, internazionale e olimpi-
co, negli Stati Uniti e in Gran Bretagna. Si trat-
ta di uomini e donne, atleti di livello junior, senior
e master (veterani). Anche se vi possono essere
differenze nella stesura del programma correlate
all’età, al sesso o (occasionalmente) alle caratte-
ristiche individuali, tutti i programmi di allenamen-
to per questi gruppi seguono le stesse caratteri-
stiche di base.
Ad esempio, prendiamo in considerazione un pe-
sista di sesso maschile, ben allenato, di livello
moderatamente avanzato (non di élite) (94 kg,
300 kg di sollevamento totale). Viene messo in
atto un programma di valutazione/monitoraggio in
modo che possano essere registrati i progressi
dell’allenamento muscolare. Il test iniziale indica
che tale atleta possiede un talento sufficiente
per progredire verso competizioni internazionali e
il suo obiettivo a medio termine è di competere
nei Commonwealth Games. In collaborazione con il
suo allenatore, l’atleta costruisce un programma
a lungo termine progettato per produrre un tota-
le (325 kg) che farà ottenere all’atleta la qualifi-
cazione per i Commonwealth Games. Nella figura
1, viene presentato uno schema generale del pro-
gramma a lungo termine.
Nelle tabelle 1 e 1b, viene invece presentato un
esempio di mesociclo di 12 settimane, indicativo
della fase di preparazione. In questo modello gene-
rale, il primo blocco (4 settimane) è dedicato all’al-
lenamento forza-resistenza ad alto volume pro-
dotto da un maggior numero di ripetizioni per serie
(10 ripetizioni per ciascuna serie). Benché volumi/
ripetizioni così elevati non siano eseguiti spesso
dai pesisti, riteniamo che questa fase di volume
elevato sia importante per numerosi motivi:
|
Michael H. Stone, PhD, Kyle C. Pierce, EdD, William A. Sands, PhD, Meg E. Stone
MICHAEL H. STONE
è attualmente
Direttore del
Laboratorio di
Scienze motorie e
sportive alla East
Tennessee State
University.
KYLE PIERCE
è professore al
Dipartimento di
chinesiologia e
Scienze della
Salute e Direttore
e Allenatore del
Weightlifting
Development
Center a LSU
Shreveport.
WILLIAM A. SANDS
è capo di Sports
Biomechanics and
Engineering per il
Comitato olimpico
statunitense.
MARGARET E.
STONE
è attualmente
allenatore
di atletica
leggera alla East
Tennessee State
University.
ollevamento pesi:
la stesura del programma
S SECONDA PARTE
(Orig. Weightlifting: A brief Overview,
Strength and Conditioning Journal 2006,
Volume 28, Numero 1, pp. 50-66))
PU
BBLICATOPE
R LA PRIMA
VOLTAINITA
LIA
1
STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno V - Numero 18 / Ottobre-Dicembre 2016 31
S&C(Ita)n.18,Ottobre-Dicembre2016,pp.31-40
CENNI DI EPIDEMIOLOGIA
La preparazione atletica oggi persegue un du-
plice obiettivo, ossia tentare di incrementare i
livelli di performance dei singoli calciatori e ri-
durre per ciascun atleta il rischio di infortunio.
La possibilità di poter contare su un modello di
studio relativo agli aspetti preventivi ha con-
tribuito alla raccolta di numerose informazioni
di tipo epidemiologico in grado di sostenere le
scelte metodologiche adottate dai singoli staff.
Nell’ambito di un’attenta gestione dei carichi
di allenamento e nell’ottica di una puntuale se-
lezione delle esercitazioni, è evidente come gli
aspetti preventivi possano riferirsi unicamente
alla traumatologia da non contatto.
Le lesioni da non contatto ai muscoli ischiocru-
rali o hamstring, sono frequenti in sport come il
calcio, nel cui modello prestativo sono presenti
sprint, accelerazioni, cambi di direzione e tiri.
In letteratura, l’alto numero di infortuni agli
hamstring è stato ed è tuttora ampiamente
studiato e documentato: nel calcio, infatti, le
lesioni a tale distretto risultano 2,5 volte più
frequenti rispetto a quelle che interessano i
capi muscolari del quadricipite (Bisciotti, 2013;
Hawkins et al., 2000).
Analisi epidemiologiche ancora più recenti han-
no messo in risalto come gli insulti muscolari
al distretto degli hamstring abbia assunto un
trend negativo negli ultimi anni, con un incre-
mento statisticamente significativo nelle ultime
stagioni sportive (Ekstrand et al., 2016). Ed
evidenziano ancora una volta come il rischio di
lesione sia notevolmente più alto in gara piutto-
sto che in allenamento (Ekstrand et al., 2016).
Le gestualità che espongono al rischio infortu-
nio potrebbero essere rappresentate dai movi-
menti ad alte velocità richiesti dal gioco: gli ar-
resti improvvisi, le ripartenze, i repentini cambi
di direzione e le azioni tecnico-specifiche ad alta
velocità (Bisciotti, 2013; Verral at al., 2003;
Woods et al., 2004; Brooks et al., 2006; Gabbe
et al., 2006; Hawkins et al., 2001; Orchard &
Seward, 2002). Tali lesioni hanno anche un’alta
percentuale di recidiva, tanto che un terzo degli
infortuni può ripresentarsi entro due settima-
ne dal primo evento lesivo (Orchard & Seward,
2002), senza considerare che tale rischio resta
alto per circa un anno laddove, spesso, la gravi-
tà della seconda lesione è maggiore della prima
(Gabbe et al., 2006; Warren et al., 2010).
Si possono ottenere maggiori indicazioni se si
scompongono le fasi imposte all’arto inferiore
dalla gestualità di corsa veloce: la maggior par-
te delle lesioni si verifica durante la fase tardiva
di oscillazione dell’arto libero, anche se la ricer-
S&C
ITALO
SANNICANDRO
Ricercatore
Università
di Foggia,
preparatore
atletico.
PAOLO
TRAFICANTE
Preparatore
atletico
professionista.allenamento per il distretto
muscolare degli hamstring
nel calciatore:
tra prevenzione e performance
L’
Italo Sannicandro, Paolo Traficante
William H. Otto III, Jared W. Coburn, Lee E. Brown, Barry A. Spiering
Exe rcise Ph ysi olog y L aboratory and Center f or Sp ort Perf ormance, Dipartimento di Kinesiologia,
California State University, Fullerton, Fullerton, California
S&C
STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno V - Numero 18 / Ottobre-Dicembre 2016 41
S&C(Ita)n.18,Ottobre-Dicembre2016,pp.41-45
INTRODUZIONE
Gli esercizi di pesistica, compresi lo strap-
po (snatch), lo slancio (clean and jerk) e le
loro varianti, sono in uso già da tempo.
Numerosi studi hanno esaminato come
tale tipo di esercizi possa contribuire a
migliorare la capacità di salto verticale
(1, 5, 8). Capacità che si ritiene essere
un indicatore fondamentale per misurare
la prestazione degli atleti in molti sport e
che è ampiamente utilizzata nei protocol-
li per testare la potenza (4, 9). Esistono
analogie importanti tra il sollevamento pesi
e i movimenti del salto verticale e nel modo
in cui essi si correlano con la forza, la po-
tenza e le capacità atletiche (1, 5). Quan-
do vengono eseguiti in modo corretto, lo
strappo, lo slancio e gli esercizi correlati
assomigliano agli schemi di movimento del
salto verticale (4, 8) in quanto sono com-
posti da veloci movimenti esplosivi. Queste
somiglianze sono importanti poiché sia i
movimenti del sollevamento pesi olimpico
che il salto verticale sono specifici di molte
abilità atletiche (6, 10).
Una forma relativamente nuova per mi-
gliorare il condizionamento atletico è l’al-
lenamento con il kettlebell. Si ritiene che
quest’ultimo offra quasi tutti gli stessi
benefici del sollevamento pesi. Tuttavia
esistono poche ricerche su tale tipo di al-
lenamento. Per quanto ne sappiamo, esi-
(Orig. Effects Of Weightlifting Vs. Kettlebell Training On Vertical
Jump, Strength, And Body Composition, Journal of Strength and
Conditioning Research, Vol. 26, n.5, May 2012, pp. 1199-1202)
PU
BBLICATOPE
R LA PRIMA
VOLTAINITA
LIA
1
ffetti del sollevamento
pesi e dell’allenamento
con il kettlebell sul salto
verticale, la forza e la
composizione corporea
E
S&C
STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno V - Numero 18 / Ottobre-Dicembre 2016 47
S&C(Ita)n.18,Ottobre-Dicembre2016,pp.47-49Intraprendiamo un percorso che ci farà scoprire
le caratteristiche e le potenzialità di un attrezzo
avanzato per l’allenamento efficiente ed efficace
rivolto a una vasta gamma di persone, dalle più
sportive alle sedentarie.
In questo percorso, impareremo ad utilizzare l’u-
nità FIPE AinS Training, uno strumento che con-
sente di eseguire un enorme numero di esercizi
per allenare diverse qualità e capacità fisiche.
Inoltre apprenderemo nozioni riguardanti l’allena-
mento funzionale (termine molto di moda e spesso
abusato) e come tutti gli esercizi eseguiti con il
FIPE AinS Training rientrino in questa particolare
metodologia.
1. COME NASCE AINS?
Le Origini moderne
L’attrezzatura e il programma di allenamento
sono stati sviluppati da Randy Hetrick, un ex ap-
partenente ai Navy Seals, durante gli anni ‘90 e
la commercializzazione è iniziata nel 2005. Nello
stesso periodo, Kurt Dasbach, un ex giocatore di
calcio cileno, scoprì una tecnica di allenamento
inca basata su cinghie e progettò uno strumento
molto simile, chiamandolo Inkaflexx.
2. UN NUOVO MODO DI ALLENARSI
L’allenamento in sospensione (AinS training) offre
ai praticanti molti vantaggi in confronto a un pro-
tocollo di allenamento convenzionale basato sull’u-
tilizzo delle tradizionali tecniche di muscolazione.
3. PANORAMICA SULL’ALLENAMENTO
IN SOSPENSIONE
I concetti dell’allenamento in sospensione sono ap-
plicati da centinaia di anni con varie metodologie.
Era già praticato nelle legioni romane e gli antichi
acrobati cinesi ne furono i primi maestri ricono-
sciuti. Le unità di combattimento del diciannove-
ALLENAMENTO
S&C
Mirco Ferrari
MIRCO FERRARI
Tecnico 3° livello
FIPE
Responsabile
Nazionale AinS FIPE
Preparatore Fisico
Squadre Nazionali
Nuoto Sincronizza-
to FIN
Esperto in Riatletiz-
zazione e recupero
degli sportivi
F IP E
AinS Training
Inquadra il
QR-code per
vedere i video
degli esercizi
proposti in
questo articolo.
OVVERO, COME RENDERE
L’ALLENAMENTO FUNZIONALE
AL MOVIMENTO
Il lavoro che presentiamo in questo numero di S&C. Per una Scienza del movimento
dell’uomo ha il merito – grande! – di attribuire a quel complesso di attività che van-
no sotto la denominazione emblematica di resistance training (ovvero, che si avval-
gono di resistenze aggiunte via via al movimento, secondo una strategia articolata
e volta per volta adattata) un ruolo, affatto trascurabile, relativamente ai benefici
tangibili e comprovati, indotti dall’esercizio fisico per alcuni dei fattori di rischio asso-
ciati alle complicanze del diabete.
Pure se non esistono ancora pareri univoci e perciò anche consolidati circa la facile,
agevole somministrazione degli esercizi di forza a soggetti portatori di questa malat-
tia metabolica, con adeguata aderenza degli stessi alla proposta terapeutica (chè
di proposta terapeutica, non v’è dubbio, si tratta!), vi è da riferire che la letteratura
più recente ed autorevole illustra assai bene i vantaggi che comporta l’integrazione
del lavoro di muscolazione con quello cosiddetto aerobico.
D’altra parte, sarebbe difficile sostenere che laddove non sussistano controindicazioni alla pratica di
esercizi di potenziamento muscolare, questi ultimi non possano, vantaggiosamente, essere associati
alla stimolazione aerobica nei soggetti portatori di diabete di tipo 2, potenziandone, nel tempo, i già
comprovati benefici.
Senza, ovviamente, trascurare l’importanza che la combinazione delle due differenti sollecitazioni,
quella muscolare periferica e quello aerobica, indiscutibilmente assume come importante elemento
di prevenzione di base, per il miglioramento che induce del livello complessivo di fitness del soggetto.
Buona lettura.
Giampietro Alberti
Dipartimento di Scienze Biomediche per la Salute, Scuola di Scienze Motorie
Università degli Studi di Milano
S&C
STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno V - Numero 18 / Ottobre-Dicembre 2016 51
S&C(Ita)n.18,Ottobre-Dicembre2016,pp.51-58
ROBERTO
CODELLA
Ricercatore
Scuola di
Scienze Motorie,
Dipartimento
di Scienze
Biomediche per la
Salute, Università
degli Studi di
Milano.
Centro di Ricerca
sui Metabolismi,
IRCCS Policlinico
San Donato
Milanese .
LIVIO LUZI
Professore
Ordinario di
Endocrinologia
Dipartimento
di Scienze
Biomediche per la
Salute, Università
degli Studi di
Milano
Direttore area di
endocrinologia
e metabolismo,
IRCCS Policlinico
San Donato
Milanese.
a stimolazione di
forza nel diabetico
di tipo 2
L
Roberto Codella, Livio Luzi
S&C
STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno V - Numero 18 / Ottobre-Dicembre 2016 59
S&C(Ita)n.18,Ottobre-Dicembre2016,pp.59-63
INTRODUZIONE
In Italia e all’estero, nell’ambito della letteratu-
ra scientifica, nel corso degli anni, diversi studi
2,3,9
hanno definito l’incidenza e l’entità del danno
biologico correlato alla pratica dello sport in ge-
nerale e degli “sport da combattimento”6
in par-
ticolare. Nell’ambito della medicina allopatica,
gli studi di Agel et al nel 2007, elaborando i dati
raccolti dalla stagione agonistica 1988–1989
alla stagione agonistica 2003–2004 dalla Na-
tional Collegiate Athletic Association (NCAA), in
ordine al programma di sorveglianza del danno
correlato alla pratica sportiva, hanno dimostra-
to che è possibile individuare fattori di rischio
modificabili, per definire opportune strategie di
prevenzione degli infortuni.
Da alcuni anni ormai, l’osteopatia ha iniziato a
fornire il proprio contributo allo sport d’élite:
diversi1
sono, infatti, i professionisti al seguito
di atleti, impegnati in discipline estremamente
differenti tra loro per modelli e caratteristiche
prestazionali. Il dr M. Manassero osteopata
della nazionale italiana di golf10
e il dr. C. Civitil-
lo, propositore di un punto di vista osteopatico
riguardo agli sport motoristici e fondatore del
progetto GIOSBE - gruppo di ricerca scientifi-
co dedicato all’Osteopatia in ambito sportivo11
,
sono solo alcuni esempi al riguardo.
Malgrado le suddette collaborazioni e malgra-
do risulti da più parti riconosciuto un beneficio
dall’approccio osteopatico e, più in generale,
dalla terapia manuale nell’ambito sportivo, ben
poco si rileva nella letteratura scientifica, sia in
riferimento al reale carattere preventivo8
, sia in
riferimento alla correlazione trattamento oste-
opatico - miglioramento della performance12, 7,21
.
Brumm nel 2013 ha evidenziato come il trat-
tamento manipolativo osteopatico (OMT), indi-
rizzato alla riduzione della disfunzione somatica
a carico di specifiche regioni anatomiche, fosse
correlato con una significativa riduzione delle
fratture da stress in giovani atleti praticanti la
disciplina sportiva della corsa cross–country.
Brolinson et al (JAOA 2012) hanno sottopo-
sto a trattamento osteopatico preventivo una
squadra di giocatori di football nel corso di due
consecutive stagioni agonistiche. Nella circo-
stanza, gli autori hanno rilevato effettivamente
una positiva correlazione tra OMT e performan-
ce, tuttavia sottolineano - nel medesimo studio
- una scarsa associazione tra i due fattori, da
attribuire presumibilmente, come rileva lo stes-
Bruscolotti Marco*1,3
DO-DPhEd, Lo Voi Giacomo1
DO-PT, Boussemart Marjorie1
DO,
Di Miceli Giacoma1
DO-DPhEd, Bisegna Cristiano1
DO-PT, Colusso Luca3
DLS, Adragna Vito1,2
DO-PT
1CSOT Research Dep artment, Centro Studi di Osteop atia Tradizionale, Rome ( IT)
2INOS Research Dep artment, International Netw ork of Osteop ath ic Sch ool, Palermo ( IT)
3 National Center “ F iamme Oro” , Polizia di Stato - Roma ( IT)
* Corresp onding auth or
“Osteopatia,Prevenzione,Performance”
MARCO
BRUSCOLOTTI
Diplomato
Osteopatia (DO),
I.S.E.F., Laureato
in Scienze
Motorie (DPhEd).
È membro
collaboratore
del Dipartimento
Ricerca del
CSOT, libero
professionista
in Roma,
collaboratore
con qualifica di
tecnico della
Federazione
Italiana
Pentathlon
Moderno,
collaboratore
con qualifica di
tecnico della
Federazione
Italiana Triathlon,
collaboratore del
Centro Nazionale
Fiamme Oro –
Polizia di Stato.
Ladisfunzionesomaticanegliatletid’élite
praticantiladisciplinasportivadellalotta.
GIACOMO
LO VOI
Diploma
Osteopatia (DO),
Fisioterapista
(PT).
È a capo del
CSOT Scuola
Italiana di
Osteopatia
e partner
fondatore di
INOS.
S&C
STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno V - Numero 18 / Ottobre-Dicembre 2016 65
S&C(Ita)n.18,Ottobre-Dicembre2016,pp.65-69
Nei numerosi articoli pubblicati su S&C. Per una
Scienza del movimento dell’uomo, abbiamo sempre
scritto dell’importanza di una corretta prepara-
zione dei programmi di attività fisica (AF) dedicati
alle popolazioni con necessità speciali, altresì de-
finiti nel complesso come Attività Fisica Adattata
(AFA). Abbiamo sottolineato che il giusto equili-
brio tra evidenze scientifiche e personalizzazio-
ne dell’esercizio è la migliore via da seguire per
traslare nella pratica quotidiana i risultati della
ricerca e perseguire il benessere delle persone.
Sino ad ora abbiamo condiviso i risultati finali di
alcuni dei nostri lavori, facendo solo brevi cenni
all’attività di analisi della letteratura scientifica.
In realtà, questa parte assorbe moltissime ener-
gie e rappresenta la solida base su cui fondare la
struttura dell’intero studio. In questo articolo, vi
presentiamo parte di una revisione della lettera-
tura relativa ad Attività Fisica (AF) e cancro (CA),
preludio ad una prossima ricerca, invitandovi ad
utilizzare queste informazioni e a fare un altro
passo sul ponte che unisce la teoria alla pratica.
Nelle ultime due decadi, è aumentato l’interesse
sui possibili benefici della pratica dell’attività fisi-
ca per il controllo del cancro. In particolare, sono
state indagate sia le relazioni dell’AF con l’etio-
logia (prevenzione primaria) che con la patologia
conclamata (prevenzione terziaria). In prevenzione
primaria, ci sono buone evidenze che dimostrano
che l’AF riduce del 20-25% il rischio di CA al colon
nei maschi e nelle femmine più attivi rispetto a
quelli meno attivi.1-3
Esistono anche evidenze di
un probabile effetto protettivo dell’AF sul CA al
seno1,2,4-6
e sul CA all’endometrio1-7
, con una ri-
duzione del rischio compresa tra il 20 e il 30%.
Evidenze preliminari suggeriscono anche un pos-
sibile effetto protettivo associato all’AF sul CA
della prostata8
, dei polmoni1
e delle ovaie.9
Seb-
bene le evidenze per molti altri tipi di CA siano ad
oggi limitate, è chiaro che potrebbero comunque
ca.it
PUBBLICATO
PUBBLICATO
PUBBLICA
TO
PRIM
A
VO
LTA
PRIMAVOLTA
PRIMAVOLTA
LAVORO
ORIGINALE
PER
S&C
Luca Marin, Matteo Vandoni, Erwan Codrons, Luca Correale, Massimiliano Febbi, Sara Ottobrini
ttivitàfisicaedifferenti
tipidicancro.
Unarassegnadeglistudi
LUCA MARIN
Dottore Magistrale
in Scienze
Riabilitative
delle Professioni
Sanitarie,
Dottore in
Fisioterapia;
Direttore tecnico
del LAMA,
Università di Pavia;
Professore a
contratto presso
il Corso di Laurea
in Scienze Motorie
dell’Università di
Pavia, Docente e
Tecnico FIPE.
A
ERWAN CODRONS
Psicologo,
assegnista di
ricerca del
dipartimento di
sanità pubblica,
medicina
sperimentale e
forense.
LAMA-CRIAMS
Università degli
Studi di Pavia.
MATTEO VANDONI
Ricercatore
presso il
Dipartimento di
Sanità Pubblica,
Medicina
Sperimentale e
Forense (Università
di Pavia).
LAMA-CRIAMS
Università degli
Studi di Pavia.
GiocosaMente
IN QUESTO NUMERO:
“GIOCARTE”:
QUANDO UN’OPERA D’ARTE
DIVENTA GIOCO
PSICOMOTORIO
Antonio Mazzoni, Maria Pia Albanese
MARIA PIA
ALBANESE
Psicologa Clinica,
Psicoterapeuta
ITA ed EATA,
didatta di teorie
e tecniche del
colloquio clinico
e di psicologia
generale e
dell’età evolutiva
presso la scuola di
specializzazione
post universitaria
IAF di Pescara,
esperta in EMDR
per l’intervento
sul trauma,
insegnante
di scuola
dell’infanzia, ex
dirigente ASL 1 di
Trieste, referente
per l’albo degli
psicologi di
Roma e della
regione Lazio
della psicologia
dello sport in
età evolutiva,
coautrice di fiabe
motorie.
ANTONIO
MAZZONI
Insegnante di
educazione fisica
presso nidi, scuole
dell’infanzia
e primarie,
psicomotricista,
esperto CONI e
docente della
Scuola dello Sport
del CONI Lazio,
collaboratore
del CIP,
Comitato Italiano
Paraolimpico,
formatore della
FGIC, tecnico di
primo livello FIDAL,
tutor del progetto
Alfabetizzazione
motoria e Sport di
classe del CONI
Lazio, autore di
Fiabe Motorie.
Docente al master
di psicomotricità
presso il Consorzio
Humanitas e
Università Lumsa
di Roma.
S&C
STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno V - Numero 18 / Ottobre-Dicembre 2016 75
S&C(Ita)n.18,Ottobre-Dicembre2016,pp.75-81
SOMMARIO
“GiocArte” è un’esperienza, è divertimento, è gio-
co inventato, è nei sogni e nelle richieste di ogni
bambino incontrato.
Il gioco e l’arte danno vita ad un percorso psico-
motorio pratico e metodologico, utile a perseguire
uno sviluppo psico-fisico globale ed armonioso: il
“giocArte”. La fantasia motoria che il bambino
esprime durante il “giocArte” rappresenta quell’u-
nità di psiche e soma che privilegia tanto il tono
ed il movimento quanto la creatività e la capacità
di problem solving usati per esprimere le proprie
emozioni e le proprie immagini interne profonde. Il
lavoro presentato, inoltre, punterà a sottolineare
l’importanza del “cosa” della proposta psicomoto-
ria che trova in “giocArte” il suo riferimento con-
tenutistico e, specialmente del “come”.
A supporto dell’aspetto procedurale, è parso in-
teressante paragonare l’insegnamento all’inter-
pretazione del testo letterario, così per come
Umberto Eco l’ha intesa: “A partire dagli anni Set-
tanta la semiotica non parla più di segno, ma di
testo. L’interesse si sposta sulla generazione dei
testi e sulla loro interpretazione. Si parla infatti di
“svolta testuale”. Un testo, nella sua superficie lin-
guistica, è una catena di artifici espressivi che de-
vono essere attualizzati dal destinatario. Un testo è
dunque incompleto, in primo luogo perché prevede
sempre una competenza grammaticale da parte
del destinatario. Ma un testo è incompleto anche
perché è sempre intessuto di un “non-detto” che
richiede movimenti cooperativi attivi e coscienti da
parte del lettore per essere attualizzato a livello di
contenuto…” (2001).
L’ipotesi “della cooperazione interpretativa del
testo”, dunque, sottolinea l’incompletezza del
testo, senza l’intervento di un lettore che, con
la sua attività interpretativa, riempia di senso gli
“spazi bianchi” di cui il testo è necessariamente
intessuto. Il testo non solo non comunica nulla
senza l’intervento di un destinatario competente
in grado di comprenderlo, ma non è neppure in
grado di significare alcunché in assenza di un in-
terprete competente. Il significato non è una pro-
prietà intrinseca del testo, ma si situa tra il testo
e le sue interpretazioni possibili. In altri termini,
un testo viene emesso per qualcuno che lo attua-
lizzi. “Il testo è dunque intessuto di spazi bianchi, di
interstizi da riempire, un testo vuole che qualcuno
lo aiuti a funzionare” (U. Eco, 2001).
“GiocArte” è un “testo” redatto dall’insegnante,
creato per i bambini, che tiene conto del loro livel-
lo di sviluppo e che viene realizzato, interpretato,
letto, scoperto con le loro chiavi di lettura. Il bam-
bino stesso, protagonista del suo percorso, in un
clima di reciprocità relazionale ed educativa crea
e continua: “Bambini ecco a Voi…, C’era una vol-
ta…; è come se…; Fammi vedere come…; Inventa
un po’…; Quante cose può fare… ecc. ecc.” ciò
che l’adulto gli propone.
A livello metodologico, essa deve esplicitarsi, par-
tendo dal presupposto che tutto può essere ap-
preso se adeguatamente insegnato. L’intuizione
che gioco e arte siano intrinsecamente psicomo-
tori definisce la cornice teorico-applicativa che in
“giocArte” nasce e si realizza, dando via ad un per-
corso con finalità didattico-espressivo-relazionali,
quindi, psicomotorie, valido tanto nella scuola che
in qualsiasi contesto educativo (ludoteche, pale-
stre, centri riabilitativi, laboratori museali, etc.).
S&C
STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno V - Numero 18 / Ottobre-Dicembre 2016 83
S&C(Ita)n.18,Ottobre-Dicembre2016,pp.83-84
Uno degli aspetti più importanti e inerenti alle
problematiche del controllo motorio, e quindi an-
che dell’apprendimento, è quello legato ai fenome-
ni che riguardano il feedback.
Per feedback, s’intende l’insieme delle informazio-
ni che il soggetto che esegue un movimento ha la
possibilità di ricevere ed elaborare e che gli per-
mettono di controllare il movimento ed eseguirlo
con maggiore efficacia.
Si possono distinguere due tipi di feedback:
• feedback intrinseco, che è quello riferito alle
informazioni derivanti dal sistema sensoriale
di chi esegue il movimento. Esso è quindi re-
lativo alle informazioni conseguenti al proprio
movimento, che il soggetto è in grado di rice-
vere ed elaborare grazie ai propri analizzatori:
visivo, tattile, acustico e vestibolare;
• feedback estrinseco, che è quello riferito alle
informazioni che provengono da fonti esterne
a chi esegue il movimento, come ad esempio
l’allenatore (informazioni verbali e non verbali)
o la visione di un video. Gli analizzatori utiliz-
zati sono solamente quello acustico e visivo.
Il feedback estrinseco ha, quindi, bisogno di es-
sere in qualche modo “tradotto” in un linguaggio
motorio, nel senso che le informazioni visive ed
acustiche debbono integrarsi con quelle vestibola-
ri e propriocettive del feedback intrinseco.
Da qui la necessità da parte dell’istruttore o
dell’allenatore di far riferire i propri feedback
esterni a quelli interni dell’allievo e di trovare quin-
di gesti e parole che facilitino tale comunicazione,
mettendo l’allievo in grado di collegare le istruzio-
ni verbali dell’allenatore con le proprie sensazioni
motorie.
Il feedback estrinseco si può suddividere ulterior-
mente in due tipi:
• feedback sul risultato, che informa il soggetto
se il proprio movimento ha raggiunto l’obiet-
tivo prefissato;
• feedback sulla prestazione, relativo alle moda-
lità di esecuzione del movimento.
L’allenatore può, quindi, informare l’allievo sul
raggiungimento o meno degli obiettivi mediante il
feedback sul risultato (ad esempio: “il lancio era
basso”), oppure informarlo sulle caratteristiche
del movimento che hanno prodotto quel risultato
(ad esempio: “devi tenere più alto il gomito per
lanciare più alto”).
Secondo Magill (1980), il feedback estrinseco
dell’allenatore svolge sempre una duplice funzio-
ne:
1) la funzione informativa: riguarda quanto già si
è detto circa le informazioni che l’allenatore rende
disponibili per l’allievo, affinché questi possa col-
legarle alle proprie informazioni interne per meglio
controllare i propri movimenti e raggiungere livelli
di efficacia del gesto sempre maggiori.
2) la funzione di rinforzo, invece, riguarda l’effetto
che qualsiasi feedback dell’allenatore produce sul-
la sfera emotiva dell’allievo.
I
Monica Paliaga
MONICA PALIAGA
Psicologa
con Master di
specializzazione
in Psicologia dello
Sport presso la
Società Italiana
Psicologia
dello Sport e
Certificazione
Internazionale
“ Inner Game”
con Tim Gallewey
nell’ambito
del Coaching
Sportivo.
L RUOLO DEL FEEDBACK
NELL’APPRENDIMENTO
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Pagine da Strength and Conditioning 18

  • 1. S&C STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno V - Numero 18 / Ottobre-Dicembre 2016 5 S&C(Ita)n.18,Ottobre-Dicembre2016,pp.5-8 Il marchese Luigi Monticelli Obizzi, fondatore e primo presidente della Federazione Atletica Italiana (da cui traggono origine la FIJLKAM e la FIPE), è un personag- gio davvero interessante e merita tutta la nostra at- tenzione. Ne esamineremo dunque le migliori prestazioni sportive, i prestigiosi incarichi ricoperti e gli infelici anni del tramonto. Nasce a Crema il 6 luglio 1863. Giovanissimo, il marche- se pratica con successo nuoto, ginnastica, scherma e canottaggio. Comincia a esercitarsi con i pesi a 20 anni, mentre compie gli studi navali a Genova (è promosso capitano di lungo corso), e nel 1885, trasferitosi a Mi- lano, entra alla S.G.M. Forza e Coraggio. Durante i suoi frequenti viaggi all’estero si esercita anche nel pugila- to e nella boxe francese (savate). Nel 1890, con alcuni pesisti provenienti – come lui – dalla Forza e Coraggio, fonda il Club Atletico Milanese, con sede in via Madda- lena (presso piazza Missori). Non esistendo ancora una Federazione italiana, Monticelli iscrive il CAM a quella tedesca. Il 5-6 aprile 1896, «cedendo alle insistenze degli amici», il marchese partecipa e si classifica 2° al concorso inter- nazionale di Amsterdam (organizzato dall’Amsterdam- sche Athleten Club Hollandia) dietro il tedesco Johannes Schneider, che pesa 42 chili più di lui. Monticelli distende 100 kg, slancia 110 kg e, nella prova di resistenza, di- stende 75 kg per 9 volte. «Le prime competizioni in Italia si devono al suo mece- natismo e al suo esempio», afferma La Gazzetta dello Sport. Per iniziativa dell’infaticabile marchese il 2 maggio 1897, presso la Società degli Artisti e Patriottica in via Giuseppe Verdi 4 (dove il CAM ha trasferito la sede), si Livio Toschi LIVIO TOSCHI architetto, s’interessa anche d’impianti sportivi e di storia dello sport. È consulente storico e artistico della Federazione Italiana Judo Lotta Karate e Arti Marziali, della Federazione Italiana Pesistica, della Federazione Sammarinese di Judo, è direttore artistico del Museo degli Sport di Combattimento a Ostia Lido. Membro dell’Accademia Olimpica Nazionale e della Società Italiana di Storia dello Sport, ha scritto 16 libri e innumerevoli articoli, e ha inoltre organizzato svariate mostre sullo sport nell’arte. l marchese LUIGI MONTICELLI OBIZZI Ricordiamo il Fondatore a 70 anni dalla scomparsa I Fig. 1 Il marchese Luigi Monticelli Obizzi (1863-1946) Anno V - Numero 18 / Ottobre-Dicembre 2016 5 S&C(Ita)n.18,Ottobre-Dicembre2016,pp.5-8 Il marchese Luigi Monticelli Fig. 2 Medaglia del Club Atletico Milanese, fon- dato da Luigi Monticelli Obizzi nel 1890
  • 2. S&C STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno V - Numero 18 / Ottobre-Dicembre 2016 9 S&C(Ita)n.18,Ottobre-Dicembre2016,pp.9-16 1. LE BASI E LA STRUTTURA GENERALE Il progetto Club Italia Youth (C.I.Y) prende vita sotto forma embrionale nel 2013 da un proget- to pilota esposto nella prima riunione della Dire- zione Tecnica Nazionale (D.T.R.), in cui la Federa- zione Pesistica dava la possibilità alle regioni che aderivano al progetto di creare raduni regionali o interregionali per motivare i giovani più talentuo- si e combattere la perdita di atleti promettenti, sfruttando un budget messo a disposizione della regione esclusivamente per progetti aventi per obiettivo l’attività giovanile. La partecipazione delle regioni a questo tipo di progetti è stata via via più corposa ed ha consen- tito di mettere in evidenza un numero consisten- te ed interessante di atleti e ha reso necessario trovare una formula da applicare al territorio ed alle diverse realtà, che si è poi evoluta nel proget- to Nazionale C.I.Y. che esponiamo di seguito. L’obiettivo principale del nuovo progetto (dedicato alle fasce di età che vanno dai 13 ai 17 anni) è essenzialmente quello di qualificare gli atleti più promettenti del vivaio nazionale, predisponendo loro un percorso univoco sotto il profilo: • educativo: considerata la delicata fascia d’età con cui si lavora, questo aspetto riveste infatti una notevole rilevanza. Naturalmente, rientrano qui tutte le istruzioni per una civile convivenza, ma anche tutte le nozioni del vi- vere insieme all’interno di un raduno sportivo che si spera sia per molti di loro lo stile di vita che li attenderà nel prossimo futuro; • tecnico: garantendo, cioè, ai ragazzi che ac- cedono al progetto le basi posturali e tecni- che su cui costruire le prestazioni future. È importante far acquisire nozioni teoriche e pratiche con un linguaggio uniforme in ogni occasione di incontro e di raduno; • cultura del lavoro: ovvero, far capire ai ra- gazzi che solamente attraverso il lavoro co- stante si possono raggiungere gli obiettivi prefissati; che non serve scoraggiarsi per una delusione oppure esaltarsi per un suc- cesso, ma che occorre sempre impegnarsi a lavorare per raggiungere l’obiettivo succes- sivo; • monitoraggio attento, seguendo i ragazzi nel loro percorso di crescita e testandoli in ogni appuntamento. A tal proposito, si è ritenu- to utile creare uno staff dedicato proprio alla somministrazione e all’analisi dei test anato- mo-funzionali e di affidare invece al gruppo de- gli allenatori la supervisione dei test tecnici. Questo delicato passaggio, da locale a centraliz- zato, ha naturalmente impegnato molto la nostra Federazione sotto il profilo sia amministrativo sia tecnico–organizzativo. MARCO DI MARZIO Ex atleta azzurro, 11 volte campione italiano assoluto. Tecnico FIPE di 4° Livello europeo, Docente FIPE, Coordinatore Tecnico Nazionale del Progetto Club Italia Youth. CARLO VARALDA PhD in Scienze dello Sport, dell’Esercizio Fisico e dell’Ergonomia Coordinatore Area Formazione FIPE: Strength Academy e NSCA Preparatore Fisico Esperto in Valutazione Funzionale Certificato CSCS *D & CPT*D ROGETTO CLUB ITALIA YOUTH P Marco di Marzio, Carlo Varalda
  • 3. S&C STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno V - Numero 18 / Ottobre-Dicembre 2016 17 S&C(Ita)n.18,Ottobre-Dicembre2016,pp.17-22 INTRODUZIONE La frequenza cardiaca è da sempre una rispo- sta fisiologica dovuta ad una frequenza di sti- moli del sistema cardiovascolare durante le fasi della giornata. La Frequenza cardiaca si misura in battiti al minuto ed è un indicatore dell’inten- sità dello sforzo. Nel corso degli anni, l’analisi delle variazioni della frequenza cardiaca è stata oggetto di numerosi studi ed ha nella maggior parte dei casi offerto una ampia base di lette- ratura scientifica che risulterebbe particolar- mente utile nello sport. LA FREQUENZA O LE FREQUENZE CARDIACHE? Nel corso del secolo scorso, era prassi comu- ne identificare per ogni individuo una frequenza cardiaca massima di riferimento che lo accom- pagnava durante tutta la sua vita. La formu- la nota 220-età era infatti una delle più note pratiche di valutazione della massima frequen- za cardiaca per ogni individuo e, da questa, si definivano le varie “zone” di allenamento, nor- malizzate come percentuale (%) della frequen- za cardiaca. Seppur ancora utilizzata in campo medico, con recenti variazioni, e nonostante la presenza nelle linee guida internazionali per la prescrizione dell’esercizio fisico, questa mo- dalità di individuazione della frequenza cardia- ca massima è, nello sport competitivo, sempre meno utilizzata (1) (2). Le variazioni della frequenza cardiaca, infatti, sono state studiate in maniera intensiva e le sue variazioni sono fortemente connesse non solo al sesso o a fattori individuali, come l’umo- re, lo stress e l’età, ma bensì a fattori esterni come la temperatura, l’umidità, lo stato di idra- tazione. Questi fattori non sono peraltro esau- stivi nello spiegare perché due persone dello stesso sesso ed età possono avere frequenze cardiache anche sensibilmente differenti (3). Considerare, quindi, “la frequenza cardiaca massima” quale strumento di lavoro per sta- GIANMARIO MIGLIACCIO Dottore di ricerca in Sport Science, direttore scientifico Sport Science Lab (UK) Migliaccio Gian Mario (1), Omeri Massimo (2), Marco Cosso (1), Padulo Johnny (3-4) 1: Sp ort Science L ab ( L ondon, U K ) , 2: F IS F ederazione Italiana Sch erma , 3 : eCamp us U niversity ( Italy) , 4 : F aculty of K inesiolog y , U niversity of Sp lit ( Croatia) . requenza e Variabilità cardiaca nello Sport: quando, come e perché usarle? F MASSIMO OMERI Dottore in Scienze motorie Tecnico di IV° Livello CONI Maestro di scherma FisConi MARCO COSSO Dottore in Scienze Motorie e Sportive Preparatore fisico JOHNNY PADULO Dottore di ricerca in Sport Science, ricercatore presso Università eCampus (Italia)
  • 4. S&C STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno V - Numero 18 / Ottobre-Dicembre 2016 23 S&C(Ita)n.18,Ottobre-Dicembre2016,pp.23-29 Gli Autori hanno una considerevole esperienza nel settore della preparazione fisica e mentale di pesisti di livello nazionale, internazionale e olimpi- co, negli Stati Uniti e in Gran Bretagna. Si trat- ta di uomini e donne, atleti di livello junior, senior e master (veterani). Anche se vi possono essere differenze nella stesura del programma correlate all’età, al sesso o (occasionalmente) alle caratte- ristiche individuali, tutti i programmi di allenamen- to per questi gruppi seguono le stesse caratteri- stiche di base. Ad esempio, prendiamo in considerazione un pe- sista di sesso maschile, ben allenato, di livello moderatamente avanzato (non di élite) (94 kg, 300 kg di sollevamento totale). Viene messo in atto un programma di valutazione/monitoraggio in modo che possano essere registrati i progressi dell’allenamento muscolare. Il test iniziale indica che tale atleta possiede un talento sufficiente per progredire verso competizioni internazionali e il suo obiettivo a medio termine è di competere nei Commonwealth Games. In collaborazione con il suo allenatore, l’atleta costruisce un programma a lungo termine progettato per produrre un tota- le (325 kg) che farà ottenere all’atleta la qualifi- cazione per i Commonwealth Games. Nella figura 1, viene presentato uno schema generale del pro- gramma a lungo termine. Nelle tabelle 1 e 1b, viene invece presentato un esempio di mesociclo di 12 settimane, indicativo della fase di preparazione. In questo modello gene- rale, il primo blocco (4 settimane) è dedicato all’al- lenamento forza-resistenza ad alto volume pro- dotto da un maggior numero di ripetizioni per serie (10 ripetizioni per ciascuna serie). Benché volumi/ ripetizioni così elevati non siano eseguiti spesso dai pesisti, riteniamo che questa fase di volume elevato sia importante per numerosi motivi: | Michael H. Stone, PhD, Kyle C. Pierce, EdD, William A. Sands, PhD, Meg E. Stone MICHAEL H. STONE è attualmente Direttore del Laboratorio di Scienze motorie e sportive alla East Tennessee State University. KYLE PIERCE è professore al Dipartimento di chinesiologia e Scienze della Salute e Direttore e Allenatore del Weightlifting Development Center a LSU Shreveport. WILLIAM A. SANDS è capo di Sports Biomechanics and Engineering per il Comitato olimpico statunitense. MARGARET E. STONE è attualmente allenatore di atletica leggera alla East Tennessee State University. ollevamento pesi: la stesura del programma S SECONDA PARTE (Orig. Weightlifting: A brief Overview, Strength and Conditioning Journal 2006, Volume 28, Numero 1, pp. 50-66)) PU BBLICATOPE R LA PRIMA VOLTAINITA LIA 1
  • 5. STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno V - Numero 18 / Ottobre-Dicembre 2016 31 S&C(Ita)n.18,Ottobre-Dicembre2016,pp.31-40 CENNI DI EPIDEMIOLOGIA La preparazione atletica oggi persegue un du- plice obiettivo, ossia tentare di incrementare i livelli di performance dei singoli calciatori e ri- durre per ciascun atleta il rischio di infortunio. La possibilità di poter contare su un modello di studio relativo agli aspetti preventivi ha con- tribuito alla raccolta di numerose informazioni di tipo epidemiologico in grado di sostenere le scelte metodologiche adottate dai singoli staff. Nell’ambito di un’attenta gestione dei carichi di allenamento e nell’ottica di una puntuale se- lezione delle esercitazioni, è evidente come gli aspetti preventivi possano riferirsi unicamente alla traumatologia da non contatto. Le lesioni da non contatto ai muscoli ischiocru- rali o hamstring, sono frequenti in sport come il calcio, nel cui modello prestativo sono presenti sprint, accelerazioni, cambi di direzione e tiri. In letteratura, l’alto numero di infortuni agli hamstring è stato ed è tuttora ampiamente studiato e documentato: nel calcio, infatti, le lesioni a tale distretto risultano 2,5 volte più frequenti rispetto a quelle che interessano i capi muscolari del quadricipite (Bisciotti, 2013; Hawkins et al., 2000). Analisi epidemiologiche ancora più recenti han- no messo in risalto come gli insulti muscolari al distretto degli hamstring abbia assunto un trend negativo negli ultimi anni, con un incre- mento statisticamente significativo nelle ultime stagioni sportive (Ekstrand et al., 2016). Ed evidenziano ancora una volta come il rischio di lesione sia notevolmente più alto in gara piutto- sto che in allenamento (Ekstrand et al., 2016). Le gestualità che espongono al rischio infortu- nio potrebbero essere rappresentate dai movi- menti ad alte velocità richiesti dal gioco: gli ar- resti improvvisi, le ripartenze, i repentini cambi di direzione e le azioni tecnico-specifiche ad alta velocità (Bisciotti, 2013; Verral at al., 2003; Woods et al., 2004; Brooks et al., 2006; Gabbe et al., 2006; Hawkins et al., 2001; Orchard & Seward, 2002). Tali lesioni hanno anche un’alta percentuale di recidiva, tanto che un terzo degli infortuni può ripresentarsi entro due settima- ne dal primo evento lesivo (Orchard & Seward, 2002), senza considerare che tale rischio resta alto per circa un anno laddove, spesso, la gravi- tà della seconda lesione è maggiore della prima (Gabbe et al., 2006; Warren et al., 2010). Si possono ottenere maggiori indicazioni se si scompongono le fasi imposte all’arto inferiore dalla gestualità di corsa veloce: la maggior par- te delle lesioni si verifica durante la fase tardiva di oscillazione dell’arto libero, anche se la ricer- S&C ITALO SANNICANDRO Ricercatore Università di Foggia, preparatore atletico. PAOLO TRAFICANTE Preparatore atletico professionista.allenamento per il distretto muscolare degli hamstring nel calciatore: tra prevenzione e performance L’ Italo Sannicandro, Paolo Traficante
  • 6. William H. Otto III, Jared W. Coburn, Lee E. Brown, Barry A. Spiering Exe rcise Ph ysi olog y L aboratory and Center f or Sp ort Perf ormance, Dipartimento di Kinesiologia, California State University, Fullerton, Fullerton, California S&C STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno V - Numero 18 / Ottobre-Dicembre 2016 41 S&C(Ita)n.18,Ottobre-Dicembre2016,pp.41-45 INTRODUZIONE Gli esercizi di pesistica, compresi lo strap- po (snatch), lo slancio (clean and jerk) e le loro varianti, sono in uso già da tempo. Numerosi studi hanno esaminato come tale tipo di esercizi possa contribuire a migliorare la capacità di salto verticale (1, 5, 8). Capacità che si ritiene essere un indicatore fondamentale per misurare la prestazione degli atleti in molti sport e che è ampiamente utilizzata nei protocol- li per testare la potenza (4, 9). Esistono analogie importanti tra il sollevamento pesi e i movimenti del salto verticale e nel modo in cui essi si correlano con la forza, la po- tenza e le capacità atletiche (1, 5). Quan- do vengono eseguiti in modo corretto, lo strappo, lo slancio e gli esercizi correlati assomigliano agli schemi di movimento del salto verticale (4, 8) in quanto sono com- posti da veloci movimenti esplosivi. Queste somiglianze sono importanti poiché sia i movimenti del sollevamento pesi olimpico che il salto verticale sono specifici di molte abilità atletiche (6, 10). Una forma relativamente nuova per mi- gliorare il condizionamento atletico è l’al- lenamento con il kettlebell. Si ritiene che quest’ultimo offra quasi tutti gli stessi benefici del sollevamento pesi. Tuttavia esistono poche ricerche su tale tipo di al- lenamento. Per quanto ne sappiamo, esi- (Orig. Effects Of Weightlifting Vs. Kettlebell Training On Vertical Jump, Strength, And Body Composition, Journal of Strength and Conditioning Research, Vol. 26, n.5, May 2012, pp. 1199-1202) PU BBLICATOPE R LA PRIMA VOLTAINITA LIA 1 ffetti del sollevamento pesi e dell’allenamento con il kettlebell sul salto verticale, la forza e la composizione corporea E
  • 7. S&C STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno V - Numero 18 / Ottobre-Dicembre 2016 47 S&C(Ita)n.18,Ottobre-Dicembre2016,pp.47-49Intraprendiamo un percorso che ci farà scoprire le caratteristiche e le potenzialità di un attrezzo avanzato per l’allenamento efficiente ed efficace rivolto a una vasta gamma di persone, dalle più sportive alle sedentarie. In questo percorso, impareremo ad utilizzare l’u- nità FIPE AinS Training, uno strumento che con- sente di eseguire un enorme numero di esercizi per allenare diverse qualità e capacità fisiche. Inoltre apprenderemo nozioni riguardanti l’allena- mento funzionale (termine molto di moda e spesso abusato) e come tutti gli esercizi eseguiti con il FIPE AinS Training rientrino in questa particolare metodologia. 1. COME NASCE AINS? Le Origini moderne L’attrezzatura e il programma di allenamento sono stati sviluppati da Randy Hetrick, un ex ap- partenente ai Navy Seals, durante gli anni ‘90 e la commercializzazione è iniziata nel 2005. Nello stesso periodo, Kurt Dasbach, un ex giocatore di calcio cileno, scoprì una tecnica di allenamento inca basata su cinghie e progettò uno strumento molto simile, chiamandolo Inkaflexx. 2. UN NUOVO MODO DI ALLENARSI L’allenamento in sospensione (AinS training) offre ai praticanti molti vantaggi in confronto a un pro- tocollo di allenamento convenzionale basato sull’u- tilizzo delle tradizionali tecniche di muscolazione. 3. PANORAMICA SULL’ALLENAMENTO IN SOSPENSIONE I concetti dell’allenamento in sospensione sono ap- plicati da centinaia di anni con varie metodologie. Era già praticato nelle legioni romane e gli antichi acrobati cinesi ne furono i primi maestri ricono- sciuti. Le unità di combattimento del diciannove- ALLENAMENTO S&C Mirco Ferrari MIRCO FERRARI Tecnico 3° livello FIPE Responsabile Nazionale AinS FIPE Preparatore Fisico Squadre Nazionali Nuoto Sincronizza- to FIN Esperto in Riatletiz- zazione e recupero degli sportivi F IP E AinS Training Inquadra il QR-code per vedere i video degli esercizi proposti in questo articolo. OVVERO, COME RENDERE L’ALLENAMENTO FUNZIONALE AL MOVIMENTO
  • 8. Il lavoro che presentiamo in questo numero di S&C. Per una Scienza del movimento dell’uomo ha il merito – grande! – di attribuire a quel complesso di attività che van- no sotto la denominazione emblematica di resistance training (ovvero, che si avval- gono di resistenze aggiunte via via al movimento, secondo una strategia articolata e volta per volta adattata) un ruolo, affatto trascurabile, relativamente ai benefici tangibili e comprovati, indotti dall’esercizio fisico per alcuni dei fattori di rischio asso- ciati alle complicanze del diabete. Pure se non esistono ancora pareri univoci e perciò anche consolidati circa la facile, agevole somministrazione degli esercizi di forza a soggetti portatori di questa malat- tia metabolica, con adeguata aderenza degli stessi alla proposta terapeutica (chè di proposta terapeutica, non v’è dubbio, si tratta!), vi è da riferire che la letteratura più recente ed autorevole illustra assai bene i vantaggi che comporta l’integrazione del lavoro di muscolazione con quello cosiddetto aerobico. D’altra parte, sarebbe difficile sostenere che laddove non sussistano controindicazioni alla pratica di esercizi di potenziamento muscolare, questi ultimi non possano, vantaggiosamente, essere associati alla stimolazione aerobica nei soggetti portatori di diabete di tipo 2, potenziandone, nel tempo, i già comprovati benefici. Senza, ovviamente, trascurare l’importanza che la combinazione delle due differenti sollecitazioni, quella muscolare periferica e quello aerobica, indiscutibilmente assume come importante elemento di prevenzione di base, per il miglioramento che induce del livello complessivo di fitness del soggetto. Buona lettura. Giampietro Alberti Dipartimento di Scienze Biomediche per la Salute, Scuola di Scienze Motorie Università degli Studi di Milano S&C STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno V - Numero 18 / Ottobre-Dicembre 2016 51 S&C(Ita)n.18,Ottobre-Dicembre2016,pp.51-58 ROBERTO CODELLA Ricercatore Scuola di Scienze Motorie, Dipartimento di Scienze Biomediche per la Salute, Università degli Studi di Milano. Centro di Ricerca sui Metabolismi, IRCCS Policlinico San Donato Milanese . LIVIO LUZI Professore Ordinario di Endocrinologia Dipartimento di Scienze Biomediche per la Salute, Università degli Studi di Milano Direttore area di endocrinologia e metabolismo, IRCCS Policlinico San Donato Milanese. a stimolazione di forza nel diabetico di tipo 2 L Roberto Codella, Livio Luzi
  • 9. S&C STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno V - Numero 18 / Ottobre-Dicembre 2016 59 S&C(Ita)n.18,Ottobre-Dicembre2016,pp.59-63 INTRODUZIONE In Italia e all’estero, nell’ambito della letteratu- ra scientifica, nel corso degli anni, diversi studi 2,3,9 hanno definito l’incidenza e l’entità del danno biologico correlato alla pratica dello sport in ge- nerale e degli “sport da combattimento”6 in par- ticolare. Nell’ambito della medicina allopatica, gli studi di Agel et al nel 2007, elaborando i dati raccolti dalla stagione agonistica 1988–1989 alla stagione agonistica 2003–2004 dalla Na- tional Collegiate Athletic Association (NCAA), in ordine al programma di sorveglianza del danno correlato alla pratica sportiva, hanno dimostra- to che è possibile individuare fattori di rischio modificabili, per definire opportune strategie di prevenzione degli infortuni. Da alcuni anni ormai, l’osteopatia ha iniziato a fornire il proprio contributo allo sport d’élite: diversi1 sono, infatti, i professionisti al seguito di atleti, impegnati in discipline estremamente differenti tra loro per modelli e caratteristiche prestazionali. Il dr M. Manassero osteopata della nazionale italiana di golf10 e il dr. C. Civitil- lo, propositore di un punto di vista osteopatico riguardo agli sport motoristici e fondatore del progetto GIOSBE - gruppo di ricerca scientifi- co dedicato all’Osteopatia in ambito sportivo11 , sono solo alcuni esempi al riguardo. Malgrado le suddette collaborazioni e malgra- do risulti da più parti riconosciuto un beneficio dall’approccio osteopatico e, più in generale, dalla terapia manuale nell’ambito sportivo, ben poco si rileva nella letteratura scientifica, sia in riferimento al reale carattere preventivo8 , sia in riferimento alla correlazione trattamento oste- opatico - miglioramento della performance12, 7,21 . Brumm nel 2013 ha evidenziato come il trat- tamento manipolativo osteopatico (OMT), indi- rizzato alla riduzione della disfunzione somatica a carico di specifiche regioni anatomiche, fosse correlato con una significativa riduzione delle fratture da stress in giovani atleti praticanti la disciplina sportiva della corsa cross–country. Brolinson et al (JAOA 2012) hanno sottopo- sto a trattamento osteopatico preventivo una squadra di giocatori di football nel corso di due consecutive stagioni agonistiche. Nella circo- stanza, gli autori hanno rilevato effettivamente una positiva correlazione tra OMT e performan- ce, tuttavia sottolineano - nel medesimo studio - una scarsa associazione tra i due fattori, da attribuire presumibilmente, come rileva lo stes- Bruscolotti Marco*1,3 DO-DPhEd, Lo Voi Giacomo1 DO-PT, Boussemart Marjorie1 DO, Di Miceli Giacoma1 DO-DPhEd, Bisegna Cristiano1 DO-PT, Colusso Luca3 DLS, Adragna Vito1,2 DO-PT 1CSOT Research Dep artment, Centro Studi di Osteop atia Tradizionale, Rome ( IT) 2INOS Research Dep artment, International Netw ork of Osteop ath ic Sch ool, Palermo ( IT) 3 National Center “ F iamme Oro” , Polizia di Stato - Roma ( IT) * Corresp onding auth or “Osteopatia,Prevenzione,Performance” MARCO BRUSCOLOTTI Diplomato Osteopatia (DO), I.S.E.F., Laureato in Scienze Motorie (DPhEd). È membro collaboratore del Dipartimento Ricerca del CSOT, libero professionista in Roma, collaboratore con qualifica di tecnico della Federazione Italiana Pentathlon Moderno, collaboratore con qualifica di tecnico della Federazione Italiana Triathlon, collaboratore del Centro Nazionale Fiamme Oro – Polizia di Stato. Ladisfunzionesomaticanegliatletid’élite praticantiladisciplinasportivadellalotta. GIACOMO LO VOI Diploma Osteopatia (DO), Fisioterapista (PT). È a capo del CSOT Scuola Italiana di Osteopatia e partner fondatore di INOS.
  • 10. S&C STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno V - Numero 18 / Ottobre-Dicembre 2016 65 S&C(Ita)n.18,Ottobre-Dicembre2016,pp.65-69 Nei numerosi articoli pubblicati su S&C. Per una Scienza del movimento dell’uomo, abbiamo sempre scritto dell’importanza di una corretta prepara- zione dei programmi di attività fisica (AF) dedicati alle popolazioni con necessità speciali, altresì de- finiti nel complesso come Attività Fisica Adattata (AFA). Abbiamo sottolineato che il giusto equili- brio tra evidenze scientifiche e personalizzazio- ne dell’esercizio è la migliore via da seguire per traslare nella pratica quotidiana i risultati della ricerca e perseguire il benessere delle persone. Sino ad ora abbiamo condiviso i risultati finali di alcuni dei nostri lavori, facendo solo brevi cenni all’attività di analisi della letteratura scientifica. In realtà, questa parte assorbe moltissime ener- gie e rappresenta la solida base su cui fondare la struttura dell’intero studio. In questo articolo, vi presentiamo parte di una revisione della lettera- tura relativa ad Attività Fisica (AF) e cancro (CA), preludio ad una prossima ricerca, invitandovi ad utilizzare queste informazioni e a fare un altro passo sul ponte che unisce la teoria alla pratica. Nelle ultime due decadi, è aumentato l’interesse sui possibili benefici della pratica dell’attività fisi- ca per il controllo del cancro. In particolare, sono state indagate sia le relazioni dell’AF con l’etio- logia (prevenzione primaria) che con la patologia conclamata (prevenzione terziaria). In prevenzione primaria, ci sono buone evidenze che dimostrano che l’AF riduce del 20-25% il rischio di CA al colon nei maschi e nelle femmine più attivi rispetto a quelli meno attivi.1-3 Esistono anche evidenze di un probabile effetto protettivo dell’AF sul CA al seno1,2,4-6 e sul CA all’endometrio1-7 , con una ri- duzione del rischio compresa tra il 20 e il 30%. Evidenze preliminari suggeriscono anche un pos- sibile effetto protettivo associato all’AF sul CA della prostata8 , dei polmoni1 e delle ovaie.9 Seb- bene le evidenze per molti altri tipi di CA siano ad oggi limitate, è chiaro che potrebbero comunque ca.it PUBBLICATO PUBBLICATO PUBBLICA TO PRIM A VO LTA PRIMAVOLTA PRIMAVOLTA LAVORO ORIGINALE PER S&C Luca Marin, Matteo Vandoni, Erwan Codrons, Luca Correale, Massimiliano Febbi, Sara Ottobrini ttivitàfisicaedifferenti tipidicancro. Unarassegnadeglistudi LUCA MARIN Dottore Magistrale in Scienze Riabilitative delle Professioni Sanitarie, Dottore in Fisioterapia; Direttore tecnico del LAMA, Università di Pavia; Professore a contratto presso il Corso di Laurea in Scienze Motorie dell’Università di Pavia, Docente e Tecnico FIPE. A ERWAN CODRONS Psicologo, assegnista di ricerca del dipartimento di sanità pubblica, medicina sperimentale e forense. LAMA-CRIAMS Università degli Studi di Pavia. MATTEO VANDONI Ricercatore presso il Dipartimento di Sanità Pubblica, Medicina Sperimentale e Forense (Università di Pavia). LAMA-CRIAMS Università degli Studi di Pavia.
  • 11. GiocosaMente IN QUESTO NUMERO: “GIOCARTE”: QUANDO UN’OPERA D’ARTE DIVENTA GIOCO PSICOMOTORIO Antonio Mazzoni, Maria Pia Albanese MARIA PIA ALBANESE Psicologa Clinica, Psicoterapeuta ITA ed EATA, didatta di teorie e tecniche del colloquio clinico e di psicologia generale e dell’età evolutiva presso la scuola di specializzazione post universitaria IAF di Pescara, esperta in EMDR per l’intervento sul trauma, insegnante di scuola dell’infanzia, ex dirigente ASL 1 di Trieste, referente per l’albo degli psicologi di Roma e della regione Lazio della psicologia dello sport in età evolutiva, coautrice di fiabe motorie. ANTONIO MAZZONI Insegnante di educazione fisica presso nidi, scuole dell’infanzia e primarie, psicomotricista, esperto CONI e docente della Scuola dello Sport del CONI Lazio, collaboratore del CIP, Comitato Italiano Paraolimpico, formatore della FGIC, tecnico di primo livello FIDAL, tutor del progetto Alfabetizzazione motoria e Sport di classe del CONI Lazio, autore di Fiabe Motorie. Docente al master di psicomotricità presso il Consorzio Humanitas e Università Lumsa di Roma. S&C STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno V - Numero 18 / Ottobre-Dicembre 2016 75 S&C(Ita)n.18,Ottobre-Dicembre2016,pp.75-81 SOMMARIO “GiocArte” è un’esperienza, è divertimento, è gio- co inventato, è nei sogni e nelle richieste di ogni bambino incontrato. Il gioco e l’arte danno vita ad un percorso psico- motorio pratico e metodologico, utile a perseguire uno sviluppo psico-fisico globale ed armonioso: il “giocArte”. La fantasia motoria che il bambino esprime durante il “giocArte” rappresenta quell’u- nità di psiche e soma che privilegia tanto il tono ed il movimento quanto la creatività e la capacità di problem solving usati per esprimere le proprie emozioni e le proprie immagini interne profonde. Il lavoro presentato, inoltre, punterà a sottolineare l’importanza del “cosa” della proposta psicomoto- ria che trova in “giocArte” il suo riferimento con- tenutistico e, specialmente del “come”. A supporto dell’aspetto procedurale, è parso in- teressante paragonare l’insegnamento all’inter- pretazione del testo letterario, così per come Umberto Eco l’ha intesa: “A partire dagli anni Set- tanta la semiotica non parla più di segno, ma di testo. L’interesse si sposta sulla generazione dei testi e sulla loro interpretazione. Si parla infatti di “svolta testuale”. Un testo, nella sua superficie lin- guistica, è una catena di artifici espressivi che de- vono essere attualizzati dal destinatario. Un testo è dunque incompleto, in primo luogo perché prevede sempre una competenza grammaticale da parte del destinatario. Ma un testo è incompleto anche perché è sempre intessuto di un “non-detto” che richiede movimenti cooperativi attivi e coscienti da parte del lettore per essere attualizzato a livello di contenuto…” (2001). L’ipotesi “della cooperazione interpretativa del testo”, dunque, sottolinea l’incompletezza del testo, senza l’intervento di un lettore che, con la sua attività interpretativa, riempia di senso gli “spazi bianchi” di cui il testo è necessariamente intessuto. Il testo non solo non comunica nulla senza l’intervento di un destinatario competente in grado di comprenderlo, ma non è neppure in grado di significare alcunché in assenza di un in- terprete competente. Il significato non è una pro- prietà intrinseca del testo, ma si situa tra il testo e le sue interpretazioni possibili. In altri termini, un testo viene emesso per qualcuno che lo attua- lizzi. “Il testo è dunque intessuto di spazi bianchi, di interstizi da riempire, un testo vuole che qualcuno lo aiuti a funzionare” (U. Eco, 2001). “GiocArte” è un “testo” redatto dall’insegnante, creato per i bambini, che tiene conto del loro livel- lo di sviluppo e che viene realizzato, interpretato, letto, scoperto con le loro chiavi di lettura. Il bam- bino stesso, protagonista del suo percorso, in un clima di reciprocità relazionale ed educativa crea e continua: “Bambini ecco a Voi…, C’era una vol- ta…; è come se…; Fammi vedere come…; Inventa un po’…; Quante cose può fare… ecc. ecc.” ciò che l’adulto gli propone. A livello metodologico, essa deve esplicitarsi, par- tendo dal presupposto che tutto può essere ap- preso se adeguatamente insegnato. L’intuizione che gioco e arte siano intrinsecamente psicomo- tori definisce la cornice teorico-applicativa che in “giocArte” nasce e si realizza, dando via ad un per- corso con finalità didattico-espressivo-relazionali, quindi, psicomotorie, valido tanto nella scuola che in qualsiasi contesto educativo (ludoteche, pale- stre, centri riabilitativi, laboratori museali, etc.).
  • 12. S&C STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno V - Numero 18 / Ottobre-Dicembre 2016 83 S&C(Ita)n.18,Ottobre-Dicembre2016,pp.83-84 Uno degli aspetti più importanti e inerenti alle problematiche del controllo motorio, e quindi an- che dell’apprendimento, è quello legato ai fenome- ni che riguardano il feedback. Per feedback, s’intende l’insieme delle informazio- ni che il soggetto che esegue un movimento ha la possibilità di ricevere ed elaborare e che gli per- mettono di controllare il movimento ed eseguirlo con maggiore efficacia. Si possono distinguere due tipi di feedback: • feedback intrinseco, che è quello riferito alle informazioni derivanti dal sistema sensoriale di chi esegue il movimento. Esso è quindi re- lativo alle informazioni conseguenti al proprio movimento, che il soggetto è in grado di rice- vere ed elaborare grazie ai propri analizzatori: visivo, tattile, acustico e vestibolare; • feedback estrinseco, che è quello riferito alle informazioni che provengono da fonti esterne a chi esegue il movimento, come ad esempio l’allenatore (informazioni verbali e non verbali) o la visione di un video. Gli analizzatori utiliz- zati sono solamente quello acustico e visivo. Il feedback estrinseco ha, quindi, bisogno di es- sere in qualche modo “tradotto” in un linguaggio motorio, nel senso che le informazioni visive ed acustiche debbono integrarsi con quelle vestibola- ri e propriocettive del feedback intrinseco. Da qui la necessità da parte dell’istruttore o dell’allenatore di far riferire i propri feedback esterni a quelli interni dell’allievo e di trovare quin- di gesti e parole che facilitino tale comunicazione, mettendo l’allievo in grado di collegare le istruzio- ni verbali dell’allenatore con le proprie sensazioni motorie. Il feedback estrinseco si può suddividere ulterior- mente in due tipi: • feedback sul risultato, che informa il soggetto se il proprio movimento ha raggiunto l’obiet- tivo prefissato; • feedback sulla prestazione, relativo alle moda- lità di esecuzione del movimento. L’allenatore può, quindi, informare l’allievo sul raggiungimento o meno degli obiettivi mediante il feedback sul risultato (ad esempio: “il lancio era basso”), oppure informarlo sulle caratteristiche del movimento che hanno prodotto quel risultato (ad esempio: “devi tenere più alto il gomito per lanciare più alto”). Secondo Magill (1980), il feedback estrinseco dell’allenatore svolge sempre una duplice funzio- ne: 1) la funzione informativa: riguarda quanto già si è detto circa le informazioni che l’allenatore rende disponibili per l’allievo, affinché questi possa col- legarle alle proprie informazioni interne per meglio controllare i propri movimenti e raggiungere livelli di efficacia del gesto sempre maggiori. 2) la funzione di rinforzo, invece, riguarda l’effetto che qualsiasi feedback dell’allenatore produce sul- la sfera emotiva dell’allievo. I Monica Paliaga MONICA PALIAGA Psicologa con Master di specializzazione in Psicologia dello Sport presso la Società Italiana Psicologia dello Sport e Certificazione Internazionale “ Inner Game” con Tim Gallewey nell’ambito del Coaching Sportivo. L RUOLO DEL FEEDBACK NELL’APPRENDIMENTO DELL’ATLETA 7:22
  • 13. Visitailnostrosito Cosa troverai sul nostro sito: CATALOGO ON-LINE - Collegandoti al sito puoi visionare nel dettaglio e acquistare gli articoli (libri, video, dvd, riviste), grazie ad un sistema di ricerca semplice ed intuitivo. APPROFONDIMENTI - Il sito è inoltre sempre aggiornato con sezioni specifiche di approfondimento su tutti gli argomenti più interessanti legati allo sport, come eventi, convegni e corsi di aggiornamento. NEWSLETTER - Iscrivendoti e dando la preferenza alla disciplina sportiva che più ti interessa potrai ricevere tutte le news al tuo indirizzo e-mail. www.calzetti-mariucci.it