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Pliometria cometti
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9
LA FORZA COME QUALITÀ FISICA PRINCIPALE
I CAPITOLO
1 CLASSIFICAZIONE
DELLE QUALITÀ FISICHE
e in quelle condizionali elenca la forza, la
velocità, la resistenza, la mobilità articolare
(figura 1).
Sono state proposte numerose classificazioni
delle qualità fisiche e la regola generale che
le accomuna è quella di collocarle in differenti categorie: Letzelter ad esempio differenzia
le qualità condizionali da quelle coordinative
FIGURA 1
I limiti di questo tipo di rappresentazione
risiedono nel taglio molto netto che viene
posto tra le differenti qualità quasi fossero
inconciliabili tra loro.
La classificazione delle qualità fisiche proposta da Letzelter
CONDIZIONE
FORZA
Forza
massimale
GRUPPO COORDINATIVO
Forza
resistente
Dinamica
Statica
Forza
veloce
Forza di scatto
Forza di salto
Forza di lancio
Velocità
Resistenza
Velocità di reazione
Velocità aciclica
Velocità ciclica
Generale
Speciale
Resistenza
alla forza
Resistenza
alla forza di sprint
Resistenza
alla forza di lancio
Resistenza
alla forza di trazione
Resistenza
alla forza di lotta
Resistenza
alla forza di spinta
Resistenza
a breve termine
Resistenza
a medio termine
Resistenza
a lungo termine
Resistenza
allo sprint
Resistenza
alla velocità
GILLES COMETTI-DOMINIQUE COMETTI • LA PLIOMETRIA
Mobilità
articolare
Destrezza
Statica
Dinamica
Attiva
Passiva
Generale
Specifica
Apprendimento
motorio
Adattamento
Adattabilità
Controllo
Destrezza
generale
specifica
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I DUE RIFERIMENTI FONDAMENTALI
II CAPITOLO
Per capire come il muscolo esprima la sua
migliore efficienza di funzionamento faremo
riferimento, come proposto da Lieber (2002), a
due riferimenti principali: la curva “forza-velocità” e la curva “forza-lunghezza”.
1 LA RELAZIONE
“FORZA-VELOCITÀ”
Quella tra forza e velocità costituisce una
delle relazioni più importanti nel campo della
fisiologia della forza. A livello della fibra
muscolare, se si considera la produzione di
forza in funzione della velocità, si osserva che
essa diminuisce con l’aumento della velocità;
più il movimento è rapido e meno la fibra
riesce a produrre una forza elevata. Lieber
spiega questo fenomeno attraverso il principio della creazione del numero di ponti actomiosinici: la forza dipende principalmente dal
numero di ponti. Serve un certo intervallo di
tempo per costruire i ponti e quando la veloFIGURA 8
2 ASPETTI APPLICATIVI
PER L’ALLENAMENTO
PRIMO LIVELLO
Se per l’allenamento si fa riferimento a questa curva si rischia, nello specifico, di non
ottenere risultati perchè si verrebbero a dividere le diverse attività sportive in categorie
FIGURA 9
Tensione isometrica
massimale (Po)
50
La curva forza-velocità
e l’aumento del numero
di ponti di actina-miosina
Tensione isometrica
massimale (Po)
100
Forza muscolare (% di Po)
100
Forza muscolare (% di Po)
La curva forza-velocità
(Lieber, 2002)
cità è elevata il numero di ponti attivi risulta
inferiore.
Una delle giustificazioni principali per l’impiego della forza massimale nell’allenamento
risiede, sempre secondo Lieber in questa spiegazione: se si lavora solamente a velocità elevata non si migliora l’attitudine del muscolo a
creare molti ponti. Lieber sottolinea altresì che
per lo stesso motivo nel lavoro di rieducazione
muscolare è importante agire sulla forza massimale: il solo lavoro veloce non può determinare questa condizione.
Aumento
del numero
di ponti
50
0
0
0
25
50
75
100
Velocità di contrazione (% di Vmax)
0
25
50
75
100
Velocità di contrazione (% di Vmax)
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BREVE STORIA DELLA NOZIONE DI PLIOMETRIA
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III CAPITOLO
Nel 1966 Zatsiorski citò gli studi di Margaria
del 1960 per giustificare l’uso, in allenamento,
di esercizi che utilizzavano il riflesso da stiramento. Per questo motivo coniò il termine di
“pliometria” che ricavò dalla sua conoscenza
della lingua greca: pliometria deriverebbe dal
greco “plio” che significa “più” (grande, lungo)
e “metrico” che sta per misura (valutare, paragonare). In altri termini “miglioramento misurabile”. Ma vorremmo mantenere prudenza in
merito a queste spiegazioni.
Sempre nel 1996, Verkhoshanky allenatore e
fisiologo sovietico, insistette sull’importanza
di questo metodo di training. Allenando dei
saltatori di triplo ebbe a constatare la grande
capacità di questi atleti ad effettuare degli
impulsi con un tempo di contatto molto
breve e delle tensioni muscolari molto elevate. Verkhoshanky scopri l’importanza della
fase eccentrica dell’impulso (fase di ammortizzazione): i muscoli devono essere forti
nella fase eccentrica per riuscire ad aumentare la tensione nella fase di ammortizzazione.
L’allenamento dei saltatori deve basarsi su
questo aspetto (Verkhoshanky, 1966).
Per l’allenamento di questi atleti Verkhoshanky propose tre tappe:
• una prima tappa di sviluppo generale
della forza e dei balzi;
• una seconda fase di lavoro pliometrico e
potenziamento muscolare con sovraccarichi per preparare l’atleta all’aumento
delle tensioni muscolari;
• infine una terza tappa per migliorare la
capacità “reattiva” neuromusolare degli
atleti (stiffness diremmo oggi), costituita
da esercizi pliometrici più intensi (salti
verso il basso con successivo rimbalzo).
Nel 1967 Verkhoshanky introdusse i salti
verso il basso nei programmi di allenamento
e propose delle altezze di caduta variabili da
0,75 a 1,15 metri.
Nel 1975, Fred Wilt, celebre allenatore statunitense di atletica leggera, introdusse la pliometria negli Stati Uniti.
In Europa fu Carmelo Bosco che negli anni 80
ottimizzò e completò i test di Asmussen e
propose un sistema semplice e innovativo per
misurare l’elevazione: propose i test che portano il suo nome realizzabili attraverso un
sistema dotato di una pedana a contatti in
grado di registrare, durante i salti verticali,
tempi di volo e di appoggio. Per merito di
questo sistema gli allenatori potevano disporre di una modalità di valutazione dell’allenamento molto semplice
In Francia Alain Piron, docente presso l’UFRSTAPS de Dijon propose già dal 1970 una
didattica di insegnamento dell’atletica leggera che consentì di comprendere tutti gli
aspetti metodologici della pliometria (aspetti
di carattere teorico e conseguenti progressioni didattiche)
Vale la pena di notare che “plio” si può scivere con la “i” o con la “y”: la cultura statunitense ha scelto l’ortografia “plyometria”
mentre la scuola italiana ha proposto quella
di “pliometria”. Noi abbiamo scelto quest’ultima soluzione anche in funzione della ricchezza di studi e ricerche di Bosco che hanno
nobilitato questo metodo.
Per ragioni di cooerenza terminologica si riprone quanto scritto nell’articolo di Cometti G.,
Alberti G. “La resistenza ai salti – Pliometria e
affaticamento pliometrico”*.
Capita a volte che la nostra lingua, contrariamente ad altre, si avvalga di molte glosse
* Cometti G., Alberti G., “La resistenza ai salti – Pliometria e affaticamento pliometrico (parte prima)” SdS-Scuola
dello Sport, 2007, 72: 23-30, “La resistenza ai salti – Pliometria e affaticamento pliometrico (parte seconda)”,
SdS-Scuola dello Sport; 73: 15-22, 2007.
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CICLO STIRAMENTO-ACCORCIAMENTO
IV CAPITOLO
1 RIFERIMENTI
FISIOLOGICI
Con la sigla SSC (Stretch Shortening Cycle)
ovvero “ciclo stiramento-accorciamento” in
fisiologia è stato catalogato un fenomeno particolare che caratterizza la sollecitazione
muscolare specifica delle azioni pliometriche. In
effetti il funzionamento dell’azione pliometrica
non può essere ridotto alla sola combinazione
rapida di una azione muscolare eccentrica e di
una concentrica, ma è caratterizzato da meccanismi che gli sono propri. L’intervento del ciclo
stiramento-accorciamento (SSC), secondo Komi
e Gollhofer (1997) richiede 3 condizioni:
• una buona preattivazione muscolare
prima della fase eccentrica;
• una fase eccentrica corta e rapida;
• un passaggio immediato (intervallo brevissimo) tra le fasi di stiramento (eccentrica) e di accorciamento (concentrica).
FIGURA 16
CONSTATAZIONE
DELL’EFFICACIA
DEL “CICLO STIRAMENTOACCORCIAMENTO”
Già nel 1966 Zatsiorski aveva rimarcato la
particolare efficacia delle modalità di lavoro
pliometrico utilizzando l’esempio del rimbalzo verticale successivo ad un salto verso il
basso dove vengono sviluppate delle forze
dell’ordine del 150-200% rispetto ad un test
isometrico massimale eseguito nella posizione di 1/2 squat (come illustrato nella figura
16).
L’analisi dell’attività elettrica muscolare conferma la differenza di sollecitazione muscolare tra l’azione isometrica e quella legata al
rimbalzo dopo il salto verso il basso (figura
17).
Ma perchè questa differenza di forza rispetto
all’azione muscolare isometrica?
Zatsiorski fu uno dei primi metodologi a constatare che un atleta
sviluppava più forza in un rimbalzo verticale successivo ad un salto
verso il basso rispetto ad una contrazione isometrica massimale
(circa il 150-200 % in più rispetto alla forza isometrica)
Isometria
FORZA
Pliometria
100%
150-200%
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I TEST
V CAPITOLO
La capacità di salto verticale o più comunemente la capacità di esprimere elevazione ha il
vantaggio di poter essere valutata per mezzo
di test molto semplici: non presentano nessun
tipo di rischio muscolare, non sono troppo affaticanti (tranne che per alcuni aspetti di tipo
neuromuscolare) e possono essere ripetuti
molto spesso.
Abbiamo pensato di affrontare questo argomento della valutazione in 4 parti:
• la prima riguarda le ricerche di Zanon;
• poi i test da campo senza utilizzo di
materiali o attrezzi;
• quindi i test di Bosco;
• e infine la descrizione dei diversi strumenti di valutazione.
1 LE RICERCHE CONDOTTE
DA ZANON
Sergio Zanon è stato uno dei primi a proporre
dei test da campo per valutare le qualità cosiddette “pliometriche”, per questo motivo è utile
presentare il suo lavoro. Egli ha proposto diversi test e uno di questi consisteva nel formulare
un’equazione che consentisse di comparare
forza massimale (che l’autore aveva definito
come “forza concentrica” in quanto estrinsecata mediante un’azione muscolare concentrica)
e qualità pliometrica (intenesa come espressione di forza sviluppata durante un movimento
pliometrico).
Secondo Zanon un atleta equilibrato era colui
il quale possedeva un indice di forza concentrica uguale a quello di forza pliometrica. Ma
come determinare questo indice? È stato
questo uno degli elementi di innovazione
introdotti da Zanon. Egli ha proposto di utilizzare la performance espressa con l’esercizio
di squat come criterio di valutazione della
forza concentrica; ma poiché il risultato del-
l’esercizio di squat non ha lo stesso significato per un atleta di 120 kg di peso e di uno di
70, Zanon pensò di rapportare il risultato
dello squat al peso corporeo.
L’indice di forza concentrica era quindi ottenuto in questo modo:
indice di forza concentrica =
= performance nello squat/peso del corpo
e corrisponde a ciò che Zatsiorski aveva definito “forza relativa”.
Per la forza pliometrica Zanon fu uno dei primi
a utilizzare i salti verso il basso con successivo
rimbalzo e propose il test illustrato alla figura
47: si tratta di realizzare la massima elevazione dopo essersi lasciati cadere da un’altezza
iniziale di 20 cm. Il test prosegue aggiungendo
ogni volta 10 cm all’altezza di caduta se l’ultimo salto è risultato migliore del precedente. Il
test si conclude quando la capacità di salto, in
seguito all’incremento dell’altezza di caduta, si
abbassa.
FIGURA 47
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Test di elevazione
“pliometrica”
secondo Zanon
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LA PIANIFICAZIONE DEGLI ESERCIZI DI PLIOMETRIA
VI CAPITOLO
1 I PRINCIPI
DELL’ALLENAMENTO
PLIOMETRICO
INTRODUZIONE
Se si utilizza, come esempio, il funzionamento pliometrico dell’arto inferiore e più precisamente dell’articolazione del ginocchio è
possibile schematizzare i due tempi dell’azione muscolare (figura 96).
FIGURA 96
Questo modello di funzionamento: piegamento
= creazione della tensione muscolare (fase
eccentrica) ed estensione dell’arto (fase concentrica), si attua quando il soggetto effettua
dei salti verso il basso con successivo rimbalzo,
ma anche in tutte le forme di impulso (stacco)
atletico. Per far progredire gli atleti è necessario in allenamento moltiplicare le situazioni che
sollecitano l’azione pliometrica e si utilizzano
esercizi e mezzi di allenamento come i balzi e
salti verso il basso con successivo rimbalzo. Il
problema è che gli atleti si adattano molto
L’azione pliometrica
–
– +
+
Azione pliometrica
FIGURA 97
Le tre condizioni dell’esercizio pliometrico secondo Alain Piron
Posizione (piazzamento)
– +
Azione pliometrica
Spostamento
sull’appoggio
Tensione muscolare
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PLIOMETRIA E AFFATICAMENTO
VII CAPITOLO
In molte specialità sportive e in differenti
discipline atletiche si ha la necessità di effettuare e di ripetere una grande quantità di
salti o di rimbalzi che richiedono spesso
anche differenti forme di impulso.
Per descrivere la capacità di eseguire efficacemente queste azioni motorie ripetute in
successione si potrebbe utilizzare il termine
di “resistenza ai salti”:
• per esempio nella pallavolo, così come
per la maggior parte delle discipline
indoor i giocatori effettuano i salti in
modo intermittente e non regolare (aciclico) e nel finale della partita la capacità di elevazione diminuisce in efficacia;
• nel mezzofondo invece gli impulsi per le
falcate di corsa si succedono in modo
regolare (ciclico), ma quali sono i meccanismi che intervengono a limitare la performance?
Di solito, per migliorare la capacità di recuperare la fatica e mantenere l’efficacia della
performance si chiamano in causa le cosiddette qualità aerobiche. Oggi però sappiamo
che nel processo di affaticamento di questo
tipo intervengono anche altri fattori che
appartengono al gruppo delle caratteristiche
di tipo neuro muscolare e di ciò il training
deve tenere conto.
I lavori di ricerca che si sono occupati di questo argomento si sono rivolti, inizialmente, a
sforzi di tipo molto prolungato (maratona) e
solo in seguito anche a prestazioni diverse,
come ad esempio delle serie di 100 salti (o
rimbalzi effettuati in appoggio palmare, nel
caso di esercizi per le braccia) realizzati in
condizioni sperimentali, utilizzando carrelli e
piattaforme.
Verranno analizzati nell’ordine questi argomenti:
• pliometria e maratona secondo gli studi
di Nicol e di Komi;
• pliometria “ripetuta” in particolari condizioni sperimentali (uso del carrello):
attraverso i risultati ricavati da una serie
di severe prove di salto (per gambe e poi
per braccia) in ricerche condotte dagli
stessi autori e da altre equipe di ricerca
(Horita e Avela);
• pliometria “ripetuta nelle condizioni di
allenamento” attraverso i dati ricavati
dagli studi condotti da Skuvidas, realizzati per l’appunto con modalità di salto
(CMJ e Drop Jump) tipiche delle modalità di allenamento.
1 PLIOMETRIA E MARATONA,
INTERPRETAZIONI
1 FISIOLOGICHE (RICERCHE
DI NICOL E KOMI)
Per lavorare in condizioni di affaticamento
marcato le ricerche si sono inizialmente
orientate verso la maratona (Nicol e coll.
1991, Avela e coll. 1998). L’andamento della
qualità degli impulsi al suolo è stata misurata
attraverso due metodiche principali: la prima
mediante la valutazione di uno sprint di 20 m
effettuato prima e dopo la maratona e la
seconda utilizzando un test di drop jump eseguito su carrello (figura 168).
Il protocollo di valutazione utilizzato da Nicol
e collaboratori (1991) per analizzare lo sprint
comprendeva anche l’analisi delle pressioni
verticali registrate al suolo durante gli appoggi (figura 169).
Proseguendo l’analisi del dettaglio della
curva delle pressioni verticali registrate sulla
piattaforma di forza (figura 170) si osserva
che si tratta di una tipica curva di contatto al
suolo di uno sprint e appaiono due picchi: il
primo corrisponde alla presa di contatto
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PLIOMETRIA E AFFATICAMENTO: PROPOSTE APPLICATIVE
VIII CAPITOLO
Abbiamo prima affermato che la fatica influenza gli impulsi pliometrici principalmente per
effetto di fattori di ordine neuromuscolare. Le
soluzioni che andiamo a proporre cercano pertanto di agire a livello della struttura del
muscolo e degli aspetti di tipo neuromuscolare.
Proponiamo 4 tipi di sedute:
capace di meglio sopportare gli stimoli pliometrici. Si cercherà di calibrare questo lavoro in
relazione alle diverse discipline (figura 211).
• per la forza massimale;
• seduta di “forza frazionata”;
• seduta di post-affaticamento per lo
“sprint-finale”;
• infine il cosiddetto lavoro “intermittenteforza”.
Come già descritto nel capitolo dedicato alle
sedute di allenamento, è importante per le
discipline nelle quali si effettuano dei balzi
ripetuti, che l’obiettivo sia di sollecitare i
muscoli con un numero elevato di azioni pliometriche. La nostra proposta si basa anche in
questo caso su esercizi con sovraccarichi elevati (principalmente lo squat) allo scopo di
provocare delle sollecitazioni muscolari
aggiuntive.
Abbiamo già sottolineato che è necessario
adattare le concatenazioni alla durata degli
sforzi frazionati. Si può quindi giocare sulla
distanza per quanto concerne i balzi orizzontali
(eseguiti con funicelle, cerchi su 20, 30 …100
m) e la quantità dei salti verticali (6, 10 …20
salti). Alla figura 213 viene proposta una
sequenza per corridori di 400 ed 800 m con
inserita la corsa.
1 SEDUTA DI FORZA
MASSIMALE
Si tratta di lavorare sugli aspetti muscolari e
neuromuscolari. Per quanto concerne i fattori
muscolari si cercherà, utilizzando sovraccarichi
elevati, di sollecitare gli elementi messi in gioco
dall’esercizio pliometrico a livello del sarcomero. Si tratta di sollecitare un adattamento del
muscolo attraverso la somministrazione di tensioni massimali in modo da rendere la struttura
FIGURA 211
2 SEDUTA DI “FORZA
FRAZIONATA”
Esempi di esercizi di una seduta di potenziamento muscolare con
sovraccarichi per il mezzofondo
1 – Squat con
il bilanciere guidato
2 – Esercizio per
i glutei
3 – Esercizio per
i polpacci
4 – Esercizio per
gli ischio-crurali
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PLIOMETRIA E POTENZIAMENTO CON SOVRACCARICHI
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IX CAPITOLO
IL 1/2 SQUAT PLIOMETRICO
Esistono due modi per associare la pliometria
ed il potenziamento con sovraccarichi:
• effettuare esercizi pliometrici utilizzando
i sovraccarici, si parlerà così pliometria
con sovraccarichi;
• combinare esercizi di pliometrici ed esercizi con sovraccarichi, si tratterà in questo
caso di pliometria associata al potenziamento con sovraccarichi.
1 PLIOMETRIA
CON SOVRACCARICHI
Quando si effettua un mezzo-squat, eseguendo molto rapidamente l’estensione dopo il
piegamento si può considerare questo esercizio di tipo pliometrico, serve dunque porre
volontariamente enfasi sul movimento di
inversione.
Ma si può accentuare l’azione pliometrica
inserendo una fase di molleggio tra discesa e
salita (figura 219):
•
•
•
•
l’atleta semipiega le gambe (1);
risale di alcuni centimetri (2);
scende di nuovo di pochi centimetri (3);
poi esegue l’estensione completa (4).
REGOLA DI BASE
L’atleta produce delle tensioni di tipo pliometrico mantenendo un carico sulle spalle. Si
tratta dunque di tensioni elevate prodotte
“volontariamente” e ciò richiede sempre moltissima prudenza e che queste tecniche siano
riservate ai soggetti già specializzati nella pratica del potenziamento muscolare.
FIGURA 219
Le modalità esecutive di questo esercizio possono utilizzare una flessione a 90° (1/2 squat)
e una sollecitazione a 150° (1/ 4 di squat).
Durante il periodo di competizione si farà
maggiormente ricorso, utilizzando sovraccarichi più elevati all’esercizio di 1/ 2 di squat
(figura 220).
Il “1/2 squat pliometrico”, si utilizza un tempo di molleggio al momento
dell’inversione del movimento
1
4
2
3
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LA PLIOMETRIA PER GLI ARTI SUPERIORI
X CAPITOLO
1 ASPETTI
SCIENTIFICI
Quasi tutti gli studi condotti sulla pliometria
hanno esaminato esercizi per gli arti inferiori.
Il Ciclo Stiramento-Accorciamento (SSC) però
interessa anche i muscoli delle braccia. Ma
per gli arti superiori i movimenti usati dal
training sono più numerosi e biomeccanicamente molto differenti tra loro. In effetti la
biomeccanica e l’analisi muscolare della spal-
la sono più complesse rispetto a quelle che
interessano gli arti inferiori.
Tra gli studi disponibili in letteratura è possibile individuare tre differenti situazioni:
• gli esercizi che cercano di riprodurre i
salti effettuati con le mani in appoggio
(figura 239);
• l’esercizo alla panca orizzontale effettuato con molleggi e rimbalzi;
• i lanci di palle mediche.
FIGURA 239
Le situazioni sperimentali proposte da Komi e Golhofer per la pliometria
delle braccia realizzate con un carrello con modesta altezza di caduta,
altezza maggiore e caduta in avanti con azione di frenata mediante
piegamento-estensione del gomito
FIGURA 240
Registrazione del grado di flessione del gomito, dell’attività muscolare
del tricipite, della forza registrata su piattaforma durante un rimbalzo con
le braccia prima e dopo 100 “drop jump” eseguiti in appoggio palmare
Prima
Angolo del gomito
175°
150°
125°
Tricipite brachiale
1 mV
250 N
Forza
(piattaforma)
0
500
1000
1500
2000 Tempo (ms)
Dopo
Angolo del gomito
175°
150°
125°
Tricipite brachiale
1 mV
Forza
(piattaforma)
250 N
0
500
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1000
1500
2000 Tempo (ms)
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L’ALLENAMENTO DELLA CAPACITÀ DI ELEVAZIONE IN ETÀ GIOVANILE
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XI CAPITOLO
1 I RIFERIMENTI
BIOLOGICI
IL PICCO DI CRESCITA
LA PUBERTÀ
Per l’allenamento nell’età evolutiva è necessario conoscere i principali riferimenti che caratterizzano la crescita. La pubertà costituisce il
periodo chiave, ed oggi si è in grado di individuarla con precisione e con modalità molto
semplici. Secondo Blimkie (1989) ed altri differenti autori la pubertà dura circa tre anni. Le
figure 261 e 262 mostrano le diverse età per
maschi e femmine: da 12,7 a 15,6 anni per i
ragazzi e da 10,1 anni a 12,6 per le ragazze.
Questo periodo è “incorniciato” da altri due:
la pre-pubertà e la post-pubertà che sempre
secondo Blimkie possono durare fino a tre
anni ciascuno. È quindi importante che l’educatore disponga di riferimenti certi. Il concetto
di “Picco di Crescita” serve allo scopo.
Curva di sviluppo della taglia in cm/anni (Harre 1972, secondo Bayley
et Prader). Il picco di crescita è situato in media in corrispondenza
dei 12 anni per le femmine e dei 14 anni per i maschi
Aumento della statura (cm per anno)
FIGURA 260
L’evoluzione della taglia è un criterio fondamentale per individuare il periodo della pubertà. Difatti, se si controlla la taglia ogni sei mesi,
si può disegnare ogni anno la curva di evoluzione della taglia in funzione dell’età. Si può
così individuare un picco in questa curva che si
chiama appunto “picco di crescita”; l’anno
dove è situato il picco è chiamato anno del
picco di crescita e si trova nel mezzo della fase
di pubertà. Esso, come viene illustrato alla figura 260, corrisponde circa ai 12 anni per le
ragazze e ai 14 anni per i ragazzi. Ma ciò che
conta è realizzare una lettura individuale delle
curve di crescita e del relativo picco in modo
valutare individualmente la crescita di ogni
bambino, le medie infatti rappresentano solamente dei riferimenti generali. Le considerazioni che verranno successivamente proposte si
basano sulla cronologia dall’anno del picco di
crescita che costituisce una sorta di anno zero:
Maschi
20
Femmine
15
10
5
0
0
5
10
Età (anni)
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219
PLIOMETRIA ED ELETTROSTIMOLAZIONE
XII CAPITOLO
L’uso dell’elettrostimolazione si è molto diffuso tra gli sportivi anche come mezzo di allenamento complementare al lavoro con sovraccarichi e alla pliometria. Gli studi dedicati a questo argomento fanno riferimento ad un training di qualche settimana e a controllare
come evolve la capacità di salto verticale.
FIGURA 290
Elettrostimolazione
per i quadricipiti
femorali
L’utilizzo della stimolazione prima di un lavoro di balzi o anche durante dei salti ripetuti
non ha dato luogo a lavori di ricerca e d’altro
canto non sembra essere una strada percorribile.
1 EFFETTI DELL’ELETTROSTIMOLAZIONE
SULLA CAPACITÀ
DI SALTO VERTICALE
Per solito si stimola il muscolo quadricipite in
ragione di 10 minuti con un ciclo di 5 secondi
di stimolazione e 15 secondi di pausa. Il ciclo
di lavoro prevede tre sedute settimanali è di
solito dura tra le 3 e le 4 settimane (figura
291).
FIGURA 291
La settimana di training di elettrostimolazione
10 min
Lunedì
Utilizzando stimolatori modello Compex con
giocatori di pallacanestro di alto livello (Maffiuletti e coll., 2000), abbiamo trovato risultati diversi in funzione dei test effettuati. Lo
squat jump (SJ) è migliorato durante tutto il
ciclo di training di 4 settimane, poi il miglioramento è proseguito in modo meno marcato
durante le 4 settimane successive al periodo
di training di stimolazione (figura 292).
10 min
Martedì
Mercoledì
10 min
Giovedì
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Venerdì
Sabato
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PLIOMETRIA ED ALLENAMENTO VIBRATORIO
XIII CAPITOLO
Negli ultimi anni, per il training vibratorio, ai
mezzi di allenamento conosciuti si sono
aggiunte delle piattaforme vibranti che sollecitano tutto il corpo. In verità, l’uso delle vibrazioni a scopo di allenamento non costituisce
una novità poiché in passato sono state utilizzate con diverse modalità:
FIGURA 296
Esempio di training
su pedana vibrante
su piattaforma vibrante
con il soggetto
in posizione
di semipiegamento
• in un primo tempo si era utilizzata una
tecnica che faceva vibrare direttamente il
tendine (Roll e coll., 1980);
• successivamente Issurin sottopose ad allenamento vibratorio soggetti mentre sollecitavano le braccia con trazioni isometriche;
• Infine Bosco modificò il sistema delle piattaforme vibranti in modo da sollecitare
tutto il corpo (Whole Body Vibrations,
WBV).
1 EFFETTI DI UNA SEDUTA
DI ALLENAMENTO
VIBRATORIO
Test di valutazione con il CMJ, effettuati dopo
2 minuti e dopo un’ora, hanno dimostrato
che una seduta di 4 minuti di vibrazione non
è in grado di modificare la capacità di elevazione (Torvinen e coll., 2002).
Al contrario le ricerche di Cormie e coll.
(2006) hanno evidenziato che una sequenza
Percentuale dell’altezza nel CMJ
rispetto al livello iniziale (%)
FIGURA 297
Effetti di una sequenza di 30 secondi di allenamento vibratorio:
per il gruppo sperimentale, rispetto a quello di controllo, la prestazione
al CMJ aumenta al test effettuato immediatamente dopo i 30 secondi
di training. Dopo 5 minuti i miglioramenti del gruppo sperimentale
si sono già ridotti
Allenamento vibratorio
105
Simulazione
100
95
90
85
80
Livello
Immediatamente
di partenza
dopo
5 min dopo
GILLES COMETTI-DOMINIQUE COMETTI • LA PLIOMETRIA
15 min dopo
30 min dopo