1. “… campane a
martello per
seguitare banditi…”
LA CRIMINALITÀ
IN VALSESIA
NELLA
SECONDA METÀ
DEL
SETTECENTO
(1770-1789)
2. TEMA DELLA LEZIONE
I FATTI CRIMINALI ACCADUTI IN VALSESIA
TRA IL 1770 E IL 1789 … MA NON SOLO
“ Si suol dire che i fatti parlano da soli:
ma ciò è, ovviamente, falso. I fatti
parlano quando lo storico li fa parlare: è
lui a decidere quali fatti debbano essere
presi in considerazione, in quale ordine
e in quale contesto. Un personaggio di
Pirandello, mi pare, dice che un fatto è
come un sacco: non sta in piedi se non
gli si mette qualcosa dentro ”.
E. Carr, Sei lezioni sulla storia, 1961
3. LO STUDIO STORICO DELLA CRIMINALITÀ
È MOLTO INTERESSANTE PERCHÉ
• le fonti criminali possono rappresentare una sorta di lente di
ingrandimento per avere un quadro della società del tempo
• le fonti criminali hanno un carattere interdisciplinare
• gli studiosi di storia criminale possono analizzare le reazioni
istituzionali e socio-psicologiche della società nei confronti
del crimine grazie alle strategie di ricerca della criminologia
• lo studio della criminalità porta alla luce i legami tra
l’individuo e la società e le reazioni che nascono dalle
pressioni di uno sull’altra e viceversa, come tipico di tutta
storia sociale.
• l’oggetto della storia sociale è, infatti, l’uomo, non come
individuo a sé stante ma come membro di un gruppo
sociale
4. NECESSITA DI ALCUNE CAUTELE:
• concetto di crimine tende a cambiare nel tempo, ad
assumere significati e valenze differenti a seconda delle
epoche storiche prese in considerazione (ESEMPIO
violenza carnale)
• “black number”, la cifra nera ovvero la discrepanza tra
la “criminalità reale” e la “criminalità registrata”, che non
permetterebbe di considerare le statistiche criminali
valide rivelatrici della reale entità e qualità dei crimini
(ESEMPIO violenze domestiche)
• anacronismo, uno dei rischi più frequenti dello studio
delle mentalità e dei fenomeni sociali, come quello
criminale, che si nutrono di valori e pensieri che per
essere compresi vanno necessariamente inseriti nel loro
contesto storico
CONTESTUALIZZARE
5. “Se le categorie di paura, di buio,
di amore, di infanzia, di malattia,
di devianza, di spazio erano, nel
passato, diverse dalle nostre, si
tratterà di contestualizzare
queste categorie e i
comportamenti e le emozioni cui
davano origine. Dovremo
insomma capire in che maniera i
nostri predecessori, più o meno
lontani, hanno convissuto con i
sentimenti, con l’immaginario,
con le costruzioni mentali e le
visioni del mondo che li
accompagnavano nella
quotidianità”(Sorcinelli)
LA DENUNCIA DI UN FURTO DI
FIENO O DI UNA GALLINA A NOI
CONTEMPORANEI PUÒ FAR
SORRIDERE MA PENSIAMO AL
LORO CONTESTO
Falchetti, Paesaggio montano
6. LE FONTI
Fondo della Pretoria di Varallo
• Conservato nel Palazzo Pretorio fino al 1824, poi abbattuto
• Collocato in diversi ambienti fino all’istituzione nel 1973
dell’attuale sede dell’Archivio di Stato a Varallo
• Perdita di parte dei documenti e conservazione non ottima
di parte di quelli restanti, deteriorati da muffe e dall’umidità.
•
•
•
Sono stati utilizzati per la ricerca:
i registri delle denunce
i registri delle cause criminali
le raccolte di lettere senatorie e manifesti
7. IL PRETORE
Era il funzionario che :
- rappresentava il potere centrale (già sotto il dominio del Ducato
di Milano)
- era la più alta autorità amministrativa e giudiziaria della valle.
ORDINE del
(Peco)
- amministrava la giustizia, civile e criminale, secondo le pretore per il
norme
divieto di
sancite dagli statuti comunali, dal diritto consuetudinario e dalle
vendita del sale
Costituzioni regie, quando furono estese anche alla
ai forestieri Valsesia(1770)
1760
- eseguiva gli ordini e gli editti del governo (Tonetti)
-
esercitava poteri di polizia con l’aiuto dei fanti di giustizia
-
comandava le milizie locali.
9. LE CARCERI
Le pagine degli atti in cui viene descritto il ritrovamento in carcere di un
detenuto grondante sangue dal volto e dalle braccia risultano molto
interessanti, non solo per cogliere le condizioni psicologiche in cui
vivevano i carcerati, ma anche l’organizzazione delle istituzioni
carcerarie e il ruolo svolto in esse dai medici e dai soldati. Fu proprio il
chirurgo Pitti, chiamato per medicare il detenuto, a far presente alle
autorità la possibilità del tentato suicidio: “ […] ho creduto che il
Giuseppe Prato siasi da se stesso maltrattato con avere battuto il suo
capo contro le ferrate di detto carcere con veemenza, e con avere
adoperato qualche pezzo di pignatta, ossia vaso di creta, per tagliarsi la
vena ed arteria del bracchio sinistro […]”. Il detenuto stesso, interrogato
in seguito sul fatto, ammise di essersi fatto male da solo ma di essere
stato fuori di sé e di non sapere perché l’avesse fatto. A questo
proposito, il brigadiere che l’aveva in custodia testimoniò che Prato non
aveva mai fatto “veruna stravaganza” prima di quell’ episodio, ma era
solito lamentarsi “di trovarsi solo”,
cfr. A.S.Vc., sez. Varallo, Pretoria, m. 16,
Atti del fisco contro Giuseppe Prato imputato di truffa (1781-1782)
10. “… DALL’OFFIZIO DE’MALEFIZI DI QUESTA
VALLE…”
Varallo, Borgosesia,
DISTRIBUZIONE GEOGRAFICA DEI REATI 1770-1789
Molti dei reati individuati ad
Alagna sono avvenuti
nell’ambiente delle miniere
Campertogno era sede di un
importante mercato
Le aree di confine erano in
collegamento con la riviera
d’Orta e via di fuga dalla
valle
Valduggia erano i centri
amministrativi ed
economici della valle
11. Lettera senatoria inviata al pretore con disposizioni per la
cattura dei malviventi.
Il Senato di S.M. in Torino sedente
Nella moltiplicità de’ processi, dei delitti, e de’ malviventi, onde,
Obbligo
come dalla di Lei Lettera de’28 scaduto Novembre, trovosi
innondata codesta Valle di Sesia il migliore entro tre
•per i consoli dei comuni di denunciare espediente si è
di vegliare, perché in caduna delle comunità, che detta valle
giorni episodi in cuisi osservino esattamente lee morti
compongono, si verifichino incidenti Regie
provvidenze e li nostri manifesti, con procedere colla più
possibile attenzione tanto per mezzo di lei, chè dé
•per i medici di denunciare qualsiasi medicazione
Luogotenenti alla spedizione delle cause criminali, e dare
su ferite quelle altreforma di violenze atte a purgare il
tutte legate a giuridiche disposizioni
Paese, e rimettervi la pubblica quiete, il buon ordine e
• per gli osti edellealbergatori di registrare gli ospiti di
l’osservanza gli leggi. Mentre però ci ripromettiamo dal
lei zelo e di chiedere quanto sopra le preghiamo le
presenti l’eseguimento di a forestieri e vagabondidal cielo
ogni bene
motivazioni della loro permanenza
Torino 22 Dicembre 1778
12. Reati per categoria
70-74
75-79 80-84 85-89 Totale %
Contro il patrimonio
83
77
34
43
237
47
Contro la persona
50
49
39
62
200
40
Contro lo stato
13
11
7
10
41
8
3
9
2
9
23
5
149
146
82
124
Contro la morale
pubblica
Totale
La tendenza ad una prevalenza dei
reati contro il patrimonio rispetto a
quelli di tipo violento rappresenta un
segnale di “modernità”
501 100
Gli autori dei reati sono 527
autori, ma solo di 270 si
conoscono dati personali
Solo il 5% degli autori dei
reati noti sono donne
13. I REATI CHE
“… DANNEGGIANO LA ROBA”.
In c e n d io e
danni
3%
T r u ffa e d
e s to r s io n e
3%
G ra s s a z io n i
6%
F u r ti
88%
14. Le “grassazioni”
7 dei 14 casi registrati si sono
verificati a tarda sera o di notte,
11 in strada lontano dai centri
abitati e in luoghi come gli
alpeggi e i passi montani della
Colma e della Cremosina.
Luoghi isolati, circondati da fitti
boschi, attraversati da sentieri
spesso tortuosi, ma luoghi di
passaggio per lo più per
mercanti e viandanti diretti ai
mercati o alle fiere che
periodicamente si tenevano
nella zona.
DOCUMENTI –
Episodi di grassazioni presso la
Colma
Falchetti, Paesaggio con alberi e figure
15. •
•
•
•
•
•
Il mese di dicembre del 1778 fu un periodo particolarmente impegnato per una banda di cinque grassatori, che
scelse il passo della Colma come scenario degli agguati. Nel giro di due giorni portarono a termine tre rapine,
riuscendo a compierne addirittura due nella stessa notte. I primi a caderne vittime, il 7 dicembre 1778, furono
proprio due mercanti, un "calzolaro", Giacomo Carmellino, e un "cavagnatto" (artigiano fabbricante di cesti),
Pietro Carmellino, originari di Roccapietra. La descrizione dell'agguato, fatta al momento della denuncia, è ricca di
particolari che consentono di comprendere la dinamica con cui avveniva di solito questo tipo di reato: "[…]
rittornando dal mercato d'Orta […]giunti che fummo circa le ore venti due di tal giorno alla sommità della Colma
[…] e cominciando a discendere per alcuni passi verso q.ta Valsesia fummo improvvisamente assaliti da cinque
uomini usciti da folto cespuglio che colà esiste vicino alla strada pubblica per cui passavamo, armati tutti di pistola
e di stili rispett[ivamente] alla mano senza altra prolazione di parolla, se non di quella ferma, e quindi ci
obbligarono a retrocedere fuori di detta strada fino alla sommità di d.ta Colma ove giunti ci depredarono quanto
avevamo indosso […]".
Dopo averli spogliati dei loro effetti, dei recenti acquisti fatti al mercato e di pochi denari, i malviventi li obbligarono
"con minaccie di morte di discendere alquanto verso la Riviera d'Orta in mezzo ai boschi, ove coi […] propri
legami de'calzetti" furono legati "fortemente ambo le mani unite sotto li […]ginocchi" e lasciati nel bosco sotto la
sorveglianza di uno dei banditi, mentre gli altri tornarono sulla via per assalire altri due sfortunati viandanti,
anch'essi mercanti di ritorno da Orta a Varallo.
Gianpietro Sorini e Giuseppe Calderini subirono lo stesso trattamento riservato ai primi due e finirono a far loro
compagnia, legati nel bosco, spaventati dalle minacce di morte ricevute, tanto da non riuscire a "[…] rimirarli
addosso[…]" e "[…]far riflesso sui loro connotati sul timore che eseguissero tali minaccie[…]". La condizione
psicologica e fisica che seguiva un'esperienza di questo tipo viene testimoniata da Giacomo Carmellino che,
essendo riuscito verso la mezzanotte a slegarsi "[…]per mezzo de'denti […]", liberò i suoi compagni di sventura, e
si fece immediatamente "cavar sangue " dal Chirurgo Lana.[1]
La stessa identica disavventura toccò qualche giorno dopo a Carlo Cingaro di S. Pietro in Valle d'Antrona,
"carbonaro", che però non ebbe nemmeno la consolazione di non essere da solo a fronteggiare i cinque uomini
armati che gli si fecero incontro lungo la via e gli intimarono: "[…]metti giù i tuoi bagaggi […]qui non vi è scampo o
la vita o la borsa[…]". Dopo averlo derubato di diversi effetti, persino delle scarpe, lo legarono e fuggirono, come
negli altri casi, verso la Riviera d'Orta. [2]
[1] Anche un'altra vittima dell'agguato, il Sorini, riferisce di essersi subito recato dal chirurgo Carlo Antonio Lana,
per farsi eseguire la pratica del salasso tipica della medicina settecentesca ancora fortemente legata alla teoria
degli umori. Il chirurgo Lana compare spesso nelle denunce di questi anni anche perché tra le disposizioni
prescritte ai medici dall'autorità giuridica vi era l'obbligo di riferire immediatamente qualsiasi medicazione eseguita
su ferite legate a forme di violenza, cfr. L.PECO, Il mutamento…cit., p.154. Sul ruolo del salasso nella
farmacopea del tempo, cfr. G.COSMACINI, Storia della medicina e della sanità in Italia. Dalla peste nera ai nostri
giorni, Bari, Laterza, 1987.
[2] Per il primo episodio, cfr. A.S.Vc., sez.Var., Pretoria, m.1, Denunce e querele (1773-1779), registro 2, p.22-30.
Per il secondo episodio, cfr. ivi, p.32-34.
16. … e le loro conseguenze per vittime e criminali
essendo riuscito a slegarsi
“per mezzo dei denti” liberò i
suoi compagni e andò
immediatamente a farsi
“cavar sangue” dal chirurgo
Carlo Antonio Lana
A. Brouwer - Il salasso 1605-1638
“sono stati condannati […]ad essere
pubblicamente appiccati per la gola sino che
l'anima sia separata dal loro corpo, torquiti prima
nel capo de' complici a mente delle Regie
Constituzioni, e fatto il loro corpo cadavere
riddursi in quarti da affiggersi ai luoghi soliti […]"
P. F. Gianoli - Accompagnamento dei condannati 1668-1671
17. I furti
70% con autore ignoto (ma di quelli noti la maggior parte sono valsesiani)
la maggior parte nelle case, senza scasso
refurtiva varia (effetti, valori e denari, alimenti, animali, strumenti, fieno, biancheria stesa a
sole, materiale grezzo per la tessitura, come canapa, lana o tele varie segni della presenza
di INDUSTRIA DOMESTICA)
spesso dettati dalla disperazione e dalla fame (Documenti: arresto di Giacomo De
Gaudenzi)
A. Erba - frazione Pila – Valsesia
carattere INTRACLASSISTA o INTERCLASSISTA (Documenti il garzone di ladro)
18. DOCUMENTI: ARRESTO di Giacomo de Gaudenzi
Un episodio particolarmente chiarificatore delle circostanze, che spingevano i più disperati a cercare nel furto una
via di scampo alla fame, è proprio risalente al periodo caratterizzato dalla maggiore frequenza di furti di alimenti.
Nella notte del 24 settembre 1774, Michele Ricotto di Cervarolo venne svegliato dalla moglie che aveva sentito
alcuni rumori nel campo vicino casa. Dopo aver chiamato il fratello Giacomo, i due uscirono e andarono a cercare
il ladro; senza alcuna difficoltà riuscirono a coglierlo in flagrante mentre stava rubando della meliga e dei fagioli, lo
fermarono e condussero alle carceri di Varallo. Il colpevole, Giacomo De Gaudenzi, un loro compaesano noto per
essere sospetto di altri "furti di campagna", non negò le proprie responsabilità, ma pose a sua discolpa lo stato di
indigenza in cui si trovavano lui e la sua famiglia. "Ho rubato anche dell'altra meliga e fagioli in altri campi",
confessò De Gaudenzi, dichiarando di non saper nemmeno chi stesse danneggiando, poiché era solito agire "di
notte tempo" e "prenderne due o tre mazzi qua e due o tre là e similmente alcune brancate di fagioli anche or qua
or là"; la quantità di cereali rubati, "poco più di una mezza civera"[1], aggiunse, gli servivano per farne "un poco di
pane".
L'autodifesa di Giacomo De Gaudenzi sembra un grido di disperazione che lo accomuna a molti altri poveri come
lui: "[…]sono totalmente povero in stato che nessuno mi vuole somministrare robba a credenza così che per non
veder perire la mia famiglia composta di tre figlioli infanti e di mia moglie son stato costretto a commettere il furto
[…]io non ho mai fatto del male ad alcuno e non ho mai rubato alla riserva che da venti giorni circa a questa parte
ritrovandomi in estrema miseria […]"[2]. Dalle dichiarazioni relative ai suoi dati personali emerge anche uno dei
probabili motivi della sua caduta in disgrazia: "sono in età d'anni sessanta circa già tessitore di mestiere quallora
mi serviva la vista e da qualche tempo a questa parte che più non mi rege attendo a lavori di campagna e credo
che il mio patrimonio possa ascendere a lire cento[…]" [3]. La vecchiaia, e la conseguente impossibilità di
praticare il proprio mestiere diventavano, in occasione di una congiuntura economica avversa, poderose spinte
verso la povertà soprattutto se si tiene presente che cosa essa rappresentasse allora: "È, dicono taluni, la
scarsità o la mancanza delle cose necessarie per vivere comodamente, cioè senza lavorare. Secondo altri, è una
privazione di cose, diritti e azioni temporali necessarie alla vita umana. Da ciò possiamo dedurre che è veramente
povero colui che non ha altro mezzo di sostentamento se non il lavoro, l'applicazione delle proprie energie mentali
e fisiche"[4].
[1] "Civera" in dialetto valsesiano significa "gerla" e indicava un tipico cesto, prodotto artigianalmente, adatto ai
trasporti anche in alta quota perché si poteva caricare sulle spalle. Cfr. F.TONETTI, Dizionario…cit., ad vocem.
[2] Cfr. A.S.Vc., sez.Var., Pretoria, m.1, Denunce e querele (1773-1779), registro 1, pp. 104-116. La condizione di
miseria denunciata dall’accusato non servì a evitargli il carcere: dal registro delle cause criminali si viene infatti a
conoscenza che De Gaudenzi “atteso il carcere sofferto si è mandato a rilasciare”. A proposito della data del
rilascio quella indicata, il 13 settembre 1774, è molto probabilmente errata perché risulta precedente al fatto
stesso. Considerato che in periodo medio di durata delle cause era di un anno la data esatta dovrebbe quindi
essere il 13 settembre 1775, cfr. A.S.Vc., sez.Var., Pretoria, m. 14, Inventario delle cause criminali (1770-1800),
p.38 r.
[3] Cfr. A.S.Vc., sez.Var., Pretoria, m.1, Denunce e querele (1773-1779), registro 1, p.1
[4] Cfr. J.P. GUTTON, op.cit, p. 9.
19. DOCUMENTI il garzone-ladro
Il 10 giugno 1774 all’“uffizio dei malefizi della Vallesesia” giunse la denuncia di “Giovanni Bianchino del fu
Baldassarre, nativo della città di Novara”, ma residente a Borgosesia dove esercitava “la professione di
parrucchiere e barbiere”. Nella sua bottega egli aveva preso con sé “in qualità di garzone […]un certo giovine
forestiere qualificatosi con nome e cognome di Francesco D’Alessio” di Racconigi, che una notte
“clandestinamente fuggì e scomparve.”. La denuncia si caratterizza con un continuo crescendo drammatico del
racconto del derubato: egli prima si accorse della scomparsa del garzone e lo cercò invano per il paese, subito
dopo si avvide della mancanza in bottega dei rasoi e di altri strumenti del mestiere, infine “dubitando che li
potessero essere stati rubbati altri effetti si portò subito nelle stanze superiori della […] casa a farne la
ricognizione ove in primo luogo riconobbe essere state levate le spranghe e sieno premelle del coperchio di una
cassa di noce”. In essa erano contenuti alcuni gioielli, tra cui una croce e tre anelli d’oro, che sua moglie “aveva
ricevuto in gaggio, o sia in pegno di denaro dato a prestito”, e diversi denari contenuti in una borsa. Il parrucchiere
derubato non era certo un poveraccio se, a quanto emerge dalla descrizione degli altri effetti mancanti, la moglie
poteva indossare scarpe con fibbie d’argento, “uno scossale di mussola guernito”, veli di “seta o sia garza nera di
pizzo”, “guanti di seta”, e fazzoletti di “seta damascato”; lui stesso si ritrovò privato di parte del suo guardaroba tra
cui “un paio di calzette di seta nera”, “una giubba cremesi d’amieny”, “un vestito di panno cenerino”, ed “un
cappello bordato di gallon d’oro”[1]. Il giovane ladro, del quale Bianchino offrì nella sua testimonianza una
descrizione ricca di particolari, non era probabilmente riuscito a resistere a tanta abbondanza e aveva scelto il
furto come strategia per migliorare la sua condizione di vita, certamente meno rosea di quella del suo padrone[2].
[1] Cfr. A.S.Vc, sez.Var., Pretoria, m.1, Denunce e querele (1773-1779), registro 1, pp.46-52/78-79. Un episodio
del tutto simile accadde a Giovanni Moretti di Varallo che, nell’ottobre 1788, aveva assunto come “piccapietre” a
giornata Giovan Battista Bianchi di Pallanza, ma da esso fu derubato qualche mese dopo. Il 12 gennaio 1789 il
Moretti decise di denunciare il furto subìto, dopo aver appreso da una famiglia di Intra alla quale aveva scritto,
che quel Bianchi da lui assunto era un “poco di buono” , già autore di diversi furti a Pallanza cfr. A.S.Vc, sez.Var.,
Pretoria, m.3, Denunce e querele (1788-1790), registro 3, pp.58-62.
[2] La descrizione del garzone-ladro presenta molti particolari utili anche a illustrare come la differenza di
condizione economica si riflettesse nell’abbigliamento: “[…] bruno di facie capelli, barba, e ciglia neri, molto
vaiolato, naso piuttosto grosso dimostrante l’età d’anni venti due circa vestito di panno bianco sottoveste o sia
camisetta di stoffa rossa, calze simili al vestito capelli longhi rivoltati all’insù a forma di tignone, calzetti di filosello
color bianco con boccole alle scarpe di tombano giallo e cappello di feltro piccolo in capo guernito di una rosa di
bindello nero […]”, cfr. A.S.Vc, sez.Var., Pretoria, m.1, Denunce e querele (1773-1779), registro 1, p.49.
20. I luoghi dei furti
I MERCATI E LE FIERE OFFRIVANO OCCASIONE DI FURTO, MA ANCHE
DI RICETTAZIONE DELLA REFURTIVA
Avondo Giovanni, La fiera di Varallo, primi dell‘800
21. possibilità di conoscere organizzazione della vita religiosa,
ruoli svolti dai clerici e dai laici
LE CHIESE
LE BOTTEGHE, LE OSTERIE, I MULINI
Informazioni sulle abitudini alimentari, i
cereali coltivati in zona, etc.
Chiesa Madonna delle grazie -Varallo
Ingresso al Sacro Monte – E. Contini
22. I REATI CHE
“… OLTRAGGIANO LA VITA E L’ONORE”.
c o n t r o l'in f a n z ia
8%
d if f a m a z io n e
2%
m in a c c e
10%
o m ic id io e
t e n t a t o o m ic id io
13%
in s u lt i
9%
m a lt r a t t a m e n t i e
p e rc o s s e
6%
a v v e le n a m e n t o
1%
a g g r e s s io n i
51%
23. La violenza fisica e verbale
p e r e rro re
• era un modo di farsi giustizia da sé
v e n d e tta
• spesso avveniva in maniera impulsiva, non premeditata
in s u lt
• nasceva in seguitoi a litigi per questioni di pascoli, gioco,
futili motivi,d iincapacità di controllare gli impulsi violenti,
c o n f lit t i p r o p r ie t à
rapporti interpersonali incrinati da tempo
p a s s io n e
• coinvolgeva emarginati, vagabondi, individui “dediti ai giochi
v in o
e alle osterie” (caratteristica negativa perché pericolosa per
l’intera comunità,b quindi fortemente antisociale)
d e it i
• era determinata da questioni di onore (non si può farsi
in t im id a z io n e
pagare un debito di gioco da un amico, gravidanze
illegittime,z etc.)r u p p o
v io le n a d i g
c o n f lit t i in t e r p e r s o n a li
non sa
0
5
10
15
20
25
24. La scena del crimine
Strade e vie di comunicazione
Case e proprietà private
Piazze
Osterie
25. I fucili usati per la caccia diventavano armi da puntare verso vicini
indesiderati o vagabondi sconosciuti e fastidiosi, contro i quali
potevano essere organizzate anche delle “pattuglie di uomini
armati” (Manifesto pretorio 7 gennaio 1788)
Movente dell’assassinio di Giacomo Bertrametto di Castagneia
18 giugno 1775
“questioni, che di tanto in tanto si van facendo fra li
uomini della comunità di Centonara e quelli di Breia e
Cadarafagno per le raggioni de pascoli in detto sito che si
pretendono indebitamente privativi della detta comunità di
Centonara”
(p. 133)
G. Giani, Il doppietto, fine ‘800
26. Attraversamento del
fiume Sesia a
Crevola, inizi ‘900
8 luglio 1784
Carlo Mazzone denuncia Giorgio
Boionotto per averlo chiamato “longino e
birba” e per averlo colpito con pugni e il
calcio di una “pistoletta” ferendolo alle
labbra e ad un orecchio mentre
attraversavano il Sesia sulla barca a
Bettole
27. … in un tranquillo 26 dicembre 1774
a Borgosesia …
“… sentii lo sbarro di due colpi di arma da
fuoco a quale sbarro mi portai sui pontile
per sentire se in piazza si facesse qualche
strepito, da li a poco sentii una donna che
passava al longo della contrada, quale
piangendo diceva esservi un uomo morto
sulla piazza, al che sentire mi portai tosto
a vedere chi era l’ucciso, ed ivi viddi un
giovine disteso in terra sulla piazza
dirimpetto alla porta dell’osteria del
Falcone circondato da varie persone con
lumi in mano […]”
Giacomo Frascotti, sindaco di
Fotografia: Piazza Vittorio Emanuele II, attuale piazza Martiri, prima dello sventramento
28. • […] recatici ambedue alla volta della casa
della vedova Montanara incontrammo ivi
sulla scala di d.ta casa il Bevilacqua a cui
avendoli detto di venire con noi a casa, lui
rispose che ci fermassimo qualche poco a
fare all’amore”
• …] al che sentire ci siamo amendue
incaminati verso la piazza a vedere simil
spettacolo, ed avendo inteso che il morto
l’avevano trasportato all’osteria del
Falcone, ivi entrato abbiamo osservato il
povero Giacomo Ravelli, che più non parlava
[…] nel che vedere io mi partii tosto da d.ta
osteria per dar parte di tale successo ai suoi
di casa
29. “ Giuseppe Fossati invitò il Pietro negri a giocare alla
morra, come vi hanno giocato in mia presenza, ed
assistenza in contare li punti, perdè un mezzetto il
Pietro Negri e due il Fossati, che si sono bevuti in buona
compagnia, e quindi il Negri pagò il suo mezzetto di
perdita, ed al Fossati rincresceva di pagare li due, che
aveva perduti a buon gioco seguito nella cucina dello
stesso Bronzino, milantandosi, e dicendo che aveva
denari per pagare la sua perdita, ma intanto non dava
mano ai denari per pagarla cosiche le figlie di d.to
Bronzino ed io li dicevamo di pagarne l’importo mentre
aveva i denari”.
“[…] subito si fece a dirmi, che ero un birichino, ed altre
consimili parole, le replicai io, che quello non era il
modo di parlare, e che avrebbe meritato due schiaffi
[…]appena che fui giunto sotto il porticato venni
seguitato dal Giuseppe Fossati e da questi ferito con
Seguace di G.M. Graneri - Rissa durante il gioco delle carte
30. La violenza
in famiglia
• Difficilmente denunciata
• Dispersione del nucleo
famigliare per molti mesi
all’anno a causa delle
pratiche migratorie
• Conflitti per questioni di
eredità o gestione delle
proprietà, per es. in caso
di usufrutto
• Relazioni extraconiugali e
gravidanze illegittime
causa di abbandoni e altri
reati contro l’infanzia
Una strada di Campertogno – E. Contini
31. “[…] mi sono portato a
passeggiare sul cimitero di
questa parrocchiale
[Balmuccia] per ivi prendere
un poco d’aria, e mentre ivi
passeggiavo sentii un
fanciullo a gridare, […],
sendomi avvicinato al sito,
da cui sentivo la voce mi
inoltrai verso la cappella, o
sia ossario esistente in
vicinanza d’essa Chiesa
Parrocchiale, ed ivi alla
ferrata viddi appeso un
invoglio e quello osservato
viddi che vi stava una
7%
13%
s t a t o d i s a lu t e n o n
creatura di fresco nata […]”
p r e c is a t o
in f a n t e v iv o
Francesco Avondo,
20%
L’analisi ottobre 1774
Balmuccia, 2della legislazione in merito lascia intuire che in questo tipo dia reati,t o
in f n t e m o r
fossero le madri le principali responsabili, mentre l’uomo rivestiva l’opaco
ruolo di di reati contro
60%
in f a n t ic
15 casi complice inserito tra “quelli, che in qualsivoglia modo vi daranno id i
mano” (Cfr. DUBOIN, Libro V, tomo VI, tit. IV, Dell’infanticidio, p.82)
l’infanzia nel periodo
Esposizioni e infanticidi
analizzato
32. Reati contro lo stato
c o n tr o
l'a u t o r it à
29%
c o n t r o la
t r a n q u illit à
p u b b lic a
71%
NON HANNO UN DESTINATARIO
PRECISO MA COLPISCONO
L’INTERA COMUNITÀ O LO
STATO IN GENERALE
Nella denuncia un ruolo
determinante è affidato al
CONTROLLO SOCIALE
esercitato dalla comunità
sugli individui
33. 70-74
75-79
80-84
85-89
Totale
Reato
vagabondaggio
3
0
0
1
4
porto illegale d'armi
2
4
0
1
7
rissa e disordini pubblici
4
2
3
3
12
contrabbando
0
1
0
0
1
contravvenzioni
2
1
2
1
6
rimozione di cadaveri
0
0
0
1
1
evasione e delinquenza
1
1
0
3
5
falsa testimonianza
1
0
0
0
1
resistenza a pubblico ufficiale
0
2
0
0
2
fabbricazione monete false
0
0
1
0
1
diserzione dall'esercito
0
0
1
0
1
13
11
7
10
41
Totale
Contravvenzioni per violazione delle norme sulla pesca
ci consentono di conoscere dettagli su come essa
veniva praticata
storia materiale
34. GLI “ECCESSI SCANDALOSI”:
I REATI CONTRO LA MORALITÀ PUBBLICA.
4%
s tu p r i c o n
s e d u z io n e
4%
13%
v io le n z a c a r n a le
40%
a d u lt e r io
lib e r t in a g g io
39%
RAPPRESENTANO SOLO IL 5%
DEI REATI TOTALI
in c e s t o
IMPORTANZA ECONOMICA E
MATERIALE DELL’ONORE
FEMMINILE NEL CONTESTO
RURALE
35. L’analisi dei reati contro la
moralità pubblica ci consente di
entrare nella sfera intima e
privata della vita dei
protagonisti delle vicende, che
riguarda in particolare il
rapporto tra i sessi, la
sessualità e i sentimenti
F. Burlazzi, Al pascolo, 1891
Sfera che all’epoca era forse
meno privata di quel che
pensiamo “le voci di paese”
delle denunce sono il
segnale della presenza di un
forte controllo sociale da
parte della comunità nei
confronti in particolare delle
donne sole
C. Verno, Lavandaie, 1870-1942
36. Questo fatto essendo scandaloso e pubblico …
Denuncia del console di Balmuccia, Francesco Ferraris,
21 dicembre 1789
“[…] aderj perché la Margherita Avonda
pubblicamente è tenuta per libertina […] ivi
giunto bussato alla porta della casa, e stanza di
d.ta Avonda ci venne aperta dopo qualche
intervallo, e viddimo che ivi non vi era alcun
uomo, ma siccome la notizia che aveva il Fiorone
[il sindaco] dell’esistenza d’un uomo in d.ta
stanza esso la teneva per certa m’ immaginaj che
si fosse nascosto in un coffano ivi collocato, il
quale difetti apertosi viddimo d.to Francesco
Marchino, il quale da me rimproverato con averli
detto che era un porcone, se ne dipartì da detta
stanza dicendo cosa c’era, cosa c’era. Questo fatto
essendo scandaloso e pubblico ho pensato di darne
notizia […]”.
L’incontro “scandaloso” tra Margherita e Francesco era solo uno dei
37. L’analisi dei reati sessuali mette in
luce la condizione femminile nella
società valsesiana di fine
Settecento e in generale nell’età
moderna.
Gilardi - Canzone di primavera 1837
38. Tornando ai fatti ….
“Un personaggio di Pirandello, mi pare, dice
che un fatto è come un sacco: non sta in
piedi se non gli si mette qualcosa dentro ”.
Attraverso l’analisi dei fatti criminali si può compiere un
viaggio nel passato, entrare a far parte della società
valsesiana dell’epoca, addentrarci tra le vie delle
cittadine e i sentieri di allora, nelle case e nelle chiese,
nelle osterie e nelle botteghe, osservando gli oggetti
della quotidianità, scoprire come era organizzato il tempo
della vita, il lavoro e lo svago, le relazioni famigliari, gli
affetti. Si può anche provare a immedesimarsi nelle
paure e nelle difficoltà, e in valori che forse ora ci
sembrano perduti, come il senso di appartenenza alla
comunità, oppure altri di cui non sentiamo forse così
tanto la mancanza come l’onore, che per tante donne e
uomini di allora ha rappresentato un pesante fardello.
39. Guardando tra la folla del
mercato di Varallo forse
potremmo anche scorgere
uno dei ladri latitanti e
riconoscerlo grazie alla
precisa descrizione che ci
regala le fonti:
“ […] bruno di facie capelli,
barba, e ciglia neri, molto
vaiolato, naso piuttosto
grosso dimostrante l’età
d’anni venti due circa vestito
di panno bianco sottoveste o
sia camisetta di stoffa rossa,
calze simili al vestito capelli
longhi rivoltati all’insù a forma
di tignone, calzetti di filosello
color bianco con boccole alle
scarpe di tombano giallo e
cappello di feltro piccolo in
capo guernito di una rosa di
bindello nero […] Sebastiano Monti, V Liceo art. Varallo, Ritratto di Francesco d’Alessio da Racconigi
40. Testi, dati e immagini tratte da:
E. Carr, Sei lezioni sulla storia, 1961
S. Contini, “…campane a martello per seguitare banditi..” La criminalità in
Valsesia alla fine del XVIII secolo, tesi di laurea, Università degli studi di
Torino, a.a. 2000/2001
P.SORCINELLI, Il quotidiano e i sentimenti. Introduzione alla storia sociale,
Milano, Mondadori, 1996.
Album di un alpinista, II quaderno In Valsesia, Tipogr. G.Amosso, Biella,
1878
Per le immagini si ringrazia :
la Pinacoteca di Varallo che ha fornito la riproduzione digitale dei dipinti
conservati ed esposti nei suoi locali
l’Archivio di Stato, sezione di Varallo che ha consentito la riproduzione
digitale delle mappe e dei documenti