1. L’integrazione è una sfida che la
scuola deve affrontare, che non può
sottovalutare e che coinvolge tutti,
dirigente, docenti, psicopedagogisti,
perché l’ obiettivo primario è che
tutti gli studenti possano
realizzare la propria
identità.
2. •disponibilità affettiva e comunicativa
degli insegnanti;
•fiducia nell’ottenimento degli obiettivi
•coinvolgimento dei genitori
•lavoro di rete, di coordinamento e di
integrazione degli interventi.
L’insegnante NON è uno
pseudoterapista
3. -presenza di alunni con disabilità nelle scuole comuni
- riconoscimento del diritto di ciascuna persona di sentirsi uguale
agli altri, quali che siano le condizioni bio-psico-fisiche, sociali e
culturali
- non basta inserire nelle classi per un’autentica accoglienza.
-La scuola deve modificarsi per diventare capace di accoglienza
- la scuola sa accogliere tutte le diversità e riformulare le proprie
scelte organizzative, progettuali, metodologiche didattiche …
-richiede collaborazioni e alleanze tra scuola, famiglia, servizi …
-costituisce lo sfondo valoriale a priori
4. ACCOGLIENZA
-non è disponibilità della “maggioranza” a
integrare una “minoranza”
-riconoscimento del diritto alla diversità
La DIVERSITÀ non si identifica solo
con la disabilità, ma comprende la
molteplicità delle situazioni personali
L’eterogeneità diventa normalità.
5. “Si è integrati o inclusi in un
contesto quando si effettuano
esperienze e si attivano
apprendimenti insieme agli altri,
quando si condividono obiettivi e
strategie di lavoro e non quando si
siede gli uni accanto agli altri”.
(Linee guida per l’integrazione scolastica degli alunni con
disabilità, Roma, 2009)
6. • Compito della scuola è aiutare ogni
alunno della classe a sentirsi parte
integrante di un gruppo, ciascuno
con il proprio ruolo e con le proprie
mansioni
7. La programmazione va realizzata da tutti i docenti
curriculari insieme all’insegnante di sostegno, con
obiettivi correlati a quelli della classe per una piena
partecipazione alla vita di classe.
Docente di sostegno = coordinatore per l’integrazione
I docenti curricolari devono garantire la continuità in
assenza dell’insegnante di sostegno.
La famiglia è fonte di informazioni preziose, è
continuità fra educazione formale e informale
8. DIDATTICA DELL'INCLUSIONE
• Non mette i contenuti scolastici al centro ma li considera
STIMOLO utilizzabile da tutti gli alunni. Le discipline di
insegnamento diventano il MEZZO per promuovere la
personalità dell’allievo.
Chi è l’Insegnante di SOSTEGNO?
• E’ un operatore di rete interno alla scuola (cura la
comunicazione e la collaborazione con i colleghi di classe,
col dirigente, con il personale ATA e con gli alunni) ed
esterno alla scuola (cura la collaborazione con le famiglie,
con il personale dei servizi sociosanitari, le associazioni e
gli esperti)
9. Agenzia Europea per lo Sviluppo
dell’Istruzione degli Alunni Disabili
5 fattori necessari ad un’efficace integrazione.
•Insegnamento cooperativo
•Apprendimento cooperativo
•Problem-solving collaborativo
•Eterogeneità del gruppo
•Strategie alternative di apprendimento
10. ATTITUDINE DEGLI INSEGNANTI:
Se gli insegnanti di classe non accettano che
l’istruzione di tutti gli alunni è parte integrante del loro
lavoro, cercheranno di assicurare che qualcuno si
assuma la responsabilità degli alunni disabili e
organizzeranno forme di differenziazione nella scuola.
Insegnare agli alunni disabili nelle classi comuni
comporta una modifica al curriculum standard.
I disturbi del comportamento, della sfera sociale o
emotiva rappresentano la maggiore sfida
all’integrazione scolastica.
11. • Gli insegnanti necessitano del supporto dei
colleghi della scuola e dei professionisti
esterni e devono essere capaci di cooperare.
• Austria: Il lavoro di gruppo richiede una certa
capacità di gestione del conflitto e della
comunicazione. Questa parte del lavoro è
particolarmente pesante in termini di tempo.
Tuttavia, il lavoro di gruppo e il relativo scambio di
esperienze sono vissuti come immensamente
importanti sul piano dell’arricchimento personale.
12. Gli studenti ottengono migliori risultati rispetto
all’insegnamento tradizionale
• sul piano cognitivo (memorizzano meglio,
sviluppano una maggiore motivazione e livelli
superiori di ragionamento)
• sul piano relazionale (si creano rapporti di
amicizia e la diversità viene rispettata)
• sul piano psicologico (migliorano l’immagine di
sé e il senso di autoefficacia e si sviluppa una
maggiore capacità di affrontare le difficoltà e lo
stress)
13. • È utile soprattutto con alunni con problemi della
sfera sociale/comportamentale.
• Chiare regole di classe, stabilite con gli alunni (su
adeguati stimoli del docente) attraverso incentivi
e scoraggiamenti, hanno dimostrato la loro
efficacia.
• Il regolamento della classe va negoziato con tutti
gli alunni e deve essere chiaramente visibile.
• È possibile inserire il regolamento in un contratto
a firma degli studenti.
14. La formazione di gruppi eterogenei
permette di confrontarsi con la diversità
degli alunni.
Può esserci il rischio di focalizzarsi troppo
sull’individualità dell’alunno. I gruppi
eterogenei permettono a tutti di
raggiungere diversi obiettivi
proponendo un metodo
alternativo di apprendimento.
15. - Insegnare agli studenti come
apprendere e come risolvere
problemi.
• Gli studenti imparano anche quale
metodo è il migliore a seconda della
situazione.
16. Comportamenti nei gruppi assertivi:
• Accettiamo il punto di vista altrui
• Non giudichiamo gli altri
• Non interiorizziamo né colpevolizziamo gli altri
• Siamo pronti a cambiare opinione
• Non permettiamo che altri ci manipolino
• Non pretendiamo che altri si comportino
come vogliamo noi
• Ricerchiamo la collaborazione altrui
• Comunichiamo le nostre emozioni e stati
d’animo
17. Marco,
8 anni, Disturbo Autistico
Frequenta la III elementare. E’ seguito da un’insegnante di
sostegno per 11 ore settimanali, una seconda insegnante per
3 ore e un’assistente alla comunicazione per 7 ore. L’orario
non prevede ore in compresenza.
Quando l’insegnante comune rimane da sola con la classe e
con Marco, il bambino mette in atto comportamenti
distruttivi verso l’ambiente e cerca di scappare dalla classe.
Quando si avvicina alle insegnanti o ai compagni la reazione
è quella di ritirare tutto per paura che possa essere toccato da
Marco. Tuttavia i compagni e le maestre spesso gli
sorridono, si lasciano baciare e abbracciare con tutta la forza
che Marco possiede e gli permettono di sdraiarsi su di loro.
18. A livello accademico lavora sempre sugli stessi argomenti
(pregrafismi, piccolo/grande, denominazioni di oggetti e
azioni) con lentissimi miglioramenti.
Per ciò che riguarda la cura della propria persona, lo
studente possiede alcune autonomie di base
(apparecchiare, aprire e chiudere lo zaino, mettere gli
oggetti dentro lo zaino, mangiare da solo), ma viene
completamente sostituito in tutte le abilità che concernono
l’andare in bagno, il lavare le mani, lo sparecchiare per
paura di possibili comportamenti inadeguati.
È molto bravo nelle denominazioni ma l’uso del
linguaggio spontaneo è pressocchè inesistente. Chiede
solo se qualcuno dice “cosa vuoi?”
La comprensione è molto buona.
19. Occupa uno spazio ricavato con l’utilizzo di armadietti
per fare in modo che non si distragga.
Background familiare: secondo figlio, ultimogenito. I
genitori sono in fase di separazione. Il fratello maggiore ha
anche lui una diagnosi di autismo ad alto funzionamento.
La mamma lavora, passa il pomeriggio con i nonni, i quali
gli permettono di fare tutto, senza alcuna regola
(“Mischinu, u picciriddu…”)
•Relazionalità: le insegnanti sostengono che non nutra
alcun interesse nei confronti dei compagni, è attratto solo
dagli oggetti. Ha un rapporto privilegiato con l’insegnante
delle 11 ore. Non tollera che lei possa parlare con qualcun
altro distogliendo la sua attenzione da lui. Cerca spesso
l’assistente igienico personale con il quale sta molto
volentieri.
21. Obiettivi:
Chiari: vanno formulati in modo
comprensibile e preciso.
Realistici: devono ragionevolmente poter
essere raggiunti a partire dalla metodologia e
dalle risorse a disposizione.
Pertinenti: devono essere in relazione e
rispettare la natura del problema in esame.
Condivisi: assicurarsi che gli obiettivi
siano riconosciuti e condivisi dal gruppo
22. Se viene stimolata una conoscenza adeguata nei
compagni è più facile che si attivino azioni di aiuto.
È necessario che i compagni capiscano che alcuni
comportamenti (scarse relazioni sociali o eventuali
atteggiamenti aggressivi) non sono dovuti a “cattiveria”,
ma rappresentano le conseguenze di un deficit.
-semplici spiegazioni degli aspetti principali della
sindrome
- visione di trasmissioni televisive o di film
-lettura e commento di biografie di autistici di alto livello
23. INSEGNANTE DI SOSTEGNO
_ Stimola l’alunno a prestare attenzione agli altri compagni
_ Utilizza il modello dei pari per ottenere comportamenti adeguati
_ Lo aiuta a chiedere ciò di cui ha bisogno
_ Rinforza l’alunno ed i suoi compagni quando mettono in atto
comportamenti appropriati
_ Non permette all’alunno di utilizzare i comportamenti
inappropriati per attirare la sua attenzione
_ incoraggia le sue capacità
24. Alcuni suggerimenti:
1)usare un linguaggio concreto
2) usare supporti visivi
3) saper gratificare. Tutti noi lavoriamo meglio in un
ambiente che ci fornisce possibilità di successo e nel
quale i nostri sforzi sono apprezzati.
4) non prenderla sul personale. E’ importante non
presumere che le persone autistiche capiscano come
dovrebbero comportarsi, perché non sanno farlo da sole.
5) COERENZA. Coerenza tra l’azione delle diverse
persone che si alternano con lui; coerenza nelle routine
quotidiane, nei compiti, nell’uso delle ricompense, nel
mantenere gli impegni, nel non cedere ai capricci, ecc.
25. PER EVITARE LA FUGA DAL COMPITO:
1.Individuare ciò per cui lavorerà
2. Iniziare con istruzioni facili, per poi aumentare il grado
di complessità (bilanciare il grado di difficoltà per
mantenere alto il livello di successo)
STRATEGIE REATTIVE
•Mantenimento dell’istruzione attuale (ciò che vuole
evitare)
•Ritorno ai rinforzi dopo aver ripreso il controllo
sull’istruzione
26. - Usare programma della giornata e chiarezza dei materiali
- parole-chiave e linguaggio semplice
-ISTRUZIONI IN FORMA VERBALE POSITIVA
(es. “si sta seduti”, “attenzione”, “colora” piuttosto che
“non ti alzare”, “non ti distrarre”, “non fermarti” ….).
perché?
•Il nostro cervello è portato a memorizzare il verbo
piuttosto che il “non”
•Non gli suggeriremmo il comportamento appropriato
- Aumentare la possibilità di fare scelte ed essere premiato
- Ascoltare l’allievo
- Mantenere la calma e ricordare di divertirsi
27. CARTA DEI DIRITTI ALLA COMUNICAZIONE
Ogni persona indipendentemente dal grado di disabilità, ha il
diritto di influenzare, mediante la comunicazione, le condizioni
della sua vita.
1. Il diritto di chiedere oggetti, azioni, persone e di esprimere
preferenze e sentimenti.
2. il diritto di scegliere tra alternative diverse.
3. Il diritto di rifiutare oggetti, situazioni,azioni non desiderate.
4. Il diritto di chiedere e ottenere attenzione e di avere scambi
con altre persone.
5. Il diritto di richiedere informazioni riguardo oggetti, persone
o fatti che interessano.
6. Il diritto di attivare tutti gli interventi che rendano possibile
comunicare .
28. 7. Il diritto di avere riconosciuta la propria
comunicazione e di ottenere una risposta anche nel caso
in cui non sia possibile soddisfare la richiesta.
8. Il diritto di avere accesso in qualsiasi momento ad
ogni necessario ausilio di comunicazione e di averlo
sempre in buone condizioni di funzionamento.
9. Il diritto a partecipare come partner comunicativo ai
contesti della vita di ogni giorno.
10. Il diritto di essere informato riguardo a persone, cose
e fatti relativi al proprio ambiente di vita.
11. Il diritto di ricevere messaggi in modo comprensibile
e appropriato dal punto di vista culturale e linguistico.
(National Committee for the Communication Needs of Persons
with Severe Disabilities, 1992)
29. A scuola l’integrazione deve prevedere:
-un coinvolgimento di tutti, evitando di delegare tutto
all’insegnante di sostegno e usufruendo delle sue
competenze;
-un approccio che non sia centrato solo sugli obiettivi (i
programmi), ma anche sulle relazioni;
-un senso della misura nel fornire quel sostegno necessario
con intensità, frequenza e durata commisurate al bisogno di
ciascun alunno (e non solo dell’allievo con disabilità);
-il potenziamento delle risorse residue o esistenti in ciascuno;
- il perseguimento dell’autonomia dei soggetti da educare.
30. -non è una istruzione individuale, in un
rapporto uno a uno
-adeguare l’insegnamento alle caratteristiche
individuali degli alunni (ritmi di
apprendimento, capacità linguistiche,
modalità di apprendimento, …), cercando di
conseguire obiettivi comuni alla classe.
31. L’obiettivo non si semplifica, viene curata solo l’accessibilità dei codici
linguistici (lingua dei segni, materiale in Braille, registrazioni audio).
è sufficiente utilizzare tecnologie più motivanti (ad es. software didattici)
e contesti didattici interattivi (apprendimento cooperativo, laboratori, ...).
Si modifica il lessico, si riduce la complessità concettuale, si usa la
calcolatrice, si modificano i criteri di esecuzione (consentendo più errori)
Si identificano le attività fondanti della disciplina accessibili all’alunno
L’alunno sperimenta, anche se solo da spettatore, la “cultura del
compito” (il clima emotivo, i prodotti elaborati, ...).
32. L’adattamento dei materiali permette di sperimentare il piacere del
successo e questo incrementa la motivazione e predispone a nuove
esperienze di apprendimento con i compagni.
Mediatore didattico: tutto ciò che l’insegnante mette in atto per
favorire l’apprendimento.
– esperienza diretta del ragazzo, ad es. esperimenti;
•Mediatori iconici – immagini, fotografie, filmati, schemi e, quindi,
si basano sulle abilità percettive dell'alunno;
•Mediatori analogici – possibilità di apprendimento insite
nel gioco e nella simulazione;
•Mediatori simbolici – ad es. la lezione frontale,
meno efficaci in quanto tendono a rendere passivo il ragazzo.
33. •Conoscere, riconoscere e valorizzare le differenze individuali.
•far capire e stimolare l’apprendimento.
•Efficacia relazionale: aiutare l’alunno a superare i comportamenti
problema sostituendoli con altri più positivi.
•Valorizzare la classe come risorsa: stimolare e privilegiare la
collaborazione e la cooperazione tra compagni.
•Rendere attivo il processo di apprendimento: tutti hanno qualche
punto forte (interessi, competenze), perché non valorizzarlo?
•Stimolare il lavoro di gruppo, dove ognuno, con la propria diversità,
aggiunge un punto di vista e interviene con le proprie competenze
•Alternare la didattica frontale con momenti di carattere pratico,
internet, cd e dvd, enciclopedie multimediali …
34. Mettiamoci in discussione
• Che tipo di rapporti esistono fra l’alunno e i suoi compagni di
classe? L’insegnante? Il corpo docente della scuola?
• Esistono dei rapporti sociali fra lo studente e i compagni al di
fuori dell’aula?
•Qual è l’atteggiamento complessivo della classe nei suoi riguardi?
• Dove si siede il discente? La sua collocazione ha degli effetti
sulla sua socializzazione e la sua accettazione da parte della classe?
• Con quali modalità/frequenza mi rivolgo al ragazzo? Come mi
presento a lui?
• Come ho favorito un piano di inserimento? Quali gli effetti?
Quali le carenze?
• Sono capace di fare un insegnamento differenziato per
accomodare le esigenze del ragazzo? Come farlo?
• Come rendere comprensibile l’input all’alunno?
• Quali sono le attività/materiali ai quali non risponde?
• Quali sono le maggiori difficoltà che incontra nella mia materia?
• Cosa pensa il discente del format delle lezioni?