1. Gioco, innovazione, passione.
Ad un anno dalla scomparsa.
IN VIAGGIO
CON AMILCARE
Ottobre 2
0
2
1
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al
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5
2021
2. In copertina:
Illustrazione di Fuad Aziz
3 Le mani Amilcare Acerbi
5 Introduzione Aldo Garbarini
7 IL GIOCO
8 Quando la creatività nasce dal Gioco Amilcare Acerbi
11 C’era una volta un drago volante
Tamara Lavina e Agata Magnani
15 “Chi ha voglia di giocare con me?”Maria Gabriella Strino
19 Ludendo Furio Ferri e Paola Maestroni
22 35 anni di attività ludiche Roberto Lattini
26 I CEMEA del Piemonte e Amilcare Acerbi Aldo Volpi
29 NATURA E TERRITORIO
30 Che ne penso dell’oudoor education Amilcare Acerbi
34 L’avventura come palestra di apprendimento
Milva Capoia
39 Perdersi nel bosco Daniela Viroglio
41 Il giardino dell’arte Ester Andreola
44 Territorio come nostalgia o territorio come speranza?
Andrea Iovino
52 Educatori visionari Lina Stefanini
54 Sport&Inclusion: Cascina Sereni in Santa Maria
dell’Argine Carlo Stassano
58 Vivere e imparare la terra e la natura Liliana Dozza
63 MEDITERRANEO
64 Per una scuola“mediterranea”dei bambini in età
uno-sei anni Amilcare Acerbi
68 I bambini del Mediterraneo Marica Marcellino
73 ESPERIENZE E TESTIMONIANZE
74 Il Gingko Amilcare Valeria Anfossi
76 Il fratello di Melqart Stefano Costa e Giuseppina Di Cesare
79 Eterno Amilcare Mario Giuffrida
82 “Vivere e Giocare nel mondo”con Amicare Acerbi
Lidia Urani
84 Metà professore e metà stregone Mauro Villone
85 Il mio amico Amilcare Fuad Aziz
86 Scheda Biografica
Dossier a cura di Enrica Fontani
con la collaborazione di Silvana Audano.
LE MANI
LA POESIA
IN VIAGGIO CON AMILCARE
DOSSIER
"Perché sono le mani, le mani della cuoca che prepara il sugo da mettere nella pasta.
Oppure le mani della contadina che sfogliano la verdura e scelgono
le carote da portare in tavola e ti mostrano come cresce la piantina
e ti raccontano quando è stata seminata.
Oppure sono le mani del naturalista-boscaiolo che ti ha accompagnato e che ti ha
fatto vedere come scorre la linfa dentro nel legno, come si muove e come fa crescere
l’albero, come fa crescere i rami e che scorrendo mostra le dita verso l'alto,
là in alto, e ti dice che se guardi bene c'è un foro, un nido del cuculo,
e ora sai come fanno i cuculi.
Ecco, son le mani, son le mani che faranno avere successo all'ostello, all'azienda,
al bosco.
Perché sono le mani che conoscono la natura, il materiale, il lavoro
e sanno raccontare quello che succede e quello che succederà.
Le mani che hanno racchiuso le tue, la prima sera che trascorrevi lontano da papà
e mamma e non riuscivi a prendere sonno.
Le mani umide dell'acqua della lanca, nella canoa, oppure bagnate
di sudore nel sistemare gli attrezzi dell'orienteering nel bosco."
"Le dita hanno smesso di ticchettare.
Gli occhi, 100 e più occhi, hanno terminato di controllare che non ci fossero errori,
che i numeri corrispondessero ai concetti.
Ore e ore di letture, di riletture.
Tutto a posto, possiamo chiudere i file.
PUNTO.
Ora possiamo davvero chiudere gli occhi."
Amilcare Acerbi
(Pedagogista)
Monticelli d'Ongina: 28 settembre 2020
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Zeroseiup Magazine
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Direttore responsabile:
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Ferruccio Cremaschi
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Pubblicazione autorizzata dal Tribunale di Bergamo
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n. 1963/2015 reg. stampa 14 del 26/05/2015
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IVA assolta dall’editore a norma dell’art. 74/DPR 633
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del 26-10-1972
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Poste Italiane Spa - Spedizione in A.P. - D.L. 353/2003
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(conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, LO/MI
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Direzione e Redazione: Zeroseiup, Rotonda dei Mille 1,
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24122 Bergamo
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3. D 4 D 5
ZEROSEI up
INTRODUZIONE
ALDO GARBARINI*
IN VIAGGIO CON AMILCARE
DOSSIER
* Già Presidente del Gruppo Nazionale Nidi e Infanzia è
stato fino a luglio del 2018 Direttore dei Servizi Educativi
della Città di Torino. È condirettore della collana “Pubblico
Professioni Luoghi della Cultura” della Angeli editore e, tra
le varie pubblicazioni, co-autore di “I diritti delle bambine e
dei bambini” (editrice junior/2010).
A
milcare Acerbi inizia il suo lungo per-
corso educativo e pedagogico già negli
anni Settanta del secolo scorso, con la
direzione del Campo Robinson di Pavia,
quasi un novello Robinson Crusoe che usa ciò che
trova nella cascina e nel bosco dell’area per dare
corpo ad un impianto pedagogico basato sull’au-
tonomia, la creatività, la relazione e l’esplorazione
dell’ambiente. Raccordi ed elaborazione di quella
esperienza del Comitato Italiano Gioco Infantile,
voluto e sostenuto da Adriano Olivetti, che lo vide
prima come partecipante ai corsi di formazione pro-
mossi sotto l’indirizzo di Dino Perego e, successiva-
mente, lo vedrà come direttore.
Quando ci siamo conosciuti a Torino, per il suo inca-
rico di consulenza pedagogica dopo che Valter Fer-
rarotti era “andato in pensione”, appariva ben chiara
questa dimensione educativa in cui l’ambiente ave-
va un ruolo non supplente e rivestiva, per questo,
una funzione determinante. Un ambiente, tuttavia,
non mitizzato né distante da quel contesto in cui
si operava e si agiva. Mi sembra infatti di poter dire
che per Amilcare l’ambiente, la natura, l’ecologia nel
suo più ampio spettro sono stati sempre pensati
nella loro dimensione storica concreta: una “natura
storicizzata” ( e certo su questa mia affermazione
avremmo potuto aprire una lunga discussione) che
mi pare alquanto propria e opportuna soprattutto
nell’oggi, quando – sulla spinta dei fenomeni sanitari
in corso- il tema del ritorno alla natura e agli spazi
aperti sembra prendere le forme di inviti e proclami
a volte distanti da seri e meditati approcci.
E così troviamo in questo dossier, che presenta un
denso e impegnativo percorso di ragionamento e
di esperienze, una natura che è fatta anche di radici,
buche, pozzanghere, fossi, corsi d’acqua, così come
ci imbattiamo in una natura trasformata dall’uomo
(appunto, una natura storicizzata), ovvero quell’agri-
coltura che sempre Amilcare ha rivendicato come
elemento inevitabilmente naturale anch’esso.
●
Fuori dagli spazi angusti della classe o delle came-
rette di casa propria possiamo stimolare l’esplora-
zione e la relazione perché i bambini sono naturali
esploratori del loro ambiente, interessati ad essere
autonomi. L’outdoor education, così, non è solo lo
stare fuori per evitare sovraffollamenti di spazi e con-
tatti troppo ravvicinati; diventa “una ricerca-azione
per definire intenti, individuare tappe, costruire consa-
pevolezze, esercitare comportamenti”. Il grande pal-
coscenico della natura deve aiutare a perseguire,
nell’educazione di bambini e ragazzi, la conoscenza
dei luoghi e dei contesti di vita e di lavoro e favorire
comportamenti adeguati ad una società ecologica-
mente sostenibile. Insomma, un processo educativo
che è ben distante da accomodamenti di facciata e
da semplici bucoliche visioni.
●
Questo richiamo ai comportamenti quotidiani ci
permette di recuperare un’altra fondamentale di-
mensione presente nel suo lavoro: quella del gioco.
Potere avventurarsi in cespugli, siepi, alberi, il mani-
polare terre, acqua, legna, lo scavare, lo spostare, il
trasportare, il costruire, così come ci viene raccon-
tato, sono tutte esperienze e azioni, che si snodano
nelle pagine che leggerete, finalizzate a ricordarci
che il valore del gioco è nell’apprendimento per
esplorazione, che il gioco a scuola ha valore se è
esplorazione. Qui emerge tutta l’esperienza creatasi
4. 7
ZEROSEI up
D 6
Il gioco, il vero gioco, è un’attività ove
chi la pratica domina la regola ed è
padrone del tempo. Il giocatore punta
a essere indipendente e autoregolarsi.
Un formidabile esercizio di libertà.
Gioco è esplorazione del sé in relazione
con cose e persone.
IL GIOCO
nel percorso che lo ha visto partire dal CIGI per giun-
gere almeno al Centro del Gioco Educativo del Co-
mune di Torino, impegnato con Valter Ferrarotti nel-
la organizzazione e nell’avvio delle attività. È tutto il
pensiero ludico (per gli argomenti trattati, ma anche
ludico per la modalità nel trattarli) che si è venuto
formando negli incontri con l’idea di pedagogia atti-
va di Diego Perego (che riprese nei cortili scolastici e
nei parchi l’impostazione che Freinet, gli insegnanti
del MCE e Francesco De Bartolomeis sperimenta-
vano nelle classi) per poi ovviamente svilupparsi in
modo autonomo.
Nasce non a caso da questo fermento e da queste
nuove dimensioni del fare educativo, già nel 1988,
il “Manifesto per l’educazione all’ambiente” che CIGI e
Comune di Torino presentarono agli operatori del
settore, rivendicando come l’avventura dovesse di-
ventare una dimensione del processo educativo al
pari delle altre forme di apprendimento, senza dover
patire subordinazioni o sottovalutazioni.
Siamo qui richiamati da Acerbi a confrontarci con il
concetto di“Ecopedagogia”elaborato da Paulo Freire
secondo cui il rapporto tra elaborazione pedagogi-
ca e natura non può essere solamente inteso come
educazione esperienziale fatta di attività all’aperto
e contatto con la natura; deve invece trovare nel
pensiero critico e nella comprensione l’elaborazione
di strumenti messi a disposizione di tutti per cam-
biare il mondo. Intanto, attraverso comportamenti
che sappiano favorire una saldatura tra rispetto della
natura e rispetto delle persone. “Una consapevolez-
za, - ci viene detto - che dovrebbe diffondersi anche tra
educatori e insegnanti affinché si studino e si applichi-
no modifiche nei comportamenti quotidiani”. È dun-
que anche un impegno civico, quanto scorre nelle
elaborazioni e nelle memorie qui contenute, perché
in fondo il tutto si tiene o almeno si dovrebbe tenere.
●
Non è dunque un caso che nel suo pensiero sia
fortemente presente un’ulteriore dimensione in cui
deve essere inscritta l’azione pedagogica: quella del-
la comunità educante. I genitori sono sempre molto
presenti anche fisicamente nei progetti che h sem-
pre sviluppato e se non presenti, comunque riman-
gono come soggettività attiva per la determinazione
di un rapporto produttivo con i bambini e con edu-
catrici, educatori ed insegnanti finalizzato alla co-
struzione dei percorsi di autonomia e di conoscenza.
Così come il richiamo agli operatori appare, proprio
per il ruolo fondamentale che svolgono, alquanto
stringente:“Se si vuol agire come comunità educante
e non come semplici fornitori di servizio, bisogna es-
sere preparati al lavoro in team, conoscere il risvolto
esaltante di certi risultati ottenibili insieme, ma an-
che essere preparati a frustrazioni e ripensamenti”.
●
È lo stesso autore, peraltro, a dedicare la sua opera a
insegnanti che vuole “giovani dentro” perché capa-
ci di avventurarsi con passione per l’autonomia, la
personalità e la creatività di bambine e bambini. E
ai genitori che vogliano perseguire l’autonomia dei
propri figli condividendo con gli insegnanti le strate-
gie opportune.
●
Ci troviamo, dunque, di fronte ad un pensiero arti-
colato, complesso come d’altronde è oggi il mondo
con cui ci confrontiamo, ma anche suggestivo per
quanto suggerisce e gioioso, come sempre Amilcare
Acerbi è stato, riuscendo a coniugare un impegno
personale anche alcune volte gravoso con la per-
cezione di stare operando in uno dei campi più im-
portanti nella dimensione di un qualsiasi consesso
umano: quello della formazione del proprio futuro.
●
Purtroppo, da più di un anno Amilcare ha smesso
di camminare in quegli ambienti naturali che ci ha
sempre ricordato. Ho avuto il piacere di lavorare in-
sieme per alcuni anni e poi, finita l’esperienza torine-
se, di continuare a chiacchierare, parlottare, discute-
re, trovarci d’accordo e qualche volta no in un suo
impegno che non è mai venuto meno. Rileggendo
le righe di questo dossier non ho potuto che ritro-
vare quegli stimoli, quegli approfondimenti, quelle
passioni, anche a volte urgenti e “rumorose”, che lo
hanno accompagnato in tutti questi anni di impe-
gno educativo e civile.
Per questo, sono stato e rimarrò sempre molto con-
tento di averlo conosciuto.
IN VIAGGIO CON AMILCARE
DOSSIER
5. D 8 D 9
ZEROSEI up
S
iamo nel tempo in cui
le famiglie per lo più
si formano su un patto
affettivo, e non di con-
venienza, dove la rela-
zione regge sino a quando l’affet-
to si mantiene. È il tempo in cui,
grazie alla maggiore cultura dei
cittadini, si è passati dall’alleva-
mento dei figli secondo schemi
tramandati tra generazioni e,
per lo più con una educazione di
stampo autoritario, ad un alleva-
mento perfezionato dalla scienza
e a un’educazione “democratica”,
basata sulla relazione e sul dialo-
go, per la quale è fondamentale
la definizione di un “contratto”
tra adulto e bambino, contratto a
sviluppo variabile, parallelo alle
età. Il problema attuale è come si
imposta questo contratto, chi fa
da modello ai nuovi genitori. Un
tempo in cui per la prima volta
comportamenti e saperi, preva-
lenti, di bambini, ragazzi, ado-
lescenti, derivano dai mass-me-
dia più che dai genitori e dagli
insegnanti: i comportamenti e
le conoscenze sono strettamente
correlate al consumo di beni; i
migliori conoscitori delle moda-
lità di rapportarsi con bambini,
ragazzi, adolescenti, dobbiamo
purtroppo riconoscere, sono gli
ideatori delle campagne pubbli-
citarie e di vendita.
●
La relazione tra società e minori
si basa dunque sul consumo di
beni. Anche ora, come sempre
nella storia, è la comunità che
interviene con proprie moda-
lità ad accogliere il giovane nel
consesso degli adulti; un tempo
vi erano i riti di iniziazione, ge-
stiti da figure esterne alla coppia
generante, ora tale comunità è
rappresentata dall’ente locale e
dallo Stato, attraverso i suoi vari
organismi.
Volete uno spaccato odierno dei
riti di iniziazione? Quelli più
specificamente deputati ad ac-
compagnare e segnare la crescita
dovrebbero stare nella scuola: ma
la valutazione delle competenze è
molto approssimativa e gli esami
sono estremamente imprecisi. I
veri riti di passaggio per diveni-
prelievo fiscale ulteriore. Legit-
timato, sostenuto, diffuso dallo
Stato. E va ben oltre la sfida alla
sorte dei giochi popolari basati
sul lancio dei dadi o simili.
●
Il gioco, il vero gioco, è un’atti-
vità ove chi lo pratica domina la
regola ed è padrone del tempo.
Il giocatore punta ad essere in-
dipendente e autoregolarsi. Un
formidabile esercizio di libertà.
Gioco è esplorazione del sé in
relazione con cose e persone. L’e-
splorazione conduce agli adatta-
menti. E qui si apre il confronto
col concetto di creatività. Crea-
tività è la capacità di acquisire e
trasformare, così come di risol-
vere problemi tecnici (la capacità
logica) e di mettere a punto mo-
dalità comunicative (la capacità
espressiva ed artistica). Esplora-
zione dell’ignoto per intervenire
nella realtà. Non si nasce creativi,
ma tutti gli individui sono predi-
sposti ad imparare, si potrebbe
dire “programmati per impara-
re”. Le regole dei giochi non sono
innate, ma si acquisiscono dagli
altri. Dunque si può educare
all’una e all’altra abilità.
Oggi il gioco non si impara più
dai più grandi, considerato che i
fratelli sono pochi e i cugini non
sono più prossimi; non solo ma
i luoghi all’aperto non sono più
frequentati quotidianamente e
in quelli al chiuso i gruppi sono
omogenei per età e abilità e sono
governati dagli adulti. Il gioco è
una dimensione di addestramen-
to, alla prova e alla divergenza; il
gioco è uno dei mezzi più formi-
dabili per insegnare la creatività.
Libertà e creatività vanno acqui-
siti progressivamente. Oggi più
che mai ciò fa parte di una stra-
tegia della comunità; anche se si
vuole a difesa di bambini, ragaz-
zi, adolescenti assaliti dai vendi-
tori di oggetti e comportamenti.
Il mancato intervento conduce
all’alienazione dell’individuo e
alla rinuncia ad utilizzare la pro-
pria capacità di essere liberi. La
comunità che non provvede a
offrire occasioni, spazi, tempi a
educare al gioco dimostra di pre-
ferire la formazione di cittadini
non liberi e non autonomi. Se
genitore e insegnante non riesco-
no a indirizzare i comportamen-
ti è necessaria una terza figura,
quella dell’educatore/animatore,
che operi non per contenere ma
per accompagnare e far evolve-
re. Oggi purtroppo è prevalente
la funzione di contenimento. Io
ho operato per far emergere mo-
dalità e contesti che accompa-
gnassero bambini, ragazzi, ado-
lescenti verso libertà di giudizio,
autonomia, indipendenza.
Mi servirò ora di alcuni esempi
per dimostrare come sia possibile
insegnare creatività, dentro una
dimensione ludica. Non temo di
affermare che il gioco proposto
da una comunità debba essere
Le riflessioni e gli esempi che qui proporrò
emergono dai contesti in cui ho operato,
ovvero una serie di interventi e servizi a
favore di bambini, ragazzi, adolescenti,
nelle scuole e nel territorio.
re adulti i ragazzi li riconoscono
nella prima sigaretta, nel moto-
rino, nella discoteca, nel primo
rapporto sessuale, nello spinello,
nel “piercing” e nel tatuaggio,
nella patente: tutte prove e azio-
ni con forte connotato negativo
e ansiogeno da parte degli adul-
ti; si basano sull’età anagrafica
(come diritto naturale) e non su
abilità acquisite e riconosciute.
Con questo sfondo ho condotto
le mie esperienze di educatore e
di pedagogista. Che nesso hanno
la creatività e il gioco con tutto
ciò? Proverò a dimostrare che
hanno un nesso, e forse più di un
tempo, considerati i nuovi valo-
ri della convivenza e le esigenze
economiche e di progresso della
società.
Parlo di gioco. Non del gioco di
azzardo. Nel gioco di cui parlo
c’è l’azzardo, da intendersi come
sfida condotta sul filo del pro-
prio limite fisico e psicologico.
Il gioco d’azzardo invece, basato
sulla debolezza dell’individuo,
rappresenta oggi un balzello, un
QUANDO LA CREATIVITÀ
NASCE DAL GIOCO
SVILUPPARE IL PENSIERO E LA SOCIALITÀ
AMILCARE ACERBI
IN VIAGGIO CON AMILCARE
DOSSIER
Conversazione con educatori e
insegnanti dei servizi della prima
infanzia di Gorizia, 3 Febbraio 2016
6. D 10 D 11
ZEROSEI up
IN VIAGGIO CON AMILCARE
DOSSIER
educativo, avere un fine sociale
per facilitare l’ingresso del giova-
ne nel mondo adulto del lavoro e
della comunità. D’altra parte così
è stato, spontaneamente, nelle
epoche passate, quando il gioco,
pur derivava dall’osservazione e
dall’imitazione delle azioni degli
adulti o dall’invenzione di azioni
che portassero al confronto, an-
che conflittuale, con coetanei e
con gli adulti.
●
Il bambino vive e gioca nel suo
tempo, secondo il contesto che
offrono gli adulti. Oggi il con-
testo proposto ai ragazzi è quasi
totalmente virtuale. Chi propone
gioco deve tenerne conto e ren-
dere positiva questa ulteriore op-
portunità di esperienza, agendo
tanto sul virtuale quanto sul rea-
le e materico. Controbilanciando
le esagerazioni determinate dalla
pubblicità. È strategico oggi por-
tare l’attenzione sul come edu-
care alla creatività, al pensiero e
alla socialità. L’utilizzo precoce
degli strumenti digitali, con i re-
lativi prodotti di intrattenimento
conduce i piccoli in un mondo
virtuale piacevole, fisicamente
sicuro, domestico. Inizia così
però l’estraniazione dal mondo
reale, delle persone, della natu-
ra. L’assuefazione è facile e tale
condizione dei bambini è rassi-
curante per i genitori, entusiasti
che il proprio figlio sappia de-
streggiarsi nella modernità dei
prodotti. L’assedio del mercato
va analizzato, i bambini vanno
aiutati a conoscere e valutare il
senso e l’utilità degli oggetti, a
evidenziare alternative o ma-
nipolazioni possibili, debbono
essere accompagnati a scoprire
interessi ed aiutati con discre-
zione a coltivarli. Virtuale e reale
vanno considerati in relazione,
come due mondi di cui prendere
confidenza e acquisire progres-
sivamente padronanza, ricono-
scendone utilità e specificità. Il
rapporto coi genitori si deve fon-
dare su un patto, che riconosca
la loro voce come educatori, crei
una relazione aperta e continua-
tiva con gli educatori, sapendo
essi distinguere aspettative ne-
cessariamente diverse, si sviluppi
attraverso confronti periodici su
alcuni elementi valoriali (educa-
zione alla sobrietà, alla coopera-
zione, alla solidarietà ...).
La diversità. La creatività. La di-
versità è ricchezza? La creatività
è dote italica naturale? Bisogna
studiare e sperimentare come la
diversità diviene ricchezza; bi-
sogna alimentare la creatività di
ciascuno e sfatare che sia frutto
genetico. Queste considerazioni
conducono all’esigenza di rivede-
re le impostazioni di accoglien-
za, di gestione, di stimolazione
dei piccoli, tra l’anno e i sei anni.
L’universo simbolico deve essere
preceduto o quantomeno arric-
chito di concretezze, di processi
reali, di contatti e di scoperte di
cose, elementi naturali, persone.
L’attività appagante col digitale
porta all’isolamento progressivo,
se non c’è esercizio di relazione
con altri bambini e altri adulti; la
capacità di stare in società, di fare
amicizie, di riconoscere per tem-
po i comportamenti altrui positi-
vi o negativi diventa impossibile.
Ladiversitàèrisorsaquandonella
relazione apporta un contributo
per accrescere le abilità di ciascu-
no, per alimentare l’immaginario,
creare basi per una coesistenza
basata sul reciproco rispetto e
sulla curiosità verso il nuovo. La
curiosità verso il nuovo è humus
per la creatività.
●
Vi è un altro limite da evidenzia-
re. Lo scarso utilizzo del corpo
non è solo foriero di inabilità o di
obesità precoce. Studi e ricerche
stanno dimostrando come nella
prima fase della vita l’esercizio
fisico faciliti e rafforzi l’appren-
dimento. Dunque diviene fon-
damentale che il bambino eser-
citi le sue capacità creative, sia
immerso volontariamente dagli
adulti in esperienze di realtà,
svolga azioni fisiche quotidiana-
mente. Tali approcci devono es-
sere costanti, vere e proprie rou-
tine quotidiane, così come si fa
raggiungere a ciascun bambino
l’autonomia nel provvedere alla
propria igiene personale o nell’a-
limentarsi da solo. I bambini per
lo più amano giocare in solitaria
e svolgere le proprie storie sino
ad esaurimento. Se giocano ac-
canto gli uni agli altri è possibile
che si influenzino copiandosi a
vicenda. Ciò è naturale, d’altra
parte hanno imparato a cammi-
nare ed a parlare imitando gli
adulti più vicini. Può essere che
per brevi periodi intreccino ruo-
li complementari secondo una
storia che inventano e sviluppa-
no insieme. Per questo è impor-
tante che dispongano di angoli
gioco. Per angolo gioco intendo
una porzione di ambiente inter-
no (aula, salone, corridoio, anti-
bagno) ove collocare giocattoli,
strumenti e alcuni mobili, con
funzioni similari, posizionati in
modo che vi si possano inseri-
re al massimo sei bambini per
svolgere attività in contempora-
nea. L’angolo gioco sia ristretto,
assomigli ad una nicchia, dove si
evitino interferenze volontarie o
involontarie da parte di altri.
Questo è il vero gioco libero,
dove nascono le prime relazioni
e le prime amicizie. All’educatore
il compito di coglierle e far speri-
mentare qualche collaborazione
un poco più complessa e dura-
tura. Collaborazione, coopera-
zione, solidarietà scaturiscono
da relazioni serene, con progetti
di breve periodo, assecondando
simpatie e comunque sempre va-
lorizzando le conquiste di singoli
e di gruppetti.
È
sempre meglio che le
“cose” belle nascano da
eventi belli, positivi,
ricchi, luminosi, pieni
di speranza. Ma non sempre è
così nella storia. E poi “non tutti
i mali vengon per nuocere” recita
un vecchio proverbio della tra-
dizione contadina, che ci riporta
ad una dimensione quotidiana,
passata e presente, e mette in
luce anche le opportunità che un
evento negativo porta con sé.
Era parecchi anni che non si ve-
devano così tante classi uscire,
per giocare, dalle pareti scolasti-
che: magia del virus! Bambini e
bambine in un periodo così buio
hanno guadagnato l’aria aperta!
Il virus è meno pericoloso e insi-
dioso all’aperto, quindi apriamo
le porte e, anche se con le ma-
scherine, “liberi tutti!” il grido
di liberazione di tutti i “prigio-
nieri e prigioniere” del gioco di
Nascondino, uno dei giochi più
belli e diffuso in tutto il mondo,
ricco d’implicazioni relazionali,
motorie, cognitive, che si fa all’a-
perto, in quell’ambiente che tante
istituzioni educative e ricreative
hanno dimenticato.
Un’altra cosa che l’infanzia ha
guadagnato è la liberazione dagli
impegni di corsi e attività pro-
grammate, e spesso scelte dai
genitori, che occupano tutto il
cosiddetto “tempo libero”. Fare
sport, coltivare le arti è salutare,
ma un’eccessiva esposizione è
tossica, specialmente se preco-
ce, e se dettata da una tempistica
che non tiene conto delle reali
esigenze dei diretti interessati.
Anche quello del tempo libero è
un mercato e come tutti i mercati
ciò che conta è, prioritariamente,
la circolazione del denaro.
Anche festeggiare i complean-
ni con pochi invitati scelti, con
ritorno ad una dimensione più
intima, può essere rigenerante
per l’animo e la qualità delle re-
lazioni.
●
Per i ragazzi e le ragazze più
grandi è una prova dura non an-
dare a scuola, non frequentare i
compagni in ambiti strutturati,
Le autrici ricordano come Amilcare Acerbi
abbia contribuito alla nascita e allo sviluppo
della ludoteca il “Drago volante”, curando un
percorso formativo ricco e articolato, che con
grande lungimiranza valorizzava l’ambiente
naturale come spazio ludico favorevole alla
scoperta, alla conoscenza, al rispetto della
natura e delle sue regole.
C’ERA UNA VOLTA
UN DRAGO VOLANTE
TAMARA LAVINA e AGATA MAGNANI*
Immagini dalle
Ludoteche di Torino
* Insegnanti, ludotecarie, formatrici,
presso il Comune di Torino
Hanno collaborato alla progettazione
creazione e gestione della ludoteca
“Drago Volante”dove hanno lavorato
occupandosi del servizio ludo
mattino (0/3), delle attività di gioco
e laboratorio con bambini bambine
(+3/14anni) e le loro famiglie e
dei percorsi con le classi. Hanno
gestito inoltre le formazioni delle
insegnanti e dei nuovi ludotecaria.
Oggi in pensione collaborano come
volontarie con il Comune di Torino.
7. D 12 D 13
ZEROSEI up
IN VIAGGIO CON AMILCARE
DOSSIER
ma era da tempo che non si ve-
devano piccoli gruppi di due, tre
adolescenti che, dandosi appun-
tamento sotto casa chiacchiera-
vano, seppur con mascherine,
passeggiavano vicino a casa o
nel giardinetto del quartiere
con monopattino o bicicletta o
a piedi, riscoprendo il piacere
semplice, ma fondamentale per
la crescita, dell’incontro e della
comunicazione con gli amici.
Tutto questo sarà tesoro, se gli
adulti sapranno comprenderlo e
valorizzarlo, per i tempi migliori
che arriveranno prima o poi.
Per questo lo psichiatra Massimo
Recalcati sostiene che “non ci
sarà alcuna generazione covid”
in un articolo de La Repubbli-
ca, ma ci sarà un “prima covid”
e un “dopo covid”, una linea di
demarcazione che dividerà ide-
almente due periodi storici.
A conferma di ciò in una gior-
nata estiva, al mare, infatti, due
bambini, un fratello e una so-
rella, parlando tra loro delle
esperienze marine dividevano
la loro vita con una naturalezza
che solo i bambini conoscono,
in un’era “prima del covid” e in
un’era “dopo il covid”: i bambini
ci guardano e ci insegnano.
La vita di tutti noi è segnata da
un prima e un dopo. Anche per
le ludoteche e il gioco ci sarà
un prima e un dopo. L’obietti-
vo, però, resta quello di creare
e difendere uno spazio ludico a
misura di bambini e bambine, di
ragazzi e ragazze.
di recupero. Luigi Nervo ci ha
trasmesso l’amore per la bellezza
delle macchine ludiche di legno.
Insomma il CIGI e in particolare
Amilcare Acerbi e Giorgio Bar-
tolucci hanno curato una forma-
zione fondamentale per le arte-
fici di un nuovo servizio ludico.
La formazione permanente, sia
di gruppo che individuale, è
sempre stata importante per la
qualità del lavoro e del servizio.
Formarsi significa anche rinno-
varsi nelle motivazioni e nelle
prospettive future.
Per questo motivo negli ultimi
anni ci siamo dedicate anche alla
formazione di nuovi/e ludote-
cari/rie, di personale educativo
che potesse “far prendere il volo”
a nuovi servizi similari e a cui
poter lasciare il testimone. Il ri-
chiamo al “volo” è legato al nome
scelto per la ludoteca: Drago Vo-
lante, un nome ispirato alla sua
posizione geografica, tra i due
fiumi principali di Torino, il Po
e la Dora Riparia, in un punto
particolare dove la tradizione
popolare narrava di un’isola. L’i-
dea di un animale fantastico che
abitava l’isola è frutto della fan-
tasia delle fondatrici. Il drago vo-
lante avrebbe dovuto far scoprire
ai bambini il suo tesoro affinché
essi potessero diventare final-
mente adulti, ma adulti ludici!
La sede della ludoteca era adagia-
ta in un verde giardino, abbrac-
Prima…
La storia della ludoteca dove ab-
biamo lavorato per 33 anni inizia
negli anni ’80, in un momento di
grande fermento pedagogico e
di rinascita nel mondo dell’edu-
cazione in Italia.
In particolare a Torino la ludo-
teca “Drago Volante” era inserita
nel progetto educativo della Città
che concepiva il territorio come
luogo di esperienza, di socializza-
zione, di educazione formale ed
informale: la scuola, la famiglia,
l’associazionismo agivano come
comunità educante. L’obiettivo
principale era la tutela del ben-es-
sere dei cittadini più giovani.
L’idea di una ludoteca come cen-
tro d’incontro ludico territoriale
nasceva dalla riflessione di un
gruppo di giovani insegnanti
comunali di scuola elementa-
re, piene di speranza e voglia di
mettersi in gioco, di entusiasmo
autentico sulla necessità di un
progetto che tutelasse il diritto
dei bambini al gioco.
Era un gruppo che veniva dall’e-
sperienza del doposcuola e della
Scuola Integrata che a Torino ha
significato molto per l’istituzione
scolastica ed il suo rinnovamen-
to. Non più il doposcuola come
opera assistenziale, ma momento
educativo e ricreativo di qualità a
sostegno delle famiglie e dei/delle
loro figli/e. Non ancora il Tempo
Pieno Statale, ma una sua profi-
cua sperimentazione che vedeva
la collaborazione di un insegnan-
te statale e uno comunale.
●
Il modello più diffuso di ludoteca
in Italia e all’estero in quel perio-
do era diverso da quello attuale:
“nata con la fisionomia di una
biblioteca che cataloga e allinea
nei suoi scaffali giochi e giocat-
toli, anziché libri (Toys Library è
il suo nome inglese), la ludoteca
si caratterizza inizialmente come
ciata da strade e palazzi, come un
nido fra gli alberi, “una fiaba che
era iniziata splendidamente e mi
auguro si concluderà felicemente,
altrimenti che fiaba è?...” scrisse
Giorgio Bartolucci in un articolo
de La Ludoteca del lontano gen-
naio-febbraio 1995 che ci piace
riproporvi. Allora, come oggi,
un servizio per il diritto al gioco
faticava a trovare una nuova stra-
da, una nuova ripartenza. E come
tutte le strade bisogna che porti-
no da qualche parte secondo ben
ponderate direzioni.
●
L’articolo che segue porta la
firma di Giorgio Bartolucci,
direttore della rivista La Ludo-
teca, con cui Amilcare Acerbi
ha stretto una lunga e proficua
collaborazione negli anni ’80,
gli anni della nascita del Centro
per la Cultura Ludica “Walter
Ferrarotti”, delle ludoteche tori-
nesi per cui il CIGI ha curato il
progetto formativo, gli anni della
prima biennale del Gioco e del
Giocattolo.
“Carissime amiche, la risposta
alla vostra lettera sarà l’Editoria-
le di questo inizio di ’95, perché
la vostra tristezza e la mia, che
ho seguito da vicino il vostro la-
voro iniziale, non sono un fatto
privato ma di tutti i ludotecari
che vi conoscono e apprezzano.
Considerate la vostra situazione
spazio di gioco e per il servizio
di prestito dei materiali ludici di
cui dispone” (Roberto Farnè, In-
troduzione alla Casa dei Giochi).
Il tipo di servizio che abbiamo
contribuito a far nascere alla fine
degli anni ’80 nei locali di una
ex-scuola torinese, già oltrepas-
sava questa visione di ludoteca
come “teca” dei giocattoli. Me-
glio sarebbe stato definirla Cen-
tro d’Incontro per la Promozio-
ne del Gioco rivolto a bambini/e,
ragazzi/e e alle loro famiglie.
La sua caratteristica principale,
che si è mantenuta nel tempo, è
stata la funzione di grande piaz-
za, dove per più di duemila bam-
bini è stato possibile l’incontro, il
confronto, lo scambio e lo scon-
tro nel gioco, attraverso la pre-
disposizione di un ambiente ac-
cogliente e di una progettazione
delle attività condivisa nel lungo
periodo e quotidianamente.
Un servizio che, visto con occhi
di oggi, aveva in sé parte dello
spirito e dei presupposti di quel-
lo che sarebbe diventato il pro-
getto ludoteca rivolto a tutte le
fasce d’età.
Il CIGI (Comitato Italiano Gio-
co Infantile), presieduto da
Amilcare Acerbi, ha contribui-
to alla nascita e allo sviluppo di
questa idea di ludoteca, curando
un percorso formativo ricco e
articolato, che con grande lun-
gimiranza valorizzava l’ambiente
naturale come spazio ludico fa-
vorevole alla scoperta, alla cono-
scenza, al rispetto della natura e
delle sue regole. La parte di for-
mazione prettamente ludica, di
animazione, di attività espressive
e di laboratorio di costruzione
dei giochi è stata curata dai CE-
MEA, secondo una metodologia
che muove dalla progettualità
del lavoro d’equipe. Inoltre Coca
Frigerio ha curato la formazione
intitolata “Da cosa nasce cosa”,
trasmettendo la passione e le
possibilità creative del materiale
come un’altra puntata della fiaba
che era iniziata splendidamente
e mi auguro si concluderà felice-
mente, altrimenti che fiaba è?. E
poi ho molta fiducia nel Drago
Volante per averlo visto all’opera.
Credo che l’omaggio più bello
che possiamo fare a questo stra-
ordinario personaggio sia quel-
lo di sollecitare la memoria dei
grandi che ne conservano anco-
ra il ricordo e farlo conoscere ai
più piccini riproponendo i tratti
salienti della prima puntata di
questa fiaba.
Il 23 agosto 1987 due astronau-
ti amici nostri, in orbita intorno
alla terra, avvistarono per primi
un enorme Drago Volante che
solcava con le sue ali immense
lo spazio nero e silenzioso. Le
stelle delle galassie più lontane
ammiccavano maliziose, quasi
complici dello strano passaggio:
strano davvero perché gli stru-
menti di bordo non registravano
alcun segnale. Ai nostri amici
non restò che annotare il fatto
sul diario di bordo e, sconcertati,
continuare a seguire dall’oblò il
viaggio del Drago.
Quest’ultimo si dirigeva veloce
e sicuro verso la terra. Non era
certo il suo primo viaggio sul
pianeta, ma dall’ultima volta era
passato molto tempo e ora aveva
un compito lungo e difficile: sve-
gliare i Grandi draghi dal Lungo
Sonno e restituire loro la capaci-
8. D 14 D 15
ZEROSEI up
IN VIAGGIO CON AMILCARE
DOSSIER
tà di volare, persa durante il Tre-
mendo Gelo.
Per primo cercò il Drago Blu che
era solito dimorare nelle profon-
dità delle acque marine, ma in
occasione del Lungo Sonno ave-
va scelto come letto il fiume Po,
all’altezza proprio della città di
Torino, in prossimità del Castel-
lo del Valentino; ed era ancora lì,
enorme, con la sua mole e tutta
la sua immensa forza. Il Drago
Volante lo svegliò lentamente
raccontandogli di antichi eroi, di
lunghe lotte tra i flutti del mare
in tempesta, di ricchi tesori con-
quistati con audacia e bravura da
bambini diventati, così, adulti:
gli ricordò l’Antro del Corsaro
e la storia del piccolo Gianni.
Le storie fluivano alla mente del
Drago Blu trasportate dalle onde
e dai mulinelli.
Si calò poi nella bocca del vulca-
no per svegliare il Drago Rosso
che dormiva beato, cullato dal
brontolio della lava. Il Drago Vo-
lante ricordò la storia del Tesoro
di Fuoco, il più nascosto, il più
difficile da trovare, il più gelo-
samente custodito dei tesori. Il
Drago Rosso si svegliò ruggen-
do, allegro, chiassoso, pronto alla
nuova sfida, alla nuova avventu-
ra: altri tesori avrebbe messo in
gioco, altri bambini e ragazzi si
sarebbero misurati con lui per
carpirgli il tesoro e diventare fi-
nalmente adulti.
Fu poi la volta del Drago verde
che sonnecchiava nel folto del-
la foresta amazzonica ricoperto
ormai da una lussureggiante ve-
getazione. A lungo l’agile Drago
U
n articolo per Amil-
care? Ci penso… No,
non può essere un
articolo, è un dialogo,
un colloquio come tanti avuti in
passato periodicamente, un ri-
sentirci al telefono per illustrare
le novità, i nuovi percorsi intra-
presi e riannodare ogni volta il
filo del discorso interrotto. Ecco
è questo che farò caro Amilcare,
parlarti direttamente come ab-
biamo fatto fino ad un anno fa,
prima che qualcosa di irreversi-
bile ponesse fine alle parole.
Devo tornare indietro negli anni,
un bel po’ di anni per ricostruire
le tracce di questo percorso che
ci ha accomunato e che abbiamo
professionalmente condiviso.
Vent’anni giusti sono trascorsi
da quando arrivasti in questa
Omegna piovosa che accoglieva
sempre te e Maria Teresa con i
rubinetti autunnali o primave-
rili aperti, quasi un omino sulle
nuvole di rodariana memoria ti
aspettasse ogni volta per darti il
benvenuto. Anche durante l’ul-
timo tuo arrivo portasti con te
l’ombrello ma, per ironia, questa
volta non piovve e lo dimenti-
casti qui quell’ombrello; lo con-
Verde volò con il Drago Volante,
a lungo parlarono nella strana
lingua dei draghi che, ahimè, a
noi adulti è dato parlare ma non
capire e ai bambini capire e non
parlare.
●
Volando su un’immensa prateria
i Draghi si salutarono forse ri-
cordando la storia della bambi-
na che chiudeva gli occhi perché
voleva restare piccina.
Il Drago Volante proseguì sve-
gliando il Drago Lilla che si era
avvolto tra le pieghe delle neb-
bie del Tonchino. Il Drago Lilla
comunicò al Drago Volante che,
prima del Lungo Sonno, aveva
compilato un “Decalogo per i
Draghi” da pubblicare in occa-
sione del loro prossimo raduno e
aveva, inoltre, svolto un’inchiesta
sul mondo degli adulti annotan-
dola sul suo quadernone. Pare
che su una pagina ci fosse scritto
quanto segue: “Quando i bambini
conquistano il Tesoro del Drago
diventano adulti. Gli adulti non
vedono più i Draghi a meno che
non viaggino nello spazio, ma ne
conservano il ricordo e il Tesoro.
Attenzione, chi ha raffreddori
ripetuti e poca voglia di giocare
forse ha perso il tesoro, nel qual
caso si consigliano cure termali e
gite prolungate ai Tropici…”
Il Drago Volante fece molti com-
plimenti al Drago Lilla e prose-
guì la sua missione. Egli impie-
gò tutto l’inverno per ritrovare i
Grandi Draghi e svegliarli uno
per uno, anche quello Giallo e
quello Nero, e poi sappiamo che
servo ancora e, naturalmente, lo
utilizzo in tuo ricordo.
Rodari fu il collante che consentì
di farci conoscere, tu, primo di-
rettore del nascente Parco della
Fantasia, io insegnante di scuola
Primaria innamorata di Rodari,
del suo essere poeta, scrittore ed
affabulatore, un genio indiscusso
che era sempre più necessario far
conoscere soprattutto agli inse-
gnanti, ai bambini e ai genitori. A
vent’anni dalla sua morte ancora
troppo pochi ne conoscevano il
nome, alcuni, una minoranza
per fortuna, nemmeno quello;
tanti ricordavano le filastrocche
usò più volte la nostra Ludoteca
per riposarsi.
Ora nuove avventure aspettano
Draghi e bambini.
Alla fine di ogni gioco, un bam-
bino il tesoro troverà e grande
diventerà. Buon’avventura!
Come dicevo, ci auguriamo di
cuore che la vicenda abbia un
lieto fine. Abbiamo pubblicato
il vostro accorato appello de-
nunciando il fatto: ci auguria-
mo che altri ci seguano affinché
un’esperienza significativa come
questa non finisca così. Sareb-
be un’ulteriore sconfitta di tutte
le ludoteche. Le informazioni
raccolte da persone autorevoli o
comunque “informate sui fatti”
parlano di spostamento tempo-
raneo ma non adeguamento di
piazza Chiaves. Bisognerà vigi-
lare perché tutto vada nel verso
giusto. I Draghi sono una razza
troppo importante per il futuro
dell’umanità e ci dispiacerebbe
se lasciassero il nostro paese ac-
cusandoci di scarsa ospitalità ...”
●
La storia del Drago Volante, da
cui è scaturita la scelta del nome
da dare alla ludoteca è stata ela-
borata dal gruppo originario
delle insegnanti fondatrici ed è
stata scritta da una di loro, Anna
Maria Battaglia.
Fortunatamente il Drago Vo-
lante ha trovato una nuova casa
nello stesso quartiere, nel 1998,
dotata di ampi spazi interni, ma
sfornita di area verde. Ha fatto
giocare ancora per ventun’anni
bambini e bambine, ragazzi e ra-
gazze di Torino e dintorni.
Purtroppo da settembre 2021 ac-
coglierà solo più bambini e bam-
bine da 1 a 3 anni al mattino:
speriamo che la prossima storia
non sia quella di un drago che
non riusciva più a volare. Anche
Amilcare Acerbi ne sarebbe mol-
to dispiaciuto.
composte per l’infanzia, ma ben
pochi avevano avuto modo di
apprezzarlo come scrittore per
adulti, giornalista e soprattutto
“pedagogista”. Tu, come primo
Direttore di questo Parco lettera-
rio che lo voleva ricordare e per-
petuare, ti assumesti il compito
di divulgare il pensiero rodaria-
no perché in te era profonda-
mente radicato lo spirito ludico
che ha caratterizzato tutta l’opera
di Rodari.
●
In quell’autunno del 2001 radu-
nasti attorno a te molti insegnan-
“CHI HA VOGLIA DI
GIOCARE CON ME?”
MARIA GABRIELLA STRINO *
* Insegnante in pensione,
studiosa di Rodari, presidente Auser
Cusio, vicepresidente Associazione
I Lamberti.
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IN VIAGGIO CON AMILCARE
DOSSIER
ti del territorio cusiano ma non
solo, alcuni arrivavano anche da
zone più distanti, accomunati
dalla volontà di conoscere per
affinare i propri strumenti pro-
fessionali e migliorare il modo di
condurre la scuola; l’obbiettivo
era renderla più viva, più parte-
cipata, per avere bambini svegli,
attivi e che sapessero in qualche
modo esprimere creativamente
il cambiamento di cui si parlava
ma che ancora rimaneva ai mar-
gini di una scuola ancora trop-
po chiusa. Una scuola che, tutto
sommato, continuava a perpe-
tuare se stessa, con piccoli guizzi
dovuti a menti particolarmente
illuminate, ma senza che si riu-
scisse a modificare la struttura di
base dell’insegnamento-appren-
dimento ancora troppo legata a
vecchi schemi e stereotipi.
●
Cominciasti a parlare quel gior-
no di ottobre e le tue proposte,
il tuo intercalare, mi fecero im-
mergere in quell’atmosfera che
da un po’ di anni era divenuta
un pensiero ricorrente e che per-
meava il mio modo di insegnare:
leggerezza, ilarità, divertimento,
motivazione, via via emergevano
e mi appassionavano, io che ero
già una “pasionaria”, cominciavo
sempre più a capire dove avreb-
be portato il percorso rodariano
che stavo iniziando. Quando fi-
nisti il tuo discorso e terminasti
di illustrare il progetto che avevi
ben chiaro in mente chiedesti:
“Chi ha voglia di giocare con
me?” Una mano e un braccio si
alzarono di scatto, senza atten-
dere che il pensiero venisse riela-
borato dal cervello, bastò l’input,
solo in un secondo momento ar-
rivò la voce: “Io!” dissi, più che
convinta di quello che stavo ac-
cettando in quel momento.
Fu così che iniziai a collaborare
con te e con il Parco della Fan-
bambini di far loro conoscere le
potenzialità degli strumenti in-
formatici se non attraverso l’uso
dei video-giochi? Uno scambio
importante avvenne in quel pe-
riodo tra le scuole di Napoli, di
Greve in Chianti e di Omegna.
Il risultato fu riportato sulla tri-
logia C’era tre volte il principe
Gianni; io scrissi il libro “Nomi
reali, storie virtuali” del 2002 che
sintetizzava i progetti messi in
atto tra i vari partners. Scrivesti
tu la prefazione; seguì poi la mia
collaborazione al tuo libro “Città
Creattiva. Laboratori tecnoludi-
ci” ed Tullio Pironti del 2004.
L’ottimismo e il pensiero di un
futuro migliore che stavi contri-
buendo a preparare, caro Amil-
care, sono stati costantemente i
tuoi compagni di viaggio. La rete
di conoscenze che hai saputo tes-
sere permise subito il formarsi di
un’associazione che raggruppava
i Comuni interessati al gioco e
che, in qualche modo condivi-
devano esperienze simili. Nac-
que così nei primi anni duemila
quella grande esperienza che fu
GioNa di cui tu eri il direttore.
Mi rattristò il fatto che Omegna,
sede del Parco della Fantasia
Gianni Rodari, uscì da questa
associazione in modo del tutto
inspiegabile per me. Ma tu allora
non eri più Direttore del Parco,
un cambio di amministrazione
segnò la fine della collaborazione
e, come spesso succede si dimen-
ticò anche l’esperienza pregressa.
Continuasti le tue plurime col-
laborazioni in giro per l’Italia,
in particolare si consolidò il rap-
porto intrapreso in precedenza
con le scuole e gli insegnanti del
Sud finché iniziò l’avventura con
Exposcuola di Salerno che rag-
gruppava ogni anno tutti gli or-
dini di scuola della Campania e
ne promuoveva le attività. Expo-
scuola diventò un’area di con-
fronto; tu, come direttore scien-
tasia. Allora, quelle che oggi
sono le veterane o ex veterane
del Parco, Nella e Roberta, era-
no alle prime armi e ti ricordano
ancora con emozione: quanto
hanno imparato dai tuoi inse-
gnamenti! Hanno sedimentato
una solida base rodariana che
emerge quando, a contatto con i
bambini, gestiscono i numerosi
laboratori che tu avevi avviato
nel Parco della Fantasia.
Ricordo innanzi tutto quei favo-
losi armadi gioco ideati da te e
da Daniela Martein, il tuo brac-
cio destro di allora. Armadi che
si aprivano e ciascuno presenta-
va all’interno i propri giochi, le
sedute e i piani di appoggio. Ri-
cordo soprattutto il tuo impegno
di collegamento con il territorio,
con le industrie della zona che ti
avevano offerto materiale di vari
tipo perché il gioco dei bam-
bini fosse quanto più possibile
collegato al reale: la cucina con
le pentole Lagostina, la collina
dei suoni ai Giardini della Torta
in cielo dove, all’aperto, pentole
e coperchi si trasformavano in
batterie da suonare seguendo
ritmi dati o inventati al momen-
to. Il rapporto con la fabbrica di
giocattoli Faro, le visite guidate
e altri giochi creativi inseriti nel
contesto della Ludoteca costitu-
irono attività importanti in quel
momento in cui il Parco si stava
affermando ed aprendo al so-
ciale, culturale e al mondo della
scuola, principale interlocutore.
Quegli armadi-gioco hanno
resistito a lungo, persino alle
frequenti inondazioni della lu-
doteca sempre prontamente re-
cuperate dal valido personale
interno di cui si è dotato sempre
il Parco. Ecco devo proprio dire
che la passione che hai saputo in-
fondere fin dai primi tempi, si è
mantenuta inalterata, è stata una
costante che ha aiutato il Parco a
resistere e a continuare a vivere
tifico, sapesti coinvolgere anche
le scuole che in precedenza ave-
vano collaborato con il Parco
della Fantasia, per continuare
nel segno di Rodari ciò che ave-
vamo appena iniziato a fare.
Nacquero esperienze indimenti-
cabili con le scuole di Capaccio
di Paestum, Agropoli, Mercato
San Severino che si incontraro-
no con le scuole del Nord e del
centro Italia: Omegna, Gavirate,
Greve in Chianti, Verbania. Il
gruppo, composto in un primo
tempo dalle sole scuole dell’In-
fanzia e Primarie, si allargò fino
a comprendere scuole Seconda-
rie di Primo e di Secondo gra-
do: il tema di fondo era sempre
la conoscenza e la diffusione del
pensiero rodariano, la condivi-
sione di esperienze e la ricerca di
percorsi comuni. Ricordo che si
aprirono anche nuove possibilità
per me che diventai coordinatri-
ce di questo gruppo, del tavolo
tematico sul gioco rodariano e
animatrice del Forum di con-
fronto che si aprì in quell’ambito.
Viaggi, incontri, stage tra inse-
gnanti segnarono quei tre anni
in cui portammo avanti il pro-
getto Exposcuola, ed ogni volta
che si tornava a casa, si riporta-
e prosperare anche in tempi più
bui. All’inizio i numeri di fre-
quenza stavano gradualmente
crescendo, l’opera di conoscenza
effettuata da te nei confronti dei
centri ludici nevralgici sparsi in
Italia, delle scuole e delle Ammi-
nistrazioni è stata determinante,
così come contributo dato da
noi, Direzione Didattica Ome-
gna 1° Circolo, con progetti che
allargavano il raggio di azione a
reti scolastiche di vari territori
italiani.
●
Ricordo che non eri tenero con
insegnanti che perpetuavano i
modi tradizionali di gestire la
classe, che limitavano la creati-
vità dei bambini che li riduceva-
no a piccoli automi, non amavi
le insegnanti che trasformavano
le classi in soldatini ubbidienti
senza suscitare e stimolare in-
teresse e motivazione. D’altra
parte la tua esperienza di peda-
gogista era basata sulle attività
ludico-ricreative che organizzavi
tra Pavia, Cremona e Torino, sui
Parchi Robinson, sulla consulen-
za esercitata a Torino all’interno
della rete delle ludoteche comu-
nali. Ti ricordo proprio come
persona instancabile, sempre
pronta ad appoggiare e rilancia-
re nuovi progetti, a cogliere op-
portunità e a mettere in contatto
tra loro esperienze significative,
per far nascere nuove situazioni
di lavoro.
La collaborazione con la nostra
scuola fu molto stretta in quegli
anni; Direzione Didattica Ome-
gna 1, Parco della Fantasia e Am-
ministrazione, seppero condurre
importanti progetti legati a Ro-
dari e alla multimedialità, sotto
l’egida costante dell’Università
Federico II e dell’Osservatorio
bambini e media. Si parlava allo-
ra dell’alfabetizzazione informa-
tica e quale modo migliore per i
va a scuola tanta voglia di fare,
conoscere, applicare, cambiare
e rinnovare. Furono anni impe-
gnativi ma molto coinvolgenti,
per me un trampolino di lancio
verso nuove attività professionali
nel mondo della formazione sco-
lastica.
●
Ne parlo ancora sentendo anco-
ra viva quella carica professiona-
le, umana ed emozionale che mi
ha accompagnato per gran parte
della mia vita da insegnante.
Ti trasferisti con Maria Teresa
a Monticelli, in quella bella fat-
toria in piena Pianura Padana:
ogni tanto venivo a trovarvi,
soprattutto quando organizzavi
manifestazioni ed avevi bisogno
di animatori per seguire i grup-
pi. Ricordo che, per un’occasione
simile, mi inventai Il cugino pa-
dano del Ragionier Pesce del Cu-
sio; in breve il Ragionier Pesce
del Cusio doveva istruire il cugi-
no affinché facesse qualcosa per
migliorare la condizione delle
acque del Po. Era per me un’oc-
casione per immergermi in una
situazione culturalmente stimo-
lante dove ci si ritrovava anche
in dodici a tavola e si parlava di
10. D 18 D 19
ZEROSEI up
IN VIAGGIO CON AMILCARE
DOSSIER
scrittura, di pittura, di eventi. In
una di queste occasioni conobbi
un Fuad Aziz che era agli albori
della sua attività, che raccontava
storie ai conviviali a partire dalle
sue tavole fatte ad acquarello.
Da questi incontri nacque anche
un’associazione che aveva come
simbolo un colibrì, animale mol-
to simbolico per il Sud America,
luogo in cui avevi vissuto parte
della tua vita.
Nel frattempo lunghi periodi di
stasi, qualche telefonata di corte-
sia, tu che continuavi le tue pluri
collaborazioni, io che mi impe-
gnavo come e-tutor dei neo-im-
messi in ruolo.
●
Era settembre 2009 ed arrivò la
tua telefonata; eri a Torino, colla-
boravi con la Direzione regionale
scolastica e con il Comitato per i
festeggiamenti del 150° dell’U-
nità d’Italia. Ti chiamarono per
predisporre un progetto sul gio-
co che coinvolgesse più scuole
possibili. Fui contenta di sentirti
e di ascoltare la nuova proposta.
Il progetto era davvero invitante
e, come al solito, i tuoi interven-
ti avevano uno scopo educativo
molto forte: mi proponesti di en-
trare a far parte di questa attività
di formazione sui giochi antichi.
Una bella inversione di tendenza
per me, le attività ludiche erano
una costante, ma questa volta
c’era un ritorno al movimento
completo dei bambini, quasi un
ritorno a quel progetto anni ’70
che fu A scuola con il corpo il li-
bro scritto da Fiorenzo Alfieri.
Un caposaldo, unitamente a quel
Professione Maestro che fu alla
base della formazione di ogni
insegnante MCE. Un imprinting
che resta, aldilà della tessera
dell’Associazione che puoi avere
o no ancora in tasca. Ironia della
sorte tu precedesti Fiorenzo Al-
fieri nel passaggio, due perdite
notevoli nel mondo della scuola.
Il progetto sui giochi antichi
aprì talmente tante opportunità
che, ancora una volta, seppur a
distanza e con grande profes-
sionalità unì i nostri percorsi. Il
Tocatì di Verona, festival inter-
nazionale dei giochi di strada, fu
il punto di partenza, tre giorni
di immersione totale nell’at-
mosfera del gioco; le riunioni a
Torino in Direzione Scolastica
chiarirono poi ruolo e attività da
svolgere all’interno della scuo-
la. La manifestazione centrale
del 2011 prevedeva l’incontro
di numerose classi piemontesi
riunite a Torino per festeggiare,
attraverso il gioco, quel proces-
so di Unità che iniziò proprio
qui a Torino 150 anni prima. Fu
un’occasione unica di scambio e
il regista fosti proprio tu, Amil-
care, ancora una volta, con la tua
lucidità e la tua intraprendenza
progettuale. La tua capacità di
allacciare esperienze e coin-
volgere persone, diede i propri
positivi frutti, ma di ciò non nu-
trivo ormai più dubbio alcuno.
Continuai a portare avanti ad
Omegna, con l’aiuto di partner
molto validi, una manifestazio-
ne sul gioco antico che compì 10
anni di vita nel 2019.
●
Arrivarono poi i momenti più
tristi per te; Maria Teresa si am-
malò, la incontrai per l’ultima
volta a casa vostra in occasione
del Convegno sul gioco del 2013
alla biblioteca di Cremona, orga-
nizzato sempre da te, instanca-
bile e apparentemente ottimista
anche nei momenti più duri.
Non ci furono poi molte altre
occasioni di incontro. Il telefono
servì in queste casi per conti-
nuare a mantenere il filo. Seguii
a distanza l’evolversi anche della
tua malattia, a pochi anni dalla
perdita di Maria Teresa, ti toccò
combattere una dura battaglia
personale. Non ti abbattevi, riu-
scivi sempre e comunque a tro-
vare nuove vie di lavoro, nuovi
sbocchi creativi, nuovi impegni
che ti davano la carica per poter
continuare. Io cambiai orizzonti,
la pensione mi condusse ad oc-
cuparmi di aggregazione e vo-
lontariato della terza età, senza
dimenticare il mio amore per la
ricerca e l’approfondimento di
Rodari.
Tu continuasti ad occuparti di
scuole dell’Infanzia e della rivi-
sta Zeroseiup senza mollare mai
fino all’ultimo. Poi il “colibrì” si
alzò in volo.
●
Ecco se penso al colibrì simbo-
lo della tua associazione, penso
che il tuo operato si possa rico-
noscere in quella leggenda suda-
mericana che vedeva il colibrì,
instancabile sognatore, portare
una goccia d’acqua alla volta per
spegnere un grande incendio
finché gli altri animali lo imita-
rono. La leggenda termina così:
“Sporchi e stanchi, ma salvi, tut-
ti gli animali si radunarono per
festeggiare insieme la vittoria sul
fuoco.
Il leone chiamò il piccolo colibrì e
gli disse: «Oggi abbiamo impara-
to che la cosa più importante non
è essere grandi e forti ma pieni di
coraggio e di generosità. Oggi tu ci
hai insegnato che anche una goc-
cia d’acqua può essere importante
e che insieme si può spegnere un
grande incendio. D’ora in poi tu
diventerai il simbolo del nostro
impegno a costruire un mondo
migliore, dove ci sia posto per tut-
ti, la violenza sia bandita, la pa-
rola guerra cancellata, la morte
per fame solo un brutto ricordo».
Ci stiamo lavorando tutti in-
sieme e chi si vuole unire potrà
continuare l’opera che è stata an-
che tua.
Q
uando ci è stato pro-
posto di scrivere un
ricordo di Amilcare
abbiamo accettato
subito! Nell’arco della decina di
giorni concordati per la conse-
gna del testo abbiamo iniziato,
con commozione, un’infinità
di volte a redigere un testo par-
tendo sempre da spunti diversi.
Quante cose ci sarebbero da dire
su Amilcare… Quanti ricordi…
Ora il tempo è scaduto, dobbia-
mo scrivere.
Di Amilcare pedagogista è me-
glio che lasciamo il racconto alle
migliaia di dirigenti scolastici,
insegnanti, educatrici ed educa-
tori, animatori che hanno avuto
la fortuna di incontrarlo per for-
mazione o per lavorare ai suoi
progetti.
Del professionista, fondatore e
responsabile della prima City
Farm italiana. Co-ideatore del
Centro per la cultura ludica del
Comune di Torino, presidente
per anni del Comitato italiano
per il gioco infantile (CIGI), di
GioNa... autore di importanti e
lungimiranti testi sull’importan-
za del gioco, tuttora attuali, non
ne abbiamo l’autorità nè la com-
petenza.
Per ricordare l’Acerbi ideatore
di manifestazioni dedicate alla
cultura ludica quali “Gradara
Ludens”, “Arte in gioco” ad Al-
bano di Lucania, “Il festival delle
fiabe”... bisognerebbe compilare
un lunghissimo elenco nel quale
si rischierebbe di perdersi.
Potremmo però provare a rac-
contare di Amilcare, lungimiran-
te sperimentatore, instancabile
giocatore, intrigante ammaliato-
re al quale non si riusciva a dire
di no, fantasioso giocoliere, pre-
zioso e generoso amico.
●
Abbiamo conosciuto Amilcare
nella primavera del 1995 quan-
do, semplicemente dopo una
telefonata, ha accettato di parte-
cipare al nostro primo convegno
“Gioco Spazio Città” a Lodi. Il
convegno era la fase conclusiva
di una grande mostra che san-
civa la nascita formale di “Ani-
mum Ludendo Coles” associa-
zione artistica che ha lo scopo
di sviluppare la diffusione del
gioco della tradizione popolare e
valorizzare l’artigianato artistico
italiano.
Nella mostra, oltre alla serie di
acqueforti dedicata ai giochi da
tavolo, una rielaborazione di an-
tichi giochi da osteria da noi ide-
ati, incisi e stampati, presentava-
mo i primi prototipi dei giochi a
percorso in pietra e legno che ci
caratterizzano.
Il nostro interesse per i gio-
chi della tradizione era iniziato
nell’estate del 1991 quando, per
puro diletto, abbiamo dipinto
sul cemento, già molto ammalo-
rato, dell’aia di una cascina nella
campagna cremasca, un artistico
“Grande Gioco dell’Oca”... Una
performance ludico-artistica un
po’ goliardica che ci ha però per-
messo di scoprire le grandi po-
tenzialità di questo antico passa-
tempo e soprattutto, di scoprire
un gioco per tutti!
Il gioco dipinto riscosse un gran-
de successo tra gli amici, i figli
degli amici, gli amici degli amici
LUDENDO
FURIO FERRI e PAOLA MAESTRONI *
* Furio Ferri: artista e design,
Paola Maestroni: restauratrice e
incisore, fondatori dell’associazione
artistica, senza scopo di lucro,
Animum Ludendo Coles.
Gli autori ripercorrono il turbinio di progetti,
variegati nella forma, nel tempo e nello spazio
condotti insieme ad Amilcare Acerbi,
tutti accomunati dalla voglia di far cimentare
i bambini nel gioco spontaneo, vivere la
natura e il territorio.
Rimini 2008:
Acerbi con Paola Maestroni
11. D 20 D 21
ZEROSEI up
IN VIAGGIO CON AMILCARE
DOSSIER
che trovarono grande diletto e
ne apprezzarono le tante quali-
tà. Persino Giampaolo Dossena
lo descrisse in un suo articolo
come il “gioco dell’oca dipinto
più grande che ho visto”.
Tornando ora alla telefonata con
Amilcare, non ci sembrava vero
che un noto pedagogista con già
molte pubblicazioni alle spal-
le e un curriculum importante,
dedicasse il suo sapere e un’in-
tera giornata del suo prezioso
tempo a due artisti un po’ folli
che si erano inventati di voler
incastonare, ovunque nelle pa-
vimentazioni delle città, giochi
a percorso e della tradizione in
pietra o di dipingerli sull’asfalto
per rendere gli spazi pubblici sti-
molanti, aggreganti e vivibili da
cittadini di tutte le età, culture
e abilità. Elementi unici senza
ingombri verticali e barriere ar-
chitettoniche, durevoli, carrabili
e senza costi di manutenzione,
veri monumenti giocabili.
Arrivò da Cremona un paio d’ore
prima del convegno, visitò entu-
siasta la mostra e ci chiese se era-
vamo disponibili ad allestire uno
spazio al Castello di Belgioioso
nell’ambito della manifestazione
“Amico libro”, nel quale ripro-
porre tutto il materiale esposto.
E se, visto che eravamo lì, po-
come sempre! - E tutto veniva
benissimo, come sempre!
●
Anche noi però ogni tanto lo
chiamavamo per coinvolgerlo in
progetti didattici, spesso in con-
vegni e anche Amilcare non ci ha
mai lasciato soli, neanche in que-
sti ultimi anni, quando la malat-
tia aveva già molto intaccato la
sua forte corazza da Guerriero.
I principi sui quali si basavano
i suoi interventi erano lapidari,
declinati a seconda del contesto
e della tematica da affrontare:
“Come si fa a insegnare la cit-
tadinanza o il senso civico se,
quando usciti di casa, non si tro-
va una comunità accogliente?….
La prima regola è abituare le
persone a vivere bene e insieme
negli spazi della propria città, si-
ano piazze, giardini o altro. Pur-
troppo questo principio non è
uno dei punti di riferimento del-
le amministrazioni locali. Non
è una questione di soldi quanto
di volontà politica e di cultura.
Diceva: I comuni devono ga-
rantire ai bambini, come dice la
Convenzione internazionale sui
diritti dell’infanzia, il diritto al
gioco, alla comunicazione, alla
relazione, all’arte. Devono!
È una questione di cultura ovve-
ro di come far sì che la cultura
ludica, che consente la relazione
tra bambini e ragazzi, nonchè la
gestione autonoma del proprio
tempo libero, possa essere pro-
pagata e diffusa.”
●
E anche quando ci si ritrovava
davanti a un buon bicchiere di
vino non mancava mai di pun-
tualizzare sulla differenza tra
gioco libero e spontaneo e le
discipline sportive, sull’ecces-
siva preoccupazione per la “si-
curezza” che limita l’autonomia
dei bambini e partiva con le sue
tevamo anche organizzare un
laboratorio sul gioco a percorso
per i bambini delle scuole ele-
mentari e medie che venivano
in visita alla mostra. Come po-
tevamo dire di no?! E così sia-
mo diventati una presenza fissa
in tutte le successive edizioni di
“Amico libro” con i nostri labo-
ratori sull’utilizzo educativo-di-
dattico-creativo del gioco a per-
corso.
Credo che di noi lo abbia attirato
in primo luogo la nostra attitudi-
ne e formazione artistica: a tutti
ci presentava come Paola e Furio
“gli artisti”, un po’ visionari, di-
spensatori del gioco libero. Ha
sicuramente riconosciuto in noi
la passione per quello che propo-
nevamo e che tuttora portiamo
avanti, la stessa passione che gli
ha dato il potere carismatico di
uno sciamano che, a seconda dei
casi, sapeva dialogare alla pari
con bambini, adolescenti o con
assessori, dirigenti e politici; tra-
sformarsi in un grande folletto
delle favole che raccontava ne-
gli incontri all’aperto, progettare
ludoteche, aree gioco o mobili
educativi.
Ha cercato, soprattutto nei primi
anni di frequentazione, di tra-
smetterci tutto quello che, sapeva,
avrebbe potuto servirci per cre-
scere e portare avanti importan-
ti obiettivi: favorire nei bambini
esperienze concrete in autono-
mia, sperimentare e vivere il gio-
co come un importante elemen-
to di incontro e di aggregazione
spontanea capace di favorire la
conoscenza, l’integrazione e l’in-
clusione; contrastare l’isolamento
e le forme di disagio determinate
da un uso eccessivo e improprio
delle nuove tecnologie, riconqui-
stando e vivendo fin dai primi
anni l’ambiente esterno.
Ci ha fatto conoscere tante per-
sone meravigliose, riempito di
libri: sugli spazi di apprendi-
provocazioni: - a Venezia non ci
sono più bambini…tutti morti
annegati… -
Ad Animum Ludendo Coles at-
tribuiva un grande merito, quel-
lo di: “…. essere riusciti a filtrare
una parte della cultura ludica,
quella di strada, che bambini
e ragazzi gestivano autonoma-
mente, passandola dal più gran-
de al più piccolo, valorizzandola
con una grande attenzione all’a-
spetto estetico e attualizzando-
la tramite la condivisione e la
progettazione didattica con le
scuole. L’ultimo e innovativo
passaggio è l’utilizzo della rete, il
Ludicode, ovvero il modo, usan-
do strumenti moderni digitali,
di creare relazione tra i ragazzi”.
In ultimo, verso giugno/luglio
2019 ci telefona: - Sono a Mon-
ticelli vi aspetto, andiamo al Cir-
colo a mangiare un boccone che
vi devo parlare di un progetto.
- Abbiamo trascorso una bel-
lissima giornata! Amilcare era
in forze, da Monticelli ci siamo
trasferiti nel pomeriggio a Ca-
salmaggiore alla Cascina Sereni
dove abbiamo visto la collezione
di antiche canoe e poi passeggia-
to a lungo nel bosco sull’argine
del Po, quasi non riuscivamo
a stargli dietro… Ci ha parlato
dell’ambizioso progetto di recu-
pero dell’edificio e di tutta l’area
rurale. L’aia della cascina deve
diventare il centro simbolico e
vitale del nuovo complesso: nella
nuova pavimentazione vuole in-
serire un’installazione in pietra
mento, sull’importanza del gioco
nello sviluppo del bambino, sui
parchi gioco Robinson e l’auto-
nomia, sulla città possibile, sulla
partecipazione e l’inclusione, pa-
role queste che trent’anni fa era-
no rivoluzionarie.
Ci ha appoggiati e spronati nell’e-
laborazione di quello che, ormai
da oltre venticinque anni, è il
format che utilizziamo in tutti
i nostri progetti partecipati con
le scuole per la creazione delle
immagini che vengono scolpite
sulle caselle dei giochi in pietra
che realizziamo.
●
Ogni tanto ci telefonava: - Ci sa-
rebbe da andare a Bologna alla
Fiera Internazionale del libro
per ragazzi… C’è uno spazio in
esterno dove allestire il grande
gioco dell’oca (100 mq) avete
voglia e tempo? Volete venire a
Gradara Ludens con il labora-
torio sul gioco a percorso?… A
fine aprile sono ad Albano di Lu-
cania tre giorni di “Arte in gioco”
non potete mancare, facciamo
anche la mostra con le incisio-
ni di Paola sui giochi da tavolo.
Cosa portiamo quest’anno al
Tocatì? Dobbiamo allestire Piaz-
za Pescheria, dovete intervenire
anche a un convegno, potete pre-
sentare il Ludicode…
E così via, a Omegna, Verbania,
Udine, Siano…. non abbiamo
mai rifiutato alcuna proposta….
anche le più folli o faticose!
A volte tentavamo un: - Non
ce la possiamo fare… c’è poco
tempo, è la settimana prossima,
dobbiamo organizzarci, imbasti-
re un progetto, pensare a quello
che serve, trovarlo…- E lui ci
guardava con quei suoi occhi nei
quali si percepiva una costante
profonda curiosità, divertiti e un
po’ ironici e diceva: - Beh… che
cosa sarà mai per due bravi crea-
tivi come voi… verrà benissimo,
ispirata al tracciato del Terzo Pa-
radiso di Michelangelo Pistolet-
to, un grande gioco a percorso,
motorio e di confronto.
Ci chiede quindi una prima pro-
posta di massima per capire se
l’idea è fattibile.
Furio si mette al lavoro, l’idea è
entusiasmante. Ci confrontiamo
su diversi passaggi poi, a ottobre,
una giornata di incontro con in-
segnanti, formatori e professio-
nisti, condotto da Amilcare e da
Carlo Stassano, che si trasforma
in un percorso artistico senso-
riale nell’ampio territorio del
podere. Il progetto definitivo del
“Gioco a percorso Terzo Paradi-
so” è pronto nei primi mesi del
2020 giusto per essere allegato al
progetto generale e presentato a
un Bando di finanziamento Ca-
riplo e lo inviamo anche a Pisto-
letto per approvazione.
È ottobre, sappiamo che Amil-
care è duramente provato dalla
malattia, ma è anche molto im-
pegnato nella stesura finale del
suo libro; ci sentiamo spesso: -
Pistoletto è molto contento del
progetto di Casalmaggiore….
Andremo a trovarlo….-
●
Grazie Amilcare per averci so-
stenuto, aiutato a crescere e
spesso ”passata la palla”, faremo
il possibile per proseguire gli ul-
timi progetti, certi che anche da
un “terzo paradiso” continuerai,
se necessario, a non farci manca-
re il tuo consiglio.
La chiocciola
a Crema
La morra saltata
12. D 22 D 23
ZEROSEI up
T
utto cominciò nel 1987.
Quando Giancarlo Pe-
renprunner con Paola
Catta mi invitarono a
partecipare ad una esposizione
presso il Centro per la Cultura
Ludica nella zona delle Vallette
di Torino. Rimasi sorpreso di es-
sere stato interpellato da un ente
comunale, Giancarlo aveva già
contattato altri modellisti trami-
te i negozi specializzati di Tori-
no, dove venne a sapere di me e
del Gruppo Modellisti Michelin.
Mi propose l’idea di realizzare
presso il Centro una sezione de-
dicata al modellismo, il C.C.L. fu
fondato dai pedagogisti Walter
Ferrarotti e Amilcare Acerbi, di-
rettore del Centro fu Giancarlo
Perenprunner.
Oltre ad altre esperienze molto
significative l’autore ne riporta
una che rispecchia in modo par-
ticolare il pensiero e il modo di
agire di Amilcare, l’ideazione e
l’allestimento della mostra inte-
rattiva e dei laboratori rodaria-
ni “Giovannino Perdigiorno nel
paese dei mostri: dai dinosauri
alle macchine inutili di Munari e
agli Ubu di Baj, ispirata a Gian-
ni Rodari, dove racconti e azioni
intrecciano realtà e fantasia”. L’i-
deazione è dello Studio Acerbi
& Martein, di Pavia, in collabo-
razione con Roberto Latini, mo-
dellista di Torino - De Agostini
Editrice, Novara - Apic, mostre,
Cremona.
●
Letture e giochi, per bambini
e ragazzi dai 5 ai 14 anni, qui
diventano piacevoli stimoli e
spunti per il lavoro scolastico,
per semplici o complessi esercizi
di fantasia, di educazione all’e-
spressività, di educazione alla
consumi e fantasie attraverso
narrazioni televisive e cartacee,
giocattoli, pupazzi, magliette,
berrettini, gadget vari.
Il tutto il più delle volte viene am-
bientato in contesti estremamen-
te lontani dalla realtà quotidiana
dei bambini, in vicende dove la
relazione giocosa e operativa tra
bambini non è necessaria (il con-
sumo delle storie avviene in soli-
tudine), tutt’al più preme la sug-
gestione e l’imitazione reciproca,
dove comunque prevale l’obietti-
vo collezionistico anziché quello
esplorativo ed esperienziale.
Ebbene, ci siamo chiesti se tale
fenomeno, tendenzialmente pas-
sivizzante e omologante, non
possa essere in qualche modo
contrastato e utilizzato.
Non è possibile negare l’esistenza
di questi immaginari “genera-
zionali” e tanto meno opporre
ad essi un immaginario teorica-
mente “migliore” che sia altret-
tanto coinvolgente.
Ma Gianni Rodari, con le sue
opere e con la sua Grammatica
della Fantasia, insegna come si
possano comporre narrazioni
che, senza trascurare la realtà (di
fatti, cose, persone, animali) ri-
sultino attraenti, piacevoli, diver-
tenti, così come possano risulta-
re altrettanto sollecitanti per la
riflessione e il pensiero; semplici
nella composizione, stimolanti
verso la creatività; promemoria
divergenti, positivi, sui problemi
del vivere e del convivere.
●
Abbiamo dunque pensato di
sperimentare un approccio cre-
ativo, operativo, ottimistico, in
uno dei mondi dell’immaginario
infantile più fortemente solleci-
tato negli ultimi anni dalle pro-
duzioni per l’infanzia, quello dei
dinosauri, dei mostri, delle paure
e ne è scaturita una mostra inte-
rattiva, nella quale un simpatico
personaggio rodariano accom-
pagna il visitatore, Giovannino
Perdigiorno.
Chi è Giovannino Perdigiorno
Giovannino Perdigiorno è un
personaggio inventato da Gian-
ni Rodari. Appartiene alla stirpe
dei grandi esploratori: ha curio-
sità e spirito d’avventura. I mon-
di che spesso incontra, però, non
lo soddisfano completamente e
così, dopo una breve sosta, ri-
parte per inseguire il sogno di un
“paese senza errore”, dove tutto
sia “perfetto” e “bello”.
Giovannino nel suo lungo pere-
grinare visita il pianeta di ciocco-
lato, il pianeta nuvoloso, il pianeta
malinconico, il pianeta fanciullo,
il paese senza sonno, il paese del
“ni”, il paese senza punta, il paese
con l’esse davanti, il pianeta bu-
giardo, il paese senza errore ….
Incontra gli uomini blu, gli uo-
mini pianta, gli uomini a motore,
gli uomini di carta, gli uomini di
zucchero, gli uomini a vento e
tanti altri che si possono scoprire
leggendo I viaggi di Giovannino
Perdigiorno, edizioni Einaudi, con
le illustrazioni di Altan.
creatività logica; sviluppano at-
tività emozionanti e simpatiche
che avvicinano alla conoscenza e
alla riflessione; tutto ciò pescan-
do tra gli idoli che l’industria
contemporanea costruisce e di-
strugge, freneticamente.
Compagno in questo viaggio
inusuale è Giovannino Perdi-
giorno, infaticabile esploratore
rodariano, di paesi e uomini
dell’immaginario infantile.
Intervista ad
Amilcare Acerbi
Perché Rodari con i Dinosauri?
Una possente macchina econo-
mica composta da editori, pro-
duttori e venditori di giocattoli,
creativi, pubblicitari, mass me-
dia oggi alimenta a ondate pe-
riodiche l’immaginario infantile
(Potter, Ninjia, Dinosauri, Puffi,
vi dicono qualcosa?) inducendo
35 ANNI
DI ATTIVITÀ LUDICHE
ROBERTO LATTINI*
IN VIAGGIO CON AMILCARE
DOSSIER
* Responsabile APT sezione
Modellismo Volvera. Ricercatore
Nautico Laboratorio Italiano
Archeologia Sperimentale.
Consulente di Modellismo Centro
Cultura Ludica Istituto Italiano di
Archeologia e Etnologia Navale.
Fano: laboratorio costruzione di una zattera
Triceratops
Arco Romano Museo Diocesano
13. D 24 D 25
ZEROSEI up
IN VIAGGIO CON AMILCARE
DOSSIER
La canzone
di Giovannino
Giovannino Perdigiorno
È un grande viaggiatore,
viaggia in automobile,
in moto, in ascensore,
viaggia in monopattino,
a piedi, in aeroplano,
viaggia in dirigibile,
col carrettino a mano,
con il treno diretto
e con l’accelerato,
ma un paese perfetto
non l’ha ancora trovato …
Le sezioni disponibili
• Il paese dei dinosauri
Modelli e habitat del “c’era una
volta …”
- Il paese degli animali di parole
• Animalario immaginario; in-
venzioni da bambini
- Il paese dei mostri notturni
Tra ombre e realtà con il popolo
della paura
- Il paese degli ecomostri
La discarica della creatività
• Il paese dei mostri meccanici
Ingegneria fantascientifica
• La Dino-biblioteca
Una raccolta di libri per ragazzi
e per adulti sui temi dei dino-
sauri, dei mostri e della paura; di
cataloghi delle case editrici che
stampano libri sui dinosauri; di
idee per attività didattiche sul
tema.
• La Sauro-pinacoteca
Un’esposizione di riproduzio-
ni di opere di vari artisti e illu-
stratori di libri per bambini, sul
tema; ma anche di opere di bam-
bini, inerenti dinosauri e paure.
• LA MOSTRA DEI MOSTRI
Giovannino P. ancora in viaggio
Le sezioni della mostra / labora-
torio
Scheda tecnica completa
• Il paese dei dinosauri
Modelli e habitat: c’era una volta?
●
Fu una esperienza favolosa pie-
na di gioco e avventura tra di-
nosauri e capanne da montare
su plance da un metro quadro
con fori per allestire la vege-
tazione con stecconi e carta
per realizzare gli alberi. Altre
plance di legno dovevano es-
sere composte come un puzzle
per costruire una capanna con
gli stecconi e spago o strutture,
sempre a sezioni, rappresen-
tanti antichi monumenti come
le piramidi precolombiane. I
ragazzi che sono passati attra-
verso questa esperienza si sono
divertiti nel mondo fantastico
di Rodari. Negli intervalli di
tempo tra una mostra e l’altra
io proseguivo la mia consulen-
za al Centro della Cultura Lu-
dica assieme a Giancarlo.
●
Devo dire che sia Giancarlo che
Amilcare furono ispirazione di
gioco continuo e voglia di rea-
lizzare eventi, soprattutto sono
stati due Amici oltre che colleghi
di avventure. Mettendo assieme
progetti e realizzando mostre
didattiche, lo stare con loro era
un continuo creare e divertirsi
come non mai con studenti ra-
gazzini e anche adulti. Ricordo
la mostra di chiodi, quella delle
zucche, dei laboratori di giochi
popolari che Giancarlo realizzò
e propose durante le attività del
Centro, sia quello di Torino che
quello di Grugliasco con Ivano
Ciravegna. La realizzazione del
giornale periodico Homo Lu-
dens: un insieme di racconti e di
idee per come realizzare modelli
ludici, con informazioni di ogni
tipo, anche passando attraverso
proposte per la costruzione con
materiali vari di strumenti musi-
cali, realizzando poi dei concerti
con i Santinbanchi.
Assieme a Loro ho passato veri
momenti di magia che mi ripor-
tavano ad essere ancora ragazzi-
no nonostante l’età, facendomi
capire che il gioco fatto come
lo realizzavamo noi era un forte
motivo per rimanere giovani a
qualsiasi età.
Dinosauri
Capanna
Capanne:
mostra su
Rodari con i
dinosauri
Dinosauro moderno
14. D 26 D 27
ZEROSEI up
I
Cemea del Piemonte sono at-
tivi dal 1981.
In Piemonte si era compiuto
un processo che aveva, nel
settore socio-educativo degli
anni ’70, dato vita al movimento
“dell’animazione” dal quale pro-
venivano i fondatori stessi dei
Cemea del Piemonte.
L’originalità di questo gruppo
era che i Cemea nascevano per
superare quella fase e dare inizio
a nuove prospettive d’intervento,
anche perchè alla fine degli anni
’70 già appariva chiaro come la
spinta propulsiva del movimento
dell’animazione di fosse esaurita.
Il fatto che veniva contesta-
to era che accanto alle materie
classiche scolastiche si creavano
nuove isole d’attività gestite da
esperti capaci e ancora una vol-
ta si rischiava di intervenire per
obiettivi parziali che tendevano
a separare l’intervento educativo
dalla vita reale, dai bisogni com-
plessivi di cui erano portatori i
soggetti in causa.
Per i Cemea del Piemonte tutto
inizia nei primi anni ’70, quando
Lucia Airaudo Caneva e Enrico
Monteil (insegnante e direttore
della Colonia Marina della Città
di Torino a Loano) vanno a Gre-
noble per seguire le formazio-
ni per educatori BAFA e BAFD
(Brevetti istituiti e riconosciuti
dallo Stato Francese) coi Cemea
per poi lavorare nei centri di va-
canza in Francia.
Dopo alcune esperienze e una
breve interruzione, nel 1979 il
responsabile dei Cemea di Gre-
noble, Leon Jadeau, ricontatta
Lucia Airaudo Caneva, con la
quale aveva collaborato alla ge-
stione del centro di vacanza di Le
Percy en Trieves, soggiorno dove
Jean Planchon, medico e respon-
sabile dei Cemea, aveva condot-
to importanti studi sul sonno e
i ritmi di vita dei bambini dai 3
ai 6 anni.
Lucia Airaudo Caneva riunisce
un gruppo di animatori e giova-
ni con i quali collaborava alla ge-
stione dei Centri d’Incontro del
quartiere Mirafiori Nord a Tori-
no e con essi avvia un percorso
di formazione e di esperienze
nei centri di vacanza francesi
che porta alla costituzione, il 5
ottobre 1981, dei Cemea del Pie-
monte a Torino con l’aiuto degli
amici francesi delle Delegazioni
Cemea di Grenoble e Nizza.
Il centro di vacanza rappresenta
per noi, in quegli anni, un’istitu-
zione educativa originale che si
ispira ai principi dell’Education
Nouvelle e che pone al centro
delle sue preoccupazioni il bam-
bino, rappresentando soprattut-
to una rivoluzione in rapporto
alle esperienze delle vecchie co-
lonie italiane.
Però, per i Cemea del Piemonte,
l’urgenza è di superare la struttu-
ra del gruppo dedito principal-
mente all’esperienza dei centri di
vacanza per entrare in una con-
creta dinamica di confronto con
la realtà dei servizi socio-educa-
tivi, dei progetti didattici a più
vasto respiro e della sempre più
importante educazione ambien-
tale nella natura e nell’ambiente
urbano.
●
Si presenta, all’inizio del 1982,
l’occasione dell’esperienza della
gestione del Centro di Soggiorno
“Burlando”, per classi della scuo-
la dell’obbligo, a Levone Canave-
I CEMEA DEL PIEMONTE
E AMILCARE ACERBI
ALDO VOLPI *
* A cura del CeRGiS dei CEMEA del
Piemonte
Questa testimonianza evidenzia come Acerbi,
nel suo ruolo di amministratore di servizi
per l’infanzia, abbia appoggiato le iniziative
che valorizzano e mettono al centro il gioco
con le sue valenze educative.
IN VIAGGIO CON AMILCARE
DOSSIER
se per il Comune di Torino, che
durerà fino al 1986.
In quel periodo, nel tentativo di
intraprendere una nuova ricer-
ca-azione che valorizzasse anche
le qualità dell’extrascuola, i Ce-
mea del Piemonte si incontraro-
no con alcuni movimenti come
il Movimento di Cooperazione
Educativa, il Comitato Italiano
del Gioco Infantile, i Centri Ri-
creativi Aziendali di ENEL, Oli-
vetti, SIP e gli Enti Locali pro-
gressisti come Torino, Genova,
Pavia ...
●
Alla fine degli anni ’80 grazie a
numerose esperienze nella for-
mazione e nella gestione di ser-
vizi educativi dentro e fuori le
scuole, i Cemea del Piemonte
vengono coinvolti in due impor-
tanti avvenimenti dal Comune
di Torino: la Biennale del Gioco
e Giocattolo e il Manifesto per
l’Educazione Ambientale: Am-
biente Educazione Sviluppo.
In entrambe le occasioni incon-
triamo Walter Ferrarotti, Re-
sponsabile dei Servizi Educativi
della Città di Torino, Amilcare
Acerbi e amministratori di enti
locali progressisti e rappresen-
tanti dei gruppi sopra citati, con i
quali avviamo collaborazioni per
numerosi progetti di formazione
e gestione di servizi educativi.
Successivamente negli anni ’90,
sempre su incarico del Comune
di Torino e in collaborazione con
Amilcare Acerbi, i Cemea del
Piemonte iniziano un percorso
formativo sul gioco per le/gli in-
segnanti delle ludoteche.
Parallelamente in quegli anni
iniziano anche una serie di col-
laborazioni per la gestione delle
ludoteche e del Centro per la
Cultura Ludica del Comune di
Torino, nato ad opera di Gian-
carlo Perempruner e del CIGI,
di cui Amilcare Acerbi era pre-
sidente e per volontà di Walter
Ferrarotti. I Cemea vengono
coinvolti nella gestione di labo-
ratori per “Crescere in Città” nel-
le scuole di Torino e Provincia,
elaborano percorsi di educazio-
ne ambientale rivolti alle classi in
collaborazione con i responsabili
del Parco della Mandria, Par-
co di Prà Catinat, Parco del Po,
Parco di Portofino, continuando
a organizzare e gestire centri di
vacanza su convenzione con AR-
CA-ENEL, CRE-SIP, DELTASI-
DER, FFSS, Circolo Ricreativo
Dipendenti Comunali e vari Enti
Locali.
●
Infine, per arrivare ai giorni no-
stri, le collaborazioni si allargano
a progetti rivolti alla prevenzio-
ne del disagio giovanile, ai ser-
vizi educativi di territorio per
minori, all’inserimento di por-
tatori di handicap, alla gestione
di comunità alloggio per mino-
ri, ai servizi socio-terapeutici e
di reinserimento professionale
e sociale per soggetti psichiatri-
Inaugurazione della Comunità Mamma-Bambino dei Cemea
Formazione per insegnanti comunali presso la ludoteca Serendipity
15. D 28 D 29
ZEROSEI up
Gli ambienti aperti, più ampi delle aule
o delle camerette di casa, favoriscono
di per sé l’esplorazione, la relazione
spontanea tra bambini, la elaborazione
di strategie di intrattenimento, perché
i bambini, sin dall’inizio della loro vita,
sono esploratori del loro ambiente,
interessati e spinti a essere autonomi.
NATURA
E TERRITORIO
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Congresso della Federazione Internazionale dei Cemea 1997
IN VIAGGIO CON AMILCARE
DOSSIER
ci, alle attività di riabilitazione e
socializzazione per anziani, agli
scambi internazionali di giovani,
ai servizi di educazione ambien-
tale, alla gestione di nidi per l’in-
fanzia, alle formazioni del perso-
nale educativo ispirate ai principi
dell’Educazione Nuova. I Cemea
continuano oggi a proporre un
percorso educativo e formati-
vo che associa l’agire alla rifles-
sione. Si tratta di una scelta che
corrisponde alla nostra determi-
nazione di agire nella realtà, di
trasformarla per promuovere lo
sviluppo di donne, uomini e cit-
tadini liberi e responsabili.
Il nostro scopo è lo sviluppo di
un’educazione e di una cultura
per tutti in cui l’autonomia, la
socializzazione, la libertà, la so-
lidarietà siano elementi fonda-
mentali.
Nel corso della nostra storia
Giselle de Faille, fondatrice dei
Cemea, è stata capace di sin-
tetizzare efficacemente i valori
fondamentali, a Caen nel 1957,
i principi direttivi che, riletti e
contestualizzati quotidianamen-
te esprimono e garantiscono la
modernità del nostro progetto:
• ogni essere umano può svilup-
parsi e trasformarsi nel corso
della sua vita, egli ne ha il desi-
derio e la possibilità
• non vi è che un’educazione, si
indirizza a tutti ed è di ogni mo-
mento
• la nostra azione è condotta in
stretto contatto con la realtà
• ogni essere umano, senza di-
stinzione di età, origine, convin-
zione, cultura, situazione sociale
ha diritto al nostro rispetto
• l’ambiente gioca un ruolo capi-
tale nello sviluppo della persona
• l’educazione si deve fondare
sull’attività, essenziale per la for-
mazione personale e l’acquisizio-
ne della cultura
• l’esperienza personale è un fat-
tore indispensabile per lo svilup-
po della persona
• la laicità come idea regolativa e
rifiuto del dogmatismo, integra-
lismo e ogni forma di autoritari-
smo.
●
Benché Amilcare Acerbi non
abbia mai fatto parte dei Cemea,
ogni volta che ci siamo incon-
trati hanno prevalso i fattori
comuni sulle diversità e siamo
certi che egli abbia condiviso la
bontà dei nostri principi ispira-
tori e delle nostre pratiche. Di lui
portiamo con noi il ricordo di un
amministratore e organizzatore
di servizi competente e determi-
nato e con un grande senso della
concretezza.
Un amministratore di servizi
per l’infanzia che ha promosso il
gioco come attività prioritaria e
da valorizzare. A lui va il nostro
sincero riconoscimento.
16. D 30 D 31
ZEROSEI up
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Il verde vive tutto
l’anno. Viverlo insieme
Insegnanti, genitori e bambini
che vivono in città elaborano
della natura e del verde un im-
maginario “bucolico”, gli aspet-
ti estetici sono prevalenti, così
come quelli emozionali e poetici.
Natura è un prato, qualche albe-
ro, fiori a cespuglio, passeri, pic-
cioni, cornacchie e gazze ladre:
un parco urbano o una porzione
ben curata in riva all’acqua.
La natura come ecosistema, in-
sieme di erbe, arbusti, alberi,
insetti, animali e animaletti, co-
stantemente in interazione per
la sopravvivenza, quindi caratte-
rizzate da elementi e azioni di di-
fesa o di sopraffazione, e ancora
radici, buche, pozzanghere, fos-
si, corsi d’acqua, si fatica a com-
prendere.
Altrettanto si riesce a fatica ad
annoverare nella natura l’agricol-
tura, dove la prevalenza dell’ope-
ra dell’uomo è tale da non far
pensare che quanto l’agricoltore
produce, di vegetale o animale, è
anch’esso elemento vivo, quindi
naturale.
Per evitare che l’una e l’altra vi-
sione si riducano a sequenze
staccate, come educatori è neces-
sario elaborare strategie che crei-
no confidenza con gli elementi
ve costantemente. Il rapporto
con essa insegna a sintonizzarsi
con le situazioni nuove. Acuisce
le capacità di osservazione. Il
rapporto sensoriale sedimenta
scoperte e conoscenze. Si genera
un processo di crescita espressi-
va. Diventare “amico della natu-
ra” è diventato un obiettivo so-
ciale strategico.
Gli ambienti aperti, più ampi
delle aule o delle camerette di
casa, favoriscono di per sé l’e-
splorazione, la relazione sponta-
nea tra bambini, la elaborazione
di strategie di intrattenimento,
perché i bambini, sin dall’inizio
della loro vita, sono esploratori
del loro ambiente, interessati e
spinti ad essere autonomi.
Non si dovrebbe ostacolare, o fru-
strare questa volontà di appren-
dere, di fare, di agire con tutto il
corpo, basandosi solo sul desi-
derio di far acquisire conoscenze
preconfezionate. Si tratta invece
di accogliere e sostenere i loro
processi di acquisizione in modo
che possano sperimentare e sfrut-
tare il serbatoio del nostro svi-
luppo culturale. Che dovremmo
però mettere a disposizione ac-
compagnandoli ad acquisire mo-
tivazioni di cura e di conoscenza,
ascoltando e rispondendo.
Agire nel verde,
una scelta strategica
Le ragioni e gli obiettivi
La città estrania dalla natura;
spesso natura è solo colore e
pubblicità.
I bambini assorbono e imparano
quanto gli si propone.
Il mondo sostenibile, la natura
incontaminata, il cibo bio sono
slogan per gli adulti in genere
e per una minoranza di loro un
obiettivo da perseguire, ma sfu-
mato nel futuro.
I bambini invece potrebbero an-
che viverli preparandosi a distin-
guerli e acquisendo comporta-
menti e conoscenze adeguate per
realizzarli.
Dei processi di nascita, sviluppo
e raccolta delle piante e delle erbe
e dei loro frutti i bambini sanno
ben poco; sono anche all’oscuro
di sapori e profumi originari,
nonché delle implicazioni di fare
l’agricoltore, l’allevatore o il fore-
stale. La stagionalità non esiste.
Tutto si trova facilmente sugli
scaffali dei supermercati, sem-
pre. (...)
Convincere che la natura è viva;
che va osservata, che si può an-
che ammalare, che ha bisogno
di cure e forse anche delle nostre
cure. (...)
Come adulti non sappiamo qua-
si più nulla di come funzionano
le coltivazioni e gli allevamenti.
Ne andrebbero scoperti i mec-
canismi di base per acquisire
conoscenza sulla qualità dei loro
prodotti ed essere competenti
nello sviluppare approcci non
episodici.
“La natura non è mai ferma, evolve
costantemente. Il rapporto con essa insegna a
sintonizzarsi con le situazioni nuove. Acuisce
le capacità di osservazione. Il rapporto
sensoriale sedimenta scoperte e conoscenze.
Si genera un processo di crescita espressiva.
Diventare “amico della natura” è diventato un
obiettivo sociale strategico” a partire da questa
concezione della natura e del nostro rapporto
con essa, Acerbi declina i criteri con i quali
proporre attività educative outdoor.
presenti in natura, acquisendo
comportamenti esplorativi sep-
pur guardinghi. Spesso le “dife-
se” degli elementi naturali sono
in grado di nuocere e di far male
con punture, irritazioni, graffi,
rotture improvvise di rami e poi
dove si appoggiano i piedi pos-
sono esserci buche sotto foglie
ed erbe o terre melmose dove si
scivola e affonda.
Ma perché lasciare gli ambienti
confortevoli?
I bambini hanno bisogno di co-
struire il rapporto con l’ambiente
naturale per far funzionare da
adulti una società equilibrata e
sostenibile.
La natura non è mai ferma, evol-
CHE NE PENSO
DELL’OUTDOOR
EDUCATION
AMILCARE ACERBI
IN VIAGGIO CON AMILCARE
DOSSIER
Questo pensiero e questo titolo
hanno dato origine nel 2016 al
convegno internazionale annuale
Educazione Terra Natura che si
svolge a Bressanone, organizzato
dalla Facoltà di Scienze della
educazione della Libera
Università di Bolzano.
Ne è responsabile e promotrice,
con accuratezza e grande
passione, la Professoressa Liliana
Dozza, docente di Pedagogia
generale e sociale. Dozza dirige
anche la omonima collana
pubblicata da ZeroSeiUp, che
raccoglie tutti i contributi dei
convegni.
17. D 32 D 33
ZEROSEI up
IN VIAGGIO CON AMILCARE
DOSSIER
Educazione - Terra – Natura
Un nuovo orizzonte
esplorativo per la prima
infanzia e la scuola dell’obbligo
Vorrei fissare l’attenzione su due
temi che considero strategici,
da perseguire nell’educazione di
bambini e ragazzi: conoscere i
luoghi e i contesti di vita e di la-
voro; assumere comportamenti
adeguati ad una società ecologi-
camente sostenibile.
Nella scelta dell’Outdoor Edu-
cation educatori e insegnanti
dovrebbero intraprendere una
ricerca-azione per definire in-
tenti, individuare tappe, costru-
ire consapevolezze, esercitare
comportamenti, e con la quale
differenziare gli approcci se-
condo le età; allo stesso tempo
allestire spazi laboratoriali in
buona parte interni alla scuola,
in parte immersi nella natura o
comunque in esterno all’edificio
scolastico, per lavorazioni e per
osservazioni ricorrenti. (...)
Una necessaria premessa
per un (al mio) approccio
sistemico: Alimentazione,
Agricoltura, Ambiente naturale
E questo vale per ogni contesto
educativo e ogni ordine scolasti-
co. Si tratta di tre ambiti educati-
vi che spesso vengono presentati
e indagati separatamente, quasi
a rafforzare credenze, ideologie,
mode, quando non anche per
affrontare emergenze o avveni-
menti nazionali o planetari, da
denunciare o a cui contrapporsi.
Con bambini e ragazzi andreb-
bero invece affrontati come
ambiti correlati dentro un si-
stema di conoscenze, esigenze,
aspirazioni che denotano valori
connessi alla qualità del vivere e
del convivere, anzi consentono il
vivere stesso.
Tutti e tre questi ambiti hanno
l’uomo ha “toccato” nei secoli
di storia italiana. Così come essi
anche l’agricoltura è vita di vege-
tali e vita di animali.
L’identità italiana è intrisa di
queste storie ed evoluzioni.
La dieta mediterranea è stata
studiata ed indicata come prati-
ca raccomandabile per una esi-
stenza sana e prolungata. Non
si possono ignorare i risultati di
questi studi quando si fa educa-
zione all’alimentazione e ignora-
re i contesti da cui provengono le
materie prime.
Tutto ciò mi convince che l’ope-
razione educativa di sensibilizza-
zione e immersione nell’outdoor
deve tener presenti ognuno dei
tre ambiti, ovviamente calibran-
do gli approcci secondo le età.
Certo il rapporto con l’outdoor
può creare meraviglia ed emo-
zioni, che però hanno bisogno di
una cornice e di una lente di in-
grandimento, per accompagnare
i bambini a passare dalla sfera af-
fettiva a quella della conoscenza.
E l’autonomia il bambino la rag-
giunge attraverso il padroneg-
giare la conoscenza. L’emozione
lo renderà amico della natura; la
conoscenza lo renderà collabo-
rativo, la persistenza ne muterà e
arricchirà i comportamenti.
Nuovi approcci
e nuovi comportamenti
Per garantirsi il successo educati-
vo sarà necessario soddisfare due
condizioni, la prima che l’appren-
dimento perseguito sia ottenu-
to dentro una cornice di esempi
pratici, sperimentando, provan-
do. Ossia, per esempio nel bosco,
pulito o intricato, avventurando-
si, toccando, annusando, racco-
gliendo, esaminando, fotogra-
fando, osservando, ascoltando.
Nell’azienda agricola, per esem-
pio osservando i comportamenti
e gli atteggiamenti degli animali,
stretta connessione con la vita:
il cibo è necessario all’individuo
per continuare a vivere, l’agri-
coltura è necessaria per la pro-
duzione di alimenti e allo stesso
tempo garantisce la funzione e
l’esistenza degli agricoltori, l’am-
biente “naturale” è un contesto
il cui equilibrio è fondamentale
per la sua stessa esistenza e per
l’esistenza di ogni essere vivente.
Dunque, proporli interconnessi
farebbe meglio comprendere che
sono parte di un sistema e che
non si tratta di discipline separa-
te, da cui ci si può astrarre o aste-
nere. Poi, va ricordato, che per
ciascuno di essi le popolazioni
sono depositarie di culture, tal-
volta smisurate, da non ignorare,
anzi materie da indagare.
La scoperta e la conoscenza di
piccoli episodi di nascita, vita,
sviluppo, di animaletti e di pian-
tine, suscitano nei bambini stu-
pore, curiosità, interesse, passio-
ne e generano consapevolezza e
senso di responsabilità verso i
processi della vita.
Correlazioni da cui
non si può prescindere
Il buon cibo e il suo adeguato
confezionamento producono
benessere personale e inducono
positive relazioni tra individui
(caratteristiche nutrizionali, ri-
cette, diete, tecniche di conserva-
zione rappresentano un universo
di saperi); la buona agricoltura
garantisce qualità di prodotti e
quantità sempre più sufficienti,
se ben distribuite, a sfamare gli
individui che popolano la terra
(proprietà dei terreni, caratte-
ristiche dei climi, semi, specie
animali e tecniche coltivazione
e allevamento, sistemi di cura
alle malattie, tecniche di raccol-
ta e di trasporto rappresentano
un secondo immenso universo
di conoscenze), l’ambiente na-
i loro cibi, i gesti dell’allevatore,
toccando, annusando, ascoltan-
do, verificando strumenti e mac-
chinari, facendosi raccontare la
loro evoluzione e l’evoluzione
delle colture, difficoltà nelle col-
tivazioni, malattie, parassiti, cure,
modalità di raccolta, immagaz-
zinamento, conservazione. Per
l’alimentazione, per esempio cre-
ando correlazioni visive, olfattive
e tattili da prodotti e confeziona-
mento di cibi ottenuti con essi;
sperimentando preparazioni, mi-
scellanee, cotture.
La seconda condizione è che
ognuno di questi approcci non
può essere estemporaneo, va ri-
petuto nel tempo, va ampliato il
numero dei luoghi da esplorare,
le aziende da visitare, gli alimen-
ti da manipolare.
Nel corso dell’anno e ancor me-
glio, nello svolgersi degli anni,
l’incontro con la dimensione na-
tura/agricoltura/alimentazione
dovrebbe ripetersi maturando
così anche nuove curiosità, inte-
ressi, abilità da parte degli allievi.
Insegnanti e allievi andrebbero
incoraggiati ad uscire dalla visio-
ne artigianale e casalinga corren-
turale, grazie a complessità ed
interrelazioni garantisce per-
manenza, riproducibilità, biodi-
versità; interventi umani, ricer-
che mineralogiche e botaniche,
comparazioni di fenomeni na-
turali, saperi indigeni, tutto ciò
rappresenta un terzo universo di
conoscenze, per molti versi an-
cora inesplorato.
La natura non è benigna
La natura e le sue componenti
non sono benigne, automatica-
mente benigne, se non le si co-
nosce. Il rispetto per gli elementi
naturali nasce se si scopre che
ciascuno è vivo e se si osserva
la sua dinamica di sviluppo e
di correlazione col resto degli
elementi che lo circondano. L’i-
dentità dell’individuo è plasmata
anche dal contesto ambientale,
dunque esso va indagato e sco-
perto progressivamente. Il con-
testo italiano è composito, molte
delle sue pianure, colline, mon-
tagne, fiumi e laghi debbono la
loro attuale configurazione all’o-
pera secolare dei suoi abitanti.
Quasi tutti questi ambienti sono
stati coltivati e utilizzati per al-
levare animali e le abitudini ali-
mentari così come le modalità di
incontro e di socialità sono state
condizionate dalle stagionalità.
Un settore di successo
economico e di stima
internazionale
Se l’agricoltura e l’agroalimenta-
re italiano raccolgono successo
in tutto il mondo, curiosità cul-
turale e benefici economici, non
possiamo ignorare l’agricoltura
nel percorso di avvicinamento
all’ambiente. L’attenzione della
scuola non può essere orientata
solo ad ambienti reputati come
naturali, selvatici, spontanei.
Questi ambienti sono composti
di vegetali e animali, vivi, che
te e approcciare l’organizzazione
industriale di raccolta, conser-
vazione, lavorazione, manipo-
lazioni chimiche, commercio e
smercio dei prodotti, nonché le
attuali modalità di gestione dei
boschi, dei corsi d’acqua, dei la-
ghi e delle relative salvaguardie e
certificazioni.
Un rinnovato impegno
a favore dei bambini comporta
nuova formazione
professionale
Rispetto all’outdoor educatori
e insegnanti dovrebbero intra-
prendere una ricerca-azione
duratura, ovvero che si sviluppi
anno dopo anno e definire in-
tenti, individuare tappe, costru-
ire consapevolezze, esercitare
comportamenti, differenziare gli
approcci secondo le età, serven-
dosi dell’azione quotidiana coi
bambini e promuovendo la sen-
sibilizzazione e il coinvolgimen-
to delle avanguardie dei genitori
e con loro allestire ambiti labo-
ratoriali da “immergere” nella
natura, sfruttando ogni spazio
esterno dell’edificio scolastico.
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