1. Principi generali L’articolo 1 del Codice Deontologico definisce la deontologia medica come l’insieme dei principi e delle regole che il medico chirurgo e l’odontoiatra debbono osservare nell’esercizio della professione. Rispetto alle regole deontologiche generali, la deontologia medica è caratterizzata dal carattere umanitario e dai fini che si propone. Le deontologia medica contempla i doveri del medico , dettando norme di comportamento inerenti l’esercizio della medicina. Le norme di corretta condotta investono i rapporti con il malato, con i colleghi e con la società. Molte regole comportamentali proprie della deontologia medica trovano rispondenza in leggi penali, civili ed amministrative dello Stato, con obblighi e divieti per il medico ed implicano sanzioni giuridiche in caso di inadempienza. Se la deontologia medica riguarda i contenuti etico-sociali della professione, la deontologia medico-legale considera gli aspetti propriamente legali della professione , disciplinati da norme giuridiche , inerenti gli obblighi che il medico ha nei confronti dello Stato e delle autorità pubbliche (amministrative, sanitarie, giudiziarie), comprendendo anche i divieti imposti ai medici sia nell’esercizio privato sia in strutture pubbliche.
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4. Segreto professionale In generale, costituisce segreto tutto ciò che non deve essere divulgato ed, in particolare, ciò che una persona vuole sottrarre alla conoscenza di altri In quanto tale, il segreto investe qualunque cosa attinente la sfera intima del soggetto (salute, onore, famiglia, credo religioso, ideologia politica ecc). Il segreto diviene un vincolo con cui ci si impegna a non rivelare ciò che si è appreso in via confidenziale o per motivi collegati alla professione. Il medico può apprendere segreti in modo diretto (visita, anamnesi, cartella clinica, prendendo visione degli esami) o in modo indiretto (confidenze ed indiscrezioni che il paziente fa o, semplicemente, il medico può intuire delle cose dalla frequentazione della casa del malato/assistito). Il segreto professionale assume per i medici la massima latitudine, visto che non si limita ai dati personali o di salute, ma si estende ad ogni altra nozione morale o materiale che il paziente non voglia diffondere.
5. Oggi la distinzione tra violazione del segreto e semplice indiscrezione del medico è molto criticabile , pertanto va posta da parte del sanitario la massima attenzione nel parlare o rivelare anche semplici dettagli inerenti i propri pazienti . Il segreto professionale è rilevante sia per la deontologia medica, sia per il diritto: Il Codice penale prevede proprie sanzioni per rafforzare l’obbligo del sanitario alla fedeltà e segretezza nei confronti dell’assistito. A parte i casi in cui la rivelazione del segreto è espressamente un reato, l’obbligo di mantenere il segreto professionale è sempre un imperativo morale e professionale.
6. L’obbligo al rispetto del segreto professionale è regolamentato da norme deontologiche: in quanto il segreto è parte della tradizione etica ed è contenuto nello stesso Giuramento di Ippocrate. Il medico è tenuto a non rivelare segreti né con parole, scritti, gesti, né allusioni nemmeno ad un singolo terzo soggetto. Tale obbligo si estende anche ai familiari, poiché il titolare del segreto è il solo assistito . Non si è tenuti a rivelare ai genitori i segreti di figli minori ove non lo si ritenga opportuno (es. nell’interesse dell’assistito, per esercitare il diritto alla querela, non previsto, invece, per i minori nei confronti dei genitori). giuridiche: il Codice Penale prevede e punisce sia la violazione del segreto professionale sia di quello d’ufficio.
7. Rivelazione del segreto professionale La rivelazione del segreto professionale può verificarsi senza giusta causa oppure per un proprio o altrui profitto. La rivelazione senza giusta causa avviene a persone estranee al rapporto confidenziale senza alcuna giustificazione giuridica o ragione plausibile per iscritto o a voce , tramite documenti (cartelle o esami clinici), la cui visione sia consentita a soggetti estranei al rapporto medico-paziente. La rivelazione per proprio o altrui profitto comprende quei casi in cui il medico, a conoscenza di un segreto, senza rivelarlo a nessuno, lo usi per il proprio o l’altrui interesse (speculazioni finanziarie a proprio vantaggio e a danno del cliente). La violazione del segreto professionale richiede il dolo , ovvero deve esistere oltre alla colpa, la volontà di rivelare una notizia sapendo che essa è segreta o di impiegarla per il proprio o l’altrui profitto, senza giusta causa, prescindendo dall’intenzione di recare nocumento (danno). Non c’è violazione del segreto professionale quando esso venga trasmesso o per giusta causa.
8. Utilizzazione dei segreti d’ufficio Tale reato rientra in quelli contro la Pubblica Amministrazione dello Stato e di altri Enti Pubblici. Il dipendente che riveli o utilizzi notizie di ufficio che debbono restare segrete è punibile con reclusione da sei mesi ad un anno. Si può procedere d’ufficio e non è ammessa agevolazione colposa . Anche in questi casi il reato non sussiste per giusta causa o per trasmissione del segreto.
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10. Le cause di giustificazione previste per legge sono regolate da norme imperative o discriminative. Norme imperative: provenienti, cioè, da disposizioni di legge, in base alle quali il medico è obbligato al dovere di informare (denunce, referti, rapporti, certificazioni, dichiarazioni) anche sul contenuto di notizie altrimenti coperte dal più rigoroso silenzio. La giustificazione di tali rivelazioni è la salvaguardia di interessi di natura sociale (amministrazione giustizia, pubblica amministrazione, sicurezza sociale, salute pubblica ecc.). Norme discriminative o permissive: previste dal Codice Penale per ogni tipo di reato, quindi, valide anche nel caso del segreto professionale.
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12. Segreto professionale e testimonianza I rapporti tra segreto professionale e testimonianza sono regolamentati dal Codice di Procedura Penale (art. 200). Il medico, il chirurgo, l’ostetrica o ogni altro esercente una professione sanitaria non può essere obbligato a testimoniare e gli è riconosciuto il diritto ad astenersi, ad eccezione delle situazioni in cui vi sia un obbligo previsto per legge (obbligo di referto o di rapporto). Quindi, di volta in volta il sanitario potrà valutare sull’opportunità di rendere o meno la testimonianza . Il Codice Deontologico, invece, è perentorio nell’escludere la possibilità di testimoniare su fatti inerenti l’esercizio della professione. Va sottolineato che, di fronte alla dichiarazione di avvalersi del segreto da parte del sanitario per rifiutarsi di prestare una testimonianza, il Giudice può avviare indagini tese a verificare la fondatezza della scelta; in caso contrario, potrà disporre l’obbligo alla testimonianza. Non ci si può esimere dalla testimonianza in caso di reati dirette all’eversione dell’ordinamento costituzionale . I dipendenti del servizio pubblico per le tossicodipendenze non possono essere obbligati a deporre su quanto abbiano appreso nell’esercizio della professione .
13. Cause di giustificazione sociali Il problema della giustificazione per cause sociali si pone ogni volta che l’interesse privato del paziente contrasti con l’interesse della collettività. Per alcuni casi tale contrato, in realtà, non si pone: obbligo di denunciare casi di malattie infettive ed infusive. In altri casi dovrà scegliere il medico: rivelare patologie come l’epilessia, le turbe psichiche o altre che possano compromettere l’incolumità altrui se il paziente si rifiuti di curarsi, oppure l’opportunità di informare il partner dei rischi connessi alla sieropositività. In tali casi, il medico potrà giustificare la decisione di rivelare il segreto invocando la causa socialmente rilevante o giusto fine , pur procedendo sempre con cautela, equilibrio e buon senso.